Lo sgoverno ”Alfetta” e il popolo in piazza

di: Umberto Bianchi
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Brutta cosa quando la gente comincia a muoversi, al di là di sigle, partiti, parrocchie. Ed ancor peggio, quando ai rivoltosi l’occhio lo cominciano a strizzare quelle forze dell’ordine che, di solito, dovrebbero mantenersi “super partes”. Un gran brutto segnale per tutti. Per tutti i cantori di un facile ottimismo che, figlio di una lettura un po’ sopra le righe dei dati statistici, preannuncia in modo roboante miracolose riprese economiche, mentre la disoccupazione in questi ultimi tempi ha subito un aumento di più del 30%. Un brutto segnale anche per tutte quelle alte cariche dello Stato, che dicono di non voler sentire almeno sino al 2015, la voce del popolo imbufalito attraverso il voto, perché Letta fa più “trendy”. Brutto segnale anche per tutti quei riformatori da strapazzo, figli delle varie scuderie di partito, che credono di potersi far belli con l’opinione pubblica, solo perché sono più anagraficamente giovani delle precedenti classi politiche. Brutto segnale anche per i signorini di Bruxelles, che ora cominciano a vedere che le cose non vanno come avrebbero voluto. Un brutto segnale, per una brutta situazione. Oggidì partiti e partitucoli, latrano sulla nuova legge elettorale, dimentichi che certe leggine le hanno fatte proprio loro. Costoro concionano seriosi di “sindaco d’Italia”, ovverosia di un qualcosa che assomigli ad un modello presidenzialista ed efficientista per il governo e la gestione della “res publica”, dimentichi che certe tematiche sono sull’agenda dei vari governi da più di venti anni. L’Italia si è arenata sul “porcellum” e sul “mattarellum”, sulle mutande di Silvio e sul giuoco al rimpallo delle responsabilità, unico vero elemento dell’attuale coesione e forzata convivenza del ceto politico nostrano, rappresentata dal governo “Alfetta”.
Nessuno ha però il coraggio di dire o fare pubblicamente qualcosa contro le cause di tutto questo e prova ne sia che, i “duri e puri” del berlusconismo, hanno l’altro giorno nuovamente votato a favore delle cosiddette “missioni umanitarie all’estero”, ovverosia per la continuazione dell’inarrestabile emorragia e sperpero del pubblico danaro, in iniziative lontane anni luce dagli interessi concreti della gente.
Ed intanto, l’Italia continua qua e là a franare, travolgendo vite innocenti e lasciando agli altri le rovine e le responsabilità di anni di incuria, malaffare e totale assenza della presenza dello stato sul territorio. Questo, a non voler ricordare che noi siamo l’ultima, tra le economie più avanzate d’Europa, a non riciclare i nostri scarti ed anzi, a proseguire nella criminale pratica dell’interramento di questi stessi, alla faccia della salute delle popolazioni e questo, sempre perché c’è qualcuno che ci deve mangiare sopra. Per questo, i giovani “eletti” nelle fila di questo o quel partito non ci convincono affatto, espressione come sono di interessi “superiori”. Che poi questo o quel candidato, si facciano latori di proposte volte ad innovare parzialmente l’architettura di un sistema istituzionale oramai decrepito, può pure andar bene a livello di contingenza, ma senza dimenticare che lo spirito che anima queste istanze è uno solo: l’omologazione e la sottomissione al nuovo ordine globale ed ai diktat della finanza internazionale. E’ strano come, in mezzo a tanto concionare di riforme, cambiamenti ed ottimismi in varie salse, nessuno abbia sinora osato, che so io, mettere seriamente in discussione l’Euro, partendo con la proposta di nazionalizzare le banche centrali o rimettere in gioco la centralità degli interessi economici e politici nazionali, di fronte all’arroganza ed alla protervia della UE e delle politiche di sciacallaggio dell’FMI.
Nessuno vuole a toccare certe note dolenti; credono di prenderci in giro raccontandoci la fola per cui procedendo con queste regole, le cose possano migliorare, magari grazie anche a qualche bel faccino giovane alla Renzi o alla Meloni. Nessuno osa, nessuno dice, nessuno fa. Eppure, mai come oggi, l’occasione per innestare un rilevante cambiamento di marcia, è stata così a portata di mano. E’ bene che, dopo un primo momento di euforia e confusione, tutte le realtà antagoniste, tutte le individualità non conformi, inizino a ragionare sul come e cosa fare. Sulla possibilità di creare una comune piattaforma d’azione, un Frente Amplio, che possa fungere via via da catalizzatore.
Oggi qualche possibilità in questo senso, sembra essersi aperta con movimenti come il Cinque Stelle il cui tormentato percorso, lascia tuttora con non pochi dubbi. La tendenza a voler ricercare il dialogo con determinati settori della partitocrazia, dall’apparenza innovatrice, è un chiaro segnale in questo senso. Bisogna pertanto guardare a 360°, favorendo più che mai, la nascita di iniziative spontanee, veri e propri cantieri di protesta e di proposta, per far sì che il Sistema globale perda le briglie del controllo e della manipolazione delle coscienze. Democrazia partecipativa, Comunità, Sovranità. Questi sono i principi cardine, a cui si dovrà rifare qualunque tentativo volto a restaurare il primato dello “zoon politikòn/uomo politico”, sull’alienante modello occidentale, senza ricadere in errori e confusioni esiziali.   
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Lo sgoverno ”Alfetta” e il popolo in piazzaultima modifica: 2013-12-13T13:03:13+01:00da davi-luciano
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