TAFFERUGLI, CONDANNATI 24 NO TAV

da: La Stampa

Gli episodi sono avvenuti il 17 febbraio 2010 tra la Valsusa e Torino
Disordini in una foto d’archivio
 paola italiano
 Tutti condannati i 24 No Tav a processo per i disordini e tafferugli del 17 febbraio 2010 avvenuti tra la Valsusa e Torino. Le condanne per i reati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale vanno dai 4 ai 9 mesi. Ai manifestanti era contestato di aver tentato di impedire l’arrivo di una trivella che doveva effettuare dei sondaggi preliminari per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione in frazione Col di Mosso e a Chianocco. Un ragazzo era rimasto ferito durante i tafferugli con la polizia ed era stato portato all’ospedale Molinette, nel capoluogo, dove si erano verificate nuove tensioni. Un gruppo di manifestanti aveva poi tentato di bloccare l’uscita dei camion di distribuzione del quotidiano “La Stampa” con un picchetto davanti alla tipografia del giornale. L’unico episodio per cui “il fatto non sussiste” secondo il tribunale è la rapina di un’agenda a un poliziotto. Per alcuni degli attivisti già condannati in altri processi negli ultimi anni è stata la sospensione condizionale della pena.

Laura Boldrini denunciata dal Codacons per aver portato il compagno sul volo di Stato (FOTO)

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/16/laura-boldrini-denunciata-codacons_n_4452331.html?1387198066&utm_hp_ref=italy

 L’Huffington Post  |  Pubblicato: 16/12/2013 13:47 CET Roma Fiction Fest, red carpet della fiction L'Assalto

Il Codacons ha inviato questa mattina un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e alla Corte dei Conti contro il presidente della Camera, Laura Boldrini, per la vicenda del volo di Stato in Sudafrica sul quale ha viaggiato anche il suo compagno. Per l’associazione, che già in passato denunciò Clemente Mastella e Silvio Berlusconi, “non si comprende a che titolo la Boldrini abbia usufruito con il proprio compagno di un volo pagato dai cittadini e diretto ad un evento riservato a leader mondiali e capi di Stato”.

Per il Codacons, “è necessario accertare se vi siano stati sperperi di risorse pubbliche a danno della collettività”. “Certo non si comprende – sostiene il Codacons nella denuncia – cosa ci facesse il compagno della Boldrini su un volo di Stato per una cerimonia cui erano stati invitati esclusivamente capi di Stato e di Governo. Ma soprattutto a spese di chi”.

Il Codacons ha dunque chiesto alla Procura e alla Corte dei Conti di accertare se “possano configurarsi sprechi di denaro pubblico a danno della collettività e conseguentemente sanzionare le eventuali scelte dannose per la collettività stessa ivi comprese le ipotesi di illeciti fonte di danno erariale, e di predisporre tutti i controlli necessari per accertare e verificare se nei fatti esposti possano celarsi fattispecie penalmente rilevanti, ivi compreso quello di utilizzo illegittimo di fondi e/o risorse pubbliche”.

La geologia per l’esplorazione petrolifera in Italia

Trivellare fa bene…..parola di “esperti” senza conflitti di interessi……Posted By Maria Rita D’Orsogna On 14 dicembre 2013

 
 
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Nelle intenzioni degli organizzatori, l’evento serviva per dare “la possibilità di fare conoscere lo status della ricerca e della produzione di idrocarburi in
Italia” ma sopratutto per “rispondere alla frequente disinformazione sul tema, per esempio sui danni ambientali e il rischio sismico indotti dall’attività
esplorativa (vedi terremoto di Ferrara, fracking, etc.).”
 
Il convegno voleva avviare un “dibattito su queste tematiche e di elaborare un documento che metta al corrente la società civile delle potenzialità dell’Italia per una ripresa delle attività esplorative.”
 
Uno direbbe, va bene, saranno presenti figure professionali di ambo le opinioni, chi pensa che il petrolio – poco e scadente d’Italia – sia un toccasana per il nostro paese  il giardino d’Europa, e poi quelli che invece pensano che i danni ambientali e sociali siano veri, e gravi. E chissa’ magari anche sentire tutti quei poveretti che ci vivono  con le trivelle, nelle proprie comunita’, tutti i santi giorni.
 
Altrimenti che dibattito e’? E cosi’ vediamo chi c’era.
 
Si parte con Carlo Doglioni, il Presidente della Societa’ Geologica Italiana che pero’ sul proprio sito Linkedin dice anche di essere “la persona in carica per la Gas Plus Italiana”, in un progetto in collaborazione per l’Albania.[7]
 
La persona in carica per la Gas Plus Italiana.
 
Carlo Doglioni ha anche dato il suo “contributo specialistico”[9] a supporto del progetto di Stoccaggio di Rivara, in Emilia Romagna. Per amor di patria, certo.
 
Passiamo a Gian Vito Graziano, il Presidente Consiglio Nazionale dei Geologi, che circa un anno fa diceva di essere molto scettico sulle correlazioni fra sismi e trivellazioni, [10]sebbene ci siano stati fior fiori di documenti e di studi a mostrarlo – con trivelle da petrolio, da geotermia, da gas – su Science, su PNAS, e nelle case dei residenti dell’Ohio, del Texas, del Colorado, dell’Arkansas, e sebbene lo dica lo stesso USGS, il servizio geologico degli USA, e sebbene lo dicano gli stessi petrolieri!
 
E’ il turno di Roberto Gambini e di Fernanda Panvini dell’ENEL Longanesi Development, anche loro con interessi trivellanti in giro per l’Italia.
 
 
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Roberto Gambini, Fernanda Panvini
 
La ENEL Longanesi development ha in concessione i permessi Bosconero in Piemonte, Casale Cocchi in Emilia Romagna, Porto Maggiore in Emilia
Romagna, San Marco in Emilia Romagna e Jolanda di Savoia in Emilia Romagna.
 
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Sono sicura che gli emiliani stanno per svenire di fronte a tutto questo affetto.
 
Poi ci sono Piero Casero, Stefano Paoloni, Daria Fortunati, della Compagnia Generale Idrocarburi – che parlano di
 
“Il progetto di esplorazione petrolifera “ Gesualdo 1” (Appennino Irpino): un esempio di disinformazione mediatica”
 
E perche’ dicono questo?  Perche’ non c’erano loro a fare propaganda ai petrolieri? Perche’ c’e’ li come un giaguaro Franco Ortolani a spiegare
alla gente che non e’ proprio una bella cosa bucare un territorio fraglie?
 
Piero Casero ci fa sapere dal suo curriculum [15] che nella sua carriera ha lavorato come consulente e in altri ruoli per la Esso, la Elf, la Total. Per quest’ultima ha lavorato in vari ruoli dal 1982 al 2001. Ha applicato la sua conoscenza ai campi minerari di Colombia, Venezuela, Cuba, Ecuador, Romania, Tunisia ed in Italia.
 
