VENERDÌ 19 DICEMBRE 2014
Senza parlare del pur occhiuto Beppe Grillo che rimprovera al papa di non aver ricevuto il caro Dalai Lama, erede, stipendiato Cia, della più tirannica dinastia feudale di tutti i tempi.







Ora, conoscendo le capacità della CIA (sabotaggi, false flag, etc), occorre quantomeno rivisitare “l’incidente” di Chernobyl.
Perché questo reattore nucleare e saltato in aria? Ritorsione? Giudicate voi stessi.
Wikipedia scrive:
Woodpecker (“picchio”) era il soprannome dato ad un segnale radio militare ad onde corte, proveniente dall’Unione Sovietica, che poteva essere ricevuto in tutto il mondo tra il 1967 e il 1989, anno in cui e cessata la sua trasmissione. Soprannominato woodpecker a causa del suo caratteristico battito 10 Hz con il quale disturbava le emittenti radio, il segnale fu causa di diversi disturbi a canali radio in tutto il mondo. Il sospetto che si trattasse di un sistema radar a lungo raggio fu confermato solo dopo la fine della guerra fredda. In tale occasione si apprese anche che il nome ufficiale del sistema era “Duga” che in russo significa “arco”.
All’indomani dell’incidente fu abbandonato a causa della forte radioattività; d’altronde non si potevano spostare una così grande quantità di antenne altamente contaminate dalle radiazioni.
Il Colonnello Baranov (ora in pensione) che era di stanza a Chernobyl durante la crisi, ha dichiarato
“La centrale di Chernobyl e stata sabotata da una potenza straniera! L’autorità per l’energia nucleare, gli scienziati e i progettisti non erano pronti per un tale inaspettato disastro. L’olocausto nucleare che ne derivo non e stato un incidente. I reattori nucleari sono dotati di sistemi di sicurezza che impediscono, in questo caso, che le pompe di raffreddamento principali e di emergenza non possano essere contemporaneamente disattivate. Inoltre, non può essere casuale il fatto che un satellite statunitense transitasse “accidentalmente” sulla zona dell’esplosione. Controllava i risultati? Logicamente i fatti analizzati e gli sviluppi della “guerra fredda” negli anni 50 mostrano che la catastrofe di Chernobyl non e stato un incidente. Questo e stato un sabotaggio che ha portato al collasso del sistema economico dell’URSS e del sistema sovietico in generale”.
Strane anomalie…
Guardate i problemi sperimentati presso l’impianto di Chernobyl, sorprendentemente simile a Fukushima, senza lo tsunami:
Il disastro ha avuto inizio durante un test dei sistemi sabato 26 aprile 1986 al reattore numero quattro della centrale di Chernobyl. Ci fu un improvviso aumento di potenza, e quando un arresto di emergenza e stato tentato, si e verificato un picco estremo in potenza, che ha portato ad una una serie di esplosioni con conseguente rottura del contenitore del reattore.
Questa volta parlerò di me. Un giornalista non dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché Genova in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E a voi lettori.
Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una calunnia – il metodo Sansa invece del metodo Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua combriccola sono allarmati dalla voce di una mia candidatura alle elezioni regionali (ma di questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”. Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere…
Mi limiterò ai fatti:
1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando scelse un architetto che negli anni successivi ha firmato operazioni immobiliari da centinaia di migliaia di metri cubi realizzate da costruttori oggi latitanti.
2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come assessore all’Urbanistica. La priorità era chiara: basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che, ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come ricordano i genovesi, fu che non si verificarono più alluvioni per diciotto anni.
3. Burlando è il dominus della politica ligure da trent’anni (è in congedo per motivi politici dai primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto, fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni.
4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta Burlando. Quasi metà del consiglio regionale è indagato.
5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: 2010, 2011 (Genova e Cinque Terre), 2014.
6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”. L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è stato poi arrestato.
