La Russia e l’Iran condannano l’attacco israeliano contro la Siria

Il Ministero degli Esteri della Federazione Russa ha espresso la sua grave inquietudine per i recenti attacchi aerei israeliani in Siria ed ha condannato questo fatto in una lettera diretta al segretario generale dell’ONU in cui qualifica quelle come azioni aggressive ed aggiunge che mettono in evidenza il desiderio del regime israeliano di distruggere il paese arabo.

Mosca è profondamente preoccupata per questo nuovo evento pericoloso, le cui circostanze esigono una spiegazione, ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri Russo, Alexander Lukashevich.
Anche l’Iran ha condannato gli attacchi segnalando che “questi attacchi sono una prova della connivenza del regime sionista con i gruppi terroristi con la finalità di distruggere la Siria ed uccidere i siriani innocenti“. Inoltre è stato richiesto all’ONU di adempiere ai suoi obblighi di fermare questa aggressione.

La portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Marzieh Afjam, ha detto il Lunedì che Tel Aviv dovrà soffrire le conseguenze di attizzare le fiamme della violenza nel paese.
Per parte sua, il ministro degli Esteri dell’Iran, Mohammad  Yavad  Zarif, ha affermato che “l’attacco era diretto a fortificare il morale dei gruppi terroristi che stanno soffrendo i duri colpi della resistenza dei popoli siriano ed iracheno”.

Uno scontro militare con la Russia

Da parte loro, i media siriani hanno segnalato che gli attacchi erano diretti a distruggere le armi antiaeree russe. Tel Aviv ha mostrato il suo timore che la Siria dispieghi sistemi di missili avanzati S-300.
Il sito Debka.com, che dispone di stretti legami con il complesso militare e della intelligence di Israele, ha citato “fonti militari e di intelligence del Medio Oriente” che hanno descritto gli attacchi come il “primo scontro militare aperto tra Israele e la Russia nel corso dei più di tre anni della guerra in Siria”.

“Queste fonti assicurano che gli attacchi hanno distrutto alcuni componenti del sistema antiaereo russo SA-25 ed altro tipo di armi antiaeree che Mosca aveva destinato per la Siria”. Queste fonti aggiungono che aerei da trasporto russi avevano inviato questi carichi negli ultimi giorni alla sezione militare dell’Aeroporto internazionale di Damasco.

L’invio di questi missili in Siria è un chiaro avvertimento della Russia contro il piano turco di creare una zona di esclusione aerea (“no fly zone”) nel nord del paese arabo. Mosca ha segnalato che questa misura sarebbe una aggressione aperta contro la Siria e motiverebbe un suo intervento per difendere questo paese.

In un commento pubblicato sul giornale israeliano Haretz, Amos Harel ha scritto che l’ultimo attacco israeliano è stato “eccezionale sotto tre aspetti: è stato realizzato dopo che Hezbollah ha stabilito nuove regole del gioco di fronte a Israele sul fronte nord; ha avuto luogo dopo che “la comunità internazionale” (i paesi occidentali) hanno cambiato il loro ordine di priorità in riferimento alla guerra in Siria (di rovesciare Assad e sconfiggere l’ISIS), ed è la prima volta che Israele attacca in Siria da che il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato la sua intenzione di convocare le elezioni”.

L’azione israeliana potrebbe avere anche altri motivi. Tel Aviv si oppone con forza ai negoziati sul programma nucleare con l’Iran e il governo israeliano si sente irritato nel vedere come aerei iraniani e statunitensi attaccano nello stesso tempo le postazioni dell’ISIS. L’ultimo intervento potrebbe essere diretto a provocare un conflitto che impedisca qualsiasi avvicinamento tra Teheran e Washington e faccia fallire i negoziati.

Fonte: Al Manar     Haaretz      Debka.com

Traduzione: Luciano Lago
http://www.controinformazione.info/la-russia-e-liran-condannano-lattacco-israeliano-contro-la-siria/

Le menzogne dei media occidentali sulla Siria rivelate dagli stessi “ribelli moderati”

