«Rapito da crudele morbo…»: l’epidemia di spagnola a Torino e le disposizioni per limitare il contagio

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Come tenere sotto controllo un contagio che, comparso come un’apparente forte influenza, colpisce soprattutto le giovani generazioni, già decimate dalla guerra mondiale ancora in corso?

Torino, Colonia profilattica di Lucento Maria Laetitia presso la cascina Continassa, 1918. La foto è scattata in occasione della visita della delegazione della Croce Rossa Internazionale. La colonia, aperta nel 1913, ospitava i bambini di Torino per proteggerli dai focolai famigliari di tubercolosi. La prevenzione contro questa malattia assumeva una particolare importanza nel contesto sanitario precario dovuto alla pandemia di influenza Spagnola. (fonte: American National Red Cross photograph collection, Library of Congress, https://www.loc.gov/item/2017673496/)

La guerra mondiale è entrata nel suo ultimo anno, quando inizia silenziosamente a diffondersi, in diverse parti del mondo, una malattia particolarmente contagiosa. Nel maggio 1918, se ne registrano alcuni focolai anche in Italia, tra cui uno in Piemonte, a Domodossola. Un mese dopo anche Torino risulta colpita da quella che appare come un’anomala forma di influenza, la grippe, come la chiamano i più anziani, o anche “febbre dei tre giorni”, violenta ma quasi mai letale. Alla fine di agosto, l’ondata epidemica estiva sembra attenuarsi. Sottotraccia, però, la curva dei contagi sta tornando a salire e il virus – che forse è mutato – si ripresenta in forma aggressiva e letale, con un decorso breve. Nel corso del settembre 1918, i decessi giornalieri tra i torinesi incrementano giorno dopo giorno fino a raggiungere a fine mese il 300%. L’alta mortalità sembra colpire soprattutto i giovani con un ulteriore angoscioso risvolto, ossia la morte dei bambini più piccoli: negli ultimi cinque giorni di settembre sono una settantina i morti in città sotto i 6 anni, tre-quattro volte in più della media. È forse anche in relazione a questo aspetto che viene rinviata a data da destinarsi l’imminente riapertura delle scuole, prevista per il 1° ottobre.

«La Stampa», 30 ottobre 1918. Particolare della pagina dedicata alle notizie di Torino con i necrologi. Sempre più numerosi nel corso dei mesi, possono essere considerati il riflesso delle dimensioni e dell’aggressività dell’epidemia che colpisce in prevalenza giovani (Archivio storico La Stampa).

Il sindaco Frola, intanto, con un manifesto alla cittadinanza detta un severo decalogo contenente le norme individuali d’igiene da «osservarsi particolarmente in questi giorni», mentre il prefetto Taddei, dietro parere del Consiglio sanitario provinciale, decreta l’immediata chiusura di tutti i locali pubblici della provincia e la riduzione dell’orario di apertura dei negozi. I cortei funebri sono vietati e le funzioni religiose ridotte solo a «quelle essenziali». Mentre l’epidemia appare inarrestabile, le notizie diffuse dai giornali, sottoposti alla censura di guerra, risultano scarse e rassicuranti e i torinesi non sembrano fidarsi. L’attenzione di molti si sposta sui bollettini dello Stato civile pubblicati dai quotidiani e sui numerosi necrologi che dietro giri di parole raccontano la drammatica realtà del momento: «colpita da inesorabile morbo…», «dopo breve ignota malattia…» Per il solo mese di ottobre, si possono stimare in circa 1.300-1.500 i torinesi deceduti a causa dell’epidemia, che ora viene chiamata “spagnuola”.
L’insieme dei provvedimenti attuati, che non prevede però forme di confinamento per i cittadini, sembra dare qualche risultato alla fine di ottobre, quando la Prefettura inizia a valutare una data per l’avvio dell’anno scolastico e l’allentamento dei divieti per i locali pubblici. Un’accelerazione viene dall’annuncio della vittoria contro l’Austria-Ungheria con la conseguente fine della guerra, evento che rovescia per diversi giorni nelle piazze folle festanti. Il 7 novembre, intanto, riaprono caffè-concerto e teatri – con alcune limitazioni come il distanziamento e la disinfezione – e dal 18 novembre iniziano le attività scolastiche.

Seattle, Durante la pandemia di influenza Spagnola non era consentito salire sui mezzi pubblici senza indossare la mascherina (Fonte: American National Red Cross photograph collection, Library of Congress, https://www.loc.gov/item/2017668638/)

I momenti di festa collettiva e la ripartenza prematura presentano però il conto dopo circa un mese con la rapida risalita dei contagi: alla Vigilia di Natale l’epidemia è ritornata alle dimensioni viste in ottobre. Agli inizi del gennaio 1919, mentre in città giunge in visita il presidente americano Wilson, le scuole continuano la pausa natalizia per altre tre settimane, tra le polemiche per il mancato contestuale fermo anche di teatri, cinematografi e osterie. Le proteste di una parte della popolazione e la recrudescenza dell’epidemia sono all’origine di una nuova ordinanza con cui il prefetto, il 16 gennaio, impone limitazioni per i locali pubblici, vietando inoltre le feste da ballo nei circoli privati. Ai medici è fatto obbligo di denunciare i casi di influenza con complicanze e ogni caso registrato in alberghi, istituti e collettività.
Nelle borgate di periferia della zona Nord di Torino la situazione sembra essere particolarmente difficile. In un prossimo intervento si esaminerà l’impatto dell’epidemia in una delle borgate del territorio dell’attuale Circoscrizione 5, ossia Lucento-Ceronda.

Approfondimenti
Per una disamina a livello nazionale: E. Tognotti, La spagnola in Italia. Storia dell’influenza che fece temere la fine del mondo (1918-19), FrancoAngeli, Milano 2015 (1a ed. 2002).

I dati puntuali sulla vicenda torinese sono tratti dalla consultazione di “La Stampa”, per il periodo agosto 1918-gennaio 1919 (www.archiviolastampa.it).


Autori dell’articolo Nicola Adduci e Giorgio Sacchi

«Rapito da crudele morbo…»: l’epidemia di spagnola a Torino e le disposizioni per limitare il contagioultima modifica: 2020-06-03T21:19:12+02:00da davi-luciano
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