BOLDRINI SPENDE E SPANDE: NUOVO CAPO UFFICIO STAMPA? LA GIORNALISTA AMICA CHE NON E’ MAI STATA A MONTECITORIO

http://bastacasta.altervista.org/p7809/

Montecitorio, Boldrini sceglie nuovo capo ufficio stampa: è Anna Masera de la Stampa

Tra 700 candidati, Laura incorona la cronista de la Stampa. “Non è mai stata a Montecitorio, non sa neanche come ci si arriva”Boldrini sceglie<br /><br /><br /><br /><br />
la sua cronista preferita<br /><br /><br /><br /><br />
E i colleghi...

“Non ha mai messo piede a Montecitorio, non sa come funziona la Camera, non sa manco con che bus ci si arriva, lei che vive aTorino“. Non fa in tempo a trapelare la notizia che Laura Boldrini, la presidente della Camera, ha scelto il suo capo ufficio stampa, che già tra i cronisti che frequentano i palazzi romani trapela il malumore. Il numero uno di Montecitorio, a differenza dei predecessori (che riempivano la casella per chiamata diretta), ha indetto un concorso tra giornalisti politici. Al primo round si sono presentati in 700, alla prima scrematura sono sopravvissuti in 400, in finalissima sono arrivati in 7. Ma qui nasce il malcontento. Stando alle indiscrezioni raccolte da Prima Comunicazione, la Boldrini avrebbe già impalmato la sua preferita:Anna Masera, caporeddatore e social media editor de la Stampa, è in pratica la capo ufficio stampa in pectore della Camera. Le procedure termineranno formalmente la settimana prossima, mentre la Masera (laureata alla Columbia University) è ora in India per conto del suo giornale. I cronisti della capitale, però, già dimostrano il loro disappunto: “E’ la favorita della presidente, ma a Montecitorio non c’è manco mai stata”.

Laura Boldrini volo a Johannesburg, Enrico Letta la difende: “Pregiudizio sessista e doppiopesismo palese” (FOTO)

mi verrebbe da pensare che si debba indagare anche sulle consorti che accompagnano i mariti …

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/17/laura-boldrini-enrico-letta-volo-stato_n_4458203.html?utm_hp_ref=italy

L’Huffington Post  |  Pubblicato: 17/12/2013 14:10 CET  |

laura boldrini
La partecipazione di Laura Boldrini alla cerimonia in memoria di Nelson Mandela è stata “pienamente legittima” e nei suoi confronti “resta il pregiudizio sessista, indizio di un doppiopesismo palese, qualunque sia la matrice politico-culturale”. Lo afferma in una lettera inviata al Giornale il presidente del Consiglio, Enrico Letta, commentando un articolo di ieri di Vittorio Feltri, osservando che non si fa “nessuna polemica, mai, sulle mogli accompagnatrici di uomini delle istituzioni. Levata di scudi, invece, se l’accompagnatore è uomo, a maggior ragione se non ufficialmente coniugato”.

“Non c’è bisogno – dice il premier – delle ‘quote azzurre’. Basterebbe un minimo di buon senso, purtroppo merce rara di questi tempi”. La presenza di Boldrini era legittima, sottolinea Letta, perché è “la terza carica della Repubblica” e “come lei, alla cerimonia erano presenti altri presidenti di Parlamenti di Stati sovrani”. “Come è ampiamente noto” Boldrini e il suo compagno, Vittorio Longhi “hanno volato con l’aereo della Presidenza del Consiglio per partecipare a Johannesburg alla cerimonia” e “come forse è meno noto – precisa il premier – il viaggio non ha comportato alcun alloggio in albergo, visto che entrambi i pernottamenti sono avvenuti in volo, né spese aggiuntive a carico del bilancio pubblico”.

Maurizio Gasparri indagato per peculato. Si sarebbe appropriato di 600 mila euro versati poi per una polizza a vita

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/17/maurizio-gasparri-indagato-procura-roma_n_4457434.html?utm_hp_ref=italy

L’Huffington Post  |  Pubblicato: 17/12/2013 09:42 CET

maurizio gasparri indagato
Maurizio Gasparri è indagato per peculato. Militari del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza hanno notificato un avviso di chiusura indagini nei riguardi del senatore di Forza Italia. Secondo la procura di Roma si sarebbe appropriato di 600 mila euro, in qualità di presidente del gruppo Pdl al Senato, poi versati per intestarsi una polizza sulla vita.

Stando a quanto accertato dalla procura, Gasparri, come presidente del gruppo parlamentare Pdl al Senato, aveva sul conto corrente n.10373 presso la Bnl del Senato, la disponibilità di somme di denaro provenienti dal bilancio del Senato a titolo di contributo al funzionamento dell’ufficio di presidenza dello stesso gruppo.