di Miguel Ángel González Claros – 10/12/2014

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Analisi: il falso mito dell’opposizione siriana: l’ISIS e Al Nusra si riuniscono con l’aiuto di Turchia ed Israele
Gli Stati Uniti e la NATO hanno finanziato, armato, addestrato e diretto i gruppi terroristi che stanno devastando molte zone della Siria dall’inizio della crisi e continuano nella loro opera di devastazione e morte ancora oggi. Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla propaganda e dalle false narrazioni costruite per il pubblico europeo dai principali organi di stampa e TV.
La nuove informazioni pubblicate da Associated Press, suggeriscono che sia l’ISIS (lo Stato Islamico) sia il Fronte Al Nusra (i due gruppi principali) stanno lavorando assieme per sconfiggere gli inprovvisati “ribelli moderati” che combattono contro Assad. I leaders dei miliziani dello Stato Islamico e di Al Quaeda, si sono riuniti in una abitazione rurale nel nord della Siria e hanno concordato un piano per smettere di combattere fra di loro, per lavorare insieme, contro i loro nemici così come hanno spiegato un funzionario dell’opposizione siriana di alto livello ed un comandante ribelle all’Associated Press.
L’ISIS ed Al Nusra sono stati coinvolti in battaglie fra di loro in varie occasioni, tuttavia la cosa certa è che i due gruppi sono in realtà la stessa organizzazione. In quanto ai così detti “ribelli moderati”, la realtà è quella che la denominata” opposizione” in Siria è qualsiasi cosa meno che moderata. Non ci sono mai stati “moderati” in Siria. L’Occidente ha armato e finanziato Al Quaeda ed altri gruppi estremisti settari (come Al Nusra) fin dal 2007, preparando un bagno di sangue settario nel paese che doveva servire per gli interessi degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita e di Israele.
Appare ormai sempre più patetico questo ultimo tentativo dei media occidentali di voler differenziare, fra i gruppi che combattono all’interno delle frontiere della Siria, tra gli estremisti islamici appartenenti ad Al Qaeda ed all’ISIS ed i così detti “moderati”.
Si tratta solo di uno stratagemma per giustificare il continuo flusso di denaro in contanti e di armi verso la Siria, per perpetuare il conflitto, creando instabilità lungo tutte le frontiere della Siria in modo che gli alleati dell’Occidente, Israele, la Giordania e la Turchia, possano giustificare l’intervento militare diretto.
Il New York Times aveva realizzato un reportage, nell’Aprile del 2013, spiegando che nella città più grande della Siria, Aleppo, i ribelli allineati con Al Qaeda controllavano le centrali di energia elettrica, i panifici e dirigevano un Tribunale che applicava la legge islamica. Le zone controllate dai ribelli sono sotto la giurisdizione di tribunali islamici assistiti da avvocati, clerici e le brigate dei miliziani sono comandate dagli estremisti. In nessuna delle zone controllate dai ribelli islamisti in Siria esiste una forza di combattenti secolari (non islamica) con cui dialogare.
Persino uno dei leaders dell’opposizione, Bassel Idriss, ha ammesso di recente di aver collaborato apertamente con l’ISIS e con Al Nusra, in una intervista rilasciata al giornale Daily Star del Libano, dando un esempio in più del fatto che “ribelli moderati” non esistono in assoluto. Vedi: The Daily Star .
Pertanto è necessario capire che non c’è differenza tra l’ISIS ed Al Nusra, con la finalità di comprendere la natura ingannevole della narrativa promossa dai media dominanti in riferimento alla recente “alleanza”.
La storia narrata dai media occidentali si utilizza per giustificare un prossima invasione militare della NATO in Siria, sulla base della menzogna secondo cui i “ribelli moderati” ed i “democratici pacifisti ed amanti della democrazia” vengono perseguitati dall’ISIS/Al Nusra da un lato e dal brutale dittatore Assad dall’altro.
Inoltre è assurdo indicare Bashar al-Assad come un dittatore brutale che massacra il suo stesso popolo, quando non ci sono state prove per indicare che Assad abbia fatto uccidere intenzionalmente i civili nel corso di tutto il conflitto. In realtà, questa non è altro che una falsa narrativa con il fine di giustificare la partecipazione degli Stati Uniti e della NATO, a favore degli squadroni della morte appoggiati dall’Occidente.
Il governo siriano, allo stesso modo come lo era il leader libico Muammar Gheddafi, è l’unica forza efficace attualmente nella lotta contro l’ISIS ed i molti altri gruppi di Al Qaeda che operano nella regione. Rovesciare il governo di Damasco aggraverebbe la lotta contro i terroristi settari e l’Occidente deve essere pienamente cosciente di questo.
Analisti statunitensi stimano che allo Stato Islamico sia stato assegnato il ruolo di “Frankestein”, da parte dei media occidentali, ma in realtà viene utilizzato dagli USA come “un cavallo di Troia”, in Siria ed in Iraq. La creazione dell’ISIS è servita come alternativa sunnita settaria contro gli alleati governativi dell’Iran a Bagdad ed a Damasco, essendo questa la tattica degli Stati Uniti nel loro  gioco di strategia. L’ISIS continuerà a servire la strategia degli Stati Uniti.
L’obiettivo è quello di utilizzare Al Qaeda per rovesciare governi indipendenti, per poi balcanizzare e dividere i paesi in questione, o utilizzarli come stati fantoccio kamikaze contro i nemici più grandi quali la Russia, la Cina e l’Iran.
La Turchia ed Israele forniscono appoggio e copertura ai terroristi dell’ISIS
Tanto Israele come la Turchia hanno giocato un ruolo principale, quello di favorire i terroristi islamici nella loro lotta contro il governo di Damasco. James Petras nella sua sezione a Radio Centenario del 1° Dicembre, ha spiegato che centinaia di camions caricati con ogni tipo di materiali, incluso armi ed equipaggiamenti, hanno attraversato al frontiera tra Turchia e Siria.
I terroristi dell’ISIS attualmente controllano la regione del Daesh, che delimita la sua frontiera con Israele. Secondo quanto spiega il giornale libanese Al Manar, nella sua edizione digitale del 28 Novembre, la calma nella frontiera è assoluta ed incluso vi è cooperazione tra le due organizzazioni. Tutto è iniziato quando gli israeliani hanno aperto i propri ospedali improvvisati per piccoli gruppi di feriti negli scontri con l’esercito siriano ed ha continuato quando gli israeliani hanno concesso aiuti militari ed hanno bombardato le posizioni dell’Esercito siriano. Questo gli ha permesso di consolidare il suo dominio in questa area. Oltre all’assistenza ospedaliera, gli israeliani hanno anche fornito tende, latte per i bambini e medicamenti. In cambio, Al Nusra deve combattere contro l’esercito siriano ed Hezbollah. Tuttavia, la stima dei servizi di intelligence israeliani teme un possibile cambio della sicurezza e il risorgere delle forze governative siriane nella regione del Golan.
L’Esercito di Tel Aviv è ben cosciente che la guerra in Siria potrebbe più tardi trasformarsi in una guerra contro Israele e nell’articolo si parla di una manovra che è stata portata a compimento da una brigata da combattimento chiamata Ayt. Nel corso di questo esercizio, che ha avuto luogo la scorsa Domenica, tutte le unità ed equipaggiamenti di lavoro nel Golan hanno partecipato per simulare una escalation della situazione in una ipotetica battaglia contro l’Esercito siriano.
Alcune di queste manovre simulate sono attività clandestine delle unità israeliane, realizzate da posizioni situate dietro le linee nemiche, che avevano come obiettivo ottenere informazioni che permettano all’esercito israeliano di avere un maggiore rendimento, per non parlare degli obiettivi raccolti a mezzo di sistemi elettro-ottici che prendono immagini in profondità nel territorio siriano.
Traduzione: Luciano Lago
  
