Studenti ancora in corteo: fermati otto aderenti ad Askatasuna

Alcune centinaia di giovani hanno vagato tra la piazza del Comune e piazza Statuto disturbando la circolazione. Dopo i fermi il corteo si è sciolto ma 150 antagonisti sono adesso nei pressi della Questura dove sono stati accompagnati i loro compagni.

Otto aderenti al centro sociale Askatasuna che si erano uniti al corteo degli studenti sono stati fermati dalla polizia in corso Inghilterra e portati in Questura. Le accuse sono quelle già contestate ieri ai “forconi” arrestati, e cioè resistenza a pubblico ufficiale, corteo non autorizzato e blocco stradale. Il corteo stava proseguendo senza una meta precisa nel centro di Torino, causando forti disagi al traffico. Alla manifestazione, che si era formata in piazza Castello e si era è fermata per alcuni minuti davanti al Municipio scandendo slogan contro la politica, si sono uniti gruppi di antagonisti dei centri sociali.

Gli studenti hanno poi nuovamente bloccato il traffico tra piazza Statuto e corso Francia I manifestanti hanno occupato la strada, controllati dalla polizia municipale che sta deviando la circolazione di auto e mezzi pubblici. Un gruppo di loro ha tentato di proseguire il corteo in corso Inghilterra ma è stato bloccato da un cordone di polizia. Si è creata una situazione di stallo in cui una cinquantina di manifestanti sono rimasti bloccati tra due cordoni di polizia. I ragazzi di fronte alla polizia continuano a urlare “giù i caschi” mentre quelli rimasti dall’altro lato del cordone gridano “fateli uscire”. E qui si sono verificati i fermi.

Si è sciolto spontaneamente, dopo le tensioni tra antagonisti e forze dell’ordine, il corteo di studenti che questa mattina ha paralizzato il traffico nel centro di Torino. In strada è rimasto soltanto un gruppo di autonomi, circa 150, che si trovano ora nei pressi della questura di Torino, sorvegliati a distanza da un consistente dispiegamento di forze dell’ordine.

http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/12/12/news/studenti_ancora_in_corteo_traffico_in_difficolt_in_centro-73407292/

Gaza, la corte dei conti Ue chiede lo stop dei fondi ai dipendenti pubblici

la Ue, quella che predica l’antirazzismo ABBANDONA I PALESTINESI

Affari europeiRedazione di Bruxelles

11/12 19:38 CET

Un quinto degli impiegati pubblici della Striscia di Gaza, pagati grazie al sostegno europeo, non lavorano. Lo dice un rapporto della Corte dei conti europea che invita le istituzioni comunitarie a bloccare questi fondi e reindirizzarli verso altre aree, come la Cisgiordania.

Secondo le testimonianze raccolte a Gaza, area governata da Hamas, molti dipendenti pubblici sarebbero dissuasi dal recarsi al lavoro.

Per la Commissione europea, però, la sospensione degli stipendi rischia di far avvicinare migliaia di cittadini all’estremismo islamico.

http://it.euronews.com/2013/12/11/gaza-la-corte-dei-conti-ue-chiede-lo-stop-dei-fondi-ai-dipendenti-pubblici-/

L’AMICO DEL JAGUARO

http://www.lastampa.it/2013/12/12/cultura/opinioni/buongiorno/lamico-del-jaguaro-8sdSPRrSHxZZTYMAF9VINP/pagina.html

ANSA

Danilo Calvani mostra il tricolore a bordo di una Jaguar

 MASSIMO GRAMELLINI

Se un esponente della famigerata Kasta, dopo avere arringato la folla contro le tasse del governo affamatore, si fosse allontanato dal luogo del comizio sul sedile posteriore di una Jaguar, avrebbe firmato la sua condanna alla lapidazione mediatica. Stormi di pernacchie si sarebbero alzati in volo da ogni tinello, l’indignazione avrebbe lubrificato i polpastrelli ai tastieristi dei social network e al meschino jaguarato non sarebbe restata altra scelta che rottamare il bolide e inginocchiarsi su un tapis roulant di ceci. Desta perciò una stupefatta ilarità che a compiere un gesto così poco coerente con il contesto sia stato Danilo Calvani, leader del Comitato 9 dicembre: il Forcone Capo. Lo hanno immortalato in quel di Genova, a bordo del macchinone inglese . Si è giustificato dicendo che non era suo, ma di qualche forcone minore, però ormai il danno d’immagine era compiuto.

 Se fossi il suo avvocato, insisterei sull’ingenuità del mio cliente, ignaro dei meccanismi della comunicazione. A chi aizza i disperati contro i privilegiati è consigliabile farlo da un palco o da un balcone (che esercita un fascino intatto sull’italiano medio), giammai dal finestrino di una Jaguar. Montanelli diceva che, quando un italiano vede passare una macchina di lusso, il suo primo stimolo non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme.

In Grecia un fenomeno nuovo: le offerte di lavoro cercano personale su ‘base volontaria’ –

Da KeepTalkingGreece: La nuova regolamentazione del lavoro raccomandata dalla Trojka  in Grecia produce i suoi frutti…che si cominciano a vedere anche da noi.
 
ScreenHunter_36 Nov. 29 06.09
Nella Grecia della recessione e dei nuovi accordi di finanziamento col FMI la realtà del mercato del lavoro si è trasformata nel nostro peggiore incubo. I datori di lavoro non solo pagano i propri dipendenti con fino a sei mesi di ritardo. Un nuovo fenomeno si è presentato recentemente nel mercato del lavoro greco. Offerte di posti di lavoro su base volontaria. In tempi di debiti, disoccupazione e disperazione, i cittadini europei sono costretti non solo a lavorare per un pezzo di pane in un paese onerato dai debiti con i prezzi al consumo che restano spudoratamente alti. Ora, i dipendenti sono anche invitati a lavorare senza stipendio, a lavorare per niente. Per nessuno stipendio affatto, su base volontaria. L’unico premio per il dipendente disperato è la brillante prospettiva di essere scelto come volontario dell’anno.
 
