No Tav, denunciato Enrico Mentana per diffamazione

dicembre 02 2014
Una denuncia per diffamazione per Enrico Mentana arriva dalle Val di Susa. La posizione del direttore del tg di la7 è al vaglio del gip Massimo Scarabello dopo che un attivista No Tav lo ha denunciato alla procura. 

I fatti riguardano l’arresto di due militanti del movimento che si oppone alla linea ad alta velocità, che il 31 agosto 2013 vennero sorpresi su un’auto che secondo gli inquirenti era carica di «materiale per un attacco al cantiere di Chiomonte».
Durante il servizio del tg di Enrico Mentana che raccontava la vicenda apparve la foto di una persona che non era coinvolta nei fatti. Da qui la denuncia. 
La procura ha comunque chiesto l’archiviazione mentre l’avvocato della persona offesa, Stefano Bertone si è opposto.

Imposimato: la Val di Susa sarà la prossima terra dei fuochi.

Il convegno sui processi decisionali che guidano le grandi opere ha messo in rilievo le preoccupanti anomalie del nostro paese in cui la politica agevola la criminalità organizzata mettendo a rischio anche la salute dei cittadini.

di Davide Amerio

Venerdì 28 novembre si è tenuto il convegno su “il processo decisionale delle grandi opere” promosso dal Movimento 5 Stelle, presieduto dalla Consigliera Regionale Francesca Fredianie che ha visto la partecipazione dell’Ing. Ivan Cicconi, dell’Avv. Massimo Bongiovanni, del vice presidente dell’Associazione Idra Pier Lugi Tossani e, ospite d’onore, il Presidente Onorario della Suprema Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato.

Tav ma non solo, sopratutto analisi dei  meccanismi perversi che intrecciano la criminalità organizzata con la politica e attuano attraverso le grandi opere affari ingenti che ricadono sulle spalle della collettività. Le relazioni sono state molto precise nel definire il quadro e i meccanismi con i quali gli affari illeciti vengono messi in atto. L’intreccio è favorito dai governi, come spiega Ivan Cicconi. I problemi iniziano con la Legge Obiettivo che definisce le grandi opere in maniera indiretta. Una legge che crea una deroga rispetto alle norme europee previste per la gestione degli appalti e la tutela ambientale.
Il motivo è quello di accelerare la realizzazione ma delle opere previste nel Dpf del 2005 a oggi non c’è ombra di realizzazione o completamento. Sulla Torino-lione siamo a tutti gli effetti ancora in fase di progettazione. Ci sono stranezze che si configurano come possibili reati, spiega Cicconi.
La galleria di Chiomonte è stata avviata depositando il progetto come “variante della galleria di Venaus” . Avrebbe dovuto esserci una nuova gara di appalto europea per questa “variante” ma non c’è mai stata. Il cambio di definizione serviva a chiedere i contributi alla Comunità Europea e l’appalto è stato riaffidato al vecchio appaltatore, lo stesso consorzio del 2005. I governi italiani hanno giocato con l’UE facendo figurare la linea Torino-Lione come stralciata dalla Legge Obiettivo. Ma non è stato così e lo dimostrano le sentenze che hanno rigettato le contestazioni della Comunità Montana in merito accertando che l’opera non è mai stata stralciata.

Ing. Ivan Cicconi

La chiave del sistema è in questa legge che consente deroghe importanti rispetto al quadro normativo che era stato creato con la legge Merloni (legge quadro sui lavori pubblici) dopo gli eventi di Tangentopoli. Le norme europee prevedono due tipi di appalto. Uno convenzionale nel quale l’ente committente paga un prezzo pattuito per la realizzazione di un’opera commissionata ad un appaltatore. L’altro è un contratto di concessione nel quale il committente ha due facoltà: lasciare che il costo sia a totale carico dell’appaltatore, il quale però acquisisce un diritto di gestione per un determinato periodo (ex 30 anni) che gli consentirà di rientrare dell’investimento e di acquisire un profitto; oppure, oltre al diritto (di gestione) corrispondere una quota qualora il tipo di realizzazione commissionata abbia dei costi che non possono essere assorbiti nell’arco ragionevole del periodo della gestione. In questo caso la Legge Merloni stabiliva che questo “prezzo” non dovesse essere superiore al 50% del costo complessivo dell’opera.
Questa struttura della legge era funzionale a consentire una netta ripartizione tra le figure del committente e dell’appaltatore nonché a tenere separati i rispettivi interessi. Nel caso dell’appalto tradizionale il direttore dei lavori è nominato dal committente che in questo modo sorveglia e vigila sulla corretta esecuzione del cantiere. Nel caso del concessionario il direttore sarà nominato da quest’ultimo in quanto è suo interesse fare in modo che l’opera sia ben realizzata, nei tempi stabiliti e con i preventivi concordati poiché dovrà farsi carico della gestione successivamente.

Con la Legge Obiettivo italiana è stata creata invece la figura del Contraente Generale che viene definito come concessionario ma che in realtà non gestirà l’opera mentre può assumere completamente la direzione dei lavori! Quindi il diaframma che separava gli interessi tra i due ruoli viene a cadere e il controllato diventa controllore di sé stesso! Nel contratto di appalto tradizionale il controllo spetta di dovere – e di diritto – al committente, nella nuova configurazione i diritti sono tutti del “concessionario” e l’ente che ha commissionato i lavori può solo pagare.
Nel 2001 accade di peggio. Il vincolo del 50% da riconoscere al concessionario da parte dell’ente committente viene eliminato e da allora il project financing diventa lo strumento con il quale i costi delle grandi opere possono crescere a dismisura e senza più alcun controllo.
La Tav ne è un esempio ma la Sanità è l’altro settore sul quale il gioco dei costi senza limiti diventa evidente con aumenti di 800/900 volte sui costi dei servizi. Questo meccanismo genera debito pubblico occulto che viene inserito come debito nelle società concessionarie ma è tutti gli effetti debito dello Stato in quanto sono gli enti (dello Stato) committenti ad essere garanti al 100% dei costi.
Il potere assoluto così demandato alle concessionarie crea i fenomeni dei sub-appalti al ribasso che schiacciano la piccole e media impresa.

L’avvocato Bongiovanni rincara la dose e illustra i numerosi esempi di condizionamento che sono stati attuati sull’opinione pubblica per giustificare il progetto della Torino-Lione. Le pressioni si sono basate, già molto tempo prima della presentazione del progetto, con articoli apparsi sui quotidiani che dichiaravano la linea tradizionale Torino-Bardonecchia come satura e inadatta a supportare il crescente traffico merci e di persone verso la Francia. Tutti gli studi eseguiti da società terze hanno dimostrato esattamente il contrario. Già nel 2000 una commissione Italia-Francia per valutare la necessità dell’opera aveva concluso i lavori considerando l’alto rischio dei costi e dell’inutilità dell’opera. Ma questo non ha fermato quanti hanno avuto interesse a fare pressioni per spingere il progetto.
Quando nel 2010 il governo italiano si rende conto che i cittadini della Val Susa continuano ad opporsi alla realizzazione della linea, con un atto inaudito espelle dall’Osservatorio tutti i sindaci contrari all’opera e i rappresentanti della Comunità Montana della Val di Susa e Sangone.

Pres. Ferdinando Imposimato

L’intervento conclusivo del giudice Imposimato traccia la storia dell’Alta Velocità in Italia. A lui fu affidato nel 1994, quale membro della commissione antimafia, il compito di verificare l’attività criminale nel sud d’Italia. Incaricate le forze dell’ordine per indagini a tutto campo, a partire dalle numerose bombe che esplodevano lungo il percorso della nuova linea AV Roma-Napoli, ne emerse un quadro sconcertante. I costi della linea erano, in certi casi, saliti del 1000% mentre erano in corso scioperi degli operai che non venivano pagati. La motivazione fu subito chiara: i soldi finivano nelle tasche della Camorra e dei politici mentre i costi li pagavano i cittadini. Ma lo sconcerto fu l’intreccio creato tra l’AV e i rifuti tossici riciclati attraverso le terre di scavo. In quel momento, ricorda con dispiacere Imposimato, il fenomeno fu ampiamente sottovalutato ma le successive azioni della magistratura dimostrarono i fatti allora accertati dalla commissione antimafia. Le confessioni dei pentiti di mafia hanno confermato che sotto la linea AV e la terza corsia dell’autostrada del Sole sono stati seppellite tonnellate di rifiuti tossici nocivi che hanno provocato migliaia di morti. L’aver sottovalutato cosa succedeva in Campania ha portato al fenomeno della terra dei Fuochi.

