Ferrovie dello Stato, la Corte dei Conti: “Performance positiva ma riduca l’indebitamento”

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/23/ferrovie-dello-stato-corte-conti_n_4493249.html?utm_hp_ref=italy

Ansa, L’Huffington Post  |  Pubblicato: 23/12/2013 17:04 CET  |  Ferrovie dello Stato Corte

 Ferrovie nel 2012 ha proseguito “nel percorso di allineamento con gli obiettivi strategici e gestionali definiti nel Piano di Impresa, con una performance positiva, per il quinto anno consecutivo, che conferma il passo di crescita costante del Gruppo”. Lo afferma la Corte dei Conti aggiungendo che, per quanto riguarda Trenitalia, è necessario individuare “strumenti idonei a fronteggiare la strutturale debolezza patrimoniale, caratterizzata da un indebitamento complessivo che continua ad attestarsi a oltre 6 miliardi”.

La Corte dei Conti, nella Relazione al Parlamento sulla gestione 2012 di Ferrovie dello Stato Italiane (LEGGI IL TESTO INTEGRALE), promuove quindi il bilancio dell’azienda pubblica, sottolineando che il risultato netto di 381 milioni di euro del 2012, in aumento rispetto all’esercizio precedente di 96 milioni di euro, “è dovuto alla tenuta dei ricavi operativi del Gruppo nonché alla riduzione dei costi, in particolare del costo del lavoro per effetto della riduzione dell’organico, derivante dal continuo e graduale processo di miglioramento dell’efficienza dei vari processi di business”.

I magistrati contabili si soffermano poi sulle due realtà operative di maggiore rilevanza del Gruppo, Rfi e Trenitalia. Per quanto riguarda la prima si sottolinea l’utile di 160 milioni, inoltre si segnala come “nel 2012 sia avvenuta una chiusura anticipata, richiesta dagli Istituti di credito, di alcuni contratti derivati accesi dalla società per la realizzazione dell’Alta velocità che ha comportato un passivo di 193,4 milioni di euro”. La Corte avverte però, in relazione alle attività della Società TAV incorporata da Rfi, della possibilità di “rilevanti oneri che possono derivare dal contenzioso e dagli arbitrati. Su tale tema la Corte raccomanda di valutare l’opportunità di prevedere adeguate e prudenti” poste contabili. Infine sulla nota questione di unbundling La Corte ha rammentato la recente sentenza, del 3 ottobre 2013, della Corte di Giustizia Europea, riportando la decisione della Commissione Europea di non procedere contro l’Italia.

Quanto a Trenitalia, la Corte osserva che, “se dal punto di vista industriale Trenitalia continua quindi il percorso verso un ulteriore miglioramento della propria gestione, resta comunque la necessità che la Società individui strumenti idonei a fronteggiare la propria strutturale debolezza patrimoniale, caratterizzata da un indebitamento complessivo che continua ad attestarsi a oltre 6.000 milioni di eur

Parte la campagna contro la legge Fornero che sta devastando il Paese

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 Guido Viale

Economista ed ecologista

Pubblicato: 23/12/2013 10:58

Venerdì 20 dicembre a Milano, in una sala della Provincia, si è svolta un’assemblea “autoconvocata” (cioè promossa dai partecipanti e non dai sindacati di riferimento) di 150 Rsu: sono le rappresentanze sindacali unitarie, quelle elette direttamente dai lavoratori degli enti o delle aziende; da non confondere con le Rsa, che sono invece quelle nominate dalle strutture sindacali. Vi hanno partecipato anche alcuni delegati del movimento dei cosiddetti “esodati” (che sono ancora quasi 250mila, nonostante che il Governo dia per risolto il problema) e dei “Disoccupati over 50”, che non si sa quanti siano, ma sicuramente più di un milione. Tema dell’incontro: il lancio di una campagna nazionale per l’abolizione della legge Fornero sulle pensioni. La vignetta che accompagnava il manifesto di convocazione forniva un’immagine folgorante della situazione che si è venuta a creare nel nostro paese con il varo di questa legge: tre lavoratori anziani, curvi e stremati, sono impegnati in un lavoro di scavo stradale mentre tre giovani “sfaccendati”, cioè disoccupati, li stanno a guardare. La vulgata mainstream che cerca di contrapporre i giovani agli anziani, sostiene che i “privilegi” degli uni sono la causa delle privazioni degli altri. La realtà è molto differente: imponendo agli anziani di rimanere al lavoro, quando ce l’hanno, fino allo sfinimento, e anche oltre, si chiude l’accesso al lavoro ai giovani, costringendoli all’inattività, alla dipendenza economica, alla miseria e alla depressione; il tutto a beneficio di chi incassa i proventi dei “risparmi” realizzati con il taglio alle pensioni: che è l’alta finanza, quella che detiene gran parte del debito pubblico dell’Italia e incassa ogni anno miliardi di interessi.

Il Presidente di Confindustria ha detto che la situazione italiana è paragonabile a quella di un paese uscito dalla guerra (arriva in ritardo, c’è chi queste cose le prevede e dice da anni: ma dov’era allora Squinzi? A sostenere, insieme a Confindustria, i governi che ci hanno portato a questo disastro). Ma la situazione è anche peggiore di ciò che sostiene Squinzi, che misura tutto in termini di produzione, fatturati, profitti, PIL. Perché l’Italia è ormai, più di ogni altro paese (in Germania si è appena decisa una riduzione dell’età pensionabile) la terra dove lavorano – quando lavorano – solo più i “vecchi”; con una produttività (quella tanto cara ai soloni di Confindustria) che nella maggior parte delle mansioni diminuisce verticalmente con l’età; mentre i giovani – sia quelli che hanno studiato che quelli che non hanno potuto farlo – stanno a casa a spese dei genitori o dei nonni pensionati (fin che restano in vita); oppure vanno all’estero per cercare di sopravvivere.

Gli interventi che si sono succeduti dal palco dell’assemblea forniscono un quadro drammatico di questo disastro: come si fa a fare la maestra d’asilo – si chiedevano in molte – o l’insegnante fino a 67 anni? E con classi sempre più numerose, senza sostegno per i portatori di handicap e i figli dei migranti, mentre – per esempio – nelle scuole materne di Torino non c’è più una sola educatrice al di sotto dei 45 anni? Parla una maestra di scuola materna che dovrà restare al lavoro ancora per molti anni, mentre sua figlia, che ha lo stesso diploma, resta a casa perché non ci sono più assunzioni.
E gli ospedali – stesso problema – si riempiranno di infermieri e infermiere ultrasessantenni, magari con le stampelle o il pannolone – il loro – da cambiare? E che senso ha imporre a un impiegato ultrasessantenne di arrabattarsi su programmi informatici che cambiano continuamente e che un giovane di 20 anni imparerebbe a usare in un batter d’occhio, senza nemmeno frequentare un corso?

Questo e altro nei lavori che sono a contatto con il pubblico, e che tutti possiamo vedere. Poi ci sono i lavori che si svolgono dietro i cancelli di una fabbrica o di un cantiere (dove è vietato entrare ai non addetti ai lavori), che sono per lo più, molto più pesanti, non solo in termini di stress, ma di vera e propria fatica fisica, oltre che di pericoli. Un anziano o un’anziana (e la legge Fornero colpisce a morte soprattutto le donne) non ce la possono fare: vedevano a stento e con molta apprensione, il traguardo dei 60 e dei 63 anni (e chi ha cominciato a lavorare da ragazzo o da ragazza, quello dei 35 e dei 40 anni di anzianità); e adesso se lo vedono spostato in avanti come in nessun altro paese in Europa o nel mondo…E li assale la disperazione. Perché dietro i “risparmi” realizzati sulla pelle di chi deve andare in pensione ci sono vite ed esistenze distrutte.

E che non ce la si possa proprio fare è confermato da chi ha preso la parola per conto dei disoccupati over 50. “Non ci prende più nessuno, anche se sappiamo fare bene il nostro mestiere: sei troppo vecchio ci dicono, e questo lavoro non lo puoi più fare“. Ma non prendono nemmeno i giovani, perché devono tenersi gli anziani che hanno in organico fino all’età di Matusalemme; o, più probabilmente, inventarsi una crisi o una ristrutturazione aziendale, o una delocalizzazione per sbarazzarsene. Per i giovani, poi – che sono stati al centro di tutti i discorsi – il futuro proprio non c’è. Disoccupati o precari, alla pensione non ci arriveranno mai; o, quando ci arriveranno, sarà al livello di quella sociale, al di sotto della sopravvivenza, nonostante tutti i contributi che avranno dovuto sborsare nei periodi in cui avranno lavorato. E una pensione complementare, un’assicurazione sulla vita (il “secondo pilastro” del sistema pensionistico “ammodernato”), chi se la può permettere?

Per di più, il tasso di conversione rischia di ridurre le pensioni al 50 per cento del salario, o anche meno, perché è legato al calcolo della speranza di vita. Ma la speranza di vita, ricorda un operaio, non è la stessa per uno che ha cominciato a lavorare a 14 o a 16 anni in un cantiere e ha continuato per tutta la vita a lavorare con fatica e per uno che ha vissuto in una casa borghese, ha sempre fatto lavori di ufficio e non si è mai negato una vacanza, un’alimentazione sana o una cura medica!