Utilizzati 600 mila euro per l’acquisto della polizza vita, Gasparri ha poi proceduto al riscatto anticipato della polizza il primo febbraio 2013 (liquidata in 610.697,28 euro) e alla restituzione dei 600 mila al gruppo Pdl al Senato con due bonifici di 300 mila ciascuno, rispettivamente il 20 febbraio e il 12 marzo 2013 a seguito di specifiche richieste della direzione amministrativa del gruppo. Per la procura di Roma, il reato di peculato “è un reato istantaneo” e poco importa che la somma, oggetto di contestazione, sia stata poi restituita.

Gasparri smentisce le accuse: “Mi auguro – dice il senatore – che questa storia così sgradevole, i cui termini francamente riesce difficile comprendere, possa essere chiarita e definita al più presto. Appena avrò esaminato la documentazione replicherò sugli aspetti specifici”.

Il provvedimento di chiusura indagini è stato firmato dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, dagli aggiunti Rossi e Caporale e dai sostituti procuratori Orano e Pioletti. La notifica è avvenuta presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Valentino, difensore di Gasparri (FI-Pdl).

Fondi Pdl del Senato, pm chiede archiviazione per Gasparri e Quagliariello. La procura di Roma ha chiesto al gip di archiviare la posizione di Gasparri e Gaetano Quagliariello, indagati per peculato, nella loro veste di presidente e vicepresidente del gruppo del Pdl al Senato, in relazione alla gestione dei contributi erogati per l’esplicazione delle loro funzioni in base al Regolamento vigente nella XVI legislatura. Pur avendo accertato una situazione di confusione nella gestione di questi fondi, i magistrati della capitale e il nucleo valutario della Guardia di Finanza non hanno individuato alcun elementi illecito di appropriazione (al di là del procedimento stralcio relativo ai 600mila euro che Gasparri ha utilizzato per l’acquisto di una polizza vita).

Tentata rapina e sequestro tre No Tav rinviati a giudizio

http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/12/17/news/tentata_rapina_e_sequestro_tre_no_tav_rinviati_a_giudizio-73849005/

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Saranno processati ad aprile per aver aggredito un poliziotto che scattava fotografie al cantiere di Chiomonte e un operaio

Il gip di Torino, Eleonora Pappalettere, ha rinviato a giudizio Davide Giacobbe, Andrea Mura e Alberto Claudio, i tre attivisti No Tav accusati di aver aggredito, nel novembre 2012, un poliziotto che stava scattando fotografie intorno al cantiere della Torino-Lione e un operaio che stava entrando al lavoro. Ai tre i pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino contestano la tentata rapina, il sequestro di persona e la resistenza a pubblico ufficiale. Il processo di aprirà il prossimo aprile

I 40-50enni per la prima volta più poveri dei padri

tanto progresso, riforme e cambiamenti per questi risultati?? Chissà chi ha truffato e derubato le future generazioni……

Chi è nato negli anni ‘60 e ‘70 sarà più benestante della generazione precedente solo se potrà contare sull’eredi

 MILANO – La possibilità di ereditare pare essere l’unico vantaggio che hanno rispetto ai nati negli anni ‘40 e ’50: sono quelli della generazione cosiddetta di riflusso, quella che nel ’68 era alle elementari o forse addirittura in culla, quella dei quaranta/cinquantenni attuali, quella che per la prima volta nella storia si trova più povera di chi li ha preceduti. Questi i risultati di uno studio condotto dall’Institute for Fiscal Studies britannico, che sancisce una verità già sospettata da tempo. E se si è sempre pensato che il mondo dovesse vivere un trend di continuo miglioramento generazionale, i dati dello studio britannico smontano definitivamente questa equazione illusoria, demolendo la convinzione che i figli debbano necessariamente stare meglio dei padri.
 
UNICA PROSPETTIVA, L’EREDITÀ – Certo nel loro caso, diversamente dal caso dei nonni o dei genitori, l’eredità rischia di essere in molti casi appetitosa, ben più di quella che spettò ai loro genitori che mediamente, figli di nazioni ancora contadine (soprattutto in Italia) o comunque povere, raramente ricevettero prime o seconde case, automobili e conti in banca. «Son della razza mia, il primo che ha studiato»: lo cantava Guccini, alludendo ai figli della guerra, ai primi che hanno avuto accesso all’università da generazioni, sdoganando l’istruzione elitaria e aprendo le porte di certi mestieri anche a chi non era nato privilegiato. Furono gli anni del benessere, anni in cui ci si comprava la lavatrice e il frigo e poi la casa e magari anche la seconda casa, a prezzo di sacrifici si intende, ma alla fine ci si riusciva. Ora gli attuali quaranta/cinquantenni sono in attesa di poter accedere ai beni di famiglia, considerato che il 70 per cento delle persone appartenenti a questo segmento anagrafico è in attesa di un’eredità, rispetto un magro 28 per cento dei nati negli anni ’40.
 