7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti)
8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la realizzazione di un porticciolo da mille posti barca alle foci del fiume Magra che ogni anno provoca disastri. La società realizzatrice era controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando.
9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il via alla realizzazione di un centro commerciale da 5.000 persone in una zona che lo stesso assessore all’Ambiente della Regione di Burlando definì “zona a rischio di alluvioni”. È certo un caso che l’operazione sia stata realizzata in pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloccavano le opere anti-alluvione) e con maggiore solerzia dei lavori del Bisagno.
10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli organi di informazione locale. Senza dire dei 2 milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia.
11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere.
12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando ha annunciato che i lavori riprenderanno nel 2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché non l’ha fatto prima?
13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione.
14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto sono rimasti nelle casse della Regione invece di finire alla gente e ai commercianti.
Questi sono fatti.
Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro, la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade.
Ferruccio Sansa
Sui fondi (35 milioni) per i lavori di messa in sicurezza (parziale) del Bisagno, il RENZI ed il BURLANDO mentono sapendo di mentire quando dicono che sono tre anni che i lavori sono fermi e che questo stop è dovuto al TAR.
Costoro fanno venire il vomito con quella clamorosa falsità. Ma non sono da meno i giornalisti che li intervistano, che li hanno davanti quando affermano questa falsità e tacciono, e non gli domandano: “Mi scusi, ma il TAR della Liguria ha respinto la sospensiva, quindi non ha fermato proprio nulla. L’Ordinanza dell’agosto 2012 è chiarissima. Perché mente ai cittadini?”
Ora vediamo qualche dato ed il documento ufficiale che li smentisce definitivamente, sbugiardandoli una volta per tutte…
Claudio BURLANDO mente per negare le proprie responsabilità ed attaccare la magistratura.
Matteo RENZI mente per sponsorizzare lo “Sblocca Italia” ed attaccare magistratura ed avvocati in un colpo solo.
1° dato
NON sono 3 anni che i lavori potevano partire. La gara – gestita dal Commissario Delegato Giuseppe ROMANO – vide l’aggiudicazione provvisoria il 6 MARZO 2012. e quella definitiva il 28 MARZO 2012. L’avvio della procedura per la stipula del contratto di appalto è stata il 19/7/2012.
2° dato
Le imprese partecipanti escluse e perdenti nella gara d’appalto hanno promosso ricorso al TAR della Liguria, chiedendo anche la sospensiva dell’aggiudicazione.
3° dato
Il TAR della Liguria NON ha disposto alcuno stop ai lavori dell’appalto.
Il TAR della Liguria in data 24 AGOSTO 2012 con propria Ordinanza ha infatti RESPINTO la richiesta di sospensivapresentata dai ricorrenti affermando “…che, allo stato, prevale comunque l’interesse pubblico al celere avvio delle prestazioni che formano oggetto dell’appalto…”.
Il rigetto della “sospensiva” da parte del TAR, che affermava che tale decisione veniva assunta per garantire l’interesse pubblico al celere avvio dei lavori, ha messo nelle condizioni l’allora Commissario Delegato Giuseppe ROMANO, e poi il suo successore Claudio BURLANDO, di far partire i lavori. Se ROMANO prima e BURLANDO dopo, come Commissari Delegati dal Governo, non hanno fatto partire i lavori non dicano che è colpa del TAR, si assumano le loro responsabilità!
Quindi quando sentite RENZI, BURLANDO, DORIA & C che affermano e ripetono che è colpa del TAR se c’è stata l’alluvione a Genova, perché soldi e lavori erano pronti ma sono stati bloccati dal TAR, sappiate che costoro (ed i loro sodali) MENTONO SPUDORATAMENTE.
Quando soggetti che ricorpono alte cariche pubbliche (Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente di Regione, Sindaco) mentono così spudoratamente, davanti ad un documento ufficiale che li smentisce, è davvero segno che non si può riporre in loro alcuna fiducia.