Pier Luigi Tossani - Associazione Idra (Firenze)

A Firenze la situazione si è ripetuta, afferma il giudice. Basandosi sulle dichiarazioni dei rinvii a giudizio il sistema di complicità tra pezzi delle istituzioni e criminalità è palese. Sono coinvolti alti funzionari dei ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, politici e funzionari delle Ferrovie dello Stato. Traffico dei rifiuti tossici e nocivi, contestazione di gravi frodi, corruzione e violazione alle norme sull’ambiente sono i numerosi capi di imputazione contestati per l’AV in Toscana. Ora ci saranno i processi e le sentenze ma queste arriveranno più avanti e non si può aspettare, bisogna agire adesso.
Il Piemonte è la prossima frontiera, una possibile nuova terra dei fuochi. Qui agisce la ‘drangheta e Imposimato ricorda le custodie cautelari a seguito delle indagini nelle cave di S.Ambrogio e Chiusa S.Michele. Anche qui le terre di scavo sono lo strumento con il quale si nascondevano i rifiuti tossici.
La gravità della situazione, conclude Imposimato, è data dal comportamento del governo che continua a produrre leggi volutamente confuse che, con la scusa della semplificazione, mirano a derubricare questi reati, contrariamente a quanto previsto dalle normative europee.

Bisogna agire e l’invito appassionato del magistrato è a tutti i No Tav e i cittadini della Val Susa di non mollare mai!

Se persino una messa è occasione di propaganda: Ltf, la stampa e i santi.

Spinta dal Bass

Se persino una messa è occasione di propaganda: Ltf, la stampa e i santi.

Domani ci saranno le celebrazioni di Santa Barbara, protettrice dei minatori, l’anno scorso ci fu l’ennesima prova di quanto la Valle sia compatta: imbarazzo di LTF e del mondo politico Sì TAV per l’irreperibilità di un parroco valsusino disposto a celebrare la messa al cantiere.

Questa volta, LTF ha giocato in anticipo, ha contattato direttamente il vescovo perchè inviasse un parroco della Val di Susa al tunnel, un gesto simbolico (ma in certi ambienti i simboli sono molto importanti)  nel segno della «pacificazione», scrive LTF.
Il vescovo di Susa farà arrivare domani a Chiomonte un sacerdote della Diocesi, questa la generica risposta della curia vescovile.
Forse la lettera dei Cattolici valsusini a papa Francesco ha infastidito certi ambienti e così si corre ai ripari…

Massimo Numa proprio non ce la fa, non ci riesce, pur di gettare un po’ del suo livore contro il movimento no tav si mette persino a fantasticare su messe e parroci.
Nel suo curioso articolo scrive:
“Sarà un prete valsusino, dopo il via libera ufficiale della Curia di Susa, a celebrare domani mattina la messa di Santa Barbara, patrona dei minatori, all’interno del tunnel della Tav nel cantiere di Chiomonte. E’ la prima volta dal 2011. Per ragioni di opportunità, il vescovo Badini-Confalonieri aveva preferito negli anni scorsi che la celebrazione non fosse tenuta da sacerdoti locali, a causa dell’aspra vertenza allora in corso, con scontri, feriti e decine di arresti. Ma i tempi sono cambiati, il conflitto violento sembra ormai avere abbandonato da mesi le reti del cantiere, dove è in corso lo scavo del tunnel geo-gnostico. L’altare sarà allestito nella parte più profonda del tunnel, che ha raggiunto una profondità di 1832 metri. Soddisfatti i dirigenti di Ltf, che hanno promosso questa iniziativa nel segno della «pacificazione». La messa, osservano, è un momento di preghiera e riflessione che, al di là delle opinioni favorevoli o contrarie all’opera, ha lo scopo di unire le persone e non di dividerle. Negli anni scorsi, tra polemiche e malumori, la messa di Santa Barbara era stata celebrata da sacerdoti venuti da Torino, unici disponibili, per sicurezza, a raggiungere il cantiere sorvegliato, oggi come ieri, da un imponente presidio interforze.”

Tralasciamo l’ossessione, quasi adolescenziale, per le misure e i centimetri di tunnel scavati, che se vengono ricordati in un contesto come questo, in cui erano evitabili, potrebbero assomigliare più a uno spot pro TAV che una informazione giornalistica.

Vista la stretta collaborazione con i colleghi de La Repubblica, potrebbe leggere gli articoli in archivio per ricordarsi che non furono le tensioni in atto a impedire ai parroci valsusini di officiare la messa, bensì la contrarietà ad un opera su un territorio che, da parroci, vivono e conoscono molto da vicino.
“Ho detto loro di far celebrare una messa in chiesa a Chiomonte  –  spiega don Giglioli  –  non è proprio il caso di farla al cantiere, né di benedire una galleria che nemmeno c’è. Non vedo cosa ci sia di strano”
E poi ancora “Molti preti hanno in questi anni preso posizione contro l’opera, in prima fila l’ex parroco di Condove, Silvio Bertolo, guida spirituale del movimento dei Cattolici per la difesa della Valle”.
Oppure su la 
Gazzetta del Mezzogiorno: “Le parole del vescovo di Susa, Alfonso Baldini Confalonieri: “La messa si celebrerà all’interno della galleria ma non credo che ci sia nessun prete della diocesi disponibile perchè non abbiamo abbastanza officianti.”

Ci dispiace poi deludere sia Numa che Bufalini (LTF), ma il ritorno alla normalità che vedete realizzato grazie al favore del vescovo di Susa ve bene da spendere sui giornali. La realtà è un’altra.
Un ritorno alla normalità in valle di Susa ci sarà soltanto quando questa devastazione ambientale, questa rapina di soldi pubblici avrà fine. Fino ad allora continueremo ad opporci e a contrastare quest’opera e il mondo marcescente che la propone.

Ci vediamo l’8 dicembre a quelle recinzioni simbolo di arroganza e di ingiustizia, a quelle recinzioni che non abbiamo dimenticato, che avete più volte dovuto ricucire e rinforzare, a quelle recinzioni che non sono più sufficienti a nascondere il più grande ladrocinio mai organizzato.

Inchiesta Mafia Capitale, trema il Pd romano: “Soldi a Ignazio Marino da Buzzi” e “primarie truccate”

Inchiesta Mafia Capitale, trema il Pd romano: "Soldi a Ignazio Marino da Buzzi" e "primarie truccate"

Il Pd romano crolla sotto il peso del “Cupolone”. L’inchiesta Mondo di mezzo sulla Mafia Capitale ha scoperchiato quel calderone malsano di intrallazzi, affari bipartisan, connivenze e corruzione che vede protagonisti criminalità nera e rossa, imprenditori e politici compiacenti. E tra i cento indagati non c’è solo l’ex sindaco di destra Gianni Alemanno, ma pure pezzi grossi dei democratici della capitale. Per questo Matteo Renzi, che si è detto “sconvolto”, ha imposto al segretario locale Lionello Cosentino di farsi da parte, commissariando il partito e affidandolo al presidente nazionale Matteo Orfini.

Soldi a Marino e “primarie truccate” – L’impresa è difficile: ripulire il Pd romano da capi-corrente e cacicchi-acchiappavoti in grado di inquinare la stessa vita interna dell’organizzazione. “I rischi aumentano – spiegaTommaso Giuntella, presidente del Pd romano -. Alle nostre sono andati a votare un sacco di fascisti”. L’ex assessore di Veltroni Roberto MorassutRepubblica dice che le primarie “sono tutte pilotate. Vanno a votare gli immigrati guidati dai cacicchi locali e gli immigrati votati un tanto al voto”. E Marianna Madia già nel giugno 2013 parlava di “associazioni a delinquere” a proposito dei gruppi di potere interni al partito. A riascoltarle oggi, queste parole sembrano una conferma di realtà conosciute a tanti da tempo, ma che nessuno dentro al Pd ha davvero combattuto, forse per non pestare i piedi agli amici e a chi assicura voti. Non è un caso che dalle carte dell’inchiesta condotta dai pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli emergano anche ombre proprio sulle primarie del Pd (Salvatore Buzzi, a capo della coop rossa 29 giugno e braccio destro imprenditoriale del boss Massimo Carminati si vantava al telefono: “Ne ho 3 del Pd”) e sulla elezione stessa di Ignazio Marino. Proprio dalle Coop di Buzzi sono arrivati 30mila euro di finanziamenti per il sindaco prima delle Comunali, 10mila euro dalla coop 29 giugno e 20mila dal Consorzio Eriches 29.

Comune a rischio scioglimento – Il rischio di scioglimento del Comune di Roma per infiltrazione mafiosa è concreto. Il sospetto degli inquirenti è che quei soldi (c’è un vero e proprio tariffario, un “Libro nero” in cui Buzzi annotava i soldi da pagare ai politici compiacenti) facciano parte di una rete molto, molto più ampia di elargizioni partite dalla “cupola” per garantirsi appoggi e amicizie politiche ad altissimo livello. E mentre Alemanno fa mea culpa (“Se è tutto vero, ho sbagliato, mi sono fidato delle persone sbagliate”), l’inchiesta potrebbe virare ancora più in alto, alla Pisana sede della Regione Lazio. Al telefono con Carminati, Buzzi traccia il quadro dei possibili appoggi dentro le maggioranze del Pd: “Se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati. E mo vedemo Marino, poi ce pigliamo e misure tramite Luigi Neri (vicesindaco di Sel, ndr)”. E quindi il tentativo di avvicinarsi al caposegreteria di Marino, Mattia Stella(“Dobbiamo valorizzarlo e legà di più a noi”, sottolinea Buzzi).

