PIÙ DELLE SETTE PIAGHE POTÈ DI MAIO (E GRILLO)—– DAL VAFFA DEI CINQUESTELLE AI VAFFA AI CINQUESTELLE —– E ALLA RAPINA A MANO BANCARIA DEL CONTANTE…

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MARTEDÌ 29 OTTOBRE 2019

 

 Elettori 5Stelle in mano a Di Maio

Sono stato alla Festa Nazionale dei 5Stelle a Napoli e ve ne dirò. Un’organizzazione da paura, degna della migliore Festa nazionale dell’Unità. E tantissima gente. Della quale mi illudo di aver percepito gli umori, divisi tra chi era venuto a riconoscersi e confortarsi nella Grande Famiglia, qualunque cosa essa facesse; chi sperava di ritrovare, nel grande affresco, i tratti del dipinto-capolavoro di cui si era innamorato; e chi si presentava con il broncio, più o meno disposto a esibirlo. Di tutta quella gente sotto ai vari palchi condivido il trauma: la botta dell’Umbria è tale da indurre o la sveglia, o il coma.

Ma pochissimi, sempre di quelli sotto il palco, denuncerei di complicità con l’accaduto; semmai qualcuno di eccesso di fiducia per il pastore, elemento costitutivo del gregge, ma inerente anche all’assenza di un meglio. Il guaio è che, sparito il Partito Comunista che, a dispetto dei vari Togliatti, Napolitano e Berlinguer, una bella fetta di società aveva dotato di cultura, conoscenza e coscienza politica, di queste non v’è stata più traccia nella base del Movimento. Vedo gli smarriti, o euforici, che si aggiravano per padiglioni e viali della Mostra d’Oltremare, più come vittime, che come sicari. Ci torniamo dopo.

Peccati mortali

Andiamo in Umbria e citiamo alcuni peccati mortali che hanno inserito il M5S nella parte inferiore del Giudizio Universale comminatoci dalla cortesia del Signore e dall’infinito amore del suo figliolo. A partire dal matrimonio, ahinoi non morganatico, con il corpo politico a cui è assegnato il compito di produrre milionari e miliardari immuni e impuniti, soprattutto esteri, dato che dobbiamo essere globalisti-cosmopolitici-cittadini del mondo, e, corrispondentemente, masse sconfinate e indistinte di angustiati e affamati, ripugnanti portatori di “invidia sociale” e di “odio” cosmico. Anche in parte prelevati a forza di benefattori e salvatori Ong da casa loro, per condividere cristianamente la sorte degli angustiati e affamati autoctoni. Qualcuno, forzando assai, definisce quel pateracchio governo giallo-rosso, altri giallo-salmonato, qualcuno anche giallo-fucsia, con riferimento al colore del sangue di chi ne viene massacrato. Tutti benevoli eufemismi. Per me è semplicemente, con riferimento alla tinta di certi dottori e untori, di tutti i chierici e di trapassati militi in orbace, un governo giallo-nero.

Personalmente resto stupefatto e sollecitato a riflettere sull’ennesimo dimezzamento del voto 5 Stelle, qui ridotto al 7%, mentre il partner resta aggrappato al suo 22% e il reprobo energumeno distanzia, unito all’impresentabile detrito di Arcore e a colei che fornisce l’alibi dell’antifascismo ai nuovi globalfascisti 2.0, di venti punti  coloro che da quelle parti amministravano da mezzo secolo. Una punizione, sì, per il non fatto e per gli osceni connubi. Ma una demolizione, per aver comunque tentato una svolta, svoltina, al magro destino comminato dai dominanti alla plebe, quella non ce la aspettavamo. L’amico e acuto analista del Movimento, Mario Monforte, ripete il sardonico “pensavo peggio” di Grillo, per stupirsi che sopravviva perfino solo un 7,4% grillino. Ma, al netto dell’opzione “me ne lavo le mani” (astensione), mi si dica per chi altri avrebbero dovuto votare gli umbri?