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Israele bombarda la Siria, Tel Aviv esce allo scoperto

ovvio che per il M5S non sia l’Isis da combattere, è una creatura dei preziosi Usa i cui ambasciatori in Italia Grillo incontra spesso

di Mauro Indelicato – 10/12/2014
 
Fonte: L’intellettuale dissidente
 
I raid israeliani in Siria aprono nuovi scenari nella partita mediorientale. Tel Aviv prova a piegare Assad favorendo, di fatto, i jihadisti dello Stato Islamico.
 
In sordina tra i media occidentali, si è appreso nelle scorse ore come Israele abbia di fatto ufficializzato la sua strategia volta a demolire Assad in Siria e favorire apertamente i terroristi di qualsiasi fazione che da tre anni infestano il paese ed hanno creato un’infinità di lutti, tragedie e vittime. Fino ad adesso, sono state solo supposizioni confermate, però, da prove e documenti, ma da ieri ogni dubbio ha lasciato spazio a tristi certezze; Israele infatti, ha bombardato la Siria e non certo nei territori occupati dall’ISIS, bensì ad una manciata di chilometri da Damasco, in una zona, così come confermato da una nota dell’esercito siriano, controllata saldamente dalle forze governative e bonificata già da mesi da ingerenze terroristiche.
 
I raid israeliani non hanno fatto vittime tra i civili, ma creato danni materiali: da Tel Aviv non confermano, ma neanche smentiscono, il governo (che ha i giorni contati) di Netanyahu gioca a fare il ‘sornione’ e, dopo aver lanciato il sasso, lascia ai suoi organi di stampa l’onere di confermare quanto avvenuto. Emerge in tutto ciò un quadro desolante per chi ha a cuore le sorti della Siria di Assad, uno dei pochi avamposti rimasti di resistenza mediorientale, che in questi tre anni di guerra civile ha dimostrato una grande compattezza che ha fatto fallire i piani di smembramento del paese ed ha condotto il suo esercito alla riconquista di gran parte del territorio. Di fatto Assad ‘paga’ la sua resistenza; a Tel Aviv già dal luglio del 2012, con l’ammucchiata di terroristi riuniti nel cosiddetto ‘Esercito Siriano Libero’ alle porte di Damasco, gridavano alla vittoria e pronosticavano la fine imminente del governo di Assad. Così non è stato e questo ha fatto innervosire le cancellerie occidentali che premevano e tornano a premere ora con forza per la caduta di Damasco; e allora, nel settembre 2013, con la farsa mediatica svelata poi al mondo intero delle presunte armi chimiche usate da Assad verso i civili, si è provato ad attaccare la Siria nella stessa maniera con cui si è attaccata nel marzo del 2011 la Libia di Gheddafi. In quel caso però, l’attività diplomatica della Russia di Putin, sventò anche questo piano.
 
Ecco quindi che il 2014 è invece l’anno in cui si tira fuori l’ISIS; la sua ‘scalata’ a livello mediatico, con tanto di terrore sparso in tutta Europa ed in tutto il mondo occidentale, è servito a giustificare bombardamenti USA in pieno suolo siriano che non solo non hanno stroncato l’avanzata dei terroristi, ma hanno anche colpito infrastrutture civili e militari siriane di estrema importanza, segno di quale sia in realtà l’obiettivo della nuova azione militare a stelle e strisce. Ma Israele ha fretta: Assad è un nemico da abbattere a tutti i costi, un fronte di resistenza ai confini del fantomatico stato ebraico che Tel Aviv non si può permettere di vederlo uscire vittorioso. I dirigenti israeliani hanno i nervi a fior di pelle, non riescono a mandare giù il boccone amaro dato loro dalla resistenza dell’esercito siriano e così, prima di crollare psicologicamente loro, vogliono annientare l’animo degli avversari. Si spiega probabilmente così il raid delle scorse ore nella periferia di Damasco; i siriani adesso, sfiniti da una guerra interminabile e costretti a vedere un ISIS che non si riesce a far sloggiare dal proprio territorio, hanno la sensazione di essere in un brutale stato d’assedio udendo i boati delle bombe israeliane a pochi passi dalla capitale. Un modo questo, da parte di Tel Aviv, di far sentire assediato anche Assad, ben consapevole di come, oltre ad ISIS ed USA e dopo le bombe israeliane, si prepara una nuova minaccia con un nuovo afflusso di terroristi addestrati da sauditi ed americani in Giordania.
 
