«L’Europa indebitata ripete i nostri errori» L’avvertimento del Presidente ecuadoriano

DA LEGGERE E STUDIARE ATTENTAMENTE

Per chi non l’ha letto sul “Le monde diplomatique” di dicembre, una lezione magistrale di un economista al potere che non esce ne dalla Bocconi ne dalla Goldman Sachs.
Colin

L’avvertimento del Presidente ecuadoriano

  

Rafael Correa, Presidente della Repubblica dell’Ecuador, dottore in economia. Autore dell’opera « Equateur. De la république bananière à la non-république» (Ecuador. Dalla Repubblica delle banane alla non-repubblica), Utopia, Paris, 2013.
(Traduzione dal francese di José F. Padova)

In occasione di una conferenza tenuta alla Sorbona il 6 novembre scorso, il presidente dell’Ecuador Rafael Correa si è rivolto ai suoi omologhi europei a proposito della gestione della crisi del debito pubblico. La quale gestione sarebbe caratterizzata da una sola ossessione: garantire gli interessi della finanza. Qui troviamo una sintesi della sua riflessione.

Noi, latino-americani, siamo esperti in crisi. Non perché saremmo più intelligenti degli altri, ma perché le crisi le abbiamo subite tutte. E le abbiamo gestite malamente, in modo terribilmente sbagliato, perché avevamo una sola priorità: difendere gli interessi del capitale, anche a rischio di far precipitare il subcontinente in una lunga crisi debitoria. Oggi con preoccupazione osserviamo l’Europa seguire a sua volta il medesimo cammino.

Negli anni ’70 i Paesi latino-americani sono entrati in una situazione di indebitamento intensivo con l’estero. La storia ufficiale afferma che questa situazione è il risultato di politiche portate avanti da governi «irresponsabili» e di squilibri accumulati a causa del modello di sviluppo adottato dal subcontinente dopo la guerra: la creazione di un’industria in grado di produrre localmente i prodotti importati, ovvero «industrializzazione come sostituto delle importazioni».

Questo profondo indebitamento, di fatto, è stato promosso – e perfino imposto – dagli organismi finanziari internazionali. La loro pretesa logica voleva che, grazie al finanziamento di progetti ad alta redditività, che all’epoca abbondavano nei Paesi del Terzo Mondo, si sarebbe approdati allo sviluppo, mentre il rendimento di questi investimenti avrebbe permesso di rimborsare i debiti contratti.

Tutto questo è durato fino al 13 agosto 1982, quando il Messico dichiarò la propria incapacità di fare fronte alle scadenze. Da allora tutta l’America latina ebbe a soffrire la sospensione dei prestiti internazionali, contemporaneamente al brutale aumento dei tassi d’interesse sul suo debito. Prestiti che erano stato contratti al 4% o al 6%, ma con tassi variabili, hanno improvvisamente raggiunto il 20%. Mark Twain diceva: «Un banchiere è qualcuno che vi presta un ombrello quando il sole splende e che se lo riprende quando comincia a piovere…».

La nostra crisi del debito è cominciata così. Durante il decennio ’80, l’America Latina ha effettuato un trasferimento netto di risorse ai suoi creditori di 195 miliardi di dollari (quasi 554 miliardi di dollari al valore attuale). Allo stesso tempo il debito estero dell’intera Regione passava quindi da 223 miliardi di dollari nel 1980 a… 443 miliardi di dollari nel 1991! Non già a causa di nuovi crediti, ma per il rifinanziamento e l’accumulo degli interessi.

Di fatto il subcontinente ha visto concludersi il decennio 1980 con gli stessi livelli di reddito per abitante degli anni ’70. Si parla di un «decennio perduto» per lo sviluppo. In realtà perduta fu un’intera generazione.

Benché le responsabilità fossero condivise, i Paesi dominanti, le burocrazie internazionali come il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale e la Banca interamericana per lo sviluppo, come beninteso anche le banche private internazionali, hanno sintetizzato la situazione come un problema di indebitamento eccessivo degli Stati (overborrowing). Mai si sono assunti la loro responsabilità nella concessione irragionevole di crediti (overlending), ovvero per l’altra faccia della situazione.

Le pesanti crisi di bilancio e d’indebitamento esterno causate dal trasferimento netto di risorse dell’America latina verso i suoi creditori hanno portato un buon numero di Paesi della Regione a redigere «lettere d’intenti» dettate dal FMI. Questi accordi impegnativi permettevano di ottenere prestiti da parte di quell’organizzazione, come pure garanzie per la rinegoziazione dei debiti bilaterali con i Paesi creditori, riuniti nel Club di Parigi.

Carenza di dirigenti e d’idee
I programmi di adeguamento strutturale e di stabilizzazione hanno imposto le prescrizioni di sempre: austerità di bilancio, aumento del prezzo dei servizi pubblici, privatizzazioni, ecc. Altrettante misure attraverso le quali non si cercava di uscire al più presto dalla crisi, né di alimentare la crescita o l’occupazione, ma di garantire il rimborso dei crediti delle banche private.

Alla fine dei conti, i Paesi colpiti erano sempre indebitati, non più con questi istituti, ma con gli organismi finanziari internazionali, che proteggevano gli interessi delle banche.

All’inizio degli anni ’80 un nuovo modello di sviluppo ha iniziato a imporsi nell’America latina e nel mondo: il neoliberismo. Questo nuovo accordo sulla strategia di sviluppo è stato soprannominato «accordo di Washington», poiché i suoi principali progettisti e promotori erano gli organismi finanziari e multinazionali la cui sede si trovava a Washington. Secondo la logica in voga la crisi in America latina era dovuta a un intervento eccessivo dello Stato nell’economia, all’assenza di un adeguato sistema di prezzi liberi e all’allontanamento dei mercati internazionali – sottintendendo che queste caratteristiche derivavano dal modello latino-americano d’industrializzazione mediante sostituzione delle importazioni.