Nel mirino anche la Regione – Anche per questo la lobby guidata da Carminati e Buzzi avrebbe cercato agganci proprio alla Pisana, mettendo a libro paga uno del Pd in Regione. Intanto al Campidoglio tremano tutti. Perché in tanti avevano rapporti con Buzzi, uomo fortissimo delle coop rosse della Capitale. E basterebbe una sua mezza parola nelle intercettazioni al vaglio degli inquirenti per finire sul registro degli indagati.

di Claudio Brigliadori
@piadinamilanese

IKEA? NON PAGA TASSE! SAI PERCHE? SAI QUALE VERGOGNOSO ESCAMOTAGE VIENE CONSENTITO A QUESTO TIPO DI MULTINAZIONALI? ALTRO CHE IL MACELLAIO SOTTO CASA VESSATO DALLA FINANZA

http://www.grandecocomero.com/ikea-tasse-onlus-olanda/

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L’Ikea un’azienda? No, è una onlus. Ecco come aggira il fisco

E così si scopre che l’Ikea è in realtà un’opera pia. No, non è un caso di omonimia, staimo parlando proprio di quel posto in cui comprate mobili carini smontati a prezzi ragionevoli, che per aggirare (legalmente, per carità) il fisco risulta essere un ente non profit.

Lo racconta, passaggio per passaggio, scatola cinese per scatola cinese, Gabriella Meroni in un lungo articolo su Vita.it., in cui spiega come l’azienda svedese in realtà abbia in realtà poco a che fare persino con la Svezia, visto che in realtà quelle poche tasse che paga le versa in Olanda.

Ma andiamo con ordine. Ikea risulta infatti, scrive la Meroni, una “controllata dall’azienda olandese Ingka Holding, a sua volta posseduta da una fondazione non profit, la  Stichting Ingka Foundation, creata nel lontano 1982 dal fondatore del mobilificio Ingvar Kamprad con la nobile motivazione di ‘diffondere il progresso dell’architettura e dell’interior design’. La fondazione è una delle più grandi non profit al mondo, con un patrimonio che supera i 35 miliardi di dollari”.

Ovviamente, trattandosi di una onlus, “Ikea versa al fisco quanto previsto dalla legge olandese per le associazioni senza fine di lucro: un misero 3,5% dell’imponibile. Inoltre finanzia con qualche milione l’anno alcune università svedesi, tanto per non perdere la faccia. Ma pare sia tutto, a livello di beneficienza. Il vero scopo della fondazione è creare una ‘riserva di capitali’ per Ikea group, in caso di ‘aumentata necessità’”.

Non solo. La struttura societaria “comprende anche un’altra società olandese, questa volta profit, la Inter Ikea Systems, che però è titolare soltanto della proprietà intellettuale del marchio e del ‘concept’ Ikea. A possedere interamente Inter Ikea Systems è un’altra società ancora, la Inter Ikea Holding, con sede in Lussemburgo – scrive ancora la giornalista – a sua volta di proprietà di una terza società con sede nelle Antille olandesi (noto paradiso fiscale) gestita a sua volta da un misterioso trust registrato a Curaçao”.

Il tutto, attenzione, non è affatto illegale. La pratica di istituire società che detengano la “proprietà intellettuale” di un marchio in paesi con un regime fiscale di favore è infatti lecita.

Nuove navi da guerra per 5,4 miliardi (Marco Palombi). LE CAMERE STANNO PER APPROVARE L’INVESTIMENTO DECISO DAL GOVERNO. I SOLDI? QUELLI PER LO SVILUPPO

Nuove navi da guerra per 5,4 miliardi (Marco Palombi).  
LE CAMERE STANNO PER APPROVARE L’INVESTIMENTO DECISO DAL GOVERNO. I SOLDI? QUELLI PER LO SVILUPPO 

Il Fatto quotidiano, 4 dicembre 2014.     

La notizia in sé è la seguente: il governo sta chiedendo il permesso al Parlamento, che è intenzionato a concederglielo a breve, di comprare 14 nuove navi militari per una spesa di 5,4 miliardi di euro in 19 anni. Dove li prendono i soldi? Semplice: dal ministero per lo Sviluppo economico sotto la voce “competitività e sviluppo delle imprese”,“Incentivazione dei settori industriali”, “Investimenti” e altre missioni di spesa. Lo stanziamento, peraltro, si aggiunge ai quasi 6 miliardi destinati al progetto italo-francese delle fregate Fremm. Non ci sono, insomma, solo i 15 miliardi degli F-35, quelli del programma Eurofighter e via dicendo in un elenco che, al netto di questa nuova spesa, contava già programmi pluriennali per l’acquisto di sistemi d’arma per oltre 43 miliardi.           

UNA BELLA CIFRETTA, non c’è che dire. Assolutamente giustificata secondo il decreto interministeriale sulle nuove navi da guerra che il governo ha inviato alle commissioni competenti (e come ripete da un paio d’anni il capo di Stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi): bisogna svecchiare la nostra flotta militare. “Nel prossimo decennio - dice la scheda tecnica del dlgs - si procederà alla dismissione di 51 unità navali, escluso il naviglio minore”. In sostanza quasi tutto quello che mandiamo per mare attualmente ed è ormai - si lamentano gli interessati - obsoleto e persino pericoloso. Per sostituirlo ci si mosse ai tempi di Letta, che infatti previde uno stanziamento nella sua Finanziaria: quella previsione oggi trova applicazione pratica nel decreto del governo Renzi.      
Il risultato è che alla fine il settore della difesa non conosce austerità: tra fondi propri del ministero e quelli infilati nel bilancio dello Sviluppo economico la spesa militare complessiva nel 2015 sarà all’ingrosso uguale a quella di quest’anno - 23 miliardi e mezzo - mentre tutti gli altri comparti hanno subito tagli pesanti: all’acquisto di armi tramite i fondi per investimenti del ministero dello Sviluppo l’anno prossimo andranno più o meno 5,5 miliardi, circa 300 milioni in meno rispetto al 2014 (per dire quanta continuità ci sia tra i governi degli ultimi anni sulle scelte di fondo).      
E qui torniamo alle nuove navi che la Marina chiede e il ministro Roberta Pinotti intende comprare. I soldi - spiega il decreto - vengono dal ministero dello Sviluppo non solo perché le navi sono attrezzate anche per compiti non militari (anti-inquinamento, soccorso, etc), ma soprattutto perché questo è un importante investimento per la crescita del Pil: “Verranno realizzati investimenti nel settore della cantieristica navale nazionale (Fincantieri e Finmeccanica, ndr), comparto industriale che rappresenta un importante volano antirecessivo” anche perché nell’indotto lavorano molte piccole e medie imprese. Senza contare l’in - vestimento in tecnologia. Tutto vero, ma queste stesse motivazioni non servirono a evitare la chiusura di Irisbus, che produceva autobus ecologici. 

UNA DOMANDA corretta l’ha posta durante il dibattito in commissione il deputato Massimo Artini, quello appena espulso dal Movimento 5 Stelle per una faccenda di scontrini: “Sono curioso di sapere se lo sviluppo di un programma navale come quello proposto trovi conferma negli scenari previsti dal Libro Bianco della Difesa. Non vorrei che, com’è accaduto con altri imponenti programmi pluriennali, gli strumenti di cui il nostro Paese si è dotato richiedessero successivamente la necessità di essere integrati con altri strumenti”.     
La notazione è maliziosa per un motivo molto semplice: il Libro Bianco – chiesto dal Consiglio Supremo di Difesa e annunciato da Pinotti “entro l’anno” - ancora non esiste. Dovrebbe servire a chiarire lo stato dell’arte, indicare le prospettive delle nostre Forze Armate e gli strumenti per realizzarle: la redazione fu la risposta di governo, generali e industrie della difesa all’inaudito oltraggio del Parlamento, che osò ribellarsi alle direttive votando una moratoria sull’acquisto degli F-35 (una legge del 2012, infatti, consente finalmente alle Camere di mettere becco anche sui singoli investimenti in sistemi d’arma).      
Queste navi, sostengono ora i 5 Stelle, hanno “esplicite capacità offensive, persino superiori a quelle delle fregate Fremm, che hanno in dotazione lanciamissili, lanciasiluri, lanciarazzi, cannoni ed elicotteri d’attacco. Francamente riteniamo che un rinnovamento della flotta italiana sia anche necessario, ma è evidente che tali unità navali, pensate e progettate principalmente per scenari di guerra anche in mari lontani, non rispondano in alcun modo alle reali esigenze del Paese”. Magari sì, visto che proteggeranno - per dire - anche i giacimenti dell’Eni in Mozambico o le petroliere di ritorno in Italia. Il dibattito pubblico sul tema, se mai si terrà, avverrà comunque dopo aver stanziato i fondi.
Il Fatto quotidiano, 4 dicembre 2014.

La notizia in sé è la seguente: il governo sta chiedendo il permesso al Parlamento, che è intenzionato a concederglielo a breve, di comprare 14 nuove navi militari per una spesa di 5,4 miliardi di euro in 19 anni. Dove li prendono i soldi? Semplice: dal ministero per lo Sviluppo economico sotto la voce “competitività e sviluppo delle imprese”,“Incentivazione dei settori industriali”, “Investimenti” e altre missioni di spesa. Lo stanziamento, peraltro, si aggiunge ai quasi 6 miliardi destinati al progetto italo-francese delle fregate Fremm. Non ci sono, insomma, solo i 15 miliardi degli F-35, quelli del programma Eurofighter e via dicendo in un elenco che, al netto di questa nuova spesa, contava già programmi pluriennali per l’acquisto di sistemi d’arma per oltre 43 miliardi.

