Lupi visita il cantiere di Chiomonte: “Contro i No Tav usiamo ancora l’accusa di terrorismo”

Lupi visita il cantiere di Chiomonte: “Contro i No Tav usiamo ancora l’accusa di terrorismo”
dicembre 22 2014
Il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Maurizio Lupi è arrivato in mattinata al cantiere della Tav di Chiomonte assieme all’ad delle Ferrovie dello Stato Michele Elia. I due hanno visitato l’area, dove gli scavi sono arrivati alla profondità di 1930 metri accompagnati del direttore della Ltf, la società titolare dei lavori, a Mario Virano e all’immancabile senatore Si Tav Stefano Esposito.

Nel corso della visita, in cui Lupi ha pranzato con gli operai e tecnici del cantiere, il ministro ha avuto anche modo di esprimere la sua preoccupazione nei confronti del movimento No Tav: «Mi preoccupa il cambio di strategia. Non potendo bloccare il cantiere di Chiomonte che c’è e va avanti, gli attacchi colpiscono i simboli dell’alta velocità» ha affermato Lupi facendo riferimento alla bottiglia contenente benzina ritrovata nei pressi della Firenze-Roma.
Ma soprattutto il ministro ha colto l’occasione per esprimere la sua solidarietà alla Procura di Torino che solo settimana scorsa ha visto cadere l’accusa di terrorismo formulata nei confronti di 4 attivisti No Tav: «Sin dall’inizio – ha ricordato Lupi – ho auspicato che la Procura di Torino ricorra in appello rispetto alla sentenza di primo grado: è talmente evidente il contesto in cui queste azioni avvengono che le indagini coraggiose che la Procura sta svolgendo e anche il coraggio di assumersi la responsabilità di formulare l’accusa di associazione con finalità terroristiche siano un segno importante. E d’altronde gli imputati dono stati condannati a 3 anni e 6 mesi, una pena che non si da’ di certo a chi gioca a pallone e contesta».
Intanto nell’agenda del ministro dei trasporti è già stato fissato per il 29 o 30 l’incontro con i sindaci della Valsusa: «ascolterò le loro preoccupazione, ma anche i sindaci devono cambiare il loro ruolo».

L’ultimo baluardo dei No Terzo Valico: “Lo difenderemo con le unghie e con i denti”

da espresso.repubblica.it

Sono i No Tav dell’Appennino ligure. Lottano contro la nuova ferrovia tra Genova e la pianura padana, che con un tunnel di 27 chilometri collegherà (per la terza volta) Liguria e Basso Piemonte. Un autunno di frane ed esondazioni ha riacceso la protesta, proprio ora che gli espropri sono quasi terminati. Ma manca ancora il campo dell’alessandrino dove partirà il traforo

di Massimiliano Salvo

I cantieri del Terzo Valico si riconoscono subito, perché sono incorniciati da reti di plastica arancione che sbucano tra le case. A volte circondano gli orti e si arrampicano sulla collina, come in via Rocca dei Corvi: il nome è da borgo medievale ma siamo nella periferia industriale di Genova, a Fegino, in un quartiere di palazzi radi, graffiti e capannoni dismessi. Dove i torrenti sono esondati lo scorso mese e la ferrovia che arriva dalle riviere incontra i binari diretti verso nord, a Torino e Milano.

In questo nodo ferroviario partirà il Terzo Valico dei Giovi, una nuova linea che collegherà – per la terza volta – Liguria e Piemonte: dopo un tunnel di 27 chilometri i treni sbucheranno ad Arquata Scrivia, al di là degli Appennini, per proseguire sino a Tortona. In Val Polcevera, a Genova, le reti arancioni spuntano un po’ ovunque. Accanto alla scuola elementare Villa Sanguineti, intorno al vecchio deposito ferroviario di Trasta o dietro al cimitero di Bolzaneto. E lungo i binari della ferrovia: è qui che durante l’alluvione del 10 ottobre una frana ha fatto deragliare un Freccia Bianca diretto a Torino. La procura di Genova indaga e per ora non ci sono certezze sull’accaduto, ma i No Terzo Valico della zona non hanno dubbi.