Come conseguenza di una campagna di marketing ideologico senza precedenti, mascherata da ricerca scientifica, e di pressioni dirette esercitate dal FMI e dalla Banca Mondiale, la Regione è passata da un estremo all’altro: da diffidenza verso il mercato e fiducia eccessiva nello Stato al libero scambio, alla de-regolazione e alle privatizzazioni.

La crisi non è stata soltanto economica; è il risultato di una carenza di dirigenti e d’idee. Abbiamo avuto paura di pensare per conto nostro e abbiamo accettato in modo tanto passivo quanto assurdo i diktat stranieri.

La descrizione della crisi che ha attraversato l’Ecuador sarà senza dubbio famigliare a moltissimi europei. L’Unione Europea soffre di un indebitamento prodotto e aggravato dal fondamentalismo neoliberista. Pur rispettando la sovranità e l’indipendenza di ogni zona del mondo, siamo sorpresi nel constatare che l’Europa, pur essendo così illuminata, ripeta in ogni punto gli errori commessi dall’America latina.

Le banche europee hanno prestato alla Grecia pretendendo di non aver visto che il suo deficit di bilancio era quasi tre volte superiore a quello dichiarato dallo Stato. Si pone nuovamente il problema di un eccessivo indebitamento del quale si omette di evocare la contropartita: l’eccesso di credito. Come se il capitale finanziario non avesse mai la minima parte di responsabilità.

Dal 2010 al 2012 la disoccupazione in Europa ha raggiunto livelli allarmanti. Fra il 2009 e il 2012 il Portogallo, l’Italia, la Grecia, l’Irlanda e la Spagna hanno ridotto le loro spese di bilancio del 6,4% in media, arrecando così gravi danni ai servizi sanitari ed educativi. Si giustifica questa politica con un deficit di risorse, ma considerevoli importi sono stati liberati per rimettere a galla il settore finanziario. In Portogallo, in Grecia e in Irlanda la somma complessiva di questo salvataggio bancario supera il totale dei salari annui.

Mentre la crisi colpisce duramente i popoli europei si continua a imporre loro le misure che ovunque nel mondo hanno fatto fiasco.

Prendiamo l’esempio di Cipro. Come sempre, il problema comincia con la de-regolazione del settore finanziario. Nel 2012 la sua cattiva gestione diventa insostenibile. Le banche cipriote, la Banca di Cipro e la Laiki Bank in particolare, avevano concesso alla Grecia prestiti privati per un importo superiore al PIL cipriota. Nell’aprile 2013 la «troika» – FMI, BCE e Commissione europea – propone un «salvataggio» di 10 miliardi di euro. Lo condiziona a un programma di aggiustamento che include la riduzione del settore pubblico, la soppressione del sistema pensionistico dei nuovi funzionari, la privatizzazione delle imprese pubbliche strategiche, correzioni di bilancio fino al 2018, limitazione delle spese sociali e creazione di un «fondo di salvataggio finanziario», il cui obiettivo è il sostegno delle banche e la soluzione dei loro problemi, oltre al congelamento dei depositi superiori a 100.000 euro.

Nessuno dubita che siano necessarie riforme, che occorra correggere gravi errori, ivi compresi quelli originari: l’Unione Europea ha integrato Paesi con importanti differenziali nella produttività, che i salari nazionali non riflettono. Resta il fatto che, nell’essenza, le politiche applicate non cercano di uscire dalla crisi al minor costo per i cittadini europei, ma a garantire il pagamento del debito alle banche private.

Abbiamo evocato Paesi indebitati. Che ne è dei privati cittadini incapaci di rimborsare i loro debiti? Prendiamo il caso della Spagna. La mancanza di regolamentazione e il troppo facile accesso al denaro delle banche spagnole hanno generato un’immensa quantità di crediti ipotecari che hanno galvanizzato la speculazione immobiliare. Le banche stesse cercavano i clienti, stimavano il valore dei loro immobili e continuavano sempre più a fare credito, per l’acquisto di un’auto, di mobilio, di elettrodomestici, ecc.

Quando scoppia la bolla immobiliare il mutuatario in buona fede non può più rimborsare il suo prestito: non c’è più lavoro. Gli si porta via la casa, ma questa vale molto meno di quando lui l’ha comperata. Nel 2012 si sono registrati ogni giorno più di duecento sfratti, ciò che spiega una gran parte dei suicidi in Spagna.

Una questione si pone: perché non si fa ricorso a rimedi che sembrano evidenti e perché si ripete sempre lo scenario peggiore? Perché il problema non è tecnico, ma politico. È determinato da un rapporto di forze. Chi dirige le nostre società? Gli umani o il capitale?

Il torto più grande che si è fatto all’economia è di averla sottratta alla sua natura originaria di economia politica. Ci si è fatto credere che tutto era tecnico; si è mascherata l’ideologia come scienza e, incoraggiandoci a prescindere dai rapporti di forze all’interno di una società, siamo stati messi tutti al servizio dei poteri dominanti, di ciò che io chiamo l’«impero del capitale».