VOLEVANO TUTTO…E NON HANNO NULLA – I nati negli anni ’60 e ’70 invece non hanno accumulato quasi nulla: salari, quando ci sono, più contratti rispetto a quelli dei nati dieci anni prima (e non parliamo dei nati ancora prima), nessuna sicurezza, maggiori difficoltà ad acquistare una casa con i propri denari, prospettive di pensioni ben più ridotte. In compenso hanno l’aggravante di essere abituati bene e la difficoltà del famigerato passo indietro. È all’inizio del 1980 infatti, quando la generazione dei nati tra i ’60 e i ’70 vive il picco del proprio fermento giovanile, che si inizia ad assistere a un periodo di intense trasformazioni politiche, sociali e culturali, passando definitivamente all’era post-ideologica.
 
IL RIFLUSSO – I sociologi associano questa condizione all’immagine del riflusso che segue le onde del mare: dopo un periodo di rivoluzione e di interesse verso le grandi questioni, arriva l’attenzione verso se stessi, la realizzazione lavorativa, il benessere economico, le cose materiali. E ora proprio quelli che hanno guardato forse più di tutti al vil denaro si trovano a essere i più poveri. Intendiamoci, anche questa generazione -secondo l’analisi dell’Institute for Fiscal Studies – ha avuto le proprie soddisfazioni economiche e in età molto giovane ha visto stipendi di tutto rispetto. Ma la propensione al risparmio è stata nulla e la crisi dei regimi pensionistici sta mettendo a rischio anche le pensioni di cui hanno goduto i loro padri o anche solo i fratelli maggiori. Infine un aumento inesorabile del mercato immobiliare ha reso più difficile l’acquisto di una casa, con un crollo significativo tra gli esponenti della generazione ’60 e ’70 di proprietà immobiliari. Come fa notare il direttore dell’Institute for Fiscal Studies, Paul Johnson, il fatto che l’unica prospettiva di benessere per questa generazione sia l’eredità amplifica inevitabilmente le sperequazioni e accentua i privilegi. Al di là del fatto che dover aspettare che muoiano papà e mamma per stare meglio è un cosa molto triste.
 
17 dicembre 2013

Perchè ‘La Repubblica’ è SI TAV?

http://www.notav.info/post/perche-la-repubblica-e-si-tav/

repubblica_sitavInizia oggi un piccolo viaggio a puntate a bassa velocità dentro interessanti meandri societari per analizzare se i quotidiani/media che scrivono di TAV Torino-Lione in salsa SI TAV siano neutri oppure no rispetto alla eventuale realizzazione della Torino-Lione.

Quando la linea editoriale pluriennale di un mezzo di comunicazione è favorevole al progetto di un’opera pubblica può essere per tante ragioni, il frutto del caso, la posizione personale di un determinato caporedattore locale, l’adesione ad un progetto politico oppure –  spesso è così –uno specifico interesse economico della società editrice.

L’articolo 21 della Risoluzione del Consiglio d’Europa 1003 del 1° luglio 1993 definisce incompatibili con il corretto giornalismo investigativo  campagne giornalistiche realizzate sulla base di prese di posizioni “al servizio di interessi particolari”, ma questo articolo evidentemente è rimasto sulla carta: è un dato di fatto che gli interessi particolari riescano a farsi strada eccome nel mondo della c.d. informazione o la determinino, basta pensare a Mediaset, utilizzata massivamente per le campagne personali e particolarissime dell’azionista di maggioranza.

Per una piena comprensione delle scelte editoriali e per valutare l’affidabilità o meno del messaggio divulgato, è quindi indispensabile conoscere chi controlla ogni determinato media.

Individuati i proprietari, cioè gli azionisti, bisognerà poi cercare i loro settori di attività e chiedersi, ad esempio nel caso delle opere pubbliche, se abbiano o potranno avere in futuro un interesse economico all’espansione delle infrastrutture. Se non ci sarà alcun tipo di collegamento, si potrà dire serenamente che la linea editoriale favorevole sia stata determinata dall’adesione ad un progetto o pensiero politico o da altri fattori incidentali/economicamente neutri.

Al contrario, se si scoprirà un potenziale o concreto beneficio per i proprietari del media, esempio dalla realizzazione e poi messa in esercizio di linee ferroviarie ad alta velocità, allora non si potrà dire che quel media sia neutro ed equidistante dalle posizioni sul campo pro o contro, nè il suo messaggio affidabile quanto quello di un altro media disinteressato.

Partiamo allora per questo viaggio alla ricerca di eventuali conflitti di interesse con La Repubblica, quotidiano di carta stampata e internet, che da anni, in particolare con la redazione di Repubblica Torino, sostiene una campagna contemporaneamente SI TAV e contro-NO TAV.

La Repubblica è il titolo di un quotidiano/prodotto editoriale del Gruppo Espresso S.p.A.

L’azionista di riferimento del Gruppo Espresso è CIR S.p.A., con il 53,8%.

