COLONNE DI TRATTORI IN MARCIA VERSO ROMA! SONO SEGUITE A PIEDI DA CENTINAIA DI MANIFESTANTI. (SITUAZIONE IN EVOLUZIONE)

mentre i soliti detrattori complici dell’europa dei banchieri attribuiscono ai rivoluzionari del 9 dicembre l’unica volontà di instaurare un golpe militare senza rimarcare che viviamo nel regime della finanza ma a quanto pare piace molto ai moralizzatori intellettualmente superiori IGNORANO quanto scritto nella convocazione per i blocchi ossia il RISPETTO DELLA COSTITUZIONE COME MOSTRA ANCHE LA FOTO CHE ACCOMPAGNA la marcia dei trattori su roma, dove ha sede un governo ILLEGITTIMO che, sempre questa parte moralmente superiore non ritiene tale tantomeno ritiene DECADUTI coloro che occupano le poltrone ABUSIVAMENTE. in fondo sono occupate dal Pd quindi va bene. Come la Costituzione, se usata da coloro che FIRMANO TRATTATI EUROPEI CHE LA ANNIENTANO va bene.  La coerenza dei ladri. O mio Dio, gli agricoltori saranno il preludio ad una nuova dittatura? Cosa si inventeranno ancora per difendere la GLOBALIZZAZIONE che distrugge la vita degli agricoltori?????per la costituzione

venerdì 13 dicembre 2013
E’ il giorno della “marcia” sulla Capitale: i manifestanti sono partiti da Latina a bordo di alcuni trattori e si dirigono verso Roma. Il leader della protesta: “Ora mandiamo a casa chi ha fatto il male dell’Italia”

Il momento della marcia su Roma è arrivato. Al quinto giorno di protesta, un gruppo di Forconi è partito da Latina e si sta dirigendo verso la Capitale. I manifestanti sono alla guida di alcuni trattori e hanno la ferma intenzione di arrivare sotto i palazzi del potere.

imponente manif anpi

Chiari gli obiettivi: “Continueremo la protesta per il tempo che serve in maniera civile come abbiamo fatto fino ad ora – annuncia Danilo Calvani, leader pontino del movimento – Il nostro obiettivo è mandare a casa questa classe politica che ha fatto il male dell’Italia”.

L’agitazione, però, prosegue anche al Nord in particolare a Modena dove – tra il casello Modena nord e la rotatoria Marino – alcuni manifestanti si sono riuniti per un azione di volantinaggio. Il gruppo sta bloccando a singhiozzo parte della strada, rallentando l’ingresso degli automezzi in A1. Il traffico dalla tangenziale verso il casello è stato infatti temporaneamente sospeso.

lanciano

Manifestanti in movimento anche a Torino con trecento studenti, molti dei quali appartenenti al gruppo giovani No Tav, sono scesi in corteo lungo le strade statali nel territorio di Bussoleno. L’iniziativa è legata alle dimostrazioni dei forconi: “Nel manifestare la nostra partecipazione alle ragioni della protesta vogliamo prendere le distanze da qualsiasi partito politico che intenda strumentalizzarla”, hanno spiegato gli organizzatori.

sanremo 3 ore fa

Sgomberato, invece, l’accampamento dei Forconi che a Ventimiglia impediva l’accesso alla frontiera con la Francia. Il presidio, composto da sei tende montate giovedì all’ingresso del ponte sul fiume Roja, è stato rimosso dalla polizia. Gli agenti hanno anche allontanato un secondo gruppo di manifestanti che ha tentato di formare un blocco sulla statale 20 del Col di Tenda a Roverino.

Non finisce oggi, come inizialmente annunciato, la protesta del Coordinamento nazionale 9 dicembre, di cui fanno parte diverse realtà e associazioni legate al mondo degli autotrasportatori, agricoltori e imprenditori: “In tutte le zone d’Italia andiamo avanti ad oltranza”, dice all’agenzia TMNews Mariano Ferro, leader del Popolo dei Forconi, una delle “sigle” del Comitato.

ecco_da_dove_nasce_la_protesta_dei_forconi

Ferro annuncia inoltre che l’annunciata mobilitazione a Roma si terrà “molto probabilmente mercoledì prossimo: non sarà un corteo, ma un presidio fisso in un posto che concorderemo con la Questura”. (TMnews)
http://www.ilnord.it/index.php?id_articolo=2078#.Uqr21ChKHN0.facebook

Dario Fo: “I Forconi a Torino? Preoccupanti”

Dario Fo non capisce, dice. Certo che non capisce chi non lavora da anni e non ha reddito. Chi deve scegliere se pagare la cartella di equitalia o sfamare i figli. BEATO CHI COME LUI NON CAPISCE. MI FACCIA LA CORTESIA ALMENO STIA ZITTO. E per quanto riguarda le strumentalizzazioni, come mai non ha mai denunciato quelle fatte dalla sinistra??? Ora sale sul carro dei 5S, come sempre quando comoda sta con i vincitori. Ora si preoccupa.

Manca un indirizzo preciso?? SOVRANITA’, totale. Soprattutto di poter avere un futuro CHE PER GENTE come lui è garantito a vita. Bene, ecco qual’è l’indirizzo, premio nobel dei miei stivali, IL REDDITO GARANTITO CHE HAI TU che valga anche per gli altri. Difficile da capire??????