La Siria quindi, si prepara ad affrontare nuove offensive interne ed esterne alla propria sovranità; USA e soprattutto Israele, unitamente agli arabi del golfo Persico, non si rassegnano ad una Damasco ben salda nelle mani di Assad ed aumentano sforzi militari e di ogni genere, pur di arrivare al centro della capitale siriana. Più volte comunque l’attuale regime siriano ha dato prova di tenuta nonostante mille attacchi; spinto da un popolo che non ne vuol sapere di desistere e di cedere, il governo di Damasco ha dalla propria parte ancora molte carte da poter giocare. Di certo, la Siria rischia adesso di dover concentrare nuovamente i propri sforzi non sulla ricostruzione ma su una nuova fase delicata di una guerra atroce di logoramento, ma la storia (anche recente e proprio in Siria) ha dimostrato che la coesione di un popolo è un’arma vincente contro cui nessun terrorista e nessun complotto possono far nulla. Gli inspiegabili e vili bombardamenti israeliani in territorio siriano, volti a piegare il morale ad Assad ed al suo popolo, dimostrano un certo nervosismo di Tel Aviv, costretta ad impiegare il proprio personale militare in prima persona contro il nemico di sempre. La strategia è chiara: si vuole Assad morto e si farà ogni cosa pur di arrivare a questo obiettivo, ma il leader siriano, ogni qualvolta viene messo sotto pressione, come adesso, o dato per finito, dimostra di saper resistere e riportare sotto il proprio controllo la situazione. Nubi ancora più scure si addensano sopra Damasco, ma l’impressione è che dalla capitale siriana uscirà vivo soltanto chi riuscirà a mantenere fino alla fine ben saldi i propri nervi.
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La BCE non è la FED (se non lo avevate ancora capito)

Scritto il 10 dicembre 2014 alle 15:20 da Danilo DT
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In questi giorni ho martellato abbastanza sia sulle strategie delle varie banche centrali (espansive per la BCE, super espansive per la BOJ, apparentemente espansive per la PBOC, senza dimenticare però la variabile “shadow banking” che crea un rischio bolla in Cina) stazionarie al momento per FED e BOE), ma anche su come non si può pensare che tutte le banche centrali riescano ad avere dai mercati la stessa reazione a seguito della propria operatività.
In parole povere, ormai da mesi vado dicendo che la BCE non è la FED per mille motivi e che quanto è accaduto negli USA non può accadere in Europa.
Non voglio essere ripetitivo sulle ragioni, ma questa volta voglio portare alla vostra attenzione due grafici che sono sufficientemente esplicativi (thanks to Invesco).
 
Oggetto della questione: le banche centrali riescono a trasferire la liquidità immessa sul mercato, quindi passano il testimone, alle banche commerciali?
 
Perché poi alla fine è questo il nodo della questione: far si che il denaro “generato” con il TLTRO, gli acquisti di ABS e coverd bonds e l’eventuale QE possano certamente liberare della liquidità che poi però le banche commerciali devono NON solo impiegare nella finanza ma anche nei prestiti e nei finanziamenti.
 
Negli USA è successo questo.
 
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Come potete vedere c’è una corrispondenza tra il QE e la massa monetaria M2 (o aggregato monetario M2). Segno che il denaro è entrato in circolo.
E in Europa che è successo fino ad oggi?
 
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Il risultato è evidente ed è riportato nel grafico. Aumenta la liquidità, diminuiscono i finanziamenti. Quindi al momento la liquidità generata ha rimpinguato i bilancio delle banche e nulla più. Cosa potrebbe far sperare? Quella simil ripartenza che segnala un rialzo dei finanziamenti bancari, pur sapendo che è sempre facile rimbalzare da tali minimi.
 
Quindi la morale è molto semplice. La BCE non è la FED e non si può fare un ragionamento di semplice proiezione in Europa della storia americana dei vari QE per prospettare una sicura ripresa. Forse ci vuole anche qualche riformina…in più aree amministrative dell’Eurozona. E non mi riferisco, come sempre, solo alla periferia intesa come NAZIONALE.
 
Probabilmente il piano di allentamento quantitativo sui titoli di Stato arriverà comunque, gli ultimi commenti anche di un personaggio ben informato come Novotny fanno pensare a questo…
 
Nowotny, che in passato ha anticipato cambi di rotta nella politica monetaria di Francoforte, ha sottolineato come l’acquisto di bond governativi sia un’opzione da prendere in considerazione per affrontare il massiccio deterioramento dell’economia della zona euro.
 
Tali esternazioni hanno contribuito spingere l’euro fino a quota 1,2247 dollari, mentre il biglietto verde continua a beneficiare dei numeri migliori delle attese giunti venerdì sul fronte dell’occupazione, che spingono molti operatori a ritenere più vicino un rialzo dei tassi da parte di Federal Reserve. (Source)
 
..-ma bisogna anche ricordare che l’Eurotower da gennaio rappresenterà ben 19 Paesi membri. Un dettaglio per molti, ma non è da sottovalutare in quanto questo fatto potrebbe rallentare ulteriormente le manovre… anche se ormai pare deciso (se le cose non migliorano). Incrociamo le dita…

India-Russia: al diavolo le sanzioni…

Non ci avrò fatto caso, ma sembra che gli indiani siano un branco di stupratori da quando è entrata a far parte della galassia dei Brics. In India non si rispettano ovviamente i diritti umani, come sostiene tanto il Vaticano quanto gruppi contro il moralismo indù (sullo stesso lato della barricata?!?! che strana coincidenza.) Fatto sta che le proteste in India montano questa settimana che Putin si trova in visita per stringere accordi per i Brics……
 