Buoni e cattivi

Alcune cose non s’erano mai viste: reddito di cittadinanza, bene o male che fosse gestito; quotacento per non andare in pensione in frantumi; un ministro della Giustizia che provava a fare pagare pegno si ricchi e potenti (ci hanno pensato ora Corte di Cassazione, Corte Costituzionale e Corte Europea dei Diritti umani a riportare le cose nell’ordine mafiostatale: niente mafia a Roma, niente Ergastolo anche per chi non collabora); un ministro dell’Ambiente che se lo sognano perfino in Danimarca; il tentativo di rompere la secolare omertà tra cementificatori e vittime del cemento; l’opposizione ai trattati commerciali internazionali, Ceta, TTIP, che radono al suolo garanzie, diritti, salvaguardie e che la malnomata Bellanova vorrebbe infliggerci insieme a OGM e ulivi multinazionali da cambiare ogni 15 anni  sulla Puglia desertificata con la falsa scusa della Xillela; l’opposizione anche alla convenzione internazionale che avrebbe voluto imporci accoglienza illimitata di popolazioni sradicate e destinate all’abbattimento delle condizioni conquistate dai lavoratori in due secoli di sangue profuso dal Quarto Stato.

Va bene, anzi va malissimo, che poi ci sono state molte inversioni di marcia con esiti fatali: Tav, Tap, Muos, Euro, Nato, UE e altre, tra cui, lampeggianti di vergogna, le ambiguità sui propositi cialtroneschi dei vendipatria di staccare pezzi dall’Italia e affidare cura di spirito e corpo di ragazzi e cittadini, come il suolo di tutti gli esseri viventi, ai loro peggiori nemici. Il che non cambia il dato che, per la gente comune, i lavoratori, la nazione, è stato fatto, tentato di fare, mezzo fatto, quanto nessun Ulivo, nessuna Margherita, nessun PD, nessuna Lega e nessun berlusconame, avevano mai neppure immaginato. Tutti attentissimi a non incrinare il consorzio tra bande, formali e informali, sancito dagli Usa, per conto del Capitale che già si vedeva colonialmente transnazionale, cioè globalista, a partire dallo sbarco in Sicilia del 1943.

Umbria, perché?

Per l’esito umbro ha contato di più l’ammuina salviniana contro Bruxelles e contro l’accoglienza dei migranti, alla resa dei conti mera fuffa propagandistica che specula su legittime ansie e su sacrosanti risentimenti di una popolazione alla mercè di abbandoni, terremoto e amministratori malavitosi. Ha contato di più la delusione degli elettori e attivisti 5Stelle per quello che poteva, doveva, essere e non è stato. Di peccati da sprofondo nell’Ade ce ne sono stati parecchi. A cominciare dalla fine della messa in discussione della Vergine di Norimberga in cui il paese è stato chiuso, i cui aculei sono la Nato, l’UE, la BCE draghiana e l’Euro. A proseguire con l’abbandono del TAV, colonna che reggeva la cosmogonia grillina, opposta all’ universo esistente. Tav non rinnegato, ma lasciato all’abominio trasformista di un democristiano quale Giuseppe Conte. Un avvocato dell’oligarchia finanziaria e dell’accademia di riferimento capitalista, sul cui capo, come su un qualsiasi notabile democristiano e, dunque, PD, oggi si addensano le nuvole della sospetta corruzione, prova anche dell’acume con cui Di Maio ha saputo scegliersi i suoi colleghi.

Peccati mortali 2

Coerentemente, contro la ripulsa di una gleba europea che aveva vissuto sulla pelle, o comunque conosciuto, le glorie della Troika, la Grecia, la pioggia benefica sulle banche dell’uomo-nodo scorsoio Draghi, inviato Bilderberg, oggi celebrato dal monopolarismo mediatico, dal “manifesto” a “Repubblica”, il M5S è stato condizione determinante per l’elezione di Ursula Von der Leyen, Feldmaresciallo con Croce di ferro del turboliberismo militare, economico e sociale. Un peccato che riassume in se tutti i sette capitali, anche perché implica l’approvazione dell’Idra a tre teste messa in campo dalla nota élite per governare i prossimi anni e decenni di spoliazione e controllo universali: Von der Leyen alla Commissione, la pregiudicata Christine Lagarde, sodale di Sarkozy eroe di Libia, alla BCE e la bulgara Kristalina Georgieva, già Banca Mondiale, già vice del sobrio facilitatore di esenzioni fiscali Juncker, già onorata dal Premio della Open Society Foundation di George Soros, al FMI, scelta a dispetto delle sue umili origini nazionali, perché di peggio della Lagarde non era possibile trovare neanche tra i Grandi. In America Latina, specie in Honduras ed Ecuador l’aspettano con ansia.

