Libano:tentativo d’Israele d’occupazione libanese.

Nuovo tentativo israeliano di occupare territorio libanese.

Un’unità militare Israeliana ha avanzato nel villaggio libanese a sud di Aytaroun e ha iniziato lo scavo delimitando, con un filo di plastica, una zona controversa, estendendo la linea blu, fino al punto di contenzioso, in compagnia dei soldati della FINUL (UNIFIL).
Secondo il sindaco del villaggio, Mowassi Haydar, l’unità sionista ha eretto una base in cemento, per preparare il posto ad un nuovo barile blu.

Dichiarandolo al quotidiano al- Akhbar, Haydar, ha affermato che quel che è accaduto è stato un un discreto tentativo di annettere territori agricoli
la cui superficie supera i 15.000 m2 e la proprietà appartiene interamente gli abitanti di Aytaroun.

” Gli olivi sono stati impiantati da più di decenni e coltivate diverse tipologie di grani “, ha chiarito, aggiungendo, che i territori contesi
appartenenti agli abitanti di Aytaroun sono di 100.000 m2.

“Questo è un nuovo tentativo di occupare la terra libanese , ma la gente si affronteranno qualsiasi ambizione del nemico e ogni tentativo di avanzare nel loro territorio ” ha assicurato il sindaco. ”

Questa nuova aggressione ha spinto l’esercito libanese a rafforzare le misure di sicurezza ed aumentare le pattuglie nella regione in modo che il comando di UNIFIL è entrato in contatto con l’esercito sionista.

Secondo una fonte informata, ” il nemico ha presentato giustificazioni futili sostenendo che non cercavano affatto annettersi i territori controversi.

Ieri, Giovedi, il nemico israeliano si sono piegati alle minacce dell’esercito libanese e dei cittadini di Aytaroun e non scavare una strada militare durante la riunione tripartita raggruppante i rappresentanti di entrambi gli eserciti, libanesi e israeliani, e quelli del FINUL (UNIFIL).

Infatti, Israele ha pianificava di allargare la strada e installare una nuova barriera con filo spinato per impedire l’arrivo dei cittadini nei loro campi. I libanesi hanno avvertito che avrebbero risposto sul terreno a questa azione nemica.

A dire del quotidiano al-Akhbar, il rappresentante dell’esercito israeliano ha informato i partecipanti alla riunione tripartita, della rinuncia di Israele a creare la detta strada.

( trad. kefos93 )

Fonte:
http://www.almanar.com.lb/french/adetails.php?eid=135816&cid=18&fromval=1&frid=18&seccatid=23&s1=1

Fonte: al-Akhbar

Ancora nessuna famiglia per Pepe

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ADOZIONE DEL CUORE PER IL DOLCE PEPE <3 LA PARAPLEGIA NON HA FERMATO LA SUA VOGLIA DI VIVERE

28 marzo 2013 alle ore 17.59

Era ottobre 2012… pepe viene investito da un auto e lasciato sull’asfalto! Nessuno si è fermato e così il suo destino è stato segnato! dopo circa 2 giorni dall’incidente il piccolo viene soccorso e poi portato in canile.. li volevano abbatterlo! ci siamo opposti e l’abbiamo trasferito in una clinica privata e dopo in una pensione casalinga dove si trova tutt’ora!

Abbiamo sentito il parere di tantissimi veterinari, Pepe rimmarrà paralizzato a vita anche se potrebbe ottenere dei miglioramenti facendo della fisioterapia, spesa che noi non possiamo affrontare visto che la pensione per lui costa 300 euro al mese ed in più ci sono altre 150 euro circa di spese di mantenimento mensile!

PER QUESTO MOTIVO URGE ADOZIONE DEL CUORE CONSAPEVOLE DA PARTE DI CHI HA TEMPO DA DEDICARGLI ED ANCHE LA POSSIBILITA’ ECONOMICA DI GARANTIRGLI IL MEGLIO!

Pepe ha circa 2 anni, è una taglia medio-contenuta e con le persone è meravigliosamente dolce! con i cani dipende, è compatibile con le femmine mentre con i maschi a volte si dimostra ostile… ok anche con i gatti!

Il piccolo non ha il controllo degli sfinteri , defeca da solo per svuotamento ma la vescica va svuotata manualmente almeno 3 volte al giorno.

 

C’E’ UNA FAMIGLIA SPECIALE PER LUI?

 

PER INFO:

MARISA SALEMI 3206203692

SALVATORE BARONE 3270065796

https://www.facebook.com/notes/marisa-salemi/adozione-del-cuore-per-il-dolce-pepe-3-la-paraplegia-non-ha-fermato-la-sua-vogli/554491641248272

Polo oncologico: stop ai ricoveri, al via i licenziamenti

Mercoledì 25 Settembre 2013 – 18:42

Il management della Fondazione Campanella,  cui fa capo il centro oncologico, rende noto in un comunicato stampa il blocco dei ricoveri di nuovi pazienti a partire da domani 26 settembre 2013. Nella nota si puntualizza che non verranno effettuate più prestazioni ambulatoriali a far data dal 30 settembre 2013. Saranno inoltre avviate le procedure di trasferimento dei malati attualmente in carico alla Fondazione e quelle di licenziamento del personale.
“Le cause”, fa sapere la Fondazione in una lettera inviata tra gli altri al Prefetto Cannizzaro, al Governatore Scopelliti e al rettore dell’Umg Quattrone “sono chiarissime e sono state evidenziate ripetutamente e non possono dirsi risolte con l’erogazione di 2 milioni e mezzo di euro da parte dell’Asp di Catanzaro” tra queste: “Il mancato ripianamento dei debiti pregressi della Fondazione Campanella contratti per mantenere inalterata la struttura. il livello della prestazioni ed i livelli occupazionali pur in presenza di una drastica, repentina e progressiva riduzione dei fondi erogati; la previsione per il 2013 di un budget di soli dieci milioni di euro a fronte di un costo del solo personale di dodici milioni”, la mancata attuazione del trasferimento delle unità non oncologiche che il Dpgr 136/2011 prevedeva dovesse avvenire il primo gennaio 2012.
“La sospensione delle attivita’ – si legge ancora – permarra’ sino alla risoluzione dei problemi su evidenziati”
http://www.catanzaroinforma.it/pgn/newslettura.php?id=58666


