Attentati Tav, Caselli: “Gesti contrari alla democrazia: grave che tanti intellettuali li minimizzino”

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di VERA SCHIAVAZZI

25 dicembre 2014

Attentati Tav, Caselli: "Gesti contrari alla democrazia: grave che tanti intellettuali li minimizzino"

Giancarlo Caselli 

Gian Carlo Caselli, da un anno in pensione dopo avere come ultimo incarico guidato la Procura di Torino, non nasconde la sua preoccupazione per la nuova ondata di attentati ai treni che ancora ieri mattina ha dato il suo ultimo segnale. Ma ritiene che non sarebbe opportuno se proprio lui, che stava a capo della Procura quando per la prima volta venne richiesto il rinvio a giudizio per terrorismo di quattro esponenti no Tav accusati di vari reati, dovesse esprimersi sull’esistenza di un eventuale collegamento tra quell’accusa, poi cancellata da una sentenza della Corte d’Assise, e l’attuale ondata di violenze. “Qualcuno, anche autorevole, l’ha scritto e motivato  –  dice Caselli  –  ma io non intendo parlarne per evidenti ragioni di opportunità. Voglio solo dire che oltre alle sentenze deve essere rispettato anche il lavoro dei pm. Nessuno può pretendere di avere verità in tasca a prescindere”

Cominciamo dall’inizio, allora. Quattro attentati in un solo mese, cinque in tutto, due dei quali a Bologna con tutto ciò che di simbolico esiste in questo obiettivo. Che cosa ne pensa?

“Sono fatti molto recenti, con indagini appena iniziate. Non sappiamo ancora neppure se si tratti di attentati tutti collegati tra loro, ma è evidente che ad agire sono parecchi individui. La seconda considerazione che evinco da quel che leggo è che si tratta di soggetti che commettono reati perché vogliono turbare la serenità della convivenza civile e la regolarità dei trasporti.  Si tratta di individui che vogliono gettare disagio e paura tra i cittadini, che cominciano giustamente a preoccuparsi per la loro sicurezza.  La politica realizzata con lo strumento della violenza, qualunque tipo di violenza, è un piatto sporco dove in molti possono mettere le mani. Solo più tardi, grazie allo sviluppo delle indagini,  forse sapremo esattamente di chi si è trattato in questo caso”.

Definirebbe ‘terrorismò quello che sta avvenendo negli attentati ai treni?

“Scegliere tra le varie definizioni che possono andare dal boicottaggio all’anarco-insurrezionalismo all’antagonismo, all’eversione e al terrorismo non mi sembra il punto essenziale fuori dal quadro tecnico-giuridico. Il punto centrale per l’interesse dei cittadini è che si sta verificando un’ondata di violenza che si pone al di fuori della democrazia. Questo è quel che davvero conta, Non abbiamo per ora elementi sicuri per dire se si tratti di attentati ricollegabili alle frange violente più estreme del movimento no Tav, anche le scritte che sono state ritrovate non mi paiono allo stato degli atti decisive. E tuttavia sono numerosi gli elementi che portando in questa direzione. Nel tempo stesso ribadisco l’espressione ‘frange violente estreme’, perché un conto è un movimento di protesta, anche forte, e un altro sono le azioni illegali e violente”.

Certo. Ma a più riprese diversi osservatori, tra i quali anche lei, hanno rilevato una certa indulgenza verso queste frange estreme…

“E’ vero. Si possono, si devono discutere i diversi aspetti del cantiere No Tav, dai costi fino alla opportunità e all’impatto ambientale sul territorio. Ma un’altra cosa sono le azioni illegali o violente rispetto a un’opera che è stata regolarmente decisa e deliberata in ogni possibile sede competente italiana e europea. Un conto è discutere, fare dibattiti e convegni, manifestare in strada, un altro è assaltare con la forza un cantiere da tutti autorizzato dove si trovano onesti operai impegnati a guadagnarsi la pagnotta e forze dell’ordine asserragliate a difenderli. Tutto questo è estraneo alla democrazia. La Corte d’Assise ha sentenziato che non si è trattato di terrorismo, e questa sentenza è al momento l’ultima parola. Tuttavia, in un procedimento gestito sempre dalla Procura di Torino, ma dopo il mio pensionamento, l’aggravante di terrorismo è stata di nuovo contestata per lo stesso identico fatto a altri imputati. E questo recentemente, per cui la questione, come si vede, è piuttosto complessa e non può essere liquidata con qualche disinvolto slogan sul web”. 

L’indulgenza verso queste frange violente in che modo si esprime?

“Ci sono pezzi di cultura e di informazione che tendono a far credere che le persone colpevoli di violenze sono dei ragazzacci, dei discoli, ma che in fondo non fanno nulla di grave. Se la prenderebbero al massimo con le cose e non sarebbero pericolosi per le persone, circostanza quest’ultima tutta da dimostrare se non già smentita dai fatti. E poi si aggiunge un’altra considerazione, e cioè che in Italia ci sono tante cose che vanno male e le frange violente non sono quella peggiore. Ci saranno sicuramente molte cose che vanno male in Italia, ma non per questo si devono sottovalutare l’illegalità e la violenza come arma di lotta politica che si colloca fuori da qualsiasi forma di democrazia. Non capisco chi non lo capisce, preferendo un atteggiamento gravemente superficiale”.

Chi intende commettere violenza fa conto su questo clima? Si appoggia a queste sottovalutazioni?

“Non lo so. Certo, il fatto che non ci siano sufficienti condanne e prese di distanza anche da parte di quei pezzi di cultura e informazione dei quali ho parlato non può non convenire a chi ha scelto di praticare illegalità e violenza”.

Cancellare l’accusa di terrorismo nell’ultima sentenza di Corte di Cassazione a Torino è qualcosa che può, anche indirettamente, far sentire più ‘sicurì gli attentatori?

“Come ho già detto, è una domanda a cui non ritengo opportuno rispondere. Qualcuno lo ha osservato e motivato, ne prendo atto ma non lo commento”.

LE GESTE DE NOËL IMMONDE DE CERTAINS POLITICARDS ! LA PARTICRATIE DELA HONTE. CACHEZ CETTE MISERE QUE NOUS AVONS PROVOQUEE …

KH pour PCN-Info/

Avec LLB – lucmichel.net – PCN-SPO/ 2014 12 25/

http://www.scoop.it/t/pcn-spo

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PIH - KH particratie sdf noel (2014 12 25) FR

« Comment certains politicards célèbrent Noël et puis jouent les hypocrites devant l’indignation générale; on vous a trop bien compris Messieurs …

Droite UMP à Angoulême en France, gauche sociale-démocrate (le PS n’a plus rien de “socialisme” depuis août 1914) à Bruxelles : les peuples d’Europe occidentale n’ont plus rien à attendre des partis usés et faisandés du parlementarisme bourgeois ! » nous dit Luc MICHEL sur sa Page officielle en ce jour de Noël …

 Il a raison de s’indigner ! Quand on en vient à mettre en place des dispositifs pour empêcher ceux qui n’ont pas de toit d’avoir au moins un banc pour passer la nuit, on sort de toutes valeurs humaines.

