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e per non dimenticare le parole del Curzio Maltese (membro della consorteria Vedrò di Letta) , della “società civile” che in merito alla tecnocrazia si espresse così L’ITALIA LABORATORIO DELLA TECNOCRAZIA CHE GUIDERA’ L’EUROPA.Maltese anticipò e si spinse addirittura oltre la Jp Morgan (certa intellighenzia deve essere talmente solerte a rappresentare il volere della finanza che gioca di anticipo) quando questa esternò il disturbo dei banchieri nei confronti delle Costituzioni. In effetti, da quando le nazioni europee, senza il consenso popolare firmarono il Trattato di Maachstricht (primo trattato di molti che seguirono a cancellare ogni sovranità derivante dalla Costituzione) venti anni or sono, non si vide proprio una rivolta popolare in Italia. Forse per questo i banchieri non pensavano di suscitare tanto sdegno per tale esternazione superata dai fatti, ma come previsto, al di là del web, nella realtà basta dire “Pericono anti europeista” per rinsaldare le file.
Barbara
SCALFARI E CACCIARI: LA DEMOCRAZIA FUNZIONA SOLO QUANDO E’ OLIGARCHICA
Ci siamo. Pressati dall’attualità e dalle contingenze, molti degli osannati e sempre troppo sovrastimati“intellettuali” italiani sono costretti ad uscire allo scoperto e a confessare in modo schietto e diretto come la pensano su certi temi delicati e oltremodo cruciali della politica interna e internazionale. Eugenio Scalfari e Massimo Cacciari sono senza dubbio i campioni della “real politik” nostrana, quella secondo cui con la caduta del muro di Berlino e la fine delle ideologie, bisogna guardare con un certo disincanto la storia e adattarsi con concreto pragmatismo al corso degli eventi. Il loro assunto più propagandato a furor di popolo è il seguente: “siccome c’è la globalizzazione, e la competizione economica avviene su scala globale, non si può più competere rimanendo piccoli stati sovrani isolati, ma bisogna unire le forze creando federazioni e confederazioni di stati, come sta avvenendo oggi in Europa”. Tradotto in termini
più semplici il loro famigerato sillogismo suona così: “siccome c’è la Cina, bisogna creare per forza di cose gli Stati Uniti d’Europa, in caso contrario saremo spacciati e verremo travolti dalla marea gialla!”. Inutile ricordare che qualcuno (per la precisione Claudio Borghi Aquilini)ha già smontato questa tesi bizzarra con straordinaria capacità di sintesi e immaginazione: l’economia non è mai stato un gioco di tiro alla fune in cui più siamo e meglio è, ma è una complicata questione di organizzazione, efficienza, sinergia, competenza, conoscenza, ripartizione, distribuzione,in cui vince chi riesce ad utilizzare meglio le proprie risorse umane e materiali.Belle parole, ma del tutto inefficaci nel nostro caso, perché Cacciari eScalfari hanno sempre ragione.
Infatti, nonostante la tesiquantitativa sia la più nota del duo delle meraviglie, Cacciari e Scalfari sonoanche i mostri della tuttologia italiota, quelli del “so tutto io”, quelli dell’opposizionebieca a qualsiasi tipo di contraddittorio che non confermi ed esalti le loroconclusioni: si va dalla filosofia, alla storia, fino alla letteratura,all’economia, alla gastronomia, al taglio e cucito. Qualsiasi sia la materiadel contendere, quando arriva la sentenza di uno dei due saggi barbuti, bisognaascoltare in religioso silenzio e accettare senza battere ciglio le loroilluminanti dissertazioni. Puoi anche sforzarti di sottoporre al duo quintalidi studi e documenti vergati di proprio pugno da premi Nobel ed economisti di caratura internazionale, che spieganoin modo accessibile a tutti come le unioni monetarie, politiche e commercialitra stati diversi funzionino solo quando sussistono delle particolari condizionial contorno, ma questo impegno si dimostrerà presto del tutto vano einfruttuoso: di fronte all’infinita saccenteria del duo, anche le vette piùalte del sapere umano si sciolgono come neve al sole. Per intenderci, se ingiornata di grazia, Cacciari e Scalfari sarebbero pure capaci di stravolgere ilrelativismo di Einstein o la teoria quantistica di Planck. Figurarsi, quindi,se in un dibattito serrato non sfiderebbero sfrontatamente gli impegnativi studi e le ricerche sul campo di umilissimi premi Nobel dell’economia.