Vediamo chi sono i suoi principali azionisti.
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Il fondo spagnolo Bestinver Gestion S.A. detiene il 13,2% di CIR all’agosto 2013 (era l’11,4% al maggio 2013http://www.cirgroup.it/investitori/principali-azionisti.html), ed è quindi il secondo azionista dell’intero gruppo.

Bestinver Gestion S.A. detiene poi direttamente l’1,9% di Gruppo Espresso al novembre 2013 (era il 2,2% al 18.4.2013)
(http://www.gruppoespresso.it/index.php?id=38)

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A questo punto vi chiederete perché insistere tanto su Bestinver, e la risposta è che Bestinver Gestion S.A. è controllato al 100% dal gruppo spagnolo Acciona, che fa molte cose tra cui costruire linee ferroviarie ad Alta Velocità e fornire corrente elettrica a linee ferroviarie (http://www.acciona.es/lineas-de-negocio/proyectos-emblematicos/linea-de-alta-velocidad)

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Ricapitolando: Acciona, società spagnola che costruisce, gestisce e mantiene linee ferroviarie ad AV, attraverso Bestinver controlla il 13% del principale azionista di L’Espresso S.p.A. e La Repubblica, ed è un azionista diretto dei due media.

Ma non solo.

CIR S.p.A. è anche l’azionista di maggioranza di Sorgenia S.p.A., una società italiana che si definisce il ‘secondo fornitore elettrico delle aziende italiane’ ed il primo ‘operatore privato nel mercato italiano dell’energia elettrica e del gas naturale’ e come tutti sanno, i treni ad AV vanno a corrente elettrica acquistata da fornitori, e così nel 2013Acciona (azionista di CIR S.p.A. e quindi di Sorgenia S.p.A.) si è aggiudicata un appalto da 200 milioni di € dal governo spagnolo per alimentare le reti ferroviarie spagnole tradizionali e AV.

Torniamo allo scopo dell’inchiesta.

Si può dire che queste aziende (CIR S.p.A.-Acciona S.A.) siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie?
Si può dire che siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie in Italia? Considerate che Acciona S.A. con il suo gruppo non opera solo in Spagna, ma per fare un esempio, si era candidata a costruire il TAV in California e negli Emirati Arabi Uniti).
Si può ipotizzare che preferiscano un’espansione dei chilometri di cantieri da costruire ed un aumento della domanda di corrente elettrica?
Si può ipotizzare, estremizzando, che in Italia preferiscano il SI TAV anziché il NO TAV?

Certo, senza conoscere quello che capita nei consigli di amministrazione delle due società non è possibile stabilire o escludere un automatismo ‘potenziali interessi-linea editoriale SI TAV’, né è detto che i redattori locali di La Repubblica Torino che seguono le vicende TAV come il geniale Meo Ponte, conoscano i retroscena e la distribuzione di quote societarie della società per cui lavorano.

Ma si può dire con sicurezza che la linea editoriale complessiva, che da anni fa opinione e pressione su lettori e politici, è nettamente in salsa SI TAV, e che sulla carta ci sono elementi che la possono spiegare. E questo, in conclusione, è un elemento su cui bisogna ragionare quando si leggono gli articoli di La Repubblica Torino…o quando si cercano, senza trovarle, inchieste e notizie scomode.

Alla prossima puntata.

John Siccardi

Trasta, Genova: i Notav Terzo Valico entrano nel cantiere

http://www.infoaut.org/index.php/blog/no-tavabenicomuni/item/10018-trasta-genova-i-notav-terzo-valico-entrano-nel-cantiere

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Volevano entrare nel cantiere del Terzo Valico, a Trasta, e piantare le loro bandiere. E l’obiettivo è stato raggiunto. Protesta decisa quella di ieri poneriggio in val Polcevera, alle porte di Genova: i manifestanti sono entrati dai varchi esistenti nell’area dove sono partiti i lavori e hanno letto messaggi e lettere contro la realizzazione della grande opera che non serve a nessuno, piantando dentro il cantiere diverse bandiere NoTav.

Riportiamo, qui di seguito, il report dei compagn* di notavterzovalico.info, video e foto dell’iniziativa…

Beata innocenza

Appunti dopo l’iniziativa bandiere al cantiere….

Beata innocenza. Quelle piccole creature che giocano con la terra sotto il braccio di una ruspa gigante, non lo sanno, non lo possono sapere a tre, forse quattro anni, che fino a qualche mese fa avrebbero giocato in un bosco, un bosco che tanto avrebbe avuto da insegnargli, proprio li’ a ridosso della frenesia di una periferia che cosi’ poco ha da offrire a quell’età. Un giorno capiranno l’importanza di essere ben coscienti di cosa significhi realmente progredire, dell’importanza della bellezza, del provare, anche tra mille difficolta’, a costruire un qualcosa di migliore per tutti, insieme…. capiranno e saranno felici di aver giocato sotto quello scavatore.

Bandiere al cantiere. Bandiere nel deserto poteva essere chiamata l’iniziativa di oggi.