Dans les villes belges, c’est exactement la même chose qu’à Angoulême : tout est fait pour empêcher les SDF de pouvoir se coucher ou s’abriter. Bruxelles – avec sa municipalité à majorité sociale-démocrate (bourgmestre PS) alliée au Parti libéral MR (majorité contre nature mais que ne ferait-on pas pour s’accaparer le pouvoir, reste que les électeurs des deux côtés qui ont voté pour des programmes opposés sont les grands cocus de l’accord de majorité) – est emblématique de cette volonté de cacher la misère et de la chasser vers les périphéries !

Allez station “gare du midi Bruxelles”, au cœur de la « capitale de l’Europe » (sic) : vous y verrez des gens avec ENFANTS, par terre, enveloppés dans leur couverture et couchés à même le pavé ! Quelle honte ! Cà la capitale de cette arrogante UE qui donne des leçons de gouvernance à l’Afrique ?

Donnons a des minables (politicards et fonctionnaires à leurs ordres) une parcelle de pouvoir et voila ce qu’ils font. Les mêmes ou leurs pareils qui étaient les médiocres petits fonctionnaires sadiques dans les camps nazis. La honte aussi qu’on accepte qu’il y ait des SDF dans une societé globalement riche avec des pros de la politique qui au fond sont juste bons a faire de la fausse morale. Faites ce que nous disons, pas ce que nous faisons !

 KH

 (*) ANGOULEME ET SES BANCS ANTI-SDF CREENT LA POLEMIQUE

Extrait (LLB) : La veille de Noël, une dizaine de bancs du centre d’Angoulême ont été entourés d’un grillage de deux mètres de haut. La municipalité (UMP) veut ainsi décourager les sans-abris à s’y installer. Elle a expliqué avoir pris cette décision avec l’accord des commerçants. Selon eux, ces bancs sont “utilisés quasi-exclusivement par des personnes qui se livrent à une alcoolisation récurrente, tous les jours”.

L’initiative, qui survient en plus à la veille de Noël, a choqué plusieurs habitants. Mercredi soir, le cabinet du marie Xavier Bonnefont reconnaissait un dysfonctionnement, rapporte le site Charente Libre, sans remettre en cause l’initiative.”Nous avions plutôt prévu de les installer après les fêtes et d’y mettre dans la foulée des galets pour respecter l’aspect esthétique et minéral de la place. Nous n’excluons pas de retirer provisoirement les grilles”, a expliqué le directeur du cabinet Antoine Truffaux. Thierry Courmont, président de l’association de la Galerie du Champ-de-Mars, une galerie attenante à ces bancs s’est défendu au micro de France 2, expliquant que “la controverse n’avait pas de sens.” Il a précisé sans vergogne que les SDF n’étaient pas visés par cette mesure mais “les dealers et les cas sociaux “.

Angoulême n’est pas la première ville à transformer son mobilier urbain pour éloigner les sans-abris ou personnes jugées “indésirables”. Barres ou piques métalliques, sièges individuels… Les villes usent de multiples stratégies. A Bruxelles, les nouveaux bancs de la station de métro Demey avait défrayé la chronique l’hiver passé. Ces “assis-debout” – qui permettent donc seulement de s’appuyer, avaient été dénoncés comme des dispositifs anti-sans-abri.

http://www.lalibre.be/actu/international/angouleme-des-bancs-anti-sdf-suscitent-la-polemique-549bf20e357028b5e9aaba3a

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Consigliere toscano denuncia le scie chimiche. Minacciato di morte

se le scie chimiche sono fantasie di complottisti, perché si minaccia di morte un consigliere regionale????

Il consigliere regionale della Toscana, Gabriele Chiurli, è una mosca bianca: è davvero uno dei pochi uomini delle istituzioni che, recepite le istanze dei cittadini, sta provando ad aprire una breccia nel muro della disinformazione e dell’omertà, muro eretto per nascondere la geoingegneria illegale.
Non sorprende quindi che il consigliere abbia subìto delle intimidazioni. Se veramente, come sostiene, tra gli altri il chimico Simone Angioni, in forza al C.I.C.A.P, le chemtrails fossero solo una leggenda metropolitana, perché tanto accanimento contro scienziati ed attivisti? Certo, non confidiamo molto nell’A.R.P.A.T., già protagonista, nel 2011, di una stizzita reazione di fronte alle legittime doglianze di cittadini preoccupati, ma l’azione benemerita di Chiurli vale come sprone e come incitamento a vincere l’inerzia. 
 
 
Chiurli: “L’A.R.P.A.T. compia uno studio sulle cosiddette scie chimiche”. Polemiche in Rete e minacce per il consigliere regionale toscano. 
 
19 dicembre 2014 dalla Regione Toscana Gabriele Chiuli ritiene sia necessario far eseguire all’ ARPAT, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Toscana, uno studio per appurare la natura delle cosiddette “scie chimiche”, rilasciate dagli aerei. E’ la richiesta avanzata in occasione di un convegno organizzato nella sala del Consiglio regionale della Toscana, simposio voluto dal consigliere Gabriele Chiurli (Gruppo misto). 
 
L’incontro, ha spiegato Chiurli, ha sollevato polemiche su Internet, tanto che il consigliere toscano ha anche ricevuto minacce di morte sul suo profilo Facebook. 
 
“La scelta di organizzare questa conferenza deriva da precise istanze dei cittadini. Il mio lavoro è dar voce alle loro richieste – ha sottolineato – e portarle all’interno delle istituzioni. Chiediamo di investire l’A.R.P.A.T. del compito di svolgere accertamenti approfonditi sul fenomeno delle scie chimiche”. 
 
Chiurli ha spiegato di non comprendere “il perché di tanta ostilità nei confronti di questa mozione e di questo convegno. Si tratterebbe di investire su questo fronte qualche migliaia di euro”. “I motivi di scandalo sono ben altri – ha aggiunto – basti pensare ai 400 milioni di euro persi con il buco dell’A.S.L. di Massa o le risorse che vengono tagliate alla nostra Regione dal Governo. Vedendo tanto accaloramento, mi viene da pensare che allora ci sia del vero in tutta la questione delle scie chimiche”.
 
 
Fonte: gonews.it

I fratelli Sermonti e la libertà…una storia italiana. Da vergognarsi, tanto per cambiare

25 Dicembre 2014
 I fratelli Sermonti e la libertà…una storia italiana. Da vergognarsi, tanto per cambiare
Quella dei fratelli Sermonti è una storia davvero intrigante. Sono sei fratelli, quattro maschi e due femmine. Nati tra l’inizio e la fine degli anni venti. Di alcuni di loro sappiamo poco, ma pare che sia tutta gente ingegnosa e non molto conformista. Sappiamo qualcosa di più dei tre più famosi: uno scienziato, che si chiama Giuseppe ed è uno dei massimi genetisti italiani, ma non è darwinista (neanche creazionista, per fortuna…) e perciò ogni tanto viene contestato nelle università; Giuseppe ha 89 anni. Poi c’è un letterato, che si chiama Vittorio, famoso per le sue letture di Dante, scrittore, giornalista, pensatore, romanziere insegnante e un po’ poeta.
 
