I giudici della Corte d’Appello di Torino, dunque dopo tre anni dalla prima condanna, hanno accolto le richieste formulate dai procuratori generali Elena Daloiso e Marina Nuccio e dal legale di parte civile, Chiara Donat-Cattin, confermando la sentenza di primo grado. Inoltre per il tentato stupro il poliziotto dovrà risarcire alla collega dieci mila euro, mentre la sospensione della pena non lo porterà in carcere.
Archivio mensile:novembre 2014
Il profetico Elia, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato
Riceviamo e pubblichiamo volentieri
L’11 e il 26 novembre i massimi vertici delle ferrovie italiane sono stati convocati dalla Commissione Trasporti del Senato per chiarire gli ambigui costi della Torino-Lione. In realtà hanno illustrato vari aspetti di strategia aziendale e i magnifici premi ricevuti (perfino uno per la più efficiente politica di manutenzione europea, da non credere ricordando ad esempio Viareggio). I maligni insinuano che abbiano un po’ menato il torrone per svicolare dal punto controverso. Comunque l’amministratore delegato di FS ha spergiurato che il preventivo non è aumentato, che per l’Italia vale sempre 2,9 miliardi, che il tasso di rivalutazione era esagerato e – addirittura! – che l’opera costerà meno del previsto. Dopo qualche baruffa, l’audizione si è felicemente conclusa con reciproci ringraziamenti. Come è noto, i tecnici del movimento forniscono cifre molto diverse basate su tanti documenti ufficiali. Ma di questo parliamo un’altra volta.
L’occasione ha involontariamente chiarito un altro punto molto significativo. Nella foga del dibattito, durato in tutto quasi 5 ore, i vari dirigenti hanno affermato che le motrici politensione necessarie per operare sui binari AC/AV sono circa 10 (dieci!) in tutta Italia; che le locomotive merci non sono un business per il futuro; che RFI fornisce al mercato linee miste AV e AC ma che poi il prezzo d’affitto di 12€/km è fuori mercato per gli operatori cargo.
Cioé è stato ufficialmente scoperto un bluff che tutti conoscono: i treni merci non percorrono mai le linee AV. D’altronde oggi non viaggiano, nonostante le altisonanti previsioni, né sulla nuova Torino-Milano né sulla Milano-Roma-Napoli.
Questa verità lapalissiana ha due importanti conseguenze.
Da un lato, il costo complessivo di ogni nuova ferrovia ad alta velocità sarebbe inferiore se gli standard fossero dedicati soltanto al traffico passeggeri, con un bel risparmio per le pubbliche finanze.
Dall’altro, si conferma che la Torino-Lione è inutile. Infatti la sua necessità è motivata dalla grande quantità di mercanzie che dovrebbe occuparla a regime. Ma i treni merci non la useranno mai e quindi l’intero progetto non è più giustificato. E’ ampiamente sufficiente, anche per i passeggeri, la ferrovia esistente.
La Nuova Linea Torino-Lione va dunque abbandonata al più presto, perché è inutile. Inutile anche se il suo costo – forse – resterà invariato. Insomma, FS è NoTAV! Che scherzi fanno i profeti!
Imposimato: discorso presso il Presidio di Venaus
“Quello che voi avete fatto, lo avete fatto anche per me perché io mi sono sempre sentito un cittadino della Valle di Susa”.
Discorso integrale.
Contro le alluvioni una diga di chiacchiere
di Domenico Finiguerra da ilfattoquotidiano.it 25.11.2014
Nelle ultime settimane, dopo le frane e le esondazioni che hanno provocato morti e che hanno messo in ginocchio la Liguria, la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, si susseguono le trasmissioni e gli editoriali che cercano di individuare responsabilità e di immaginare le cure possibili al dissesto idrogeologico del nostro paese, per risollevare lo stivale dal fango in cui sprofonda.
Di fronte alle immagini apocalittiche del Polcevera, del Bisagno, del Seveso, tutti si indignano e si costernano. E l’elenco delle proposte per porre rimedio è lungo.
Bisogna rifare gli argini dei fiumi! Bisogna fare manutenzione a tutta le rete idrica! Bisogna smetterla con i condoni! Bisogna curare i boschi e le montagne! Bisogna trovare i soldi per realizzare le opere necessarie alla messa in sicurezza! Bisogna fare prevenzione e riorganizzare la protezione civile! Bisogna cancellare il patto di stabilità che impedisce ai comuni di intervenire!