Pubblico alcuni esempi dei più recenti sviluppi nel mercato del lavoro greco, nella speranza che qualcuno si rivolga alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
 
Lavorare per niente
Nella Grecia del capitalismo sfrontato e selvaggio, gli interessi privati e il profitto diventano luoghi di sfruttamento selvaggio e di condizioni precarie del mercato del lavoro, mentre allo stesso tempo si asseconda la nobile causa del volontariato, un’attività altruistica per il miglioramento della vita umana e la promozione della buone cause.
 
Società privata di Atene cerca volontari per il Dipartimento di Marketing, orario di lavoro 09:00-17:00, almeno per quattro giorni al mese.
Conoscenze richieste : lavoro di squadra, voglia di imparare, ecc.
Offerte: esperienza di vita, soddisfazione morale, contatto con altri volontari, certificazione di volontariato, “volontario dell’anno” . (fonte)
 
Lavorare per vitto e alloggio
 
Nel migliore dei casi, i datori di lavoro offrono un pasto e un alloggio gratuiti, come nel caso di un albergo sull’isola di Egina.
 
“Hotel cerca cameriera di piano per lavoro volontario a Egina, offre vitto e alloggio.”
 
Lavorare e restituire parte dello stipendio al datore di lavoro
I datori di lavoro sembrano non essere mai a corto di idee quando si tratta di sfruttare le forze di lavoro. Un’addetta alle pulizie ha denunciato la scorsa settimana che il datore di lavoro stava richiedendo indietro parte dello stipendio.
La donna era stata assunta da una società privata che aveva un contratto con un ospedale pubblico di Atene. “Solitamente versavano sul mio conto in banca € 800 al mese, ma un paio di giorni dopo, due signore mi venivano a trovare e mi chiedevano 200 € in contanti “, ha detto l’addetta alle pulizie a skai TV. . Ha aggiunto che questa era la prassi comune per tutto il personale e che i lavoratori erano costretti a restituire 200-300 euro a seconda del loro stipendio.
 
Lavorare e attendere tre mesi per ricevere il salario
Con l’abolizione della contrattazione collettiva imposta dal FMI, operai e impiegati in Grecia si trovano ad affrontare le nuove regole del lavoro, come la settimana di sei giorni, orari di lavoro flessibili, lavoro a rotazione di 3 o 4 giorni la settimana, senza indennità né remunerazione del lavoro straordinario.
 
Uno degli ultimi esempi della nuova morale nel mercato del lavoro greco è stato firmato all’inizio di novembre:
 
I dipendenti di una compagnia di assicurazioni sono stati costretti a firmare contratti di lavoro in base ai quali il pagamento dello stipendio avviene regolarmente con un ritardo di 90 giorni!
 
” Il pagamento degli stipendi per il personale avverrà entro 90 giorni dalla fine del mese in cui è stato prestato il lavoro, sia tramite bonifico sul conto corrente del dipendente sia in contanti o in combinazione dei due.” (imerisia.gr)
 
Lavorare per dei buoni pasto
 
Nel settore dei trasporti internazionali della Grecia una nuova contrattazione collettiva prevede che i dipendenti saranno pagati in base al fatturato dell’impresa. Se il fatturato diminuisce per un periodo di nove mesi, gli stipendi saranno ridotti del 4 per cento. Se il suo fatturato aumenta, verrà dato un bonus sotto forma di denaro o buoni pasto.
 
KeepTalkingGreece conclude così:
 
Ma lo sapet qual’è la cosa più strana e vergognosa di tutta la situazione? Che il settore pubblico greco, lo stato così profondamente indebitato, mantiene ancora dei salari più alti e pensioni più alte rispetto al settore privato.
…Mi chiedo come mai questa debba essere vista come una vergogna, invece che come l’ultimo baluardo di riconoscimento della dignità del lavoro in un paese catturato e svenduto. (La forza del lavaggio del cervello).

Lo sgretolamento del sistema inizia con i Forconi?

un intellettuale onesto che non mangia caviale….si vede.

dic 11th, 2013 di Eugenio Orso

In piazza a Monfalcone un migliaio di manifestanti, che l’hanno bloccata. Monfalcone è piccola, non è Torino, non è Genova e non è Palermo, è una cittadina dell’estremo nord-est d’Italia, in provincia di Gorizia. Ci sono i cantieri navali (della Fincantieri) e le “esternalizzazioni” a piccole ditte dal futuro incerto che sfruttano e precarizzano all’estremo i lavoratori poveri. Sono stati questi, in gran maggioranza, non gli studenti, non i trasportatori, non i commercianti o gli agricoltori, a invadere la piazza di Monfalcone. Prova che il cosiddetto Movimento dei Forconi è molto composito, dal punto di vista sociale, e rappresenta l’irruzione sulla scena, non certo di fatui grillini o peggio, di virtuali trenta-quarantenni renziani, destinati ad aggravare la situazione sociale del paese, nell’imbroglio della politica di sistema, ma delle masse pauperizzate deprivate di qualsiasi rappresentanza politica. Né Grillo, né Berlusconi, né tantomeno il pd di Napolitano, Letta e Renzi – saldamente al governo e attraversato dalle correnti impetuose del collaborazionismo filoeuropoide e neocapitalistico – possono dare rappresentanza effettiva a queste masse e ai loro interessi vitali.