IL TERZO VALICO, UNA STORIA LUNGA VENT’ANNI

Del Terzo Valico si parla dall’inizio degli anni Novanta. E’ una linea ferroviaria AV/AC (alta velocità e alta capacità, per passeggeri e merci) che dal 2020 potenzierà i collegamenti del porto di Genova con Torino e Milano. L’opera si inserirà nel Corridoio Reno – Alpi della TEN-T core network, la rete di trasporto tra le regioni europee più popolate e industrializzate. Protagonista del Terzo Valico è il Gruppo Ferrovie dello Stato, attraverso Rfi e la società di ingegneria Italferr; il General Contractor incaricato di progettare e costruire l’opera è il Consorzio Cociv, composto per il 64% dalla società di costruzioni Salini-Impregilo.

Il Terzo Valico è sembrato un sogno di fantascienza sino al 2010, quando il Cipe – che nel 2001 lo aveva definito un’infrastruttura strategica di interesse nazionale – ne ha autorizzato la realizzazione: 53 chilometri di tratta, di cui 37 in galleria, nelle province di Genova e Alessandria. Il costo? Sei miliardi e duecento milioni euro: più del Mose di Venezia.

L’11 novembre 2011, il giorno prima delle dimissioni di Berlusconi da presidente del consiglio, Rfi e Cociv firmano il contratto per i lavori e i cantieri possono partire. I comitati già contrari all’opera si ricompattano battezzandosi “movimento No Tav/Terzo Valico”, in segno di vicinanza alle proteste della Val di Susa. Sono composti da circa 200 abitanti delle valli in cui passerà la linea e comprendono ambientalisti, militanti di Rifondazione comunista, del Movimento 5 stelle e dei centri sociali. Da quel momento organizzano manifestazioni e presidi per sensibilizzare e contrastare gli espropri, radunando anche più duemila persone. E dopo un autunno di frane ed esondazioni, ribadiscono con ancora più forza la contrarietà alla nuova ferrovia.

COLLEGHERA’ LA LIGURIA ALL’EUROPA

La costruzione del Terzo Valico è una battaglia senza punti di incontro tra i favorevoli (nel mondo della politica e dell’economia ligure, praticamente tutti) e i contrari. Per i primi è un’infrastruttura irrinunciabile, per i secondi una follia inutile e dannosa. «Collegherà la Liguria all’Europa», ripetono il Governatore della Liguria Claudio Burlando e l’assessore regionale alle infrastrutture Raffaella Paita, entrambi del Pd. «E’ un’opera fondamentale per il porto di Genova», spiega il presidente dell’Autorità Portuale, Luigi Merlo. «Il mercato sta concentrando il traffico in pochi porti e Genova deve essere pronta. Quest’anno farà il suo record con circa 2 milioni 150 mila teu e un aumento del 9 per cento rispetto al 2013. Grazie agli investimenti fatti tra due anni sarà in grado di accogliere 4 milioni di teu».

Secondo i sostenitori dell’opera, il Terzo Valico aiuterà infatti il porto di Genova a diventare un hub di accesso al corridoio Genova-Rotterdam: le merci in arrivo dall’Asia preferiranno Genova al Mare del Nord perché i tempi di viaggio si accorceranno. Le attuali due linee che partono da Genova non sono sufficienti: l’ottocentesca “linea dei Giovi” è troppo tortuosa e ha una pendenza del 35 per mille, mentre la “Succursale dei Giovi”, di inizio ‘900, ha una pendenza del 17 per mille ed è utilizzata anche dai treni passeggeri a lunga percorrenza. Il Terzo Valico avrà una pendenza del 12,5 per mille, ridurrà il traffico su gomma e porterà lavoro: a pieno regime i cantieri occuperanno più 4.100 persone.