Dario Fo: “I Forconi a Torino? Preoccupanti”
Il premio Nobel, intervistato dall’emittente torinese Radio Veronica, non nasconde la propria inquetudine per una protesta di cui non si capiscono i contorni precisi: “Ci sono rabbia e disperazione e c’è chi le strumentalizza. Manca un indirizzo preciso della protesta e, quando non c’è un programma, nasce il caos”
Il quarto giorno della protesta

http://video.repubblica.it/edizione/torino/dario-fo-i-forconi-a-torino-preoccupanti/149946/148453

Bologna: la città dei facchini che boicotta Granarolo

ecco per chi i migranti sono una risorsa

Venerdì 13 Dicembre 2013

Mentre riceviamo foto e materiali che raccontano la giornata di boicottaggio contro la Granarolo in numerose città italiane, pubblichiamo la cronaca della giornata di lotta bolognese. L’impressione è che la campagna ormai non si è fermata nella giornata di ieri ma proseguirà fino al fine settimana come ci suggerisce l’attenzione che sta ricevendo un pò ovunque l’iniziativa. Seguiranno aggiornamenti.

Nuova giornata di lotta per i facchini del consorzio Sgb in appalto alla Granarolo e alla Cogefrin, le due multinazionali che per anni hanno profittato dell’intermediazione cooperativa per garantirsi lauti profitti. La Granarolo è la multinazionale agroalimentare fiore all’occhiello della Lega delle Cooperative. Ha un fatturato annuo che si aggira intorno ai 100 milioni di euro che proprio quest’anno il suo presidente Calzolari dichiara aumentato del 9 %. Magazzini in cui a lavorare sono i facchini perlopiù migranti, ma non solo, costretti a ritmi e carichi di lavoro altamente usuranti. Si lavora al freddo e movimentando merce pesante. Dopo dieci anni di lavoro si è merce avariata. Così oggi 12 dicembre nell’ambito di una giornata di boicottaggio nazionale che si appresta a ricevere la solidarietà da numerose altre città, a Bologna la protesta è partita all’alba ai cancelli della Ctl/Granarolo dove in un centinaio tra facchini e solidali si sono riuniti per bloccare ancora una volta il traffico delle merci della multinazionale lattiero- casearia. Un blocco determinato grazie a quella soggettività meticcia che in questi mesi di lotta si sta formando grazie ai conflitti sociali che sempre più vedono in prima fila studenti, precari, occupanti di case, facchini. Soggetti sociali che si trovano a subire lo scaricamento verso il basso dei costi della crisi, le politiche di austerity e quella negazione dei bi/sogni sempre più percepita come insopportabile e insostenibile; soggetti che lo sfruttamento capitalistico divide e come tali vuole mantenerli, ma che la materialità delle lotte unisce. Un blocco quelli di stamattina che per 4 ore ha impedito l’ingresso ed uscita di merci deperibili e a tratti paralizzando il traffico stradale per la coda di camion che si sono formati all’ingresso dei cancelli. Il picchetto si è poi sciolto verso le 10.00 dopo una assemblea per organizzare l’iniziativa di boicottaggio che si è svolta di lì a poco in un supermercato Coop della città di Bologna, dove i prodotti a marchio Granarolo sono stati sanzionati con adesivi che indicavano le ragioni della protesta. Con un corteo interno tra le corsie i facchini ed i solidali hanno poi distribuito volantini spiegando le ragioni della protesta. La giornata è terminata con un corteo che dal supermercato ha voluto raggiungere proprio la sede della Lega delle Cooperative, l’associazione padronale che tutela e garantisce proprio gli interessi della multinazionale dei latticini e che nel quadro dei poteri forti emiliani a targa PD si colloca come uno dei primi attori. Strapotere quello della Lega delle cooperative che con arroganza si permette, attraverso le parole del suo nuovo presidente (Giovanni Monti), di definire eversivi e pericolosi come i mafiosi! Nella stessa conferenza stampa in merito alle “spese pazze” attribuite ai politici locali della regione Emilia-Romagna, che si fanno rimborsare cene d’aragoste e auto blu, la Lega Coop fa sapere di stimare il modello bolognese come “uno dei massimi esempi di civiltà” e di essere con la giunta e i consiglieri massimamente solidale rispetto a questa faccenda. Dove stia la mafia dei padroni delle cooperative e di quali appoggi politici goda a questo punto ci è chiaro, e con forza il corteo che ha raggiunto la sede della LegaCoop lo ha urlato occupando la piazza sotto il palazzo dei veri mafiosi, srotolando uno striscione che recitava: “Noi i facchini delle lotte per la dignità, voi le cooperative mafiose dello sfruttamento”. Striscione scritto in più lingue, le mille lingue del conflitto sociale contro l’unico mortifero linguaggio del profitto e dello sfruttamento. Il messaggio dai facchini e solidali, ribadito nella conferenza stampa tenuta sotto la LegaCoop, è stato forte e chiaro: che i padroni si possono scordare un natale tranquillo, a chi regala solo licenziamenti e sfruttamento sul lavoro, i facchini faranno trovare loro in dono scioperi, picchetti e blocco dei magazzini! La lotta è iniziata per non fermarsi fino alla vittoria!

Il comunicato del Lab Crash!