Evidentemente gli dispiaceva non essere potuto intervenire in Irpinia.
 
 
Compagnia Generale Idrocarburi SpA provides oil and gas exploration and production services. The company was founded in 2001 and is based in
Rome, Italy.
 
Hanno pure dei titoli minerari, da soli e in Joint Venture in Lombardia, Emilia Romagna (Castelverde), in Molise (Colle Ginestre), in Piemonte e Lombardia (Corana), in Irpinia (Nusco), in Lombardia ed Emilia Romagna (Codogno), e nelle Marche (Villa Gigli).
 
Cosa altro possono dire se non che trivellare e’ cosa buona e giusta e che quando uno osa andare contro i buchi selvaggi e’ un caso di “disinformazione mediatica”?
 
Notare che il pozzo Gesualdo e’ proprio nella loro concessione Nusco – ma va che c’e’ disinformazione mediatica!!!!
 
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Last but not least, Davide Scrocca, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che invece parla di “Giacimenti di idrocarburi e sismicita’ stimolata, una revisione (Italia-Centro Settentrionale)”. Questo mi sarebbe molto piaciuto sentirlo e sopratutto sapere di che “revisione” si tratta.
 
 
Ad ogni modo, la sua tesi, da quel che mi pare di capire, e’ un sofisticato tuttapposto. Ecco cosa dice nelle conclusioni delle sue slide:
 
“Caviaga: dubbi sulla effettiva interpretazione come terremoto innescato da attività
estrattiva”
“Le
ipotesi su un eventuale innesco del terremoto dell’Emilia del maggio
2012 sono in realtà prive di oggettivi elementi di supporto”
 
“In
italia, dai database sismologici disponibili e per i principali
giacimenti on-shore, si hanno scarse evidenze  di sismicità stimolata
chiaramente attribuibile alle attivita’ estrattive con magnitudo
superiore alla soglia percepibile dalla popolazione:estrattive con
magnitudo superiore alla soglia percepibile dalla popolazione”
 
E certo, Caloi, quello di Caviaga, e’ morto! Ma scusi, ma perche’ mai l’Italia dovrebbe essere diversa da tutti gli altri?  E il punto non e’ degli elementi oggettivi o non, il punto e’ e’ saggio CONTINUARE a bucare il territorio alla cieca dietro il paravento dei piccoli giacimenti, dietro il fatto che non e’ “mai” successo e quindi andiamo avanti come struzzi?
 
Ma vaglielo a spiegare.
 
Poi pero’ in extremis aggiunge che occorre continuare a “studiare”  specie in Val D’Agri dove invece sono previsti grandi giacimenti e la reiniezione di fluidi nel sottosuolo.
 
 
Dimmi con chi vai e ti diro’ chi sei, eh?
 
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Giacimenti
di idrocarburi e sismicità stimolata: una revisione (Italia
centro-settentrionale) – See more at:
 
 
E quindi tutti i signori intervenuti lavoravano o hanno lavorato per societa’ o in collaborazione che hanno interesse a trivellare l’Italia” : Pierluigi Vecchia, Davide Scrocca, Piero Casero, Stefano Paoloni, Daria Fortunati, Roberto Gambini e Fernanda Panvini e Carlo Doglioni.
 
E poi alla fine c’e’ il dibattito.
 
Ma quale dibattito sara’ mai stato?
 
Mi sembrano tutti della stessa linea di principio: trivella e lascia trivellare, possibilmente in casa di altri.
 

E’ INIZIATA LA CORSA AI “FORZIERI” DELL’ARTICO II

Venti di guerra sull’Artico: Putin ordina all’esercito di rafforzare la presenza al Polo Nord

14 dic 2013 – Il presidente russo Vladimir Putin considera la propria leadership militare nell’Artico come una priorità. Lodando il recente ripristino di un aeroporto, ha rimarcato pubblicamente il fatto che la Russia deve usare ogni mezzo per tutelare i propri interessi nazionali nella regione.

L’intervento del Cremlino viene dopo che il Canada ha annunciato l’intenzione di rivendicare la piattaforma continentale sotto il Polo Nord. Ma il ricco piatto, in termini di risorse minerarie e fossili che si celano sul fondo dell’oceano artico, fa gola anche alla Danimarca, che tuttora detiene la sovranità sulla Groenlandia e quindi può legittimamente avanzare le proprie pretese.
4L’Artico si stima che possieda (ancora da scoprire) il 30% del gas il 15% del petrolio mondiale. Per ironia della sorte, è proprio il cambiamento climatico in atto che rende la regione meno proibitiva e grazie ai progressi nella tecnologia di perforazione, queste riserve saranno sempre più facili e meno costose da sfruttare.
A un’importante riunione di alti ufficiali delle forze armate russe, ieri il presidente Putin ha chiesto loro di prestare «particolare attenzione alla realizzazione di infrastrutture e unità militari nell’Artico». Ha ringraziato il personale della difesa per la riapertura, questa estate, di una vecchia base aerea sovietica abbandonata 20 anni fa sulle isole Novosibirsk in Artico. «L’anno prossimo, dobbiamo completare la formazione di nuove grandi unità e divisioni militari [nell’Artico ]», ha aggiunto Putin, riferendosi probabilmente ai siti di Tiksi e Severomorsk.
E’ dall’agosto del 2007 che gli esploratori russi, viaggiando in mini – sommergibili, stanno piantando la bandiera del proprio paese sul fondo del mare per ulteriori rivendicazioni di Mosca per l’Artico. Il fermo di una nave di Greenpeace e il suo equipaggio dopo aver protestato contro una piattaforma petrolifera artica russa, nel mese di settembre, ha evidenziato la sensibilità del Cremlino alle critiche della sua prospezione nella regione.

Stiamo parlando del centro di un grande oceano inospitale che è in totale oscurità per tre mesi ogni anno, a migliaia di chilometri da qualsiasi porto. L’acqua del Polo Nord è profonda fino a 3.650 m ed è sempre stata coperta dal ghiaccio marino in inverno. Non è un luogo dove è stato possibile pensare l’estrazione del petrolio e del gas, anche e soprattutto per il delicatissimo equilibrio ecologico in cui vive l’area. Ma l’effetto serra, con il progressivo aumento della temperatura degli oceani e lo scioglimento del pack, rende il tutto più appetibile.
Fonte: http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/putin-esercito-artico/

E’ iniziata la guerra per accaparrarsi le risorse dell’Artico

(AGI) – Ottawa, 9 dic. – Il Canada intende rivendicare il Polo Nord e le acque artiche circostanti. Il ministro degli Esteri, John Baird, ha annunciato che il governo di Ottawa ha depositato una richiesta preliminare alle Nazioni Unite cercando di espandere ulteriormente i propri confini marittimi sull’Atlantico. Dopo un decennio di ricerche sui fondali nord-orientali, il Canada ha presentato una petizione riguardante i limiti esterni della piattaforma continentale del Canada nel Mar Glaciale Artico.
La richiesta potrebbe aumentare le tensioni con Danimarca e Russia, che anch’essi rivendicano diritti sul Polo Nord. Canada, Russia, Danimarca, Norvegia e Stati Uniti puntano tutti a controllare il piu’ possibile una regione che, secondo lo statunitense Geological Survey, contiene il 30 per cento del gas naturale da scoprire e il 15 per cento del petrolio. (AGI) .