Quelle che erano le colline alle spalle di Trasta si presentano spoglie delle centinaia, migliaia di alberi che le animavano, roveri secolari, polmoni di una periferia che già troppo in questi decenni aveva sacrificato per questa idea di progresso costituita da cementificazione sfrenata, giri di affari e menzogne.

Sparse qua e la’, ormai tra il nulla, abitazioni destinate ad essere abbattute, pagate con risorse pubbliche ben oltre il loro valore, con la chiara intenzione di far avanzare nel silenzio la strisciante macchina dell’alta velocità. Una vergogna nella vergogna.

Oggi dopo una breve passeggiata, con un pugno nello stomaco, dato dall’indignazione, la rabbia e lo sgomento per quello che avevamo intorno, abbiamo varcato i limiti delle loro recinzioni, dei loro divieti; cosi’ oltre cento persone sono entrate nei cantieri piantando all’interno di quelle aree le nostre bandiere con il treno crociato.

Una piccola iniziativa, con un contenuto pero’ molto importante, persone di tutte le età hanno affermato, di non riconoscere alcuna legittimità ai divieti imposti in quei cantieri e con questa certezza di voler proseguire il cammino.

Un cammino fatto da momenti di grande partecipazione, come il corteo con le oltre mille persone di Pontedecimo, da momenti di semplice socialità, di blocchi, di risate e anche di momenti difficili. Un cammino in cui ognuno puo’ ritagliarsi il proprio spazio e fare il proprio passo.

Occorre impegnarsi, spendersi, impiegare tempo. Occorre resistere.

Fermarli puo’ sembrare difficile, ma insieme è possibile.

Il traditore Napolitano ci ha venduti alla culona che imboscava il debito per fregare l’Italia

http://www.imolaoggi.it/2013/11/29/il-traditore-napolitano-ci-ha-venduti-alla-culona-che-imboscava-il-debito-per-fregare-litalia/

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29 nov – Nel 2011 l’Italia aveva sicuramente un presidente del Consiglio poco apprezzato all’estero, Berlusconi, ma un ministro dell’Economia, Tremonti, che a giudizio della stessa stampa internazionale aveva tenuto in ordine i conti pubblici durante la crisi. Prova ne è che a fine 2010 l’Italia poteva vantare il miglior bilancio statale primario dell’Eurozona, pari al +0,1% del PIL, dopo quello dell’Estonia (+0,3%), mentre la Germania era al -1,6%, la Francia al -4,7%, la Grecia al -4,9%, il Portogallo al -7%, la Spagna al -7,7% e l’Irlanda al -27,5%.

In più, il debito pubblico italiano figurava tra quelli cresciuti di meno in termini monetari tra il 2008 e il 2010: +180 miliardi di euro. Più di tutti era però cresciuto il debito pubblico tedesco, di ben 405 miliardi! Davvero un pessimo biglietto da visita per la signora Merkel.
Ma ad aiutare la Germania e gli altri nuovi debitori (di qua e di là dell’Atlantico) a togliere le castagne dal fuoco c’era l’Italia, pronta come un agnello sacrificale su un vassoio d’argento.

Complice la crisi del Governo Berlusconi, (la crisi, ma quale crisi? Zapatero rivela: ecco come e perché i leader europei fecero fuori Berlusconi, ndr la cui credibilità toccò il fondo al G-20 di Cannes, l’Italia nel 2011 divenne l’epicentro universalmente percepito della crisi dell’euro e il Paese per eccellenza “too big to fail” da additare al mondo come la possibile causa di un eventuale naufragio della moneta unica. Tutto ciò in base al più classico dei parametri consacrati dagli accordi di Maastricht: ilrapporto debito pubblico/PIL. ( Il rapporto deficit/pil al 3% è una ciarlataneria ndr). Parametro che non potrebbe essere più stupido, se applicato all’Italia, visto che nel 2010 il nostro debito pubblico in percentuale della ricchezza finanziaria netta delle famiglie, che è l’unica vera garanzia di stabilità finanziaria di una economia, era sì salito un po’, ma solo al 66%, cioè allo stesso livello della Germania, mentre la Spagna era balzata all’81%, l’Irlanda al 122% e la Grecia al 259%!

fmiLA RICCHEZZA FINANZIARIA
A fine 2010, nonostante la crisi economica, l’Italia poteva ancora vantare una ricchezza finanziaria netta delle famiglie pari al 181% del PIL, contro il 125% della Germania, il 138% della Francia, il 76% della Spagna e il 57% della Grecia. Indipendentemente dai nostri oggettivi demeriti e dalla debolezza del Governo, è indubbio che nel 2011 fece comodo a molte altre economie che l’Italia entrasse nell’occhio del ciclone e che il nostro spread andasse alle stelle. Infatti, giusto o sbagliato che fosse, gli investitori internazionali abbandonarono rapidamente il nostro debito pubblico (che fino a quel momento aveva sempre garantito ottimi tassi di interesse e regolari pagamenti degli stessi), per andare a finanziare i debiti dei nuovi Paesi in affanno, in primo luogo la Germania stessa. Ma la più sorprendente cifra di cui non si discute, perché imbarazzerebbe molto la Germania, è che dal 2008 al 2012 i debiti pubblici esteri di 20 Paesi UE censiti dall’Eurostat, Italia esclusa, sono cresciuti complessivamente di 1.084 miliardi di euro, mentre il debito pubblico estero italiano è aumentato nello stesso periodo di soli 24 miliardi. Per contro, il debito pubblico estero tedesco è cresciuto nei quattro anni considerati di ben 345 miliardi, finanziato con comodi tassi di interesse ai minimi storici.