A Bologna le iniziative di lotta per la giornata nazionale di boicottaggio alla Granarolo sono iniziate alle 6.00 del mattino proprio davanti ai cancelli della multinazionale dello sfruttamento. In un centinaio tra facchini e solidali hanno picchettato e bloccato il traffico dei prodotti Granarolo. Il blocco è terminato verso le 10:00 del mattino per essere rideclinato in una nuova azione di boicottaggio al punto Coop del quartiere S.Donato. Un corteo interno al supermercato ha informato la clientela dellemafcondizioni di sfruttamento che la Granarolo opera nei suoi magazzini. La protesta è giunta infine nella vicina sede della Lega delle Cooperative, dove con slogan e uno striscione che recitava “Noi facchini della dignità, voi cooperative della mafia e dello sfruttamento” si è voluto rispondere all’ignobile accusa che propria per bocca del suo presidente Giovanni Monti, La Lega delle Cooperative ha rivolto ai facchini definendoli “pericolosi come mafiosi”. Facchini che garantiscono guadagni milionari al finto cooperativismo emiliano e che da 7 mesi lottano instancabilmente per vedere riconosciuta la propria dignità e i propri diritti. Le iniziative di lotta continueranno e si intensificheranno fintanto che i facchini non saranno rispettati dallo strapotere cooperativo che si può permettere di non rispettare un accordo siglato alla prefettura di Bologna in base al quale i lavoratori dovevano già essere assunti in 23( entro il 31 ottobre). Un potere quello delle cooperative che sempre per conto del suo presidente Giovanni Monti fa sapere di essere massimamente solidale con la giunta e i suoi consiglieri rispetto alle “spese pazze” di cui si sono resi responsabili. Registriamo ancora una volta come il potere politico che governa la città si stringa solidale nella difesa dei propri interessi in puro stile mafioso. E non contento delle sofferenze inflitte agli operai si prodiga anche in provocazioni becere come quello del signor Monti, o delle procura che ha aspettato proprio la giornata di boicottaggio contro Granarolo, per annunciare la chiusura delle indagini contro alcuni militanti antagonisti per i fatti avvenuti all’ingresso del magazzino Ikea circa un anno. Come Laboratorio Crash! non daremo tregua all’arroganza di questi sfruttatori e staremo sempre al fianco di chi sta combattendo la propria battaglia volta ad affermare condizioni di vita dignitose.

Laboratorio Crash! – Bologna

http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/9976-bologna-la-citt%C3%A0-dei-facchini-che-boicotta-granarolo

L’invisibile popolo dei nuovi poveri

Fassino, davvero sono i blocchi a sconvolgere la vita della gente o il decreto DI SFRATTO? O il licenziamento? O l’Imu che non possono pagare? O la cartella di Equitalia??? Fassino non pensa che se scompaiono le imprese diminuisce il gettito perché manca il soggetto da estorcere????? No certo, sono evasori.

L’invisibile popolo dei nuovi poveri

Passano i giorni e quei pochi intellettuali onesti rimasti sembrano via via confermare le proposte di lettura che della composizione e delle dinamiche del 9 dicembre torinese abbiamo dato in questi giorni. Figure che non rappresentano certo il nostro punto di vista, come Guido Viale e Marco Revelli, fanno lo sforzo di andare a vedere e riportare quel che han visto… o almeno si pongono qualche domanda di fondo su quel che è avvenuto in questi giorni. Chissà se tant* compagn* spocchiosi che stanno a centinaia di km di distanza sapranno ora un po’ più umilmente tendere le orecchie, e leggere quel che han da dire penne un po’ più presentabili delle nostre…

InfoAut

Torino è stata l’epicentro della cosid­detta “rivolta dei for­coni”, almeno fino o ieri. Torino è anche la mia città. Così sono uscito di casa e sono andato a cer­carla, la rivolta, per­ché come diceva il pro­ta­go­ni­sta di un vec­chio film, degli anni ’70, ambien­tato al tempo della rivo­lu­zione fran­cese, «se ‘un si va, ‘un si vede…». Bene, devo dirlo sin­ce­ra­mente: quello che ho visto, al primo colpod’occhio, non mi è sem­brata una massa di fasci­sti. E nem­meno di tep­pi­sti di qual­che clan spor­tivo. E nem­meno di mafiosi o camor­ri­sti, o di eva­sori impu­niti.

La prima impres­sione, super­fi­ciale, epi­der­mica, fisio­gno­mica – il colore e la fog­gia dei vestiti, l’espressione dei visi, il modo di muo­versi -, è stata quella di una massa di poveri. Forse meglio: di “impo­ve­riti”. Le tante facce della povertà, oggi. Soprat­tutto di quella nuova. Potremmo dire del ceto medio impo­ve­rito: gli inde­bi­tati, gli eso­dati, i fal­liti o sull’orlo del fal­li­mento, pic­coli com­mer­cianti stran­go­lati dalle ingiun­zioni a rien­trare dallo sco­perto, o già costretti alla chiu­sura, arti­giani con le car­telle di equi­ta­lia e il fido tagliato, auto­tra­spor­ta­tori, “padron­cini”, con l’assicurazione in sca­denza e senza i soldi per pagarla, disoc­cu­pati di lungo o di breve corso, ex mura­tori, ex mano­vali, ex impie­gati, ex magaz­zi­nieri, ex tito­lari di par­tite iva dive­nute inso­ste­ni­bili, pre­cari non rin­no­vati per la riforma For­nero, lavo­ra­tori a ter­mine senza più ter­mini, espulsi dai can­tieri edili fermi, o dalle boîte chiuse.

Le fasce mar­gi­nali di ogni cate­go­ria pro­dut­tiva, quelle “al limite” o già cadute fuori, fino a un paio di anni fa ancora sot­tili, oggi in rapida, forse ver­ti­gi­nosa espan­sione… Intorno, la piazza a cer­chio, con tutti i negozi chiusi, le ser­rande abbas­sate a fare un muro gri­gio come quella folla. E la “gente”, chiusa nelle auto bloc­cate da un fil­tro non asfis­siante ma suf­fi­ciente a gene­rare disa­gio, anch’essa presa dai pro­pri pro­blemi, a guar­darli – almeno in quella prima fase – con un certo rispetto, mi è parso. Come quando ci si ferma per un fune­rale. E si pensa «potrebbe toc­care a me…». Loro alza­vano il pol­lice – non l’indice, il pol­lice – come a dire «ci siamo ancora», dalle mac­chine qual­cuno rispon­deva con lo stesso gesto, e un sor­riso mesto come a chie­dere «fino a quando?».