UNA BELLA CIFRETTA, non c’è che dire. Assolutamente giustificata secondo il decreto interministeriale sulle nuove navi da guerra che il governo ha inviato alle commissioni competenti (e come ripete da un paio d’anni il capo di Stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi): bisogna svecchiare la nostra flotta militare. “Nel prossimo decennio – dice la scheda tecnica del dlgs – si procederà alla dismissione di 51 unità navali, escluso il naviglio minore”. In sostanza quasi tutto quello che mandiamo per mare attualmente ed è ormai – si lamentano gli interessati – obsoleto e persino pericoloso. Per sostituirlo ci si mosse ai tempi di Letta, che infatti previde uno stanziamento nella sua Finanziaria: quella previsione oggi trova applicazione pratica nel decreto del governo Renzi. 
Il risultato è che alla fine il settore della difesa non conosce austerità: tra fondi propri del ministero e quelli infilati nel bilancio dello Sviluppo economico la spesa militare complessiva nel 2015 sarà all’ingrosso uguale a quella di quest’anno – 23 miliardi e mezzo – mentre tutti gli altri comparti hanno subito tagli pesanti: all’acquisto di armi tramite i fondi per investimenti del ministero dello Sviluppo l’anno prossimo andranno più o meno 5,5 miliardi, circa 300 milioni in meno rispetto al 2014 (per dire quanta continuità ci sia tra i governi degli ultimi anni sulle scelte di fondo). 
E qui torniamo alle nuove navi che la Marina chiede e il ministro Roberta Pinotti intende comprare. I soldi – spiega il decreto – vengono dal ministero dello Sviluppo non solo perché le navi sono attrezzate anche per compiti non militari (anti-inquinamento, soccorso, etc), ma soprattutto perché questo è un importante investimento per la crescita del Pil: “Verranno realizzati investimenti nel settore della cantieristica navale nazionale (Fincantieri e Finmeccanica, ndr), comparto industriale che rappresenta un importante volano antirecessivo” anche perché nell’indotto lavorano molte piccole e medie imprese. Senza contare l’in – vestimento in tecnologia. Tutto vero, ma queste stesse motivazioni non servirono a evitare la chiusura di Irisbus, che produceva autobus ecologici.

UNA DOMANDA corretta l’ha posta durante il dibattito in commissione il deputato Massimo Artini, quello appena espulso dal Movimento 5 Stelle per una faccenda di scontrini: “Sono curioso di sapere se lo sviluppo di un programma navale come quello proposto trovi conferma negli scenari previsti dal Libro Bianco della Difesa. Non vorrei che, com’è accaduto con altri imponenti programmi pluriennali, gli strumenti di cui il nostro Paese si è dotato richiedessero successivamente la necessità di essere integrati con altri strumenti”. 
La notazione è maliziosa per un motivo molto semplice: il Libro Bianco – chiesto dal Consiglio Supremo di Difesa e annunciato da Pinotti “entro l’anno” – ancora non esiste. Dovrebbe servire a chiarire lo stato dell’arte, indicare le prospettive delle nostre Forze Armate e gli strumenti per realizzarle: la redazione fu la risposta di governo, generali e industrie della difesa all’inaudito oltraggio del Parlamento, che osò ribellarsi alle direttive votando una moratoria sull’acquisto degli F-35 (una legge del 2012, infatti, consente finalmente alle Camere di mettere becco anche sui singoli investimenti in sistemi d’arma). 
Queste navi, sostengono ora i 5 Stelle, hanno “esplicite capacità offensive, persino superiori a quelle delle fregate Fremm, che hanno in dotazione lanciamissili, lanciasiluri, lanciarazzi, cannoni ed elicotteri d’attacco. Francamente riteniamo che un rinnovamento della flotta italiana sia anche necessario, ma è evidente che tali unità navali, pensate e progettate principalmente per scenari di guerra anche in mari lontani, non rispondano in alcun modo alle reali esigenze del Paese”. Magari sì, visto che proteggeranno – per dire – anche i giacimenti dell’Eni in Mozambico o le petroliere di ritorno in Italia. Il dibattito pubblico sul tema, se mai si terrà, avverrà comunque dopo aver stanziato i fondi.

MILLANTATO CREDITO (CON UN PENSIERO PER IL MILITANTE NO MUOS E NO TAV TURI VACCARO)

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2014/12/millantato-credito-con-un-pensiero-per.html#more

MONDOCANE

GIOVEDÌ 4 DICEMBRE 2014

“Finalmente Israele ha riconosciuto la sua vera natura ebraica. Piuttosto che pretendere di essere una “Democrazia Ebrea”, contraddizione in termini, lo Stato ebraico ammette di essere una teocrazia guidata dall’ideologia razzista e suprematista ebraica”. (Gilad Atzomon, musicista e saggista ebreo)
“I politici sono interessati alla gente. Non è necessariamente una virtù. Le pulci sono interessate ai cani”.(P.J.O’Rourke)
“Il nostro partito unico ha due ali di destra, una chiamata Repubblicani, l’altra Democratici. Ma Henry Adams l’aveva capito fin dagli anni 1890. “Abbiamo un sistema unico”, scrisse e, “in quel sistema l’unica questione è il prezzo al quale il proletariato deve essere comprato e venduto, il pane e i giochi”.(Gore Vidal)
Eccomi, dopo una lunga corvee filmica per il nuovo docufilm “L’ITALIA AL TEMPO DELLA PESTE”. Bentrovati. Ma non è finita, i nostri incontri saranno diradati per un altro po’. Ogni bene.
La bella e la bestia
Tra le chicche di queste settimane in cui sono preso al collo dai viaggi e dalle riprese per il nuovo documentario (titolo provvisorio: L’ITALIA AL TEMPO DELLA PESTE), ne estraggo alcune da una serie lunga quanto dalla coda di Ernesto alla punta del suo naso.
Il Papa Buonasera, emulo, come in tutta la sua collusione soft con i Veri Poteri, compresi quelli dei generali argentini, reazionario da far impallidire il contro-riformista Ratzinger, rampollo soft della dinasta controrivoluzionaria dei Woytila, ribadite tutte le camicie di forza dottrinarie e sollecitato i medici ad armarsi contro le donne che abortiscono, ha rifatto a Erdogan il favore che il polacco aveva fatto sul balcone a Pinochet. Accanto a Sua Santità, a Santiago, il macellaio di una generazione di cileni, il servo zannuto degli Usa, il ventennale dittatore.
Ad Ankara Sua Santità dei poveri e perseguitati, fianco a fianco al presidente Erdogan, a legittimare un tiranno megalomane che schiaccia a fucilate il suo popolo, decima i curdi, sostiene, finanzia, addestra e arma gli psicopatici al servizio di Nato, Ue, Usa, Israele, che divorano due grandi nazioni, due antiche culture, due oasi di giustizia e diritti umani veri. Il carnefice pazzo di Ankara ha sottolineato il significato dell’incontro spedendo lo stesso giorno uno squadrone della morte Isis contro i patrioti di Kobane direttamente dalla Turchia, poi fatto seguire da peshmerga iracheni addestrati dagli israeliani e armati dalla Pinotti, in funzione di destabilizzazione dei resistenti. A quando il Papa a Kiev?
“Save the Children”, salmeria di Cia e Mossad, che insudicia le maglie della mia Fiorentina, quella che, per dar manforte in Libia agli ascari stupratori e decapitatori della Nato, ululava al mondo che Gheddafi forniva Viagra ai suoi soldati perché violentassero meglio i bambini, ha conferito il suo “Nobel” al criminale di guerra e di pace Tony Blair. Quello che, per far fuori l’Iraq, s’era inventato l’attacco di Saddam a Londra in 45 minuti. Scelta perfetta, scambio alla pari tra un serial-mass-killer, pagato  da Washington 50 milioni di dollari per i meriti acquisiti durante il suo premierato, e una crocchia di sguatteri degli Stati Canaglia. Solo che chi gli ha suggerito la mossa, si chiama Tafazzi: Qualche farlocco della “sinistra” smetterà di glorificare questa e altre Ong mentre le centinaia di farlocchi dello staff di StC che si sono rivoltati contro i boss (tutti di estrazione governativa, questi) hanno annusato aria di autogol: “Ma che, vi pare il modo di sputtanarci?”
Due belle prestazioni occidentali nelle Olimpiadi della Democrazia. L’Afghanistan sotto occupazione (che, Washington annuncia, continuerà oltre il ritiro del 2015, specchietto delle allodole per giornalisti del “manifesto”) ha prodotto quest’anno l’ennesimo primato di produzione dell’oppio-eroina. Da quando ci sono Usa e Nato, fornisce il 92% del consumo mondiale. Russia e Iran che, non per mero scopo di profitto della Partecipata di Stato dell’Oppio afghano-americana, ma come alternativa alle bombe, vengono inondati da questo veleno, hanno chiesto agli occupanti Nato di eliminare i trafficanti e distruggere le coltivazioni (basta un po’ di Napalm alla vietnamita). La Nato ha respinto la richiesta.
L’Iran viene sistematicamente colpito da attentati dinamitardi e assassini mirati del MEK (Mujaheddin e-Khalk). Setta terroristica che mira a scienziati e civili (vedi il mio documentario “Target Iran”). Per il Dipartimento di Stato Usa erano terroristi perché si erano messi contro lo Shah. Ma da quando nell’Iran di Ahmadinejad, il demonio per l’Occidente, hanno alzato il tiro, con stragi di civili e uccisioni di scienziati nucleari, Washington ne ha accolto la sede, il business intorno ai neocon li foraggia e John Kerry li ha tolti dalla lista delle organizzazioni terroristiche. In compenso, i residui del PRC, fedeli alla linea, organizzano convegni a sostegno del MEK  e “per la democrazia e la liberazione nazionale dell’Iran”. Come sempre, allineati e coperti.