Il Canada segna i confini per lo sfruttamento delle risorse della regione
Il Canada reclama la sovranità sul Polo Nord con un gesto di sfida a cui la Russia si prepara a rispondere evidenziando una disputa  internazionale dagli esiti imprevedibili che ha in palio le maggiori  risorse naturali inesplorate del Pianeta.  
È il premier di Ottawa, Stephen Harper, ad aver dato mandato al governo di presentare entro questa mattina alla commissione Onu sui  Limiti della piattaforma continentale la richiesta di estendere i  confini settentrionali del Canada fino a includere il Polo Nord. Si  tratta di una «richiesta preliminare» al Palazzo di Vetro, a cui Ottawa  ne farà seguire un’altra «più dettagliata» ovvero con l’inclusione della relativa mappatura sottomarina.  
Lo scenario di uno scontro all’Onu Harper-Putin sul Polo Nord, porta  consensi a Ottawa. «Abbiamo tutti i diritti di rivendicarne il  controllo» afferma al «Globe and Mail» Rob Huebert, direttore del Centro di studi militari e strategici all’Università di Calgary, prevedendo  «una difficile trattativa fra Canada, Russia e Danimarca» per arrivare  ad una suddivisione dei diritti di esplorazione.

 http://www.signoraggio.it/la-battaglia-per-le-risorse-del-polo-nord-e-iniziata/

Matteo Renzi: un pupazzo nelle mani della McKinsey, la multinazionale che ha affossato il sistema bancario italiano

 10 dic 2013 – In rete esistono decine di siti che hanno tentato, mediante ragionamenti di largo respiro, di interrogarsi su chi sia realmente Matteo Renzi e sui retroscena della sua folgorante carriera politica che, da giovane militante dei comitati per Prodi (buono quello!) lo ha visto divenire prima segretario provinciale del PPI e poi della Margherita di Rutelli e di Lusi, poi, a soli 28 anni, Presidente della Provincia di Firenze, poi Sindaco e, progressivamente, il personaggio politico più presente in assoluto nei programmi televisivi.
 
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Quello che, fra cene ad Arcore con il Cavaliere e incontri con Angela Merkel e Obama, attraverso il “verbo” della rottamazione e dichiarazioni pubbliche incentrate sulla pochezza e sull’ovvietà, leader del PD e di un’Italia che affonda. Ebbene, tutti questi siti, pur facendo giuste osservazioni e ponendosi legittimi interrogativi sui suoi rapporti con la Massoneria e con i poteri forti della finanza internazionale, non ci danno delle risposte, non vanno oltre il pettegolezzo o le illazioni.
 
A noi non interessa il pettegolezzo. Quello lo lasciamo volentieri a Marco Travaglio e ad altri simili servi del sistema. A noi interessa che la gente apra gli occhi sulla verità, sul grande inganno nel quale siamo immersi fino al collo. A noi interessa constatare e far capire quella che è ormai un’evidenza: Matteo Renzi è un massone figlio di massoni!
 
Non ci interessa il fatto che magari non si trovino le prove di un suo effettivo “tesseramento”, di una sua affiliazione a qualche loggia. Renzi è l’espressione più diretta ed immediata di quella culturalità massonica di cui si servono i grandi burattinai del potere occulto per agire indisturbati ai danni della società. Questa massonicità lo investe come individuo, come parte integrante di un contesto politico di potere e come espressione di una cultura che è e resta prettamente massonica.
 
Per stessa ammissione del Maestro Venerabile del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi, fra le fila degli iscritti al PD si contano oltre 4000 affiliati all’obbedienza di Palazzo Giustiniani (vale a dire quasi un quinto dei tesserati del partito), la maggior parte dei quali risultano in Toscana. E questo senza contare i tesserati che fanno capo ad altre obbedienze massoniche diverse dal G.O.I., che sono comunque molto forti e radicate sul territorio.
 
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Il mondo è governato da circa 1000 grosse banche, quasi tutte sotto il diretto controllo di potenti famiglie come i Rotschild e i Rockfeller. La Massoneria rappresenta il loro braccio esecutivo nello scegliere e nel selezionare quei leader politici più idonei, più gestibili e maggiormente manovrabili che, insediatisi nei posti chiave del potere, favoriscono gli interessi di chi realmente comanda e decide. Matteo Renzi rientra perfettamente in questo schema, ed è il prodotto di una abile e pianificata campagna di marketing dai toni a stelle e strisce e dal sapore inconfondibilmente massonico. Una campagna di marketing senza dubbio preparata già da anni, e finalizzata a lanciare mediaticamente e politicamente un “volto nuovo” in un certo senso predestinato ad assumere le leve del potere e a fare di conseguenza, una volta Presidente del Consiglio, gli interessi di chi sta nella cabina di regia.
 
Matteo Renzi, un personaggio abilmente costruito a tavolino e curato nei minimi dettagli per quanto riguarda il look, la gestualità, il tenore e il contenuto dei discorsi, tanto che, nonostante risulti agli occhi dei più attenti una squallida scopiazzatura di Barak Obama, sta trovando sempre maggiori consensi sia fra un elettorato di sinistra ormai senza bussola e senza identità, sia fra l’elettorato di un centro-destra fiaccato da vent’anni di Berlusconismo e di promesse non mantenute.
 
Non so voi, ma io in questa cabina di regia ci vedo chiaramente i volti del Bilderberg, dei Rotschild, della grande finanza internazionale e del Nuovo Ordine Mondiale.[1]
 
Mentre il “ragazzo” continua a fare il divo in programmi televisivi e si accinge a vincere le primarie farsa, è passata quasi inosservata la notizia di una sua condanna in primo grado, decretata dalla Corte dei Conti, per vicende relative a vari abusi, illeciti e irregolarità risalenti al tempo in cui l’Homo Massonicus, rivestiva l’incarico di Presidente della Provincia di Firenze.
 