In relazione al sommovimento detto dei Forconi – che ha il suo più diretto antecedente nei moti siciliani di un paio d’anni fa, guidati dagli agricoltori dei Forconi, appunto, e da trasportatori isolani di Forza d’Urto – non possiamo non rilevare qualche similitudine con i moti di popolo del XIV secolo in Europa, che fecero seguito alla grande carestia d’inizio secolo e all’epidemia di peste sviluppatasi fra il 1347 e il 1350. Dalle Fiandre alla Francia la drammatica situazione socioeconomica si fece sentire e generò una reazione popolare ampiamente spontanea. Il più noto sommovimento è la Jacquerie francese del 1358, affrontata dal potere dell’epoca “per le vie brevi”, con la repressione armata. Rileviamo similitudini fra i Forconi e la Jacquerie popolare trecentesca, ancor più che con le lotte operaie e di classe degli anni sessanta e settanta. Potrà sembrare strano a qualcuno, perché quasi sette secoli di distanza separano i Forconi italiani di oggi dalla Jacquerie francese, ma riflettendoci sopra si comprende che così è e non potrebbe essere diversamente. Perché? Cerchiamo di dare una risposta che ci aiuterà a capire la vera sostanza sociale, politica e culturale di questo nuovo movimento che attraversa la penisola. Esplicitiamo, in proposito, alcuni punti fondamentali:

1) Classe sociale. Il neocapitalismo finanziarizzato, che imperversa anche in Italia, nella sua veste di nuovo modo storico di produzione ha dissolto l’ordine sociale precedente, sta facendo tabula rasa del mondo culturale e solidaristico delle vecchie classi, quali grandi comunità deterritorializzate, e genera una sorta di neoplebe precarizzata e flessibilizzata, senza rappresentanza alcuna all’interno del sistema, nel vuoto di alternative politiche extrasistemiche che drammaticamente latitano. Una neoplebe che deve offrire lavoro non tutelato e a basso costo, o in alternativa accettare, come se fosse naturale destino umano, la disoccupazione di lungo periodo, l’esclusione e una sopravvivenza sempre più incerta. Infatti, tutte le soglie di sopravvivenza della popolazione pauperizzata tendono ad abbassarsi, e l’aspetto soggettivo (gramsciano), quello della coscienza politica e sociale che connotava la vecchia classe operaia, salariata e proletaria tende a scomparire. In questa neoplebe, che sarebbe meglio chiamare Pauper class per contrapporla alla classe dominante globale postborghese, confluiscono, nella discesa verso il basso delle condizioni di vita e dei diritti, sia gli operai orfani dell’omonima classe, sia i ceti medi rovinati dall’euro, dalla globalizzazione economica e della crisi strutturale. I suddetti si sovrappongono, quali strati più alti della classe povera nuovo-capitalistica, alla “underclass” urbana e ai poveri fra i più poveri, che nel mondo sono almeno due o tre miliardi, in costante crescita. Povertà culturale e povertà economica indotte coesistono, come facce della stessa medaglia, e viene meno la specificità culturale – e, mi si permetta di scrivere, comunitaria – che caratterizzava la vecchia classe operaia dominata. Gli operai esistono ancora, numerosi, ma non sono più classe, gli appartenenti al ceto medio anche, ed è cessata, per loro, la storica corrente novecentesca della “promozione” economica e sociale. Ecco chi sono i Forconi italiani, con una spruzzata di “underclass” (sotto-classe urbana), di centri sociali e autonomi, persino di forzanovisti e casa Pound.

2) Ideologia e destra/ sinistra. Secondo la vulgata propagandistico-mediatica, che annunciava il “salto di evo” neocapitalistico globalizzato, gli anni ottanta del novecento sono stati quelli della conclamata “morte delle ideologie”. Il comunismo, il fascismo, il nazionalsocialismo, il nazionalismo e persino il vecchio liberalismo sarebbero “defunti”, in quanto ideologie, in quel decennio, fatuo fin che si vuole, intermezzo apparentemente lieto fra gli “anni di piombo” e quelli “di fango”, ma di profondo cambiamento. Più che di morte – come la materia, le ideologie e soprattutto le idealità che ne stanno alla base si trasformano, fino a rendersi irriconoscibili – si tratta della vittoria su tutto di una nuova ideologia dominante, intimamente connessa alle dinamiche finanziarie del capitalismo del terzo millennio, cioè il neoliberismo-neoliberalismo. Il dominio incontrastato dell’ideologia nuovo-capitalistica (anche l’economia neoliberista, come sappiamo, è di matrice ideologica e non scientifica) è stato mascherato con la “morte delle ideologie”, pur mantenendo in vita artificiosamente la dicotomia destra/ sinistra. Se questa dicotomia politica aveva un senso e un’effettività ai tempi delle lotte operaie postbelliche e del Sessantotto, oggi fa interamente parte della rappresentazione scenica democratica e liberale, che divide le masse in tifoserie contrapposte, come allo stadio, essendo l’esito della “partita”, giocata con il ruolo determinante di media e talk-show, ben poco influente sugli effettivi programmi politici da applicare al paese. I Forconi, che non sono connotati ideologicamente, rifiutano la dicotomia politica destra/ sinistra, segnando così la distanza dal movimento operaio in lotta negli anni sessanta e settanta del novecento. C’è un po’ di tutto, nel movimento spontaneo o semi-spontaneo, che sta attraversando l’Italia, ma io non credo che sia “di destra” o di estrema destra come si cerca di far credere, a vantaggio del sistema (e quindi del Pd europoide e collaborazionista), per delegittimarlo.

