TAV INUTILE, QUINDI VA FATTO. LE GRAVI COLPE DELLA UE

Quando entrammo nella sala della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo a Bruxelles era già in attesa fuori dall’aula un altro gruppo di persone, mi dissero spagnoli, che dovevano presentare una petizione che cercava di ostacolare la realizzazione di una nuova strada di 20 km in una qualche riserva naturale spagnola. Erano le 11 del 17 febbraio 2004.

La porta dietro di noi si chiuse. Sui banchi di fronte si sedettero presidente, vicario, segretari ed altri componenti della Commissione per le Petizioni del parlamento Europeo; alcuni di loro cominciarono a redigere i verbali della seduta, i traduttori iniziarono il loro lavoro.

Ci dissero che avevamo 5 minuti di tempo per esporre il problema, guai a “sforare”. Se le questioni esposte (peraltro già illustrate nella lettera con cui chiedevamo di essere convocati e spedita 4 mesi prima) fossero state ritenute idonee e giustificabili, con documentazioni appropriate, sarebbero state successivamente trasferite a tutti membri delle Commissioni Ambiente e Trasporti, a seconda del tipo di criticità esposte.

Con Antonio Ferrentino che mi accompagnava a Bruxelles per esporre le nostre ragioni all’opposizione alla nuova linea ci eravamo accordati (a quei tempi Ferrentino era contrario ed anche un pò un “capopopolo” dei NO TAV): io avrei cominciato a parlare per primo e lui avrebbe concluso.

In questo modo Antonio avrebbe posto la questione istituzionale alla fine, in evidenza, concludendo magari la seduta, spiegando del mancato coinvolgimento degli enti locali da parte dei promotori, cercando di far capire ai parlamentari europei il livello di rischio sociale che ciò comportava sul nostro territorio.

Naturalmente, come spesso accade in questi casi, quando qualcuno fa il furbetto, ma lo compresi dolo dopo, l’accordo saltò subito perché voltandosi verso di me Antonio mi disse: “Comincio io…”

Vabbè pensai, speriamo di riuscire a dire qualcosa dopo tutta questa faticaccia… eravamo partiti alle 3 da casa, c’erano stati mesi di preparazione preparazione del dossier, contatti e accordi infiniti…

Conoscendo Ferrentino e la sua indole di gran parlatore, in verità pensai subito che avrei avuto poche speranze.

Antonio raccontò di anni di riunioni per noi improduttive con i messaggeri dei proponenti dell’opera, per lo più burocrati e politici che anche tecnicamente non sapevano granchè dell’opera, spiegò che la valle non poteva essere trasformata in un “corridoio di servizi”, parlò del rumore futuro dei treni veloci difficilmente mitigabile. Per 3 minuti e mezzo continuò, deciso, puntiglioso, attento a non andare oltre ma senza aver paura di arrivare al limite, facendo capire che la nostra sopportazione come amministratori stava veramente finendo.

Ad un certo punto si fermò, di colpo, improvvisamente, inaspettatamente, probabilmente pensando di aver preso chissà quanto tempo, invece erano passati solo 3 interminabili minuti e mezzo. Antonio si voltò verso di me e contemporaneamente il presidente della Commissione mi chiese di esporre quello che avevo da dire. Tutti i miei schemi mentali saltarono: in un minuto e mezzo era apparentemente impossibile spiegare questioni come l’amianto, il radon, l’uranio, i laghi sotterranei del Moncenisio, la montagna che è in continuo movimento, il calore che c’è là sotto, che i francesi, come noi, la gente, i comitati, non la vogliono quest’opera, spiegare di manifestazioni, di coinvolgimento popolare, di linee vendute come intasate che non lo sono, di consenso all’opera che non esiste, di case da spostare, di collegamenti su Torino, quelli che invece servivano, mancanti. Per un attimo, come in un flash arrivai a pensare: ma guarda che roba, io che devo spiegare a questi qua, che per lo più non sanno nemmeno dove sta la Valle di Susa, cose che dovrebbero conoscere a menadito, visto che vogliono finanziare, io che mi preoccupo di Torino isolata! Ma non dovrebbe esserci Chiamparino qui al posto mio? Chiampa era venuto quassù a Bruxelles decine di volte, così come la Bresso e tanti altri politicanti piemontesi strapagati, non poteva dirle lui queste cose? Nel frattempo parlavo, spiegavo, cercavo di fare in fretta per non perdere tempo, aprivo il dossier ed indicavo mano a mano i documenti a cui mi riferivo e di fronte a noi i parlamentari anche loro a girare pagine, soffermarsi, sgranare gli occhi sui dossier in inglese, francese e tedesco che avevo preparato e consegnato entrando nella sala.