Da rilevare che sotto inchiesta sono finiti anche i 4,5 milioni di Euro che, durante il mandato renziano, la Provincia di Firenze ha elargito alla Florence Multimedia, una società di comunicazione. Eh, già! La comunicazione è tutto, se si vuole bucare lo schermo e presentarsi ai cittadini come il nuovo salvatore della Patria…[2]
 
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Carlo De Benedetti, l’uomo “del sistema” per eccellenza, il perno centrale che ha permesso, dopo la caduta della Prima Repubblica, la definitiva svendita del nostro patrimonio pubblico alla grande finanza internazionale e l’assoggettamento del nostro Paese ai poteri forti della speculazione, ha annunciato pubblicamente il proprio incondizionato sostegno a Matteo Renzi.
 
Il manager, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, si è dimostrato piuttosto freddo con il bilderberghino Letta e con il suo Governo, perché a suo giudizio l’attuale premier avrebbe “tradito le sue aspettative”, dichiarando di guardare adesso a Firenze, parlando a ruota libera della necessità di un ricambio generazionale ai vertici del Paese e delle istituzioni. “Noi possiamo e dobbiamo favorire questo ricambio”, ha detto De Benedetti. “Dobbiamo anche lasciar fare, dobbiamo permettere a chi ha voglia e animo di costruire il futuro di questo Paese di farlo”.
 
Parole inquietanti, queste di Benedetti, che io traduco liberamente più o meno così: “Cari Rotschild e Rockfeller, cari vertici della finanza mondiale e del sistema usurocratico-bancario, siccome l’attuale generazione di politici italiani non è poi così tanto funzionale al “sistema”, occorre voltare pagina e appoggiare tutti insieme chi potrà meglio garantire il nostro business”.[3]
 
Pochi sanno che Matteo Renzi, oltre a godere dell’appoggio incondizionato di Carlo De Benedetti, ha da alcuni mesi un personale consigliere economico, e non si tratta di una persona qualsiasi. Stiamo parlando di Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e, da questa legislatura, anche membro del Parlamento, essendo stato eletto alla Camera dei Deputati nelle liste del PD.
 
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Nato a Tel Aviv nel 1959, Gutgeld si è laureato all’Università Ebraica di Gerusalemme nel 1984, specializzandosi nel 1989 a Los Angeles, presso l’Università della California. È stato fino al Marzo di quest’anno Senior Partner e Direttore della McKinsey & Company, una delle principali multinazionali nel settore delle consulenze, ma non è nuovo al mondo della politica italiana, avendo partecipato nel 2006 alla stesura del programma di Romano Prodi (e questo la dice lunga!).
 
Gutgeld avrebbe confezionato per Renzi un vero e proprio programma di governo tendenzialmente liberista, con tutta una serie di proposte e provvedimenti per “risanare e riqualificare la situazione economica e il mondo della politica”. In questo programma, presto disponibile nelle librerie, Gutgeld ringrazia per i consigli raccolti molti personaggi della finanza, fra cui, in qualità di “ex colleghi”, i banchieri Roberto Nicastro e Alessandro Profumo.
 
Come se la nomina del Sindaco di Firenze a Presidente del Consiglio fosse ormai cosa certa (evidentemente è già da tempo nell’agenda dei burattinai del Nuovo Ordine Mondiale), vi riassumo sinteticamente ciò che questo “Casaleggio in salsa renziana”, come lo ha definito Dagospia, prevede di far attuare, anno dopo anno, allo showman di Rignano sull’Arno.
 
Non si tratta solo di misure in bilico fra la demagogia “democratica” e il liberalismo più sfrenato, come vuole la tradizione dei programmi del PD, ma di qualcosa che va molto oltre, di una serie di ricette per cucinare e servire su un vassoio d’argento quel che resta del patrimonio industriale dello Stato.
 
Misure in regime straordinario per il primo anno, vendendo le aziende di Stato “in parte o totalmente, a seconda di ciò che serve”. Dal secondo anno, invece, “con i proventi della lotta all’evasione fiscale” Gutgeld prevede di far realizzare a Matteino demagogica e generica “una riduzione dei costi dello Stato”, da attuarsi con un ulteriore giro di vite sull’uso del contante, che il guru renziano ipotizza di limitare a 300 Euro! Per non parlare dell’introduzione dell’obbligatorietà dei pagamenti elettronici in tutti i settori. E così, via, fra ripetute lodi all’Euro e inviti ad una rapida e auspicabile (per lui) unione bancaria europea.[4]
 
Ecco l’ideologia renziana in pillole: privatizzazioni a tutto spiano di aziende pubbliche, ex municipalizzate e patrimonio statale; amnistia per i politici corrotti se escono di scena; vendita ai privati di Rai1 e Rai2, ma al contempo modello BBC con un’amministrazione pubblica; un far west dei contratti aziendali; immigrazione “intelligente”, cioè, seguendo la filosofia economicistica della vigente Bossi-Fini (già Turco-Napolitano), si accettano solo extracomunitari utili e programmati; una spruzzatina di sensibilità pro-gay con le unioni civili e infine riformine come una Tobin Tax del 5 mille sulle transazioni finanziarie.
 
Ma quale innovazione politica? Renzi è favorevole all’operato di Marchionne, alla Tav, all’aumento dell’età pensionabile, agli inceneritori di rifiuti, alla privatizzazione dell’acqua.[5]
 
Il fatto che l’Homo Massonicus Matteo Renzi abbia usurpato a Massimo D’Alema il sostegno di Carlo De Benedetti e che abbia arruolato come consigliere economico nientemeno che l’economista israeliano e uomo delle multinazionali Itzhak Yoran Gutgeld, deve aver fatto scattare nella testa di “baffino”, oltre al tarlo della gelosia, la piena consapevolezza di essere stato scaricato da quei “poteri forti” che ha sempre fedelmente servito e sostenuto.
Le sparate di Massimo D’Alema, che ha paragonato Renzi a “un Giamburrasca ignorante”, celano infatti la consapevolezza che, al tavolo di quei “poteri forti” sia stato tolto lo strapuntino da sempre riservato all’ex Presidente del Consiglio, e che esso sia stato sostituito con una comoda poltrona dorata con sopra scritto “Matteo Renzi”. Perché quei “poteri forti”, quando individuano un politico che può al meglio servirli, lo coccolano, lo portano in alto, gli spianano la strada, lo collocano nei posti chiave di comando a loro più congeniali, ma sono anche pronti, quando il “favorito” di turno ha esaurito la sua funzione, a gettarlo nella pattumiera e a sostituirlo senza tante remore.[6]
 
Vi ho già spiegato nel dettaglio come il suo personaggio sia stato mediaticamente studiato e costruito e imposto da ben collaudate agenzie di marketing, secondo un classico sistema all’americana.
Vi ho svelato come egli goda dell’appoggio dei peggiori “poteri forti” della grande finanza internazionale (e, recentemente, anche di quello di Carlo De Benedetti, un nome, una garanzia!), e di come tutto il suo pensiero (o meglio, “non-pensiero”) e la sua azione politica trasudino massonicità. Come, del resto, trasuda massonicità tutto il Partito Democratico, divenuto in Italia lo strumento prediletto della grande massoneria finanziaria internazionale.
 
