Guerra a Putin, gli USA vogliono schierare missili nucleari in Europa

http://www.imolaoggi.it/2014/12/11/guerra-a-putin-gli-usa-vogliono-schierare-missili-nucleari-in-europa/

Imola Oggi

giovedì, 11, dicembre, 2014

Il Pentagono starebbe prendendo in considerazione la possibilita’ di schierare di nuovo missili nucleari in Europa con la scusa che la Russia non avrebbe rispettato il trattato bilaterale Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty), firmato nel dicembre 1987 da Usa e Urss, dai presidenti Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov.
La possibilita’ e’ stata annunciata da Brian P. McKeon, vice sottosegretario delle politiche della difesa, testimoniando davanti alla Camera. Il sospetto delle violazioni della Russia al trattato erano state rese note a Luglio da un rapporto pubblicato dal dipartimento di Stato. Gli Stati Uniti sospettano infatti che il Cremlino non stia piu’ rispettando l’intesa dal 2008 e sulla base di un sospetto senza prove vogliono riempire l’Europa armi nucleari.

 

Piemonte, pendolari beffati: 14 linee tagliate e biglietti più cari. Altro che Tav

post 11 dicembre 2014 at 08:20

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“Negli ultimi anni i pendolari del Piemonte hanno vissuto un’autentica beffa, perché oltre ad avere subito i maggiori aumenti del costo dei biglietti, hanno visto dal 2010 ad oggi cancellare ben 14 linee ferroviarie: Santhià-Arona, Pinerolo-Torre Pellice, Cuneo-Saluzzo-Savigliano, Cuneo-Mondovì, Ceva-Ormea, Asti-Castagnole-Alba, Alessandria-Castagnole-Alba, Asti-Casale-Mortara, Asti-Chivasso, Novi-Tortona, Alessandria-Ovada, Vercelli-Casale Monferrato, Novara-Varallo Sesia e Sesto Calende-Oleggio. Quest’ultima tratta fa parte della storica linea Luino-Sesto Calende-Novara ed è stata soppressa senza alcun preavviso. “A piedi” sono rimasti i pendolari (tra cui molti studenti) che non hanno trovato alcun mezzo sostitutivo. Le proteste si sono levate sia sulla sponda lombarda del lago Maggiore che per i viaggiatori della tratta Sesto Calende–Oleggio–Novara.  La tratta in questione è lunga solo 15 km ma la sua chiusura costringe a cambi obbligati e tempi di percorrenza più che raddoppiati.

Legambiente punta i propri riflettori, con il lancio della campagna Pendolaria 2014, sullo stato del trasporto ferroviario regionale, che rispecchia tristemente quanto poco hanno fatto in questi anni Regioni e Governi e quanto le situazioni già critiche dei pendolari siano diventate insopportabili. Dal 2010 ad oggi, infatti, si possono complessivamente stimare a livello nazionale tagli pari al 6,5% del servizio ferroviario, che in Piemonte hanno addirittura raggiunto il 7,5%.

“I tagli degli ultimi anni alla rete ferroviaria piemontese sono una ferita aperta per le migliaia di pendolari che ogni giorno, nonostante i mille ostacoli, cercano di raggiungere il proprio posto di lavoro in treno. Una ferita che è ancor più dolorosa per chi si è trovato costretto a sostituire il treno col proprio mezzo privato, soluzione più costosa, scomoda, pericolosa ed inquinante -dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Ci auguriamo che la Giunta Chiamparino voglia bloccare la lenta agonia del trasporto ferroviario e rilanciarlo anche come strumento utile al miglioramento della qualità dell’aria in una regione che soffre endemicamente di smog. In tal senso è positivo si stia avviando l’iter per la messa a gara del servizio anche se passeranno anni prima di poter toccare con mano i relativi benefici. Nell’attesa chiediamo alla Regione che si adoperi fin d’ora per abbandonare grandi opere di cui i cittadini non sentono minimamente il bisogno, come Tav e Terzo Valico, destinando quei fondi alla riattivazione del servizio ferroviario pendolare, proprio a partire dalle 14 linee soppresse”.
Come evidenzierà nel dettaglio il Rapporto Pendolaria che Legambiente presenterà il 18 dicembre, rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e su gomma sono diminuite del 25% e le Regioni, a cui sono state trasferite nel 2001 le competenze sui treni pendolari, in larga parte dei casi non hanno investito né in termini di risorse né di attenzioni per recuperare la situazione. In Piemonte fanno eccezione gli sforzi per l’attivazione del Servizio Ferroviario Metropolitano torinese che con le sue 8 linee e un orario cadenzato costituisce finalmente una valida alternativa al mezzo privato per chi ogni giorno si sposta verso Torino o al suo interno. Servizio che potrebbe essere ulteriormente funzionale se venissero aperte le stazioni ferroviarie sotterranee di Dora e Zappata, consegnate al “grezzo” da diversi anni e che, nonostante i relativi progetti esecutivi, aspettano ancora i 39 milioni e 750 mila euro ministeriali per essere completate e rese operative.”

Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta

Dieci centimetri di concertina valgono un processo?

Oggi udienza al Pala Giustizia di Torino per i fatti avvenuti in Clarea il 29 settembre 2012 e che vedono come imputati Luca Abbà e Emanuela Favale.

di Gabriella Tittonel

Alle dodici e trenta di oggi al Pala Giustizia di Torino si è aperto il processo a carico di Luca Abbà e della moglie Emanuela Favale, “colpevoli” di aver tagliato le reti nel corso della marcia avvenuta lo scorso 29 settembre 2012.

Giorno importante fu quello per tutto il movimento no tav, che accompagnò Luca Abbà in Clarea, ritornato per la prima volta nella zona del costruendo cantiere del tunnel geognostico dell’alta velocità valsusina dopo il noto incidente occorsogli, quello della caduta dal traliccio dell’alta tensione, nel giorno dello sgombero della baita. Un incidente costato mesi di sofferenza e di fatica ma che vede oggi Abbà ritornato con determinazione alla vita, ai suoi affetti, al suo lavoro ed ai suoi ideali.

Quel 29 settembre  fu dunque un giorno di festa. E di pioggia. Con un cantiere appena abbozzato, invaso da grandi pozze d’acqua e fango ed occupato dai tanti mezzi delle Forze dell’Ordine qui inviate per difendere robuste grate e una trivella.

Vi fu la posa di un monumento a ricordo di quanto avvenuto e vi fu, da parte di Luca aiutato da Emanuela un atto simbolico davvero, un taglio di filo spinato, di quella lacerante concertina israeliana, messa a cerniera tra un segmento e l’altro delle robuste recinzioni. Pochi centimetri tagliati con una cesoia malridotta. Ma atto che scatenò, sotto tanta pioggia, l’acqua dell’idrante….

Questi fatti sono stati ricordati oggi nel processo, che ha visto alcuni testimoni al banco e le dichiarazioni dei diretti interessati. Tutto condito con qualche nervosa battuta del PM Padalino.

E fatti che vedranno la prossima udienza il 20 marzo del prossimo anno.

La considerazione inevitabile? Quella di un costo impiegato davvero incredibile, in energie, persone, spazi, il tutto per pochi centimetri di concertina. Una israeliana davvero d’oro e brillanti, verrebbe da pensare!

G.T. 10.12.14

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Tav: Esposito,burocrazia blocca progetto

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2014/12/11/tav-espositoburocrazia-blocca-progetto_7cd94d19-224f-4c1c-932b-59d120cf9558.html

Vicepresidente commissione trasporti, veri nemici sono a Roma

11 dicembre 201414:37

(ANSA) – TORINO, 11 DIC – Il progetto definitivo della Tav Torino-Lione rischia di non essere approvato entro l’anno dal Cipe perchè “giace irresponsabilmente negli uffici del ministero dell’Ambiente, vittima di qualche burocrate che se ne infischia degli impegni assunti dal nostro Paese”. Lo afferma Stefano Esposito, vicepresidente della commissione Trasporti. “I veri avversari della Torino-Lione stanno a Roma e non in Val Susa”, aggiunge ricordando che il progetto doveva essere approvato entro settembre”.

Ucraina, la milizia nazionalista con dentro nazi ed ebrei

http://temi.repubblica.it/micromega-online/ucraina-la-milizia-nazionalista-con-dentro-nazi-ed-ebrei/

micromega

Figli della rivolta di piazza Maidan, nel Paese stanno proliferando formazioni, gruppi e partiti fascisti e xenofobi. Un reportage da Kiev ci svela il vero volto di Pravy Sektor, un’organizzazione di stampo nazionalista reazionario che al proprio interno ha volontari di differenti origini: fianco a fianco combattono anche russi col mito del Terzo Reich ed ebrei.di Joshua Evangelista

Scrivi per un giornale comunista?”. Alla sede di Kiev del Pravy Sektor è questa la domanda di rito fatta dai dirigenti prima di rilasciare una qualsivoglia intervista. Perché al Settore destro si guarda con sospetto ai media russi e occidentali “di sinistra”, che “dicono bugie su di noi e ci dipingono a tutti i costi come una formazione neonazista”.