dicembre 6, 2014
 
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La prossima settimana il Presidente Putin sarà in India, con l’incontro capitale tra il presidente russo e il nuovo primo ministro Modi, tra due Paesi BRICS la cui importanza è ben consolidata. (Putin ha già incontrato due volte Modi, a margine dei vertici BRICS e APEC. L’11 dicembre terrà la prima visita bilaterale al nuovo premier indiano). I russi si aspettano una cooperazione indiana sempre più assertiva, implicando indirettamente il crescente allontanamento strategico da Washington in questo periodo di crisi. Gli indiani, finora cauti e corteggiati da Washington, sono inclini a compiere il passo che ne consoliderà il ruolo preminente nei BRICS (con possibilità/probabilità di divenire membro effettivo dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nel 2015). In ogni caso, la visita di Putin a Delhi è preceduta dalle dichiarazioni dei rispettivi ambasciatori che adottano un tono decisamente ottimista sul rinnovato accordo tra i due Paesi. Sputnik News ha intervistato, il 5 dicembre, l’ambasciatore indiano a Mosca PS Raghavan (strabiliante ritratto indiano di Max Gallo (uno storico francese. NdT)), che sviluppa un discorso particolarmente volenteroso su una cooperazione molto attiva… “Vi sono opportunità particolarmente interessanti nel rafforzare la nostra cooperazione economica a un livello commisurato alle complementarità delle economie dei nostri due Paesi”… il vertice sarà l’occasione per i due leader “di articolare la loro visione sul corso futuro della nostra partnership strategica e privilegiata”, con piani per un ulteriore rafforzamento della cooperazione in settori come difesa, nucleare, spazio, commercio e investimenti, energia e altre risorse, scienza e tecnologia, salute, istruzione, media e cultura. La visita dovrebbe portare alla firma di oltre una dozzina di documenti relativi alla cooperazione russo-indiana, e “fornirà nuovo impulso alle nostre relazioni bilaterali già vibranti”…” L’Ambasciatore dell’India afferma l’importanza dei legami nella Difesa tra Russia e India, confermando la piena soddisfazione degli indiani su impiego e prestazioni delle armi russe. D’altra parte, c’è l’interesse dell’India a stabilire legami con l’Unione economica eurasiatica, che Mosca ha avviato (“…l’India è molta interessata all’Unione economica eurasiatica che entrerà in vigore a gennaio, (…) l’India attualmente lavora “per creare meccanismi istituzionali concreti… con discussioni strutturate (sulla cooperazione economica) tra l’India e l’Unione“). Infine, l’essenziale è il principio sollevato dall’India: le sanzioni contro Russia del blocco BAO non la riguardano in alcun modo.
Facendo eco da Delhi, l’ambasciatore russo in India Khadakin conferma che l’India è pronta a supplire alle restrizioni sugli approvvigionamenti di vari prodotti dovute a sanzioni e controsanzioni, aumentando le esportazioni verso la Russia. “Discutendo dell’impatto delle sanzioni sulle relazioni russo-indiane, l’ambasciatore ha osservato che l’India “non tollererà pressioni da qualsiasi parte per mutare le nostre solide relazioni con la Russia”, come ha dimostrato negli ultimi anni che “non s’inginocchierà alle pressioni esterne di un qualsiasi Paese”. Raghavan ha osservato che le relazioni russo-indiane sono “costruite su convinzioni condivise (e) convergenze strategiche sulle principali questioni internazionali, e che non sono determinate da fattori esterni”. L’ambasciatore ha anche notato il ruolo emergente delle nuove istituzioni volte a creare un mondo multipolare, in particolare i BRICS. (…) Il tono amichevole e ottimista di Raghavan sul vertice bilaterale in programma corrisponde a quello dell’ambasciatore russo in India Aleksandr Kadakhin, che ha detto a Sputnik che l’India è pronta a rifornire la Russia di notevoli quantità di prodotti alimentari, e che le sanzioni occidentali e le contro-sanzioni russe aprono molte opportunità alle imprese indiane che cercano di entrare nel mercato russo”.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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In “Eurasia”
 
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No Tav ferito da lacrimogeno, il gip ordina di proseguire le indagini

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/12/10/news/no_tav_ferito_da_lacrimogeno_il_gip_ordina_di_proseguire_le_indagini-102572887/

Il sedicenne era stato colpito alla nuca nel dicembre 2011, la procura ha chiesto l’archiviazione, ma il giudice vuole un supplemento di indagine sulle forze dell’ordine

No Tav ferito da lacrimogeno, il gip ordina di proseguire le indagini

L’8 dicembre 2011 un giovanissimo attivista No Tav venne colpito alla nuca da un lacrimogeno lanciato dalle forze dell’ordine durante una dimostrazione davanti al cantiere di Chiomonte, in Valle Clarea. Il ragazzo, di 16 anni, venne portato in ambulanza all’ospedale Cto, dove gli riscontrarono un trauma temporale con paralisi del nervo facciale, emotimpano e ipoacusia. Per quell’episodio oggi il gip Stefano Vitelli, del tribunale di Torino, ha respinto la proposta di chiusura del caso presentata dalla procura e ha ordinato un supplemento di indagine.

Il giovane aveva presentato una querela contro ignoti per lesioni volontarie. Nel corso del procedimento ha anche sollevato profili di omissione di soccorso. Secondo il giudice “le considerazioni del pubblico ministero nella sua richiesta di archiviazione sono astrattamente valide” ma la vicenda non è stata ricostruita con completezza. E’ dunque necessario, per quanto sia “difficile” dato il “tempo trascorso”, un supplemento di indagine: raccogliere eventuali video e fotografie, acquisire gli ordini di servizio delle forze dell’ordine, identificare una funzionaria indicata dalla difesa ed esaminare la registrazione delle comunicazioni fra lei e i suoi superiori.