Altra comu­ni­ca­zione non c’era: la “piat­ta­forma”, potremmo dire, il comun deno­mi­na­tore che li univa era esi­lis­simo, ridotto all’osso. L’unico volan­tino che mostra­vano diceva «Siamo ITALIANI», a carat­teri cubi­tali, «Fer­miamo l’ITALIA». E l’unica frase che ripe­te­vano era: «Non ce la fac­ciamo più». Ecco, se un dato socio­lo­gico comu­ni­ca­vano era que­sto: erano quelli che non ce la fanno più. Ete­ro­ge­nei in tutto, folla soli­ta­ria per costi­tu­zione mate­riale, ma acco­mu­nati da quell’unico, ter­mi­nale stato di emer­genza. E da una visce­rale, pro­fonda, costi­tu­tiva, antro­po­lo­gica estraneità/ostilità alla poli­tica.
Non erano una scheg­gia di mondo poli­tico viru­len­tiz­zata. Erano un pezzo di società disgre­gata. E sarebbe un errore imper­do­na­bile liqui­dare tutto que­sto come pro­dotto di una destra gol­pi­sta o di un popu­li­smo radi­cale. C’erano, tra loro quelli di Forza nuova, certo che c’erano. Come c’erano gli ultras di entrambe le squa­dre. E i cul­tori della vio­lenza per voca­zione, o per fru­stra­zione per­so­nale o sociale. C’era di tutto, per­ché quando un con­te­ni­tore sociale si rompe e lascia fuo­riu­scire il pro­prio liquido infiam­ma­bile, gli incen­diari vanno a nozze. Ma non è quella la cifra che spiega il feno­meno. Non s’innesca così una mobi­li­ta­zione tanto ampia, diver­si­fi­cata, mul­ti­forme come quella che si è vista Torino. La domanda vera è chie­dersi per­ché pro­prio qui si è mate­ria­liz­zato que­sto “popolo” fino a ieri invi­si­bile. E una pro­te­sta altrove pun­ti­forme e selet­tiva ha assunto carat­tere di massa…

Per­ché Torino è stata la “capi­tale dei for­coni”? Intanto per­ché qui già esi­steva un nucleo coeso – gli ambu­lanti di Parta Palazzo, i cosid­detti “mer­ca­tali”, in agi­ta­zione da tempo – che ha fun­zio­nato come prin­ci­pio orga­niz­za­tivo e deto­na­tore della pro­te­sta, in grado di rami­fi­carla e pro­muo­verla capil­lar­mente. Ma soprat­tutto per­ché Torino è la città più impo­ve­rita del Nord. Quella in cui la discon­ti­nuità pro­dotta dalla crisi è stata più vio­lenta. Par­lano le cifre.

Con i suoi quasi 4000 prov­ve­di­menti ese­cu­tivi nel 2012 (circa il 30% in più rispetto all’anno pre­ce­dente, uno ogni 360 abi­tanti come cer­ti­fica il Mini­stero), Torino è stata defi­nita la “capi­tale degli sfratti”. Per la mag­gior parte dovuti a “moro­sità incol­pe­vole”, il caso cioè che si veri­fica «quando, in seguito alla per­dita del lavoro o alla chiu­sura di un’attività, l’inquilino non può più per­met­tersi di pagare l’affitto». E altri 1000 si pre­an­nun­ciano, come ha denun­ciato il vescovo Nosi­glia, per gli inqui­lini delle case popo­lari che hanno rice­vuto l’intimazione a pagare almeno i 40 euro men­sili impo­sti da una recente legge regio­nale anche a chi è clas­si­fi­cato “incol­pe­vole” e che non se lo pos­sono per­met­tere.
“Maglia nera” anche per le atti­vità com­mer­ciali: nei primi due mesi dell’anno hanno chiuso 306 negozi (il 2% degli esi­stenti, 15 al giorno) in città, e 626 in pro­vin­cia (di cui 344 tra bar e risto­ranti). E’ l’ultima sta­ti­stica dispo­ni­bile, ma si può pre­sup­porre che nei mesi suc­ces­sivi il ritmo non sia ral­len­tato. Altri quasi 1500 erano “morti” l’anno prima. Men­tre per le pic­cole imprese (la cui morìa ha mar­ciato nel 2012 al ritmo di 1000 chiu­sure al giorno in Ita­lia) Torino si con­tende con il Nord-est (altra area calda della rivolta dei “for­coni”) la testa della clas­si­fica, con le sue 16.000 imprese scom­parse nell’anno, cre­sciute ancora nel primo bime­stre del 2013 del 6% rispetto al periodo equi­va­lente dell’anno prima e del 38% rispetto al 2011 quando furono por­tate al pre­fetto di Torino, come dono di natale, le 5.251 chiavi delle imprese arti­giane chiuse nella provincia.

E’, letta attra­verso la mappa dei grandi cicli socio-produttivi suc­ce­du­tisi nella tran­si­zione all’oltre-novecento, tutta intera la com­po­si­zione sociale che la vec­chia metro­poli di pro­du­zione for­di­sta aveva gene­rato nel suo pas­sag­gio al post-fordismo, con l’estroflessione della grande fab­brica cen­tra­liz­zata e mec­ca­niz­zata nel ter­ri­to­rio, la dis­se­mi­na­zione nelle filiere corte della sub­for­ni­tura mono­cul­tu­rale, la mol­ti­pli­ca­zione delle ditte indi­vi­duali messe al lavoro in ciò che restava del grande ciclo pro­dut­tivo auto­mo­bi­li­stico, le con­su­lenze ester­na­liz­zate, il pic­colo com­mer­cio come sur­ro­gato del wel­fare, insieme ai pre­pen­sio­na­menti, ai co?.co?.pro, ai lavori a som­mi­ni­stra­zione e inte­ri­nali di fascia bassa (non i “cogni­tari” della crea­tive class, ma mano­va­lanza a basso costo… Com­po­si­zione fra­gile, che era soprav­vis­suta in sospen­sione den­tro la “bolla” del cre­dito facile, delle carterevol­ving, del fido ban­ca­rio tol­le­rante, del con­sumo coatto. E andata giù nel momento in cui la stretta finan­zia­ria ha allun­gato le mani sul collo dei mar­gi­nali, e poi sem­pre più forte, e sem­pre più in alto.
Non è bella a vedere, que­sta seconda società riaf­fio­rata alla super­fi­cie all’insegna di un sim­bolo tre­men­da­mente obso­leto, pre-moderno, da feu­da­lità rurale e dajacque­rie come il “for­cone”, e insieme por­ta­trice di una iper­mo­der­nità implosa. Di un ten­ta­tivo di una tran­si­zione fal­lita. Ma è vera. Più vera dei riti vacui ripro­po­sti in alto, nei gazebo delle pri­ma­rie (che pure dice­vano, in altro modo, con bon ton, anch’essi che “non se ne può più”) o nei talk show tele­vi­sivi. E’ sporca, brutta e cat­tiva. Anzi, incat­ti­vita. Piena di ran­core, di rab­bia e per­sino di odio. E d’altra parte la povertà non è mai serena.