Ma in effetti è benesottolineare che la fama di questi due personaggi da commedia dell’arte italiana ha potuto prosperare eingigantirsi all’interno di un particolare contesto sociale e politico: il PD, il partito più curioso e singolare della storia dell’uomo. L’unicaaggregazione di individui che si dichiarano ostinatamente di “sinistra”, ma che da più di trenta anniperseguono e applicano solo politiche di“destra” ultraliberiste eultraconservatrici. Soltanto i “piddini”potevano elevare a loro modelli ed icone delle statue di cera, dei colossid’argilla, dei vitelli dai piedi di balsa come Scalfari e Cacciari. In ognialtro ambito culturale, questi duemegafoni del vuoto pneumatico sarebbero stati cacciati fuori a pedate. Manel PD tutto può succedere e nulla è impossibile: in un partito in cui vengonomessi sullo stesso piano Matteo Renzi (il concorrente della “Ruota della Fortuna”) e Antonio Gramsci,Margaret Thatcher e Karl Marx, Von Hayek e Keynes, delle sagome abituate daanni a fare equilibrismi e salti mortali da circensi come Scalfari e Cacciarinon potevano che trovare entusiastica accoglienza.
Nel PD esistono infatti duecorrenti prevalenti: quella dei “comunisti” della base che non hannomai letto un libro in vita loro e votano PD sulla fiducia credendo (o meglioilludendosi) che sia un partito di diretta emanazione della gloriosa sinistraoperaia, e quella dei “radical chic” dei salotti che leggono soltanto Benni e Ammaniti perché scrittori alla moda e tanto politicamente corretti e non hanno mai capito un accidenti di nulla di politica e di economia, reputandole discipline aride e specialistiche da riservare soltanto ad esperti qualificati. In un tale agglomerato sociale di imbecillità e ignoranza, condito da fanatismo e orgoglio di appartenenza,tenuto insieme negli ultimi decenni solo grazie all’anti-berlusconismoviscerale, due fini dicitori dal lessico forbito come Scalfari e Cacciari nonpotevano che inserirsi come due lame nel burro. Nessun piddino oserebbe maicontraddire una qualunque tesi del duo, o perché non ha i mezzi culturali perfarlo o perché pur avendo un discreto bagaglio culturale, la sua visione delmondo è stata ormai stravolta e manipolata da anni di lettura degli editorialie delle inesattezze giornalistiche di “Repubblica”(i libri di Cacciari invece servono solo da arredamento, e nessun piddino èandato mai oltre l’introduzione). Nonostante lo stesso Scalfari abbia a piùriprese confessato di non essere mai stato un “comunista” e di sentirsi molto più legato alla tradizione liberaleitaliana, nessun piddino avrebbe mai il coraggio di ammettere a se stesso cheil verecondo ottuagenario non sia un “uomo di sinistra”. Sarebbe la finedi un mito, di un sogno che per decenni ha consentito a milioni di elettori traditi e beffati di ingoiarei più amari rospi della storia italiana. La distruzione endemica dello stato sociale italiano sotto gli occhiattoniti di coloro che più avevano lottato e beneficiato delle sue garanzie èpotuta avvenire solo perché sponsorizzata da esperti della truffa e del raggirocome Scalfari e Cacciari. Al suono di guerra di “ce lo chiede l’Europa”, “piùEuropa”, “il sogno degli Stati Unitid’Europa”, “solo così possiamocompetere con la Cina”, “c’è laglobalizzazione” e via dicendo.