Questa è bella. Pochi giorni fa la Russia ha proposto all’assemblea generale dell’ONU una risoluzione finalizzata a “combattere la glorificazione del nazismo, del neonazismo e le altre pratiche che contribuiscono a favorire forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata, e a condannare la nascita di forze politiche dichiaratamente nazifasciste, riabilitazioni di criminali nazifascisti, erezione di monumenti in onore del passato nazifascista” (come succede tra gli amici Nato Lituania, Estonia, Lettonia e nel principato Cia di Kiev). Hanno votato a favore 115 paesi, 55 si sono ponziopilatizzati astenendosi (hai visto mai che i nazisti piacciono ai padroni) e hanno votato contro in tre. Indovinato? Usa, Canada (i tre, con l’UE, della ghigliottina TTIP) e, ça va sans dire, quei simpaticoni di ucraini con i loro cinque ministri nazifascisti nel governo e i battaglioni di volontari sotto insegne SS, particolarmente esperti in fosse comuni alla Rodolfo Graziani.

 Sono passati ancora troppo pochi giorni per nettarsi dell’uragano di balle tossiche che ci si è rovesciato addosso da dritta e manca in occasione dell’anniversario (neanche decennale, ventennale, centenario, appena quindicennale, tirato per i capelli per infastidire i russi) della caduta del muro di Berlino. Per tutti il “muro per eccellenza”, l’ur-muro, l’archetipo del muro, in sostanza l’unico muro. E vai con l’ordalìa delle immagini di intossicati, vuoi beoti, vuoi volpini, che ballano obnubilati sopra e lungo il muro. Gli ucraini di obbedienza euroatlantica stanno costruendo un muro di 1000 km tra loro è il loro retroterra storico, culturale, strategico; i nazisti israeliani fucilano chi s’avvicina al loro muro, alto il triplo di quello di Berlino, tra la purezza dello Stato ebraico e il formicolio di Untermenschen arabiObama, nei suoi due mandati, ha fortificato con corpi militari e volontari cacciatori di teste (Minutemen) il muro di 3000 km tra la “nazione eccezionale” e il non-Stato del NAFTA (Il TTIP messicano), ridotto a fornitore di droga, di schiavi interni e migranti, di risorse da devastare e rapinare. E’ quello che ha cacciato su due piedi un milione di latinos, decine di migliaia di bambini soli compresi e ora, rastrella voti per il Partito Democratico, sfavorito alle prossime presidenziali, cianciando renzianamente di 5 milioni di ispanici da regolarizzare.

Però, di chicche ce n’è anche una storica, epocale. Sentite questa e stupite: l’organizzazione “Jews for Justice for Germans”, Ebrei per la Giustizia per i Tedeschi”  (vedi FB e sito) ha pubblicato questo appello: “Chiediamo a Elie Wiesel di ritirare la sua dichiarazione secondo cui ‘Gli ebrei dovrebbero conservare in sé un’area di odio, sano, virile odio, per ciò che il tedesco rappresenta e per ciò che nei tedeschi persiste”. Chiediamo a tutti gli ebrei di pretendere che i rapporti tra tedeschi ed ebrei 1933-1945 siano aperti alla discussione alla stessa maniera di tutti gli altri eventi storici. Chiediamo a tutti i governi di cancellare, con effetto immediato, tutte le leggi contro i negazionisti dell’Olocausto, di chiedere scusa pubblicamente a tutti coloro che hanno sofferto per gli effetti di tali leggi. Chiediamo alle comunità ebraiche di tutto il mondo di iniziare conversazioni circa il ruolo degli ebrei nelle sofferenze inflitte ai tedeschi dal 1945 e, se del caso, accingersi a chiedere scusa e a effettuare risarcimenti”
Vi sono altre richieste avanzate da questa organizzazione ebraica, diffuse dall’ex-ebreo Gilad Atzomon, il prestigioso sassofonista e analista della questione ebraica, ma quella che centra il bersaglio decisivo è la richiesta di eliminare la vergogna nazista delle punizioni inflitte a chi si permette di fare il lavoro che incombe eticamente e professionalmente a chiunque si misuri con la Storia, di destra o sinistra che sia. Una misura, oltre a tutto, che legittima il sospetto di un’enorme coda di paglia. Se, come afferma la lobby ebraica a paradossale giustificazione del genocidio palestinese, le certezze dell’Olocausto sono davvero granitiche, cosa si deve temere da ricerche in proposito?
 
Nazisti e antinazisti
Pensate alla mozione anti-nazista che Mosca ha proposto all’ONU e che gli Usa hanno respinto e considerate l’immediata risposta di Israele, dove il premier Netaniahu fa passare una legge fondante che dichiara “Israele Stato degli ebrei”. Avete udito anche solo un bisbiglio della “Sinistra per Israele”, o dei sedicenti ebrei progressisti alla Ovadia o Fo, che sussurrasse una presa di distanzea da questa summa del razzismo etnocentrista e teocratico, del resto praticata nella sostanza fin dalla creazione dell’etnostato, incredibilmente definito “unica democrazia del Medioriente”? In compenso, essendo la cosa davvero talmente aberrante da far sembrare il culto della razza ariana del duo Mussolini-Hitler un giochino di pasticcioni, da prefigurare un mondo in cui l’Italia è lo Stato dei Cattolici, gli Usa sono quello del Bianco Anglosassone Cristiano e affanculo tutto il resto, ecco che, come lo Stato Islamico lanciato dopo Gaza e i nazisti di Kiev, occorreva un’arma di distrazione di massa.
Non possiamo provare che certuni che millantano, tesserino dell’Ordine alla mano, di essere giornalisti, siano invece “libellule” del tipo Renato Farina. Ma possiamo esserne convinti a buona ragione. A vedere il sincronismo perfetto con cui la lobby si è attivata nei media su una medesima campagna, il sospetto di un ordine di servizio impartito ai fiduciari è ampiamente giustificato. La parola d’ordine è “Putin uguale Hitler”,  difatti “le ultradestre europee e Mosca hanno stretto il nuovo patto d’acciaio”. Qualcosa di forte, ci voleva, a distogliere l’attenzione da una giunta israeliana alla quale spunta la svastica da sotto il bavero ed, effetto collaterale, anche da quei bravi ragazzi dal vessillo nero (SS o jihadista) che sempre più fatica a coprire la T-shirt del college USraeliano frequentato.
La russofobia di regime, archiviate le impolverate storie delle dacie e dei lettoni frequentate da Putin e Berlusconi, si è concentrata sulle eulogie che l’ex-padano e neo-patriota Salvini tesse in onore di Putin, sulla sua condanna delle sanzioni alla Russia (ne ha ben donde, visti gli interessi conculcati dalle sanzioni anche dell’elettorato cui ambisce), con allusioncelle a presunti finanziamenti concessi da Mosca alla Lega. Visto che Salvini sciabola da capitan Fracassa contro il gradasso di regime, questi pizzicotti gli andavano dati. Ma visto anche che la funzione principale affidatagli dall’alto è di rubare spazi e voti ai Cinque Stelle, unica grana vera del bellimbusto (a dispetto dell’attuale marasma pentastellato – che voglia il cielo! – passerà), non ci si deve neanche andar giù troppo pesanti. Remora che non nutrono i giornalisti  che non si limitano a millantare credito di essere tali, ma anche di fare opposizione.
 