Proprio sul confutare l’etichetta di partito fascista è basata la gran parte della comunicazione politica del gruppo che, se funziona alla grande nell’Ucraina occidentale impegnata nell’edificazione di un nuovo nazionalismo che vada oltre i petroldollari degli oligarchi filorussi, vacilla all’esterno, dove azioni e dichiarazioni dei leader del movimento ricordano fin troppo bene le gesta di colleghi vicini al nostro background storico-politico.

Ad esempio, fanno effetto le ronde antidroga di Odessa, con decine di giovani volontari a volto coperto impegnati a massacrare di botte ipotetici spacciatori per poi legarli e lasciarli in piazza abbandonati al pubblico ludibrio. O l’attacco a Viktor Pylypyshyn, deputato filorusso del Partito delle Regioni, gettato di forza nella spazzatura come “avviso” qualora si fosse ricandidato.

Ma si peccherebbe di ingenuità se si tentasse di tracciare una linea di continuità tra le destre reazionarie che attanagliano l’Europa e questa nuova formazione, così eterogenea nei percorsi politici e culturali dei suoi componenti da creare un unicum nel panorama dei partiti nazionalisti del Vecchio continente.

Come tutti gli altri volontari impegnati a combattere nell’Est separatista dell’Ucraina, anche i membri del Pravy Sektor sono figli del Maidan, di quella grande mobilitazione di piazza che ha per sempre cambiato il destino del Paese. Nel bene o nel male, è ancora presto per dirlo.

“Mentre i manifestanti ballavano e cantavano in piazza Indipendenza, noi gridavamo alla rivoluzione e loro ci guardavano con disprezzo. Poi, quando i poliziotti corrotti di Janukovyc e i cecchini appollaiati sui tetti dei palazzi hanno iniziato ad ammazzarli, si sono accorti del nostro valore: eravamo gli unici a difenderli dalle efferatezza degli assassini in divisa”. 

Ma cosa facevano questi “protettori del popolo ucraino”, come amano definirsi, prima del 19 gennaio 2014, quando i primi morti dei riot cambiarono la connotazione pacifica delle manifestazioni antigovernative ed europeiste?

Una bella fetta della base è data dai supporter organizzati delle squadre di calcio locali, specialmente quelle di Dinamo Kiev, Metalist Kharkiv e Dnipro Dnipropetrovsk. Una sorta di gentlemen’s agreement tra tifosi che fino a poche domeniche prima si accoltellavano dentro e fuori dagli stadi e che in nome della “difesa della nazione” hanno rinunciato alla guerriglia sportiva e a raccogliere fondi (e spranghe) per i volontari. Poi ci sono i gruppi politici organizzati, come i Patrioti di Belitsky, l’Assemblea social nazionale, il White Hammer (gruppo in seguito espulso per i numerosi atti di razzismo), i cosacchi della Trans-Carpazia, i nostalgici dei partigiani anti-Urss dell’Una-Unso e il Tryzub (Tridente) di Dmyto Yarosh. Quest’ultimo, ispirato dalla vita e dal pensiero di Stepan Bandera (il leader che tra i ’30 e i ’40 combattè contro polacchi e sovietici; eroe per gli ucraini occidentali, amico dei nazisti per orientali e russi), è stato il vero polmone del movimento e l’anima paramilitare che avrebbe dato il via all’organizzazione dei battaglioni volontari che dopo i fatti di Crimea si sono fiondati verso il Donsbass.

E dalla sede di Kiev ce lo confermano con orgoglio: gli uomini del Tryzub si allenavano alla guerra da anni, nascosti nella steppa ucraina a perfezionare le tecniche della lotta greco-romana. Ma anche l’addestramento al fuoco era ben organizzato. Come? “Acquistando fucili da caccia in tutto il paese”, ci spiegano. 

Ma dai tempi del Maidan le cose sono cambiate notevolmente. Ora Yarosh ha conquistato un seggio nel parlamento grazie ai suoi conterranei dell’oblast di Dnipropetrovsk e da indipendente valuta guardingo le varie proposte del governo europeista di Poroshenko. Nel frattempo il suo battaglione è stanziato a Pitski, l’ultimo villaggio prima del conteso aeroporto. “Siamo andati lì senza armi, i primi terroristi separatisti li abbiamo uccisi con braccia e bastoni”, ci spiega un combattente originario di Leopoli. “Ora abbiamo armi di ogni genere prese vicino ai cadaveri dei nemici”. 

Una prova di forza che è anche bigliettino da visita per migliaia di ventenni ucraini che intendono arruolarsi e non sanno se unirsi ai regolari di Kiev o a questo gruppo difficile da classificare. Per alcuni sono eroi impavidi e incorruttibili, per altri esaltati devoti alla violenza gratuita.