Mi fermarono. Mi chiesero di parlare meno in fretta perché i traduttori avevano delle difficoltà a seguirmi, visti anche i numerosi termini tecnici e la complessità dell’argomento.

Realizzai che ormai i cinque minuti erano passati ma che dunque avevo ancora tempo. Rallentai perciò il ritmo della spiegazione, ma contemporaneamente riuscii evidentemente a essere più coinvolgente di prima, più preciso, anche più incazzato, diciamocelo. Qui si trattava di far vedere anche l’arrabbiatura che avevamo dentro, non soltanto parlare di cose tecniche che, come spiegai, erano tutte visibili sui vari siti internet degli oppositori e parzialmente perfino su quelli dei proponenti. Mentre parlavo notai che di fronte a me c’erano tre tipi di comportamenti diversi tra i nostri uditori: chi aveva quasi i capelli dritti e continuava a girare le pagine del dossier guardandomi sorpreso, chi stava attento a quello che dicevo e ogni tanto ripeteva nella sua lingua “ma queste cose non ce le hanno mai dette”, facendo magari domande sull’amianto e sull’uranio, aspetti che più colpirono l’immaginazione della controparte. Poi c’era chi sembrava tranquillo, uno almeno sembrava pensare più agli affari suoi che ad altro.

Il presidente imperterrito era l’unico che pareva difficile coinvolgere più di tanto.

Parlavo già da un bel po’. Risposi a qualche domanda, spiegai ancora che ogni chilometro di galleria sarebbe costato un’enormità: circa 100 milioni di euro. Spiegai che non c’è al momento la certezza che tecnicamente l’opera sia realizzabile, che la questione delle decine di discariche di smarino non poteva tranquillizzarci. Capii che, prima che mi fermassero loro, era meglio che mi stoppassi da solo.

Un poco per rabbia, come spesso mi accade quando parlo di questa opera, un poco per creare un effetto finale, chiusi il mio intervento rivolgendomi ai parlamentari con una domanda: “Chi siede in quest’aula e nel Parlamento Europeo sarà mai in grado di comprendere che tramite i finanziamenti europei a questo tipo di opere, alla Torino-Lyon in particolare, di cui sono evidenti gli eventuali aspetti, subiremo conseguenze ambientali e di vivibilità in Valle di Susa e nelle zone della Gronda che saranno insostenibili e che pagheranno soprattutto i nostri figli con gravi malattie ed inquinamenti delle

acque o addirittura con danni irreparabili al sistema acquifero della valle?” Continuai poi: ”Ci si rende conto che questa opera sarebbe realizzata in una valle alpina di origine glaciale soggetta a ripetute inondazioni? Che opere simili non sono mai state realizzate finora? Noi stiamo facendo tutto il possibile per trasferire le nostre certezze, auspico che anche i parlamentari presenti possano capire a cosa stiamo andando incontro ed evitino di finanziare opere di cui non si conoscono le ricadute ambientali e sociali! E sopratutto sappiate che questa opera è un modo certo per aumentare il debito pubblico italiano! E’ questo che vuole la UE?”.

Mi fermai di colpo. Qualche parlamentare fu particolarmente

sorpreso di quest’ultima domanda, che evidentemente come un’eco stava giungendo alle loro orecchie dalle cuffie in ritardo, dal tono e dall’atteggiamento probabilmente inconsueto per quei signori, abituati forse in quella sede a toni più moderati, più imploranti, che a richieste di assunzione di responsabilità dirette.

Mi girai, vidi la parlamentare dei Verdi Monica Frassoni (nostro prezioso contatto alla UE) poco dietro di noi che alzava il pollice in senso di approvazione, spostandosi nel frattempo a parlare con una parlamentare vicina. Poi guardai l’orologio.

Erano passati 18 minuti da quando Antonio aveva cominciato a parlare. Avevo dunque avuto la possibilità di parlare per circa un quarto d’ora; mi parve davvero tanto viste le premesse. Più tardi capii che era una cosa davvero inusuale.

Il presidente della Commissione ci ringraziò per l’esposizione, disse che sicuramente la situazione rappresentata era grave, che andavano fatte dunque delle verifiche, che molte delle cose raccontate non erano assolutamente conosciute, in particolare quelle collegate ad amianto, uranio ed acqua.

