da: La Stampa

Il Codacons ha inviato questa mattina un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e alla Corte dei Conti contro il presidente della Camera, Laura Boldrini, per la vicenda del volo di Stato in Sudafrica sul quale ha viaggiato anche il suo compagno. Per l’associazione, che già in passato denunciò Clemente Mastella e Silvio Berlusconi, “non si comprende a che titolo la Boldrini abbia usufruito con il proprio compagno di un volo pagato dai cittadini e diretto ad un evento riservato a leader mondiali e capi di Stato”.
Per il Codacons, “è necessario accertare se vi siano stati sperperi di risorse pubbliche a danno della collettività”. “Certo non si comprende – sostiene il Codacons nella denuncia – cosa ci facesse il compagno della Boldrini su un volo di Stato per una cerimonia cui erano stati invitati esclusivamente capi di Stato e di Governo. Ma soprattutto a spese di chi”.
Il Codacons ha dunque chiesto alla Procura e alla Corte dei Conti di accertare se “possano configurarsi sprechi di denaro pubblico a danno della collettività e conseguentemente sanzionare le eventuali scelte dannose per la collettività stessa ivi comprese le ipotesi di illeciti fonte di danno erariale, e di predisporre tutti i controlli necessari per accertare e verificare se nei fatti esposti possano celarsi fattispecie penalmente rilevanti, ivi compreso quello di utilizzo illegittimo di fondi e/o risorse pubbliche”.
Venti di guerra sull’Artico: Putin ordina all’esercito di rafforzare la presenza al Polo Nord
14 dic 2013 – Il presidente russo Vladimir Putin considera la propria leadership militare nell’Artico come una priorità. Lodando il recente ripristino di un aeroporto, ha rimarcato pubblicamente il fatto che la Russia deve usare ogni mezzo per tutelare i propri interessi nazionali nella regione.
L’intervento del Cremlino viene dopo che il Canada ha annunciato l’intenzione di rivendicare la piattaforma continentale sotto il Polo Nord. Ma il ricco piatto, in termini di risorse minerarie e fossili che si celano sul fondo dell’oceano artico, fa gola anche alla Danimarca, che tuttora detiene la sovranità sulla Groenlandia e quindi può legittimamente avanzare le proprie pretese.
4L’Artico si stima che possieda (ancora da scoprire) il 30% del gas il 15% del petrolio mondiale. Per ironia della sorte, è proprio il cambiamento climatico in atto che rende la regione meno proibitiva e grazie ai progressi nella tecnologia di perforazione, queste riserve saranno sempre più facili e meno costose da sfruttare.
A un’importante riunione di alti ufficiali delle forze armate russe, ieri il presidente Putin ha chiesto loro di prestare «particolare attenzione alla realizzazione di infrastrutture e unità militari nell’Artico». Ha ringraziato il personale della difesa per la riapertura, questa estate, di una vecchia base aerea sovietica abbandonata 20 anni fa sulle isole Novosibirsk in Artico. «L’anno prossimo, dobbiamo completare la formazione di nuove grandi unità e divisioni militari [nell’Artico ]», ha aggiunto Putin, riferendosi probabilmente ai siti di Tiksi e Severomorsk.
E’ dall’agosto del 2007 che gli esploratori russi, viaggiando in mini – sommergibili, stanno piantando la bandiera del proprio paese sul fondo del mare per ulteriori rivendicazioni di Mosca per l’Artico. Il fermo di una nave di Greenpeace e il suo equipaggio dopo aver protestato contro una piattaforma petrolifera artica russa, nel mese di settembre, ha evidenziato la sensibilità del Cremlino alle critiche della sua prospezione nella regione.
Stiamo parlando del centro di un grande oceano inospitale che è in totale oscurità per tre mesi ogni anno, a migliaia di chilometri da qualsiasi porto. L’acqua del Polo Nord è profonda fino a 3.650 m ed è sempre stata coperta dal ghiaccio marino in inverno. Non è un luogo dove è stato possibile pensare l’estrazione del petrolio e del gas, anche e soprattutto per il delicatissimo equilibrio ecologico in cui vive l’area. Ma l’effetto serra, con il progressivo aumento della temperatura degli oceani e lo scioglimento del pack, rende il tutto più appetibile.