Tuttavia, ora che il sognoeuropeo sta cominciando a dissolversi sotto i colpi del giudizio della storia edella dura realtà, anche per due acrobati della dialettica come Scalfari eCacciari la vita comincia a farsi più difficile ed è arrivato il momento dialzare il tiro delle loro provocazioni. Durante la festa organizzata da “Repubblica”, la “Repubblica delle idee”(vi consiglio di vedere il video integralmente, perchè si tratta di una vera chicca di idiozia), sono rimasto allibito dalla disinvoltura con cui i duevenerabili del PD, in un’orgia di boria e autoreferenzialità, abbiano potutorivelare delle convinzioni piuttosto indigeste e raccapriccianti, che solo unaplatea assolutamente distratta e sonnolenta come quella dei piddini potevalasciar passare senza la minima obiezione o mugugno. Una in particolare hacolpito la mia attenzione: la democraziafunziona solo quando è oligarchica, ovvero condotta e guidata da un grupporistretto di persone, possibilmente molto, ma molto ricche. Con tanto di esempidella Grecia di Pericle, della Roma dei patrizi, e della Venezia dei dogi. Percarità, a livello storiografico la conclusione non fa una piega (anche se, adonor del vero, bisogna dire che è esistita pure la Grecia di Efialte e la Romadi Tiberio Gracco, ostici avversari dei ricchi, dei plutocrati e deglioligarchi, non a caso morti entrambi assassinati), ma per essere davvero obiettivibisognava quantomeno ammettere che dal Rinascimento ad oggi, la storia dellademocrazia ha fatto passi da gigante, con l’eliminazione dei vincoli patrimoniali allapartecipazione politica, la conquista del suffragiouniversale, la nascita delle modernerepubbliche costituzionali parlamentari. Insomma da Pericle a Vito Crimi,ne è passata di acqua sotto i ponti, e semplificare così la faccenda mi sembraun esercizio di retorica un po’ frivolo e inconsistente.
Ma a questo punto bisognachiarire anche il contesto in cui è scaturita questa summa di pragmatismopolitico: si parlava del vuoto didemocrazia che esiste in Europa, a causa del processo incompleto dicreazione degli Stati Uniti d’Europa, che si è fermato praticamenteall’introduzione della moneta unica senza dare vita ad un governo centrale federale come è accaduto negli Stati Unitid’America. La causa principale di questa anomalia è dovuta alle differenzelinguistiche, culturali, storiche che esistono tra i diversi statieuropei, che necessitavano quindi di una struttura del tutto nuova di governo,come l’oligarchia tecnocratica degli Olli Rehn, Van Rompuy, Barroso, che pur non essendo mai stati democraticamenteeletti ricoprono oggi i principali posti di potere dell’Unione Europea. Dinecessità insomma si è dovuta fare virtù, e visto che in passato la democraziaoligarchica ha funzionato abbastanza bene, dobbiamo avere fiducia e continuarenel nostro processo di integrazioneguidato dall’alto. Rivendicare un’anacronistica appartenenza al territorioe alla propria nazione è del tutto fuorviante, visto che oggi esiste solo un’appartenenza di diritto, ovvero lepersone si riconoscono cittadini di un certo stato o federazione di stati soloquando rispettano le stesse leggi. Bene, applauso del pubblico e tutti a casafelici e contenti.