I membri della Commissione parlarono un poco tra di loro e giunsero alla conclusione che avrebbero esaminato approfonditamente la questione ed i documenti in sede di successiva discussione trasmettendo i dati e le loro conclusioni alle Commissioni ambiente e trasporti del Parlamento di Bruxelles. La Frassoni intervenne a sua volta spiegando che la situazione era davvero grave e che la mancanza di notizie su aspetti importanti da noi esposti obbligava ad un approfondimento serio. Poi intervenne un’altra parlamentare, era un’inglese, che riuscì a infilare nel suo intervento anche un paragone con l’Eurotunnel. Seguirono altri interventi in genere in inglese, tutti tradotti per noi in italiano in modo ineccepibile, con toni e pause giuste, insomma ben comprensibili, cosa non sempre facile, visto anche il tipo di argomento tecnico trattato.

La nostra audizione finì, gli spagnoli si sedettero al nostro posto. Avanti un altro! Salutammo tutti, ringraziai la parlamentare inglese che la Frassoni mi spiegò essere dei Verdi. Uscimmo dunque dall’aula.

Ferrentino stava parlando con Monica Frassoni nel corridoio. Non feci neppure in tempo a fare due passi che mi corse incontro un signore sconosciuto, scendeva dalla scala che portava ai sovrastanti uffici dei traduttori.

Mi si avvicinò e mi disse in perfetto italiano: “Complimenti, sono stato veramente felice di poter tradurre i vostri interventi in inglese. Raramente mi è capitato di vedere della gente così convinta, decisa, determinata, documentata! Volevo solo congratularmi con voi perché anche io sono italiano, vengo da Racconigi, conosco il vostro problema perché ho dei cari amici ad Almese, so tutto! Bravi! Li avete proprio convinti! Complimenti davvero,non ho mai visto in questa Commissione lasciare tanto spazio all’esposizione come nel vostro caso!”. Mi strinse la mano e mi disse che doveva subito ritornare in

cabina di traduzione per l’audizione seguente, sparendo all’istante su per le scale.

Restai stupito. In quell’istante realizzai che, probabilmente, in quella sede avevamo fatto davvero tutto il nostro dovere, rappresentando al meglio la questione, i comitati, le associazioni, gli enti, soprattutto la gente che cercavamo di difendere, i nostri figli. Anche Monica Frassoni era particolarmente contenta di come era andata, stupita anche lei del tempo concessoci.

Arrivò in quel momento un giornalista e la parlamentare spiegò le ragioni della nostra venuta a Bruxelles. Eravamo di fronte alla porta della Commissione, dall’altra parte del corridoio, davanti a me un paio di divani con un tavolino, gente seduta, chi leggeva, chi parlava. In quel momento, saranno passati cinque minuti dalla fine della nostra udienza, esce dall’aula un rappresentante della commissione conosciuto precedentemente, quello sbadato, ci passa davanti e si va a sedere di fronte, sui divani. Probabilmente c’era una persona che lo aspettava. Infatti, si siede di fianco ad un signore. Ma io quel signore l’ho già visto! Perbacco! Lo riconosco, è uno di quelli che c’erano

a Torino quando si parlava di alta velocità! Deve essere uno delle ferrovie o di Transpadana (Comitato promotore della Torino-Lyon), forse è un funzionario della Regione, magari di Alpetunnel, in ogni caso l’ho già visto, e non è qui per caso!

Mi avvicino con la scusa di salutare ancora il parlamentare, prima di andarmene, guardo il suo interlocutore, lo riconosco ancora meglio: è uno di quelli che hanno partecipato per la nostra controparte ad alcune delle riunioni sulla Torino-Lyon nel capoluogo piemontese!

Non so se le lobby funzionano così bene, ho ancora dei dubbi, certo è che la nostra presenza a Bruxelles non era passata inosservata, anzi. Evidentemente perciò i promotori in qualche modo, chissà come, seppero che anche noi eravamo capaci di farci sentire. Peccato che per ogni volta che noi siamo andati a Bruxelles per spiegare i pericoli della Torino- Lyon, i promotori hanno avuto decine di occasioni, mandando magari politici o funzionari, non so quanto convinti della cosa, a perorare la causa dell’alta velocità Torino-Lyon “irrinunciabile, ormai decisa”.