Molti mettono sotto accusa non solo la legge Fornero, ma tutte le riforme pensionistiche successive alla legge Dini (1995). Vogliono ritornare alla legge del 1969 e al sistema retributivo. Perché i fondi dell’Inps non sono dello Stato, che li tratta come se fossero cosa sua, usando i contributi dei precari (la gestione speciale) e dei degli operai (la gestione ordinaria) per tappare i buchi delle casse in passivo (compresa quella dei dirigenti d’azienda, che hanno sfruttato gli operai quando erano al comando delle imprese, e li sfruttano anche adesso che sono in pensione); o per coprire i contributi dei dipendenti pubblici che lo Stato non ha mai versato e che ora, con l’unificazione con l’Inpdap rischiano di trascinarlo nel baratro dei conti dell’Inps, nonostante che di fatto siano in forte attivo. “I fondi dell’Inps sono dei lavoratori che hanno versato i contributi” dicono in tanti, e “vogliamo tornare a gestirli noi, come si faceva con le casse di mutuo soccorso“.

Dall’assemblea del 20 dicembre partirà dunque una campagna per l’abrogazione della legge Fornero che si articolerà in ogni città e in ogni azienda o ente e che sarà coordinata da un gruppo volontario dei Rsu presenti. L’obiettivo immediato è portare i sindacati confederali e di base e i partiti a fare proprio questo obiettivo (“E’ una battaglia che abbiamo perso perché non l’abbiamo mai combattuta; non ce l’hanno mai fatta combattere. Ma adesso le cose devono cambiare!“).

Molti dei presenti si accingono a dare battaglia al congresso della CGIL (la maggioranza dei presenti è iscritta a questo sindacato): “Perché, se continuano su questa strada, anche i sindacati rischiano di fare la fine dei partiti“. Ma la campagna verrà condotta comunque, indipendentemente dall’esito di questa battaglia congressuale, in forma autonoma (cioè, autoconvocata). Così questa iniziativa si va ad aggiungere ad altre battaglie di lavoratori, che si sono già sviluppate al di fuori della gestione sindacale o contro di essa: come lo sciopero dei lavoratori dell’Amt di Genova o dell’Ataf di Firenze contro la privatizzazione dell’azienda; o la rivolta dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti di Taranto o, nonostante tutte le loro ambiguità, i blocchi stradali del 9 dicembre, che in molte città hanno visto una forte partecipazione di lavoratori, disoccupati e precari.

Il paese è alle corde, ma i lavoratori stanno riprendendo la parola. E non solo a parole. Prima o poi Governo e partiti, Confindustria e sindacati, dovranno farci i conti.

ELECTIONS GENERALES EN MAURITANIE: MAJORITE ABSOLUE POUR LE PARTI PRESIDENTIEL

EODE / International Elections Monitoring / Luc MICHEL pour EODE Press Office / avec AFP – Nouvelles de Mauritanie / 2013 12 24 /

http://www.facebook.com/EODE.monitoring

http://www.eode.org/category/eode-international-elections-monitoring/international-elections-survey/ EODE - elections news MAURITANIE (2013 12 24)  FR (1)

Elections législatives et municipales en Mauritanie ce 21 décembre 2013 : une majorité absolue de députés pour le parti présidentiel. Aux municipales, le parti présidentiel a également remporté la victoire dans 154 communes sur les 218 que compte le pays …

Le taux de participation, qui était de plus de 75% au premier tour du 2 novembre, était de “plus de 72%” au second, selon la Commission électorale. Moins d’un million d’électeurs étaient appelés à voter au second tour, contre 1,2 million au premier, pour renouveler 30 des 147 sièges que compte l’Assemblée nationale et les conseils municipaux de 119 communes sur les 218 du pays.

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UN REGIME INSTABLE ISSU D’UN COUP D’ETAT

Ce sont les premières élections législatives et municipales organisées en Mauritanie depuis 2006. Le processus électoral avait été bloqué après un coup d’Etat en août 2008. L’actuel président mauritanien Mohamed Ould Abdel Aziz, ancien général dans l’armée, avait alors pris le pouvoir en renversant Cheikh Sidi Ould Abdallahi, premier chef d’Etat démocratiquement élu de Mauritanie (*).

EODE - elections news MAURITANIE (2013 12 24)  FR (3)

Un accord conclu à Dakar en 2009 avait permis l’organisation d’une élection présidentielle, remportée en juillet de la même année par le président Aziz dans des conditions critiquées par l’opposition.

« La pression des partenaires au développement de la Mauritanie, notamment de l’Union européenne a joué grandement dans le « dénouement » des aspects de la crise liés aux élections », précise un observateur. Certains médias locaux ont même parlé, bien légèrement, «  de milliards d’euros qui attendent l’organisation des élections pour venir renflouer les caisses de l’Etat » (sic) …

 LES RESULTATS DES LEGISLATIVES :

VICTOIRE PRESIDENTIELLE ET PERCEE DES ISLAMISTES

Le parti présidentiel UPR a obtenu la majorité absolue des sièges à l’Assemblée nationale en Mauritanie, selon les résultats officiels des élections législatives annoncés ce dimanche, qui le placent également en tête des élections municipales.

* L’Union pour la République (UPR, au pouvoir) a obtenu 74 sièges sur les 147 de l’Assemblée nationale et, avec ses alliés d’une douzaine de petits partis, rafle un total de 108 sièges de députés.

* L’opposition obtient 37 sièges, dont 16 pour les islamistes du parti Tewassoul.

* Tewassoul devient le deuxième parti du pays et la première force d’opposition à l’Assemblée nationale.

* El-Wiam, un parti dirigé par d’ex-hauts responsables du régime de Maaouiya Ould Taya (1984-2005), obtient 10 députés, contre sept pour l’Alliance populaire progressiste (APP) du président de l’Assemblée nationale sortante, Messaoud Ould Boulkheir.

* L’Alliance pour la justice et la démocratie/mouvement pour le Renouveau (AJD/MR) dirigée par un journaliste, Ibrahima Sarr, candidat malheureux à la présidentielle de 2009, obtient deux députés.

Deux sièges de députés seront pourvus ultérieurement, lors de législatives partielles à une date non déterminée pour l’instant.

 LES MUNICIPALES CONFIRMENT LES RESULTATS DES LEGISLATIVES ET LA PERCEE DES ISLAMISTES

Aux municipales, le parti présidentiel a remporté la victoire dans 154 communes sur les 218 que compte la Mauritanie, selon les résultats proclamés par le président de la Commission électorale, Abdellahi Ould Soued Ahmed.

Les islamistes de Tewassoul obtiennent un total de 18 communes.

Il est l’unique formation des 11 partis d’opposition de la ‘Coordination de l’opposition démocratique’ (COD) à avoir participé aux scrutins, boycottés par les autres membres de cette coalition. La COD a boycotté ces élections pour dénoncer leur organisation “unilatérale” par le parti du président Aziz.

« Le spectre du boycott de ces élections par la totalité de la Coordination de l’opposition démocratique (COD) a finalement été évité. Certes le parti islamiste « Tawassoul » est le seul à avoir décidé de participer mais c’est une formation qui compte. D’aucuns considèrent même que c’est le seul parti des dix qui composent la COD à disposer de chances réelles pour venir bousculer les certitudes du parti au pouvoir et de ses alliés au sein de la majorité présidentielle », analysait un observateur.

 UNE CRISE POLITIQUE QUI PERDURERA …

Ces élections “n’apporteront aucune solution à la crise” politique en Mauritanie, à cause des “énormes irrégularités qui les ont marqués” et du boycott d’une partie de l’opposition, a déclaré dimanche à la presse le président de Tewassoul, Jemil Ould Mansour. Fort de ses résultats, le président du parti islamiste a appelé dimanche à un “dialogue urgent” pour résoudre la crise politique. “J’en appelle à un dialogue urgent pour résoudre cette crise qui dure depuis le coup d’Etat de 2008”, a déclaré à la presse Jemil Ould Mansour.

Le climat politique mauritanien est effectivement très mauvais. « Les partis d’opposition étaient ensemble contre le pouvoir du président Aziz mais se regardaient eux-mêmes en chiens de faïence. Chaque parti manoeuvrait pour que  son chef écarte de la voie vers la présidence  ses « alliés » de circonstance et œuvre pour être président à la place du président. Les islamistes n’ont-ils pas avoué qu’au moment où la COD, dont ils sont membres, s’acheminait inéluctablement vers le boycott eux préparaient, dans le secret le plus total, les élections ? », conclut un observateur mauritanien.

Luc MICHEL

Pour EODE Press Office

http://www.eode.org/eode-international-elections-monitoring-elections-generales-en-mauritanie-majorite-absolue-pour-le-parti-presidentiel/

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(*) La Mauritanie a obtenu son indépendance de la France le 28 novembre 1960. Le pays fut gouverné jusqu’en 1978 par Moktar Ould Daddah, qui avait instauré un régime civil de parti unique. Originaire de Boutilimit, Daddah avait une vision idéologique de la Mauritanie – liée aux nationalismes révolutionnaires arabes, le Ba’ath, notamment a eu une influence en Mauritanie -, vision qui lui valait la réputation d’avoir un nationalisme et une volonté de faire sortir le pays du désert et de la misère. Le régime restera très apprécié et regretté par l’ensemble de la population mauritanienne.

Le président Ould Daddah est renversé, en 1978, par une junte militaire que dirige le colonel Ould Walata, lui-même renversé en 1980 par le colonel Ould Haidalla et ce dernier, renversé par Ould Taya en décembre 1984. Le président Maaouiya Ould Taya a fait l’objet de trois coups d’État (8 juin 2003, 9 août 2004 et 3 août 2005). Les deux premiers ont échoué ; Le troisième, mené par le Colonel Ely Ould Mohamed Vall, directeur de la sûreté nationale, et le colonel Ould Abdel Aziz, chef de la garde présidentielle, a remis au pouvoir une junte appelée ‘Conseil militaire pour la justice et la démocratie’, qui s’est engagée « à créer les conditions favorables d’un jeu démocratique ouvert et transparent sur lequel la société civile et les acteurs politiques auront à se prononcer librement ».