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Vi ho parlato della condanna comminatagli dalla Corte dei Conti in relazione ad illeciti risalenti a quando il “ragazzo” presiedeva la Provincia di Firenze, e vi ho spiegato come certi “poteri forti” che fino ad oggi hanno avuto come referente Massimo D’Alema, dopo aver definitivamente scaricato “baffino”, stiano adesso puntando invece su Matteo Renzi. E, proprio in relazione a certi poteri, vi ho raccontato chi sia il “consigliere economico” del giovane aspirante Premier di Rignano sull’Arno, quell’economista israeliano (da questa legislatura Deputato del PD) Itzhak Yoram Gutgeld, fino al Marzo di quest’anno direttore della Mc Kinsey e già autore nel 2006 del programma politico di governo di Romano Prodi. E vi ho raccontato come Gugeld abbia confezionato per Renzi un programma di governo ad hoc per finire di consegnare quel che resta dell’Italia al potere usurocratico-massonico-bancario e alle multinazionali.
 
Voglio tornare a parlarvi di Gutgeld e della Mc Kinsey, poiché, non avevo fatto ancora piena luce sui danni enormi e incalcolabili che questa multinazionale, leader mondiale nel campo delle consulenze manageriali, della quale Matteo Renzi è palese espressione, ha arrecato al sistema bancario italiano e, soprattutto, alle tasche dei risparmiatori.
 
Gli Italiani, a differenza di molti altri popoli europei votati per cultura e tradizione all’indebitamento creditizio, hanno sempre avuto una marcata vocazione al risparmio, tanto che, nonostante la pesante crisi economica che stiamo attraversando (voluta e imposta dagli speculatori), il risparmio bancario dei nostri concittadini rappresenta ancora una quota consistente della ricchezza nazionale. Siccome i “guru” e gli avvoltoi della finanza internazionale stanno finendo di spolpare, con la complicità della “nostra” classe politica, le ricchezze dello Stato, e fra non molto nel settore dell’industria statale non resterà più niente da mordere, era inevitabile che prima o poi finissero nel mirino di questi sciacalli anche i risparmi dei privati cittadini, un tesoretto troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire.
 
Io ho sempre criticato la smania tutta italiana di “investire”. Non riesco infatti a concepire (forse perché non fa parte della mia cultura e della mia formazione) la fretta maledetta e la disinvoltura con cui decine di migliaia di miei concittadini consegnino alle banche i propri sudati risparmi acquistando Titoli di Stato o sottoscrivendo discutibili investimenti obbligazionari che, nel migliore dei casi, daranno a loro nel corso di diversi anni interessi decisamente ridicoli (spesso nell’ordine del 2 – 3%). Per la mia mentalità trovo tutto questo semplicemente una follia!
 
Quando mi capita (purtroppo raramente) di avere del denaro da investire, io mi guardo bene dall’affidarlo alle banche in cambio di carta straccia. Preferisco acquistare beni materiali a prezzo conveniente, per poi rivenderli al momento giusto e ricavarci un’utile magari del 100%, se non maggiore. Ma mi rendo conto che la stragrande maggioranza degli Italiani non ragiona così e, per tradizione, si è sempre votata all’acquisto di titoli. Tanto che, negli ambienti finanziari esteri, gli Italiani sono da sempre chiamati “BOT People”.
 
Era quindi ovvio e prevedibile che i lupi famelici che stanno strangolando la nostra economia sfruttassero questa tendenza tutta italiana ad “investire” per poter arrivare a mettere le mani sui loro risparmi. Come? La risposta è semplice! Stravolgendo completamente e snaturando il tradizionale sistema bancario, fino a poco tempo fa fondato sui depositi e sulla concessione del credito, in modo da poter in tutta libertà (e impunità) vendere ai nostri concittadini derivati, investimenti “tossici” e titoli spazzatura.
 
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Ci ha pensato naturalmente la Mc Kinsey, formulando e imponendo agli istituti di credito italiani l’utilizzo di piattaforme di consulenza come la Advice, che hanno distrutto la figura professionale dei bancari, parcellizzandone il lavoro e trasformandoli in venditori di fumo legalizzati, in “effettori” che propongono titoli spazzatura, senza neanche essere tenuti a conoscerne i potenziali rischi, carpendo così la fiducia dei risparmiatori.
 
La Mc Kinsey ha così imposto, un metodo di budgetismo “mordi e fuggi”, improntato su certificazioni di contratto illusorie e fuorvianti. La piattaforma Advice, imposta dalla Mc Kinsey, emette “consulenze” che recano la certificazione dell’ABI, consulenze che hanno già di per sé un costo base. Quindi l’ignaro risparmiatore viene spinto dal personale bancario, trasformato in una impersonale catena di piazzisti, ad acquistare e a sottoscrivere qualsiasi porcheria, in quanto “protetta” da una certificazione che deve pure pagare. Ma nessuno dice al risparmiatore che non si può certificare la certezza di un risultato e che sono alte le possibilità di andarci a rimettere.
 
Grazie quindi a personaggi come Gutgeld, e alla pressione che hanno esercitato sugli economisti e sulla stampa di settore per fare applicare il giochetto di queste certificazioni, non abbiamo più in Italia una banca “che fa la banca”, cioé che raccoglie il risparmio e che finanzia l’economia produttiva. Abbiamo invece una frode legalizzata che, oltre a danneggiare i risparmiatori, mortifica la stessa figura del bancario, defraudato della propria competenza e professionalità e ridotto quasi ad un robot.
 
Il metodo Mc Kinsey è stato introdotto in Italia agli inizi degli anni ’90, in preparazione alla campagna di frodi bancarie e di mutui facili al 100-110% del valore degli immobili.
I gestori del risparmio dei clienti sono stati così convertiti in piazzisti di titoli (perlopiù strutturati) spazzatura, che sovente si deprezzano del 5% il giorno dopo la vendita (il 5% viene così introitato dalla banca), e la clientela da spennare è stata suddivisa in:
 
– fascia bassa (family del MPS)
– fascia media (affluent)
– fascia medio-alta (upper affluent)
– fascia alta (private – gestito fuori dalle filiali, in uffici appositi).
 