Niente a che vedere con la “bella società” (e la “bella sog­get­ti­vità”) del ciclo indu­striale, con il lin­guag­gio del con­flitto rude ma pulito. Qui la poli­tica è ban­dita dall’ordine del discorso. Troppo pro­fondo è stato l’abisso sca­vato in que­sti anni tra rap­pre­sen­tanti e rap­pre­sen­tati. Tra lin­guag­gio che si parla in alto e il ver­na­colo con cui si comu­nica in basso. Troppo vol­gare è stato l’esodo della sini­stra, di tutte le sini­stre, dai luo­ghi della vita. E forse, come nella Ger­ma­nia dei primi anni Trenta, saranno solo i lin­guaggi gut­tu­rali di nuovi bar­bari a incon­trare l’ascolto di que­sta nuova plebe. Ma sarebbe una scia­gura – peg­gio, un delitto – rega­lare ai cen­tu­rioni delle destre sociali il mono­po­lio della comu­ni­ca­zione con que­sto mondo e la pos­si­bi­lità di quo­tarne i (cat­tivi) sen­ti­menti alla pro­pria borsa. Un enne­simo errore. Forse l’ultimo.

Di Marco Revelli (da: Il Manifesto di oggi)

Soldati USA lobomotizzati. Anche la omosessualità trattata con la asportazione di pezzi di cervello.

Ogni tanto si apre il portone degli orrori della storia civile e militare americana. Sta venendo alla luce la storia della lobomotizzazione di oltre due mila militari USA reduci della seconda guerra mondiale. Sono stati ridotti come esseri umani a poco più che vegetali viventi non solo percghè si riteneva che l’aspertazione di parte del cervello guarisse o combattesse la pazzia pratica derivante dalla convinzione che essendo il cervello la sede della psi che eliminando questa si eliminano le parte ammalorata della stessa. Non è come uccidere il malato per guarirlo ma una cosa che gli assomiglia molto.
A mio parere ed è difficile che mi sbaglio i soldatini sono stati privati del cervello e della personalità per risparmiare le cure psichiatriche che sono lunge e costose. E’ lo stesso principio che ha fatto amputare gli arti ad oltre cinquemila haitiani in grandissima parte giovani e ragazzi. Arti amputati per non curarli che avrebbero richiesto mesi e mesi di cure e poi di riabilitazione.
La notizia della lobomotizzazione di massa si è saputa sessanta anni dopo. Intanto una quantità spaventosa degli oltre venti milioni di veterano continuano a suicidarsi mentre altri per sfuggire alla miseria alla quale li condanna lo Stato si rifugiano in Messico dove la vita costa molto di meno.-
http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/96995/lobotomia-choc-per-2000-veterani-usa.html

Allarme della Cgil sui pensionati,“Uno su due non arriva a fine mese”

ecco quanto paga la lotta dei sindacati e gli sciopericchi e concertazioni

13/12/2013

Il 46,2% è costretto a rimandare pagamenti, ad intaccare i propri risparmi,
a chiedere prestiti e aiuti ad altri. Il 24,3 spende quasi tutto quello che prende
ANSA

Il 46,2% dei pensionati italiani fatica ad arrivare alla fine del mese e si ritrova così costretto a rimandare pagamenti, ad intaccare i propri risparmi, a chiedere prestiti e aiuti ad altri. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata dallo Spi-Cgil in collaborazione con Ipsos su consumi e potere d’acquisto dei pensionati. Il 24,3% invece ci arriva senza troppi problemi ma spende quasi tutto quello che prende di pensione mentre il 29,5% non solo ci arriva ma riesce anche a risparmiare qualcosa. Per farlo però è costretto a fare delle rinunce.Il 37,2% dei pensionati che mettono ancora da parte qualcosa infatti ha dovuto ridurre le spese superflue e anche qualche consumo importante (il 15,2%). Stesso destino per chi arriva a fine mese senza troppi problemi con un 46,2% che ha tagliato le spese superflue, il 21% consumi importanti e l’11,8% anche consumi necessari.
Tagli e rinunce riguardano invece in maniera molto sensibile tutti quelli che vivono in difficoltà economiche, anche gravi. Complessivamente il 19,8% dei pensionati nell’ultimo anno ha dovuto ridurre svariati consumi necessari, il 28,4% ha ridotto abbastanza i propri consumi e anche qualcuno importante, il 31,4% ha tolto solo il superfluo. Sopravvive dignitosamente solo il 20,4% dei pensionati, che non ha ridotto in misura significativa le proprie spese. I pensionati fanno i conti con la crisi e spendono sempre di meno tanto che il 37% si è ritrovato a dover ridurre anche quelli per i generi alimentari. Una contrazione molto evidente rispetto al resto della popolazione, con un 29% di persone che hanno dichiarato di aver ridotto questo capitolo di spesa.
E’ lo svago ciò a cui i pensionati hanno rinunciato maggiormente. Il 60% ha infatti ridotto viaggi e vacanze, il 59% ristoranti, pizzerie e bar, il 48% cinema, teatro e concerti con evitabili riflessi sull’economia di questi settori. In tempi di crisi anche un vestito nuovo può aspettare e così il 53% dei pensionati ha deciso di ridurre le spese in vestiario, abbigliamento e accessori. Particolarmente significativo il caso delle spese per giochi e lotterie. Anche in questo caso infatti c’è un calo del consumo ma il 76% dei pensionati ha deciso di non rinunciarvi, sperando magari di risollevare in questo modo le proprie sorti.