 

No Tav ferito da lacrimogeno, la Procura chiede l’archiviazione ma il gip ordina nuove indagini

dicembre 10 2014
Era stato colpito l’8 dicembre 2011 da un lacrimogeno lanciato dalle forze dell’ordine davanti al cantiere della Torino – Lione a Chiomonte. Il ragazzo di 16 anni per quel colpo subì un trauma temporale con paralisi del nervo facciale e altri danni. Oggi il giudice delle indagini preliminari Stefano Vitelli del Tribunale di Torino ha respinto la richiesta della Procura di archiviare il caso. Infatti vuole un supplemento d’indagini sull’operato della polizia e dei carabinieri in quel giorno in quanto, secondo il giudice, la vicenda non è stata ricostruita completamente.

Il 16enne aveva presentato una querela contro ignoti per lesioni volontarie.

Piemonte, Chiamparino lancia un tavolo parallelo per recuperare i sindaci No Tav

Un tavolo politico-istituzionale. Per parlare non solo di Torino-Lione, ma per affrontare problemi su larga scala, che vanno dalla crisi della manifattura al taglio dei trasporti locali, dal dissesto idrogeologico alla mancanza di reti tlc, dai limiti del patto di stabilità alla riorganizzazione della sanità.

La Regione Piemonte prova, con nuovi strumenti, a riannodare il filo del dialogo, interrotto, con i sindaci dei Comuni no Tav, che da tempo non partecipano più alle riunioni dell’Osservatorio di Mario Virano, luogo deputato al confronto locale sulla linea veloce. E’ quanto è emerso, questa mattina, nel corso di una riunione che si è svolta in piazza Castello, a Torino. Presenti: il presidente della Giunta regionale, Sergio Chiamparino, l’assessore ai Trasporti Francesco Balocco e 19 primi cittadini, fra cui Sandro Plano, alla guida di Susa, città del grande cantiere del futuro tunnel di base.

 «Da Cavour in avanti, tutte le grandi infrastrutture che sono atterrate in Valsusa non hanno mai avuto l’effetto di portare ricadute dirette per il territorio – ha esordito Plano, che guidava simbolicamente la delegazione -. L’attenzione è tutta concentrata sul Tav, ma intanto nelle nostre valli chiudono le industrie, prima fra tutte le Acciaierie Beltrame che hanno lasciato a casa 600 lavoratori, i cittadini perdono la casa, si sopprimono i servizi, l’ospedale viene depotenziato, si parla di eliminare la stazione dei carabinieri di Bussoleno». Hanno proseguito altri sindaci, da Avigliana a Sant’Ambrogio ad Almese e Chiusa San Michele: «Sovente si tende ad appiattire la nostra attività sul fatto di essere pro o contro la Torino-Lione. Ma il nostro operato, così come i nostri bisogni quotidiani, vanno ben oltre questo tema, che però ingabbia l’attenzione mediatica».

Al presidente della Regione, gli amministratori hanno chiesto la possibilità aprire un confronto ad ampio raggio. Proposta verso la quale hanno trovato una sostanziale apertura. «La Torino-Lione resta un tema prioritario, oltre che un’occasione da non perdere – ha spiegato il presidente Chiamparino -. Le compensazioni valgono dieci milioni l’anno per almeno dieci anni. Sono cifre che rappresentano un tesoro per il territorio locale. Senza contare che, se vogliamo davvero proteggere l’ambiente, è senz’altro meglio lavorare per spostare le merci sul treno, che continuare a farla transitare in valle a bordo dei camion». Ha proseguito, ancora, Chiamparino: «ferme le posizioni di base, lo stesso raddoppio della canna del Frejus pone la necessità di confrontarsi, visto che la nuova infrastuttura inevitabilmente rafforzerà il corridoio merci della Valsusa a svantaggio del Monte Bianco. I temi su cui ragionare sono comunque molti. Un tavolo politico-istituzionale potrebbe essere il luogo per il dialogo, che però non deve e può sostituire quello già esistente nell’ambito dell’Osservatorio tecnico». Il tavolo potrebbe anche essere ricompreso all’interno della azioni della legge regionale sulla Demarche Grand Chantier, strumento rimasto fermo per mesi, ma che era pensato e voluto proprio per garantire ricadute dirette ai territori – come la Valsusa – interessati da grandi opere. Ha aggiunto l’assessore Balocco: «La periodicità potrebbe essere di una convocazione al mese. Ben inteso che le riunioni potranno essere fissate tutte le volte in cui ci sarà bisogno di farlo».

Processo ai No Tav. Emergono le responsabilità

I dirigenti “sul campo” violarono la stessa ordinanza del Questore e scatenarono la caccia all’uomo incitando la truppa alla violenza estrema. Funzionari e agenti hanno contribuito con l’omertà a oscurare i fatti reali. I dimostranti andavano puniti, non dispersi.

di Fabrizio Salmoni

Udienza fiume (e abbastanza devastante per chi vi ha asssitito, dalle 9 alle 17 con 15′ di pausa) in aula bunker per il maxiprocesso. E’ toccata a tre veterani del collegio di difesa (avvocati Vitale, Pellegrin, Melano) spendere le argomentazioni principali per attaccare duramente l’operato della polizia in quel 3 Luglio 2011. Se una prima fase delle arringhe passate affrontava la successione temporale dei fatti per concludere che ci fu una violenta aggressione preventiva a un corteo pacifico e a gruppi di dimostranti che cercavano l’atto dimostrativo, ora ci si focalizza su altri aspetti tutt’altro che secondari: come è potuto accadere? Oggi ci si è avvicinati ulteriormente alla verità:  l’aggressione con i gas partì su ambo i fronti “caldi” prima che fosse lanciata una sola pietra, con i reparti schierati all’esterno delle recinzioni in violazione dell’ordinanza del Questore Faraoni del giorno precedente che raccomandava di mettere in atto una difesa del cantiere standone all’interno e di rintuzzare gli eventuali gesti dimostrativi o tentativi di intrusione. Quei reparti si distinsero invece per violenze e illegalità documentate in foto e filmati agli atti.

