Mose, trenta funzionari non pagheranno mai

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Mose, trenta funzionari non pagheranno mai

Fatture gonfiate per 42 milioni – L’atto di costituzione in mora è stato annullato: “Mascherarono” le tangenti per l’opera

Tre anni e mezzo fa si erano visti recapitare un atto di costituzione in mora da capogiro. A una trentina fra funzionari del Magistrato alle Acque di Venezia, professionisti, manager del Consorzio Venezia Nuova, perfino un ministro, era stata notificata l’intimazione a pagare entro 90 giorni una somma imprecisata, comunque tale da compensare i 42 milioni di euro per sassi da diga che avevano gonfiato le fatture, per mascherare le tangenti del Mose. Il documento, firmato dal viceprocuratore generale della Corte dei Conti di Venezia, Alberto Mingarelli, era la ricostruzione dettagliata del sistema di supposte collusioni che nel 2005 aveva portato a fissare il “prezzo chiuso” del Mose a 3 miliardi 709 milioni di euro. Un modo per rendere certa la spesa, sostenne allora Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio e “gran tangentiere”. Un modo, ha replicato la Procura contabile, per coprire i soldi della tangenti, visto che i sassi furono pagati a peso d’oro e il surplus (12,5 per cento) costituì la provvista del malaffare.

Adesso si scopre che l’atto di costituzione in mora del giugno 2016 è stato annullato. Nessuno ha pagato, la Corte dei Conti non vi ha dato seguito e lo ha assorbito nel procedimento che a dicembre si è concluso con la condanna a risarcire 7 milioni di euro inflitta a Mazzacurati (deceduto), all’imprenditore Alessandro Mazzi e al Consorzio Venezia Nuova. E quindi una trentina di persone, alcune delle quali ancora in posizione di vertice, sono uscite di scena. A confermare che lo Stato finanziò le tangenti del Mose, grazie al “prezzo chiuso” di un’opera da 6 miliardi di euro non ancora conclusa, è stato il procuratore regionale veneto della Corte dei Conti, Paolo Evangelista. Nella relazione per l’anno giudiziario, depositata solo ora causa pandemia, scrive che si è arrivati all’“epilogo delle azioni risarcitorie” nei confronti della cricca che provocò “un maggior costo dell’opera e influito sulla formazione del cosiddetto ‘prezzo chiuso’, oltre che sul sistema dei controlli, con possibili riflessi sulla qualità dell’opera e aggravio dei costi sull’Amministrazione”.

Ai funzionari pubblici (e a Mazzacurati) era contestato di aver avallato l’incremento del prezzo chiesto, senza verificare il costo effettivo dei sassi da diga, che lo avevano formalmente giustificato. Nell’elenco c’erano anche il ministro Pietro Lunardi e l’ex capo del Magistrato alle acqua Patrizio Cuccioletta (arrestato nel 2014). Ma soprattutto venivano citati dipendenti del Magistrato che, come collaudatori di parti del Mose, erano pagati dal Consorzio. I controllori retribuiti dai controllati. Attorno al Mose hanno campato in tanti, non solo in modo illecito (tangenti), ma anche inopportuno (collaudi retribuiti da parte di dipendenti del Magistrato alle Acque). Il viceprocuratore Mingarelli aveva contestato cifre importanti percepite fino al 2014 da componenti del Comitato Tecnico di Magistratura, che poi avevano contribuito ad approvare le richieste del Consorzio sul “prezzo chiuso”.

Mose, trenta funzionari non pagheranno maiultima modifica: 2020-05-09T23:01:15+02:00da davi-luciano
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