In particolare, tra il 2010 e il 2012 il debito pubblico estero tedesco è salito di 120 miliardi di euro mentre quello italiano è diminuito di 104 miliardi. La seconda mossa con cui la Germania ha dato scacco matto al Sud Europa, dopo aver accumulato dal 1999 al 2012 un gigantesco surplus commerciale con quest’ultima grazie al tasso di cambio fisso dell’euro, è stata dunque quella di aver costruito mediaticamente il mito dell’Europa meridionale super-indebitata, incardinata su un’Italia perennemente “sorvegliata speciale”. In tal modo Berlino ha potuto più facilmente attrarre gli investitori verso il proprio debito pubblico e finanziare la sua crescente spesa pubblica “keynesiana”.[…]  (estratto da  messaggeroeconomia)

LA ‘NOUVELLE’ LIBYE

LA VOIX DELA RUSSIE’ INTERROGE LUC MICHEL SUR LA ‘NOUVELLE’ LIBYE

LM - INTERVIEW la nouvelle libye LVDLR - Part 2 (2013 12 16)  FR 1 (2)

La « nouvelle » Libye : entretien avec Luc Michel (Partie 2)

La Voix de la Russie / 2013 12 16 /

Version originale sur :

http://french.ruvr.ru/2013_12_16/La-nouvelle-Libye-Entretien-avec-Luc-Michel-Partie-2-7268/

Entretien avec Luc Michel, grand spécialiste de la géopolitique et notamment de la Libye (on lui doit notamment une « Géopolitique de la Jamahiriya libyenne »)…

* Mikhail Gamandiy-Egorov pour La Voix de la Russie : Autre point. Depuis l’assassinat de Kadhafi, un véritable racisme à l’encontre des Africains sub-sahariens est devenu pratique courante dans ce pays. On a notamment vu plusieurs vidéos très choquantes et barbares où l’on voit des exécutions des Africains noirs par les « rebelles », amis de l’Occident. Qu’en est-il ?

Luc Michel :  Le racisme anti-noir, contre ce qu’ils appellent les « abid » ou les « esclaves », est une des constantes de l’islamisme. Qui rappelons-le, est une idéologie réactionnaire, un fascisme islamiste. Il s’est développé avec le CNT et a surfé sur un sentiment anti-africain chez une partie de la population libyenne, mécontente du panafricanisme sincère de Kadhafi et qui avait ouvert la Jamahiriya à de nombreux Africains. Ajoutons que les libéraux libyens comme les islamistes avaient déjà utilisé le racisme anti-noir dans la dernière décennie de la Jamahiriya comme moyen de déstabilisation. Le coup d’état de Benghazi n’a fait qu’amplifier, à hauteur de crimes de guerre, ce racisme.

Il faut savoir que celui-ci n’a pas seulement frappé les ressortissants d’autres pays africains résidant en Libye mais aussi les Libyens noirs. La Libye a une population mêlée, il y a des Libyens à peau claire, de type maghrébin, voire sud-européen. Et il y a des Libyens noirs de peau, venus du Fezzan et du Sud saharien (notamment d’origine Toubou). Mais qui avec le développement et la prospérité de la Libye sous Kadhafi sont aussi allés habiter les régions côtières. Des fiefs islamistes – Al-Baida, Derna, Misrata ou Zinten – sont parties de véritables expéditions punitives. Des déportations, des massacres de masse, des crimes de guerre sans nom ont été commis. Des villes ont même été vidées et pillées, comme Tarawoua (ville à population libyenne noire). Dans le silence coupable des spécialistes auto-proclamés des droits de l’homme (occidental) alimentaires. BHL en tête.

A cela s’est ajoutée la sinistre résonance des articles irresponsables des médias de l’OTAN, évoquant sans arrêt de fantomatiques « mercenaires africains de Kadhafi ». Information provenant souvent d’officines de désinformation israéliennes, comme DEBKA, liées à Tsahal ou au Mossad. Tout cela a conduit à une chasse permanente aux noirs. Qui a culminé avec des massacres de masses lors de la prise de Tripoli en août 2011, tortures et exécutions sommaires, charniers et prisons secrètes à l’appui. On estime qu’il reste encore plus de 10.000 Africains dans les geôles des milices.