AVV. PELLEGRIN

AVV. PELLEGRIN

Analoga situazione è stata riscontrata alla centrale elettrica di via Avanà quando, in risposta a un atto dimostrativo di qualche decina di manifestanti (non migliaia, come dichiarò falsamente ilvicequestore Di Gaetano) che tentavano di abbattere una rete, si scatenò il lancio di lacrimogeni su tutto lo spezzone di corteo in transito con proiettili sparati direttamente su gente inerme (alcuni facevano il picnic nei pressi).

AVV. MELANO

AVV. MELANO

Ecco dunque, secondo gli avvocati, che si delineano le responsabilità di quel giorno:furono i dirigenti sul campo, Dott. Annunziata e Dott. Di Gaetano, – sostengono gli avvocati – a prendere l’iniziativa aggressiva e scatenare la violenza sulla gente con il chiaro proposito di far male e spaventare: la famigerata “dottrina Cossiga” sull’ordine pubblico rispolverata già a Genova nel 2001 e quindi in Val Susa nel 2011. Del resto, l’antipasto era stato servito solo una settimana prima, il 27 Giugno, con lo sgombero violento della Maddalena, annunciato, prima ancora che si forzassero le difese, con il calcio all’inerme pacifista Turi Vaccaro già immobilizzato sul selciato dell’autostrada, sferrato da un noto vicequestore, come mostrato ancora oggi nei filmati. Un gesto preventivo “di disprezzo” del cittadino. “Chi manifestava in quei giorni non era tale ma un black block da reprimere” e forse sopprimere. Questo era il messaggio che i dirigenti sul campo trasmettevano alla truppa quando durante le cariche all’area archeologica gridavano “Ammazzateli!” (incitamenti che si sentono distintamente nel sonoro delle immagini). In altra fase, qualcuno gridava “Fateli entrare!” per attirare i dimostranti in trappola e poterli non disperdere ma fisicamente offenderli.

AVV. LOSCO

AVV. LOSCO

Accanto a tale gestione criminale dell’ordine pubblico, contro le stesse disposizioni del Questore, si è registrata la peggiore omertà in sede processuale: “Funzionari incapaci e consci del modello di gestione che era stato loro richiesto, non riferiscono di quanto hanno visto” (avv. Vitale): non vedono gli agenti che tirano pietre, non vedono i lacrimogeni sparati direttamente sulla gente, non vedono le violenze di gruppo sui fermati. “E allora vogliamo credere che quello che dicono è vero?” conclude Vitale. E Pellegrin sullo stesso tema rincara la dose: “I dirigenti sul campo hanno la responsabilità della degenerazione della situazione” mentre a Melano tocca ricordare che in questa Italia gli abusi polizieschi sono di lunga data ma che i moti sociali hanno quasi sempre avuto esiti positivi per l’avanzamento della democrazia, “appartengono ai normali processi dialettici della politica perchè non si può avere ragione di un popolo solo con la violenza“. Già per Genova 2001 furono riscontrati eccessi polizieschi, azioni illegittime e sproporzionate e già una sentenza del 2012 per altri fatti in Val Susa stigmatizza la causalità dei comportamenti (in gergo tecnico, contributo causale rilevante e efficiente) per mandare assolti altri imputati.

AVV. STROPPIANA

AVV. STROPPIANA

E’ sempre Pellegrin che introduce la discussione sulla validità dei riconoscimenti sulla base di quanto agli atti e sulla difficoltà di far coincidere la fisionomia con la realtà. Per dimostrarlo mostra un affresco del duomo di Pistoia risalente al 1300 che ritrae quasi perfettamente il volto del suo assistito, il toscano Ginetti. L’episodio smorza un po’ la tensione ma solo per un attimo anche perchè l’imputato è già stato dato abbondantemente in pasto ai media per fatti precedenti. Anche questo un abuso da addebitare allo sciacallaggio di certi giornalisti e ai pregiudizi della Procura.

AVV. STRAINI

AVV. STRAINI

L’avv. Losco, co-difensore anche dei quattro imputati nel “processo del compressore” ha ripreso le considerazioni sulla natura e i costi della Grande Opera per poi immergersi brevemente sui dettagli tecnici che portarono al presunto riconoscimento dei suoi difesi.

AVV. RUSSO

Gli avv. Straini e Stroppiana hanno intrapreso anch’essi una difesa tecnica mentre l’avvocato d’ufficio Irene Russo non ha trattenuto la considerazione che fa da corollario a tutta la procedura della Procura sui fatti in oggetto: “La visione parziale dei fatti non è giustizia!”. Un pubblico esausto non poteva che condividere.

(F.S. 9.12.2014)

Il sacco di Roma e il frutto amaro della deregulation

manifesto
EDITORIALE

—  Paolo Berdini, 9.12.2014


Il Campidoglio

La vicenda di Roma sta assu­mendo con­torni che rischiano di far smar­rire la gra­vità ine­dita di quanto avve­nuto. Assi­stiamo ad una serie di inter­vi­ste dei respon­sa­bili poli­tici dell’ultimo ven­ten­nio che nel ten­ta­tivo di sal­varsi dal moto di indi­gna­zione che dilaga, ten­tano di deru­bri­care lo scan­dalo a pochi mal­fat­tori o addi­rit­tura — il Foglio di Fer­rara — a pate­tici mil­lan­ta­tori all’amatriciana.