La strategia dell’indebitamento intensivo che ha generato la crisi del debito latino-americano non mirava ad aiutare i nostri Paesi a svilupparsi. Obbediva invece all’urgenza di collocare le eccedenze di denaro che inondavano i mercati finanziari del «primo mondo», i petrodollari che i Paesi arabi produttori di petrolio avevano piazzato nelle banche dei Paesi sviluppati. Queste liquidità provenivano dal rialzo del prezzo del petrolio conseguente alla guerra dell’ottobre 1973, poiché questi prezzi erano stati mantenuti a livelli elevati dall’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEP). Fra il 1975 e il 1980 i depositi presso le banche internazionali sono passati da 82 miliardi di dollari a 440 miliardi (1226 miliardi di dollari attuali).

Di fronte alla necessità di collocare quantità di denaro tanto ingenti il Terzo Mondo ha suscitato interesse. Così è cominciata, a partire dal 1975, la sfilata dei banchieri internazionali desiderosi di piazzare ogni sorta di crediti – ivi compresi quelli destinati a finanziare le spese correnti e l’acquisto di armi da parte delle dittature militari che governavano un gran numero di Stati. Questi zelanti banchieri, che non si erano mai fatti vedere nel Subcontinente, neppure come turisti, hanno anche portato grosse valigie di bustarelle e mazzette ai funzionari, per fare loro accettare nuovi prestiti, con pretesti qualsiasi. Allo stesso tempo gli organismi finanziari internazionali e gli enti per lo sviluppo hanno continuato a vendere l’idea secondo la quale la soluzione era l’indebitamento.

Un’ideologia camuffata da scienza
L’indipendenza delle banche centrali, che di fatto serve a garantire la continuità del sistema qualunque sia il verdetto delle urne, all’inizio degli anni ’90è stata imposta come una necessità «tecnica», giustificata da sedicenti studi empirici, che dimostravano come un dispositivo di quel genere generasse migliori risultati macroeconomici. Secondo quelle «ricerche» le banche centrali indipendenti potevano agire in modo «tecnico», lungi da perniciose pressioni politiche. Sulle basi di un’argomentazione tanto assurda bisognerebbe rendere ugualmente autonomo il ministero delle Finanze, perché la politica di bilancio dovrebbe anch’essa essere puramente «tecnica». Come l’ha suggerito Ronald Coase, premio Nobel per l’economia, i risultati di quegli studi si spiegavano così: si erano messi sotto tortura i dati economici fino a fare dire loro ciò che da loro si voleva sentire.

Nel periodo che ha preceduto la crisi le banche centrali autonome si sono consacrate esclusivamente a mantenere la stabilità monetaria, vale a dire a controllare l’inflazione, nonostante avessero svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di Paesi come il Giappone o la Corea del Sud. Fin agli anni ’70 l’obiettivo fondamentale della Federal Reserve era quello di favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita economica; soltanto con le pressioni inflazionistiche dell’inizio degli anni ’70 è stato aggiunto il compito di promuovere la stabilità dei prezzi.

La priorità attribuita alla stabilizzazione dei prezzi significa ugualmente, in pratica, l’abbandono delle politiche miranti a mantenere il pieno impiego delle risorse nell’economia. Al punto che, invece di attenuare gli episodi di recessione e di disoccupazione, la politica di bilancio, comprimendo senza sosta le spese, li aggrava.

Le banche centrali dette «indipendenti», che si preoccupano unicamente di stabilità monetaria, fanno parte del problema, non della soluzione. Sono uno dei fattori che impediscono all’Europa di uscire più rapidamente dalla crisi.

Tuttavia le capacità europee rimangono intatte. Voi disponete di tutto: il talento umano, le risorse produttive, la tecnologia. Credo si debba trarne conclusioni forti: si tratta di un problema di coordinamento sociale, cioè di politica economica della domanda, o come si vorrà chiamarla. Al contrario, i rapporti di potere all’interno dei vostri paesi e a livello internazionale sono tutti favorevoli al capitale, in particolare a quello finanziario, motivo per il quale le politiche applicate sono contrarie a ciò che sarebbe socialmente auspicabile.

Randellati dalla sedicente scienza economica e dalle burocrazie internazionali, un gran numero di cittadini sono convinti che «non vi sia alternativa». Essi si sbagliano.

Le Monde Diplomatique – n° 717 – dicembre 2013

Una risposta per Caterina

COMUNICATO EQUIVITA
29/12/2013
 
Il Comitato Scientifico Equivita esprime profondo rammarico per gli insulti giunti alla studentessa Caterina – che aveva difeso i test su animali – da parte di persone inqualificabili, incapaci di rispetto, finanche per la sua sofferenza.
 
Equivita esprime inoltre rammarico e stupore nel constatare che decine di anni impiegati nell’informazione dell’opinione pubblica sembrerebbero non avere lasciato traccia, a giudicare dai commenti dei quotidiani, che scrivono “si deve trovare un compromesso tra i due fronti opposti degli animalisti e degli scienziati”.
 
L’errore più grave che si possa fare è quello di parlare di un conflitto tra i diritti della scienza e quelli degli animali. L’unico conflitto esistente è quello tra una ricerca ben poco scientifica perché basata su di un presupposto errato (che vede nella prova effettuata su di una specie delle indicazioni utili per un’altra specie)  e una ricerca scientifica, ben più aggiornata e avanzata, che le straordinarie nuove conquiste della scienza – nella genetica, nella biologia, nell’informatica, nella chimica, ecc. ecc. – ci permettono di utilizzare.
 
E necessario capire che siamo fortunati perché sia il rispetto dei diritti degli animali, sia il progresso scientifico, tanto necessario per sconfiggere le gravi patologie come quella di Caterina, vanno nella stessa direzione: il superamento dei test su animali.
 