USraele e Russia: Il bue che dà del cornuto all’asino
S’ode a destra (Usa) uno squillo di tromba, a destra (Israele) risponde uno squillo…. Apre il concerto George Soros, ufficiale pagatore, con “L’Europa sta affrontando una minaccia russa all’intera sua esistenza”. E scattano come un sol uomo i fiduciari locali. E, tenete presente, sono tutti gli stessi, nella prima file delle prefiche, che salmodiano e strepitano sulla tragedia dei migranti, dei Rom. Succede che, sul lato opposto a Israele e Usa, che seccano, chi ragazzini palestinesi, chi ragazzetti neri e, fuori, interi popoli e relativi habitat, cresce l’immagine di una Russia pacifica, razionale, paladina del diritto internazionale, che se la ride dell’ “isolamento” attribuitogli”, mentre compatta un fronte che va da Mosca a Pechino e a buona parte del “terzo” mondo. Con in testa, sul piedistallo dell’85% di consenso popolare, l’abilissimo e irriducibile Vladimir Putin, protagonista del buonsenso, che insiste a difendere gli aggrediti e contrastare la marcia occidentale verso la dittatura mondiale.
Furio Colombo è il padrino degli scarabocchiatori delle pagine internazionali del “Fatto Quotidiano”, dalla corona d’alloro per meriti umanitari ancora madida delle lacrime versate su Rom e migranti (quelli che servono agli untori di vertice per rivoltare la guerra di classe in guerra tra i bastonati da quegli stessi untori). Apologeta dell’ “unica democrazia” del Medioriente”, fondamentalista  da far crepare di impotenza Al  Baghdadi, Una volta il grande surrealista titola “Guerra di razza contro Obama”, per fingere un Obama, che ha trasformato la sua polizia in una Waffen SS da lanciare in primis contro gli scuri di pelle, in un San Giorgio che infilza il drago razzista. Un’altra volta fa chiedere a un presunto lettore “Quale Palestina riconoscere?” (Netaniahu aveva appena scolpito il carattere ebraico puro sulla magna carta del suo Stato abusivo). Colombo glissa sulla domanda (irrilevante e fastidiosa) e, dall’alto della sua umanitarietà, lancia una pioggia di fuoco sui parlamenti europei che riconoscono la Palestina, intonando l’usuale geremiade sui poveri israeliani assediati da lupi arabi, massacrati dai terroristi islamici (e anche non islamici) e ridotta in miseria dai taccagni italiani. Cinici  Italiani perché, diversamente dai tedeschi, ma tutti nipoti colpevoli dei crimini dei loro antenati, non si fanno dissanguare per “pagare per Auschwitz”, cioè impinguire le casse dello Stato che da 60 anni campa di olocausti lamentati e inflitti. Come se l’Italia e mezzo mondo non avessero già pagato fantastilioni sotto forma di appoggio, copertura e occultamento dei crimini di guerra e contro l’umanità di Israele cum lobby.
Una terza volta viene al dunque dell’ordine del giorno in bacheca, delegando a un redattore della sua stessa comunità, Leonardo Coen (che ai miei tempi bazzicava il giornale Lotta Continua, pensate!), di occuparsi, nell’agenda, della voce che dice “Dagli a Putin!”. Capace di indignarsi sulla sorte della kazaka Shalabayeva, espulsa dall’Italia (arrestata per disposizione dell’Interpol) insieme alla figlioletta, smarrisce tra i tasti la notizia che il marito-martire Ablyazov, ricercato per delitti finanziari da mezza Europa (oltre che dal Kazakistan), sconta anni dietro le sbarre in Francia. Questo è l’abbrivio per accostare al “dittatore” del Kazakistan (indocile all’Occidente e partner di Mosca), il suo socio in scelleratezze, zar Putin. L’agghiacciante imputazione sarebbe che l’autocrate del Cremlino farebbe carne di porco dei poveri oligarchi, quelli non ancora raggiunti dalla sua mannaia.
Ma è nelle pagine del giornale, che è solito infilare roselline nelle corone di fiori delle ausiliare Cia, FEMEN e cucire perizoma sulle vergogne di quelle che si chiamano Pussy Riot, che si vola davvero alto. Dalla periferia al centro. Sulla periferia nordcoreana dell’ “Impero del male” Guido Caldiron titola “L’umanità cancellata nel campo, simbolo di una società ridotta ad annichilente universo concentrazionario”. E’ l’intervista al solito dissidente espatriato che, dai collaudati santuari occidentali, diffonde a ignoranti assoluti, ma ben disposti, le meravigliose fole su questo inferno alla Hieronymus Bosch. Come lo zio di Kim Jong Un, dato in pasto ai cani e dopo un po’ riscoperto, rubicondo e sereno, al solito posto dirigenziale. O come lo stesso Kim.  Scomparso per un mese dal proscenio, diversamente dalle ininterrotte epifanie che ci impongono la psicosi ducesca di Renzi e la collusione degli sguatteri mediatici, il “dittatore pazzo” nordcoreano non incombe ogni giorno su di noi, come il Grande Fratello, cosa del resto che capita nel loro paese anche a governanti qualunque, tipo lo svizzero, il norvegese, la tedesca, l’olandese…Da noi, quelli del cabaret, non comparendo, o Kim è impazzito, o c’è stato un golpe, o s’è strafatto di acido lisergico. Logico.
Il centro dell’impero del male, Caldiron (vecchio notabilino rifondarolo, impegnato a esaltare  rivoluzioni colorate in giro per il mondo nemico) lo colpisce con un uno-due diretto al bersaglio grosso.. Prima “La Russia connection della destra euroscettica, Mosca come polo politico della ‘tradizione’ ”. A seguire “A San Pietroburgo l’estrema destra, con Jobbik e il Front National anche Lega e Forza Nuova”. Peccato che la realtà dei fatti impedisce al colpito di crollare. Al nostro esegeta delle rivoluzioni di velluto (ma quella di carne e ossa dei palestinesi non figura) preme denunciare a un mondo inorridito che l’Orso russo veste la camicia bruna. Mica quelli che a Kiev davvero la indossano, sotto vessilli SS, e seminano fosse comuni nel loro cammino in Donbass. Mica quegli altri, in camicia nera, che in Venezuela mettono a ferro e fuoco una rivoluzione verso il socialismo. E nemmeno, negli Usa, gli sbirri trasformati in unità militari d’èlite per tirare pallottole in testa ai neri e scariche Taser su chiunque si avventuri per strada in gruppo. Figurarsi poi se gli vengono in mente i tagliacorpi di Israele che imperversano con i guanti quanto i tagliateste dell’ISIL senza.
Insomma il messaggio era chiaro. Obnubilare le nefandezze belliche, sub-belliche, poliziesche, economiche, sociali, del proprio campo, scatenando la campagna “Putin come Hitler” (stantia qualifica buona per ogni governante disobbediente). Siccome girano in Europa carovane smisurate di “euroscettici”, in perfetta sintonia con quanto si pensa della cricca eurocrate a Mosca, ecco che l’Orso russo dalle zanne rinate diventa il faro e il rifugio di tutto ciò che, di estrema destra e non, schifa questa Europa, trainata nella polvere dalla cupola bancofinanziaria che privilegia la più potente America.  Partendo dal performer d’avanspettacolo Salvini, la cui unica mossa non ignobile, per quanto strumentale, è l’opposizione alle sanzioni-autogol alla Russia, che gli Usa commissionano all’UE, Caldiron sale la scala dell’abominio ideologico-diplomatico di Putin per strapparsi i radissimi capelli democratici sugli incontri che qualche funzionario russo ha avuto con esponenti del fronte anti-UE e anti-Euro, di destra o sinistra che fossero. Sono concetti correttamente politici, non c’è niente di eticista, posizioni che nobilmente aborrono la tattica di “il nemico del mio amico è mio nemico”. Sono geopolitici di vaglia, vero? L’intesa tra gli eredi di Hitler in Italia, Ungheria, Germania, Regno Unito, Francia con l’Hitler supremo di Mosca la garantiscono le ucraine di Maidan FEMEN e le russe Pussy Riot.
Magari domani ci riveleranno qualcosa anche sul nuovo governo di Kiev, che ai ministri dell’Ordine Pubblico nazisti ha ora affiancato un terzetto di viceré della colonia: per le Finanze Natalie Jaresko, diplomatica Usa, banchiera e presidente di un fondo d’investimento privato; per l’Economia Aivaras Abromavicius, un banchiere d’investimento lituano, per la salute Alexander Kvitashvili, altro banchiere, georgiano. Si occuperanno del pane che arriverà ai cittadini ucraini. Cose che, nel suo reportage da Kiev sul “manifesto”, l’occhiuto Vauro non ha notato, come non ha visto un nazista in tutta la città, pur ammodernatasi e democratizzatasi sotto gli stendardi SS che infiorettano la capitale. Del resto non era stato, Vauro, prodigo di lodi per l’altra “Ucraina”, quell’Azerbaijan del tiranello fiduciario di Washington Alyev, della dinastia degli Alyev, che, ogni due per tre, minaccia di saltare addosso alla filo-russa Armenia, spadroneggia su un impero di petrolio e di turbe affamate e che ora ci spara un oleodotto che deve far secco il South Stream, tubo russo per l’Europa, molto meno costoso e più munifico, ma non aperto o chiuso da Obama.
 