A cela s’ajoute aujourd’hui, comme l’a révélé le drame de Lampedusa, l’exploitation des Africains noirs par les filières mafieuses de traite d’humains vers l’Europe, aux mains des islamistes en Libye et au Sahel. Des camps existent en Libye, où viols, pillages et exécutions sommaires sont la règle. L’enquête sur le drame de Lampedusa a aussi révélé que les nouveaux « boat people » africains ont été victimes de tirs criminels venant de corvettes « libyennes », bâtiments de guerre tombés aux mains de gangs ou milices, nouvelle piraterie aux portes de l’Italie.

* LVdlR : Selon vous, au moment où il était clair que l’OTAN ferait tout son possible pour éliminer le leader de la Jamahiriya vu les moyens déployés, n’était-ce pas une erreur stratégique de la part du colonel Kadhafi d’être resté en Libye, alors que plusieurs chefs d’Etats africains et d’Amérique latine lui avaient proposé refuge dans leurs pays ? Un refuge provisoire qui aurait notamment pu servir à organiser une résistance à moyen ou long terme aux bandits-rebelles, amis de BHL ?

Luc Michel :  Kadhafi a choisi selon moi la seule solution valable. Comme il l’a dit « vivre, combattre et mourir au pays ». Ce sera aussi le choix du président Assad en Syrie. Un départ du pays aurait conduit à un effondrement immédiat. Comme l’a d’ailleurs démontré le médiamensonge lancé par le britannique Cameron sur « la fuite de Kadhafi au Venezuela » qui a produit un immense flottement à Tripoli même.

LM - INTERVIEW la nouvelle libye LVDLR - Part 2 (2013 12 16)  FR 2

* LVdlR : Qu’est ce qui n’a pas marché ? Pourquoi la Jamahiriya est-elle tombée selon vous ?

Luc Michel : Tripoli a commis des erreurs dans l’organisation de la résistance, a dispersé ses maigres forces et n’a su mobiliser ni les masses libyennes (largement pro-Kadhafi) ni ses soutiens extérieurs. Il fallait mobiliser à l’intérieur et à l’extérieur pour la guerre totale.

Par maigres forces, j’entends les moyens financiers. Dès février 2011, la Jamahiriya a été prise dans un piège financier : comptes saisis ou bloqués, fonds souverains libyens confisqués (ils le sont toujours), devises fortes indisponibles.

A l’intérieur, la direction libyenne, réorganisée en mars 2011, a été affaiblie par ceux – encore les libéraux restés avec Kadhafi – qui voulaient négocier avec l’OTAN ou avec les pseudos modérés du CNT.

* LVdlR : Les partisans de Mouammar Kadhafi sont-ils toujours présents en Libye ? Y-a-t-il une résistance qui s’organise via les forces en place et ceux en exil ?

Luc Michel :  Pendant que la Libye s’enfonce dans le chaos et la somalisation, et que pro-américains du gouvernement fantoche de Tripoli installé par l’OTAN et milices et islamistes radicaux s’affrontent, une troisième force agit dans l’ombre. C’est la résistance verte kadhafiste qui combat pour la restauration de la Jamahiriya. Impitoyable, radicale, armée, elle frappe depuis l’automne 2011 les collabos de l’OTAN de tous bords. Sa caractéristique est de ne jamais revendiquer exécutions de traîtres et frappes contre leurs bases et locaux. Les médias de l’OTAN n’en parlent jamais, sur ordres sans aucun doute !

* LVdlR : En tant que fin connaisseur de la Libye, comment voyez-vous l’avenir à moyen et long terme de ce pays qui encore récemment était l’un des plus prospères du continent africain mais qui est en train de devenir l’un des plus instables et dangereux du monde ?

Luc Michel :  J’ai décrit dès août 2012 la somalisation de la Libye post-CNT, sa longue descente vers le chaos. Il y a la belle histoire, le storytelling des « spin doctors » de l’OTAN ou d’un BHL. Et il y a la réalité d’une Libye en plein chaos derrière les médiamensonges et la propagande, une nouvelle Somalie sur la Méditerranée …

Voici maintenant les médias de l’OTAN qui sont contraints de dévoiler la réalité de cette Libye somalisée. Non seulement les affrontements entre gangs, milices, armées privées. Mais aussi entre tribus et groupe ethniques ! Il faut noter que la grille de lecture tribale n’explique pas la situation libyenne. Contrairement à ce qu’avancent ad nauseam les analystes occidentaux. Ce n’est pas seulement le leadership de Kadhafi qui unissait les composantes de la société libyenne. Mais aussi les institutions de la Jamahiriya et sa Démocratie directe. Et encore la prospérité économique, le bien-être social, la paix civile. La guerre d’agression de l’OTAN a mis un terme à tout cela. La misère, le désastre économique, l’effondrement total des institutions jamahiriyennes et de l’Etat central, armée comprise, l’insécurité et la violence, tout cela a conduit à la violence et à la justice privée. La Libye aujourd’hui c’est un Far West chaotique sans shérif.