Per chi avesse dubbi qui l’ORDINANZA integrale del TAR LIGURIA
EODE-TV with False Flag/ 2014 12 19/
“The False Flag” is a video report from Chineese Television, on color revolutions in Eastern Europe, the so-called “Arab Spring” and the “Umbrella Revolution” with “Occupy Central” in Hong-Kong” since september 2014.
Full video (English and Chineese) on: https://vimeo.com/114937510
THE SO-CALLED “UMBRELLA REVOLUTION”
Protests in Hong Kong began in September 2014, after the Standing Committee of the National People’s Congress (NPCSC) of the People’s Republic of China announced its decision on proposed reforms to the Hong Kong electoral system. In its decision, the NPCSC said that civil nominations, whereby a candidate could run for election to the Hong Kong Legislative Council if he or she received signed endorsement of 1% of the registered voters, would be disallowed. The decision stated that a 1200-member nominating committee, the composition of which remains subject to a second round of consultation, would elect two to three electoral candidates with more than half of the votes before the general public could vote on them. This was the pretext for a trial of “color revolution” in Hong-Kong.
Demonstrations began outside the Hong Kong Government headquarters, and members of the what became called the “Umbrella Movement” occupied several major city intersections. The Hong Kong Federation of Students and Scholarism began protesting outside the government headquarters on 22 September 2014 against the NPCSC’s decision. On the evening of 26 September, several hundred demonstrators led by Joshua Wong, a pro-american activist, breached a security barrier and entered the forecourt of the Central Government Complex (nicknamed “Civic Square”), which was once a public space that has been barred from public entry since July 2014. Officers cordoned off protesters within the courtyard and restricted their movement overnight, eventually removing them by force the next day.
On 28 September, the “Occupy Central” with “Love and Peace movement” (sic) announced that they would begin their civil disobedience campaign immediately. Protesters blocked both east–west arterial routes in northern Hong Kong Island near Admiralty. Police tactics (including the use of tear gas) and attacks on protesters by opponents that included triad members, triggered more citizens to join the protests, occupying Causeway Bay and Mong Kok. The number of protesters peaked at more than 100,000. The government called for an end to the protests by setting a ‘deadline’ of 6 October, but this was ignored by protesters, although they allowed government workers to enter offices that had previously been blocked.
The state-run Chinese media claimed repeatedly that the West had played an “instigating” role in the protests, and that “more people in Hong Kong are supporting the anti-Occupy Central movement,” and warned of “deaths and injuries and other grave consequences.”
EODE Press Office / EODE-TV /
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EODE-TV on Vimeo : https://vimeo.com/eodetv
Le lettere d’invito sono già partite. Dopo il via libera di martedì scorso della Conferenza intergovernativa (Cig) ai criteri per l’indizione della gara, si sta cercando il soggetto che certificherà i costi della Torino-Lione. Un passaggio che l’Italia ha tutto l’interesse ad accelerare: stabilito il valore dell’opera, il nostro Paese dovrà impegnarsi a coprirne il 57,9% al netto del contributo Ue.
Tutto ciò che eccederà questa cifra sarà invece ripartito al 50% fra i due Stati. Prima si arriva a definire il budget, meno si corre il rischio che aumenti il peso economico per Roma. Per questo, la scelta dell’ente che farà la certificazione potrebbe arrivare già entro metà gennaio. Anche se la data ultima in calendario per l’aggiudicazione della consultazione a inviti è – come spiega Ltf – il 10 di febbraio. Mentre per metà dell’anno prossimo, i due ministri ai Trasporti potrebbero arrivare a inserire il budget definitivo all’interno del protocollo addizionale che sancirà la definitiva ripartizione della spesa.
«Il soggetto che verrà selezionato per mettere il sigillo sui costi – spiega Mario Virano, a capo della struttura italiana della Cig – non potrà essere italiano o francese e non dovrà aver lavorato negli ultimi cinque anni, neppure in un rapporto di subfornitura, per la Torino-Lione. Si guarda, insomma, al mercato anglosassone o a quello statunitense».