Intorno alla composizione sociale ed etnica del movimento c’è una grande babele di opinioni. Al netto della propaganda russa e delle narrazioni occidentali, è interessante scoprire come il nazionalismo reazionario del Pravy Sektor sia ricettacolo di elementi molto diversi tra loro e difficilmente integrabili in altri movimenti di simile ispirazione. Tra i combattenti volontari ci sono armeni, georgiani, polacchi, ceceni. Ma non solo. Fianco a fianco combattono russi di orientamento dichiaratamente neonazista ed ebrei, supportati anche da beni e vestiario militare raccolti nelle sinagoghe e donati direttamente al partito. E proprio sulla presenza di cittadini di origine ebraica gli addetti alla comunicazione del Settore destro costruiscono la difesa alle accuse di antisemitismo.

Ma come può funzionare un insieme di individui tra loro così diversi per confessione, idee politiche e fede sportiva (talora più radicata di quella religiosa)? “L’odio per Putin. Tutti quelli che combattono per noi o semplicemente partecipano alle nostre manifestazioni odiano a morte Putin. Putin, non i russi”, ci spiega il portavoce del dipartimento di Kiev, Artem Skoropadsky, di origine russa. Un odio che non basta per costruire una forza politica di massa ma che è sufficiente per creare amalgama tra cittadini-soldati che per la maggior parte fino a pochi mesi fa non avevano mai preso in mano un’arma e specialisti addestrati all’uso dei missili antiaerei S-300.

Per capire la natura ideologica del nazionalismo del Pravy Sektor è interessante quanto ha scritto l’accademico Anton Shekhovstov dell’Ucl di Londra: “La principale peculiarità dell’estrema destra ucraina è che i suoi maggior nemici non sono gli immigrati o le minoranze interne, come spesso accade nelle estreme destre dei paesi dell’Unione europea, ma il Cremlino”. 

Un’ossessione corrisposta, se si pensa che proprio sulla difesa dei russofoni di Crimea dagli attacchi del Pravy Sektor, i russi hanno elaborato la motivazione della loro presenza nella penisola durante la transizione che ha portato all’annessione de facto. Un’attribuzione di potenza probabilmente esagerata, irrobustita dai media moscoviti. Secondo una ricerca effettuata da un osservatorio online sui mezzi di informazione russi e ripresa da Foreign Policy, il Settore destro è stato il secondo partito politico più menzionato nei mass media russi nel 2014, preceduto solo da Yedinaya Rossiya, il partito di Putin. 

Intanto nell’Ucraina occidentale, quella culturalmente più polacca che russa, il Pravy Sektor si nutre di un seguito limitato ma solido, che partecipa ai suoi incontri e manda i giovani ai campi di addestramento. Anche chi non l’ha votato alle recenti elezioni (e i risultati sono stati ben sotto le aspettative, solo lo 0,7% delle preferenze) evita di denigrarli. “Sono violenti e hanno idee molto discutibili, ma sono gli unici che ci stanno difendendo davvero dall’imperialismo neo-sovietico”, ci racconta Alina, una ricercatrice 28enne fuggita dalla Crimea e ora con una vita da reinventarsi a Leopoli.

Come lei, tanti cittadini guardano con ammirazione il “coraggio” dei volontari al fronte, chiudendo gli occhi davanti, ad esempio, alle posizioni che i dirigenti hanno verso gli omosessuali. Anche Andrej, un dj di idee dichiaratamente liberal ed europeiste, ha deciso di unirsi a loro, così lontani nel pensiero, così vicini negli intenti. “I quadri militari di Kiev non sono cambiati”, ci spiega. “La corruzione è imperante tra i generali dell’esercito e in cambio di pochi spicci rivelano le nostre posizioni ai separatisti, vendendoci come se fossimo carne da macellare. Invece nel Pravy Sektor questo non esiste. Se devo morire, voglio farlo con dignità, non perché sono stato venduto al nemico”. Da agosto Andrej ha lasciato compagna e figlio piccolo e ha rinunciato al suo ben remunerato lavoro musicale per combattere a Donetsk senza percepire stipendio.

Come Andrej, Svetlana: un buon lavoro nella glaciale Kharkov, la città più vicina alla Russia, e un bimbo da crescere da sola dopo il divorzio con il marito. Aperta, cosmopolita, disinteressata alla politica. Fino ai morti di piazza. Poi il Pravy Sektor: tutto il tempo libero dedicato a spedire i pacchi di uniformi al fronte. E se proviamo a raccontarle qual è l’opinione che si ha in Europa della sua compagine sorride: “Siamo tutti amici, ci rispettiamo, amiamo il nostro Paese. Non sarà una parte violenta e incontrollata a farmi rinunciare a questa comunità”.