LE RAGIONI DEI NO TERZO VALICO

Tutti i vantaggi dell’opera sono però contestati dai No Terzo Valico, che sul sito “NoTavTerzovalico.info” lo attaccano dal punto di vista economico, ambientale ed etico, criticandone l’utilità, l’enormità del costo (che a livello consuntivo potrebbe aumentare ancora) e il rischio di scavare in montagne dove c’è il pericolo di trovare amianto. Il movimento è inoltre allarmato da un’infrastruttura costruita per lotti non funzionali – quindi inutilizzabile finché non sarà finita – con cantieri che rischiano di durare molto più del previsto perché i finanziamenti non sono garantiti sino alla conclusione dei lavori.

Le loro proteste non sono state sempre pacifiche: i manifestanti hanno preso più di 200 denunce per interruzione di pubblico servizio, resistenza, danneggiamenti e occupazione di terreni. «Non è una semplice battaglia contro un treno – precisa Claudio Sanita di Arquata Scrivia, tra i leader del movimento, sottoposto a misure giudiziarie con il divieto di stare in tutti i comuni attraversati dal Terzo Valico – Siamo contro un modello di sviluppo imposto dall’alto senza adeguate motivazioni. Abbiamo bisogno di cura del territorio e trasporti pubblici locali, non di un’opera che costerà 117 milioni di euro al chilometro».

L’ANALISI COSTI-BENEFICI

La battaglia dei No Terzo Valico è sostenuta da autorevoli voci del mondo scientifico e accademico. Il professor Marco Ponti, docente di economia dei traporti al Politecnico di Milano – a lungo consulente per Banca Mondiale, Ministero dei trasporti e Ferrovie dello Stato – ha realizzato uno studio sul Terzo Valico, pubblicato ad aprile 2014 sul sito LaVoce.info. «Pur con ipotesi molto ottimistiche su costi e traffici, i risultati sono stati negativi. Ma non sono stati smentiti da alcuna analisi ufficiale, né economica né finanziaria – spiega – Non è chiaro quanto sarà a carico dei contribuenti e quanto degli utenti. E questo fa pensare che sarà tutta a carico dei contribuenti. Di certo non ci saranno finanziamenti europei, trattandosi di una linea nazionale. Chi vuole il Terzo Valico si basa su ragionamenti metafisici e ripete che serve “per il progresso” o “per rilanciare il porto”. Anche se i container da mandare a nord non ci sono: le previsioni di traffico degli anni ‘90 calcolavano una crescita infinita, ma il mondo è andato in una direzione diversa e il traffico attuale è inferiore del 40 per cento rispetto a quanto prevedevano».

Il professor Ponti fa notare come i pareri favorevoli provengano da soggetti non neutrali, che avrebbero vantaggi dall’opera, mentre la spesa di soldi pubblici ricadrebbe su tutti. «I sostenitori dimenticano di dire che il primo affidamento dei lavori al consorzio Cociv, senza bando di gara, risale addirittura al 1992 – continua – E che Mauro Moretti, quando era amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, ha dichiarato in pubblico che il Terzo Valico non serve». Chi lavora nelle ferrovie combatte però ogni giorno con linee in salita dove i treni merci faticano anche con due locomotori, mentre la coabitazione con quelli passeggeri causa continui ritardi. «E’ un problema superabile – continua Ponti – le linee sono sottoutilizzate e alle merci la velocità non interessa. Negli Stati Uniti vanno a 35 Km/h e usano la sestupla trazione: lo spostamento delle merci dai camion per un’ora di tempo risparmiato è velleitario».

SERVONO ANCORA 4,4 MILIARDI

Nel frattempo i primi due lotti costruttivi sono partiti con 500 milioni di euro del Governo Berlusconi e 1,1 miliardi del Governo Monti. Si tratta principalmente di espropri, costruzioni di nuove strade e avvio dei cantieri. Altri 200 milioni sono arrivati con il decreto “Sblocca Italia”. Ma secondo il decreto interministeriale che distribuisce i fondi – in attesa della registrazione della Corte dei Conti – i 200 milioni per il terzo lotto dovranno bastare sino al 2018. Quando i lavori dovrebbero essere quasi conclusi, e invece mancherebbero ancora 4,4 miliardi di euro.