Ha 85 anni. E’ stato il professore di italiano, al Tasso di Roma, di ragazzini come Paolo Mieli e Valerio Veltroni. E’ quello che conosco meglio, perché negli anni 80 ho lavorato con lui all’Unità, lo portò Reichlin e lo mandava anche a scrivere pezzi di cronaca nera (grandiosi i suoi reportages da Vermicino, dove stava morendo nel 1981, il piccolo Alfredino Rampi). Simpaticissimo, Vittorio, carismatico, coltissimo, ha sposato una figlia di Suni Agnelli, Samaritana, e ne ha avuto un figlio, Pietro, che è un attore piuttosto famoso.
 
Poi c’è questo Rutilio, che ha 94 anni, è fascista da quando era ragazzino, ha fatto il volontario a Salò, ha partecipato alla fondazione del Msi, ma poi il Msi gli sembrava moderato e allora ha partecipato alla fondazione di Ordine Nuovo. Infine ci sono due signore e unaltro fratello maschio dei quali non so dirvi nulla. Rutilio, il fratello maggiore, è considerato – mentre viaggia verso i cento anni – un terrorista pericoloso. Da chi? Dai magistrati, poveretti. Rischia una condanna a 20 anni di galera. Se dovrà scontarli tutti uscirà a 114 anni, ma se otterrà gli sconti per buona condotta, forse, a 110 sarà fuori.
 
A me pare che questi fratelli Sermonti – comunisti, fascisti, scienziati – siano tutti un po’ scombiccherati. Vittorio – che è un tifoso fradicio della Juventus, era amico di Boniperti, sa a memoria anche la formazione che vinse lo scudetto nel 1960, con Sivori Nicolè e Charles, e a casa sua aveva un campetto di calcetto invece del giardino – racconta che quando erano piccoli – lui aveva sei anni – il padre li riuniva e gli leggeva Dante, con voce roboante. Pure il padre doveva essere un bel tipino. La lettura di Dante quando si è troppo acerbi può avere vari effetti. A qualcuno provoca amore per Dante (e per Vittorio è stato così) qualcun altro lo spinge alla ribellione estrema – perché per un ragazzino Dante può essere molto molto noioso, specie il canto su Pia dei Tolomei – fino alla scelta fascista e ordinovista.
 
Di qui a pensare che un signore di 94 anni sia pericoloso, ce ne passa. E se si legge la sfilza di capi di imputazione decretati dai magistrati, si scopre che sono praticamente tutti reati di opinione, o ”tentativi”. Certo, le opinioni di questi 14 fascisti sono orripilanti. Ma siamo sicuri che in un paese libero, nel 2014, debba esistere ancora il reato di opinione, come esisteva ai tempi del fascismo? No, perché alla fine uno non capisce più chi siano i fascisti…
 
Pietro Sansonetti/ Il Garantista

IL “JAILS ACT” DI MILENA GABBA MERLI

“progressista”, vengono proposte strategie che, quando realizzate, fanno la gioia delle cosche d’affari più criminali. EH già, e chi meglio del PD sa come lucrare con la cosiddetta solidarietà e buon cuore?
 
Ma cosa ci fanno tutti questi detenuti a poltrire nelle patrie galere, alloggiati e nutriti a spese del contribuente?
Il programma “Report” ha posto la spinosa questione offrendo, come al solito, soluzioni che sembrano retoricamente improntate ad un sano buon senso organizzativo; ma dietro una facciata persino “progressista”, vengono proposte strategie che, quando realizzate, fanno la gioia delle cosche d’affari più criminali.
Il capitale finanziario ha scoperto, ad esempio, che le carte di credito, i sistemi di pagamento elettronico, i bancomat sono eccellenti metodi per lucrare su qualsiasi pagamento o transazione, oltre che strumenti per indurre quell’indebitamento che consegna chi ne fa uso alle cosche del recupero crediti e lo dispone alla mentalità schiavile di vendersi a qualsiasi prezzo.Report” giunge allora tempestivamente a spiegarci che i pagamenti elettronici evitano i furti di contante ai pensionati all’uscita della posta, costringono lo scapestrato venditore di caldarroste a lasciare finalmente traccia delle sue transazioni, e l’evasione fiscale scompare come d’incanto. E all’estero tutto questo è già realtà; mentre da noi…in Italia…
Nel libro dei sogni (sempre più reali) del capitalista non c’è solo quello di individui indebitati a vita, costretti a lavorare a salari da fame; c’è anche quello di operai che lavorino gratis, che debbano essere contenti di farlo, che non scioperino, che non possano protestare e che, all’occorrenza, possano essere adeguatamente puniti.
E allora che succede? Un’inchiesta “rigorosa” di “Report” ci spiega che solo in Italia i detenuti stanno lì a girarsi i pollici e – a parte qualche lodevole progetto pilota -, costano al contribuente ben quattromila euro al mese; poi, quando escono, se escono, visto che hanno poltrito, non sono proprio degli aspiranti a qualche cattedra universitaria. L’inchiesta poi ci porta all’estero per spiegarci – con lo stucchevole autorazzismo che contraddistingue “Report” – che invece lì (in Austria, e soprattutto nei mitici USA) i detenuti sono felici di poter lavorare, ristrutturano e abbelliscono sapientemente le loro prigioni, imparano mestieri e acquistano competenze che saranno utili per il loro reinserimento sociale, non sono a carico del contribuente, e semmai restituiscono qualcosa “alla società”; i loro prodotti sono così apprezzati che, quando escono, le aziende fanno a gara per assumerli. Una situazione idilliaca. *
Forse Milena Gabanelli dovrebbe chiedersi come mai in Italia le carceri ospitano all’incirca una persona su mille (percentuale che già mette i brividi), mentre negli USA i detenuti sono quasi l’un per cento della popolazione, visto che la cosiddetta “popolazione carceraria” ha raggiunto di recente la spaventosa cifra di due milioni e trecentomila individui. Altro che Gulag! E altro che reinserimento sociale.
In realtà il meccanismo delle prigioni USA – perverso come ogni meccanismo detentivo, ma più perverso di tutti – è fondato sulla privatizzazione della maggioranza degli istituti di pena; il detenuto viene incentivato (in una prigione vuol dire “costretto”) a lavorare per ottenere sconti di pena (davvero irrisori) ed un salario (fino a poco tempo fa si trattava di ventitré centesimi l’ora) calcolato dopo aver sottratto le spese per la detenzione, eventualmente quelle del processo, e il profitto per l’azienda esterna. Appare evidente che le aziende esterne sgomitino per avere la possibilità di sfruttare operai così docili e così a buon mercato; ma è chiaro anche che da parte della gestione privata della prigione, così come da parte delle aziende “collaboratrici”, non vi è nessun interesse a “reinserire nel sociale” il detenuto; anzi, più ne arrivano, meglio è, con gli ovvi risultati di progressivo aumento della popolazione carceraria. La volontarietà, in un simile contesto, è assolutamente immaginaria; un noto magistrato intervistato da “Report” diceva che chi non lavora in prigione è chiaramente contro lo Stato; insomma il lavoro forzato potrebbe diventare presto una realtà “legalmente” estorta con il terrorismo psicologico, e speriamo solo con quello.
Anche l’ultima inchiesta di “Report” si sforza di rendere credibile uno dei miti più classici del capitalismo USA, cioè il capitalismo diffuso e popolare; oggi consisterebbe nella possibilità di fare soldi a palate avendo solo una buona idea che in rete troverebbe i finanziamenti necessari; e via con le fiabe sugli start app, crowdfunding, crowdsourcing, ecc.; tutte cose che naturalmente nella pigra Italia stentano a decollare, mentre all’estero…
Già molto tempo fa, Groucho Marx aveva ironizzato sul capitalismo popolare e sulla possibilità di fare soldi per il comune cittadino semplicemente investendo in borsa. Un certo giornalismo lobbistico è ancora addetto a raccontarci queste fiabe: le inchieste di Milena Gabba Merli, ad esempio.