Con tutto il rispetto perCacciari e Scalfari, facciamo ora però alcune precisazioni, creando un idealecontradditorio che non c’è mai stato ai due retori della sinistra annacquatadei giorni nostri. Il fatto che esistano delle notevoli differenzelinguistiche, politiche, istituzionali, culturali tra i vari stati membrieuropei doveva essere una pregiudiziale da non sottovalutare durante ilprocesso di integrazione, che doveva agire come elemento frenante di prudenza e non come acceleratore turbolento di un disastro annunciato. La circostanzache molti politologi, nonché svariati economisti, avessero avversatol’introduzione di una moneta unica in Europa perché non esistevano a prioriquegli elementi automatici diaggiustamento, quali la flessibilità dei prezzi e dei salari, la mobilitàdei lavoratori, la convergenza dei tassi di inflazione, i trasferimentipubblici e privati di reddito, l’omogeneizzazione fiscale, sindacale,scolastica, le barriere linguistiche e culturali, avrebbe dovuto essere un deterrente enon un catalizzatore del processo. Fare per forza qualcosa che è impossibile esconveniente fare non giustifica l’adozione di prassi anomale, ma ne rendequantomeno sospetta e sindacabilel’impostazione di massima. Se gettandomi da una rupe so con certezza che mischianterò al suolo, non sono meno stupido se mi getto di testa, di piedi, dilato, con doppia giravolta carpiata. Sono stupido e basta. L’evidenza empiricache ha mostrato a conti fatti quanti squilibrie asimmetrie macroeconomiche si siano create in Europa a causa dell’euro, èuna dimostrazione palese della giustezza delle tesi di coloro che avevanobocciato il progetto fin dall’inizio e non una giustificazione a posteriori dell’eccezionalità con cui si continuaa condurre l’intera operazione.
Andiamo avanti. Cacciaridice che gli europei ormai si riconoscono tali perché rispettano le stesseleggi. Di grazia, potrebbe spiegarci il filosofo Cacciari quali siano questefantomatiche leggi (a parte i cervellotici standard qualitativi sul diametrodei piselli o la curvatura delle banane) che gli europei rispetterebbero allastessa maniera? Paesi come Germania, Italia, Francia, Spagna hanno costituzioni diverse, codici penali e civili diversi, amministrazioni pubbliche diverse, sistemi pensionistici e contrattualidiversi, leggi bancarie diverseed era proprio questo uno dei maggiori limiti che ostacolavano il processo diintegrazione. Però con un po’ di malizia, possiamo intuire a quale unica leggesi riferisca Cacciari: la legge delmercato. Attraverso i trattati europei, il libero mercato e la monetaunica, tutti gli europei sono stati resi uguali di fronte alle leggi delmercato, che ne hanno decretato a forza di spreadse continuo stato di emergenza, il livellodi reddito, la quota diredistribuzione, i diritti sindacali,la flessibilità in uscita, le decurtazioni previdenziali e assistenziali,i movimenti migratori,contravvenendo esplicitamente ai principicostituzionali che in teoria avrebbero dovuto costituire un argine a questaderiva mercantilista. Descrivendo il processo di globalizzazione come storicamenteineluttabile, Cacciari presenta l’euro e l’unione monetaria come l’unicoespediente per contrastare l’ascesa dei paesi emergenti, dimenticando però chenon esiste un unico modo di globalizzare l’economia, ma infiniti (e la stessastoria umana ce ne offre diversi esempi) e questo particolare tipo diglobalizzazione è stato proprio voluto dagli oligarchi, al fine di minimizzarei salari e massimizzare i profitti e le rendite. L’euro quindi non è una cura o una necessità storica, ma è la conseguenza di un processo politicofortemente voluto dagli stessi oligarchi che Cacciari vuole adesso algoverno delle vetuste e antiquate democrazie parlamentari, ridotte ormai afutili assemblee consultive o passivi organi di ratifica di decisioni presesempre altrove.