In base alla “dottrina Mc Kinsey”, i gestori si spacciano per consulenti, ma hanno perso ormai quella conoscenza dell’economia e della finanza necessaria a fare da consulenti reali. Vendono prodotti spinti dalla banca, cioè quelli da cui la banca guadagna di più o quelli che deve sbolognare perché stanno per saltare (vedi vendite di titoli Lehman in prossimità del default) in conflitto di interesse coi clienti.
 
Attraverso piattaforme di consulenza automatica e computerizzata come la Advice, un software chiede le caratteristiche del cliente, i suoi bisogni, obiettivi, etc., per poi sfornare una proposta personalizzata e “certificata” dall’ABI, che però tiene conto innanzitutto degli interessi delle banche socie dell’ABI stessa. Per questa consultazione, il cliente paga (e non poco), per poi buttare i suoi risparmi in un pozzo dal quale non sa se riusciranno, perché non ha alcuna garanzia di non perdere l’investimento.
 
Come possono quindi gli Italiani fidarsi di Matteo Renzi, che della Mc Kinsey è prodotto ed espressione? Come possono fidarsi di un burattino il cui “consigliere economico” è uno degli artefici e dei responsabili della spoliazione “legalizzata” dei loro risparmi?
 
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Da ricordare che McKinsey è stata la palestra di Alessandro Profumo, ex amministratore delegato di Unicredit e attuale presidente del Monte dei Paschi di Siena, Corrado Passera, ex amministratore delegato di Banca Intesa ed ex ministro dello Sviluppo Economico del governo Monti, Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, Roberto Nicastro, attuale direttore generale di Unicredit e Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dell’Istituto per le Opere Religione (Ior).
 
“McKinsey e’ stata semplicemente la protagonista più influente delle più importanti trasformazioni del capitalismo degli ultimi cento anni. Qualsiasi problema le società dovessero affrontare McKinsey era pronta con una soluzione!
 
Nel libro ‘The Firm‘ il giornalista americano Duff McDonald traccia la storia del colosso di New York che ha dominato gli ultimi 100 anni di economia e finanza. Dalla spinta sul marketing negli anni ’50 fino a quella sulla globalizzazione negli anni ’90 e al crac di Enron.
 
Temo che quando il Popolo Italiano aprirà finalmente gli occhi sarà già sprofondato in un baratro dal quale non riuscirà più a risalire.[7]

Nessun virus nel messaggio.

Di Stefano (M5S) : “Non ho visto fascisti, non ho visto black block, ho visto gente disperata”

Mi oppongo fermamente ad ogni forma di violenza, proprio per questo mi sento di condividere con voi questo messaggio che ho ricevuto ieri:”Sono stato a piazzale Loreto poco fa.

Appena uscito da lavoro sono andato lì, a cercare di capire chi si nasconde dietro questa “temibile” e “irrispettosa” protesta di cui tutti parlano e di cui molti si lamentano.

Sapete quello che ho trovato?

Gente disperata.

Non ho visto fascisti, non ho visto black block, non ho visto nullafacenti.

Ho visto gente disperata.

Una vecchietta che era lì da stamattina, con la nebbia e 0 gradi.

Una signora sui 40 anni con una bandiera Italiana intorno al corpo, tremante per il freddo.

Un ragazzo in carrozzella che si muoveva davanti alle macchine bloccate spostando le dita sul suo joystick.

Tanti ragazzi, tanti ragazzi…

“Sono 5 anni che non trovo lavoro signora!

” diceva uno.

“No ma io me ne vado da qua, l’Italia la vedrò in cartolina.

Mi dispiace solo per mia sorella.”.

Ho visto la polizia, con gli scudi a terra, senza caschi, parlare con questa povera gente.

Un ragazzo enorme, rasato, con qualche mito di estrema destra nella testa, ha iniziato a gridare contro un ispettore che cercava di dirgli qualcosa.

 “Non mi toccare!”.

Interviene qualcuno, una 50ina di persone.

“oh ma non fare il coglione!

basta vattene a casa!

rovini tutto!

“Basta ragazzi andiamo a casa, non sprechiamo quello che abbiamo fatto oggi!

Ci vediamo qui domani”- dice la signora col tricolore sulle spalle- “E anche dopodomani!

E anche il giorno dopo ancora!

Non molliamo ragazzi!”.

Lo dice commossa.

I circa 100 superstiti di questa fredda e lunga giornata iniziano ad andare via.

Applauso alla polizia per la disponibilità e gentilezza mostrata.

Il traffico di Milano riprende a scorrere.

Tutti a casa, domani è un altro giorno di protesta.

Vorrei dare un consiglio a tutti quelli che da un giorno insultano e offendono chi, come questi poveri disgraziati, sta in mezzo alla strada da ieri mattina: quando domani sarete nel traffico bloccati, incazzati neri perchè vorrete tornare a casa a giocare a fifa 2014 dopo una giornata di lavoro, provate a scendere da quelle macchine.

Provate a guardare quello che non volete vedere.

Magari, almeno, sarete un po’ meno cattivi.”

Sergio Battelli
Portavoce M5S Camera

SEMPRE PIÚ INUTILE LA TORINO-LIONE ! di Luca GIUNTI

15 dicembre 2013 alle ore 22.22

Riferimento dati Alpinfo

L’Ufficio Federale dei Trasporti elvetico (UFT) ha pubblicato il rapporto AlpInfo 2012. Si tratta della raccolta totale dei dati delle merci – su strada e su ferrovia – che attraversano annualmente tutti i valichi alpini, da Ventimiglia fino a Wechsel, a sud di Vienna. Da giugno 2002 questo studio è seguito anche dall’Osservatorio del Traffico Merci nella Regione Alpina dell’Unione Europea. L’ultimo aggiornamento è valido dal 28 novembre 2013 ed è liberamente consultabile al link www.bav.admin.ch/verlagerung/01529/index.html?lang=it, assieme a quelli degli anni precedenti.

I numeri sono senza appello. Su tutti i valichi italo-francesi (Ventimiglia, Monginevro, Moncenisio, Fréjus e Monte Bianco) sono passati complessivamente 22,4 milioni di tonnellate di merci, sia su strada che su ferrovia, rispetto al totale di 190 milioni dell’intero arco alpino. L’Osservatorio Tecnico istituito dal Governo Italiano ha stabilito in 32,1 milioni di tonnellate annue la capacità della ferrovia a doppio binario già costruita tra Torino e Lione (Quaderno 1 “Linea storica – Tratta di valico”,www.regione.piemonte.it/speciali/nuova_TorinoLione/quaderni.htm). Tale valutazione risale al 2007. In seguito la linea è stata persino ammodernata con ingenti spese, migliorando addirittura la sua performance. Dunque il traffico globale tra Italia e Francia avrebbe potuto tranquillamente essere ospitato soltanto sull’attuale ferrovia senza riuscire a saturarla completamente. Invece, sulla direttrice della Val Susa sono transitate poco più di 14 milioni di tonnellate, delle quali, però, solo 3,4 sui binari. Uno scarto di 1 a 10!