LAS DIEZ PRINCIPALES FIGURAS (PERSONAS Y ORGANIZACIONES) QUE HAN MARCADO LA VIDA PANAFRICANA DURANTE EL AÑO 2014

EODE Zona África con EODE Think Tank/

2014 12 22/

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EODE ZA - dix figures africaines 2014 (2014 12 25) ESP

PRIMERA EDICIÓN

 La clasificación presentada aquí por el consejo de expertos de EODE, que reúne a expertos de diferentes países, entre ellos Bélgica, Camerún, Francia, Líbano, Irán, Siria, Bélgica, Turquía, Alemania, Rusia y el Reino Unido. Es la suma de un trabajo de investigación y de observación que duró doce meses y que también tiene en cuenta las encuestas y sondeos de una muestra de 1.000 africanos de los 54 países que conforman el continente africano y la diáspora africana.

 Esto está en consonancia con la visión de EODE, que se debe no alineados, imparciales y objetivas en la evaluación de los datos recogidos a lo largo de 2014 y que dedican personas,  personalidades e instituciones que han animado la vida pública, política, cultural y científica panafricana.

 Las razones que justifican la clasificación de EODE durante esta primera edición tienen en cuenta un conjunto de indicadores.

 Las Grandes figuras (personas y organizaciones) que marcaron la vida pública panafricana en África en 2014, harán defendido tras su carisma, dinamismo y tenacidad los intereses de África, de su pueblo y / o de su país sin preservar sus esfuerzos.

 Han entre otros:

– Desarrollado y promovido una nueva visión de África apoyándose sobre las líneas ideológicas que encarnaron en su tiempo las grandes figuras de liberación del continente negro.

– Participado de manera enérgica en el renacimiento de África, a partir de las teorías del Pan-africanismo defendidas por los líderes históricos y legendarios como Kwame Nkrumah, Patrice Emery Lumumba, Thomas Sankara, Múammar al-Gaddafi.

– Simbolizado la lucha del pueblo africano, lo que las masas populares están buscando en la defensa de sus intereses.

– Defendido el honor de África contra la depredación imperialista, la impostura de la globalización de las culturas, la globalización de las economías.

– Denunciado y criticado los Kollabos africanos que militan en favor de un África sometido a las fuerzas imperialistas extranjeras.

– Llamado a una africanización de África detrás de los principios de la independencia de las economías africanas en frente al Oeste, una africanización de la vida social, política y militar.

 LA CLASIFICACIÓN DE EODE DE LAS DIEZ FIGURAS AFRICANAS 2014

 Se trata de:

1) TEODORO OBIANG NGUEMA MBASOGO,

Presidente interino de la República de Guinea Ecuatorial.

Nacido el 05 de junio de 1942 en Acoacán (Guinea Ecuatorial)

Acción: Activar el desarrollo socio-infraestructural de su país; fortalecer la educación nacional; fortalecer la comunicación pan-africana a través de la creación del “Consejo de los Medios de Comunicación de África”; permitir que el diálogo político-social a través de una amnistía política general y generalizada, diálogo que incluyó a todos los oponentes políticos internos y en el extranjero; revitalizar el panafricanismo que ha encarnado Múammar al-Gaddafi de 1999-2011; salvar in extremis África de un fracaso de la Copa Africana de Naciones edición 2015, debido a la desaprobación de Marruecos por causa de la pandemia de Ébola que afecta a algunos países del África occidental.

 2) ÁFRIQUE MEDIA TV

Canal de televisión privado con una línea editorial panafricanista.

Emite desde Camerún y en muchos países de África.

Canal privado ampliamente apoyado por las masas africanas, especialmente en el África francófona y la diáspora africana.

Acción: Educar y sensibilizar a las masas africanas a ser conscientes de los retos que enfrenta el continente: la televisión jugó un papel importante y de liderazgo en las crisis de la República Centroafricana denunciando con vehemencia el papel trastorno de Francia detrás de la Misión Sangaris. También ha permitido a Camerún para no caer en una guerra civil importado de la RCA, además de sus muchas acciones para la reactivación del panafricanismo. Sus numerosas acciones tienen como objetivo sensibilizar a la ruptura política con las bases militares de las potencias coloniales y neo-coloniales en África, el franco de las colonias francesas en África; la preservación de los recursos naturales y minerales de los africanos.

 3) ROBERT MUGABE,

Presidente interino de la República de Zimbabue.

Nacido el 21 de febrero de 1924 en el sur de Rhodesia (Zimbabue actual)

Acción: padre de la reforma agraria post-apartheid; reformó la economía de Zimbabue, manteniendo su nacionalismo y su desaprobación del diktat externo; luchar duro para defender la familia tradicional y la causa africana en cada foro. Es un símbolo viviente del heroísmo africano.

 4) LAURENT GBAGBO,

Ex presidente de la República del Costa del Marfil,

Nacido el 31 de mayo 1945 en Gagnoa (Costa de Marfil)

Deportado e ilegalmente detenido en la “Corte Penal Internacional”, en La Haya desde el 29 de noviembre de 2011.

Acción: Mártir viviente de África. Está preso en La Haya por su lucha contra el imperialismo. Encarna la lucha por la liberación del continente del yugo del colonialismo.

  5) PROFESOR ANDRE BATIONO,

Nacionalidad de Burkina Faso.

Presidente de “Acción para el Desarrollo Integrado” una ONG.

Acción: especialista en química, recibió el Premio Kwame Nkrumah en 2013, en la categoría de ciencias de la vida y de la tierra por sus investigaciones en el campo de la química de la fertilidad del suelo; “Premio Internacional UNESCO – Guinea Ecuatorial” para la investigación en ciencias de la vida; contribuido al perfeccionamiento de la agricultura en África a través de su investigación básica en el manejo de la fertilidad del suelo.

 6) PAUL BIYA,

Presidente interino de la República de Camerún.

Nacido el 13 de febrero 1933 en Mvomeka’a (Camerún)

Acción: encarna la sabiduría africana; menos locuaz, es conocido por sus acciones lentas, pero con grandes efectos. Su mérito en 2014 sigue siendo la lucha contra el terrorismo, de Nigeria, la secta islamista Boko Haram que significa (“la escuela occidental es un pecado”). Se habría evitado la infiltración de terroristas en todo el país, al este y al sur de las fuerzas rebeldes de África Central (Antibalaka y Seleka), al oeste y al norte de la secta Boko Haram. Incluso si no se dice lo suficiente, tiene una gran afición por el panafricanismo. Permanece atento a la creación, en Camerún del Fondo Monetario Africano (AMF) como base para la moneda continental.