A chi “Servizio Pubblico”?  Ad Avaaz
A proposito di queste garrule esibizioniste anti-russe, ora in parte trapiantate nei paesi dei loro mandanti e sponsor, va infine menzionato il concorso alla campagna Cia della nota Giulia Innocenzi, succedanea di Santoro con “Anno Uno”, ex-Giovani Democratici del PD, ex-membro della giunta dei Radicali, già bocciata all’esame per giornalisti professionisti. C’è nella trasmissione un crocchio di ragazzotti che occhiutamente la conduttrice rastrella per far da coro alla recita del confronto con sia l’agnello sacrificale (tipo Travaglio o Landini), sia l’eroe di giornata (Renzi e rincalzi). L’altra volta, qualcuno dei coristi ha tralignato e ha espresso razionali riserve sul panegirico tessuto da Giulia a queste versioni trash di un femminismo da tempo degradato in lobby maschilista di potere. Le tre trucidone ucraine avevano da poco grufolato in topless anche in Piazza San Pietro. Ma come stupirsi quando si sa che la madamigella è la capa in Italia della sedicente Ong “AVAAZ”, quella che ti infesta in rete, su FB, ovunque, per chiederti la firma sotto appelli-antipasto per “Gli orsi bruni in Trentino”, “I cani sterminati in Romania”,  per piazzare poi l’appello-piatto forte contro “Assad assassino del proprio popolo”, tipo tredici colpetti al cerchio e una mazzata alla botte.
Avaaz, altra creatura di Soros, sul piano dello spionaggio universale Usa si occupa di raccogliere dati personali attraverso l’invito in rete a firmare petizioni (chi firma diventa subito bersaglio permanente). Alla testa di Avaaz negli Usa stanno personaggi già coinvolti nei governi o nella finanza di Wall Street e tra i suoi fondatori ci sonoTom Ferriello, parlamentare del Partito Democratico, a favore della guerra all’Afghanistan, e Tom Pravda, già consulente del Dipartimento di Stato. Di tutte le guerre d’aggressione Usa e Nato e di tutti i conseguenti genocidi Avaaz è stata ferma sostenitrice e propagandista delle colossali menzogne. Tra gli obiettivi colpiti e affondati Saddam e Gheddafi, tra quelli da disintegrare Assad, Morales, Maduro, Correa, Kirchner, gli iraniani e, ovviamente, Putin.
 
Dov’è la testa del pesce marcio?
“Capitale corrotta – nazione infetta” era il detto-sentenza pronunciato dall’Espresso a metà anni 50. Oggi ci pare rappresentare la descrizione di un giocondo giardino d‘infanzia, a dispetto di tutte le malefatte democristiane, dalla fucilazione di manifestanti alla complicità con la sedizione fascista e l’eversione di Gladio e Stay Behind (dispositivo USA non tanto contro l’irreale “invasione sovietica”, quanto in vista dello Stato di Polizia a reazione di insorgenze e affermazioni elettorali antagoniste, o di impertinenze in politica estera (Mattei). Oggi si direbbe capitale tumore – nazione metastasi. Ci vuole parecchia distrazione per scoprire dagli arresti di massa nella capitale in questi giorni, come il carcinoma che si sta mangiando il corpo agonizzante della nazione, sia composto da cellule anche formalmente criminali, oltreché da cellule politiche solo sostanzialmente criminali, da cellule imprenditoriali anch’esse solo sostanzialmente criminali, da Coop rosse sostanzialmente criminali e da criminali formali del terrorismo nero. Alla luce della neoplasia scaturita dalla piovra piddina fascio-terroristico-mafiosa, si intuisce facilmente perché questa consorteria voleva far fuori il sindaco Marino. Dai tempi del primo pesce, quella che puzza è la testa.
Qui abbiamo tutto un paese in mano a drangheta e mafie associate, un paese in agonia che l’ambulanza mandata dal Centro Direzionale sta portando verso il ciglio del burrone. Alla guida uno squilibrato sociopatico con le cuffie che gli dicono dove girare.

Un abbraccio a Turi Vaccaro, militante No Tav e No Muos

Turi Vaccaro rifiuta gli arresti domiciliari

TRATTO IN ARRESTO PER AVER VIOLATO LE RECINZIONI DELLA BASE MUOS, NEL TENTATIVO DI PIANTARE SEMI NEL TERRENO DELLA BASE AMERICANA, TURI VACCARO HA RIFIUTATO GLI ARRESTI DOMICILIARI, ED È STATO TRASFERITO NEL CARCERE DI GELA.

Rifiuta gli arresti domiciliari che gli erano stati notificati dalla Questura di Caltanissetta attraverso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Niscemi e viene tradotto nel carcere di Gela, Turi Vaccaro, che ieri pomeriggio alle 13.00, violando la base NRTF-8 di Niscemi, ha interrato delle palline d’argilla contenenti semi di piante e messo KO la “grande signora”ovvero l’antenna Verden, quell’antenna LF alta 140 m. che permette i collegamenti con i mezzi sottomarini operanti su mezzo pianeta.
È stato tratto in arresto, Turi Vaccaro, “per essersi reso responsabile del reato di danneggiamento aggravato di cose destinate alla pubblica difesa, utilizzando, fra l’altro, anche un masso, ingresso arbitrario, in luoghi ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato, del reato di interruzione di pubblico servizio, avendo indotto i militari statunitensi di stanza nella Base militare statunitense di C.da Ulmo ad interrompere le comunicazioni radio delle antenne ivi insistenti, ordinariamente serventi le missioni NATO, U.S.A. ed italiane, in Nord Africa, Sud Europa e parte del Medio Oriente, nonché per l’inosservanza di provvedimento dell’Autorità, poiché lo stesso non adempiva a F.V.O., con divieto di ritorno in questo centro , emesso dal sig. Questore della Provincia di Caltanissetta.
Questo è quanto recita il verbale di “sottoposizione agli arresti domiciliari”, rifiutati come abbiamo detto, operato nei confronti di Turi Vaccaro.
Turi Vaccaro è un ex operaio della Fiat, nato a Marianopoli, un piccolo centro della provincia di Caltanissetta che conta poco più di 1.900 anime.
Di origine siciliana, dunque, ma torinese di adozione, appassionato di discipline orientali, iniziò nel 1982 la sua esperienza pacifista a Comiso a fianco del reverendo  Gyosho Morishita dell’Ordine dei monaci buddisti “Nipponzan Myohoji e con lui spesso ha condiviso e condivide l’uso della pagoda della Pace che, posta su una collina,  domina la  Piana di Comiso davanti all’ex base missilistica.
Dagli anni di Comiso, non si contano le sue azioni. La più clamorosa, nel 2005, quando si introdusse di soppiatto in un hangar della base militare di Woensdrecht, in Olanda, disarmò due F-16 prendendoli a bastonate con una mazza comprata ad Assisi.
“L’ho fatto secondo il nostro principio: trasformare le spade in aratri” disse e  finì in carcere per qualche tempo. Ritornò in Val Susa a piedi scalzi e con un flauto. Quello stesso anno, a giugno, finì sulle prime pagine di tutti i giornali perché, da solo, evitato il cordone di poliziotti,  era riuscito a bloccare una ruspa che stava abbattendo i blocchi dei No Tav alla Maddalena.
In mano aveva una bandiera ed un aglio “per benedire i macchinari”, disse.
Ad agosto del 2011 salì su un cedro, a venti metri di altezza, nei pressi del cantiere del Tav a Chiomonte, in Val Susa e li rimase per tre giorni e due notti, facendo lo sciopero della fame e della sete.
Quindi a marzo 2012 (sempre a Chiomonte) si arrampicò sul traliccio dal quale circa una settimana prima era caduto il leader No Tav Luca Abba. Turi rimase su quel traliccio, per 16 ore e venne giù solo grazie all’intervento di Don Ciotti.
Questi tre episodi costarono a Turi Vaccaro, a marzo del 2012, un foglio di via obbligatorio da parte della Questura di Torino, con divieto di ritorno in Val Susa per un anno.
In quell’anno tornò in Sicilia ed iniziò le sue azioni a fianco degli attivisti No Muos, contro le 46 antenne già esistenti e le allora “costruende” parabole del MUOS.
Dal 22 aprile 2013, innumerevoli le azioni non violente che lo hanno visto protagonista, azioni destinate a portare avanti le istanze degli attivisti No Muos.
Quel 22 aprile, Turi Vaccaro, entrò nella base di Niscemi con l’attivista Nicola Arboscelli e, insieme ad altre due attiviste, presero posto  su due delle 46 antenne del sistema U.F.O. poste all’interno della base NRTF-8 di C.da Ulmo.
Danneggiamento aggravato, resistenza al pubblico ufficiale,  ingresso arbitrario in luoghi dove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”, queste le accuse ricevute in quel primo episodio niscemese, mentre l’ambasciata statunitense condannava  l’accaduto: “E’ un atto illegale e irresponsabile” ed il Ministero della Difesa italiano si limitava a ribadire  che quella di Niscemi era una “struttura indispensabile”, indispensabile a chi, non è mai stato dovuto sapere.
L’8 maggio 2013 è ancora  a Niscemi, Turi Vaccaro e si lancia sotto uno dei mezzi militari che trasportava fuori dalla base il cambio del personale americano. Fu salvato dal pronto intervento di un altro attivista che riuscì a segnalare in tempo al poliziotto, alla guida del mezzo, quello che stava accadendo.
Altro arresto a Gela il 10 luglio dello stesso anno, nel corso delle commemorazioni per lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Anche in questo caso, l’accusa fu di danneggiamento e resistenza al pubblico ufficiale. Vaccaro era  salito sul tetto di un mezzo militare dal quale era stato prontamente “tirato giù” dalle forze dell’ordine e tratto in arresto.
Un arresto, non convalidato dal GIP di Caltagirone, che venne trasformato in un “foglio di via” che avrebbe dovuto tenere lontano l’attivista da Niscemi, per  tre anni. Ma così non è stato. Turi Vaccaro è ancora presente in una “violazione” della base, il 7 agosto del 2013, e ancora l’8 agosto 2014, entrambe alla vigilia delle due grandi manifestazioni  nazionali, contro le parabole del Muos
Pubblicato da alle ore 15:42