3) Rappresentanza. Il movimento operaio, in Italia a maggioranza comunista, aveva una rappresentanza all’interno del sistema, quella dal Pci, nonché un sindacato di riferimento, legato al Pci, cioè la Cgil con l’”avanguardia” metalmeccanica nella Fiom. I ceti medi avevano una rappresentanza diversa, nel sistema, e la trovavano in buona maggioranza nella Dc di governo (e di lotta, in certe fasi solo apparente, con il Pci). I Forconi non hanno e non potranno trovare alcuna rappresentanza politica e/o sindacale all’interno del sistema di potere vigente, anche se Grillo e soprattutto Berlusconi cercano per convenienze elettorali (e personali) di “cavalcare la tigre” rappresentata da questo movimento. Non parliamo, poi, della distanza fra i manifestanti di questi giorni e il pericoloso buffone, liberista e “europeista”, Matteo Renzi, incaricato di rinnovare esteriormente il Pd e “rottamare” il paese! Hanno intuito, i Forconi, che i piccoli imprenditori prossimi al fallimento sono abbandonati a se stessi da un “sistema-paese” sempre più indebolito, controllato dall’esterno, costretto nell’europrigione e aperto forzatamente al mercato. Hanno compreso che gli artigiani, i contadini e i piccoli commercianti sono destinati all’ordalia del libero mercato globale. Si sono resi conto che i giovani non hanno alcuna prospettiva, nonostante la politica degli annunci di governi collaborazionisti dell’eurozona-lager. Sanno che gli operai sono a rischio di (ri)schiavizzazione integrale e i disoccupati sono tali nel lungo periodo, se non diventano degli esclusi per sempre. Che cosa accomuna tutti questi soggetti in difficoltà? Il fatto che sono privi di rappresentanza, resi “invisibili” dalla politica liberaldemocratica.

4) Programma politico. I Forconi, fin dalle prime battute, non sembrano in grado di esprimere un chiaro programma politico alternativo da contrappore efficacemente a quello sistemico, imposto dall’esterno, che sta squassando il paese. Le loro rivendicazioni, che non riguardano solo le accise sui carburanti(!), sono eterogenee quanto le figure sociali che animano il sommovimento popolare. Ricordo che Costanzo Preve mi ha detto (e ha scritto) che oggi la cosa più complessa è stilare un programma politico credibile, alternativo a quello neocapitalistico e immediatamente applicabile. Così difficile che la Scienza della Logica di Hegel, al confronto, diventa facile come leggere Topolino. Suprema ironia di Costanzo, che purtroppo non è più tra noi, ma grande verità sulla quale riflettere. L’incertezza sul piano programmatico e una certa, spiegabile “confusione rivendicativa” (non solo i costi dei carburanti per l’autotrasporto e le accise!), con le emergenze sociali che si moltiplicano e si accavallano, allontanano inesorabilmente i Forconi dal movimento operaio italiano del dopoguerra. Il movimento operaio, infatti, aveva una solida rappresentanza politico-sindacale e il programma dell’allora Pci, sia pure sempre più rivendicativo-socialdemocratico, nel corso dei decenni, e sempre meno rivoluzionario-marxista. Non parliamo poi degli accostamenti pelosi che alcuni, all’interno del sistema, fanno fra questo movimento di popolo e i “boia chi molla” di Reggio Calabria nel lontano 1970! Personalmente, oggi non vedo l’ombra di un Ciccio Franco che si fa arrestare sulle barricate, o meglio, ai blocchi stradali, ma, al più, l’ombra di un Berlusconi che standosene al sicuro cerca opportunisticamente di metterci il cappello sopra …

5) Individuazione del nemico. Per i Forconi, di sicuro la “classe politica” da mandare a casa senza appello, come nemico interno, quello più visibile e di maggior prossimità, poi l’euro e la globalizzazione economica. Molto meglio, più legati alla realtà sociale del paese e più pericolosi per il sistema degli inani pacifinti indignados, i quali non riuscivano a vedere che le banche e spesso solo gli edifici, più che le istituzioni bancarie e i potentati che le manovrano. In effetti, se il nemico di prossimità è rappresentato dai politici liberaldemocratici nostrani, da spedire a casa in blocco, perché illegittimi, incapaci e rapaci, il nemico esterno, quello principale neocapitalistico, è abbastanza ben simboleggiato dall’euro strangolatore e dalla globalizzazione neoliberista pauperizzante.

Notevoli sono le differenze fra i Forconi e il movimento operaio in lotta nel dopoguerra, come si nota scorrendo i punti precedenti, e c’è qualche inquietante similitudine con il movimento di popolo mille e trecentesco noto come Jacquerie. I vecchi marxisti, quelli del secolo scorso legati alla seconda o alla terza internazionale, direbbero che quello dei Forconi è un movimento squisitamente “reazionario”, perché alimentato, almeno in parte, dai padroncini dell’autotrasporto, da imprenditori, agricoltori proprietari e commercianti. Si rifarebbero, per giustificare il loro assunto, niente di meno che al Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels del 1848, in cui le predette categorie (meno i padroncini dell’autotrasporto, che allora non esistevano) sono connotate in chiave negativa. Il punto vero è che non siamo nell’ottocento e non siamo più nel novecento. Non ci sono più l’alta borghesia proprietaria e il proletariato a fronteggiarsi, dentro e fuori i cancelli delle fabbriche. Il ceto medio è allo sfascio. Il panorama sociale, economico, politico e culturale è oggi completamente diverso.

Un mio corrispondente, che si dichiara ancora ostinatamente comunista, in merito alla questione dei Forconi e del loro contenuto “rivoluzionario e anticapitalista”, mi ha inviato un estratto del citato Manifesto di Marx e Engels. Leggiamolo: Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l’artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all’indietro la ruota della storia. Quando sono rivoluzionari, sono tali in vista del loro imminente passaggio al proletariato, non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, e abbandonano il proprio punto di vista, per mettersi da quello del proletariato. (da Borghesi e Proletari)