Fra l’altro, numeri allamano, ribadiamo che a causa dei ben noti squilibri e dissidi interni, l’euro non ha rafforzato la competitivitàdei singoli stati e dell’unione in quanto tale, ma ne ha indebolito la capacità produttiva e la propensione al consumo e agliinvestimenti di lungo termine, portando a compimento il disegno perseguitodagli oligarchi: la globalizzazionesfrenata senza regole che punta al ribasso dei salari, all’espansione delleesportazioni, alla maggiore redditività degli investimenti esteri speculativi e alla concentrazione dellaricchezza in poche mani e non quella regolata e governata democraticamente chetende alla crescita uniforme esostenibile dei diritti e del benessere in tutto il mondo. Gli ultimi datisulla distribuzione della ricchezza(vedi grafico sotto) confermano inequivocabilmente che questo tipo di globalizzazione ha provocatoalcuni effetti distorsivi mai avvenuti prima nella storia: meno dell’1% dellapopolazione possiede il 41% della ricchezza mondiale. Questo risultato secondo Cacciari è un processo storico ineluttabile oun evidente indirizzo politico? E’ chiaro che poi, essendo i veri arteficidel progetto, gli oligarchi si propongano al pubblico, in forza anche delleloro smisurate risorse finanziarie e mediatiche, come gli unici capaci digestirlo e governarlo, sempre a loro uso e consumo. La prospettiva quindi ècompletamente ribaltata: l’eurocrazia nonè un’anomalia necessaria a contrastare una trasformazione storicairreversibile ed immutabile, ma è uno dei tanti aspetti dell’anomalo eprovvisorio processo di globalizzazione, che è stato sempre guidato dall’alto enon ha mai ricevuto legittimazionedemocratica dal basso. Tanto è vero che sia la globalizzazione che l’eurocraziasono stati sempre bocciati dai popoli vessati e sfruttati in tutte le occasioniin cui questi ultimi hanno avuto la possibilità di farlo. 
Ora, il tentativo di Cacciaridi giustificare a posteriori l’oligarchia tecnocratica, come miglior modo digoverno delle moderne democrazie, si scontra non solo con i dati puramenteeconomici che sono tutti contro il progetto, ma anche con semplici fattori di gradimento, difficilmente contestabili dalpunto di vista statistico e quantitativo. Se la democrazia oligarchicafunzionasse così bene e si dimostrasse così efficace ed equa (?!) nelladistribuzione delle ricchezze, perchémai esisterebbe tutta questa avversione da parte dei popoli? Come mai OlliRehn non è così acclamato come lo era Pericle nell’agora? Come mai Van Rompuynon è così amato come Solone? Come mai Barroso non gode della stessa fama diPisistrato? Le ragioni potrebbero essere molteplici e noi ne isoliamo solo due:o la democrazia oligarchica non funzionapiù bene come un tempo perché la storia è cambiata oppure Rehn, Van Rompuy,Barroso, sono degli inetti incapacibuoni solo a riscaldare poltrone e ad avallare direttive commerciali provenientida una miriade di gruppi di pressione e di potere privati. E la notizia bruttaper noi è che queste due conclusioni sono vere entrambe. Gli oligarchi di untempo sapevano che dovevano lavorare bene e soddisfare le richieste deirispettivi popoli, perché dal loro benessere e consenso, attraverso itumultuosi dibattiti dell’agorà, della bulè, dei tribuni della plebe, dipendevagran parte del loro potere. Gli oligarchi di oggi invece non devono rendere conto e ragione del loro operato a nessuno (aparte i “mercati”), sia perché nonsono eletti democraticamente ma nominati unilateralmente (dai “mercati”), sia perché hanno ormai distrutto ed esautorato la capacità di filtroe mediazione dei vari parlamenti europei e nazionali. Il potere deglioligarchi di oggi è smisurato come quello dei monarchi del passato e, con buonapace di Cacciari, ha davvero poche similitudini con ciò che accadeva nelleantiche forme democratiche di governo.
Questo discorso non vuoleessere sicuramente una spassionata adesione verso i modelli di democrazia diretta, che possono funzionare bene inpiccole realtà locali, che vanno dai quartieri ai comuni fino ai singolicantoni svizzeri, ma mostrano i loro limiti quando si tratta di governare egestire paesi complessi di grandi dimensioni. In questo caso l’unica soluzionevalida, per evitare la paralisi e il caos, rimane sempre la democrazia partecipativa, che richiedela faticosa formazione di classi dirigentipolitiche competenti e responsabili che definiscono i programmi e lestrategie di politica economica di lungo periodo, tramite un continuo confrontocon i dati reali e un fecondo dialogo con la propria base elettorale. Le classidirigenti e i quadri intermedi si devono fare carico di trovare di volta involta le migliori soluzioni per garantire i principi costituzionali su cui si forgia l’identità e l’appartenenza diun popolo, dall’equità alla giustizia sociale fino alla libertà di impresae di opinione. Cavalcare l’onda della democrazia oligarchica, come fanno icosiddetti “intellettuali di sinistra”sulla scia di uno scellerato pragmatismo utilitarista tipico degli “intellettuali di destra” e deiconservatori, significa invece svilire i principi costituzionali molto concretiin favore di astratte leggi di mercato, che poi hanno sempre l’obiettivo diavvantaggiare ancora di più gli oligarchi e di espandere a dismisura ledisuguaglianze. Questo gli oligarchi lo sanno bene e per questo motivo allevanocon cura e coccolano lautamente i propri intellettuali e propagandisti diregime prezzolati (filosofi, professori, economisti di università private,politici, giornalisti). Senza la loro indefessaopera di manipolazione e mistificazione, difficilmente gli oligarchipotrebbero continuare a governare, controllare e reprimere le richieste di democrazia e partecipazioneche arrivano dal basso.