Scie chimiche e HAARP: una guerra mondiale brevettata

Qualche giorno fa, sfogliando il Fatto Quotidiano, m’imbatto in un articolo che parlava di dissesto idrologico, e poi, senza mezzi termini, dichiarava: armiamoci, la guerra climatica è iniziata!

di Sergio Tracchi

Ed è vero. Siamo in guerra. Da tempo. E lo accettiamo. Impotenti. Lo testimoniano le cronache dei notiziari: gli attacchi arrivano da terra, via mare, dal cielo. Soprattutto: dal cielo! Sparano munizioni che non lasciano scampo, ed ecco frane, straripamenti, terremoti, trombe d’aria… In particolare, si assiste ad un fenomeno del tutto eccezionale, denominato “bomba d’acqua”.
“Bombe d’acqua”?
Intanto, c’è da chiedersi se trattasi semplicemente di espressioni mediatiche volte a provocare una psicosi generale, oltre quella che già le turbolenze climatiche in se stesse generano, oppure di un fatto reale. Non sarebbe la prima volta, d’altronde, che vengono impiegate terminologie catastrofiste per incutere paure e creare ulteriori scompigli.
Non bastavano le piogge torrenziali e i venti fortissimi, i fanghi e la melma. Abbiamo anche le “bombe d’acqua”.
Naturalmente, i disastri hanno un impatto devastante, generano paure e ansie nella popolazione, anche perché non si tratta più di fenomeni sporadici. Cosa sta realmente succedendo al nostro clima? Qual è la causa di questi disastri? Non esiste una solo causa; varie e articolate sono le cause. Proviamo ad analizzarne alcune.
Sentiamo spesso parlare di inquinamento provocato dall’uomo: le fabbriche dei grandi paesi industrializzati – come Cina, Stati Uniti e India – immettono nell’atmosfera quantità sempre maggiori di anidride carbonica e di “gas serra”, determinando vertiginosi aumenti delle temperature, in tutto il globo, e alterando conseguentemente i delicati equilibri chimico-fisici e biologici del suolo. Lo si predispone così all’erosione e agli smottamenti (per non parlare delle sostanze dannose che entrano subdolamente nella catena alimentare).
I governi stanno facendo ben poco per salvaguardare il pianeta; e i più pessimisti parlano già di rischio estinzione per il genere umano (cfr., E. Kolbert, La sesta estinzione. Una storia innaturale, Neri Pozza, Milano 2014).
Un giorno, aprendo le News sul sito italiano di Yahoo, noto un’immagine curiosa: un megaschermo gigantesco che trasmette un tramonto, in mezzo alla nebbia provocata dallo smog di Pechino. La gente non vede più il Sole e si ferma ad ammirare il tramonto trasmesso su questo schermo. Incredibile.
Un’altra volta, mi capita tra le mani la rivista Voyager. C’è un articolo interessante, parla di controllo climatico, parla di HAARP (High-Frequency Active Auroral Research Program), di una “Super antenna” che avrebbe lo scopo di tener sotto controllo il clima. HAARP è stata costruita in Alaska – il progetto è del 1992 – in un’area molto vasta su cui sono state installate antenne per la banda bassa e alta. Queste antenne possono trasmettere onde ad alta frequenza e sarebbero indirizzabili in qualsiasi direzione del pianeta. Wikipedia qualifica l’HAARP come ente di ricerca sulla ionosfera. Per i complottisti, invece, l’HAARP ha l’obiettivo di creare un’arma micidiale in grado di sprigionare delle onde radio attraverso la ionosfera.
A quale scopo? Tali onde provocherebbero la modificazione molecolare dell’atmosfera, con gravi effetti sulla crosta terrestre (per esempio, movimenti tellurici e tsunami).
Immaginatevi uno scenario in cui qualche superpotenza sia in grado di usare un’arma del genere in guerra. In fondo, gli uomini già tante volte in passato hanno trovato il modo per far e non far piovere. Come? Con l’inseminazione “artificiale” delle nuvole, tramite immissioni di ioduro d’argento o ghiaccio secco. Si tratta di sostanze chimiche che possono essere rilasciate dagli aerei per favorire precipitazioni o disperdere le nuvole. Insomma, complottisti o no, la situazione planetaria non è delle migliori.
Il tempo stringe, in tutti i sensi. Possiamo ancora evitare la nostra fine.
http://www.ecplanet.com/node/4454

Ciao a tutti, noi siamo sette tenerissimi cuccioli di circa 2 mesi.

L’Altra Zampa
1 dicembre ·

CATANIA 01/12/2014

Le nostre zie hanno scoperto che eravamo nella pancia della nostra mamma quando l’hanno portata dal veterinario pensando che stesse male ed invece siamo arrivati noi, le sette meraviglie. Abbiamo imparato a mangiare da soli e adesso siamo pronti a far parte della tua famiglia. Immaginate che vita meravigliosa potremmo avere insieme? Noi sì, perché le nostre zie ci raccontano sempre di come potrebbe essere bella la nostra vita.
Allora che aspettate? Noi siamo qui e vi aspettiamo fiduciosi.
Siamo 4 femminucce e tre maschietti, siamo una futura taglia media leggera, ci troviamo a Catania ma per buona adozione vi raggiungiamo in tutta Italia.
–> Per info potete inviare un sms alla nostra zia al 3936698723 o scrivere a info@laltrazampa.org
NB: Poiché riceviamo tantissime telefonate, di seguito alcune info utili in modo tale da accelerare i tempi e ricevere richieste da persone informate, consapevoli e realmente interessate.
– SUI CUCCIOLI: verranno affidati chippati, sverminati e col primo vaccino; sono ancora molto piccoli, non possiamo dire come saranno caratterialmente da grandi. Sono abituati all’essere umano, molto coccoloni e vanno d’accordo con gli altri cuccioloni. La taglia presunta è una taglia media leggera. Prima di chiamare prendete tutte le info necessarie con chi di dovere, se dovete (veterinari etc), parlatene in famiglia perché dovrete essere tutti d’accordo e valutate la compatibilità con altri animali già presenti presto la vs abitazione.
-COME FUNZIONA L’ADOZIONE:
1) Una volta presi contatti telefonici vi invieremo per e-mail un questionario pre-affido da compilare. La compilazione di questo questionario non vi vincola in alcun modo, serve esclusivamente a noi volontari per capire se vi siano i presupposti per procedere con la richiesta di adozione. Se il questionario verrà valutato in maniera idonea si passerà al secondo step.
2) Noi volontari o un educatore delle vostre parti (se la richiesta proviene da fuori provincia) verremmo a conoscervi personalmente e se tutto dovesse andare come ci auguriamo vi affideremo il cagnolino, previa firma del modulo di adozione, che servirà per intestare il chip del cagnolino a vs nome.
– Se la richiesta proviene dal Nord, procederemo al passaggi successivo.
3) Ricerca di un volo con relativo padrino che possa accompagnare il cagnolino all’aeroporto a voi più vicino.
Vi chiederemo di rispedirci indietro il trasportino con cui vi arriverà il cane entro 10 gg o di rimborsarcelo nel caso in cui decideste di tenerlo e il rimborso del biglietto aereo del solo cagnolino (vi mostreremo copia del biglietto). Il prezzo del biglietto varia da compagnia a compagnia: 20 Alitalia, 40/60 Meridiana.
https://www.facebook.com/laltrazampa/photos/a.788284757910337.1073741982.114187625320057/788285224576957/?type=1&theater

TRAPANI: PLURI-PREGIUDICATO LO COLPIVA RIPETUTAMENTE CON I BASTONI E GLI SPEGNEVA LE SIGARETTE ADDOSSO.

i maltrattamenti su animali devono essere denunciati

ENRICO RIZZI ha aggiunto 3 nuove foto.

LA PROCURA RITIENE FONDATA LA DENUNCIA DI ENRICO RIZZI (PAE).

IL CANE ADOTTATO AL NORD DA UNA FAMIGLIA, STA BENE.

Il Pubblico Ministero Andrea Norzi, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Trapani ha informato Enrico Rizzi di aver ritenuto opportuno NON dover formulare richiesta di archiviazione nei confronti di FRANCESCO DANESE.

Lo stesso dovrà rispondere innanzi il Tribunale di Trapani del delitto di cui all’art. 544-TER perché ” con crudeltà e senza necessità, colpendolo con due bastoni, cagionava al proprio cane razza pitbull maschio di un anno di età, che deteneva all’interno del proprio appartamento, lesioni consistenti in multiple ferite lacero contuse e abrasioni sul cranio e sul collo nonché ustioni da bruciature provocate con la sigarette”.

Le indagini partirono a seguito della denuncia di Enrico Rizzi, Segretario Nazionale de Partito Animalista Europeo che, lo scorso 29/04/2014 fece irruzione con l’Arma dei Carabinieri all’interno dell’abitazione del noto pregiudicato FRANCESCO DANESE, sequestrando immediatamente l’animale.
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