I pensionati, per quanto in evidente difficoltà, continuano a svolgere un ruolo strategico nella famiglia italiana, in particolare rivolto a figli e nipoti che hanno perso il posto di lavoro o che non riescono a trovarlo. 
Quasi la metà di loro (il 42,6%) infatti sostiene economicamente, magari anche solo ogni tanto, i propri familiari. Di questi il 14,4% dichiara che negli ultimi tre anni ha dovuto prodigarsi spesso in aiuti economici, il 26,4% lo ha fatto almeno qualche volta, l’8,1% lo ha fatto raramente. Complessivamente il 48,9%.Molto più bassa è la quota – il 16% – di quelli che invece sono dovuti ricorrere ad aiuti familiari ed amici o a prestiti bancari e assicurativi.

“I pensionati hanno dato tanto a questo paese in termini di sacrifici e ora non ne possono proprio più. E’ per questo che chiediamo al governo di dare loro delle risposte, a partire dalla legge di stabilità. Sarebbe inoltre ora che si riattivasse il tavolo di confronto tra governo e sindacati, istituito dal governo Prodi e rimosso da Berlusconi e da Monti. Non è un caso che da allora la condizione dei pensionati e degli anziani non ha fatto altro che peggiorare”, ha osservato il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone.

http://www.lastampa.it/2013/12/13/economia/allarme-della-cgil-sui-pensionati-uno-su-due-non-arriva-a-fine-mese-qIhuXIOco8TdXNKb1gjhZN/pagina.html

Ora il cantiere è nella valle. E le novità sono preoccupanti.

http://www.tgvallesusa.it/?p=4091

SCRITTO DA: GABRIELLA TITTONEL – DIC• 12•13

Gabriella_34_no tav Clarea 9 - 12 dicembre 2013 001

Polveri sottili dal cantiere. Dalla val Clarea ai polmoni è un attimo.

Ora il cantiere dell’alta velocità valsusina non è solo più il cantiere della Clarea, ma da poco più di due settimane si è “idealmente” allargato su tutta la lunghezza della valle, abbracciando perpar conditio tutte le anime che la contengono, quelle del no e quelle del sì alla grande opera.

Peccato però che questo abbraccio assomigli più alle spire di un serpente affamato. La ragione? Le polveri che quotidianamente si alzano dalla piana della talpa Gea (mai nome sarebbe parso più appropriato), polveri fatte di roccia sbriciolata, roccia consegnata alla vista ma assolutamente anonima… impossibile vederci i minerali delle quali è composta, anche nel sito di stoccaggio, simile a una grande formaggiera aperta all’aria anch’essa.

Nel gran lavorio le polveri della galleria, delle rocce, per ore si alzano fitte verso la Maddalena, l’autostrada, lentamente superano la collinetta e si spandono lungo la valle che, accogliente, le miscela con lo smog presente, le trattiene sul fondovalle e le fa scorrere a seconda del giorno e della notte in una ininterrotta onda d’aria… su e giù, su e giù, pronte per entrare, essendo finissime, impalpabili ma ben percepibili se penetrate in bocca, a scendere nei polmoni, attraverso la pelle, nel sistema circolatorio.

Cantiere magico… tempo addietro vi è stata una moria di pesci a valle ma a nessuno è stato dato di conoscerne il perché… e uno stress da rumore forse non è così devastante per troterelle che hanno sempre potuto vantarsi per l’acqua cristallina in cui si trovavano a vivere… Poi pozze in prossimità di trivelle messe sottoterra… Ora le polveri. Queste per tutti. Medici onesti e capaci, da tempo stanno parlando di polveri e malattie… E non si tratta certamente di persone dedite a proclami terroristici…

In tanta nebbia si è aperta anche la strada a fianco del cantiere lungo il Clarea e per farlo si è messa a nudo una bella fetta delle terre riportate per la sicurezza dei pilastri dell’autostrada. Interessante osservare gli strati, le varie “pezze” di tessuto plastificato e di terra riportata, una sorta di “tiramisù” dall’aria non certo molto rassicurante… Con briciole di tessuto e di terre spalmate lungo tutta la nuova strada (autostrada, viste le dimensioni).

Gabriella Tittonel

12 dicembre 2013

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Quanti soloni

Quanti soloni specialmente a sinistra sui Forconi. Tutti a discettare sulla loro natura di destra, sulla loro pericolosità, sulla loro contiguità al fascismo.
Nessuno di questi soloni che si chiede che cosa li porta per strada ed a rifiutare in modo tanto deciso e totale la classe dirigente. Tutta..
Senza sposare a priori la causa di nessuno la cosa saggia da fare è capire che cosa li muove e che cosa si può fare per venire incontro ai loro problemi. Il fallimento dei forconi è il fallimento di una parte della piccola imprenditoria italiana. Falliamo tutti con loro. Si trovano nella condizione della classe operaia dopo la riforma Fornero e la precarizzazione di massa. Nelle stesse condizioni di grande disancoraggio dalle certezze sociali. La loro disperazione non ha fondo. Chi ieri dormiva in un comodo appartamento e non aveva problema di sopravvivenza ora può anche avere la prospettiva di andare a dormire sotto un ponte o in auto con la famiglia.
Bisogna capire, capire, capire ed ancora capire e condividere con loro un progetto di risposta ai problemi,.