Fonte: http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/putin-esercito-artico/
(AGI) – Ottawa, 9 dic. – Il Canada intende rivendicare il Polo Nord e le acque artiche circostanti. Il ministro degli Esteri, John Baird, ha annunciato che il governo di Ottawa ha depositato una richiesta preliminare alle Nazioni Unite cercando di espandere ulteriormente i propri confini marittimi sull’Atlantico. Dopo un decennio di ricerche sui fondali nord-orientali, il Canada ha presentato una petizione riguardante i limiti esterni della piattaforma continentale del Canada nel Mar Glaciale Artico.
La richiesta potrebbe aumentare le tensioni con Danimarca e Russia, che anch’essi rivendicano diritti sul Polo Nord. Canada, Russia, Danimarca, Norvegia e Stati Uniti puntano tutti a controllare il piu’ possibile una regione che, secondo lo statunitense Geological Survey, contiene il 30 per cento del gas naturale da scoprire e il 15 per cento del petrolio. (AGI) .
Il Canada segna i confini per lo sfruttamento delle risorse della regione
Il Canada reclama la sovranità sul Polo Nord con un gesto di sfida a cui la Russia si prepara a rispondere evidenziando una disputa internazionale dagli esiti imprevedibili che ha in palio le maggiori risorse naturali inesplorate del Pianeta.
È il premier di Ottawa, Stephen Harper, ad aver dato mandato al governo di presentare entro questa mattina alla commissione Onu sui Limiti della piattaforma continentale la richiesta di estendere i confini settentrionali del Canada fino a includere il Polo Nord. Si tratta di una «richiesta preliminare» al Palazzo di Vetro, a cui Ottawa ne farà seguire un’altra «più dettagliata» ovvero con l’inclusione della relativa mappatura sottomarina.
Lo scenario di uno scontro all’Onu Harper-Putin sul Polo Nord, porta consensi a Ottawa. «Abbiamo tutti i diritti di rivendicarne il controllo» afferma al «Globe and Mail» Rob Huebert, direttore del Centro di studi militari e strategici all’Università di Calgary, prevedendo «una difficile trattativa fra Canada, Russia e Danimarca» per arrivare ad una suddivisione dei diritti di esplorazione.
http://www.signoraggio.it/la-battaglia-per-le-risorse-del-polo-nord-e-iniziata/
Nessun virus nel messaggio.
Posted on December 11, 2013 by Felice Marra
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Appena uscito da lavoro sono andato lì, a cercare di capire chi si nasconde dietro questa “temibile” e “irrispettosa” protesta di cui tutti parlano e di cui molti si lamentano.
Sapete quello che ho trovato?
Gente disperata.
Non ho visto fascisti, non ho visto black block, non ho visto nullafacenti.
Ho visto gente disperata.
Una vecchietta che era lì da stamattina, con la nebbia e 0 gradi.
Una signora sui 40 anni con una bandiera Italiana intorno al corpo, tremante per il freddo.
Un ragazzo in carrozzella che si muoveva davanti alle macchine bloccate spostando le dita sul suo joystick.
Tanti ragazzi, tanti ragazzi…
“Sono 5 anni che non trovo lavoro signora!
” diceva uno.
“No ma io me ne vado da qua, l’Italia la vedrò in cartolina.
Mi dispiace solo per mia sorella.”.
Ho visto la polizia, con gli scudi a terra, senza caschi, parlare con questa povera gente.
Un ragazzo enorme, rasato, con qualche mito di estrema destra nella testa, ha iniziato a gridare contro un ispettore che cercava di dirgli qualcosa.
Interviene qualcuno, una 50ina di persone.
“oh ma non fare il coglione!
basta vattene a casa!
rovini tutto!
“Basta ragazzi andiamo a casa, non sprechiamo quello che abbiamo fatto oggi!