Un’ultima considerazione cheserve a smontare un ennesimo ragionamento davvero pretestuoso e goffo del buonCacciari (buono si fa per dire, perché come si dice spesso dalle mie parti: sefosse fatto di pane, mi guarderei bene dal mangiarlo). Secondo Cacciari, noieuropei dovremmo ritenerci fortunati perché siamo arrivati a questa forma ibrida ed anomala di governo (unqualcosa che è a metà fra una federazione e una confederazione di stati, ma infondo è solo l’euro e la BCE), senza passare per guerre e spargimenti di sangue come è accaduto negli Stati Uniticon la guerra di secessione. Ora, la guerra civile americana sappiamo che avevadelle ragioni politiche e sociali molto complesse, che avevano spaccatopraticamente in due gli interessi e le rivendicazioni popolari: un processosicuramente guidato dall’alto, ma che aveva profonde radici di partecipazioneumana e emotiva anche dal basso, fra chi parteggiava per le istanze separatistee chi per quelle unitarie. In queste condizioni di accesa dialettica interna, non eradifficile convincere un giovane ragazzo ad indossare una divisa e imbracciareun fucile per inseguire un sogno di libertà, pace, prosperità, unità nazionale,come dall’altra parte dell’Oceano, stava già accadendo quasi contemporaneamentein Europa con i moti risorgimentali.
Il processo di integrazione europea è stato invece solamente pilotato eimposto dall’alto e nessun cittadino, men che meno oggi, si sognerebbe maidi combattere e rischiare la propria vita (a parte i militari di professione ei mercenari che sono pagati per farlo) per difendere l’Unione Europea el’eurozona in particolare. Per che cosa dovrebbero combattere? Per un pezzo dimetallo chiamato euro? Per difendere il palazzo di vetro di Francoforte? Pergarantire ai propri figli una prosperità e un futuro che proprio l’euro hacontribuito a tagliare? Ma siamo sinceri, nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe maicombattuto e combatterebbe oggi per difendere la moneta unica, perchéquest’ultima non è ilfrutto spontaneo di un acceso dibattitopartito dal basso, ma il prodottoartificiale di un progetto preconfezionato fortemente voluto dall’alto, cheè stato fatto passare e digerire ai popoli europei con una campagna mediaticache ha del demenziale. Anzi, è molto più probabile che i popoli europei sicoalizzino, come peraltro stanno già facendo in modo disorganizzato escoordinato, contro gli oligarchi per la ragione opposta: per distruggere questo tipo di progetto unitario, a causa di tutte le differenze, glisquilibri, le miserie e le umiliazioni che ha già generato.