Sicuramente quanto precede valeva ai tempi del grande Marx, segnati dal capitalismo del secondo millennio e dalla prima rivoluzione industriale. Con l’avvento del nuovo capitalismo finanziarizzato, strutturalmente diverso dal precedente, le cose cambiano alquanto, sia sul piano della teoria del valore, sia sul piano dell’alienazione nei rapporti sociali e produttivi, sia sul piano della strutturazione sociale. Nessun dubbio che qualche piccolo imprenditore prossimo alla rovina vorrebbe “far girare indietro la ruota della storia” e tornare al precedente modello di capitalismo nostrano, di economia mista, sottraendosi all’euro e alla globalizzazione neoliberista. Anzi, non solo lui lo vorrebbe, ma anche molti lavoratori dipendenti e molti disoccupati, affamati di lavoro stabile decentemente retribuito. Non voglio certo sconfessare Karl Marx, ma soltanto far capire che stiamo vivendo i primi albori di una fase protorivoluzionaria e ogni segnale di destabilizzazione, d’inizio dello sgretolamento del sistema, e di superamento di una sconcertante passività di massa, deve essere accolto “oggettivamente” come positivo, qualunque siano le origini, le intenzioni e le speranze personali di coloro che si mobilitano. Mi sento di sostenere che anche questo moto di popolo, per quanto non del tutto spontaneo e a rischio strumentalizzazioni, per quanto confuso dal punto di vista delle rivendicazioni e piuttosto eterogeneo per le figure sociali coinvolte, va nel senso della destabilizzazione dell’ordine vigente e di un possibile, futuro sgretolamento del sistema. L’aver individuato il nemico principale, inoltre, nell’euro, nell’unione europoide e nella globalizzazione neoliberista (Mercati&Investitori) è un passo avanti, per la comprensione di massa della realtà politica e sociale in cui si vive, rispetto al semplice “tutti a casa” rivolto ai sub-dominanti politici locali. Che comunque ci sta tutto. Speriamo, dunque, che i disordini continuino, pur a singhiozzo, e si estendano in tutto il paese e a tutte le categorie come una macchia d’olio.

http://www.comunismoecomunita.org/?p=4047

“Leggiamolo: Gli ordini medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, l’artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari, ma conservatori. Anzi, sono reazionari, poiché cercano di far girare all’indietro la ruota della storia.”

bene. allora con quest’ottica anche loro sono conservatori quando manifestarono contro la RIFORMA FORNERO.

Quindi se scendessero in piazza i compagni per il ripristino del welfare ANCHE SAREBBERO REAZIONARI???

Quando le parole non significano nulla

Forconi, Calvani in giro in Jaguar? Ecco il famoso “metodo Boffo”

Alessandro Raffa
Collaboratore at Nocensura.com
DICHIARARE CHE Danilo Calvani VA IN GIRO IN JAGUAR è UNA PORCATA SCHIFOSA !!! NE STANNO DICENDO NERE PER DIFFAMARLO, PER CERCARE DI METTERGLI CONTRO LE PERSONE… CONOSCO PERSONALMENTE DANILO CALVANI DA 2 ANNI, E CONOSCO BENE LA SUA SITUAZIONE. COME HA DICHIARATO, NON POSSIEDE NEMMENO UN’AUTOMOBILE: LA SUA AZIENDA AGRICOLA è STATA FORTEMENTE COLPITA DALLA CRISI, PIGNORAMENTI, ETC… COME MOLTI AGRICOLTORI DELL’AGRO PONTINO. PENSATE CHE A NATALE DELL’ANNO SCORSO DANILO NON RISPOSE NEMMENO AGLI SMS DI AUGURI PER NATALE… O MEGLIO RISPOSE SU FACEBOOK MA NON DA CELLULARE… E IO NE SONO TESTIMONE. PER SPOSTARSI I COMITATI AGRICOLI STANNO ORGANIZZANDO COLLETTE…
DICHIARARE CHE CALVANI SI MUOVE IN JAGUAR è UNA PORCATA SCHIFOSA, E CHI LO DICE DEVE VERGOGNARSI PROFONDAMENTE, PERSONALMENTE SONO CONTRARIO ALLA VIOLENZA, MA GLI SPUTEREI IN FACCIA VOLENTIERI…. SCHIFOSI!!!!
http://www.nocensura.com/2013/12/forconi-calvani-in-giro-in-jaguar-una.html

Ernesto Ferrante
Forse sarò intellettivamente limitato ma davvero non capisco cosa tolga alla legittimità della mobilitazione in atto il fatto che alcuni dei manifestanti, alla fine del comizio di Genova, abbiano dato un passaggio a Danilo Calvani in una Jaguar. Prima di fare del demenziale proletarismo strabico e d’accatto o pseudo giornalismo onanistico e rosicone, bisognerebbe conoscere fatti e persone. Sarebbe più corretto informarsi, tanto per cominciare, sulle battaglie che Danilo ha condotto in questi anni contro i sindacati agricoli gialli, gli amici dei “Corridoi Verdi”, i Gabellieri vampiri e le associazioni padronali. Tutto il resto è solo solfa puzzolente.
https://www.facebook.com/ernesto.ferrante?fref=ts

I Forconi a Ventimiglia: bloccata la frontiera !

PREVISTA UN’IMPONENTE MANIFESTAZIONE DI PROTESTA NELLA CITTÀ LIGURE

Auto messe di traverso sull’Aurelia, non si arriva più in Francia.

Continua la protesta del cosiddetto movimento dei forconi che ora punta al blocco delle frontiere via terra. Si è cominciato in Liguria dove alcune auto messe di traverso sull’Aurelia, alla rotonda di frazione Latte, a Ventimiglia (Imperia), stanno bloccando il traffico verso la Francia.

BLOCCO – Interrotto, dunque, il transito verso gli ex valichi di Ponte San Ludovico (bordo mare) e Ponte San Luigi (collina), distanti meno di due chilometri. L’unica alternativa rimane al momento l’Autostrada dei Fiori, ma non si esclude un imminente blocco anche dello svincolo di questa. Oggi a Ventimiglia è prevista un’imponente manifestazione di protesta da parte di frontalieri contro il mancato rinnovo del bonus fiscale, commercianti in guerra contro la Tares e studenti che protestano per la fatiscenza delle loro scuole.

