«Le Asl potranno reperire, nell’ambito di Rsa autorizzate, posti letto dedicati a pazienti attualmente Covid positivi con bisogni sanitari compatibili con l’assistenza in Rsa». Ecco, uno stralcio del testo della delibera che imbarazza la giunta regionale del Piemonte, sulla falsa riga di quella che ha sollevato un polverone in Lombardia. Introvabile e fantomatica quanto l’araba fenice, solo ieri è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, nonostante fosse operativa dal 20 marzo. E nonostante l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi avesse detto che «nessuno ha trasferito o ha intenzione di trasferire pazienti positivi dagli ospedali alle Rsa».
L’opposizione è passata all’attacco. Marco Grimaldi (Leu) reclama un intervento urgente. «Anche se per alcuni concittadini sarà troppo tardi, prima questa delibera verrà cancellata e meglio sarà». Dell’operato della giunta ne chiedono conto anche Pd e M5s.
Risolto il giallo, restano i problemi. Le Rsa per anziani, che non sono state preservate e isolate come dovuto, sono un focolaio. L’ultimo caso – dopo quelli eclatanti di Grugliasco (30 morti), Brusasco (16), Trofarello (24) – è quello della casa di riposo di piazza Mazzini a Vercelli, dove si sono registrati 41 morti in poco più di un mese, e su cui indaga la Procura locale.
Interpellata da alcune Rsa, per avere un parere legale in merito all’ipotesi di dirottare pazienti Covid dagli ospedali alle Rsa, l’avvocato Maria Grazia Cavallo ha dichiarato: «Caricare di ulteriori responsabilità le strutture residenziali sarebbe gravissimo. Gli anziani ospitati nelle strutture sono i più deboli fra i deboli e i più fragili fra i fragili». Ha fornito agli enti una valutazione preventiva del rischio.
«Per quanto ben funzionanti, le Rsa non sono né strutturalmente né finalisticamente funzionali a gestire situazioni così delicate come la compresenza, sia pure in settori separati e dedicati, di malati anziani portatori di malattia ancora così poco conosciuta e contagiosa. Farlo, sarebbe come mi ha detto un medico “lanciare una molotov in un fienile”. Il rischio di contagio sarebbe troppo alto e non si tutelerebbero né pazienti, né ospiti, né personale».
Il picco in Piemonte è ancora lontano, ieri si sono registrati 104 morti, in base ai dati forniti dall’Unità di crisi. Si tratta del record di decessi in un solo giorno. Rimane incompleto lo screening, attraverso tamponi, del sistema socio-sanitario e non si placano le lamentele sulle protezioni inidonee degli operatori. Sono circa 50mila i cittadini che in Piemonte vivono un periodo temporaneo o meno in una Rsa. E molte falle palesatesi in questa epidemia erano già latenti.
Roberto Venesia, segretario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) fornisce una fotografia dettagliata del problema: «Solo il 10% delle Rsa ha un medico strutturato, nelle altre c’è una presenza dei medici solo occasionale. Se un paziente, che a casa era coperto da un’assistenza domiciliare programmata, finisce in Rsa non può continuare a usufruirne perché questo servizio è impedito in Piemonte dal 2015 (al tempo c’era la giunta Chiamparino, ndr).
Un vuoto non sopperito negli anni, in cui, tra l’altro, non si è fatta manutenzione del territorio e sono state trascurate le residenze». Venesia con il Gruppo ricerca e innovazione della Fimmg ha quantificato che i contagiati in Piemonte sono sei volte le cifre ufficiali, grazie a un monitoraggio di «medici sentinella» sul territorio: «Un sistema di sorveglianza che, se incrementato, potrebbe permettere di intercettare meglio il contagio e affrontarlo direttamente con terapia farmacologica».