Il confronto con i rapporti degli anni precedenti, tutti disponibili sul sito svizzero, conferma un trend in continua diminuzione sul versante occidentale delle Alpi, iniziato ben prima della crisi del 2008, mentre si incrementa verso Svizzera e Austria. Italia e Francia hanno economie mature, interessate soltanto da scambi commerciali di sostituzione, mentre il percorso nord-sud collega il centro e l’est Europa con i mercati orientali in espansione.

Per contro, la frontiera di Ventimiglia ha accolto, da sola e quasi interamente su strada, 17, 4 milioni di tonnellate, 3 in più di quelli piemontesi. Laggiù la ferrovia ha stretti vincoli e andrebbe ammodernata, con spese e disagi tutto sommato contenuti perché si lavorerebbe a livello del mare e senza dover traforare le montagne. Inspiegabilmente, quel passaggio è trascurato da ogni politica. Invece, quello più difficile, più costoso e lapalissianamente più inutile della Val Susa è costantemente favorito, al costo stimato di 26 miliardi di euro, con l’entrata in esercizio prevista ben dopo il 2030 e addirittura con i benefici attesi dopo il 2070(Quaderno 8, al link sopra citato). Ma solo se le mostruose previsioni di incremento dei traffici saranno rispettate, e non lo sono!

Quando si prenderà finalmente atto che il progetto della Torino-Lione è vecchio, inutile ed esoso?

Quando, semplicemente, si rispetteranno i documenti ufficiali e gli atti governativi? I già citati Quaderni dell’Osservatorio – che riportano l’intestazione “Presidenza del Consiglio dei Ministri” – o almeno l’originario accordo tra Italia e Francia del 2001 che all’articolo 1 espressamente dichiarava “l’entrata in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti”.

 

Che cosa ci fa una bandiera No Tav in una valle romena?

http://www.tgvallesusa.it/?p=4136

Scritto da: Contributi – dic• 15•13

servizio di Silvia A. Genta

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Roşia Montană, Romania. L’avventura mineraria della  Gold Corporation. Da una valle alla piazza delle città, al Parlamento. Come vince una lotta popolare contro il trasferimento coatto, l’inquinamento e la devastazione del proprio territorio. 

Roşia Montană, una città mineraria

Lo scorso fine ottobre, durante un breve viaggio in Romania, ho deciso di lasciare Timişoara per raggiungere una piccola località di nome Roşia Montană. Da qualche mese stavo seguendo la vicende che interessavano questa zona e volevo approfondire la questione.

Roşia Montană è una città mineraria situata sui Carpazi nella valle del fiume Roşia (letteralmente Fiume Rosso per la concentrazione di ferro). È un piccolo comune nella regione storica della Transilvania, di circa 3000 abitanti, composto da 16 villaggi.

Le ricche risorse minerarie della zona sono state sfruttate fin dall’epoca romana. Albornus Maior, nome latino della città, è anche il nome dell’associazione fondata in loco a sostegno del patrimonio ambientale, storico e culturale della zona.

Dal 2002 Salvați Roşia Montană è la campagna che l’associazione porta avanti per sensibilizzare ed informare, osteggiando in particolare il mega progetto che prevede la costruzione di una delle più grandi miniere d’oro a cielo aperto d’Europa.

Trasferimenti coatti, cianuro e dinamite

Il progetto, che ha l’obiettivo di costruire nuovi punti di estrazione dell’oro, è in mano alla Roşia Montană Gold Corporation (RMGC) di cui è proprietaria per l’80% la multinazionale canadese Gabriel Resources, per il 19,3% il governo romeno e per il restante 0,7% piccoli investitori locali.

Per fare spazio all’immenso cantiere sarà necessario dislocare alcuni nuclei abitativi. La Gold Corporation realizza così lo spostamento degli abitanti acquistandone le abitazioni e costruendo nuovi appartamenti altrove.

Nell’area inoltre sono presenti reperti archeologici di grande valore che testimoniano la presenza dei romani e della loro attività mineraria: un’intera rete di gallerie, cunicoli e resti, candidata a diventare patrimonio dell’Unesco, che andrebbe in gran parte distrutta.

Uno degli aspetti più allarmanti del progetto è l’utilizzo di cianuro nel processo di estrazione e lavorazione dell’oro e il conseguente totale sconvolgimento dell’assetto paesaggistico. Sono infatti previsti scavi immensi che trasformeranno cinque monti in crateri giganteschi attraverso l’uso intensivo di dinamite. Inoltre, mediante la costruzione di una diga di 180 metri di altezza, verrà realizzato un enorme lago artificiale che conterrà fino a 250 milioni di tonnellate di acqua contaminata dal cianuro.

Nonostante le rassicurazioni della Gold Corporation (RMGC) sulle sofisticate tecnologie di contenimento dei materiali tossici, la popolazione romena ha ancora ben in mente le immagini disastrose del caso di Baia Mare, nel nord del Paese.

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Il monito di Baia Mare

Qui il 30 gennaio 2000 una perdita del bacino per sterili della miniera Aurul,  causò il riversamento di ingenti quantità di acqua e fanghi ricchi di cianuro nel sistema fluviale circostante contaminando i fiumi Someș, Tibisco e Danubio fino a sfociare nel Mar Nero.

Di questa vicenda noi cosa ricordiamo? Io ricordavo davvero poco fino a quando, prima di partire per Roşia Montană alla ricerca di informazioni, mi sono imbattuta nelle immagini che documentano quella catastrofe.

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Carcasse di pesci, uccelli e altri animali che costeggiavano le sponde del Danubio e che i nostri telegiornali raccontavano con orrore.

Chi non ha dimenticato sa bene che cosa può provocare un incidente simile all’intero ecosistema e ovviamente non vuole che ciò accada di nuovo.

nnnnnn

La Gold Corporation. Un posto di lavoro al cianuro

La RMGC, che ho incontrato a Roşia Montană  nella veste di una elegante promotrice nel Centro Informazioni della Gold Corporation, minimizza o nega le conseguenze negative e mi espone il lungo progetto attraverso affascinanti plastici e sofisticati puntatori laser.

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Confesso che dopo circa mezz’ora sono un po’ confusa. Insomma, inizio a chiedermi che ci sarebbe di male? Posti di lavoro, progetti di bonifica, ristrutturazione delle antiche abitazioni di alcuni villaggi… e il cianuro?!