12 dicembre 2013

http://www.corriere.it/cronache/13_dicembre_12/forconi-bloccata-frontiera-ventimiglia-6ba83640-6300-11e3-ba6d-49d09c00448e.shtml

Non son fascista ma…

http://www.tgvallesusa.it/?p=4064

SCRITTO DA: CONTRIBUTI – DIC• 12•13 – di Daniela Giuffrida

Foto: Contropiano

Foto: Contropiano

Tante le polemiche di queste giorni circa le forze che hanno spinto e spingono la protesta dei Forconi. Le questioni, poste sul piano della polemica, sono state tante. I “capi- Forconi” rifiutano ogni colorazione di destra ma poi le foto in una piazza Castello di Torino, gremita di manifestanti, mostra tantissimi di loro in un saluto “romano” che non lascia adito a dubbi di sorta.

I Forconi rifiutano ogni addebito di strumentalizzazione da parte di qualsiasi forza estranea, ma poi le televisioni riprendono il leader del Movimento nazionale 9 dicembre, Danilo Calvani, mentre si allontana su una Jaguar sventolando un tricolore. E sono tantissime le minacce riferite da diversi negozianti di Torino a cui sarebbe stato imposto di chiudere le saracinesche dei loro negozi, ma i Forconi ammettono che esistono frange di estremisti, estranee al Movimento che allo stesso si sono unite, fuorviando forse l’attenzione, confondendo l’opinione pubblica, ma sicuramente non compromettendo gli scopi veri della “rivolta”.

Ma ieri è arrivata la notizia di una libreria di Savona, ai proprietari della quale sarebbe stato “intimato di bruciare tutti i libri”. La notizia ha fatto il giro del web ed è rimbalzata da giornali a televisioni che l’hanno riportata con dovizia di particolari e, immediatamente, la memoria è andata a quella notte del 10 maggio del 1933, quando, sulla Opernplatz (Piazza dell’Opera) di Berlino vennero bruciate centinaia di opere letterarie firmate da autori non tedeschi, avvenimento che di fatto cancellò per anni la testimonianza culturale di un’umanità intera, da Karl Marx a Bertolt Brecht, da Thomas Mann ad Herbert Marcuse, da Albert Einstein a Sigmund Freud ad Edith Stein.

In questo quadro, ieri sera, l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) ha preso una posizione netta e precisa contro quella che è stata definita dalla stessa associazione una manifestazione di stampo fascista. L’ANPI ha promosso per VENERDI’ 13 DICEMBRE alle ore 10:00 un presidio democratico, antifascista, contro ogni tipo di violenza, in PIAZZA delle ERBE di fronte al Palazzo Comunale “Da diversi giorni la città di Torino e alcuni comuni della Provincia – scrive Diego Novelli, Presidente del Comitato prov. dell’ANPI – sono teatro di episodi di violenza messi in atto da gruppi di teppisti di matrici diverse (neofascisti, ultras del calcio, delinquenti comuni) partecipanti alla protesta del settore del commercio (negozianti e ambulanti) promossa da un fantomatico “Comitato per la Rivoluzione” alla cui testa figurano i famigerati “forconi” le cui caratteristiche sono ben note per i fatti accaduti in Sicilia tempo fa. Posti di blocco stradali, distruzione di raccoglitori della spazzatura e di paline segnaletiche, minacce di stampo mafioso rivolte a centinaia di negozianti per imporre la chiusura degli esercizi, grida e insulti contro inermi cittadini, assalto ad edifici pubblici, intralci prolungati ai mezzi di trasporto pubblico e alla viabilità stradale hanno caratterizzato le gesta di questi malviventi, molti dei quali scorrazzano per il centro cittadino inneggiando a Hitler e Mussolini; la stragrande maggioranza dei cittadini coinvolti in questi disgustosi episodi si è sentita abbandonata a sè stessa. L’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, denuncia con fermezza gli episodi di stampo diciannovista tipico degli squadristi di infausta memoria, sollecita le Autorità dello Stato preposte alla tutela della civile convivenza affinché sia garantita a Torino la praticabilità della vita democratica sancita dalla nostra Costituzione.”

“Quello dei nuovi fascisti , oggi – ha commentato Massimo Zucchetti, ordinario del Politecnico di Torino, scienziato di fama internazionale ma anche studioso e profondo estimatore della storia partigiana e “partigiano”egli stesso – è un ruolo che non è cambiato, ma è solo attualizzato. E’ finalizzato a rendere disponibile manovalanza per un movimento reazionario di massa, da utilizzare nella crisi in corso per sostenere una parte della borghesia (quella più arretrata e marginalizzata) – magari invocando una innaturale alleanza con settori popolari – contro un’altra parte delle borghesia (quella più internazionalizzata e integrata) e contro le organizzazioni dei lavoratori e della sinistra che fanno da tappo alle opzioni reazionarie e xenofobe.

Compito del rivoluzionario – è contrastare questa deriva e smascherare la manovra, chiarendo che la lotta e le rivendicazioni sociali non hanno futuro se si trasformano in Jacquerie, cioè insurrezioni popolari prive di una preparazione politica e rivolte contro il nemico più immediato (ad esempio una sede di equitalia o un supermercato) senza capire che il reale nemico prepara e dirige dall’alto i capi di queste rivolte. “I partigiani sanno sempre dove stare, senza squallidi coinvolgimenti” ha concluso Massimo Zucchetti.

Le tante facce della povertà

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Scritto da: Fabrizio Salmoni – dic• 12•13

DSCN2557Cosi efficacemente Marco Revelli ha oggi definito i dimostranti dei “Forconi” visti in azione a Torino. Intanto parte l’attacco mediatico coordinato su tutte le testate. Le diffidenze di una “vecchia” sinistra, una leadership dei “Forconi” ambigua ma che non ha il pieno controllo.