 7) YOWERI MUSEVENI,

Presidente interino de la República de Uganda.

Nacido en 1944 en Mbarara (Uganda)

Acción: defensor de la Revolución Cultural Africano. Lleva una guerra feroz por la familia tradicional.

 8) ABDELAZIZ BOUTEFLIKA,

Presidente de la República Árabe de Argelia.

Nacido el 02 de marzo de 1937 en Oujda (ciudad fronteriza de Marruecos – Argelia).

Acción: muchas acciones sociales – el desarrollo de la infraestructura socio-cultural; gran actor de balance nacional; lucha determinada contra el terrorismo en el Sahara y sus costas orientales bordeando Libia, país abierto al caos y inseguridad.

 9) IDRISS DEBY ITNO,

Presidente interino de la República del Chad.

Nacido en 1952 en Berdoba Chad.

Acción: ha hecho del Chad un inmenso campo de construcción de la infraestructura socio-cultural en todo el país; se alinea más sobre las posiciones de independencia que defienden el nacionalismo africano y panafricanista; milita a favor de un África con una sola voz llevada únicamente por la Unión Africana.

 10) BRETT BAILEY,

Director de escena de nacionalidad Sudafricana, un africano que compone e interpreta óperas, a menudo visto como una producción cultural únicamente occidental.

Nacido en 1967 en Sudáfrica.

Acción: trabaja sobre el hecho colonial, la memoria histórica, los problemas de identidad, la responsabilidad; denuncia la explotación, antiguamente por el colonialismo, hoy una vez por la codicia capitalista y las élites corruptas. Él recuerda “hablamos mucho de Siria que del este del Congo, donde hubo todavía más violación, los huérfanos, desplazados, mutilados y muerto.” Su ópera Macbeth, inspirada de Shakespeare, fue un gran éxito en la UE, en particular en Bruselas.

 EODE Press Office

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GLI USA CONTANO SUL PARTITO “AMERICANO” IN RUSSIA

Salutata con accenti di gioia barbarica dai media “occidentali”, la crisi economica russa non ha commosso neppure il Consiglio Europeo della scorsa settimana, che, sotto le direttive della cancelliera Merkel (cioè della NATO e del FMI), ha riconfermato le sanzioni contro la Russia. In realtà è tutto da dimostrare che le sanzioni “occidentali” abbiano qualcosa a che vedere con l’attuale crisi russa, per cui le sanzioni probabilmente rientrano nel capitolo dell’ingerenza imperialistica degli Usa in Europa in vista del suo inglobamento nel TTIP. Nella crisi russa risulta sicuramente molto più determinante la caduta del prezzo del petrolio innescata dall’Arabia Saudita. Quel che appare certissimo, è che le sanzioni europee stiano danneggiando seriamente l’export europeo; prova ne sia l’atteggiamento tiepido, seppure allineato, del presidente francese Hollande; ed anche i piagnistei di Renzi, il quale, pur riconfermando l’adesione italiana alle attuali sanzioni, ha pietito che almeno non se ne decidano altre.
Altrettanto da dimostrare è che un’eventuale dissoluzione del regime Gazprom-putiniano a seguito della caduta del prezzo del petrolio, abbia come sbocco l’instaurazione di un regime più filo-“occidentale” a Mosca. In Russia vi sono solo due poteri che contano: Gazprom, che è in gran parte espressione dell’ex KGB, e le forze armate. Sinora colui che i media occidentali hanno presentato come uno “zar” o come un “dittatore”, cioè Putin, ha svolto in effetti un ruolo di mediazione tra questi due poteri, sebbene in modo sempre sbilanciato a favore degli affari di Gazprom. Date queste premesse, lo scenario più realistico a seguito di una caduta di Putin, dovrebbe consistere nell’emergere dell’altro potere che conta in Russia, quindi un regime militare. In quel caso la Russia uscirebbe dall’attuale atteggiamento meramente difensivo, ed allora davvero si potrebbe parlare di nuova guerra fredda. L’atteggiamento aggressivo del dipartimento di Stato Usa apparirebbe perciò piuttosto avventuristico; ma potrebbero esserci altre variabili in gioco.
La forza dell’imperialismo USA infatti non è mai consistita nella sua sagacia, e neppure nella sua intrinseca potenza. Non si comprende nulla dell’imperialismo, se non si tiene conto del fatto che esso funziona soprattutto per l’attrazione che esercita su tutti i gruppi affaristico-criminali in loco, che scorgono nell’aggressore imperiale un potenziale alleato per le loro losche operazioni. L’affarismo criminale determina sempre delle condizioni di guerra civile latente, ed è proprio questa guerra civile la vera risorsa dell’imperialismo. L’invasione NATO dell’Afghanistan nel 2001 fu possibile solo grazie al sostegno sul terreno da parte della cosiddetta “alleanza del Nord”, cioè le milizie dei trafficanti di oppio, desiderosi di sbarazzarsi dei Talebani.
L’imperialismo USA è solo in parte un’espressione dell’oligarchia statunitense, e per molti versi è invece un prodotto delle oligarchie del resto del mondo. L’imperialismo non è solo americano, ma anche “filoamericano”. Le mitiche “borghesie nazionali” non sono mai esistite; esistono invece gruppi affaristici, più o meno criminali, che agiscono a livello locale; gruppi che trovano la loro identità e la loro coscienza di classe nel collaborazionismo con l’ingerenza imperialistica. Persino dal punto di vista ideologico, l’americanismo ha trovato fuori degli USA apologeti e cantori spesso molto più efficaci – e subdoli – di quelli americani DOC; basti pensare all’austriaco Joseph Schumpeter.
Nel 1991 la prima Guerra del Golfo si risolse in un mezzo disastro per la coalizione guidata dagli USA. Gli Iracheni poterono concludere in modo ordinato il ritiro delle truppe dal Kuwait; un ritiro che avevano già cominciato prima della guerra, che era quindi priva di qualsiasi legittimità in base al diritto internazionale. Inoltre l’invasione del suolo iracheno fu bloccata in battaglie di carri che dimostrarono l’incapacità statunitense di superare avversari tecnologicamente meno attrezzati. I tecnici balistici russi che assistevano Saddam Hussein, riuscirono a colpire con i loro missili Scud (in pratica dei V2 della seconda guerra mondiale) sia Israele che l’Arabia Saudita. Nell’ultimo giorno di guerra un missile si abbatté su una caserma americana di fronte all’albergo dei giornalisti “occidentali”, che, almeno per quella volta, non poterono fare a meno di riferirlo. Eppure l’impennata dei prezzi del petrolio dovuta alla guerra risultò mortale per l’Unione Sovietica, poiché la neonata Gazprom, grazie agli introiti ed alle prospettive di nuovi affari, riuscì a disfarsi di Gorbaciov.
Le politiche attuali dell’imperialismo USA si basano dunque sulla speranza che oggi in Russia il partito degli affari, pur di salvare gli affari, sia disposto a liquidare la stessa Russia come Paese unitario, per spezzettarlo in tante “Arabie Saudite” gestite da cleptocrazie locali. Il regolamento di conti tra Gazprom e le forze armate non sarebbe così scontato, e potrebbe assumere i contorni di una guerra civile.
Dal 2007 infatti Gazprom è una vera forza militare. Nel 2010 questo esercito privato era già pervenuto a dimensioni e ad un livello di armamenti considerevoli. La notizia della militarizzazione di Gazprom è pressoché assente nei media occidentali, forse perchè il fatto implica una conflittualità latente tra la stessa Gazprom e la ex Armata Rossa; una circostanza che contrasterebbe con l’immagine fasulla del Putin “zar” plenipotenziario che i media “occidentali vorrebbero imporre. I dati sull’evoluzione di Gazprom in esercito privato sono invece reperibili su siti di centri specializzati in studi militari.