Il cambiamento epocale auspicato negli USA dall’Accademia Nazionale delle Scienze con il documento “Toxicity testing in the 21st Century” (ricordiamo che i test di tossicologia rappresentano il 75% delle prove su animali) consiste nel mettere da parte, in quanto non predittivi per la nostra specie (ogni specie può essere modello soltanto di se stessa) gli animali da laboratorio e nel sostituirli quanto prima possibile con la ricerca in vitro su cellule e tessuti umani, che, oltre a ridurre i costi, fornisce risposte assai più predittive, complete e veloci. Questa rivoluzione è già in corso negli USA dal 2007con un importante programma federale di tossicologia cellulare, mentre l’Europa continua ad abbarbicarsi ai vecchi e inutili test su animali, non tutelando a dovere la nostra salute e tanto meno l’ambiente (che urge invece tutelare perchè l’inquinamento è causa del pauroso aumento di tumori, in particolare nei bambini, di malattie neurodegenerative, malformazioni, sterilità, ecc. ecc.).
 
Herman Koeter, già direttore dell’EFSA ha scritto: “Le nuove tecnologie generano una mole di conoscenza mai raggiunta né individuata. L’uso degli animali diverrà obsoleto in un futuro assai vicino”. Usare le prove su animali, disponendo oggi di metodi di valutazione di gran lunga più affidabili, significa sperperare immense risorse, causare sofferenze inutili e un ritardo irrecuperabile nella ricerca.
 
 
Comitato Scientifico EQUIVITA
www.equivita.it
equivita@equivita.it
tel:06.3220720 – 06.3225370 – 335 8444949
Via P. A. Micheli, 62 – 00197 Roma

sulla vivisezione

gorilla babyperché i cuccioli degli altri esseri viventi devono essere trattati come mercanzia senza valore per la nostra specie? (per big farma il valore c’è ed è un bel business la vivisezione, vedi Green Hill) La sperimentazione animale è sadismo che si basa sulla frode. Il 98% dei tests su animali con esito positivo fallisce sull’uomo. Le loro vite non valgono? E’ incredibile come si possa cadere nella trappola della facile strumentalizzazione di una studentessa malata COME NON FOSSE CHIARO CHE DIETRO CI SONO LE CASE FARMACEUTICHE che impongono quali medicine possono essere concesse e quali no (SOPRATTUTTO quelle che la natura offre). E’ una bieca campagna di marketing per difendere interessi economici. E gli animalisti dovrebbero accettare lezioni morali da questi speculatori della salute? Come non pensare ai vaccini o ai farmaci approvati e poi ritirati dopo decenni che hanno causato danni gravissimi????? O ai pazienti oncologici, cosa dice Big Farma ora che perfino la OMS ha dichiarato CANCEROGENA LA CHEMIOTERAPIA???? Ma non era stata sperimentata anche quella su animali???

39enne licenziato dà fuoco all’azienda per cui lavorava: arrestato

non ha voluto suicidarsi come gli altri. Siamo certi che Napolitano ci parlerà di loro nel suo discorso

Scritto da ImolaOggiCRONACA, NEWSdomenica, 29, dicembre, 2013
incendio29 dicembre 2013 – Viene licenziato e dà fuoco all’azienda agricola in cui lavorava. Per questo motivo i militari della stazione di Mede hanno arrestato, con l’accusa di danneggiamento doloso a seguito di incendio, Giampiero Bordiga, 39 anni di Voghera. L’uomo, incensurato, avrebbe appiccato un incendio all’interno azienda agricola per la quale lavorava.
La vicenda sarebbe riconducibile al rancore che il 39enne nutriva a seguito del recente licenziamento subito. L’incendio, divampato nella notte, è stato domato dai vigili del fuoco di Mede ma ha comunque provocato diversi danni alla struttura. Fortunatamente nessuna persona è rimasta ferita.
http://www.imolaoggi.it/2013/12/29/39enne-licenziato-da-fuoco-allazienda-per-cui-lavorava-arrestato/

Ragusa: Depresso per problemi economici si suicida gettandosi dal ponte San Vito
29 dicembre 2013
Ennesimo suicidio sul ponte San Vito. Un uomo si getta nel vuoto pare per motivi legati a depressione. Solo una settimana c’era stato un tentato suicidio sul ponte di San Vito, ma la donna venne salvata dal tempestivo arrivo della Polizia. Stavolta, invece, non c’è stato nulla da fare per l’uomo che ha deciso di gettarsi nel vuoto. Questa volta pare che la causa del suicidio sia dovuta a una forte crisi depressiva (acuitasi sotto le festività natalizie) che ha colpito un uomo. Aveva lasciato casa nella serata di ieri senza farvi più ritorno e dopo la denuncia dei familiari è stato rinvenuto il corpo sotto il ponte San Vito. Gli agenti, coordinati dal commissario capo Nino Ciavola, si sono attivati per rintracciare lo scomparso a seguito della denuncia ricevuta dalla famiglia. La polizia e i vigili del fuoco hanno recuperato la salma e chiamato la famiglia per il riconoscimento. Ancora sconosciuta l’identità dell’uomo. Al momento non sono state diffuse le generalità, tantomeno l’età. L’unica cosa trapelata dalle forze dell’ordine è che l’uomo soffriva di una forte crisi depressiva, forse legata anche a motivi economici.(…)
http://www.crisitaly.org/notizie/ragusa-depresso-per-problemi-economici-si-suicida-gettandosi-dal-ponte-san-vito/

Castelfranco di Sotto: Imprenditore 37enne si suicida impiccandosi nella sua azienda
29 dicembre 2013
Si è impiccato nella sua azienda. Tragedia a Castelfranco di Sotto. La vittima è un imprenditore trentasettenne residente a Santa Croce sull’Arno. E’ accaduto nella serata di sabato e sarebbe stato un familiare a fare la scoperta del corpo. Intervento immediato del 118 e dei carabinieri, ma per l’uomo non c’era più niente da fare.(…)
http://www.crisitaly.org/notizie/castelfranco-di-sotto-imprenditore-37enne-si-suicida-impiccandosi-nella-sua-azienda/