Lotta al contante, rapina a mano bancaria

La Cupola che ha messo in campo questa affascinante triade ne ha subito fatto valere la capacità di andare al di là dei suoi predecessori: la lotta al contante è la sua prima guerra in quella che Diego Fusaro, non senza efficacia, definisce la “glebalizzazione” e che si presenta al colto e all’inclita nelle vesti accattivanti della “lotta all’evasione”. E su questo colpo alla nuca della gente, perseguito con accanimento dalla componente nera del regime giallo-nero, i 5 Stelle non sanno far di meglio che balbettare. Con la stessa demagogia ipocrita con la quale si sono vantati di aver tagliato il numero dei parlamentari, cosa che sabota, più che favorire, la rappresentanza democratica, o limitato i danni della letale autonomia differenziata. Piccoli imprenditori e autonomi si dovranno acconciare alle centinaia di euro all’anno di costi in più per il Pos (il dispositivo che azzanna le carte di credito), ma in compenso, forse, le banche ridurranno le commissioni sulle transazioni (e che non ci pensano lontanamente). Non si potranno far girare più di 2000 euro al mese, dopodomani 1000, salvo segnalazione ai gendarmi della finanza. I 500 euro che tenevi in casa non sono più a disposizione, spettano alle banche. Potrai prelevarli, sempre che la “crisi” non ti faccia arrivare tra capo e collo un “prelievo forzoso”, alla Amato, ma intanto è la Banca che utilizza a proprio piacere e potere la montagna di 500 euro di milioni di italiani.

Il creatore del M5S oggi, come Kronos, divoratore dei suoi figli, è da sempre vittima di isteria tecnologica, sublimata nel digitale della piattaforma Rousseau, tentacolino delle grandi high tech, che doveva farla finita con le strette di mano, gli occhi che si incontrano,, le discussioni faccia a faccia per capire meglio, qualsiasi tentazione di incontro corporeo, la pretesa di contribuire a una qualche elaborazione, compensata dal “potere” di quattro gatti di cliccare sì al caudillo. Così anche il denaro, da fisico, tenuto in mano, con possibilità di misurarlo, diventa digitale, virtuale. Scompare. Quando strisci la carta, non percepisci quel che avevi e quel che ti resterà. E’ la condizione ideale per creare una società di indebitati e, dunque, di deboli, e dunque di dipendenti e perciò di dominati. Lo scherzetto della virtualizzazione del denaro serve a questo, oltre a dare una nuova sgassata al capitalismo, insieme a quella verde di Greta: un ulteriore gigantesco trasferimento di ricchezza dal basso all’alto dell’oligarchia finanziaria.

Speculare è, mimetizzata dallo stereotipo della “lotta all’evasione”, strombazzato come non mai, è l’immunità assicurata ai crimini fiscali dei grandi, sui cui trucchi e strumenti per far sparire capitali nelle scatole cinesi di un circuito bancario tanto truffaldino quanto opaco, o farli evaporare nei paradisi fiscali, sul cui carattere fuorilegge nessun governo, nessuna Onu, nessun FMI, nessuna BM, nessuna BCE, nessuna Corte di Giustizia, nessun WTO, ha mai sollevato sopracciglio. Il corollario sociale è che, non bastando Echelon, le telecamere di sorveglianza, i cellulari privati, che ci rivelano e tracciano, e gli schermi pubblici spioni, grazie alle carte ci sarà il Panopticon di Bentham, a garantire la sorveglianza, il riconoscimento e la tracciabilità permanenti di ogni tua manifestazione in vita: azioni, scelte, movimenti, identità psicofisica e, tutto sommato, pensiero. Non sono forse i dati oggi il primo anello della catena del consumo, la prima fonte della rendita? Loro e della schiavitù nostra?

Sussurri e grida

Sono quelli che ho sentito a Napoli. Mi chiedo se tutti quei frastornati, incazzati, o compiaciuti che si aggiravano per la Festa dei 5Stelle fossero consapevoli dell’apocalisse, sociale, antropologica, biologica, che comportava il connubio con coloro contro i quali, con tanto buon intuito, più che consapevolezza, era nato e cresciuto il loro MoVimento. Ho giracchiato per le assemblee delle varie regioni, in particolare di quelle terremotate, a me care e sulle quali ho impegnato parecchio lavoro. Con grande aiuto dei 5Stelle. Ma non in quella umbra, o marchigiana, o abruzzese, o laziale, ho sentito un mormorio di critica a come due successivi governi con dentro il giallo abbiano gestito la sorte dei terremotati con la stessa cinica indifferenza e inettitudine dei predecessori.