A livello ideologico e di intenti, quindi, questo intreccio di movimenti e gruppi informali fatica a trovare una linea condivisa e una coerenza di pensiero. Il leader Yarosh si dichiara lontano dalle posizioni razziste di Svoboda, l’altro storico partito nazionalista del paese, e supporta apertamente Israele; poi, però, in una sua recente pubblicazione si chiede “come mai i milionari ucraini sono quasi tutti ebrei”.

Sul ruolo che l’Ucraina dovrebbe avere nel panorama internazionale, invece, le idee sembrano essere molto più chiare, almeno quelle ufficiali: equidistanza da Russia e Nato (“possiamo fidarci solo del kalashnikov”), in una posizione simile a quella di Svizzera o Norvegia; accordi singoli con i paesi baltici ed est-europei in chiave anti-Cremlino. Fortissima, e per alcuni analisti determinante, la spinta delle donazioni private ricevute dalla grande diaspora storica ucraina presente in Stati Uniti e Canada. 

Intanto la guerra in Ucraina confonde i camerata nostrani, che danno vita a un siparietto tutto italiano: se Casa Pound ammira il Pravy Sektor (e “manda” adepti al fronte), Forza Nuova sceglie, in chiave antimperialista, la Russia putiniana. Con tanto di passeggiata del leader Roberto Fiore in una Yalta addobbata a festa per accogliere lui e altri membri delle destre europee.

(10 dicembre 2014)

L’euro “tedesco” ci porterà alla rovina. Così diceva Napolitano nel ’78

In risaltoPOLITICA sabato, 27, aprile, 2013
 Napolitano

(lindipendenza) Fin dal lontano 1978 l’allora deputato del Pci Giorgio Napolitano denunciava tutte le sue perplessità sulla nascita della nuova moneta unica, quindici anni prima di Maastricht e dodici prima de “L’Euro minaccia la democrazia” dell’”ammazza-sindacati” Margaret Thatcher. Quelle perplessità oggi sembrano assumere il carattere della vera e propria profezia: infatti, già all’epoca  prevedeva che l’abbraccio tedesco sarebbe presto o tardi divenuto una morsa letale. Tali dichiarazioni si possono leggere nel resoconto stenografico della seduta dell’assemblea della Camera dei Deputati del 13 dicembre 1978, a partire da pagina 24992, durante una discussione riguardante l’adesione dell’Italia al Sistema Monetario Europeo, che sarebbe entrato in vigore quattro mesi dopo.

Si tratta di parole che sorprendono per la loro lucidità, poiché, senza tagliare di netto le gambe all’unione monetaria, spiegano, anzi, profetizzano il futuro dell’allora CEE a distanza di quarant’anni. Molto lucidamente, Giorgio Napolitano, pur non respingendo le idee europeiste, ricordava che la costruzione di una unione monetaria non poteva svolgersi in modo frettoloso e, citando il governatore della Banca d’Italia, ammoniva che «un suo insuccesso comporterebbe gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema monetario internazionale e sulle possibilità di avanzamento della costruzione economica europea».

I negoziati, spiegava Napolitano, presero però una piega sbagliata. Il colpevole? La Germania: «[…]dal vertice è venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania, e in particolare della Banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie di paesi della Comunità. E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, o debba servire a garantire il Paese più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania, spingendo un Paese come l’Italia alla deflazione.»

Insomma, Napolitano fin da allora aveva largamente previstociò che stiamo vivendo oggi e, trascorsi ormai trentacinque anni da quelle dichiarazioni, ora siamo esattamente a quel punto, con Paesi come i PIIGS in depressione economica e lentamente portati a quella destinazione finale, ovvero la deflazione, che la Grecia sta già cominciando a sperimentare. A rileggere oggi le preoccupazioni  dell’allora deputato Napolitano,  rieletto Presidente della Repubblica, si ha la netta percezione di leggere una cronaca dei giorni nostri:  parafrasando Napolitano, “non è che questa costruzione monetaria filo-tedesca finirà per intaccare le nostre riserve auree, portandoci a perdere competitività e quindi costringerci a svalutare la moneta?”. Ebbene, è esattamente quello che è accaduto negli anni successivi,  fino alla svalutazione della lira all’inizio degli anni Novanta. Va tuttavia precisato che,prima ancora dello SME, le maggiori colpe possono essere attribuite a tutti i governi che si sono succeduti in quegli anni in quanto, avendo avviato uno sviluppo rapido ma sbilenco del Paese, negli anni Settanta-Ottanta avevano già assunto la caratteristica di governi dediti alla corruzione.