Ceci jusqu’au coup d’état de 2008, d’où est issue la configuration politique actuelle …

Pd nelle mani dei lobbisti: dopo le slot, gli affitti d’oro

oh ci auguriamo proprio che i forconi spariscano e non mettano in pericolo il Parlamento dei lobbisti…sarebbe una tragedia
Le famose dismissioni….hanno immesso un sacco di soldi nella mafia del mattone

23-12-2013
“Abbiamo sventato il blitz della casta, che aveva cercato di sopprimere la nostra disposizione e blindare i contratti milionari sottoscritti da Montecitorio”, diceva il grillino Riccardo Fraccaro. Troppo presto.
Cancellato dal decreto ‘Salva Roma’, lo stesso provvedimento viene ripresentato. Nella legge di stabilità c’è, infatti, un emendamento che neutralizza, di nuovo, la possibilità di rescindere gli affitti d’oro pagati da Camera e Senato. Come fa notare la grillina Laura Castelli, grazie all’emendamento scritto sotto invito della Ragioneria dello Stato il relatore del provvedimento della legge di Stabilità esclude dalla rescissione dei contratti di affitto dello Stato quei privati che hanno fondi di garanzia legati agli immobili in questione. “Significa che se i proprietari degli immobili hanno una assicurazione su quell’immobile lo Stato non può disdire il contratto. E guarda caso, sembra che la società Milano 90 che affitta i locali alla Camera dei deputati abbia una assicurazione del genere ce l’ha”.

Non appena scoperta l’ennesima porcata del governo, in Aula è scoppiato il caos. Buonanno, Lega, ha mostrato un “forcone” di cartone obbligando i commessi a intervenire per toglierglielo tra le proteste di grillini e leghisti. “Li terremo lì fino a Capodanno”. Salvini promette ostruzionismo a oltranza.

In 13 anni l’amministrazione della Camera dei Deputati ha speso 561 milioni di euro per affitti di immobili e servizi senza gare, aste o consultazioni. Beneficiaria di questo ingente flusso di denaro è la società Milano 90 srl, dell’imprenditore romano Scarpellini

Una storia di amicizia vera, che inizia nel momento del bisogno (per Milano 90 srl) e si sviluppa in tre atti, che si svolgono contemporaneamente e sono durati, finora, poco più di dieci anni. Il primo atto vale 352 milioni di euro per canoni di affitto, il secondo atto 172,6 milioni di euro per servizi. Il terzo atto 35,8 milioni di euro per servizi aggiuntivi e 15,8 milioni di euro per ristorazione self service e bar. Introduzione al dossier Amici miei

Dal 1997 la Milano srl opziona, compra, affitta immobili “utili” alla Camera, con contratti che non prevedono alcun rischio. La Camera dei Deputati paga canoni altissimi a Milano 90 srl, senza alcun controllo e senza nessun criterio nè di trasparenza nè di economicità su come la Milano 90 srl sia stata scelta come partner.
Lo stesso procedimento blindato viene utilizzato per la fornitura dei servizi. Di fatto la Camera dei Deputati ha stipulato contratti per 1000 miliardi delle vecchie lire per affitto, subaffitto, pulizie, servizi aggiuntivi e self service in maniera diretta: non ci sono notiziedi bandi e gare. I contratti non prevedono clausole di salvaguardia per la Camera e, anche quando erano presenti, la Camera vi ha rinunciato.
http://voxnews.info/2013/12/23/pd-nelle-mani-dei-lobbisti-dopo-le-slot-gli-affitti-doro/

E’ inutile scandalizzarsi per l’evaso quando tra poco con l’indulto ne usciranno MIGLIAIA!

davvero io non capisco. Si fanno leggi apposta contro le violenze e si inaspriscono le pene e poi si scarcerano i violenti con la scusa FALSA delle carceri sovraffollate. Con buona pace per le vittime

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E TRA POCO: INDULTO PER TUTTI… IN SILENZIO, LIBERERANNO E CONCEDERANNO SCONTI ANCHE A CHI HA COMMESSO OMICIDI E ALTRI GRAVI REATI… VERGOGNA!!! COME è POSSIBILE CHE DELLE CARCERI VUOTE NON PARLI NESSUNO??? ITALIANI, RIBELLATEVI !!!!!!!!! Gli assassini che saranno liberati potrebbero fare del male anche a voi o ai vostri cari!!!
 
La verità è che la situazione di sovraffollamento gli fa comodo per poter fare indulti/amnistie e salvare le chiappe alle centinaia di politici inquisiti!!!
 
Il nostro NON è “forcaiolismo”: i carcerati DEVONO essere reclusi in condizioni UMANE e DIGNITOSE, ma la soluzione NON è liberare i CRIMINALI, tra cui molti ASSASSINI e gente pericolosa!!!
 
SI all’indulto SOLO per i PICCOLI REATI di natura NON VIOLENTA!
 
IN ITALIA CI SONO DECINE DI CARCERI VUOTE:
 
La casta vuole l’indulto per salvare i politici: ecco le 40 carceri VUOTE!http://www.nocensura.com/2013/11/la-casta-vuole-lindulto-per-salvare-i.html
 
Per risolvere l’emergenza carceri basterebbe utilizzare le 38 carceri inutilizzate
 
FATE GIRARE!!! Su Facebook l’immagine da condividere la trovi QUI
 
SE GESTITE BLOG / PAGINE SOLLEVATE LA QUESTIONE!
 
Staff nocensura.com

Franco Crupi (Forconi siciliani) contro chi si è tirato indietro

22:34 | Pubblicato da admin |
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Franco Crupi, uno dei leader dei Forconi Siciliani, ha partecipato alla manifestazione del 18 Dicembre in Piazza del Popolo, dal cui palco ha pronunciato un bel discorso, criticando aspramente coloro che si sono tirati indietro:
 
Evidentemente Franco Crupi non ha ritenuto attendibile l’ “allarme violenza” lanciato da un paio di coordinatori; un allarme che si è dimostrato destituito di fondamento ma che è stato cavalcato dai mass media con il risultato di mandare a rotoli la manifestazione. Se ci fossero stati pericoli, certamente la questura e la prefettura non avrebbero autorizzato la manifestazione, che si è svolta in modo pacifico e ordinato.
 
Nel suo intervento Crupi si rivolge a chi si è tirato indietro: “saranno giudicati dai loro stessi sostenitori” dichiara, e in merito alla volontà di trattare con il governo da parte di alcuni coordinatori: “con chi dobbiamo trattare? Con chi ha fatto suicidare molti padri di famiglia?
 
  
Staff nocensura.com
 
Un altro bellissimo discorso di Franco Crupi, in occasione della mobilitazione dei Forconi siciliani di un anno fa:

Complot contre la Libye de Kadhafi/ Une analyse africaine …

ELAC - RB complot contre la libye (2013 12 23)  FR (1)ELAC & ALAC WEBSITE / « OPERATION OURAGAN DANS LE DESERT » OU LE COUP D’ETAT IMPERIALISTE CONTRE KHADAFFI

Robert MBELO pour ELAC Website / 2013 12 23 / 1ère édition en mars 2011 /

http://www.elac-committees.org/

https://www.facebook.com/elac.committees

ELAC Website publie une réédition mise à jour de l’excellente analyse de Robert Mbelo (*), camarade de Combat du MEDD-MCR et ami de Luc MICHEL, qui est aussi un des Africains qui ont sauvé l’honneur en défendant la Jamahiriya avec les Comités ALAC …

C’est une analyse de la destruction de la Jamahiriya vue par un Africain et au travers d’une vue large qui lie ces événements à d’autres en Afrique, en RDC et dans la région des Grands Lacs notamment.

 INTRODUCTION

L’Occident dans son avidité et sa cupidité a toujours eu recours aux grands mensonges pour se justifier et justifier sa forfaiture. On le perçoit clairement au travers du coup d’état militaire que la France, les Etats-Unis et la Grande-Bretagne ont opéré en Libye contre le Colonel Kadhafi, ou ils prétendaient aller sauver des civils Libyens. Mais seuls les naïfs se sont laissés avoir par cette justification simpliste et simplette.  Car, attirés par l’odeur du pétrole de très bonne qualité, l’Occident  a recouru a ces genres stratagèmes pour s’adjuger la manne pétrolière des Libyens comme ils avaient déjà  fait  main basse sur celui de l’Irak et de  l’Afghanistan.

I.- QUELQUES RAPPELS HISTORIQUES

Ainsi, pour mieux comprendre les velléités réelles des occidentaux dans le monde, nous devons faire recours à l’Histoire.

 A.- LA CROISADE

Il est donc clair que ce que nous appelons « première croisade » n’était pas appelée ainsi par ses contemporains. Du point de vue musulman, les croisades ne sont d’ailleurs pas perçues comme une nouveauté, mais comme la continuation de la lutte contre l’Empire romain d’Orient, qui durait depuis plusieurs siècles. Pourtant, il est aussi évident que les contemporains ont eu très tôt conscience que la croisade n’était pas un simple pèlerinage armé ni une opération militaire comme les autres mais bien une réalité différente, alliant les caractéristiques du pèlerinage à Jérusalem aux impératifs d’une guerre pour la défense de la foi.