Due giorni di protesta e scatta l’attacco mediatico. Nessuna sorpresa, anche perchè è codificato: il Potere usa sempre gli stessi metodi, gli stessi schemi, che sulla massa dell’opinione pubblica lasciano sempre il segno. Il primo obiettivo è la  divisione: tra buoni e cattivi e tra dimostranti e gli altri cittadini, giocando sui due classici tasti: violenza/non violenza, differenze ideologiche o trasversali. Il passo successivo è l’individuazione, l’attribuzione di etichette mediatiche che, reiterate, diventano stereotipi, e la conseguente repressione violenta e giudiziaria. Lo sperimentano da anni  in Val Susa; ora tocca ai Forconi.

Con questi siamo alla prima fase. Perchè? Perchè sono per la massima parte sconosciuti e soprattutto perchè in questi due giorni hanno seminato il panico: hanno assaltato i palazzi del Potere, hanno fatto imbestialire sindaci, prefetti e questori, hanno parzialmente oscurato le celebrazioni mediatiche del novello Cesare, Renzi, prendendosi i titoli delle seconde pagine, hanno instillato paura nella casta provocando l’ambiguo gesto dei poliziotti che si sono tolti il casco, paura ripresa e amplificata malignamente da Grillo con la sua Lettera Aperta, hanno fatto paventare sulle colonne di Repubblica una “valsusizzazione” di Torino.

untitledLe testimonianze dirette dalla piazza sono estremamente difformi, come noi del TG Vallesusa abbiamo raccolto e parzialmente documentato, ma sui media mainstream l’enfasi va sulle minacce ai commercianti (molti dei quali erano in piazza) o agli automobilisti.o alla vecchietta (che fa sempre colpo).  E non c’è dubbio che episodi di prepotenza ci siano stati riconducibili probabilmente più all’eccitazione e alla natura “poco educata” dei soggetti più che a predeterminazione.  Gli altri movimenti sono stati a guardare, dapprima con qualche diffidenza, poi con interesse dopo aver realizzato che i nemici enunciati dai “Forconi” e gli slogan sono quasi gli stessi (Esposito non si è fatto mancare il solito appello per più polizia). Tanti dibattiti in rete hanno dato luogo a maggiore attenzione, sono spuntati blocchi (ad Avigliana e Giaveno) che tenevano a specificare di essere antifascisti. Gli studenti hanno fatto finora da trait-d-union e hanno aderito autonomamente ad alcuni momenti significativi della protesta. La sinistra istituzionale è franata sull’atavica diffidenza, o peggio incomprensione totale, tra ceti garantiti e le masse di “invisibili” alla politica, un po’ come nel 1977. E’ stato spiacevole l’incontro con  la Fiom sotto Palazzo Lascaris perchè è stata un’occasione perduta per parlarsi;  altrettanto spiacevole, perchè intempestivo, il comunicato dei 5 Stelle che si sono premurati di “respingere la violenza” uniformandosi cosi al coro becero dei media. Insulso, perchè a sostegno indiretto della casta e frutto di frettolosi giudizi e di opportunismo, il magro raduno di Sel, Rifondazione, Anpi provinciale, e Teli Bianchi (chi?), davanti al Municipio, per solidarietà a un Fassino  ancora convalescente da insulti e bile, e per la “legalità”, come i momios cileni di infausta memoria. Povera sinistra!

DSCN2570Sul fronte dei dimostranti c’è da registrare un leggero calo della mobilitazione in città ma una costante pressione in cintura e provincia, in particolare a Nichelino dove il sindaco Pd Catizzone è stato assediato a lungo dentro il Municipio. Ci sono stati un paio di arresti per violenza privata e una trentina di denunciati. Per venerdi è attesa un’altra manifestazione di studenti. L’assemblea pubblica tenuta in piazza Castello ha rivelato i limiti di un movimento disomogeneo e gli aspetti di ambiguità legati alla sua leadership. Dal palco, un personaggio improbabile, certo Danilo Calvani, proveniente dagli ambienti di estrema destra laziali, mercatale con Porsche, ha arringato le centinaia di persone confluite in centro a fine giornata con una rozza ma efficace eloquenza, accorto nel cogliere l’umore degli astanti e nel cambiare immediatamente bersaglio quando si accorgeva di aver toccato i tasti sbagliati. Cosi quando se l’è presa con “gli infiltrati violenti” è stato fischiatissimo e si è contorto all’istante dicendo che Alfano, Letta e i politici sono i veri infiltrati. O quando ha chiesto un applauso per le forze dell’ordine e si è levato il coro “Merde! Merde!” facendolo ripiegare su “Siamo tutti italiani!” e allora giù di inno di Mameli che sembra l’unico riferimento ideale proponibile e in cui tutti sembrano riconoscersi. Calvani ha annunciato che da domani si torna a lavorare ma che la prossima settimana si va tutti a Roma in data da comunicare e “Chi non ha il biglietto, glielo paghiamo noi!” lasciando gli osservatori interdetti sull’identità di quel “noi”. Si vedrà quanto pesa questa leadership nei giorni prossimi. Ma intanto il fronte istituzionale è lasciato con due preoccupazioni: quella di non avere interlocutori rappresentatitivi  e riconosciuti e quella che ai “Forconi” si saldino altri movimenti con altri contenuti. (F.S.)

Teli bianchi ai Forconi

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Scritto da: Massimo Bonato – dic• 12•13

1507205_549042181844972_1978839966_nContro le violenze dei giorni scorsi per le strade di Torino nasce Teli bianchi. Cittadini e associazioni autoconvocati per rispondere alla paura.

Con il motto “Contro le violenze dei forconi appendiamo un telo bianco ai nostri balconi” si costituisce questa comunità di cittadini e associazioni, sindacati e movimenti che si riuniscono sotto il nome Teli bianchi. Un telo bianco disteso alla finestra o a un balcone è ormai da tempo un simbolo contro la violenza. “Manifestare dissenso non significa ricorrere alla violenza. Un telo bianco contro ogni abuso, ogni minaccia, a favore dei diritti e della libertà di tutti” si legge sulla pagina Facebook che raduna velocemente le prime adesioni, ormai un migliaio in un paio di giorni.