Fra l’altro, gli americaniavevano il vantaggio di parlare la stessa lingua e di essere nati dallo stessoprocesso storico e culturale che portò alla dichiarazione di indipendenza dallemonarchie europee, mentre gli stati europei come già sappiamo e abbiamoripetuto tante volte nascono da storie, tradizioni ed esperienze culturali totalmentediverse, che hanno condotto alla fine alla definizione e alla nascita degliodierni stati nazionali. In che lingua avrebbero dovuto parlare i soldatialleati di questa ipotetica guerra di annessione europea paventata da Cacciari?Quale cultura dominante avrebbe dovuto assumersi l’onere di combattere questaguerra? Ma se è lo stesso Cacciari a dire che ogni progetto unitario europeotentato in passato, da Roma a Carlo Magno fino a Napoleone e Hitler, è statofallimentare, perché mai avrebbe dovuto avere successo il subdolo disegno oligarchico portato avanti soltanto per ragionicommerciali e con il vessillo di una moneta unica? Come può pretendere Draghidi riuscire oggi con i suoi miserabili spiccioli da un euro dove non sonoriusciti in passato le gloriose aquile delle insegne romane? Si trattaveramente di argomentazioni talmente fragili da rasentare il ridicolo, perchése è inconfutabile che l’Europa è semprestata un’entità geografica e culturale a se stante nell’immaginario collettivo,è altrettanto vero che non è mai stata un’esigenzapolitica e una necessità storica sentita dai popoli europei.
E paradossalmente nemmeno laclasse degli oligarchi e dei plutocrati vuole questa tanto agognata (a parole) unionepolitica e fiscale, perché ciò comporterebbe una perdita dei lucrosi profitti edelle rendite di posizione ottenuti solo grazie alle disfunzioni finanziarie createdall’euro (ricordiamo che quando i mercati sono stabili, omogenei e pocovolatili, gli speculatori guadagnano poco o nulla). Aglioligarchi interessasolo l’euro e la sua permanenza a qualunque costo sociale, mentre tutto ilresto sono chiacchiere da bar buone soltanto per tenere a bada una certa partedell’elettorato di sinistra e illuderlo con sogni e fantasie che hanno pocaattinenza con l’attuale corso della storia. A dispetto delle paure e dellefobie dei piddini, la pace tra i popolieuropei continentali (un discorso a parte meriterebbero invece i paesibalcanici), prima dell’introduzione dell’euro, era ormai una condizione conclamata e duratura,mentre oggi, proprio a causa dell’euro, cominciano a riemergere antichi dissaporie conflitti tra i paesi che hanno guadagnato e paesi che hanno perso con lamoneta unica.
Il sogno europeo di Altiero Spinelli, di cui spesso si parla fuori luogo e a sproposito, non aveva nulla a che vedere con una insignificante unione monetaria che annulla gli aggiustamenti valutari delle bilance dei pagamenti e il rischio di cambio degli speculatori. Inoltre se Spinelli hasognato un’unione politica e federale europea nel momento più sanguinoso etragico della seconda guerra mondiale, quando tutti i paesi europei erano dilaniatidalla violenza e dall’odio, ciò non significa che questo sogno di pace efratellanza universale, concretamente irrealizzabile, avesse mantenuto lastessa consistenza e importanza a guerra conclusa. Ma poi cosa volete che sogniun povero esiliato di guerra per ragioni politiche se non il Manifesto diVentotene? Un uomo sogna la pace quando è in guerra, mentre quando è in pacedovrebbe utilizzare tutti gli accorgimenti politici, diplomatici e culturaliper preservala nel tempo. E l’euro non è sicuramente fra questi strumenti,visto che esaspera le differenze e esacerba certi atavici dissidi tra i popoli.E siccome già sappiamo che nessuno statoeuropeo egemone vuole oggi l’unione politica e fiscale, perché ciòcomporterebbe un permanentetrasferimento di ricchezza dagli stati più ricchi a quelli più poveri, comeè avvenuto negli Stati Uniti, in Italia e in Germania dopo l’unificazione, cosafacciamo? Gli puntiamo un fucile in testa perché i piddini hanno un sogno?Quante morti, suicidi, sofferenze, malversazioni dobbiamo sopportare perché unaminoranza politica sgangherata e ormai allo sbando,fomentata da un’ancora più ristretta casta di oligarchi, ha un sogno strampalatoda realizzare in questo mondo?