Pendant son incarcération après le putsch de Munich, Hitler rédige Mein Kampf qui expose son programme politique mais surtout sa vision de la supériorité de la race aryenne (allemande) sur les autres races, tels les juifs par exemple. En 1935, les Lois de Nuremberg sont mises en place qui excluent les juifs de la citoyenneté allemande, les empêchent de pratiquer certains métiers et de se mêler à la population allemande. Ils doivent porter des étoiles jaunes pour être distingués dans la rue. Cette politique aboutit à la nuit de cristal le 9 et 10 novembre 1938. Mais Hitler vise aussi d’autres populations de par sa vision raciste : les noirs, les tsiganes, les aliénés, les handicapés, les homosexuels…

B.- L’OPERATION « EL Dorado Canyon

C’est une opération militaire américaine de bombardement menée par l’US Air Force, l’US Navy et les Marine Corps contre la Libye le 15 avril 1986. Aussi appelée « bombardement de la Libye par les États-Unis », elle fut menée en représailles de l’attentat à la bombe, en 1986, d’une discothèque de Berlin-Ouest fréquentée par des militaires américains (ndlr : faussement attribué à Kadhafi). Critiquée par plusieurs pays et approuvée par d’autres, elle a abouti à un accord de compensation monétaire entre la Libye et les États-Unis en 2008.

Pendant l’attaque, quelques bombes manquent leur cible, frappant ainsi des sites diplomatiques et civils de Tripoli. Quelques soldats libyens désertent leur poste par peur, alors que les officiers libyens ont tardé à donner des ordres. Les tirs anti-aériens libyens commencent après que les appareils soient passés au-dessus des cibles.

Le but officiel de ces destructions était d’envoyer un message et, en même temps, de réduire les capacités de la Libye à aider et à entraîner des terroristes. Ronald Reagan avait a l’époque prédit que si nécessaire, les Etats-Unis le feront à nouveau.

C’est ce qui arrive aujourd’hui. Le gouvernement de la Libye avait déclaré a cette époque que les États-Unis étaient victimes de l’arrogance et du pouvoir et voulaient devenir les policiers du monde. Il avait ajouté que tout groupe qui refusait de devenir un vassal américain était un hors-la-loi, un terroriste et un démon. Le mouvement des non-alignés a condamné l’« acte d’agression lâche, flagrant et fait sans provocation ». La Ligue arabe a exprimé sa rage envers les États-Unis et, selon elle, cette attaque a renforcé l’anarchie dans les relations internationales. L’assemblée des chefs de l’Union africaine a affirmé que la tentative délibérée de tuer des Libyens violait les principes de la loi internationale.

Le gouvernement de l’Iran a fait valoir que l’attaque démontrait une politique d’agression, de diplomatie de canonnières, un acte de guerre, et a demandé un boycott politique et économique des États-Unis. D’autres ont perçu les intentions des États-Unis comme une tentative d’éliminer la révolution libyenne. La Chine a affirmé que l’attaque américaine a violé les normes de relations internationales et a aggravé les tensions qui existaient dans cette région. L’Union soviétique a affirmé qu’il y avait un lien évident entre l’attaque et la politique américaine visant à ruiner la révolution libyenne. La Chine a affirmé que l’attaque américaine a violé les normes de relations internationales et a aggravé les tensions qui existaient dans cette région. L’Union soviétique a affirmé qu’il y avait un lien évident entre l’attaque et la politique américaine visant à augmenter l’agitation et de créer de nouveaux foyers de tension, tout en déstabilisant les relations internationales. L’Allemagne de l’Ouest a affirmé que les disputes internationales doivent être résolues par la diplomatie et non les armes. La France a aussi critiqué le bombardement. Les États-Unis avaient reçu a l’époque, l’appui du Royaume-Uni, du Canada, de l’Australie, d’Israël.

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II.- LE MONTAGE DU COMPLOT DE 2011 CONTRE KHADAFI

Profitant de la crise en Tunisie et en Egypte ou là, de vrais problèmes sociaux se posaient, l’occident avait saisi la balle au bond pour enfin se débarrasser de Kadhafi afin de s’adjuger la manne pétrolière dontregorge la Libye. C’est la CIA qui a tout monté et organisé. Mais pour ce faire, ils ont eu recours aux services de Nicolas Sarkozy dépeint comme « le président français le plus pro-américain depuis la Seconde guerre mondiale ». Au point d’avoir envisagé en 2006, avant son élection, l’envoi de troupes françaises en Irak dans le cadre d’une “force internationale”. A son, tour, il a eu recours aux services de Bernard-Henri Levy pour accomplir la basse besogne d’amener a l’Elysée un « interlocuteur » marionnette qui plaisait à l’Occident.

 A.- LA CABALE DELA FRANCE ET DE L’UNION EUROPEENNE

Accélération diplomatique dans la crise libyenne, Nicolas Sarkozy, à l’initiative de Bernard-Henri Lévy, recevait à l’Elysée les représentants des insurgés de Benghazi, fief de la révolte. Et reconnaissait le Conseil national libyen (CNL) comme seul représentant légitime du pays.

Rappelons que Bernard-Henri Lévy,(1) dès son retour de Lybie, fut un des premiers à demander cette reconnaissance en lançant un appel à la communauté internationale, aux plus hautes instances de l’état français, « Les Libyens doivent gagner eux-mêmes leur indépendance », avait-il martelé. « Mais bombardons les trois bases militaires d’où décollent les avions de Kadhafi qui peuvent faire tant de mal ».

Son message a été entendu. La France, rejointe par la Grande-Bretagne, organisait « des frappes aériennes ciblées » non pas sur la Libye mais sur un, deux ou trois aéroports. « Si le Conseil de sécurité nous en donne le mandat je suis favorable à empêcher les avions de la mort de décoller », avait ajouté le chef de l’Etat . Ce qui fut fait.

BHL  initiateur de cette rencontre ? S’il n’a « rien organisé du tout », c’est lui qui avait « suggéré » la rencontre entre les représentants du CNL et Nicolas Sarkozy. « J’ai appelé le Président », raconte Bhl. En lui disant : « j’ai rencontré des hommes qui me semblent tout à fait remarquables, ce sont les dirigeants de la Libye libre. Accepteriez-vous de les recevoir ? Le président m’a répondu ‘oui’ ». Ce tournant dans la crise libyenne fut immédiatement en une de tous les médias.  Nous vous proposons de (ré)entendre les différentes interventions de de Bernard-Henri Lévy. Voici la première, car comment, a l’insu du Ministre des Affaires Etrangères, M. Alain Juppé, une personne privée, fut-il philosophe, peut s’immiscer dans la gestion de la diplomatie française ? Avouez, c’est un peu léger…

C’est pourquoi, nous ne nous attarderons pas ici pour analyser toutes les péripéties mensongères des rencontres occidentales de l’Union Européennes, de l’OTAN, de la réunion de Paris ou de celle de Londres. Par contre, nous nous intéresserons aux abstentions russes et chinoises lors du vote de la résolution autorisant le coup d’état contre Kadhafi ainsi qu’à la position de  Ligue Arabe et de celle de l’Union Africaine.

En analysant les événements, on comprend tout. Il s’agit d’une conspiration du mensonge, car comment se fait-il qu’un soulèvement populaire se soit transformée en quelques heures en une insurrection armée, puis a une rébellion et à la fin aux préparatifs d’un coup d’état contre Kadhafi ? Nous percevons la, l’organisation d’un complot visant a l’assassiner avec ses fils, comme ils l’ont fait avec Saddam Hussein.

B.- LE ROLE DE LA CIA AU CAIRE EN EGYPTE

Poste très important pour la CIA en raison de la position de l’Egypte sur la scène moyen-orientale, et du fait que c’est le seul pays d’Afrique du monde arabe à avoir signé les accords de paix avec Israël à Camp David. D’où l’on comprend aisément le rôle de premier plan que joue la CIA au Caire.

Ce poste surveille la Libye : c’est cette antenne de la CIA au Caire qui avait préparé dans les années 1980’ le dossier visant à renverser le Colonel Kadhafi notamment par le raid américain à Benghazi, raid qui avait coûté la vie à sa fille ;

C’est ce poste qui avait préparé le dossier de Loockerbie et du DC 10 d’UTA, et dont BHL prétendait que « la Libye avait (aurait) reconnu sa culpabilité » (Lire les déclarations de BHL dans le journal du dimanche du 6 mars 2011).

Ce poste surveille aussi le Soudan, c’est lui qui avait préparé le bombardement de l’usine de produits pharmaceutiques de Khartoum. Aujourd’hui, c’est ce poste qui gère le dossier du Darfour, où d’importants gisements de pétrole ont été découvert. Et donc les motifs qu’invoque souvent le Secrétaire Général de l’ONU, Mr Kofi Annan, lorsqu’il parle de la famine et autres cas humanitaires sont mensongers. On ne peut plus lui faire confiance, lui qui a laissé faire le génocide rwandais, et qui laisse faire le génocide congolais qui s’élève actuellement à 6 millions de morts.

 C.- L’INFILTRATION DES MERCENAIRES D’AL QAIDA DANS « LA REBELLION »

 1. – HISTORIQUE

Al-Qaïda veut dire « a Base »en arabe, mouvement islamiste fondé par le cheikh Abdullah Yusuf Azzam et son élève Oussama Ben Laden en 1987.  Cest à partir du 11 septembre 2001 qu’Al-Qaïda s’est mis à jouer en première base (pour reprendre les termes du base-ball), dans la section terrorisme, sous-section ‘ennemi de l’Occident’.

L’Occident et ses leaders démocratiques ne considérèrent pas Al-Qaïda comme une organisation terroriste, ni Ben Laden comme un assassin sanguinaire, avant les années 1990, car jusqu’à cette date, ils n’avaient « terrorisé » et « assassiné » que des Russes, les « grands ennemis » de l’époque pour l’Occident.  Même que certains « chuchotent » que la Base fut construite par les Étasuniens en réponse à l’invasion soviétique de l’Afghanistan de 1979. Il semble que les Étasuniens aient toujours aimé jouer avec le feu, autant que le répandre.