Firenze: “Ho perso il lavoro” 33enne in lacrime cerca di buttarsi dal ponte di Varlungo
28 dicembre 2013
Voleva suicidarsi dal ponte di Varlungo perché aveva perso il lavoro. Ma è stato salvato dai carabinieri, che lo hanno convinto a scendere dal pilone. Protagonista un polacco di 33 anni, non sposato, con gravi problemi economici. L’uomo è stato visto da un passante, che ha dato l’allarme. Sono arrivati i carabinieri, che hanno tentato di far ragionare l’uomo, che era in lacrime. I militari per poter interloquire con l’uomo si sono dovuti arrampicare sul braccio del pilone su cui si era sistemato. I carabinieri, approfittando di un momento di disattenzione dell’uomo, lo hanno afferrato, portandolo al sicuro: era pericoloso anche perché il ferro di cui è fatto il ponte era molto scivoloso.(…)
http://www.crisitaly.org/notizie/firenze-ho-perso-il-lavoro-33enne-lacrime-cerca-di-buttarsi-dal-ponte-di-varlungo/

Treviso: Video, Il disperato appello di Mirella Longo, il marito Gianfranco è sparito due giorni fa.
29 dicembre 2013
Il disperato appello di Mirella Longo, il marito Gianfranco è sparito due giorni fa. Era in cassaintegrazione ed era angosciato
http://www.crisitaly.org/notizie/treviso-video-il-disperato-appello-di-mirella-longo-il-marito-gianfranco-e-sparito-due-giorni-fa/

Gerenzago: Disoccupato 52enne non riesce più a pagare il mutuo del suo appartamento e gli viene pignorato dalla banca
29 dicembre 2013
Disoccupato, non riesce più a pagare il mutuo del suo appartamento e gli viene pignorato dalla banca. Vorrebbe concorrere a un bando per l’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica, ma non può perché è proprietario di una casa che presto potrebbe non avere più. Quella di Vincenzo Alessandrino, 52 anni, è un’emblematica storia di questi anni di crisi economica.
Quando sono cominciati i suoi problemi?
«Nel 2009 quando lavoravo con un regolare contratto a tempo inderminato avevo acquistato un appartamento di 45 metri quadrati sottoscrivendo un mutuo da 600 euro al mese. Poi ho cambiato e ho cominciato ad avere contratti a termine con la municipalizzata di Melegnano, finché non sono stato lasciato a casa perché hanno preferito assumere altri. Così ho chiesto una sospensione del mutuo, poi nel 2010 ho cominciato a lavorare con contratti interinali per Asm e ho ripreso a pagare. Il problema è che avevo sempre contratti brevi, quindi o pagavo le utenze e mangiavo o pagavo il mutuo. In tre anni ho lavorato otto mesi».
Che lavoro faceva?
«Guidavo i camion compattatori. Da 30 anni guido i camion e dal 2005 sono nel settore dell’igiene ambientale. Ho una lunga esperienza e non ha mai fatto un incidente. Però nella graduatoria per le assunzioni sono nono. Davanti a me ci sono persone che hanno meno esperienza e meno titoli. L’ho fatto notare alla società interinale per la quale lavoravo, sottolineando che per un’assunzione avrebbe dovuto anche essere preferito chi lavorava in azienda. Non sono più stato chiamato».
E adesso che cosa fa?
«Sono a casa, perché non riesco a trovare un altro posto. Non ho più neppure l’indennità di disoccupazione. Mi aiutano i miei familiari».(…)
http://www.crisitaly.org/notizie/gerenzago-disoccupato-52enne-non-riesce-piu-pagare-il-mutuo-del-suo-appartamento-e-gli-viene-pignorato-dalla-banca/

Feltre: Comune cancella il brindisi per dare i soldi al fondo anti-crisi

29 dicembre 2013
I brindisi in piazza possono attendere anni migliori. Con la crisi che colpisce tanto le famiglie quanto gli enti locali, Comuni in testa, i soldi servono per far fronte a bisogni veri. Così l’amministrazione Perenzin, nel dividere gli avanzi di cassa – il cosiddetto fondo di riserva che si ricostituisce ogni anno con l’approvazione del bilancio di previsione – ha simbolicamente destinato i tremila euro che potevano essere spesi per la festa di piazza (tanto era costata l’ultima edizione del Capodanno, nel 2010, peraltro finanziata con fondi regionali) all’acquisto di alimenti per integrare le scorte del centro di distribuzione di Villabruna. «Ci sono aziende e supermercati che riforniscono puntualmente gli scaffali e i frigoriferi», spiega l’assessore al sociale Giovanni Pelosio, «ma di qualche prodotto, come quelli per i bambini piccoli, c’è sempre bisogno». Altri mille euro saranno invece assegnati direttamente alla Caritas per piccole manutenzioni degli alloggi di emergenza, che sono sempre pieni, e per pagare le tasse. Perché la Tares, tanto per fare un esempio, non ha risparmiato neppure le case per i poveri.(…)