Concludo dicendo che forzaturedel ragionamento come quelle espresse da Cacciari e Scalfari, se possono averecittadinanza in luoghi ovattati eimpermeabili al libero pensiero, come può essere un covo di piddini, devono essere invece tenacemente contrastate esmontate in tutte le sedi opportune, per rivelarne in profondità la loro misera ed impalpabile infondatezza. Certiargomenti, come la democraziaoligarchica, non devono assolutamente passare, perché, come successo pertante altre cose sgradevoli, a lungo andare si finisce per abituarsi e reputarlenormali (il metodo utilizzato dallapropaganda è abbastanza noto: si ripete ad oltranza una menzogna finchè nonviene accettata da tutti come un’ovvia verità). Invece si tratta di assurditàsenza capo né coda, perché rappresentano un antico retaggio del passato e unpasso indietro nel cammino evolutivo della storia e della civiltà. E bisogna stigmatizzare adovere chiunque tiri in ballo tesi cosìoffensive ed oltraggiose nei confronti dei nostri principi democratici ecostituzionali.
Se per nostra fortuna di unodei due mistificatori presto nesentiremo parlare soltanto nei necrologi (è sempre squallido augurarsi la mortedi un uomo, ma nel caso di Scalfari la natura è nostra alleata), con l’altro dovremopurtroppo fare i conti ancora per qualche decennio e considerando che si trattadi un presunto ideologo che detta la linea sia agli avamposti che alleretrovie, dobbiamo imparare a fronteggiarlo senza alcun timore reverenziale. Iltuttologo buono per tutte le stagionie per tutti i programmi televisivi, coni suoi virtuosismi da equilibrista, ormai è in evidente affanno e di fronte alcorso inesorabile degli eventi, ha iniziato ad arrampicarsi sugli specchi.Pensate, della storica avanzata del FronteNazionale di Marine Le Pen in Francia, Scalfari e Cacciari hanno coltosoltanto la ferma condanna di Hollande contro tutti i nazionalismi e ifascismi. Quindi, un partito dichiaratamenteanti-euro si prepara a governare il secondo paese più importantedell’unione, e tu cosa cogli? La tempestiva dichiarazione del tuo compare dicordata, senza fare un minimo accenno a tutti i malumori e i mal di pancia delpopolo francese contro l’impostazione eurista, che hanno favorito l’ascesa delFronte Nazionale. Come se queste personein fondo non esistessero, nonavessero diritto ad avere voce e ad essere rappresentati, fossero cittadini di serie B, daoscurare e censurare in tutti i modi possibili. Perchè loro hanno sicuramente torto, mentre Cacciari, Scalfari, Letta, Monti, Hollande, Merkel, Draghi, Barroso, Van Rompuy, Olli Rehn hanno certamente ragione. Vi ricorda qualcosa questo modo di fare?
Ora, la Le Pen sarà pureun’estremista di destra (e così dicendo rischio anche di beccarmi una bellaquerela, visto che lei stessa ha minacciato di denunciare tutti coloro cheetichettavano il suo partito in questa categoria), ma secondo voi è piùfascista chi cerca di contrastare nelmerito e nei fatti il pensiero unico dell’euro o chi è ormai assuefatto aquesto pensiero e con le buone o con le cattive cerca di marginalizzare edisolare tutte le opposizioni? Non sarebbe un modo di fare molto democratico, improntare ad armi pari un dibattito esconfiggere l’avversario nel merito, invece di esorcizzare la sua avanzata tirandoin ballo fantasmi e paure del passato? Perché mai nessun politico francesepro-euro si è mai preso la briga di intavolareun confronto televisivo a reti unificate con la Le Pen? Possibile che questiimpavidi sognatori della moneta unica nonabbiano argomenti validi per sostenere le loro nobili tesi, a parte lecastronerie storiografiche e politiche bofonchiate da vecchi tromboni comeCacciari e Scalfari? Ragionate, ragionate gente, e un giorno non tanto lontanoscoprirete forse che i tatuaggi con le svastiche stavano proprio sulle bracciae sulle spalle delle persone più insospettabili. Quelli sempre politicamentecorretti. Quelli di “sinistra”.
Pubblicato da PIERO VALERIO
Tempesta perfetta