Ainsi, l’opération cyclone (1979 à 1987) est une opération militaire géopolitique américaine secrète initiée par le président Jimmy Carter en 1979 et menée par la CIA pour armer les moudjahidines afghans contre l’URSS au cours de la guerre d’Afghanistan (1979-1989). Durant la guerre froide (1947 à 1991) entre les États-Unis et l’Union soviétique, à la suite du coup d’État communiste en Afghanistan de 1978 puis de l’entrée soviétique en Afghanistan en 1979, le président des États-Unis, Jimmy Carter annonce que « l’invasion soviétique de l’Afghanistan est la plus grande menace pour la paix depuis la Seconde Guerre mondiale ». Déjà, l’art des formules choc.  Art porté aux nues dans les mains de la belliqueuse administration Bush, mais encore davantage dans celles du président ‘pacifique’, nobélisé, Barack Obama. Il est impératif de plonger dans les eaux troubles de ces opérations clandestines et de cette époque complexe pour comprendre vraiment, complètement et non partiellement, le phénomène Al-Qaïda. Étudier le soi-disant ‘terrorisme islamiste’ en faisant abstraction de toutes ses relations, passées et probablement présentes, avec les gouvernements occidentaux, c’est comme essayer de comprendre le réchauffement climatique en faisant abstraction du soleil.

 2. – LE COUP D’ETAT DE LA ‘COMMUNAUTE INTERNATIONALE’ EN LIBYE

Le guide libyen Mouammar Kadhafi ne considérait pas que ce qui arrive chez lui – et que l’on brandit comme une guerre civile – ou mieux une révolution. Mais loin d’être une improvisation, comme on en a vu en Tunisie ou ailleurs à travers le monde. C’est ainsi qu’il accusait de nouveau et principalement Al-Qaïda d’être à l’origine de la “crise” libyenne et dénonçait l’ingérence de la communauté internationale. Celle-ci à travers la France avait précipitamment pris le parti des insurgés en exprimant son soutien au Conseil national libyen formé par les insurgés. Or les pays membres de la communauté européenne, on s’en souvient, sont restés divisés quant à l’option d’une intervention militaire étrangère en Libye jugée contre productive par d’autres pays.

En effet, ceux que l’occident qualifie alors de « rebelles libyens », ce sont en effet des mercenaires d’Al-qaida recrutés à la va-vite par la CIA pour combattre le Colonel Kadhafi. Ils sont pour la plupart des Egyptiens, des Afghans, des Irakiens, des Saoudiens, des Soudanais, des Pakistanais et tant d’autres, que les medias occidentaux présentent comme des insurgés libyens ou des rebelles, selon les moments. Et donc, lorsque l’armée régulière libyenne se défend contre ceux-ci, on entend ci et la les responsables occidentaux dire et répéter que « He (Kadhafi) is killing his own people » (Il est en train de tuer son propre peuple) pour justifier leurs interventions qui sont en fait une agression contre la Libye par des bombardements sauvages et des destructions méchantes des villes libyennes. Par conséquent, le Colonel Kadhafi se trouvait dans son bon droit légitime d’exercer les pouvoirs régaliens pour défendre son pays contre une invasion étrangère.

Et,  en tant que Chef de l’Etat (de facto), il était en train d’exercer ses fonctions régaliennes traditionnelles qui fondaient l’existence même de l’État libyen et qui ne faisaient, en principe, l’objet d’aucune délégation et dont personne ne pouvait les lui dénier.

Ces fonctions régaliennes sont au nombre de quatre :

– Assurer la sécurité extérieure par la diplomatie et la défense du territoire ;

– Assurer la sécurité intérieure et le maintien de l’ordre public, avec, notamment, des forces de police ;

– Définir le droit et rendre la justice ;

– Détenir la souveraineté économique et financière en émettant de la monnaie, notamment par le biais d’une banque centrale.

Alors on se demande pourquoi, les occidentaux qui se disent détenteurs des valeurs morales civilisatrices de la Chrétienté, de probité morale et intellectuelle, qui savent distinguer LE BIEN du MAL s’en soient réduits alors à se renier et inverser  le sens et la valeur des mots sur lesquels repose leur civilisation ? Eux qui sont venus « civiliser les peuples sauvages de part le monde », comment peuvent-ils susciter et inciter des peuples à faire du mal alors qu’ils ont toujours milite a faire du bien ?

Ici, j’ouvre une parenthèse :

Comment peuvent-ils soutenir une rébellion ?

Qui est en fait une infraction commise contre l’autorité publique et consistant en une attaque ou en une résistance avec violence ou voies de fait envers certains fonctionnaires ou officiers publics agissant pour l’exécution des lois, des ordres ou ordonnances de l’autorité publique, des mandats de justice ou pour l’exécution d’une décision de justice (La rébellion est plus sévèrement punie si elle est commise en réunion ou avec arme) …

Comment peuvent-ils soutenir une mutinerie?

Qui est en fait une insurrection, une émeute, une sédition, une révolte, un soulèvement, une insubordination et une désobéissance contre un ordre établi …

Comment peuvent-ils soutenir une insurrection qui est en fait une action de s’insurger, de se soulever contre le pouvoir établi pour le renverser ?

Comment  peuvent-ils soutenir ces antivaleurs alors qu’elles sont sévèrement réprimées chez eux ?

1.- Souvenez-vous de la chasse aux communistes aux Etats-Unis et l’exécution en 1953. des epoux Rosenberg pour le simple fait d’avoir été soupconnés d’être des communistes.

2.- Bloody Sunday ? qui s’en souvient encore de ce jour du dimanche 30 janvier 1972 ou l’armée anglaise a massacré des Irlandais du Nord qui réclamaient leurs droits démocratiques d’être independants ?

3. Que dire de la répression des Corses par l’armée et la police francaises ?…

En effet, ce qui intéressait l’Occident, c’est la fortune totale libyenne – qui s’élèverait à 120 milliards de dollars (87 milliards d’euros) accumulés sur trente ans, avance Hasni Abidi, directeur du centre d’études et de recherches sur le monde arabe (Cermam) – et le pétrole. C’est pourquoi, l’occident ne veut plus alors lâcher prise, il va continuer à bombarder les positions sensibles de la Libye et même des sites civils pour faire disparaître Kadhafi , ses fils et son entourage immédiat, afin de se jeter voracement sur son argent logé dans des Banques américaines et en Suisse, et faire main basse sur son pétrole.

 L’ONU avalise le grand hold-up et organise le gel des avoirs libyens :

« Décide que le gel des avoirs imposé aux paragraphes 17, 19, 20 et 21 de la résolution 1970 (2011) s’appliquera aux fonds, autres avoirs financiers ou ressources économiques se trouvant sur le territoire des États membres qui sont détenus ou contrôlés, directement ou indirectement, par les autorités libyennes, désignées comme telles par le Comité, ou par des personnes ou entités agissant pour son compte ou sous ses ordres, ou par des entités détenues ou contrôlées par eux et désignées comme telles par le Comité, et décide également que tous les États devront veiller à empêcher leurs nationaux ou toute personne ou entité se trouvant sur leur territoire de mettre des fonds, autres avoirs financiers ou ressources économiques à la disposition des autorités libyennes, désignées comme telles par le Comité, des personnes ou entités agissant pour son compte ou sous ses ordres, ou des entités détenues ou contrôlées par eux et désignées comme telles par le Comité, ou d’en permettre l’utilisation à leur profit et demande au Comité de désigner ces autorités, personnes et entités dans un délai de 30 jours à dater de l’adoption de la présente résolution et ensuite selon qu’il y aura lieu »

III.- LA COMPLICITE DES INSTITUTIONS INTERNATIONALES ET REGIONALES

 A.- LE CONSEIL DE SECURITE DES NATIONS-UNIES

Après les nombreux événements violents qui ont marqué la deuxième moitié du Vingtième siècle, le génocide arménien, l’holocauste juif et les massacres de la seconde guerre mondiale, la communauté internationale se fixe désormais le but de maintenir une paix durable dans le monde. C’est dans ce contexte que l’ONU est née en 1945 à la conférence de San Francisco. Son but principal est de développer la coopération multilatérale entre les États, mais surtout de conjurer le fléau de la guerre qui gangrènait l’ordre international.

Dés lors, pour régler leurs différends, les États peuvent dans un cadre multilatéral parvenir à un accord au lieu de recourir à la violence ou aux conflits armés. En ce sens, pour mener à bien sa mission de maintien de la paix dans le cadre de la sécurité internationale, de résolutions et de prévention de conflits, l’ONU s’est dotée d’institutions spécialisées comme le Conseil de Sécurité. Toutefois, malgré tout ce dispositif, l’idéal d’un monde sans guerre reste toujours un mirage. Le conseil de sécurité, dont la structure est toujours contestée et contestable, semble enfreindre à ses propres normes procédurales. Il déclenche ou ordonne une guerre à tout va pour des intérêts supposées ou réels de certains de ses membres qui le composent tout en faisant fi de la diplomatie préventive, pourtant préalable à toutes formes de recours à la force.

Le vote de la résolution 1973 adoptée par le Conseil de Sécurité le 17 mars 2011 illustre bien la complicité de l’ONU dans le coup d’état ourdi par l’occident contre le Colonel Kadhafi.