Fin qui tutti d’accordo (o quasi, perché sui condoni edilizi, una manina furbetta che scriva l’emendamento nascosto da inserire in qualche provvedimento, si trova sempre…).
Ma se qualcuno si azzarda a dire “bisogna approvare una moratoria immediata del consumo di suolo”, oppure “spostiamo i soldi dalle grandi opere alla cura del territorio” scatta l’allarme rosso. Ed emerge tutta d’un colpo l’ipocrisia di gran parte della politica e di tanti commentatori.
Perché finché si tratta di restare sulle enunciazioni di principio, dicendo cose come “curiamo l’ambiente e sistemiamo gli argini dei fiumi”, tutto ok. Applausi bipartisan.
Ma se si esclama “Stop al Consumo di Territorio subito, con decreto legge!”, si riceve come risposta immediata: “Impossibile! Va bene essere ambientalisti ma fino a un certo punto!” Se si propone “usiamo i soldi del TAV in val di Susa, del Terzo Valico o della Orte-Mestre! per sistemare il Polcevera, il Bisagno, il Seveso”, arriva puntuale la controrisposta: “Basta con queste provocazioni! Quelle grandi opere servono per creare posti di lavoro ed essere competitivi! Basta demagogia!”
Certo, perché va bene essere dalla parte del diritto dei cittadini a vivere sicuri di non essere travolti da un’alluvione o da una frana (circa 5,8 milioni di italiani), ma non vorremo mica davvero mettere in discussione il potere “degli energumeni del cemento armato”, come li chiamava Antonio Cederna?
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 24 novembre 2014
Perché crolla il prezzo del petrolio ma non della benzina?
non è comunque ben spiegato lo stesso. Il punto è il solito: tasse da regalare alle banche.
Punto. Se si abbassa il prezzo della benzina essendo le tasse in percentuale ai poveri politici manca un gettito…
Yahoo Finanza
Da Angela Iannone | Yahoo Finanza –
Vertice Opec, il verdetto è ufficiale. Non ci sarà alcun taglio alla produzione del petrolio, che rimarrà invariato a 30 milioni di barili al giorno.
La decisione arriva per bocca del Ministro del Petrolio del Kuwait che conferma un’aspettativa attesa dai 12 Paesi produttori nonostante il prezzo del petrolio nelle ultime settimane fosse sceso notevolmente.
Prezzo che dopo questa decisione continua a scendere, anche in Borsa: il light crude Wti di New York ha toccato un minimo dal maggio 2010 di 67,75 dollari, in calo di quasi 5 dollari. Il Brent di Londra, invece, perde 4,85 dollari a 72,90 dollari al barile dopo aver aggiornato il proprio minimo da oltre quattro anni a 71,25 dollari al barile.
A determinare questo ribasso, un gioco di alleanze geopolitiche messo in atto per mettere alcuni Stati produttori – tra cui gli Stati Uniti – fuori dal mercato. L’Opec infatti detiene il 60 per cento delle riserve mondiali di petrolio e il 40 della produzione, posizione che le ha sempre permesso di decidere sul prezzo. Ma con l’entrata di nuovi mercati, tra cui gli States, il Venezuela e l’India, dallo scorso giugno il prezzo del petrolio aveva iniziato a scendere, portando la storica organizzazione di esportatori di petrolio a decidere di far scendere ulteriormente i prezzi per abbassare le rendite della produzione americana. E così è stato e lo sarà fino a giugno 2015, data del prossimo incontro Opec.
Se da una parte il costo dell’oro nero cala, non avviene la stessa cosa per la benzina e diesel. Perchè?
Il fattore che modifica il prezzo, in Italia, è innanzitutto l’Iva: nella Legge di Stabilità 2015 è previsto un ulteriore aumento dell’imposta sul valore aggiunto e un aumento delle accise per coprire un buco finanziario di circa un miliardo di euro. Secondo recenti stime, le imposte sui carburanti l’anno prossimo potrebbero aumentare di quasi 8 cent al litro. Rincaro che si aggiunge a rincaro: già nel 2014 le accise sono aumentate del 29 per cento da 0,56 a 0,73 euro al litro. E secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, dal 2008 ad oggi il prezzo della benzina è aumentato del 25 per cento, circa un 4per cento all’anno.