* LVdlR : Merci de nous avoir accordé cet entretien. On aura certainement l’occasion de rediscuter ensemble des perspectives pour la Libye qui nous promettent pas mal de bouleversements encore…

Luc Michel :  J’en ai bien peur ! La Libye est devenue, après la Somalie, un laboratoire en Afrique pour Washington.

La Somalie est un Etat disparu qui a servi de laboratoire à l’impérialisme américain pour concevoir son projet de Nouvel Ordre en Afrique et au « Grand Moyen-Orient ». Qui se souvient aujourd’hui de l’Etat somalien en développement, la puissance régionale des années 80, et du régime socialiste de Siyaad Barre ?

Comme dans l’Afghanistan socialiste, allié à l’URSS, ou dans la Jamahiriya socialiste de Kadhafi, Siyaad Barre avait brisé la gangue du destin clanique et tribal. Le destin de la Somalie sera aussi similaire à celui de l’Afghanistan. Une descente aux enfers provoquée par l’impérialisme américain et ses manipulations des tribus, des ethnies, des clans et des islamistes. Sans oublier le feu attisé des querelles entre la Somalie et ses voisins.

Depuis 2011, avec les mêmes méthodes, le même scénario et les mêmes acteurs, c’est aussi le destin tragique de la Libye …

Entretien de Luc Michel Avec Mikhail Gamandiy-Egorov

Pour LA VOIX DELA RUSSIE

http://www.lucmichel.net/2013/12/16/lucmichel-net-la-voix-de-la-russie-interroge-luc-michel-sur-la-nouvelle-libye-2/

Photos :

Luc MICHEL au VIe Congrès du MEDD-MCR, à Zawiah, près de Tripoli, du 2 au 5 février 2011. Le dernier congrès politique organisé sous la Jamahiriya ! A partir de 2004, il dirige le Réseau pan-européen du Mouvement mondial des Comités Révolutionnaires libyens (le MCR, colonne vertébrale de la Jamahiriya), le MEDD-MCR (Mouvement Européen pour la Démocratie Directe, la seule organisation du MCR restée active après 2011, et dont le secrétaire-général est Fabrice Beaur).  Photo du congrès avec le Dr Bouddabous, idéologue du Socialisme jamahiriyen (l’un des théoriciens du Livre Vert), et Inanç Kutlu (Secrétaire régional de la Fraction Turquie du MEDD-MCR).

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# La « nouvelle » Libye : entretien avec Luc Michel (Partie 1)

sur : http://french.ruvr.ru/2013_12_13/La-nouvelle-Libye-entretien-avec-Luc-Michel-Partie-1-6496/

FORCONI, SESSANTA DENUNCE PER I TRE GIORNI DI “RIVOLTA”

Nel mirino degli investigatori del pool anti terrorismo scontri e minacce ai negozianti. Tra i reati contestati violenza privata, estorsione e saccheggio

Tre giorni di violenze hanno messo in ginocchio Torino

Massimo Numa
 La settimana della protesta organizzata dal Comitato «9 dicembre», a cui sono successivamente uniti elementi dell’estrema destra, dell’area autonoma dell’estrema sinistra (centri sociali Askatasuna e Gabrio), studenti delle organizzazioni di sinistra, rischia di avere pesanti strascichi giudiziari. I primi esposti sono già nelle mani dei pm del pool Anti-terrorisimo della procura, Andrea Padalino e Antonio Rinaudo.

Gli investigatori delle sezioni di polizia giudiziaria della Digos stanno visionando le immagini registrate dagli operatori della Scientifica durante la lunga catena di incidenti, scontri, blocchi stradali e quant’altro, e sono stati già individuati i primi quaranta attivisti, tutti denunciati alla procura con diversi profili di reato, dalla resistenza, interruzione di pubblico servizio, lancio di oggetti (pietre, uova di vernice), lesioni, danneggiamento, minaccia grave e altri reati minori.

Sentiti anche molti testimoni di singoli fatti di violenza. Tra questi, i blocchi per non far entrare le persone nei centri commerciali, sotto le videocamere dei sistemi di sicurezza, sono considerati tra gli episodi più gravi. Un capitolo a parte riguarda l’assalto al palazzo della Regione in piazza Castello, quando furono lanciate pietre contro le forze dell’ordine. All’esame del pm anche una serie di episodi di estorsione, tipo «o chiudi il negozio o ti spacchiamo le vetrine». Le singole minacce a esercenti torinesi o a semplici cittadini, non si contano.

Sotto esame dei pm anche quanto è avvenuto nella mensa occupata di via Principe Amedeo; non è escluso che gli occupanti vengano denunciati anche per l’occupazione abusiva dei locali. Nessun commento dai pm torinesi ma c’è la sensazione che l’indagine sia solo all’inizio, mancano ancora all’appello decine di manifestanti che avrebbero commesso azioni violente nelle ore più calde della protesta guidata dal comitato torinese «9 dicembre».