 1.-L’EXPLICATION DU VOTE DE LA RESOLUTION 1973. RAPPEL HISTORIQUE

Depuis la création de l’ONU, la majorité des veto au Conseil de sécurité ont été exercés par l’Union soviétique. Depuis la chute du Mur de Berlin, les États-Unis ont été ceux qui ont le plus fréquemment utilisé ce droit de veto. En effet, entre 1946 et 2006, on constate une inversion entre les États-Unis et l’Union soviétique (puis la Russie) puisque, dans les trois premières décennies, les premiers ont utilisé ce moyen seulement 12 fois (dont aucune fois dans les deux premières), contre 113 fois pour les seconds, alors que dans les trois dernières décennies les premiers en usèrent 70 fois, contre 10 fois pour les seconds (dont deux dans la dernière décennie).

En 15 ans (entre 1989 et 2004), 19 veto ont été mis dont :

États-Unis : 13 fois (11 fois par rapport à Israël, 1 fois par rapport à la Bosnie-Herzégovine, 1 fois par rapport au Panamá)

Union soviétique puis Russie : 3 fois (2 fois par rapport à Chypre, 1 fois par rapport à la Bosnie-Herzégovine)

Fin février 2007, le veto a été utilisé 261 fois avec, par ordre d’importance :

123 fois par l’Union soviétique/Russie;

82 fois par les États-Unis;

32 fois par le Royaume-Uni;

18 fois par la France;

6 fois par la Chine.

Fin février 2007, le veto avait été utilisé 261 fois avec, par ordre chronologique :

1945-1955 : 83 fois;

1956-1965 : 31 fois;

1966-1975 : 33 fois;

1976-1985 : 60 fois;

1986-1995 : 37 fois;

1996-2005 : 13 fois;

2006-2007 : 4 fois.

Parmi ces veto, un bon nombre (59) furent des refus d’admission de nouveaux membres, principalement par l’Union soviétique et surtout dans les deux premières décennies (membres généralement admis ultérieurement).

 2.–LES ABSTENTIONS DE LA RUSSIE, DE LA CHINE ET DE L’ALLEMAGNE

La Russie et la Chine se sont abstenues, mais n’ont pas exercé leur veto : il ne faut pas croire qu’elles manifestent là un abandon de leur doctrine de la souveraineté : juste que Kadhafi ne dispose réellement d’aucun soutien, et que ni Moscou ni Pékin ne voient l’intérêt de se commettre auprès de quelqu’un d’aussi imprévisible. Cela peut aussi indiquer qu’ils disposent de renseignement démontrant la fragilité, malgré tout, du régime Libyen.

En effet, pour la Russie, le fait d’appartenir au G8 lui offre une place privilégiée d’être enfin « considérée » comme un Etat « fréquentable » au sein de la Grande Europe et surtout le fait qu’elle entretient de très juteuses relations commerciales avec l’Union Européenne à qui elle fournit le gaz.

Quant a la Chine, devenue  le premier créditeur de l’état américain, devant le Japon, et qui s’impose comme la 2eme puissance économique mondiale, elle ne voulait pas offusquer les Etats-Unis avec lesquels elle entretient de très bonnes relations commerciales et financières.

Les deux pays se sont abstenus tout en sachant que même s’ils auraient oppose leurs veto, les Etats-Unis avec leurs allies européens auraient trouve toujours un moyen de se passer du Conseil de sécurité et d’agir comme ils l’ont planifié.

L’Allemagne, donc, n’en est pas et s’est abstenue. Cela ne surprendra pas vraiment et montre que sa direction en Europe ne peut être qu’économique et que si elle est devenue, un peu malgré elle, exportatrice de sécurité, Angela Merchkel se refuse toujours à une politique de puissance « classique ». Ca c’est l’explication officielle. Mais en fait, après une cuisante défaite historique à Stuttgart, ou son parti, la CDU, était à la tête du Land depuis 1953, politiquement affaiblie, elle n’avait plus l’autorité morale d’engager l’Allemagne dans une telle aventure. Elle voulait aussi marquer son autonomie d’action vis-à-vis de l’ennuyeux et ombrageux Nicolas Sarkozy.

Des critiques qui font écho aux réserves de la Chine, qui s’était abstenue lors du vote au Conseil de sécurité des Nations unies. “La Chine a observé les derniers développements en Libye et exprime ses regrets à propos des attaques militaires”, a déclaré Pékin. La Chine souhaite éviter “une escalade du conflit militaire conduisant à de nouvelles pertes de vies civiles”, a ajouté un porte-parole du gouvernement. “Il est inadmissible d’utiliser le mandat du Conseil de sécurité […], afin de mener à bien des objectifs qui vont clairement au-delà de ses dispositions, prévoyant uniquement des mesures pour protéger la population civile.”

La Russie, qui s’était également abstenue lors du vote de la résolution, avait appelé ensuite la coalition internationale à cesser de recourir à la force de manière “non sélective” et de faire ainsi des victimes civiles en Libye. Un communiqué de la diplomatie russe estimait que les frappes aériennes sont “des attaques qui ont aussi été lancées sur des objectifs à caractère non militaire”. Un centre médical, spécialisé en cardiologie, a également été en partie détruit et des routes et des ponts ont été endommagés par les frappes, selon Moscou.

3.- LA FAIBLESSE DELA LIGUE ARABE

Le secrétaire général de la Ligue arabe, Amr Moussa, s’était déjà prononcé le samedi 12 mars 2011, pour l’instauration d’une zone d’exclusion aérienne dans le ciel libyen, lors de la réunion extraordinaire de la Ligue arabe sur la Libye. Onze ministres des Affaires étrangères avaient participé à la réunion. Amr Moussa avait déjà reçu le soutien des six pays du Conseil de la coopération du Golfe. L’intervention des armées américaine, britannique et française avait cependant suscité de vives critiques de la Ligue arabe. Et de s’exclamer : “ce qui se passe en Libye diffère de l’objectif d’imposition d’une zone d’exclusion aérienne, et ce que nous voulons est la protection des civils et non le bombardement de davantage de civils”.

Quelle hypocrisie ? Il a été d’accord avec les Américains parce que ces derniers, ou du moins la CIA lui avait promis son soutien pour les prochaines élections présidentielles en Egypte et ce soutien avait un prix…Livrer la Libye et Kadhafi. Ensuite il a versé des larmes de crocodile, mais il oubliait qu’un principe de droit stipule que : « Nemo auditur turpitudinem allegans » expression latine désignant la règle selon laquelle « Nul ne peut se prévaloir de sa propre turpitude. Par conséquent, les forces de « la coalition » internationale avait reçu le blanc-seing de la ligue arabe qui leur donnait ce droit d’agresser la Libye et d’évincer Kadhafi du pouvoir afin de placer a sa place des marionnettes a leur dévotion.

Les Etats-Unis ont alors répondu indirectement à la Ligue arabe. “La résolution approuvée par les Arabes et le Conseil de sécurité des Nations unies inclut ‘toutes les mesures nécessaires’ pour protéger les civils, ce qui, nous l’avons bien dit, inclut une zone d’exclusion aérienne tout en allant au-delà”, a déclaré un porte-parole de Barack Obama à l’agence Reuters. Encore, et toujours des mensonges.

 4.- LA COUARDISE DE L’UNION AFRICAINE

Une fois de plus, l’Union africaine a été humiliée sur sa propre terre, par les soi-disant puissances démocratiques qui  ne pensent qu’à réaliser leurs desseins machiavélique. En utilisant la force d’une manière aveugle et en refusant la possibilité à l’Union Africaine d’aller négocier avec Kadhafi a Tripoli, la coalition ne se différençiait pas par sa méthode des dictateurs.

Cette opération était non salvatrice mais destructrice, et les pays voisins ont rapidement du commencer à s’inquiéter des conséquences. L’Union africaine, méprisée à cause de son inactivisme par les démocraties barbares d’occident, est restée isolée.

Elle est incapable de gérer l’agression du Rwanda, de l’Ouganda et du Burundi en République Démocratique du Congo, ou plus de 8.000.000 d’innocents Congolais ont trouvé la mort.

Comment la soi-disant communauté international n’a pas jusqu’ici levé son doigt pour traîner Kagamé et Museveni devant la Cour Pénal Internationale pour des crimes de guerre, crimes contre l’humanité et pour crimes de génocides qu’ils commettent tous les jours a l’Est du Congo ? Comment cette coalition internationale n’avait pas élevé sa voix lorsque deux armées étrangères, celle de l’Ouganda et celle du Rwanda se sont battues 2 fois dans la ville de Kisangani en 1999 et en 2000 ?

Les medias de la Coalition internationale ont voulu nous faire croire qu’une femme libyenne avait été violée en plein Tripoli : ce qui était un montage évidemment. Mais la question que se posent tous les africains est de savoir quand est-ce que cette soi-disant Union Africaine va se décider de suspendre le Rwanda et l’Ouganda de ses travaux pour les crimes qu’ils commettent tous les jours sur les femmes congolaises et dont les images font le tour du monde sans qu’aucun ne s’émeut ? Pour moi, l’Union Africaine est une coquille vide.

La meilleure conclusion sur cette union de façade vient d’une femme africaine Calixte Beyala lorsqu’elle s’était écriée après le bombardement sauvage de cette coalition diabolique sur la Libye en se demandant : « Où sont donc passés les dirigeants africains en ce moment où ils doivent exprimer leur indignation ??? En ce moment où le sol africain est frappé par cette agression dont la finalité apparente est la destruction des infrastructures du peuple libyen au regard des moyens disproportionnés utilisés! L’Union africaine démontre qu’elle est, en fait, un conglomérat bureaucratique qui réunit chaque année des représentants des intérêts divergents qui ne sont pas ceux des peuples africains, pour prononcer des discours filandreux! Tous ces dirigeants caporalisés ne servent que de décor lors des réunions internationales! Ils n’existent pas ! L’Afrique n’existe pas ! Plus de 6 millions de congolais étaient massacrés et privés délibérément de justice! Les commanditaires, dont  le britannique Tony Blair, l’américain Bill Clinton, les exécutants le dictateur ruandais Paul Kagamé et le dictateur ougandais Yoweri Museveni sont intouchables! A l’allure où va le monde, le peuple congolais s’emploiera à rendre justice à tous ses morts oubliés massacrés injustement sous l’égide d’une coalition perverse qui ressemble à s’y méprendre à cette ”coalition”  qui détruit injustement les biens du peuple libyen » .