Leggi tutto su corrierealpi
http://www.crisitaly.org/notizie/feltre-comune-cancella-il-brindisi-per-dare-soldi-al-fondo-anti-crisi/

ma nel nord non ci sono disoccupati, sostiene la vulgata
Trento: In 15mila senza lavoro, il tunnel della crisi è ancora lungo
29 dicembre 2013
Il lavoro resta al primo posto tra le sfide della Provincia per il 2014 che sta per cominciare. Al primo posto tra le priorità indicate dal presidente Ugo Rossi prima in campagna elettorale e poi nel suo programma di legislatura presentato al consiglio. Emergenza assoluta a cui dare risposta, in un Trentino che ha sì retto l’urto molto meglio di altri territori ma che non è passato indenne dalla crisi economica.
Anche il 2013 si chiude infatti all’insegna del lavoro che manca. In Trentino meno che altrove, certo, ma i numeri confermano che la crisi economica morde ancora anche in provincia: 14.600 disoccupati ha rilevato l’Istat nel terzo trimestre dell’anno, un tasso del 5,9% (era il 5,8% nello stesso periodo del 2012), il doppio del livello pre-crisi. Le performance del Trentino restano migliori di quelle del resto del Paese, dove la disoccupazione viaggia oltre l’11%, e di quelle del Nordest, la parte più produttiva del Paese dove i disoccupati hanno raggiunto il 6,8% della forza lavoro (+0,6% rispetto all’anno precedente). La disoccupazione resta però di due punti percentuali più alta che nel vicino Alto Adige, dove il tasso di chi cerca lavoro è del 3,8%, in miglioramento rispetto al 4,3% del settembre 2012.
E il dato sul numero di occupati non induce all’ottimismo, almeno sui tempi medio-brevi: l’ultima rilevazione Istat ci dice infatti che in Trentino la crescita degli occupati si è fermata. Nel terzo trimestre di quest’anno sono circa 700 in meno rispetto allo stesso periodo del 2012, con un tasso di occupazione che si attesta al 66%, in calo di 0,6 punti percentuali: la perdita dei posti di lavoro è stata particolarmente pesante nell’industria manifatturiera con 3.600 addetti in meno ai quali vanno aggiunti i 300 posti di lavoro persi nell’edilizia e i 200 nell’agricoltura. Solo il settore dei servizi mantiene un saldo occupazionale positivo: 3.400 posti in più tra settembre 2012 e settembre 2013.
Il governatore Rossi ha ricordato pochi giorni fa che il tunnel della crisi è ancora lungo ma ci sono delle luci che generano fiducia, come l’aumento del fatturato delle imprese trentine, trainate dalle esportazioni, e dei risparmi delle famiglie. Restando all’occupazione, gli ultimi dati dell’Agenzia del lavoro rilevano ad ottobre un aumento di 3.299 unità: è il primo mese dell’anno con un valore in crescita e tuttavia non si può parlare di inversione di tendenza, perché il dato è legato all’aumento di fabbisogno di personale dell’agricoltura. Non si interrompe quello che sul più lungo periodo rimane un bilancio in negativo: tra gennaio e ottobre del 2013 si sono registrati 102.455 nuovi rapporti di lavoro, 5.170 in meno (-4,8%) rispetto allo stesso periodo del 2012: il saldo occupazionale, cioè la differenza tra assunzioni e cessazioni, è negativo per 7.554 unità. Rispetto al saldo (sempre negativo) dell’anno precedente, si contano comunque 590 rapporti di lavoro in più.(…)
http://www.crisitaly.org/notizie/trento-15mila-senza-lavoro-il-tunnel-della-crisi-e-ancora-lungo/

VIVISEZIONE, NO AGLI INSULTI, NO ALLE STRUMENTALIZZAZIONI

No agli insulti e alle minacce, “perché educazione e civiltà sono valori imprescindibili”, ma no anche alle “strumentalizzazioni di qualsiasi genere”.
 
Questo il commento della biologa Susanna Penco, ricercatrice presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università di Genova, ma anche malata di sclerosi multipla da vent’anni, sul caso della studentessa di Padova che si è dichiarata “viva grazie alla sperimentazione animale” e perciò è stata offesa su Facebook.
Il futuro, afferma Susanna Penco, è “la medicina personalizzata, che sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane”.
 
“Ho appreso – scrive la dottoressa Penco – del clamore suscitato in rete dalle affermazioni di una studentessa malata, con la quale condivido la sfortuna di non aver avuto la salute in dotazione. Anche io convivo con una malattia che mi ha costretta a flebo di cortisone, a terapie pesanti, a rinunciare, per esempio, a vivere un sereno Capodanno, o la vigilia di Natale (se mi devo fare una puntura che mi scatena sintomi come la peggiore delle influenze è ovvio che me ne debba stare a casa), in quanto devo sottopormi cronicamente ad una cura fastidiosa, di cui alcuni lavori scientifici, tra l’altro, mettono anche in dubbio l’efficacia.
 
Mi sconfortano le parole offensive verso la studentessa, poiché educazione e civiltà sono valori imprescindibili. Tuttavia, contrariamente a lei, troverei umiliante per me stessa farmi fotografare con una flebo attaccata alla vena: pertanto metto in rete una foto in cui appaio sorridente, anche se molto spesso sono tutt’altro che serena o in salute. Detesto le strumentalizzazioni di qualsiasi genere. Siccome sono malata mi informo, e leggo ad esempio che non ci sono ancora cure per le forme progressive di sclerosi multipla: è un dato di fatto (fonte: AISM).”
 
“Grazie alle mie conoscenze scientifiche – prosegue la specialista– sono persuasa che, anche per le malattie più agghiaccianti, ossia delle quali non si conoscono le cause e che riducono fortemente la qualità della vita, sia proprio le sperimentazioni sugli animali ad allontanare le soluzioni e la guarigione per i malati. Sono spesso malattie croniche, che costringono i pazienti e le loro famiglie ad una vita drammatica. Inoltre, le terapie sono molto costose per il SSN. Se si abbandonasse un metodo fuorviante – sottolinea la ricercatrice –  e ci si concentrasse sull’uomo, i progressi della scienza sarebbero più rapidi ed efficaci: io spero risolutivi”.
 