Quando ormai anche i Forconi si interrogano sull’appeal che la loro protesta ha suscitato nella cittadinanza alle allarmanti voci di comportamenti  squadristi, davanti a Palazzo di Città si convocano a sera i Teli bianchi. Quattro ragazze tendono appunto un telo, sopra volantini stampati di fresco, a fianco prende la parola chi vuole, e sono in diversi ad avvicendarsi nel freddo pungente.

1483124_549042268511630_1480538244_nTina si presenta all’assemblea: “Io non posso dialogare con chi vuole uscire dall’euro per tornare alla lira. Così! Poi leggo dai comunicati che questi vogliono mandare tutti a casa… bene!, e poi?, vogliono mettere al governo un militare. Io con gente così non posso scendere in piazza”. Applausi.

Prende il microfono un commerciante di via Pietro Micca, dove di cortei ne ha visti tanti sfilare, “tanti ai quali avrei anche partecipato e tanti altri no”. Ma di una cosa è certo: non c’è possibilità di dialogo con chi fa paura. “Io lunedì parlavo con i miei vicini e ci chiedevamo se aprire o no. Avevamo paura. È stato gettato il seme della paura” dice. E si è sentito solo, lasciato solo dalla Prefettura, perché di Polizia in giro non se ne vedeva.

Guillermo è emozionato, è argentino, commerciante. È emozionato non per la folla ma perché ripensa al suo paese e a come è stato facile per i militari prendere il potere e tenerselo tra mille soprusi, torture e massacri. Gli trema la voce: “Non ce l’ho con i militari – e svolge lo sguardo attorno, la piazza del municipio blindata da blindati – ma quando sento parlare di militari al governo…”

58_Teli bianchi ai ForconiPiù deciso è Fabrizio, “Ci sono state un sacco di violenze in città, eppure ci abbiamo messo tre giorni a reagire. Noi non siamo estremisti come i No Tav. Per me uno che si comporta da squadrista è uno squadrista. Pensiamo a che cosa è successo al municipio di Nichelino: quattro bombe carta che hanno fatto saltare le finestre con la gente dentro; le scuole chiuse!”

Poi è la volta di Gabriella, anch’essa commerciante e impegnata nella lotta contro la privatizzazione dei mezzi pubblici. Vive in piazza Derna, una piazza occupata per giorni interi dove è stata obbligata a code interminabili per rincasare e dove ha visto macchine prese a calci, gente insultata perché non voleva fermarsi a protestare. “Ma la rivoluzione non si fa in un giorno” dice alzando il tono della voce e scostando sopra la spalla i lunghi capelli castani. “Sapete che cos’è la Cassa Depositi e Prestiti? È quella che ci sta impoverendo sempre di più sul piano dei beni comuni. La rivoluzione non la si fa nei centri commerciali, la si fa tutti i giorni. E questi [i Forconi] non li senti parlare di abbattere le tasse, di una tassazione più equa, della fine della evasione e della disoccupazione. Che cosa vogliono? Mandarli a casa. E poi?”

Federico guarda in alto, come ispirato, e con voce ferma ricorda che “Siamo solo persone che cercano di organizzarsi contro la violenza”. La misura è ormai colma però l’entusiasmo e la spontaneità non bastano. Ci vuole un’organizzazione con un servizio d’ordine, che sappia far rispettare le decisioni prese dall’organizzazione stessa, senza aver bisogno di chiamare la Polizia, e che agisca ancor prima di chiamare la Polizia. “Bisogna allontanare i facinorosi. I media stanno dipingendo queste manifestazioni soltanto attraverso le azioni violente, come manifestazioni fasciste. Ma non ci sono solo loro. Basta un gruppo di facinorosi per essere tacciati di violenti, come è successo ai No Tav. La nostra Costituzione è antifascista, è quella che ci hanno regalato i nostri nonni partigiani ed è quella che dobbiamo difendere. Ma non è sufficiente un’azione spontanea. Ci vuole una risposta politica”.

Teli bianchiAttorno, tra la gente, si intravedono su lati opposti Giampiero Leo e Ilda Curti. Federico agita la zazzera mentre discorre con un compunto ascoltatore e gli chiediamo lumi sull’area di provenienza dell’iniziativa, se ha alle spalle una definizione più schietta e individuabile. No. Ripete quel che diverse volte è passato attraverso il megafono: è gente stufa delle violenze. Si deve protestare senza violenza. Gli ricordiamo che però i media son spinti da interessi economici che orientano le loro espressioni, visto che il movimento No Tav è stato nella serata nominato più volte. “Sì, ma i No Tav dovevano dissociarsi dalla violenza”. Gli ricordiamo le violenze subite, la fronda che gli si agita contro compatta dai media alla procura, la pericolosa eventualità che facilmente i movimenti si frantumino proprio sotto la divisione tra buoni e cattivi tanto caro alla stampa con cui si forma l’opinione pubblica. “No – risponde Federico convinto. – Se io vado da uno e gli dico ‘Vieni a manifestare con noi’ questo deve sapere che non siamo violenti, gli dobbiamo provare che non siamo violenti. E noi non siamo No Tav, anarchici o fascisti che spaccano le vetrine. Noi siamo gente civile”.

Tutto chiaro.

Appuntamento in piazza Vittorio Veneto sabato 14 dicembre alle 9,30 per dire basta alle violenze dei Forconi, di altre non s’è parlato.

Perché se fan passare di Sandro Pertini il motto “Quando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato via anche con mazze e pietre” – parola di Forconi; Sandro Pertini avrebbe invece detto: “Non può esserci libertà senza giustizia sociale e non può esserci giustizia sociale senza libertà” – parola di Teli bianchi.

M.B. 12.12.13