 CONCLUSION

Ce que nous devons savoir est que la CIA avait conjuré la mort de Kadhafi, de ses fils et de ses proches. Celle-ci était programmée. C’est pourquoi, elle a verrouillé toutes les frontières ; terrestres, aériennes et maritimes afin de ne  lui laisser aucune chance de s’enfuir. En premier, elle va chercher a éliminer d’abord ses fils pour qu’il n’y ait plus personne pour le venger ; c’est une élimination de type mafieu dont elle use en pareille circonstance. Le but recherché c’est de s’accaparer la fortune de la Jamahiriya, qui sera partagée entre ceux qui ont monté ce coup d’état et les marionnettes qu’elle placera au pouvoir après ce forfait. Ensuite c’est le pétrole. Plusieurs compagnies anglo-saxonnes dont BP et Exxon ont toujours lorgné en direction des puits de pétrole libyen.

Le Dr Louis Farrakhan dans une interview diffusée sur vidéo You tube le 27 mars 2011 se posait des questions sur les réalisations du Colonel Kadhafi : « Est-ce que Kadhafi utilise les revenus du pétrole pour le bien du peuple libyen ? La réponse est oui ! » .

Luc MICHEL, pilier du soutien à la Jamahiriya, lui précisait ce qui suit : « C’est cet homme et la Révolution qu’il guide que nous soutenons indéfectiblement, dans les bons et les mauvais jours. Parce que Kadhafi est avec le Che la figure de proue du révolutionnaire engagé dans le combat anti-impérialiste comme l’a souligné notamment Nelson Mandela. Parce que son combat pour la dignité et la Causes des Peuples est le nôtre » (Editorial de Luc Michel à l’occasion du 35 e Anniversaire de la Révolution de Moammar Kadhafi : « Pourquoi nous soutenons la Révolution libyenne », in Revue ‘Démocratie Directe’ n°11, 2e série, pp 3-4, mars 2005).

C’est pour quoi les loups impérialistes ne l’entendaient pas de cette oreille, ils voulaient pendre Kadhafi comme Saddam Hussein et ses fils, car comme l’a si bien dit Jean de la Fontaine dans la fameuse fable : « Les animaux malades de la peste » : « Un Loup quelque peu clerc prouva par sa harangue. Qu’il fallait dévouer ce maudit animal Ce pelé, ce galeux, d’où venait tout leur mal. Sa peccadille fut jugée un cas pendable. Manger l’herbe d’autrui ! quel crime abominable Rien que la mort n’était capable D’expier son forfait : on le lui fit bien voir. Selon que vous serez puissant ou misérable. Les jugements de la cour vous rendront blanc ou noir. »

Robert MBELO (*)

Photos : R. Mbelo au Congrès de Fondation du MEDD-MCR (Mouvement Européen pour la Démocratie Directe), en Wallonie, en juillet 2004.

Photo de groupe : (de g. à droite) Djim Ley-Ngardinal (ACTUS, Tchad, secrétaire-général des Comités ALAC en 2011), Luc MICHEL (président-fondateur du MEDD-MCR et des Comités ELAC en 2011), Robert Mbelo.

http://www.lucmichel.net/2013/12/23/elac-alac-website-operation-ouragan-dans-le-desert-ou-le-coup-detat-imperialiste-contre-khadaffi/

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(*) Ancien Diplomate de la RDC au Caire en Egypte. Spécialiste des Questions approfondies de Relations Internationales et africaines.

DANILO CALVANI: “BUON NATALE ALL’ITALIA CHE MUORE DI FAME”

ooh ma per fortuna ci pensa il nostro caro amato e democratico Letta a farci gli auguri e darci tanta speranza….e dal preservare la democrazia della troika da questi loschi individui Calvani e truppe che vorrebbero demolire un sistema tanto generoso con i bisognosi…

 
Il Rappresentante del Comitato di Coordinamento 9 dicembre, usa parole fortissime nel fare un augurio all’Italia in vista delle festività natalizie: “Buon Natale all’Italia che muore di fame!”
 
ROMA 23 DICEMBRE – “Domani è la sera della vigilia di Natale e l’Italia muore di fame. Il mio augurio va alle persone che non possono mangiare, a quelle che non arrivano a fine mese, a coloro che non ricevono lo stipendio, ai disoccupati, alle persone in mobilità, agli imprenditori e a tutti coloro che resistono e che aspettano ancora il più grande dono da parte dello Stato: il riconoscimento dei propri diritti come il diritto al lavoro, alla casa e quindi il diritto alla vita!“.
 
Con queste parole, Danilo Calvani, portavoce del Coordinamento 9 dicembre che ha organizzato le manifestazioni del 9 e del 18 dicembre a Roma, saluta l’Italia strozzata dalla crisi. Il suo invito è quello di resistere oltre ogni forma di ostruzionismo democratico. “L’Italia è un paese da riscrivere” – dichiara – “dalla legge di stabilità che finirà per fare inghiottire un boccone amaro a chi ha già un’ulcera allo stomaco, alla legge elettorale che si beffa del cittadino portando in Parlamento sempre i nominati, al lavoro che è ormai un miraggio. Molti gli imprenditori che si suicidano e moltissimi invece i disoccupati“.
 
Il Coordinamento 9 dicembre è nato ”per dare voce alla resistenza dei cittadini onesti“, dice Calvani che aggiunge: “Di noi hanno detto di tutto, hanno detto che siamo fascisti e si sono dimenticati che il nostro comitato prende il nome dalla Giornata Nazionale in difesa della Costituzione caldeggiata anche dall’ANPI (Associazione nazionale partigiani italiani). Alla faccia del golpe! Tra di noi ci son persone di destra, di sinistra e di centro. Al di là del credo politico, per noi è un dovere sociale insorgere contro un governo che non rispetta i nostri diritti. Per questo chi ha creato la crisi deve andarsene via, subito e il Parlamento dovrà essere riempito di quelle facce che il popolo ha voluto e votato democraticamente!
 
Danilo Calvani sottolinea anche che il sostegno alla manifestazione del 18 dicembre in Piazza del Popolo è stata doverosa oltre che un atto di coerenza: “L’allontanamento degli altri movimenti e comitati che ci avevano sostenuto all’inizio, ha finito per terrorizzare i cittadini con minacce di infiltrazioni estremiste rivelatesi inesistenti. Ma gli infiltrati sono dappertutto, nostro compito è isolarli collaborando con le forze dell’ordine. E’ un fatto di principio, di coerenza! La stessa coerenza dimostrata dai manifestanti che alla fine hanno ripulito la piazza! Per noi era troppo importante manifestare pacificamente senza tradire le aspettative del popolo invece di sedere al tavolo delle trattative con quello stesso governo che ci ha portato alla rovina“.
 
Alessandro Gallo, responsabile del coordinamento del Coordinamento 9 dicembre per la città di Udine afferma: “Siamo nel tempo in cui il popolo prende sempre più consapevolezza di come le cose vengono gestite a livello locale e globale. Preso atto che ci sono dei diritti costituzionali che in Italia non vengono rispettati e preso atto che la crisi globale è stata indotta, il popolo aspettava un segnale: questo segnale è arrivato dal mondo del lavoro, categorie come piccoli commercianti, artigiani, imprenditori hanno pensato di unirsi per combattere questo sistema in una ribellione che noi definiamo costituzionale. Ci siamo uniti tutti grazie alla rete per combattere coloro che, attraverso il meccanismo del debito, si son presi tutto il potere possibile soggiogando gli italiani con la sottoscrizione dei trattati internazionali. Finché non avremo un Parlamento scelto dal popolo non molleremo nella nostra battaglia”.
 
Simona Pedrazzini, responsabile del presidio di Piacenza e Presidente dell’associazione “Piccoli imprenditori e suicidi di stato” afferma: “Per troppi anni dimenticati da chi avrebbe dovuto tutelarsi, siamo diventati “gli invisibili”. Ora, grazie al coordinamento 9 dicembre gli italiani si sono come svegliati da quel torpore. Voglio incoraggiare tutti ad andare ai presidi nelle proprie città e sostenere i nostri ideali che sono quelli del popolo italiano“.
 
 Gabriele Baldarelli, responsabile della comunicazione nel web ha sottolineato: “I disfattisti dicono e vogliono far credere che la rivoluzione civile e costituzionale italiana è in una fase di stallo e di difficoltà: FALSO, è più viva che mai!
 
Infine il rappresentante del Coordinamento 9 dicembre lancia un messaggio governo, annunciando un imminente ritorno sulla scena: “I nostri presidi continueranno ad oltranza, resisteremo fino alla fine per dare voce a chi voce non ha più, per sostenere le famiglie di chi si è suicidato anche in questi giorni. Noi non molleremo mai, è bene che il governo lo capisca! E torneremo a manifestare! Chiunque sia in buona fede e animato da coscienza civile può unirsi a noi al di là del credo politico. Noi parliamo solo la lingua della tolleranza, della pace e della giustizia. Auguri all’Italia, soprattutto a quella che muore di fame!“.
 