Quanti puntano al fallimento del Movimento dei Forconi non si rendono conto che scommettono sul fallimento dell’Italia.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=66189

A Pinerolo il sindaco è sceso in piazza con PD e…
A Pinerolo il sindaco è sceso in piazza con PD e sindacati ad una manifestazione contro la nostra: quella del 9 dicembre.
Non si facciano illusioni, saranno spazzati via dal popolo.
L’indignazione popolare sta salendo.
Sono gli ultimi rantoli di una bestia ferita mortalmente.
PARASSITI IL VOSTRO TEMPO E’ FINITO
NON MOLLATE!!!!!!!!!!! DEVONO ANDARE TUTTI A. CASA.
NON MOLLATE!!!!!!!! RIVOGLIAMO LA NOSTRA ITALIA

Lo sgoverno ”Alfetta” e il popolo in piazza

di: Umberto Bianchi
info@rinascita.net
Brutta cosa quando la gente comincia a muoversi, al di là di sigle, partiti, parrocchie. Ed ancor peggio, quando ai rivoltosi l’occhio lo cominciano a strizzare quelle forze dell’ordine che, di solito, dovrebbero mantenersi “super partes”. Un gran brutto segnale per tutti. Per tutti i cantori di un facile ottimismo che, figlio di una lettura un po’ sopra le righe dei dati statistici, preannuncia in modo roboante miracolose riprese economiche, mentre la disoccupazione in questi ultimi tempi ha subito un aumento di più del 30%. Un brutto segnale anche per tutte quelle alte cariche dello Stato, che dicono di non voler sentire almeno sino al 2015, la voce del popolo imbufalito attraverso il voto, perché Letta fa più “trendy”. Brutto segnale anche per tutti quei riformatori da strapazzo, figli delle varie scuderie di partito, che credono di potersi far belli con l’opinione pubblica, solo perché sono più anagraficamente giovani delle precedenti classi politiche. Brutto segnale anche per i signorini di Bruxelles, che ora cominciano a vedere che le cose non vanno come avrebbero voluto. Un brutto segnale, per una brutta situazione. Oggidì partiti e partitucoli, latrano sulla nuova legge elettorale, dimentichi che certe leggine le hanno fatte proprio loro. Costoro concionano seriosi di “sindaco d’Italia”, ovverosia di un qualcosa che assomigli ad un modello presidenzialista ed efficientista per il governo e la gestione della “res publica”, dimentichi che certe tematiche sono sull’agenda dei vari governi da più di venti anni. L’Italia si è arenata sul “porcellum” e sul “mattarellum”, sulle mutande di Silvio e sul giuoco al rimpallo delle responsabilità, unico vero elemento dell’attuale coesione e forzata convivenza del ceto politico nostrano, rappresentata dal governo “Alfetta”.
Nessuno ha però il coraggio di dire o fare pubblicamente qualcosa contro le cause di tutto questo e prova ne sia che, i “duri e puri” del berlusconismo, hanno l’altro giorno nuovamente votato a favore delle cosiddette “missioni umanitarie all’estero”, ovverosia per la continuazione dell’inarrestabile emorragia e sperpero del pubblico danaro, in iniziative lontane anni luce dagli interessi concreti della gente.
Ed intanto, l’Italia continua qua e là a franare, travolgendo vite innocenti e lasciando agli altri le rovine e le responsabilità di anni di incuria, malaffare e totale assenza della presenza dello stato sul territorio. Questo, a non voler ricordare che noi siamo l’ultima, tra le economie più avanzate d’Europa, a non riciclare i nostri scarti ed anzi, a proseguire nella criminale pratica dell’interramento di questi stessi, alla faccia della salute delle popolazioni e questo, sempre perché c’è qualcuno che ci deve mangiare sopra. Per questo, i giovani “eletti” nelle fila di questo o quel partito non ci convincono affatto, espressione come sono di interessi “superiori”. Che poi questo o quel candidato, si facciano latori di proposte volte ad innovare parzialmente l’architettura di un sistema istituzionale oramai decrepito, può pure andar bene a livello di contingenza, ma senza dimenticare che lo spirito che anima queste istanze è uno solo: l’omologazione e la sottomissione al nuovo ordine globale ed ai diktat della finanza internazionale. E’ strano come, in mezzo a tanto concionare di riforme, cambiamenti ed ottimismi in varie salse, nessuno abbia sinora osato, che so io, mettere seriamente in discussione l’Euro, partendo con la proposta di nazionalizzare le banche centrali o rimettere in gioco la centralità degli interessi economici e politici nazionali, di fronte all’arroganza ed alla protervia della UE e delle politiche di sciacallaggio dell’FMI.
Nessuno vuole a toccare certe note dolenti; credono di prenderci in giro raccontandoci la fola per cui procedendo con queste regole, le cose possano migliorare, magari grazie anche a qualche bel faccino giovane alla Renzi o alla Meloni. Nessuno osa, nessuno dice, nessuno fa. Eppure, mai come oggi, l’occasione per innestare un rilevante cambiamento di marcia, è stata così a portata di mano. E’ bene che, dopo un primo momento di euforia e confusione, tutte le realtà antagoniste, tutte le individualità non conformi, inizino a ragionare sul come e cosa fare. Sulla possibilità di creare una comune piattaforma d’azione, un Frente Amplio, che possa fungere via via da catalizzatore.
Oggi qualche possibilità in questo senso, sembra essersi aperta con movimenti come il Cinque Stelle il cui tormentato percorso, lascia tuttora con non pochi dubbi. La tendenza a voler ricercare il dialogo con determinati settori della partitocrazia, dall’apparenza innovatrice, è un chiaro segnale in questo senso. Bisogna pertanto guardare a 360°, favorendo più che mai, la nascita di iniziative spontanee, veri e propri cantieri di protesta e di proposta, per far sì che il Sistema globale perda le briglie del controllo e della manipolazione delle coscienze. Democrazia partecipativa, Comunità, Sovranità. Questi sono i principi cardine, a cui si dovrà rifare qualunque tentativo volto a restaurare il primato dello “zoon politikòn/uomo politico”, sull’alienante modello occidentale, senza ricadere in errori e confusioni esiziali.   
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MENTRE GLI ITALIANI PROTESTANO, LETTA REGALA 120 MILIONI A DE BENEDETTI. I PARASSITI SI SPARTISCONO I NOSTRI SOLDI!