E non finisce qui, Napolitano dopo aver previsto la svalutazione ricorda anche che l’Italia potrebbe essere costretta a «adottare drastiche manovre restrittive». Ecco che, con Romano Prodi alla presidenza del Consiglio e qualche barbatrucco contabile di Carlo Azeglio Ciampi, poi è spuntata l’eurotassa necessaria a far entrare l’Italia nell’Euro. Alla luce di quanto sopra, tutti gli europei  si stanno sempre più convincendo che il progetto dell’Europa dei padri fondatori è stato in realtà volutamente stravolto dall’idea iniziale, solo per favorire le politiche di una globalizzazione dei mercati senza regole, delle multinazionali e delle banche. In sostanza, prima ancora di costituire l’Europa politica e senza prevedere una crisi economica, credendo di poter controllare e dominare gli Stati economicamente, il sistema di potere europeo ha voluto manovrare con i trattati per imporre un modello di Europa che divenisse uno stato sovranazionale unico, non federale, ma statalista, dirigista, centralista e burocratico, ovvero una Europa senza Europei  e all’oscuro dei popoli che la abitano.

Riflessioni sullo scandalo “Mafia capitale”

poi si arrabbiano quando sostieni che le ideologie sono morte.

Di Salvatore Santoru

Nei vari talk show politici in questi giorni si sta parlando molto del “recente” scandalo che ha colpito Roma, e che ha visto coinvolti diversi personaggi legati alla mafia, al terrorismo degli anni 70 e a diverse fazioni politiche.

Nello scandalo sono stati coinvolti personaggi legati alla ‘ndrangheta, al terrorismo di estrema destra e sinistra, alle coop rosse, al mondo del calcio e dello spettacolo e legati sia ad ambienti di destra che di sinistra.

Le figure più rilevanti sono quelle di Massimo Carminati, un passato nei NAR e nella Banda della Magliana, e Salvatore Buzzi, già graziato da Scalfaro nel 94 per omicidio colposo, e noto per essere il fondatore e gestore della nota Cooperativa 29 Giugno.

Tale vicenda dimostra come non mai che il livello di corruzione e malaffare serpeggia come non mai nei vertici e non della politica “che conta”, e ovviamente la sua trasversalità.

Difatti, nonostante c’è chi punta il dito a destra o a sinistra, in tale vicenda, così come in tante altre, si è avuta la dimostrazione che quando si tratta di denaro sporco destra o sinistra contano assai poco, tanto che un criminale legato ad ambienti eversivi del panorama “neofascista” e un’ “antifascista” legato ad ambienti di sinistra radicale e non, si trovavano “casualmente” a braccetto nel fare affari illeciti.

La vicenda rappresenta solo la punta dell’iceberg di una politica, e di una società sempre di più colpite da un sistema fondato sulla corruzione e l’affarismo, che si dovrebbe al più presto eliminare al più presto, se si vuole rinnovare la società e la politica del paese.

Fonte: Informazione Consapevole
http://andreainforma.blogspot.it/2014/12/riflessioni-sullo-scandalo-mafia.html

UN LURIDO VECCHIO PORCO E PEDOFILO….Belle e innocenti.

la pedofilia è politically correct. Se sei contrario sei un reazionario

9 Dicembre 2014

Così Andrea Camilleri racconta bambine di due anni al massimo della loro capacità seduttiva. Lo scrittore parla del suo nuovo libro, ospite di Fabio Fazio su Rai3. “A due anni le donne raggiungono il massimo della loro bellezza e il massimo della loro capacità seduttiva, che è una seduzione straordinaria come potenza”
(Imolaoggi)
http://informare.over-blog.it/2014/12/un-lurido-vecchio-porco-e-pedofilo-belle-e-innocenti-cosi-andrea-camilleri.html

Autoriciclaggio: un altro grande regalo alla mafia

ma il Pd è moralmente superiore, e lotta tanto contro la corruzione……ssh nessuno vada in piazza, sarebbe eversione per usare le parole del supremo garante della costituzione Napolitano. In piazza si va quando ci sono i politically scorrect che rubano. Gli altri possono rubare e guai a chiedere le dimissioni.

Ieri in Aula al Senato, PD e FI hanno votato per l’introduzione nel nostro ordinamento del reato di autoriciclaggio. La norma è stata introdotta all’interno dell’altra disposizione normativa votata, sempre ieri, a palazzo Madama. Quella sul rientro dei capitali detenuti all’estero, ovvero (per intenderci) sul nuovo condono fiscale voluto dalla Maggioranza, che consentirà agli evasori di regolarizzare i propri illeciti fiscali e tributari (commessi sia all’estero che sul territorio nazionale) mediante una sanzione pecuniaria pari al massimo al 10% e mediante la non punibilità, appunto, del reato di riciclaggio, qualora i beni detenuti all’estero provengano da precedenti reati. Un vero e proprio condono fiscale, tributario e anche penale. L’evasore, infatti, dopo aver corrisposto il dovuto, versando nella casse dello Stato un misero importo a titolo di sanzione, potrà essere sicuro i) di non rispondere degli illeciti tributari e fiscali commessi per evadere le somme nascoste in paradisi fiscali e ii) di non essere punito penalmente per il reato di autoriciclaggio. Un vero e proprio regalo.