Interessante è stata l’assemblea sulla politica estera, inevitabilmente con Manlio Di Stefano. Uno che mesi fa avevo visto presentare, a un convegno in Parlamento, esponenti siriani che denunciavano l’aggressione di Usa, Nato e UE. C’è stata una serie di impeccabili interventi, suoi e di portavoce vari, sulla necessità del disarmo e di controllare il traffico di armi, che erano parsi esaurire i discorsi dal palco. Mi sono allora permesso di ricordare che parlare di armamenti senza aggiungere guerre, è come parlare di migranti senza parlare della spoliazione neocolonialista dell’Africa e degli eserciti di schiavi che ne viene tratto per il dumping dei diritti in Italia. Il che non poteva non condurre parole e pensieri alle guerre, alla Nato, all’UE, alla non-sovranità nazionale, eccetera, eccetera. Mi tocca dire che quei concetti, non la mia persona, per la loro ovvietà, raccolsero una vera ovazione. Come la raccolse anche il successivo intervento, sulla stessa linea, del senatore Gianluca Ferrara, direttore della combattiva Casa editrice “Dissensi”.

A rettificare una situazione che minacciava di rendersi urticante, intervenne poi un tale qualificatosi ufficiale della Marina, che, saltando a piè pari quanto aveva così smosso il pubblico, si produsse in una rabbiosa difesa degli F35, aerei da attacco, da acquistare assolutamente “per la difesa del Mediterraneo e dell’Europa”. Difesa da chi, non venne specificato. Invece, a specificare il suo “totale accordo” con il marinaio devoto agli armamenti, a dispetto degli anatemi iniziali contro il traffico di armi, ma anche a dispetto del silenzio sbigottito che l’aveva accolto, concluse poi l’evento lo stesso Di Stefano, con aggiunta di un flusso di politichese di cui non mi riesce a ricordare nulla. Clap-clap-clap d’ordinanza e fine. MI illuderò, ma quel pubblico non era rassegnato al nuovo esistente.

Ecco, ho una lunga vita alle spalle e una lunga esperienza di osservazione da giornalista e di politica da attivista. Ricordo bene cos’era Lotta Continua, di cui fui militante, esperto di politica estera e direttore del quotidiano. Ancora mi fumano le gonadi, rosolate dal coro, non esauritosi neanche dopo 40 anni, che godendo e diffamando rinchiudeva quell’esperienza di centinaia di migliaia di giovani e meno giovani nello squallido salto della quaglia di un gruppo di dirigenti felloni verso i poteri e onori della controrivoluzione. Avevamo avuto dei morti ammazzati da sbirri e fascisti, dei suicidi, dei delusi a frustrati a vita. Decine di migliaia hanno perseguito impegni validi, nell’oscurità. A salvare il messaggio.

Oggi la penso così anche sui 5 Stelle. Non butto il bambino con l’acqua sporca di questi qua.

 E’ vero. Parrebbe surreale che un movimento che ha raccolto un terzo dei cittadini italiani votanti sulla base di una visione delle cose, magari non precisa e sufficientemente robusta, ma generosa e aperta alla maturazione, continui a tollerare, a sostenere un leader dall’ego dieci volte più grande di lui e, dunque, inevitabilmente opportunista, e un fondatore-garante, ossessionato dal bisogno solipsista di épater le bourgeois. Gente che, grazie al capovolgimento delle premesse e promesse, ha ridotto il movimento all’autodafè, deludendo un’aspettativa individuale e collettiva di grandi proporzioni e valori. Per togliere di mezzo questi mezzani del trasformismo-opportunismo e dare voce a quegli applausi iconoclasti, occorrerebbe che facessero sentire le loro voci quelli che sono usciti dalla ribalta, o che dalla ribalta mugugnano, dissentono. Di Battista dove sei? Giarrusso, Ferrara, Corrao, Paragone, Lezzi….

Toccherebbe soprattutto avere una base di “cittadini e lavoratori liberi e pensanti”. Nella mia esperienza, non solo dell’assemblea sugli Esteri, c’è. Se conoscete un altro mare in cui nuotare, ditemelo.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:26

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