I CANTIERI TRA FRANE ED ESONDAZIONI

A Isoverde, appena fuori Genova, le scritte No Tav firmano i cassonetti della spazzatura, le pensiline degli autobus e le lenzuola appese alle finestre. Qui sorgerà un campo base per gli operai e proprio nella montagna dietro al paese, a Cravasco, si scava una delle quattro gallerie di servizio. «Prima di cominciare i lavori dovevano allargare le strade – protesta Lorenzo Torrielli, artigiano della zona e membro del Comitato No Terzo Valico Valverde – Non è accaduto, e ormai passano anche più di cento camion e betoniere al giorno». Dopo il Passo della Bocchetta si arriva in Val Lemme e quindi in Piemonte. A Voltaggio è in costruzione un’altra galleria di servizio, la “Finestra Vallemme”, cominciata già negli anni Novanta e poi chiusa con una travagliata vicenda giudiziaria.

In questa valle di boschi con allevamenti di mucche sui prati i danni delle alluvioni sono stati numerosi. Il torrente Lemme è esondato e gli smottamenti hanno coinvolto anche la strada tra la Val Lemme e la Valle Scrivia, appena allargata per consentire il passaggio dei camion. «Anziché fare dei muraglioni di contenimento hanno usato dei blocchi di cemento – denuncia Mario Bavastro, vicepresidente di Legambiente Vallemme – La strada è franata ovunque e in un tratto si è spezzata. Queste montagne non reggono più, lo ripetiamo da anni».

«L’AMIANTO E’ POCO E NON PERICOLOSO»

La galleria di servizio detta “Finestra della Castagnola”, nel Comune di Fraconalto, è al confine tra Liguria e Piemonte. I cantieri arrivano davanti alle case. «I camion sollevano nuvole di polvere bianca – protesta una famiglia del borgo che vuole restare anonima per paura di ritorsioni – In queste montagne si è sempre detto che è probabile la presenza di amianto. Viviamo con le finestre chiuse, siamo preoccupati per la nostra salute».

Per il Cociv non c’è nulla da temere. Campioni di roccia sono stati analizzati dal Cnr, che ha rivelato una quantità di amianto modesta e non pericolosa.  Si lavora rispettando un apposito “protocollo amianto” prescritto dal Ministero dell’Ambiente, che sorveglia sui lavori insieme alle Regioni Liguria e Piemonte.

IL GEOLOGO: «ROTTO IL PATTO CON LA NATURA»

«L’eventuale presenza di amianto è un problema superabile ma farà aumentare i costi di un’opera già costosissima – avvisa il geologo Mario Tozzi, ricercatore del Cnr – La questione però è un’altra: la Liguria è probabilmente la regione più fragile d’Italia dal punto di vista idrogeologico. Con le ultime alluvioni è chiaro che dopo anni di abbandono del territorio, il patto con la natura si è rotto. Scavare nelle montagne non farà che aumentare il rischio di frane».   «Dovremmo usare i pochi soldi rimasti per la manutenzione di quello che abbiamo e non sta in piedi – precisa il climatologo e meteorologo Luca Mercalli – Anche perché con il cambiamento climatico queste zone rischiano di diventare ancor più vittime di precipitazione estreme».