Ci vediamo qui domani”- dice la signora col tricolore sulle spalle- “E anche dopodomani!
E anche il giorno dopo ancora!
Non molliamo ragazzi!”.
Lo dice commossa.
I circa 100 superstiti di questa fredda e lunga giornata iniziano ad andare via.
Applauso alla polizia per la disponibilità e gentilezza mostrata.
Il traffico di Milano riprende a scorrere.
Tutti a casa, domani è un altro giorno di protesta.
Vorrei dare un consiglio a tutti quelli che da un giorno insultano e offendono chi, come questi poveri disgraziati, sta in mezzo alla strada da ieri mattina: quando domani sarete nel traffico bloccati, incazzati neri perchè vorrete tornare a casa a giocare a fifa 2014 dopo una giornata di lavoro, provate a scendere da quelle macchine.
Provate a guardare quello che non volete vedere.
Magari, almeno, sarete un po’ meno cattivi.”
Sergio Battelli
Portavoce M5S Camera
Riferimento dati Alpinfo
L’Ufficio Federale dei Trasporti elvetico (UFT) ha pubblicato il rapporto AlpInfo 2012. Si tratta della raccolta totale dei dati delle merci – su strada e su ferrovia – che attraversano annualmente tutti i valichi alpini, da Ventimiglia fino a Wechsel, a sud di Vienna. Da giugno 2002 questo studio è seguito anche dall’Osservatorio del Traffico Merci nella Regione Alpina dell’Unione Europea. L’ultimo aggiornamento è valido dal 28 novembre 2013 ed è liberamente consultabile al link www.bav.admin.ch/verlagerung/01529/index.html?lang=it, assieme a quelli degli anni precedenti.
I numeri sono senza appello. Su tutti i valichi italo-francesi (Ventimiglia, Monginevro, Moncenisio, Fréjus e Monte Bianco) sono passati complessivamente 22,4 milioni di tonnellate di merci, sia su strada che su ferrovia, rispetto al totale di 190 milioni dell’intero arco alpino. L’Osservatorio Tecnico istituito dal Governo Italiano ha stabilito in 32,1 milioni di tonnellate annue la capacità della ferrovia a doppio binario già costruita tra Torino e Lione (Quaderno 1 “Linea storica – Tratta di valico”,www.regione.piemonte.it/speciali/nuova_TorinoLione/quaderni.htm). Tale valutazione risale al 2007. In seguito la linea è stata persino ammodernata con ingenti spese, migliorando addirittura la sua performance. Dunque il traffico globale tra Italia e Francia avrebbe potuto tranquillamente essere ospitato soltanto sull’attuale ferrovia senza riuscire a saturarla completamente. Invece, sulla direttrice della Val Susa sono transitate poco più di 14 milioni di tonnellate, delle quali, però, solo 3,4 sui binari. Uno scarto di 1 a 10!
Il confronto con i rapporti degli anni precedenti, tutti disponibili sul sito svizzero, conferma un trend in continua diminuzione sul versante occidentale delle Alpi, iniziato ben prima della crisi del 2008, mentre si incrementa verso Svizzera e Austria. Italia e Francia hanno economie mature, interessate soltanto da scambi commerciali di sostituzione, mentre il percorso nord-sud collega il centro e l’est Europa con i mercati orientali in espansione.
Per contro, la frontiera di Ventimiglia ha accolto, da sola e quasi interamente su strada, 17, 4 milioni di tonnellate, 3 in più di quelli piemontesi. Laggiù la ferrovia ha stretti vincoli e andrebbe ammodernata, con spese e disagi tutto sommato contenuti perché si lavorerebbe a livello del mare e senza dover traforare le montagne. Inspiegabilmente, quel passaggio è trascurato da ogni politica. Invece, quello più difficile, più costoso e lapalissianamente più inutile della Val Susa è costantemente favorito, al costo stimato di 26 miliardi di euro, con l’entrata in esercizio prevista ben dopo il 2030 e addirittura con i benefici attesi dopo il 2070(Quaderno 8, al link sopra citato). Ma solo se le mostruose previsioni di incremento dei traffici saranno rispettate, e non lo sono!