Ufficio Stampa Comitato di Coordinamento 9 dicembre
Maria Melania Barone
Giornalista
3935715696
 
Fonte: you-ng.it

Sempre più figure istituzionali volano in Cina, a chiedere soldi. In cambio di cosa?

ma per fortuna dal 2014 saremo annessi agli usa tramite il TTIP (la Nato economica)

Scritto da Linkiesta.it     | Pubblicato Lunedì, 23 Dicembre 2013
 
D’Alema, il sindaco di Milano Pisapia e tanti altri. Ma la Cina cosa vuole davvero comprare?

Per chi vede l’Italia stando dall’altra parte di Eurasia, il contatto più immediato con il Belpaese è la carovana di figure istituzionali e imprenditoriali che vengono a Pechino cercando di intercettare il boom cinese. Solo nell’ultimo mese, contiamo un ministro, un direttore generale, un esercito di giovani imprenditori della tecnologia; al netto di Prodi e D’Alema, giunti separati più che mai (ma il primo, a onor del vero, a parlare di Africa in veste di inviato speciale dell’Onu per il Sahel). Poi è arrivato anche il sindaco di Milano, Pisapia, e chissà quanti altri ce ne siamo persi.
Sarebbe avvilente parlare di «questua», ma è indubbio che si cercano soldi cinesi. Ora, la domanda è molto semplice: domanda e offerta si incontrano? Cosa vuole comprare la Cina? E cosa ha l’Italia da offrire? «Sempre più aziende cinesi, soprattutto le grandi imprese statali, lavorano sull’aspetto non quantitativo degli accordi. Dire che cercano eccellenze nei settori dell’ambiente e dell’efficienza energetica, ormai è scontato. Ma c’è anche altro».
André Loesekrug-Pietri è uno dei soci e manager esecutivo di A-Capital, un fondo europeo specializzato nelle aziende di media capitalizzazione che vogliono attirare investimenti cinesi e, contemporaneamente, sbarcare oltre Muraglia. La specialità che rivendica è proprio quella di avere un pacchetto di co-investitori strategici cinesi che lui porta in dote alle aziende europee. Al suo attivo, storie di successo, come l’ingresso di capitali cinesi in Club Med e Bang & Olufsen.
Il giochino è apparentemente semplice, totalmente in linea con la strategia win-win che è ormai il mantra di Pechino quando sbarca in terra straniera per fare affari. «L’opportunità per i cinesi, oltre ai profitti legati all’investimento, è il vantaggio competitivo che, con l’acquisizione di eccellenze straniere, assumono sul proprio mercato interno. Il vantaggio per le aziende europee, invece, va al di là della semplice iniezione di liquidità. Perché lasciare entrare i cinesi in casa tua ti dà automaticamente accesso al loro mercato. E di questi tempi la Cina contribuisce al 40 per cento della crescita globale».

In cosa investono i cinesi?
Ma, prima di tutto, bisogna capire che cosa interessa all’investitore del Celeste Impero. «Per esempio investono nelle business school, finanziando programmi appositi sia in Cina sia all’estero che poi magari sono frequentati da studenti cinesi. Un altro settore importante è quello agroalimentare, dati i bisogni dell’urbanizzazione cinese. E poi tutto quello che ha a che fare con la società che invecchia – in questo caso, più servizi che medicine – e con i trasporti  In quest’ultimo caso, bisogna intendersi: quello che interessa è soprattutto la parte tecnologica. E quindi, torniamo all’ambiente e all’efficienza energetica».

 L’acquisto di Volvo da parte di Geely, nel 2010, non fu per esempio un buon investimento, visto da questo punto di vista; perché «da tempo ormai l’azienda automobilistica svedese non produce innovazione».

 L’Europa è la destinazione preferita degli outbund direct investment (Odi) cinesi, poiché attira il 33 per cento di tutti i fondi destinati all’estero, che diventano il 61 per cento se si escludono le materie prime. E se si parla del settore dei servizi, siamo già al 51 per cento.
 Negli investimenti diretti all’estero della Cina, le commodities continuano a fare la parte del leone, con circa 243 miliardi dollari, il 58 per cento del totale, nel corso del 2012. Ma quello dei servizi è il settore che ha visto la maggiore crescita: ben il 165 per cento, con 11 miliardi investiti l’anno scorso, rispetto ai 4,8 del 2011. È ancora una percentuale bassa, ma la trasformazione dell’economia cinese in direzione dei servizi e dei consumi interni dovrebbe rendere sempre più propulsivo il settore. Ed è qui che forse dobbiamo innestarci noi italiani, visto che di materie prime ne abbiamo pochine.
Per fare un esempio, il più grande affare nel settore dei servizi con la Cina come protagonista è stato l’acquisto per 2,6 miliardi dollari da parte di Dalian Wanda – il conglomerato cinema/teatro – della seconda più grande catena di cinema Usa: Amc Entertainment Holdings, 5mila schermi sparsi tra Stati Uniti e in Canada. Torniamo all’istruzione, settore che per definizione significa qualità e innovazione. L’interesse cinese è qualcosa che va al di là degli Istituti Confucio, sparsi ormai in tutto il pianeta. Sempre più università occidentali, accompagnate dai propri governi, aprono sezioni cinesi o istituzionalizzano corsi di lunga durata: un esempio tra i tanti è l’accordo tra Harvard Busines School e Tsinghua di Pechino, l’università dove si formano i policy makers cinesi. Esiste un Harvard Center a Shanghai fin dal 2010, mentre la Columbia University si è installata a Pechino nel 2009.

Pregiudizi da superare

In questa frizione tra “pericolo giallo” e “straccioni decadenti” si consumano parecchie opportunità.

 Il problema, lato europeo, è soprattutto quello del trasferimento di tecnologia, che sta diventando sempre più sensibile e difficile. Il dilemma per le imprese del Vecchio continente è: «Se non vado in Cina non ho accesso a quel mercato; se ci vado, rischio di farmi copiare la tecnologia», spiega ancora il manager di di A-Capital. «Quindi spesso si preferisce l’investimento cinese in casa propria, che è più controllabile». L’esempio è quello di Volkswagen, che due anni fa ha scelto di non aprire un nuovo stabilimento in Cina proprio per questo motivo.
 «Al momento, resta ancora più sexy farsi comprare da Google piuttosto che da un’impresa cinese, perché sono scatole nere. Quindi – continua Loesekrug-Pietri – gli amministratori delegati cinesi devono capire il valore della trasparenza negli affari. Noi intermediari ci stiamo lavorando e loro, piano piano, lo stanno capendo».

 Anche sulla sponda cinese non mancano i problemi. Per esempio, la necessità di approvazione politica degli accordi già fatti, mette le imprese d’oltre Muraglia in una posizione svantaggiata: molti contratti vengono poi annullati o tirati per le lunghe in sede politica e questo fa perdere credibilità a tutto il “sistema Cina”. «Se un investimento va male – spiega Loesekrug-Pietri – non è solo l’impresa che ci perde, bensì tutta l’immagine della Cina. E questo rende tutti molti prudenti». Soprattutto il funzionario che deve metterci la faccia.

 Per questo motivo, nella neonata Zona di libero scambio di Shanghai – un’area dove imprese cinesi e straniere potranno scambiarsi prodotti e servizi con pieni criteri di mercato – sarà probabilmente inserita la norma per cui l’approvazione di accordi sotto i 3 milioni di dollari dovrà essere concessa nel giro di breve tempo. Più che di liberalizzazione, si tratta di semplificazione. È necessario rendere tutto più prevedibile.

 Ache se, come si può vedere, le soluzioni si trovano, restano tuttavia molte titubanze. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Grazia Carrozza ci è parsa in questo senso piuttosto esemplare. E qui si parla di Italia più che di Europa. Durante la sua visita a Pechino in occasione del Forum dell’Innovazione, le abbiamo chiesto cosa conta di fare il governo italiano per favorire investimenti cinesi nelle nostre eccellenze universitarie (è azzardato pensare alla Bocconi, piuttosto che alla Normale di Pisa?).

 Ci ha risposto che dalle nostre parti c’è l’autonomia universitaria, per cui ogni istituto tiene con la Cina propri rapporti bilaterali. E poi «la Cina ha gli Istituti Confucio». Per poi chiosare che «il trasferimento di tecnologie comporta anche problemi di copyright». C’è forse un eccesso di precauzione, soprattutto alla luce di quanto fanno le varie “Harvard” sparse nel mondo.

 In Cina ci sono 4mila studenti italiani e solo una ventina di ricercatori, mentre gli studenti cinesi in Italia sono 10mila (il 10 per cento del totale, prima componente non europea, terza in totale), ma le nostre istituzioni si stanno ancora chiedendo come fare permessi di soggiorno che corrispondano all’intero periodo di studi dei giovani stranieri.

 C’è infine un problema concettuale: «Bisogna facilitare e al tempo stesso selezionare gli ingressi», dice il ministro, cioè fare arrivare gli studenti giusti e non i perditempo. Inoltre, gli esperti del ministero si chiedono: la lingua italiana deve essere un requisito necessario oppure no?

 Tutte discussioni affascinanti, ma poco “agili” quando si tratta di competere a livello globale. Questa dell’istruzione è una storia che può essere applicata anche ad altri settori dell’economia italiana e così i cinesi si chiedono e soprattutto ci chiedono: «Perché dovremmo venire in Italia?» Abbiamo assistito alla conferenza del direttore generale del Tesoro, Lorenzo Codogno, giunto a Pechino per illustrare il “brand Italia” e proprio quella è stata la domanda più gettonata da parte del pubblico.

 La risposta del funzionario italiano è stata abbastanza chiara: «Cercate di andare al di là del “political noise” (rumore/disturbo politico, l’ha chiamato proprio così) e considerate che in Italia abbiamo molte eccellenze tecnologiche e forza lavoro qualificata».

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