L’unica cosa che non devono mai aver detto a Bruxelles è che “i soldi ci sono” perché la loro venuta in Belgio era dettata proprio dall’unica necessità di trovarne una parte, almeno il 10% del costo dell’opera, meglio ancora il 20% come ad un certo punto si cominciò a vociferare.

Che ne mancasse ancora almeno l’ottanta per cento non era un problema, l’importante era innestare il “circolo virtuoso” da noi identificato come “vizioso”.

La giornata a Bruxelles era finita, ma non per il presidente della Comunità Montana. Infatti, il 16 pomeriggio, il giorno prima di partire per Bruxelles, Antonio Ferrentino aveva ricevuto una telefonata dal ministero delle infrastrutture con l’invito a recarsi a Roma il 18, per incontrare il ministro Pietro Lunardi. Manco a dirlo,io allora lo immaginavo ligio al suo dovere di rappresentante istituzionale, decise di andare a Roma. La cosa in realtà mi parve un pò strana già allora, oggi, dopo la sua conversione al si tav comprendo meglio il suo bisogno di trovarsi da solo faccia a faccia con i ministri, cosa che io allora gli sconsigliavo: stava semplicemente mettendo già allora il piede in tutte le scarpe disponibili per restare in politica, non perdere qualche privilegio e decidere come muoversi per ottenere i suoi scopi.

Per andare a Roma procurò un altro poco di lavoro ad Alberto Perino che al volo, dopo averci fornito i biglietti super scontati per Bruxelles, ne trovò un altro dello stesso tipo per Ferrentino da Bruxelles a Roma ore 15.

Io invece aspettai il mio volo delle 21,30. Infine giunto a Bergamo, presi la sua auto e finalmente alle 1.30 del 18 febbraio arrivai a casa in valle di Susa. Una missione di 23 ore per me, una ancora più lunga per Ferrentino. Mentre io ero già al lavoro

il giorno seguente, lui parlò col ministro Lunardi a Roma e tornò a Caselle, dove l’assessore Giorgio Vair era andato a prenderlo, recuperando prima Claudio Cancelli al Politecnico di Torino. Per andare dove? A Novara, per partecipare ad una delle solite serate di informazione, in questo caso collegamento, con i comitati ed associazioni contrari al TAV in tutta l’Italia.

All’appuntamento di Ferrentino col ministro si arrivò grazie ad una trasmissione televisiva avvenuta a Venaus il 15 febbraio precedente, si trattava della trasmissione di Fazio Il tempo che FA, quando ancora c’erano Mercalli e il geologo Tozzi e si faceva informazione e non gossip puro come invece avviene oggi. Qualche mese prima, alcuni di noi avevano di nuovo tempestato di e-mail alcune emittenti televisive ed alcune trasmissioni in particolare, per provare a portare la questione Torino-Lyon all’onore delle cronache. In fondo il progetto preliminare era ormai pronto, la recente Legge Obiettivo semplificava la strada per la realizzazione, il pericolo che cominciassero i sondaggi si avvicinava. Bisognava agire, difendersi.

Per molti anni abbiamo sostenuto ritmi incredibili per opporci all’opera documentando in ogni dove ed occasione le nostre argomentazioni. Abbiamo praticamente convinto milioni di persone grazie ai nostri documenti, analisi, libri, filmati, ma il nucleo affaristico e lobbistico che è la UE ed il Parlamento Europeo preso nel suo insieme evidentemente quello che vogliono è proprio che il nostro Paese si indebiti sempre più, questo ormai è evidente.. L’alternativa esiste, ma è anche peggio, ovvero, che la UE finanzi percentuali enormi di questa opera di cui ancora non si conosce nemmeno il costo finale. Praticamente l’alternativa è che sia la UE a buttare i nostri soldi.

Fa qualche differenza?

E’ dal 2004 che la UE ha i dati sull’inutilità della Torino-Lyon e se finanziano l’opera proprio lassù ci sono i principali e collusi colpevoli!

Testo tratto ed aggiornato dal capitolo X del racconto

“Adesso o Mai piu” pubblicato da Graffio nel 2005, autore Oscar Margaira.

Fate girare se potete…

P.S. Finanziare non vuol dire realizzare, se è una mammella non deve smettete di essere munta e lo sanno i predatori italiani ed i loro complici europei.

TAV INUTILE, QUINDI VA FATTO. LE GRAVI COLPE DELLA UEultima modifica: 2020-05-15T22:09:54+02:00da davi-luciano
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