ARQUATA SCRIVIA, L’ULTIMO BALUARDO

Ne sa qualcosa il Basso Piemonte, vittima di violente alluvioni a ottobre e novembre. La Galleria di Valico sbucherà ad Arquata Scrivia, i treni prenderanno il bivio per Torino a Novi ligure e quello per Milano a Tortona. In queste colline e pianure l’avversione contro la grande opera raggiunge l’apice. La base dei No Terzo Valico è ad Arquata, in uno dei pochi terreni ancora da espropriare proprio accanto al cantiere di Radimero. Qui partirà lo scavo della Galleria. Le bandiere sventolano su un campo con un cartello di legno e una scritta rossa: «Proprietà privata presidiata dal popolo No Tav». Nelle campagne circostanti ci sono stati scontri con le forze dell’ordine ad aprile – quando dopo una marcia con duemila persone alcuni attivisti hanno tagliato le recinzioni e occupato il cantiere – e a fine luglio, dopo un tentativo di esproprio degenerato con lanci di lacrimogeni e manganellate. A settembre un altro tentativo è fallito perché il terreno era occupato da centinaia di attivisti.

«Continueremo a presidiare la nostra base a oltranza – assicura uno dei leader dei No Terzo Valico di Arquata, Claudio Sanita – Da questo scavo usciranno milioni di metri cubi di terra e non sappiamo che polveri respireremo per anni. Per questo anche al prossimo tentativo di esproprio saremo in centinaia. Difenderemo il campo di Radimero a volto scoperto, con le unghie e con i denti. Ci prenderemo le manganellate e respireremo i gas lacrimogeni, ma non importa: dobbiamo difendere il nostro territorio e la nostra salute».

Tav, incendio alla Sitaf di Bruzolo: ipotesi doloso

Tiscali ultimora
 LaPresse
19 dicembre 2014

ORDINE TUTELATO QUESTA MATTINA ALL’UFFICIO POSTALE DI SUSA.

Questa mattina all’ufficio postale di Susa c’erano una ventina di persone in coda.
Alcune erano anziane. Tutte attendevano con pazienza e con il loro numerino in mano di poter accedere agli sportelli , secondo il proprio turno.
Ad un certo punto nell’ufficio é entrato un Carabiniere.

Uniforme d’ordinanza, pistola ben in vista al fianco e una busta gialla in mano.
Nemmeno un accenno a procurarsi un numerino, come tutti gli altri mortali.
Qualche secondo in piedi nel bel mezzo dell’ufficio e poi il Carabiniere si é tranquillamente avvicinato all’unico sportello in quel momento libero e , infischiandosene della coda , dei turni da rispettare , dei banali numerini per gente ordinaria , ha espletato quanto doveva presso lo sportello. Nonostante la faccia incredula dell’impiegata e un suo ( timidissimo ) tentativo di protesta.

Tutore dell’ordine ? Non mi pare.

Prima che qualcuno leggendo questo post cominci a sparare a zero , mi preme sottolineare che NON HO NULLA CONTRO I CARABINIERI , NE’ CONTRO LE FFOO IN GENERE. ANZI.

Da cittadina e comune mortale vorrei però fare una considerazione : come é possibile che chi dovrebbe far tutelare le regole e dare esempio di come ci si dovrebbe comportare in una società civile sia proprio il primo ad infrangere quelle stesse regole e a dimostrare poco rispetto, se non disprezzo , per i cittadini che in quell’uniforme dovrebbero porre la loro fiducia?

Spero che questo post venga letto da chi so legge la mia pagina.
Che venga soprattutto letto da chi comanda , coordina, organizza i cittadini in divisa a Susa. 
Perché mi pare che lì , almeno lì, alberghi invece raziocinio , buon senso , correttezza e rispetto per le regole e per le persone.
Qualità che dovrebbero essere trasmesse ai propri sottoposti.
Specie di questi tempi complicati.

Astensione, unica soluzione? La richiesta dell’avv. Losco per il riesame di Lucio, Graziano e Francesco.