Ma non è tutto. Premesso che il reato di autoriciclaggio andava inevitabilmente slegato dal rientro dei capitali detenuti all’estero per essere magari introdotto all’interno di un vero e proprio pacchetto di norme sull’anticorruzione (che introducesse anche il reato di falso in bilancio, la sospensione dei termini di prescrizione, la corruzione, la sospensione di incarichi pubblici per i corrotti e i corruttori, ecc.), la nuova disposizione voluta da PD e FI si rileverà ancora una volta l’ennesimo buco nell’acqua ed un vero e proprio regalo in favore delle mafie.

Spieghiamo il perchè. Ed infatti, il nuovo art. 648 ter c.p. (autoriciclaggio) prevede: i) che la pena venga applicata solo qualora il soggetto intenda trasferire il denaro proveniente da un precedente delitto in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative, con l’intento di “ostacolare concretamente” l’identificazione della loro provenienza; ii) che non possano essere punite condotte per cui il denaro, i beni o altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale; iii) che gli effetti punitivi della nuova norma scatterebbero solo quando per il reato che ha prodotto i soldi sporchi da riciclare, sia prevista una pena superiore a 5 anni. Questo determina, dunque, che sono esclusi dalla punibilità i reati per i quali è prevista una pena inferiore, dunque, appropriazione indebita, elusione fiscale, truffa, che al massimo arrivano a prevedere una reclusione di 3 anni.

Insomma, se possiedi soldi sporchi da riciclare, puoi comprarti direttamente delle case, delle macchine o delle ville e viverle serenamente e magari farci delle belle feste. Inoltre, se hai commesso un reato per il quale è previsto una pena inferiore ai 5 anni, puoi fare sonni tranquilli, tanto non verrai mai punito. Infine, non è dato proprio di caprie cosa voglia intendere il legislatore con il concetto di “ostacolare concretamente” l’identificazione della provenienza. Tale locuzione non farà altro che impedire ai Magistrati inquirenti di avere delle prove certe a carico dei responsabili e ad aumentare le svariate ipotesi di interpretazioni alle quali gli esperti giuridici faranno ricorso. E tutto questo dopo che lo Stato e, dunque, i cittadini avranno con le proprie tasse sostenuto i costi dei processi.

Nel frattempo le mafie potranno continuare a compiere reati, a riciclare i loro proventi, a comprare immobili, titoli, azioni, a corrompere politici, a godere delle impunità, a mettere le mani sulla finanza, sugli appalti e così via. Insomma, grazie al PD e FI, continueremo ad assistere nei prossimi anni a quello a cui, purtroppo, stiamo vivendo in questi giorni con gli scandali di Roma. Bastava vedere le ultime statistiche che danno l’Italia come il paese più corrotto d’Europa (peggio della Bulgaria) per rendersi conto di come il Paese avesse bisogno di ben altre norme.

E’ lecito pensare, dunque, che PD e FI hanno voluto intenzionalmente ancora una volta favorire le loro cricche.
http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/2014/12/autoriciclaggio-un-altro-grande-regalo-alla-mafia.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

CORRUZIONE A ROMA: “CONTRORDINE COMPAGNI: SIAMO CORRETTI E NON CORROTTI.” PAROLA SUA, NON DEL MAGISTRATO

secondo l’Espresso è tutta roba fascista che voleva prendersi Roma. Manco la malavita in generale, l’Espresso la trasforma in questione “ideologica”.
A l’Espresso pare sfugga quanto la mafia se lo sia già preso il paese grazie anche al SUO PARTITO. E da tempo, da decenni, non certo da ieri.
Ricordo giusto un titolo del FQ:
“Ecco perché ogni tanto adesso… 4 milioni dentro le buste! 4 milioni! Alla fine mi ha detto Massimo ‘è sicuro che l’ho portati a tutti!’ tutti!”. La Garrone lo interrompe: “A tutto il Parlamento!”. E lui precisa: “Pure a Rifondazione“.

di Antonio de Martini

Pochi anche tra i piu anziani ricorderanno “Candido” di Guareschi. Era una boccata d’aria fresca, di umorismo e correttezza giornalistica Poi il suo ricordo venne storpiato dai remake di patetici imitatori senza fantasia.