Ci sono poi i costi di raffinazione, che durante la crisi sono aumentati, portando i prezzi del carburante a lievitare: così negli ultimi 5 anni il costo industriale è aumentato del 46 per cento, da 0,47 a 0,68 euro al litro.
Attualmente, stando alle rilevazioni di Quotidiano Energia di oggi, l’Eni ha tagliato di 1,5 centesimi al litro i prezzi sia della benzina che del diesel, portando le medie nazionali “servite” della benzina e del diesel a 1,713 e 1,641 euro al litro (Gpl a 0,691).
https://it.finance.yahoo.com/notizie/crolla-prezzo-petrolio-ma-non-benzina-111903573.html
Napoli, vietato rovistare nei cassonetti dei rifiuti. L’ordinanza di De Magistris
3 MORTI IN 48 ORE A CAUSA DEL VACCINO ANTI INFLUENZA! LO HANNO “TESTATO” SULLA PELLE DEGLI ITALIANI! E DOPO IL “SACRIFICIO” DI 3 PERSONE IL MINISTERO LO HA BLOCCATO! ECCO DI COSA SI TRATTA
L’Ucraina Precorre i Tempi, Tassa Straordinaria su chi Risiede e Lavora all’Estero
- 500$ al mese per chi lavora e risiede in Russia
- da 200$ a 700$ per chi lavora e risiedi in Europa
Non solo per i notav pentastellati …
“Così ho vinto la mia guerra contro lo strapotere Coop”
con una sentenza del Tribunale fu condannato il titolare del gruppo Esselunga ed il suo libro fu fatto ritirare. Perché non molitare la Digos per controllare se in casa degli italiani vi era una copia??? Poi certa magistratura non appartiene al Pd eh?
A proposito di totalitarismi e democrazia. Non è censura? Un tempo si bruciavano, ora si è molto più “civili” e si fa a colpi di “democrazia”.
E grazie ai soldi dei padroni dell’Esselunga hanno potuto difendersi ancora in tribunale e vincere, ma chi non ha i soldi? La giustizia che sarebbe uguale per tutti…..
Nella riedizione del suo Falce e carrello, il patron di Esselunga racconta le cause contro il colosso rosso, sconfitto 11 volte in sette anni
Bernardo Caprotti – Mar, 25/11/2014 – 16:44
Da parecchio tempo esaurito nelle librerie, mercoledì 26 novembre esce in una nuova edizione “Falce e carrello”, il best-seller in cui Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, denuncia la guerra sporca contro la propria catena di supermercati condotta dalle cooperative rosse.
Pubblicato nel 2007, il volume è stato oggetto di infuocate polemiche e di numerose cause giudiziarie non ancora concluse (il 19 settembre 2011 venne ritirato dalle librerie con sentenza del tribunale di Milano, salvo riapparirvi dopo 99 giorni, dissequestrato da un’ordinanza della Corte d’appello). Di tutto questo tratta lo stesso Caprotti nella «Premessa» che ha steso lo scorso 7 ottobre e che figura in apertura della nuova edizione. Il Giornale la pubblica integralmente e in esclusiva per gentile concessione dell’autore e dell’editore Marsilio.
Sono passati sette anni e in molti mi hanno chiesto cosa fosse successo dopo la pubblicazione del mio libro.
Ci furono alcune reazioni che definirei scomposte. L’esimio professore Giovanni Panzarini, qui a Milano eccelso nel diritto societario e da oltre vent’anni nostro avvocato, subito, il giorno successivo alla presentazione, telefonò all’amministratore delegato di Esselunga, Carlo Salza, e, senza neppure aver visto di che cosa si trattasse, rimise il mandato.
Il signor Giuliano Poletti, allora presidente della Lega delle Cooperative, inventò una nuova teoria economica dichiarando a Panorama del 4 ottobre 2007 a proposito di tasse: «… Ah, bene, parliamo di tasse… proviamo a ragionare non sulle percentuali ma sui numeri assoluti. Una spa che dichiara utili per 10 milioni e ha un’aliquota del 34 per cento paga molte meno tasse di una cooperativa che ha un’aliquota del 17 per cento ma che la applica su 100 milioni». Cioè: fatturi 1.000 e paghi il 10%? Uguale a 100 di tasse. Fatturi 100 e paghi il 40%? Paghi 40. Quindi molto meno! Roba che sta scritta! Nel silenzio generale!