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Ci risiamo. Sembra un appuntamento fisso, quasi ciclico. Più o meno ogni sei mesi ci sono un tot di no tav che si ritrovano incarcerati in regime di carcere duro, AS2, le cui misure cautelari vengono magicamente affidate allo stesso collegio, presieduto  dalla dott.ssa Cristina Domaneci. Viene quasi il dubbio che la spending review abbia colpito così tanto i tribunali da ridurre ad uno solo i collegi disponibili. Fu proprio quel collegio ad accogliere le richieste dei PM per i 4 arrestati il 9 dicembre 2013, con l’accusa di terrorismo. Quasi un anno in isolamento, nonostante la Cassazione accogliesse il ricorso dei difensori annullando il provvedimento per i reati connessi al terrorismo ma, per uno scherzo del destino, la revisione dello stesso fu assegnata nuovamente allo stesso collegio, portando gli avvocati difensori a rinunciare al riesame in attesa della sentenza che il 17 dicembre ha assolto da quei capi di imputazione tutti e quattro i no tav.
Contemporaneamente però la procura, il 9 dicembre 2014 (che coincidenza, per gli altri 4 era il 9 dicembre del 2013) comunicava ai tre arrestati a luglio, per lo stesso episodio, una nuova ordinanza di misura cautelare per gli stessi REATI per i quali gli altri quattro erano stati assolti, terrorismo, 280 e 280bis. Ma le coincidenze non finiscono qui, infatti il caso vuole che il riesame delle misure cautelari di Lucio, Graziano e Francesco, venga nuovamente assegnato alla dott.ssa Cristina Domaneci.

L’avv. Losco ha presentato venerdì un’istanza in cui invita il giudice ad astenersi dal giudicare, ricordando che:

“L’imparzialità del giudice, intesa come assenza di pregiudizio deve essere valutata anche in termini di apparenza per stabilire se indipendentemente dalla condotta personale sussistano fatti che autorizzano a mettere in dubbio la sua imparzialità. Pur non sussistendo nel caso di specie una specifica ragione di incompatibilità, questa difesa ritiene tuttavia che l’imparzialità del presidente designato appaia compromessa dal fatto che la decisione presa dal collegio da lei presieduta è stata censurata sotto molteplici aspetti dalla corte di Cassazione e successivamente disattesa dalla corte d’assise”.

E ancora:

“La situazione è aggravata dall’ampio rilievo mediatico che è stato dato a ciascuna di queste decisioni e soprattutto dall’ultima di esse. Rilievo che ha indotto persino il ministro delle infrastrutture Lupi a intervenire commentando: ‘se non è un’associazione con finalità terroristiche incappucciarsi e organizzare l’attacco allo stato, qualcuno mi deve spiegare che cosa sia’. In questo quadro la specifica situazione del presidente designato crediamo sia tale da non presentare le necessarie garanzie di imparzialità”.

Insomma, non ci sarebbe serenità per prendere la decisione, un invito all’astenersi dal giudicare che consentirebbe alla dott.ssa Domaneschi di togliersi da una situazione difficile ed assegnare la decisione ad altro collegio. Sarebbe possibile, insomma. Basterebbe volerlo.

Simonetta Zandiri – TGMaddalena.

GIAGLIONE, IL SINDACO HA ADERITO ALL’OSSERVATORIO TAV “SALTANDO” IL CONSIGLIO COMUNALE

BY  – PUBLISHED: 12/21/2014 

RICEVIAMO DALLA MINORANZA DI GIAGLIONE

Facciamo un riassunto… il sindaco di Giaglione si è sempre dichiarato No Tav. Il 1° agosto 2014 il gruppo di opposizione organizza una serata informativa sul tema “Salute pubblica e Tav” e richiede per l’occasione l’occupazione del suolo pubblico (concessa, a pagamento) e l’eventuale uso del centro polivalente nel caso di maltempo (negato). La sera del 1° agosto piove a dirotto e la serata informativa viene fatta sotto i gazebo e le panche prestati da Comuni solidali e con la corrente generosamente data da una famiglia giaglionese… era chiaro sin dal primo momento che l’azione del sindaco e della Giunta mirasse a far sì che la serata non avesse mai luogo.
Arriviamo a settembre.