RI-SORGENIA DALLE CENERI – L’AIUTINO DA 120 MILIONI DEL GOVERNO LETTA ALLA SOCIETA’ DI DE BENEDETTI SU CUI PESANO DEBITI DA 1,8 MLD (MPS LA BANCA PIU’ ESPOSTA)

Il caso Sorgenia è la spina nel fianco della famiglia di Carlo De Benedetti. Nella legge di Stabilità, le proposte di Scelta civica e Pd per evitare un pagamento da 22 milioni di oneri di urbanizzazione e per ottenere 100 milioni di sovvenzioni per le centrali a gas…

Marcello Zacchè “

Il caso Sorgenia è la spina nel fianco della famiglia di Carlo De Benedetti. E, per mitigare la profonda crisi finanziaria della società elettrica, il gruppo Cir sta battendo tutte le strade. Anche quella di chiedere fondi pubblici a governo e Parlamento. E sembra che li stia ottenendo, grazie soprattutto a Pd e Scelta Civica.

Vanno in questa direzione sia una richiesta di cancellare 22 milioni di oneri di urbanizzazione dovuti per una centrale nel Lodigiano, sia le forti pressioni per inserire nel pacchetto stabilità, di qui a fine anno, le sovvenzioni per le centrali a gas, per un valore stimato di 90-100 milioni.

Piano piano sta venendo fuori, come raccontato ampiamente dal Giornale , che la società elettrica fondata nel 1999 dall’Ingegnere e controllata al 52% dal gruppo Cir sta messa male, con 1,8 miliardi di debiti totali e un bilancio 2013 che nei soli primi 9 mesi era in rosso per 430 milioni. Proprio ieri si è svolto un incontro con le banche a cui Sorgenia ha chiesto una moratoria sulle scadenze e una ristrutturazione del debito.

Tra le banche esposte spicca Mps, con 5-600 milioni, seguita da Intesa, Unicredit, Mediobanca, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm e, in misura minore, anche Carige, Bnl, Cariparma, Pop Etruria e qualche estera. La Cir, holding dei De Benedetti, non ha intenzione di aprire il portafoglio per partecipare al salvataggio nonostante, tra l’altro, i 350 milioni netti incassati dalla Fininvest per il Lodo Mondadori. Preferendo puntare sulle banche e, ora, anche sui quattrini dei contribuenti.

Il primo caso lo ha sollevato M5S, svelando un emendamento di Scelta Civica alla legge di Stabilità per salvare la centrale turbogas di Turano-Bertonico dal pagamento di 22 milioni di oneri di urbanizzazione. Una richiesta in parte già accolta dal Tar del Lazio, contro cui Sorgenia ha fatto ricorso. Ma, dopo l’emendamento già approvato in commissione Bilancio del Senato, non ci dovrebbero più essere dubbi: la «variante» richiesta da Scelta Civica andrebbe a confermare la legge «sbloccacentrali » con cui si era sospeso l’obbligo di versamento degli oneri per le centrali elettriche superiori a 300 megawatt.

Gli eletti di M5S ci aggiungono poi del loro scrivendo, come si legge sul blog di Grillo, di «rappresentanti della Sorgenia di De Benedetti che aspettano nei corridoi del Palazzo, davanti alla porta della commissione Attività Produttive». Ma quello che forse non hanno ancora scoperto è che in una delle tante bozze della Stabilità c’è dell’altro: una proposta per il cosiddetto capacity payment , vale a dire quella sorta di sovvenzione pubblica alle centrali elettriche per garantire la capacità di funzionamento.

È un tema che riguarda le centrali a gas (tutte e quattro quelle di Sorgenia) che, a causa del meccanismo che prevede la priorità nel dispacciamento di energia da fonti rinnovabili, rischiano di restare ferme o di funzionare poco o niente. Ebbene, a fronte di tale rischio (che è poi il principale motivo per cui Sorgenia è in profondo rosso), Sorgenia chiede di sovvenzionare la disponibilità della centrale, senza la quale il Paese rischia di restare al buio nei momenti in cui le rinnovabili non bastano a soddisfare i picchi di domanda.

Ora, essendo la capacità installata di Sorgenia pari a 3.200 megawatt, ed essendo il capacity payment stimato in 25-35mila euro al megawatt, la sovvenzione potrebbe valere per Sorgenia circa 100 milioni. Va detto che oltre alla società della Cir, sono interessati al provvedimento anche Enel e A2a.

E pure che le sovvenzioni al gas arriverebbero dopo quelle già esistenti per le rinnovabili, che ci costano 12 miliardi. In ogni caso Sorgenia è la più interessata perché sia Enel sia A2a hanno modi di diversificare significativamente i ricavi, mentre le quattro centrali dei De Benedetti a Termoli, Modugno, Turano ed Aprilia funzionano tutte a gas.

VAI AL LINK CON LA MAPPA INTERATTIVA, SEGUI LE ISTRUZIONI E TROVERAI TUTTE LE INFO NECESSARIE PER PARTECIPARE! 9 DICEMBRE, L’ITALIA SI FERMA!

http://bastacasta.altervista.org/p7311/