Beh, ora non esageriamo. “Il cianuro è un elemento naturale e viene usato ogni giorno per costruire i prodotti più comuni. Il suo utilizzo è normale, il 95% delle operazioni di estrazione dell’oro avviene mediante il cianuro che serve anche per fare gioielli e collane, è presente nell’elettronica, nei cosmetici, nel nylon, nelle medicine e in molti altri prodotti della nostra vita quotidiana. Può essere velenoso ad alta concentrazione e, se utilizzato in modo improprio come molte sostanze di uso quotidiano, tra cui la candeggina” [cfr. il sito rosiamontananews].

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Esco inebetita con in mano brillanti brochures patinate che pubblicizzano il progetto. Mi guardo un po’ intorno e mi rendo conto che qui la multinazionale canadese non ha perso tempo e ovunque nel paese espone i vantaggi del progetto, offre posti di lavoro e osanna l’antica tradizione mineraria.

Quasi tutte le case di questo piccolo villaggio desolato fanno parte di un programma di ristrutturazione.

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A Corna, villaggio per cui è previsto l’intero smantellamento, molte abitazioni sono state già acquistate dalla Gold Corporation e i proprietari sono stati spostati in nuovi appartamenti in altre zone del distretto. La stessa sorte sembra debba avvenire per cimiteri e chiese.

Guardando questi luoghi mi tornano alla mente le immagini di New Eldorado di  Tibor Kocsis, un documentario del 2004 che descrive le vicende controverse di questo progetto con intelligenza, serietà e passione. In esso risaltano bene le difficoltà e il piacere del vivere in questa terra, perplessità e certezze dei suoi abitanti.

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“New Eldorado” di Tibor Kocsis. Il documentario

C’è chi racconta perché ha deciso di lasciare questo posto “dimenticato da Dio” e vendere la sua casa alla multinazionale e chi invece lotterà fino alla morte perché non venga buttato giù nemmeno un mattone.

Una bandiera No Tav a Roşia Montană 

Passeggio per Roşia Montană  e vorrei che in un attimo si popolasse di vita. Vorrei bussare a ogni porta per chiedere la storia di ciascuna famiglia e farmi raccontare che cosa sarà di questo posto.

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Sulla strada principale incontro due uomini intenti a lavare una moto da cross. Sono restii al prestarmi attenzione. Sono sospettosi, ma con un po’ d’insistenza ottengo le indicazioni per raggiungere l’abitazione del presidente dell’associazione Albornus Maior, Eugen David. Mi inerpico per strade tortuose e mi fermo dove l’auto sembra non poter proseguire. Scendo un po’ rassegnata alla ricerca di indizi utili e quasi incredula intravedo da lontano una bandiera familiare che dalla cima di un palo sovrasta l’intera vallata. È la bandiera No Tav che sventola in compagnia di quella  Salvați Roşia Montană.

Salvați Roşia Montană ed Eugen David

Una voce maschile mi urla che sono arrivata. Mi si presenta dinnanzi un uomo  dall’aria trasandata con gli stivali di gomma ai piedi, berretto in testa e sigaretta in bocca. Un classico montanaro valsusino? No, il presidente Eugen David in persona.

Il sole è ancora caldo, ci sediamo di fronte alla sua cascina sotto una tettoia con panche e tavole dove bandiere, cartelli e scritte lasciano intendere una intensa attività sociale e politica. Gli racconto del mio incontro con la signorina della Gold Corporation e lui mi spiega che, se sono arrivata fino a lui per farmi convincere, non ho capito nulla.

La multinazionale canadese ha tutti gli interessi e le possibilità economiche per far apparire questo progetto una meraviglia. Lui dice, a confronto, non ha nessuna credibilità ed effettivamente da come si presenta capisco che non ha torto. Mi parla a lungo dell’importanza del vivere in equilibrio e nel rispetto della natura. Delle molte possibilità di lavoro che qui si potrebbero ricreare con l’allevamento, l’agricoltura e la lavorazione sensata e ragionata del legno. Mi spiega che sono molte le persone del luogo a non volere questo progetto e molte di più se si tiene conto dell’intera Romania e dei romeni all’estero: è con la cittadinanza e con la legge che si vincerà questa battaglia.

Intervista a Eugen David, presidente di Salvați Roşia Montană. Video

Intervista a Eugen David, presidente dell’associazione Albornus Maior. Video

Mentre intervisto Eugen David vanno e vengono giovani romeni che sono venuti fino qui per conoscerlo e per parlare con lui di come continuare l’opposizione.

È ora di ritornare a Timişoara, ma prima di andarmene non posso fare a meno di chiedergli dove ha preso la bandiera No Tav e cosa sa di questa storia. Mi spiega che un gruppo di italiani sono arrivati fino qui per sostenerli e l’hanno portata in segno di fratellanza. Militanze transnazionali? Eugen sa che in una valle del Nord Italia vogliono farci passare un treno ad alta velocità e che sono in molti a non volerlo.

Una ruvida stretta di mano e un ultimo sguardo alle due bandiere.

Lascio questo magnifico paesaggio con il timore che questa battaglia sia troppo grande per essere vinta, ma anche con la consapevolezza della grande forza di questo movimento.

Dalle strade di Roşia Montană alle piazze romene al Parlamento

Da settembre in tutte le principali città romene migliaia di persone sono scese in piazza ogni domenica per dimostrare pacificamente contro il progetto minerario.

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Sito rosiamontana

Per avere un’idea dell’ampiezza della mobilitazione è sufficiente scorrere la lunga lista degli eventi e delle città romene e straniere coinvolte sul sito della campagna Salvați Roşia Montană  [cfr. sito rosiamontana.org].

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Bubblegun feat. Protestatarii Aur si Arginti. Video

Lo slogan Uniti salviamo Roşia Montană” a lungo scandito è diventato anche un brano musicale di una giovane band.

Immagini che ricordano altre piazze popolate di giovani manifestanti, e richiamano Istanbul, New York delineando anche agli occhi dei più esperti di questo Paese una immagine nuova della Romania.

C’è chi l’ha definita la prima vera rivoluzione popolare dopo l’89.

Proteste in Romania. Video

Proteste in Romania per Roşia Montană. Video

Dopo le proteste di piazza, finalmente, il 10 dicembre scorso la Camera dei deputati del Parlamento ha bocciato gli emendamenti governativi alla nuova legge mineraria che dava il via libera al progetto della Gold Corporation.

Al mio rientro in Italia ho continuato a seguire la vicenda con interesse e timore, scoprendo che esiste una vergognosa Roşia Montană italiana: a Furtei, in Sardegna, una miniera d’oro gestita da una società canadese e dalla regione sarda, fallita nel 2010 dopo pochi anni di attività lasciando sul terreno un grande lago al cianuro di cui nessuno ha ancora iniziato la bonifica.

La Romania resta però per troppi il “paese arretrato e bloccato, il paese dei carretti trainati dai cavalli e di cetrioli in salamoia… il paese delle nostre badanti

 

Fotografie di Claudio Canal

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