Il 25 il gruppo di opposizione presenta in Consiglio tre proposte di delibera (tutte bocciate). Una di queste riguarda l’approvazione di un nuovo regolamento per l’uso del centro polivalente in accordo con i principi di democrazia tutelati dalla Costituzione, dal Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali e dallo Statuto del Comune di Giaglione in modo da garantire – come avviene peraltro in tanti altri Comuni – a tutti (anche ai consiglieri di opposizione) l’uso della struttura, non disponendo in paese di altri luoghi pubblici.

Il sindaco risponde che se lo riterrà, la maggioranza scriverà sì un regolamento, ma «a propria immagine e somiglianza». La seconda delibera invece riguarda la contrarietà alla NLTL. Il sindaco, pur dichiarandosi da sempre contrario al Tav e affermando che «Sindaco ed Amministratori non sono in contrapposizione con lo Stato, ma rispettosi delle sue norme di legge» cui egli «non intende in nessun modo derogare» (verbale della Delibera di Consiglio n.25 del 25.09), vota contro perché – così dice lui – il sindaco rappresenta tutti gli abitanti (evidentemente, però, non quelli contrari).

Passano quasi due mesi. Il 19 novembre il nostro gruppo viene a conoscenza di una visita al cantiere de La Maddalena di Chiomonte fatta nello stesso giorno da alcuni membri della maggioranza. Il tutto avviene senza che nessuno avesse detto nulla, in nessun luogo e in nessuna occasione. Ci si chiede il perché di tale visita e soprattutto a che titolo fosse avvenuta. Per inciso, il 10 ottobre il nostro gruppo consiliare si era recato in Comune per visionare il registro del protocollo (elenco dei documenti in ingresso e in uscita) nonostante le resistenze dei funzionari, ma forti di una sentenza del TAR della Puglia che tutela questo nostro diritto. Il 25 novembre sempre il nostro gruppo chiede visione del registro dal 10 ottobre fino al 25 novembre.

Con “sorpresa”, scopriamo che il 14 ottobre dal Comune, a firma del sindaco e d’accordo con la Giunta, era partita una lettera indirizzata al Commissario straordinario di Governo, architetto Mario Virano, con la richiesta esplicita di entrare nell’Osservatorio. Il 28 di ottobre giungeva la risposta, ovviamente affermativa.

Ora, l’art. 42 del Testo Unico, dichiara che il Consiglio comunale «è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo» e una sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che per le decisioni di alto valore politico, come questa, la competenza è del Consiglio.

Sulla base di queste argomentazioni, il 17 dicembre il nostro gruppo ha deciso di inviare al sindaco un richiamo al rispetto della legge e al ripristino della legalità, sottolineando l’illegittimità dell’azione da lui portata avanti. Per conoscenza lo stesso richiamo è stato inviato anche al Prefetto di Torino, dott.sa Paola Basilone, e al Commissario di Governo per la Torino – Lione, arch. Mario Virano.

I consiglieri del gruppo Progetto Giaglione

Monica GAGLIARDI
Enrico POZZATO
Roberto RONSIL

PEC: gruppo.progetto.giaglione@pec.it

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Obama firma le sanzioni contro il Venezuela In evidenza

 

Obama firma le sanzioni contro il Venezuela

Proprio in contemporanea con un disgelo con Cuba per ora ancora precario e tutto da verificare, l’amministrazione Obama decide un’accelerazione delle politiche di isolamento nei confronti del Venezuela, segno che l’inquilino della Casa Bianca non ha affatto rinunciato al tradizionale ruolo aggressivo degli Stati Uniti nei confronti dell’ex cortile di casa. 