Quando si prenderà finalmente atto che il progetto della Torino-Lione è vecchio, inutile ed esoso?
Quando, semplicemente, si rispetteranno i documenti ufficiali e gli atti governativi? I già citati Quaderni dell’Osservatorio – che riportano l’intestazione “Presidenza del Consiglio dei Ministri” – o almeno l’originario accordo tra Italia e Francia del 2001 che all’articolo 1 espressamente dichiarava “l’entrata in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti”.
http://www.tgvallesusa.it/?p=4136
Scritto da: Contributi – dic• 15•13
servizio di Silvia A. Genta
Roşia Montană, Romania. L’avventura mineraria della Gold Corporation. Da una valle alla piazza delle città, al Parlamento. Come vince una lotta popolare contro il trasferimento coatto, l’inquinamento e la devastazione del proprio territorio.
Roşia Montană, una città mineraria
Lo scorso fine ottobre, durante un breve viaggio in Romania, ho deciso di lasciare Timişoara per raggiungere una piccola località di nome Roşia Montană. Da qualche mese stavo seguendo la vicende che interessavano questa zona e volevo approfondire la questione.
Roşia Montană è una città mineraria situata sui Carpazi nella valle del fiume Roşia (letteralmente Fiume Rosso per la concentrazione di ferro). È un piccolo comune nella regione storica della Transilvania, di circa 3000 abitanti, composto da 16 villaggi.
Le ricche risorse minerarie della zona sono state sfruttate fin dall’epoca romana. Albornus Maior, nome latino della città, è anche il nome dell’associazione fondata in loco a sostegno del patrimonio ambientale, storico e culturale della zona.
Dal 2002 Salvați Roşia Montană è la campagna che l’associazione porta avanti per sensibilizzare ed informare, osteggiando in particolare il mega progetto che prevede la costruzione di una delle più grandi miniere d’oro a cielo aperto d’Europa.
Trasferimenti coatti, cianuro e dinamite
Il progetto, che ha l’obiettivo di costruire nuovi punti di estrazione dell’oro, è in mano alla Roşia Montană Gold Corporation (RMGC) di cui è proprietaria per l’80% la multinazionale canadese Gabriel Resources, per il 19,3% il governo romeno e per il restante 0,7% piccoli investitori locali.
Per fare spazio all’immenso cantiere sarà necessario dislocare alcuni nuclei abitativi. La Gold Corporation realizza così lo spostamento degli abitanti acquistandone le abitazioni e costruendo nuovi appartamenti altrove.
Nell’area inoltre sono presenti reperti archeologici di grande valore che testimoniano la presenza dei romani e della loro attività mineraria: un’intera rete di gallerie, cunicoli e resti, candidata a diventare patrimonio dell’Unesco, che andrebbe in gran parte distrutta.
Uno degli aspetti più allarmanti del progetto è l’utilizzo di cianuro nel processo di estrazione e lavorazione dell’oro e il conseguente totale sconvolgimento dell’assetto paesaggistico. Sono infatti previsti scavi immensi che trasformeranno cinque monti in crateri giganteschi attraverso l’uso intensivo di dinamite. Inoltre, mediante la costruzione di una diga di 180 metri di altezza, verrà realizzato un enorme lago artificiale che conterrà fino a 250 milioni di tonnellate di acqua contaminata dal cianuro.
Nonostante le rassicurazioni della Gold Corporation (RMGC) sulle sofisticate tecnologie di contenimento dei materiali tossici, la popolazione romena ha ancora ben in mente le immagini disastrose del caso di Baia Mare, nel nord del Paese.
Il monito di Baia Mare
Qui il 30 gennaio 2000 una perdita del bacino per sterili della miniera Aurul, causò il riversamento di ingenti quantità di acqua e fanghi ricchi di cianuro nel sistema fluviale circostante contaminando i fiumi Someș, Tibisco e Danubio fino a sfociare nel Mar Nero.