Una via per arrivarci è la donazione degli organi per la ricerca. “D’accordo con i miei parenti – racconta Susanna Penco – ho donato il cervello affinché sia studiato dopo la mia morte. Se c’è un modo di capire le cause, e di guarire anziché curare (guarire gioverebbe ai malati, e anche al bilancio dello Stato, della Sanità, in definitiva dei contribuenti!), dovremmo cominciare a studiare tessuti umani e anche gli organi post mortem. La soluzione migliore è sempre la prevenzione che, finché non sono note le cause, non è attuabile. La dott.ssa Candida Nastrucci, biochimico clinico (DPhil, Università di Oxford, Grant Holder Fondazione Veronesi) , aggiunge che per quanto riguarda le malattie genetiche, non è possibile determinare quali tipi di terapie avremmo potuto sviluppare usando tessuti o cellule derivati da esseri umani o dallo stesso paziente. L’uso di animali potrebbe anche aver rallentato il progresso della ricerca per trovare cure per malattie umane. Il futuro è la medicina personalizzata, che sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane”.
 
Per queste ragioni negli altri Paesi si investe sui metodi alternativi: per esempio, il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti ha finanziato con 6 milioni di dollari un progetto rivoluzionario per la mappatura del toxoma umano, con l’obiettivo di sviluppare test tossicologici per la salute umana e ridurre i test su animali”.
 
Insomma, conclude la ricercatrice,”non credo che i rimedi ai mali umani stiano nello studio fatto su esseri viventi diversi da noi: e tutto questo lo vivo sulla mia pelle. La sperimentazione animale può essere anticamera di cocenti delusioni. Ve ne sono molti esempi, anche riguardanti farmaci in commercio”.

L’ex banchiere Modiano: “Con prelievo forzoso al 10% gettito di 113 miliardi”

ah ah ah ah il banchiere che vuole la patrimoniale per darla ai poveri….questi usurai non sanno cosa inventarsi per recuperare un pò di “fans”
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Il marito dell’onorevole Pollastrini (Pd), nonché ex braccio destro di Alessandro Profumo in Unicredit e di Corrado Passera in Intesa torna alla carica sulla patrimoniale una tantum a carico delle famiglie più ricche
 
L’ultima spiaggia per l’Italia? Un prelievo una tantum del 10% sulla fascia più ricca della popolazione. A tornare alla carica è stato l’ex banchiere Pietro Modiano oggi presidente di Nomisma, della società degli aeroporti milanesi Sea e, benché in uscita, della Tassara, la holding di uno dei più importanti debitori di Intesa Sanpaolo, Romain Zaleski che quest’estate ha ottenuto l’ennesima moratoria sul suo debito di oltre 2 milairdi di euro verso il sistema bancario.
 
“Si stima che la ricchezza liquida delle famiglie italiane – al netto di attività reali, titoli di stato e partecipazioni in società di persone – sia pari a circa 2.400 miliardi. Si può, inoltre, stimare che Il 47,5% di questo ammontare, ovvero 1.130 miliardi, sia posseduto dal 10 % più ricco delle famiglie italiane – si legge nell’editoriale della newsletter di dicembre di Nomisma scritto da Modiano e dal capo economista Sergio De Nardis -. Un prelievo una tantum del 10% su questa fascia darebbe luogo a un gettito di entrate per lo stato di 113 miliardi di euro, 7 punti percentuali di PIL, da distribuire a favore delle famiglie più povere e delle imprese”.
 
Secondo gli autori, “se questa tassa sul patrimonio venisse pagata in quattro rate annuali di 28 miliardi, il bilancio pubblico potrebbe fornire uno stimolo equivalente nell’arco di un quadriennio all’economia, modificandone il sentiero di crescita. Gli effetti positivi sul PIL deriverebbero dal fatto che il trasferimento di risorse a favore delle famiglie disagiate e delle imprese stimolerebbe aumenti di domanda (interna ed estera) largamente superiori alla contrazione dei consumi a cui andrebbe incontro il decile di famiglie più ricche”.
 
In dettaglio per il marito dell’onorevole Pollastrini (Pd), “una manovra di prelievo straordinario sulla ricchezza e redistribuzione alle famiglie disagiate e alle imprese della dimensione ipotizzata, che si avviasse nel 2014 e si ripetesse nel successivo triennio (fino al 2017) porterebbe fra cinque anni, nel 2018, a un PIL più elevato di circa il 4,5% rispetto al livello di uno scenario di base. Il tasso di crescita dell’economia nel quinquennio 2013-2018 aumenterebbe di quasi un punto all’anno passando dall’1,2% dell’andamento tendenziale al 2,1% nell’ipotesi con manovra. La più forte crescita dell’economia si tradurrebbe in un rapporto debito/PIL nel 2018 più basso di circa cinque punti percentuali”.
 
Secondo il centro studi fondato tra gli altri da Romano Prodi nel 1981 con il sostegno di banche come la Bnl, quindi, la strada per reperire le risorse necessarie a unrilancio dell’economia italiana passa per una mobilitazione straordinaria del risparmio di chi possiede di più a favore delle fasce più povere della popolazione e delle imprese che devono confrontarsi con la competizione internazionale, come ha ribadito l’istituto in una nota.
 