Venerdì Obama ha firmato senza indugio le sanzioni contro Caracas decise prima dal Senato e poi dalla Camera dei Rappresentanti, rendendo così operative le misure adottate contro “i funzionari venezuelani responsabili di violazioni dei diritti umani” che prevedono il congelamento dei loro beni eventualmente detenuti negli Stati Uniti o in paesi dove arrivi la longa manus di Washington e la negazione dei visti. 
Una recrudescenza dei rapporti, da sempre assai tesi, tra Stati Uniti e governo bolivariano da tempo chiesta a gran voce dalla destra venezuelana, in particolare da quella più estrema protagonista della lunga ‘rivolta’ costellata di attentati e provocazioni e che nei mesi scorsi ha causato la morte di decine di persone tra manifestanti, funzionari governativi, membri dei partiti di sinistra ed esponenti delle forze di sicurezza prima che Maria Corina Machado fosse destituita dalla sua carica di parlamentare e il suo sodale Leo­poldo Lopez venisse arrestato, entrambi con l’accusa di preparare un golpe violento in accordo con l’amministrazione statunitense.
Siccome la rivolta violenta non ha funzionato, la destra venezuelana ha pensato bene di chiedere sanzioni internazionali contro il governo di Caracas, richiesta prontamente ‘accettata’ da Washington. “Non siamo rimasti in silenzio, né lo saremo, contro le azioni del governo venezuelano che violano i diritti umani, le libertà fondamentali e le norme democratiche” ha rivendicato il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest. Il promotore del cosiddetto “Disegno di legge per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della società civile del Venezuela” e Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, il democratico Robert Menendez, ha tra l’altro invitato la comunità internazionale a seguire l’esempio degli Stati Uniti.
Tra gli esponenti politici oggetto delle sanzioni ci sareb­bero per ora l’ex mini­stro degli Interni, Miguel Rodri­guez Tor­res e la Pro­cu­ra­trice gene­rale Luisa Ortega Diaz, oltre ad alcuni gover­na­tori degli stati in cui più acuti sono stati gli scon­tri e poi il pre­si­dente dell’Assemblea Nazionale Dio­sdado Cabello. Inoltre nel mirino di Washington potrebbe finire la Cigto, la società di raf­fi­na­zione venezuelana con sede negli Usa, dipen­dente dall’impresa petro­li­fera di stato Pdvsa, formalmente a causa della collaborazione che intrattiene con analoghe imprese iraniane. 
Lunedì scorso decine di migliaia di sostenitori del governo bolivariano hanno marciato per le strade di Caracas per protestare contro le sanzioni indossando camicie rosse. Il presidente Nicolas Maduro, rivolgendosi ai suoi sostenitori al termine della manifestazione, ha accusato Washington di interferire negli affari interni del suo paese definendo gli Stati Uniti come “arroganti Yankees imperialisti” e aggiungendo che il Venezuela e altri paesi dovrebbero istituire “un comitato di esperti legali per indagare su tutte le violazioni dei diritti umani e sui crimini contro l’umanità effettuati dagli Stati Uniti, che hanno bombardato la Libia, l’Iraq e la Siria”. 
«La destra nor­da­me­ri­cana si lan­cia con­tro il Vene­zuela per­ché sa che i suoi rap­pre­sen­tanti qui sono un disa­stro, i soldi che arri­vano, se li rubano, non son capaci di ese­guire gli ordini, per que­sto gli Stati uniti hanno deciso di agire direttamente» aveva accusato qualche giorno fa Cabello dando la notizia del seque­stro di un camion che viag­giava su una nave pro­ve­niente dagli Usa con­te­nente 4 milioni di dol­lari e dell’arresto di un certo Arqui­mede Ron­don, un tizio di origine por­to­ghese e legato all’Usaid, nota agenzia governativa di Washington utilizzata per operazioni di destabilizzazione e spionaggio in vari quadranti del globo.
Dure accuse nei confronti dell’arroganza statunitense anche da parte dei paesi dell’Alba, in particolare dal leader boliviano Evo Morales secondo il quale «l’abbassamento del petro­lio è pro­vo­cato dagli Usa per col­pire Vene­zuela e Rus­sia, Obama sba­glia, farebbe meglio ad abo­lire la pena di morte».