Amavo con entusiasmo adolescenziale,  soprattutto la rubrica che presentava due versioni opposte e faziose dello stesso fatto, un colonnino  firmato Cesare e l’altro Spartaco, in cui questo grande artigiano della comunicazione dava il meglio di se.

Adoravo anche  la vignetta ” Contrordine compagni” in cui un messaggero accorreva a portare il contrordine del momento ai militanti in lotta. Ricordo in particolare una vignetta.  Alcuni uomini sul greto dell’Arno si picconavano i genitali, mentre giungeva trafelato il messaggero che gridava, “contrordine, il capo ha detto scaglionatevi lungo il fiume!” ( il neretto è mio).

L’ho ricordata con identico buonumore, la vignetta, rileggendo i giornali dei giorni scorsi. Giudicate voi.

Prima della retata di arresti dello scandalo, i giornali romani ( specie il Messaggero ) erano pieni di attacchi al Sindaco Ignazio Marino e informavano che il PD aveva deciso di “avvicendare” l’assessora ai servizi sociali RITA CUTINI che il Partito Democratico  – per assicurare la governabilità della Capitale finita in mano  a una giunta inetta – si apprestava a sostituire col piu capace  consigliere comunale Pier Luigi Patané al quale sarebbero state, con l’occasione,  ampliate le deleghe per migliorare la funzionalità dell’assessorato.

Non insensibile al grido di dolore che si levava da tante parti delle periferie, il PD avrebbe anche  affiancato il Sindaco non all’altezza con un city manager ,  nella persona, si scriveva, del prefetto Margione ( a capo del tavolo di coordinamento della immigrazione del ministero dell’interno).  Il Margione disse subito di non essere interessato a cambiare incarico, segno che si faceva il suo nome per fare accettare l’idea, ma che poi avrebbero ripiegato su altro elemento di sicura competenza e dedizione.

Ier l’altro, Contrordine compagni, il Sindaco Ignazio Marino è diventato persona competente e degna, Rita Cutini è ormai un pilastro delle politiche sociali perch>é , come ha detto la Boschi, ” non bisogna fare di ogni erba un fascio”. Anche in questo caso, il remake Piddino del PCI è patetico.  Gli ultimi militanti sputtanati sono quelli mobilitati contro il sindaco Marino per lanciare la candidatura del City Manager e di Patané. Non abboccherà nessuno.

Il segretario romano del PD , persona degna ci ha assicurato Renzi, “si è autosospeso” per fare chiarezza e fare posto al vice segretario del partito Orfini che ha dichiarato di non essersi mail occupato di politiche sociali. Già, questo signore è specializzato a far il letto agli altri. Lo aveva appena preparato per Patané.

Che i due scemi del giorno prima si siano trasformati in due geni del day after  fa parte della tradizionale politica di comunicazione del PCI/PDS/ PD, ma che ci siano ancora giornali e giornalisti che si lasciano sputtanare da questi improvvisi  voltafaccia senza spendere una parola di commento, è preoccupante. Non ci credono più nemmeno i bambini.

Significa che l’amor proprio e il rispetto di se sono stati buttati nella raccolta indifferenziata assieme alla libertà di stampa e l’amore per il confronto politico.

Viva la faccia di Mario Adinolfi, ex candidato alla segreteria nazionale del PD l’unico che in Tv ( trasmissione di Myrta Merlino) ha detto la sua senza curarsi delle conseguenze: non è un fatto di mafia, ma di crisi democratica, non bisogna ricorrere a nuove elezioni se non dopo che un commissario ad acta abbia rimesso a posto le cose, il problema non si limita a Roma e il PD c’è dentro fino al collo, visto che il meccanismo truffaldino delle primarie per le elezioni politiche è stato applicato in tutta italia. Adinolfi ha parlato di pulman di extracomunitari che giravano per i seggi votando ripetutamente e a spese di ignoti.

ps: il sig Odevaine non “era il segretario di Veltroni” era – ed è ancora – il rappresentante del Comune di Roma ( nominato da Marino) in seno “al tavolo di coordinamento dell’immigrazione” del ministero dell’interno. La massima autorità nazionale in tema di immigrazione. Se a questo si aggiunge il fatto che i nuovi uffici della cooperativa 29 giugno ( dasl 1984 ferro di lancia del PCI) sono stati ceduti in affitto con l’80% di sconto alla cooperativa 29 giugno ( dal sindaco Marino) lo scorso ottobre, vediamo che anche l’arrogante Marino è coinvolto fino al collo.

Un consiglio: buttate l’acqua sporca senza guardare cosa c’è nella bacinella. E’ meglio. Date retta.
http://corrieredellacollera.com/2014/12/09/corruzione-a-roma-contrordine-compagni-siamo-corretti-e-non-corrotti-parola-sua-non-del-magistrato-di-antonio-de-martini/