Di questa vicenda noi cosa ricordiamo? Io ricordavo davvero poco fino a quando, prima di partire per Roşia Montană alla ricerca di informazioni, mi sono imbattuta nelle immagini che documentano quella catastrofe.
Carcasse di pesci, uccelli e altri animali che costeggiavano le sponde del Danubio e che i nostri telegiornali raccontavano con orrore.
Chi non ha dimenticato sa bene che cosa può provocare un incidente simile all’intero ecosistema e ovviamente non vuole che ciò accada di nuovo.
nnnnnn
La Gold Corporation. Un posto di lavoro al cianuro
La RMGC, che ho incontrato a Roşia Montană nella veste di una elegante promotrice nel Centro Informazioni della Gold Corporation, minimizza o nega le conseguenze negative e mi espone il lungo progetto attraverso affascinanti plastici e sofisticati puntatori laser.
Confesso che dopo circa mezz’ora sono un po’ confusa. Insomma, inizio a chiedermi che ci sarebbe di male? Posti di lavoro, progetti di bonifica, ristrutturazione delle antiche abitazioni di alcuni villaggi… e il cianuro?!
Beh, ora non esageriamo. “Il cianuro è un elemento naturale e viene usato ogni giorno per costruire i prodotti più comuni. Il suo utilizzo è normale, il 95% delle operazioni di estrazione dell’oro avviene mediante il cianuro che serve anche per fare gioielli e collane, è presente nell’elettronica, nei cosmetici, nel nylon, nelle medicine e in molti altri prodotti della nostra vita quotidiana. Può essere velenoso ad alta concentrazione e, se utilizzato in modo improprio come molte sostanze di uso quotidiano, tra cui la candeggina” [cfr. il sito rosiamontananews].
Esco inebetita con in mano brillanti brochures patinate che pubblicizzano il progetto. Mi guardo un po’ intorno e mi rendo conto che qui la multinazionale canadese non ha perso tempo e ovunque nel paese espone i vantaggi del progetto, offre posti di lavoro e osanna l’antica tradizione mineraria.
Quasi tutte le case di questo piccolo villaggio desolato fanno parte di un programma di ristrutturazione.
A Corna, villaggio per cui è previsto l’intero smantellamento, molte abitazioni sono state già acquistate dalla Gold Corporation e i proprietari sono stati spostati in nuovi appartamenti in altre zone del distretto. La stessa sorte sembra debba avvenire per cimiteri e chiese.
Guardando questi luoghi mi tornano alla mente le immagini di New Eldorado di Tibor Kocsis, un documentario del 2004 che descrive le vicende controverse di questo progetto con intelligenza, serietà e passione. In esso risaltano bene le difficoltà e il piacere del vivere in questa terra, perplessità e certezze dei suoi abitanti.
“New Eldorado” di Tibor Kocsis. Il documentario
C’è chi racconta perché ha deciso di lasciare questo posto “dimenticato da Dio” e vendere la sua casa alla multinazionale e chi invece lotterà fino alla morte perché non venga buttato giù nemmeno un mattone.
Una bandiera No Tav a Roşia Montană
Passeggio per Roşia Montană e vorrei che in un attimo si popolasse di vita. Vorrei bussare a ogni porta per chiedere la storia di ciascuna famiglia e farmi raccontare che cosa sarà di questo posto.
Sulla strada principale incontro due uomini intenti a lavare una moto da cross. Sono restii al prestarmi attenzione. Sono sospettosi, ma con un po’ d’insistenza ottengo le indicazioni per raggiungere l’abitazione del presidente dell’associazione Albornus Maior, Eugen David. Mi inerpico per strade tortuose e mi fermo dove l’auto sembra non poter proseguire. Scendo un po’ rassegnata alla ricerca di indizi utili e quasi incredula intravedo da lontano una bandiera familiare che dalla cima di un palo sovrasta l’intera vallata. È la bandiera No Tav che sventola in compagnia di quella Salvați Roşia Montană.