E i signori Soldi e Tassinari, rispettivamente all’epoca presidente di Ancc, Associazione nazionale cooperative consumatori, e presidente di Coop Italia, convocano una precipitosa conferenza stampa nella quale si lasciano andare ad amene dichiarazioni. Tassinari, nel suo inglese approssimativo, modenese, dichiara che è scoppiata una war-price. Cos’è? Il costo di una guerra? Forse voleva dire price-war, dizione americana per «guerra dei prezzi». Da andare in sollucchero.
Però, in quel dicembre 2007 arriva la prima citazione in giudizio. Ma ne arrivano tante altre. Così, negli anni, dopo alcune migliaia di pagine di «atti», vinciamo otto cause in prima istanza e tre in appello. Ma or ora sono arrivati tre ricorsi in Cassazione. 280 pagine di legalese. Loro hanno molti soldi – dei soci – e molto tempo.
Intanto, autonomamente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel febbraio del 2011 apre un procedimento contro Coop Estense (Modena) col quale accerta il grave abuso di posizione dominante della cooperativa, consistente in «un’unica strategia escludente», articolata in comportamenti tesi a ostacolare l’avvio di attività commerciali da parte del concorrente, e la condanna, tra l’altro, al pagamento di un’ammenda di 4 milioni e 600.000 euro.
Il provvedimento verrà confermato in via definitiva dal Consiglio di Stato a seguito di un’ineffabile sentenza del Tar (Tribunale amministrativo regionale) del Lazio che ne aveva annullato gli effetti.
Queste, in quattro righe, sono alcune tra le vicende di sette anni, di migliaia di pagine di atti, più di 5 milioni di euro di spese legali e un numero non quantificabile di ore passate in riunioni con grandi avvocati.
E i reperti etruschi di Bologna? Sono andato di persona l’11 di giugno del 2011 ed erano sempre là, nel più totale abbandono. Ma questa è cosa che alla Corte di Cassazione non pertiene.
Un’ultima precisazione: scrissi Falce e carrello senza troppo documentarmi, se non sui fatti specifici, tutti provati. Dopo, siamo andati a cercare e abbiamo trovato una chicca: Togliatti, al suo ritorno dalla Russia nel 1944, era contrario alle Coop. Pur essendo un modello di impresa particolare, era pur sempre un’impresa, dunque contraria ai purissimi suoi principi comunisti. Ecco, dal suo intervento al secondo Consiglio nazionale del Partito comunista italiano del 7 aprile 1945: « …Non è pensabile che un gruppo di avanguardia si organizzi isolatamente dalle masse per garantirsi condizioni di privilegio nella soluzione di determinati bisogni economici. Non possiamo dunque essere un partito di leghe e cooperative per la natura stessa del nostro partito».
Ma essendo Palmiro uomo molto intelligente, anzi, con Guglielmo Marconi e Luigi Pirandello, uno dei tre geni che il nostro Paese ha espresso nel secolo scorso, capì. Capì quale straordinario strumento di affiliazione e propaganda avrebbero potuto essere le Coop. E non appena al Congresso della Lega delle Cooperative, tenutosi a Reggio Emilia tra il 15 ed il 17 giugno 1947, i comunisti si assicurarono la maggioranza col 58 per cento dei voti, emarginando repubblicani, socialdemocratici e anche i socialisti, Togliatti in persona designò Giulio Cerreti alla presidenza. Era un comunista superdoc, cofondatore del partito nel 1921 a Livorno, un dirigente di partito con un passato prestigioso. Spagna, Francia, dal 1932 membro del Comitato centrale del Partito comunista francese. Poi esponente di rilievo del Pci, godeva della fiducia incondizionata dell’Unione Sovietica. Di cooperative non sapeva nulla, ma era un politico di professione, che aveva dato prova di fede e di una dedizione assoluta alla causa comunista.
Cerreti, nel giro di sei-sette mesi, riuscì a insediare ai vertici delle Cooperative di tutto il Paese, a livello locale e regionale, decine di importanti dirigenti di partito. Ci fu una vera e propria immissione di quadri. Capitani coraggiosi.
È su questi fatti documentati che il signor Poletti, sempre sul numero di Panorama del 4 ottobre 2007, dichiara: «Ma quale contiguità?». Non c’è «contiguità» di Coop col «partito» e con le sue amministrazioni?
Che dire? All’inglese, anzi, alla Tassinari: « No comment».
http://www.ilgiornale.it/news/politica/cos-ho-vinto-mia-guerra-contro-strapotere-coop-1070476.html