“La manovra può essere fatta senza aprire contenziosi in Europa e nel rispetto delle regole di bilancio iscritte in Costituzione. La somministrazione dello stimolo su un periodo di più anni consentirebbe di modificare in modo significativo il tasso di sviluppo dell’economia anche se non esaurisce il “da farsi” per l’economia italiana – sottolinea ancora Nomisma -. Bisogna continuare a portare avanti le riforme in direzione della razionalizzazione della spesa pubblica, della lotta all’evasione, della semplificazione della burocrazia e della politica; solo così si riuscirà a dare seguito nel lungo periodo allo sviluppo dell’economia italiana una volta che gli effetti della manovra saranno venuti meno”.
 
L’uscita di Modiano giunta a pochi giorni dalla vittoria di Matteo Renzi alle primarie del Pd, non è nuova. L’ex braccio destro di Alessandro Profumo in Unicredit e diCorrado Passera in Intesa poi autore di un memorabile riconoscimento degli errori fatti nella distribuzione dei derivati, è almeno dal 2011 che sostiene la necessità di una patrimoniale per uscire dalla crisi. Due anni fa, però, le cifre in gioco erano almeno il doppio: all’epoca il presidente di Nomisma parlava di un prelievo una tantum sui redditi dei “benestanti”, in riferimento a una fascia pari al 20% della popolazione che posseva ingenti patrimoni, con unae una base imponibile di 2.200 – 5000 miliardi.
 

Il responsabile economico del Pd di Renzi bocciato in economia!

Scritto da: Giorgio Cafaro

Quello che dovrebbe occuparsi di economia nel nuovo Pd è stato bocciato all’esame da professore.
Che figuraccia! Il nuovo corso di Matteo Renzi nel Partito Democratico non si apre proprio nel migliore dei modi. Dopo aver piazzato l’amica Serracchiani alle infrastrutture, quella del volo di Stato per andare a Ballarò per intenderci e la fidanzata del figlio di Napolitano al lavoro ecco il bocciato in economia messo a presiedere… l’economia.
Filippo Taddei, nuovo responsabile economico del Pd, è stato bocciato all’esame per l’abilitazione professionale in politica economica. Un esame non difficilissimo dal momento che su 417 iscritti sono stati promossi 300 “professori. Una bocciatura evidentemente non importante per il Sindaco di Firenze che ha deciso di affidare comunque al civatiano Taddei l’ambito economico.
Siccome non può farlo in università, ora Taddei insegnerà economia agli italiani. Annamo bene!!!
http://www.ilradar.com/il-responsabile-economico-del-pd-di-renzi-bocciato-economia/

La quenelle: il saluto anti sistema che fa indignare i piani alti!

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Il nome “quenelle” in italiano significa letteralmente “polpetta”. Il saluto consiste nel tendere un braccio verso il basso e nel mentre appoggiare l’altro braccio sulla spalla opposta con il palmo aperto e le dita tese (come nelle foto) . Il gesto è stato inventato dal comico francese Dieudonnè, leader di un movimento anti-europeista, avverso alle massonerie ed in aperta opposizione all’asse Washington-Tel Aviv. In sintesi un movimento profondamente identitario ma contrario a qualsiasi forma di razzismo (lo stesso Dieudonnè è di origine nord-africana).
Il significato del gesto è stato spiegato dallo stesso politico francese all’epoca della sua candidatura alle elezioni europee del 2009. Dieudonnè dichiarò al quotidiano “Liberation” di essere molto contento di trascinare letteralmente la sua piccola “quenelle” nel culo di quelli che stanno in alto e più in generale del sionismo (movimento politico alla base degli accordi tra Washington e Tel Aviv ed indirettamente responsabile delle guerre in medio oriente). Più in generale il comico ha definito la quenelle semplicemente come un simbolo di disobbedienza al sistema a cui appartengono indistintamente politici media ed alta finanza.
Oggi in Francia fare il saluto della “quenelle” è diventato un fenomeno di costume e, come di consueto in casi del genere, il sistema sta cercando di demonizzarlo. C’è chi parla di gesto razzista, di gesto volgare e chi addirittura, con una buona dose di fantasia, ha asserito che la quenelle sarebbe un “saluto nazista al contrario”.
Non possiamo che accogliere con piacere la notizia che oggi, oltre ai cellulari da 1000 euro ed alla generale corruzione dei costumi, anche dichiararsi apertamente in opposizione al sistema sia considerato “alla moda”.
  
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Regali al contrario in Clarea

http://www.tgvallesusa.it/?p=4338

SCRITTO DA: GABRIELLA TITTONEL – DIC• 28•13

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Normalmente a Natale i regali si ricevono e si donano, ma in questo mondo al contrario che è quello della Clarea le cose vanno diversamente e così i “regali” si prendono.

Indebitamente.

È quanto accaduto in questi giorni natalizi. In cui dal presidio di latta No Tav sono scomparsi due cavalletti, “migrati” miracolosamente all’interno del cantiere, vicino alla baita sotto sequestro, posto di vigilanza e controllo di ogni umano che passa sul sentiero del bosco. Cavalletti utilizzati come supporto per creare una sorta di rifugio, di riparo dal freddo e dalla neve, con una serie di assi di legno, per i guardiani di turno.

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Singolare. Verrebbe da dire stupefacente… Che in un cantiere così indispensabile, irrinunciabile, che sta sgranocchiando le ultime risorse di uno Stato ridotto con le pezze sui calzoni non ci siano cose migliori per dare riparo di due cavalletti prelevati indebitamente… e, nonostante le richieste di tutto un giorno da parte dei No Tav, ancora sotto sequestro a fianco di una baita sotto sequestro…

Incomprensibile per un mondo di umani che sta al di qua delle recinzioni una situazione come questa…

Buon anno nuovo…

Gabriella Tittonel

28 dicembre 2013