Oltre alla certificazione dei costi, sono stati inoltre individuati e sono al lavoro un pool di advisor che cureranno il montaggio economico-finanziario della Torino-Lione e avranno il compito di studiare, ad esempio, meccanismi tali da permettere un costante flusso di cassa per il finanziamento delle opere o la possibilità di affidare in project financing le parti della tratta comune che riguardano le predisposizioni tecnologiche o gli attrezzaggi.
Ripresi ieri i lavori dell’Osservatorio
Nel frattempo, l’Osservatorio tecnico, che ha il compito di sovraintendere alle progettazioni garantendo la voce del territorio piemontese, ha ripreso ieri i lavori sotto la Mole. Dopo qualche mese di interruzione, dovuto alla necessità di riformulare la composizione dei Comuni che prendono parte al confronto. «Considerato il passaggio elettorale che ha coinvolto anche la Valsusa – spiega Virano – abbiamo nuovamente invitato al tavolo tutte le 50 amministrazioni che a vario titolo sono toccate dal progetto. Rispetto agli ultimi mesi, il numero dei Comuni scenderà da 33 a 32, perché hanno ritirato la propria disponibilità Susa e Condove. Tuttavia, è rientrato il Comune di Giaglione, che era uscito e che ci ha fatto sapere di voler partecipare nuovamente visto che sono decadute, nell’evoluzione del progetto, le ragioni dell’opposizione».
Accanto all’Osservatorio – che da una parte avrà il compito di seguire la fase di governance delle cantierizzazioni per la tratta internazionale e dall’altra dovrà invece affiancare il lavoro, ancora da fare, di mitigare il progetto preliminare per la parte italiana dell’opera – lavorerà anche il tavolo di confronto annunciato dal presidente della Regione, Sergio Chiamparino. Che dovrà nello specifico occuparsi di gestire la programmazione dei fondi di compensazione.
Dal 2015, si accelererà infine nella comunicazione della Torino-Lione. Sarà finalmente disponibile sul sito del Governo un link che rimanderà ai lavori dell’Osservatorio e a tutti i documenti che riguardano l’infrastruttura.
E’ tornato a riunirsi oggi l’Osservatorio per la Nuova Linea Torino – Lione, con un appuntamento disertato da ben 18 sindaci. Se qualcuno avesse nutrito ancora qualche dubbio in merito all’utilità di questo organo, oggi sicuramente si sarà tolto ogni dubbio: questo strumento ha fallito completamente la sua missione ed è ora che chiuda i battenti.
All’incontro ha partecipato per la prima volta il sindaco di Giaglione, Ezio Paini, ed il sindaco di Sant’Antonino Susanna Preacco, eletta in una lista No Tav. A dimostrazione del fatto di come la coerenza non stia di casa tra gli amminisitratori di quel Comune. Sotto elezioni tutti, o quasi, contrari all’alta velocità. Passato il periodo elettorale i suoi amministratori partecipano all’inutile Osservatorio.
Lo stesso consigliere regionale Ferrentino era infatti candidato nella lista che si professava contraria alla grande opera per le elezioni comunali, allo stesso era inserito, proprio in virtù della sua fede Sì TAV, nel listino di Chiamparino per assicurarsi una poltrona in Regione.
Arrivati a questo punto chiediamo un atto di coerenza a quei pochi amministratori che ancora partecipano alle non attività dell’osservatorio, ponendo fine a questa inutile esperienza.
Francesca Frediani, Consigliere regionale M5S Piemonte
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Le “camembert” de Dmitri Markitan a bien la forme et la moelleuse croûte blanche du fromage de Normandie, mais il est produit à partir de lait de chèvre dans la banlieue de Moscou. Et pendant que son modèle français est banni des rayons des magasins russes, conséquence de l’embargo alimentaire décrété par Moscou en réponse aux sanctions occidentales, ses ventes explosent, comme celles de la mozzarella de la région de Briansk (ouest) ou le roquefort de l’Altaï (Sibérie occidentale).