Siamo invece di fronte ad uno scan­dalo di por­tata ben mag­giore di quello di Tan­gen­to­poli degli ’90. In quel periodo si cercò di costruire un sistema di regole in grado di argi­nare il malaf­fare dif­fuso. Da quel momento l’ondata di riflusso è stata così impo­nente che non solo è riu­scita a can­cel­lare quelle leggi, ma ha demo­lito la pub­blica ammi­ni­stra­zione. La legge sull’elezione diretta dei sin­daci ha for­nito loro un potere immenso senza alcun con­trap­peso di con­trollo; le leggi Bas­sa­nini di riforma della pub­blica ammi­ni­stra­zione hanno intro­dotto uno spoil system senza con­trolli esteso ad ogni fun­zione pub­blica; la cul­tura della pri­va­tiz­za­zione ha infine impo­sto che molti ser­vizi che prima veni­vano svolti all’interno delle pub­bli­che ammi­ni­stra­zioni venis­sero ester­na­liz­zati. Roma rac­co­glie i frutti amari del ven­ten­nio della deregulation.

La que­stione delle nomine

Sulla base del potere «mono­cra­tico» senza alcun con­trap­peso di legge, i sin­daci hanno potuto imporre nei comuni e nello Stato per­so­naggi impre­sen­ta­bili. Ale­manno ottiene la nomina di suoi uomini nel Cda di Fin­mec­ca­nica e — dall’altra parte — Ode­vaine viene messo a capo della strut­tura del mini­stero dell’Interno che si occupa degli immi­grati. E poi, Pan­zi­roni a capo dell’Ama e Man­cini a pre­si­dente dell’ente Eur. Quei ruoli isti­tu­zio­nali sono stati pie­gati a inte­ressi di parte senza che esi­stesse nes­sun orga­ni­smo terzo in grado di denun­ciare la discre­zio­na­lità delle nomine e degli atti con­se­guenti. Oggi la figura del con­trol­lore coin­cide con quella del con­trol­lato e que­sta pato­lo­gia va gua­rita al più pre­sto con tutta l’energia neces­sa­ria. Il fatto che siano state indi­cate per­sone di malaf­fare, infatti, aggrava sol­tanto una situa­zione isti­tu­zio­nal­mente inac­cet­ta­bile. In quei ruoli si usa denaro pub­blico; si decide la ven­dita di immo­bili pub­blici; si assume per­so­nale senza con­corso. Si sente spesso affer­mare — e Renzi è tra i primi — che «la buro­cra­zia frena lo svi­luppo del paese». In realtà la buro­cra­zia è stata can­cel­lata dallo spoil system e a capo di molte atti­vità pub­bli­che ci sono uomini che hanno l’unica qua­lità di far parte della cor­data poli­tica al momento vin­cente. E’ ora di chiu­dere que­sta fase.

La que­stione degli appalti

Ora si sente affer­mare con la solita intol­le­ra­bile reto­rica che si veri­fi­che­ranno tutte le gare d’appalto, ma anche per­sone ecce­zio­nali come Can­tone e il suo pool si are­ne­ranno di fronte allo sman­tel­la­mento legi­sla­tivo di que­sti anni. Gli appalti sotto la soglia dei 500 mila euro pos­sono essere affi­dati per legge con pro­ce­dure discre­zio­nali. Per le cifre mag­giori c’è la col­lau­data auto­strada inau­gu­rata con la Legge obiet­tivo di Berlusconi-Tremonti. Com­pleta il qua­dro la cul­tura dell’emergenza che leg­giamo nelle inter­cet­ta­zioni romane: demo­li­sco i campi di fami­glie rom per poter atti­vare la pro­ce­dura di emer­genza ed affi­dare i lavori a chi mi pare. Nes­sun appalto viene affi­dato attra­verso forme frau­do­lente: sono tutte con­formi con le regole appro­vate nel ven­ten­nio della dere­gu­la­tion. In un appalto romano, l’impresa scal­zata dalla solita azienda mala­vi­tosa fa giu­sta­mente ricorso al Tar. Con lo Sblocca Ita­lia di Renzi si tenta di limi­tare anche que­sto diritto giu­ri­dico in nome della velo­cità. Non ser­vono com­mis­sari, ser­vono nuove regole.

La cul­tura della privatizzazione

Sono venti anni che tutte le ammi­ni­stra­zioni pub­bli­che hanno pra­ti­cato l’ideologia della costru­zione di società di scopo che hanno com­por­tato la pri­va­tiz­za­zione dei ser­vizi pub­blici e l’aumento dei costi per la popo­la­zione. Paghiamo l’aliquota più alta di tas­sa­zione alle imprese e ai red­diti indi­vi­duali per­ché dob­biamo ancora giu­sti­fi­care un’ideologia che ha por­tato al fal­li­mento il paese. Le fun­zioni pub­bli­che devono ritor­nare nelle ammi­ni­stra­zioni e non affi­date alle imprese ami­che.
Pochi giorni fa il pre­mier Mat­teo Renzi ha lan­ciato la can­di­da­tura di Roma alle Olim­piadi del 2024, un evento che pro­durrà ine­vi­ta­bil­mente un’ulteriore over­dose di dero­ghe e discre­zio­na­lità nella capi­tale, al pari della scon­cer­tante vicenda dello sta­dio della Roma. Il plauso alla pro­po­sta è stato bipar­ti­san: dal sin­daco Marino ad un grande esperto di pro­ce­dure di deroga come Malagò. Ripe­tiamo, il solo modo per ripri­sti­nare lega­lità e mora­lità è quello della costru­zione di isti­tu­zioni di con­trollo delle azioni pub­bli­che. Gli eventi straor­di­nari e le dero­ghe ser­vono solo alla mala­vita e ad una poli­tica senza futuro.