Il cyber-attacco preventivo degli USA alla Corea democratica avrà gravi conseguenze

dicembre 23, 2014 
 
Wayne Madsen Strategic Culture Foundation 23/12/2014
usmilitaryout
Gli Stati Uniti hanno utilizzato le più inconsistenti prove per giustificare un attacco massiccio al rudimentale servizio internet della Repubblica democratica popolare di Corea. Con il lancio di ciò che equivale a un attivo cyber-attacco contro la Corea democratica, una potenza nucleare, l’amministrazione Obama ha ancora una volta dimostrato di essere più adatta a usare la forza che la diplomazia, e le spacconate al ragionamento. Quando si tratta di brandire l’arsenale degli USA, che si tratta di armi tradizionali o cyber-armi, Barack Obama non è diverso dal suo predecessore guerrafondaio George W. Bush. Anche gli svolazzi retorici di Obama corrispondono a quelli di Bush. Rispondendo alla presunta pirateria informatica della Corea democratica alla rete dei computer della Sony Pictures, per la prevista proiezione a Natale della commediola “The Interview”, dove un carro armato uccide il leader nordcoreano Kim Jong Un. Obama ha detto che gli Stati Uniti avrebbero risposto “nel luogo, tempo e modi che abbiamo scelto”. A quanto pare, la risposta è venuta sotto forma di attacco dell’US Cyber Command alle poche connessioni Internet che la Corea democratica mantiene con il resto del mondo. La maggior parte della connettività globale della Corea democratica avviene tramite server nella città cinese di Shenyang. La Corea democratica non aveva connettività diretta con Internet fino al 2010. Vi sono tutte le indicazioni che la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti, così come il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, abbiano collaborato con i dirigenti della Sony Pictures, produttori di “The Interview” come operazione di “soft power per minare il governo della Corea democratica. Un certo numero di DVD pirata attraversa il confine Cina-Corea democratica dove i cittadini nordcoreani normalmente sono esclusi dalla visione di film occidentali. La CIA e il suo contraente privato prediletto, la RAND Corporation di Santa Monica, in California, hanno riconosciuto il “soft power” nella cultura popolare degli Stati Uniti integrandone l’impiego nelle operazioni d’intelligence degli Stati Uniti. La diffusione nel 2012 su YouTube del “trailer” del film anti-islamico “The Innocence of Muslims”, aveva tutte le caratteristiche di una provocazione delle intelligence statunitense e israeliana per sfruttare le già tese proteste di piazza dall’Egitto e Libia a Yemen e Pakistan. A seguito delle informazioni raccolte dalle e-mail violate dei vertici della Sony Pictures di Culver City, California, e della Sony Corporation di Tokyo, la responsabilità politica e delle agenzie di intelligence nella produzione e distribuzione programmata di “The Interview” diventa cristallina. E’ anche abbondantemente evidente che i responsabili dell’hacking dei computer Sony avessero informazioni che avrebbero potuto ottenere solo addetti ai lavori della Sony o delle agenzie d’intelligence statunitensi. Le informazioni in possesso degli “hacker” includevano password amministrative e di sicurezza e altre credenziali privilegiate. Ci sono anche scarse prove che il gruppo di hacker che ha rivendicato la fuga di numerosi file della Sony Pictures, “I Guardiani della Pace”, sia legato alla Corea democratica.
Sony Corporation è sotto pressione da parte del governo del Giappone a causa dei negoziati molto sensibili tra Tokyo e Pyongyang sul rimpatrio di cittadini giapponesi, per lo più della città di Niigata, rapiti dalla Corea democratica negli anni ’70. Le delicate trattative tra Tokyo e Pyongyang sono incentrate sul numero di sequestrati che devono essere rimpatriati. Mentre Corea democratica e Giappone concordano sul numero dei rapiti giapponesi, meno di 20, altri rapporti indicano che sarebbero centinaia. Mentre la Corea democratica si preparava per consegnare a Tokyo una lista di 883 rapiti, numero che ha stupito il governo giapponese del primo ministro Shinzo Abe, Sony Pictures ha annunciato la distribuzione di “The Interview” il 25 dicembre. Il film, che ha per stelle i tristi e arroganti sostenitori dell’Israel Defense Force Seth Rogen e James Franco, è carico di stereotipi anti-asiatici e sciovinismo americanista. Quando i dettagli del film sono fuoriusciti, non da parte degli hacker ma dalle pagine di Hollywood Reporter e Variety, Sony e il governo giapponese si sono preoccupati. La scena più raccapricciante del film mostra la testa di Kim fatta a pezzi da un carro armato, spargendo materia cerebrale, pezzi di cranio, capelli e carne carbonizzata. I due personaggi principali, interpretati da Rogen e Franco, sono presumibilmente assunti dalla CIA per uccidere Kim Jong Un, dopo esser stati invitati a intervistare il leader nordcoreano. Secondo le e-mail trapelate della Sony, i dirigenti della sede centrale di Sony tentavano di frenare la libera gestione della divisione di City Culver e modificare il contenuto del film che avrebbe infiammato il governo della Corea democratica. Su pressione del governo Abe a ritirare “The Interview”, i dirigenti della Sony iniziarono a fare presente le loro riserve alla divisione intrattenimento della società a Culver City. I bigotti media aziendali statunitensi, legati a Hollywood tramite i legami aziendali di Fox News, MSNBC, CNN e “Tinsel Town”, si sono lamentari di come gli Stati Uniti siano preda del bullismo del dittatore della Corea del Nord. La CIA è salita sul carro invocando maggiore sorveglianza del cyberspazio. E senza alcuna prova, anche circostanziale, il Federal Bureau of Investigation ha accusato la Corea democratica del cyber-assalto alla Sony. La Corea democratica è il cyber-spauracchio favorito dal complesso militar-spionistico degli Stati Uniti che la classifica con Russia e Cina per creare “cyber-nemici”.
 
Le e-mail hackerate della Sony mostrano lo scambio tra l’“esperto” sulla Corea democratica della RAND Corporation Bruce Bennett e il presidente e CEO della Sony Pictures Entertainment Michael Lynton. Bennett ha detto di aver esaminato la scena finale in cui la testa di Kim saltava e credeva che il DVD del film, una volta contrabbandato in Corea democratica, avrebbe avuto un impatto in Corea potendo accelerare l’assassinio del vero Kim e innescare il rovesciamento del governo della Corea democratica. 
 