“La production a vraiment beaucoup augmenté”, assure M. Markitan, à la tête d’une exploitation de 150 chèvres à Golovkovo-Marino, à une centaine de kilomètres au nord de la capitale russe. “En août, nous traitions une centaine de litres de lait par jour, mais aujourd’hui nous en traitons de 270 à 300”, se félicite le fromager, au milieu de ses ateliers stérilisés aux réfrigérateurs pleins à craquer. “Je pense que c’est lié aux sanctions. Des clients qui travaillaient avant avec des produits importés, viennent maintenant travailler avec nous”, reconnaît-il.
Le fromage est, après les fruits, le produit européen le plus touché par l’embargo décrété en août par Vladimir Poutine sur la plupart des produits alimentaires des pays qui sanctionnent la Russie pour l’annexion de la Crimée et son soutien présumé aux séparatistes de l’est de l’Ukraine. Selon Bruxelles, les exportations de produits laitiers de l’Union européenne vers la Russie représentaient ces dernières années environ 1,3 million de tonnes par an, dont 900.000 tonnes pour le fromage.
Les autorités russes ont engagé un ambitieux programme de plusieurs milliards d’euros pour développer l’industrie agroalimentaire locale, mais les experts se montrent sceptiques. Pour créer une industrie fromagère suffisamment puissante, il faut d’abord augmenter la production de lait, ce qui devrait prendre au moins trois ans.
La tâche est d’autant plus complexe que la situation économique en Russie est difficile et l’accès au crédit compliqué. Surtout, personne ne sait quand l’embargo sera levé et quand par conséquent la production européenne reviendra en force sur le marché russe.
Certains producteurs russes ont néanmoins entrepris de remplacer la production importée avec leur version locale des fromages européens les plus populaires. Des paquets de mozzarella fabriquée dans des usines russes sont ainsi apparus dans les épiceries fines moscovites. Selon les médias russes, des entrepreneurs de l’Altaï, chaîne montagneuse de Sibérie, ont décidé de se lancer dans la production de camembert et roquefort après avoir étudié leur fabrication en France.
Le site Gazeta.ru a raconté l’histoire des moines du monastère de l’île de Valaam, sur le lac Ladoga (nord-ouest), qui ont suivi une formation en Italie et y ont acheté les équipements nécessaires pour produire mozzarella et ricotta.
La pratique n’est pas nouvelle dans l’espace de l’ex-URSS, où la culture des appellations d’origine contrôlée n’existe pas et où l’on boit depuis l’époque soviétique du Champagne ou du Cognac local.
A plus grande échelle, la Russie se fournit désormais en Serbie, Nouvelle-Zélande, avant peut-être Israël, surtout pour le fromage industriel consommé en grande quantité en Russie.
Dans une fromagerie moscovite, où les habitants les plus aisés de la capitale russe se fournissent en mets européens, 70% de la marchandise vendue vient désormais de Suisse, épargnée par l’embargo car non membre de l’UE.
Raclette suisse, Tête de moine, Mont Vully occupent la plus grande place derrière la vitrine du magasin mais “la petite Suisse a du mal à nourrir la grande Russie”, ironise Alexandre Kroupietskov, le propriétaire.
Résultat: les prix flambent d’au moins 20% et les étiquettes des fromages russes suivent le mouvement. “Il n’y a pas assez de fromage et donc les fournisseurs russes peuvent se permettre d’augmenter les prix et d’exiger des avances”, soupire le commerçant. Quant aux meules de parmesan d’avant l’embargo qui n’ont pas encore été écoulées, leur prix a bondi de 120-150%. “C’est devenu un fromage qui se vend à prix d’or”, dit-il.
TEM/ avec AFP/ 19 décembre 2014/
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