Salvați Roşia Montană ed Eugen David
Una voce maschile mi urla che sono arrivata. Mi si presenta dinnanzi un uomo dall’aria trasandata con gli stivali di gomma ai piedi, berretto in testa e sigaretta in bocca. Un classico montanaro valsusino? No, il presidente Eugen David in persona.
Il sole è ancora caldo, ci sediamo di fronte alla sua cascina sotto una tettoia con panche e tavole dove bandiere, cartelli e scritte lasciano intendere una intensa attività sociale e politica. Gli racconto del mio incontro con la signorina della Gold Corporation e lui mi spiega che, se sono arrivata fino a lui per farmi convincere, non ho capito nulla.
La multinazionale canadese ha tutti gli interessi e le possibilità economiche per far apparire questo progetto una meraviglia. Lui dice, a confronto, non ha nessuna credibilità ed effettivamente da come si presenta capisco che non ha torto. Mi parla a lungo dell’importanza del vivere in equilibrio e nel rispetto della natura. Delle molte possibilità di lavoro che qui si potrebbero ricreare con l’allevamento, l’agricoltura e la lavorazione sensata e ragionata del legno. Mi spiega che sono molte le persone del luogo a non volere questo progetto e molte di più se si tiene conto dell’intera Romania e dei romeni all’estero: è con la cittadinanza e con la legge che si vincerà questa battaglia.
Intervista a Eugen David, presidente dell’associazione Albornus Maior. Video
Mentre intervisto Eugen David vanno e vengono giovani romeni che sono venuti fino qui per conoscerlo e per parlare con lui di come continuare l’opposizione.
È ora di ritornare a Timişoara, ma prima di andarmene non posso fare a meno di chiedergli dove ha preso la bandiera No Tav e cosa sa di questa storia. Mi spiega che un gruppo di italiani sono arrivati fino qui per sostenerli e l’hanno portata in segno di fratellanza. Militanze transnazionali? Eugen sa che in una valle del Nord Italia vogliono farci passare un treno ad alta velocità e che sono in molti a non volerlo.
Una ruvida stretta di mano e un ultimo sguardo alle due bandiere.
Lascio questo magnifico paesaggio con il timore che questa battaglia sia troppo grande per essere vinta, ma anche con la consapevolezza della grande forza di questo movimento.
Dalle strade di Roşia Montană alle piazze romene al Parlamento
Da settembre in tutte le principali città romene migliaia di persone sono scese in piazza ogni domenica per dimostrare pacificamente contro il progetto minerario.
Sito rosiamontana
Per avere un’idea dell’ampiezza della mobilitazione è sufficiente scorrere la lunga lista degli eventi e delle città romene e straniere coinvolte sul sito della campagna Salvați Roşia Montană [cfr. sito rosiamontana.org].
Bubblegun feat. Protestatarii Aur si Arginti. Video
Lo slogan “Uniti salviamo Roşia Montană” a lungo scandito è diventato anche un brano musicale di una giovane band.
Immagini che ricordano altre piazze popolate di giovani manifestanti, e richiamano Istanbul, New York delineando anche agli occhi dei più esperti di questo Paese una immagine nuova della Romania.
C’è chi l’ha definita la prima vera rivoluzione popolare dopo l’89.
Proteste in Romania per Roşia Montană. Video
Dopo le proteste di piazza, finalmente, il 10 dicembre scorso la Camera dei deputati del Parlamento ha bocciato gli emendamenti governativi alla nuova legge mineraria che dava il via libera al progetto della Gold Corporation.
Al mio rientro in Italia ho continuato a seguire la vicenda con interesse e timore, scoprendo che esiste una vergognosa Roşia Montană italiana: a Furtei, in Sardegna, una miniera d’oro gestita da una società canadese e dalla regione sarda, fallita nel 2010 dopo pochi anni di attività lasciando sul terreno un grande lago al cianuro di cui nessuno ha ancora iniziato la bonifica.
La Romania resta però per troppi il “paese arretrato e bloccato, il paese dei carretti trainati dai cavalli e di cetrioli in salamoia… il paese delle nostre badanti“
Fotografie di Claudio Canal
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