La RAND Corporation era ed è un’importante azienda della CIA. Bennett è il consulente sulla Corea democratica della RAND i cui consigli sono richiesti dai finanziatori della RAND, CIA, US Cyber-Command (affiliato alla National Security Agency) e Pentagono. Lynton rispose a Bennett dicendo che la scena della morte di Kim era stata approvata da un alto funzionario del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e dall’inviato speciale degli Stati Uniti per i diritti umani in Corea democratica, l’ambasciatore Robert King. Le email diffuse indicano che l’alto funzionario della Sony ha poi contattato Daniel Russel, assistente Segretario di Stato per l’Asia Orientale e il Pacifico. A giugno, la co-presidente di Sony Pictures Entertainment Amy Pascal, il cui razzismo verso il presidente Obama appare nelle e-mail rivelate dagli hacker “I Guardiani della Pace”, inviò una e-mail al vicepresidente della Sony Pictures Jeff Black con un ordine urgente: “dobbiamo far uscire da qui il nome della sonys [sic] al più presto”. Pascal esortava a cancellare la scena della morte orribile di Kim che RAND e dipartimento di Stato volevano rimanesse, e confezionare una versione meno violenta di “The Interview” da distribuire con la sussidiaria della Sony, la Columbia Pictures. Lynton inoltre convenne che la scena della morte dovesse sparire: “Sì, possiamo essere carini qui. Ciò che vogliamo veramente non è il volto che esplode, in realtà non vederlo morire. Uno sguardo d’orrore all’avvicinarsi del fuoco è probabilmente ciò che ci serve”. E’ chiaro che i dirigenti della Sony in Giappone fecero pressione sulla divisione per abbandonare la scena, se non l’intero film. Kaz Hirai, presidente della Sony in Giappone, non voleva la scena della morte di Kim. Le sue preoccupazioni coincidevano con le trattative delicate tra Giappone e Corea democratica sui giapponesi rapiti. Tuttavia, emerge dalle e-mail trapelate che l’arrogante supporter delle IDF, la co-star Rogen, s’era infuriato nell’abbandono della scena della morte. Rogen, un noto sostenitore delle atrocità dell’esercito israeliano a Gaza e altrove, si è anche opposto al piano del capo della Sony, Hirai. Con i cartelloni teatrali che toglievano la prevista premiere di “The Interview” del 25 dicembre, Rogen e Franco hanno istigato i loro “glitterati” amici a condannare la censura. I proprietari del teatro si erano detti preoccupati da non precisate minacce “terroristiche” contro i teatri che proiettavano il film. Utili idioti come George Clooney e Bill Maher si sono mobilitati a difesa del film. Va sottolineato che l’operazione VICE di Maher, della HBO, è penetrata in Corea democratica con la scusa di documentare il viaggio del giocatore di basket Dennis Rodman per incontrare Kim. Non vi è dubbio che VICE, che accede ai campi di battaglia di tutto il mondo, sia un’altra operazione d’intelligence degli Stati Uniti con Hollywood come copertura.
La Corea democratica s’è offerta di condurre un’indagine congiunta con gli Stati Uniti sull’hackeraggio della Sony. Washington l’ha respinta immediatamente. Nessuno dell’amministrazione Obama vuole mostrare le impronte digitali degli Stati Uniti nel film di propaganda “The Interview”, meno di tutti alla RPDC. Lsabota negazione inaudita degli attacchi alle reti dei computer della Corea democratica spacciata da “risposta proporzionale” degli USA all’attacco alla Sony, ha innescato l’hacking dei computer dell’operatore dei reattori nucleari della Corea del Sud, Korean Hydro Nuclear Power Company (KHNP). Proprio come le sanzioni economiche contro la Russia hanno innescato una crisi finanziaria europea e mondiale, l’attivo cyber-attacco di Washington alla Corea democratica avrà conseguenze di vasta portata. L’amministrazione Obama, come il suo predecessore, dimostra al mondo che gli USA non sono affidabili con i loro adorati “giocattoli da guerra”.
 
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Bruce Bennett: ‘esperto’ della CIA sulla Corea e nullità umana.
 
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Robert King: l’inviato speciale statunitense per i ‘diritti umani in Corea democratica’, che invoca l’assassinio del leader della Corea democratica e il rovesciamento armato del governo nordcoreano.
 
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Bill Maher: ideatore e padrone della serie giornalistica VICE, copertura globale delle operazioni della CIA.
 
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

LGBT in Front National e Lega Nord, propaganda o vera svolta?

In Francia Marine Le Pen nomina il fondatore di Gay Lib a capo di un collettivo culturale all’interno del Front National, in Italia Efe bal, trans turco, lancia dichiarazioni d’amore a Salvini, si definisce leghista e giura di avere un posto già promesso alle pari opportunità all’interno della lega Nord. Semplice propaganda elettorale o svolta LGBT nei partiti più “intransigenti” di Francia e Italia?
 
All’inizio poteva sembrare uno scherzo, invece è tutto vero. In Francia il Front National, movimento politico della destra radicale, guidato da Marine Le Pen, ha accolto al suo interno Sébastien Chenu, ex segretario nazionale dell’Ump, il partito di Sarkozy. Nulla di strano se non fosse che Chenu è anche fondatore e attivista di Gay lib, comunità LGBT che si definisce di destra, nonché dichiarato “antifascista” e convinto liberale. Nonostante queste posizioni in contrasto con il Front National, Marine Le Pen non si è impensierita: non ha esitato un momento a nominare Chenu “delegato generale” di un “collettivo culturale” all’interno del partito.
 
Per alcuni un endorsement azzardato che sicuramente mina la fiducia e il consenso in alcune basi del partito che già hanno manifestato i propri ‘mal di pancia’ per essersi viste scavalcare in un dipartimento di spicco, quello della cultura, dall’ultimo arrivato. Un errore politico per altri, come Samuel Martin, caporedattore del quotidiano nazional-cattolico Présent.
 
Certo è che una scelta del genere non solo provoca malcontento fra i militanti, ma anche e soprattutto fra gli elettori, che vedevano nel Front National l’unica forza politica in grado, ad esempio, di difendere la famiglia dagli attacchi delle lobbies LGBT in Francia, lobbies che recentemente con Hollande hanno ottenuto i matrimoni gay e le adozioni per le coppie sposate omosessuali e ora lottano per depenalizzare l’eutanasia.
 
E se in Francia la destra radicale apre ai gay, in Italia il movimento che più assomiglia al Front National francese, la Lega Nord di Matteo Salvini, sembra non perdere tempo.
 
 
Lega Nord, Efe Bal testimonial per abolire la legge Merlin
 
Il portale Dagospia infatti ha riportato in esclusiva un’intervista a Efe Bal, noto transessuale turco in cerca di pubblicità che ha dichiarato il proprio amore verso Salvini: “Lo amo, sembra un uomo turco. Duro, nero, sguardo cattivo e genitali sempre turgidi” e poi rilancia: “Ecco in esclusiva la mia tessera politica. Vede. E’ la numero 23760. Lega Nord. Sono diventata una “salviniana” e prosegue “Mi ha detto che devo aspettare un anno. Poi mi darà un ruolo nelle pari opportunità del Partito”.
 
Chissà cosa avranno pensato gli elettori della Lega quando avranno letto queste frasi.
 
Si sa, in campagna elettorale vige la famosa frase “bene o male purché se ne parli”, ma sia in Francia che in Italia le trovate pubblicitarie rischiano di far crollare i sogni degli elettori di Fn e Lega. Il tempo ci dirà se sarà solo sterile propaganda oppure vera e propria svolta gay e trans gender capace di far breccia all’interno dei movimenti considerati più intransigenti di Francia e Italia.
 
Di Luca Colavolpe Severi

Complotto per sovvertire “l’ordine democratico”. Il prologo della nuova “strategia della tensione”?

certo che allarmarsi per questo strano presunto complotto quando in Italia SIAMO AL TERZO GOVERNO CONSECUTIVO NON ELETTO E’ DA RIDERE.

EQUITALIA come sinonimo di ordine democratico, interessante……..Manco lo sceriffo di Nottingham

 
“L’Aquila: scoperto un complotto neofascista. Arresti di estremisti in tutta Italia.Volevano uccidere politici e magistrati senza scorta, “dieci, undici nello stesso momento”, e far saltare sedi Equitalia con il personale dentro. L’obiettivo era “sovvertire l’ordine democratico dello Stato”. Pacifici (capo comunità ebraica): “No a mezze misure”. Il gruppo clandestino aveva elaborato un piano per “minare la stabilità sociale” del paese e voleva anche fondare un” proprio” partito. 
– La Stampa.
di Luciano Lago
Lo avevamo detto e lo avevamo scritto ed era facile prevederlo: “……fra gli esponenti dell’elite ci sono serie preoccupazioni che si possano creare ostacoli al processo avanzato di sottrazione delle sovranità dei vari Stati a favore di organismi centrali della UE che ne gestiscano le politiche finanziarie e di bilancio. Tanto meno sarebbe tollerabile se, dalla Francia o da altri paesi, dovesse essere messo in questione l’euro come moneta comune, essendo questa una moneta che ha consentito speculazione ed enormi profitti per le super banche sovranazionali “.(………………..)
 
“Per meglio consolidare il quadro, il sistema delle centrali di potere è quello di precedere gli avvenimenti e creare degli episodi (false flags) che possano fornire il giusto clima o il pretesto per un giro di vite nell’ordine pubblico e nelle campagne di manipolazione attraverso i media per presentare in una luce negativa i movimenti anti euro (nemici della democrazia, dell’Europa e antisemiti). Un modo per mettere fuori gioco esponenti politici, spaventare l’ opinione pubblica, isolare i partiti considerati ostili, creare un blocco d’ordine che rassicuri l’opinione pubblica”.
 
“L’arma dell’antisemitismo, oltre a quella di fascismo, a questo punto diventa un classico pretesto da utilizzare per mettere fuori gioco o in cattiva luce alcune formazioni politiche, per creare un clima di allarme, fare leva sulla paura della gente, cercare il consenso per ristabilire la sicurezza e formare accordi di coalizione e consolidamento dei governi in carica”.  Vedi: Verso una nuova “strategia della tensione” a dimensione europea?
Parlavamo di un ritorno della strategia della tensione in Europa ma in Italia il classico pretesto può essere facilmente trovato nella rinascita di formazioni neofaciste che professino l’idea di azioni violente, attentati alle Istituzioni, di “sovvertire l’ordine democratico”. Queste permetterebbe al sistema di ricompattarsi contro il pericolo estremista, imporre leggi di emergenza, giro di vite sulle libertà di opinione e di riunione, considerare come pericoloso estremista chiunque voglia contestare in blocco le istituzioni, il Parlamento, la Magistratura, le Banche, l’ordinamento democratico e l’assetto dell’Unione Europea di Bruxelles e la sua moneta.
Possibile poi trovare collegamenti con partiti di opposizione che professano una critica radicale al sistema dell’Eurocrazia e delle Istituzioni finanziarie. I provocatori possono prendere qualsiasi tessera e successivamente essere utilizzati per creare campagne di diffamazione contro tali partiti o movimenti. In Italia abbiamo la Lega di Salvini che già viene accusata di avere collegamenti on gruppi di estrema destra, c’è poi il movimento 5 Stelle che già in passato ha ricevuto altri tipi di accuse (anche di antisemitismo). Potrebbe essere lo stesso per altre formazioni di opposizione al sistema che si dovessero costituire.
I servizi occulti possono arruolare ed addestrare chiunque, come già accaduto nelle stagioni degli anni ’70. Il provocatore ben pagato ed istruito dai servizi, parla al telefono di possibili attentati, si riunisce con altri per esporre i suoi piani , gregari ingenui o fanatici si trovano sempre, prospetta azioni risolutive, azioni eclatanti con uso di armi e di esplosivi, scrive proclami e frasi farneticanti e poi le fa diffondere attraverso i social media; una tecnica ben collaudata per fornire prove concrete alle Procure dell’azione sovvertitrice. Nel caso peggiore si fanno le azioni in modo sotterraneo per colpire obiettivi rappresentativi, edifici pubblici, questure, uffici statali, ecc..
Una volta accaduto il “fattaccio” i media si scatenano con grandi titoli sulle prime pagine dei giornali e annunci nei Telegiornali, nella prima fase, nella successiva, quella delle indagini, si trovano i collegamenti con l’esponente/i politico che si vuole bruciare.  Si cercano i “cattivi maestri” o gli ispiratori di queste azioni, in particolare in coloro che hanno divulgato idee di opposizione netta al sistema . L’opinione pubblica viene convinta che c’erano pericolosi estremisti che tramavano nell’ombra, si stavano procurando armi e volevano agire in modo violento. Si mobilitano i partiti “democratici”, i sindacati, le associazioni, l’ANPI, le ACLI, ARCI, ecc..  si chiede la vigilanza contro l’estremismo ed il neofascismo, si pubblicano appelli e moniti e si diffonde il timore e la paura. In Parlamento di chiede l’emanazioni di leggi di emergenza.
Questo che abbiamo esposto è il processo con cui si sono condotte in passato le campagne terroristiche della “strategia della tensione” che ha visto le stragi, i sequestri e con cui si è versato sangue innocente, mentre i veri colpevoli non si sono mai trovati, salvo alcuni capri espiatori o manovalanza utilizzata dai servizi. Il sistema politico partitocratico di allora è uscito rafforzato e consolidato da quella stagione violenta.
Esiste la possibilità che questo accada ancora ed in un contesto europeo, quando le situazioni dovessero rischiare di sfuggire di mano a chi detiene il vero potere ed ha interesse a mantenere lo status quo e gli attuali equilibri finanziari.
L’episodio descritto all’inizio potrebbe essere significativo, ne vedremo gli sviluppi. Si potrebbe trattare di un prototipo del classico complotto velleitario o di una azione provocatoria per creare la psicosi della deriva estremista. Mentre scriviamo si parla già di un altro episodio di attentato alle linee ferroviarie nei pressi di Bologna.  Vedi: Il ministro Lupi: atto terroristico.
Questo accade mentre proprio ieri (22 Dicembre) in Francia si sono verificati attacchi di estremisti islamici contro persone incolpevoli. Vedi: C’è paura per l’estremismo islamico in Francia 
Saranno tutte coincidenze ma qualche sospetto viene in chi ha la memoria storica del passato .
La sensazione è che questo ed altri non rimarranno episodi isolati, altri ve ne saranno e la domanda da farsi potrebbe essere quella  abituale :  “cui prodest”?