Variati pubblica i suoi finanziatori: in testa Cestaro, Marzotto e Trivellato

di Alessio Mannino il 09 ott 2013.
Inserito in NEWSLETTER GIOVEDI, POLITICA, PRIMA PAGINA
Mancava solo lui, il sindaco Achille Variati, e oggi ha finalmente reso pubblici gli sponsor della campagna elettorale alle comunali di quest’anno. A fornire i dati è l’agenzia Alias (di cui è socio il vicesindaco Jacopo Bulgarini) tramite Jacopo Rodeghiero.
Anzitutto c’è la tabella con le voci di costo e le relative spese, per un totale di 138.390,79 euro. Così suddiviso: spedizioni 2.276 euro, materiali stampati 13.110, eventi e allestimenti 41.653, gadget 728, pubblicità su testate cartacee 12.891, pubblicità su testate web 6.203, spot televisi 12.835, spot radiofonici 2.961, gestione sede elettorale (affitto, bollette) in Piazza delle Poste 5.228, video e serizi fotografici 7.221, sondaggi 13 mila, consulenze creative e professionali 20.280.
I finanziatori si dividono in tre gruppi. Il primo è lo stesso Variati, che ha sborsato di tasca sua 22.677 euro. Il secondo è il Partito Democratico, con 38.935 euro. Il terzo è una serie di investitori, se si può usare questo termine. I nomi diffusi rappresentano ovviamente gli elargitori di cifre consistenti, sono esclusi i piccoli donatori di qualche centinaio o decina di euro.
In ordine decrescente di donazione sono:
Unicomm Srl (gruppo di supermercati e centri commerciali della famiglia Cestaro): 20.000 euro
Paolo Marzotto (omonima famiglia di industriali dell’abbigliamento): 10.000 euro
Trivellato Spa (concessionario Mercedes): 10.000 euro
Art. Fer. Artigiani del ferro (azienda di Barbarano Vicentino): 6.000 euro
Francesca Lo Schiavo: 5.000 euro
Ferrazza Srl (azienda di elettronica industriale di Cornedo Vicentino): 4.000 euro
Gianmaria De Stavola (ingegnere dello studio Idroesse, che ha presentato lo studio di Tav con passaggio in Fiera sponsorizzato dalle categorie): 3.000 euro
Otello Dalla Rosa (amministratore unico Aim Energy): 2.500 euro
Paolo Caoduro (Caoduro Spa, presidente Vicenza Futura, promotrice del nuovo stadio-arena eventi a Vicenza Est): 2.000
Carlo Caoduro (fratello di Paolo, Caoduro Spa): 2.000 euro
Angelo Guzzo (presidente Acque Vicentine, Pd): 1.000 euro
Enrico Guzzoni (revisore dei conti del Comune nel 2010-2012, lavora nello studio Turchetti-Zanguio): 1.000 euro
Da sottolineare il forte esborso dei Cestaro, attentissimi alla zona est, avendo lì il centro commerciale Palladio, con il supermercato saltato nel Green Way-ex Pp10 a Laghetto, e trasversali nello scucire quattrini: hanno finanziato anche il centrodestra di Manuela Dal Lago. Scontato l’appoggio dei Caoduro, amici personali di Variati. Significativa la vicinanza di un esponente della famiglia Marzotto. Storico il legame con Luca Trivellato, nel cda della Fondazione Teatro e animatore del Festival Jazz. Interessante la partecipazione di Guzzoni, commercialista vicino a Mauro Zanguio (già commissario Aim e democristianissimo crocevia vivente di intrecci e business in città).
Ora, dopo i nostri precedenti articoli, il quadro dei finanziamenti elettorali della campagna 2013 a Vicenza è completo.
http://www.nuovavicenza.it/2013/10/variati-pubblica-i-suoi-finanziatori-in-testa-cestaro-marzotto-e-trivellato/


 

Tav, cinque vecchi ordigni trovati vicino al cantiere

http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/10/11/news/tav_cinque_ordigni_trovati_vicino_al_cantiere-68404828/

Individuati dalla Guardia di Finanza durante un controllo. Risalivano alla seconda guerra mondiale. Gli artificieri li hanno già fatti brillare 

Tav,  cinque vecchi ordigni trovati vicino al cantiere

Gli ordigni ritrovati 
 
E’ giallo sul ritrovamento, avvenuto alcuni giorni fa, di cinque proiettili da mortaio, risalenti alla seconda guerra mondiale, in val Clarea, a Chiomonte, la stessa valle in cui si trova il cantiere della Torino-Lione. Benché gli ordigni risalgano con certezza all’epoca del conflitto, i militari della guardia di finanza, che hanno reso noto solo oggi il ritrovamento dopo che sono stati fatti brillare dall’esercito, non escludono che possano essere stati posizionati di recente da qualcuno allo scopo di utilizzarne la carica esplosiva.

I proiettili da mortaio, da 81 millimetri di calibro, carichi di tritolo, erano probabilmente in dotazione ai reparti della Folgore e del battaglione alpino Edolo della Repubblica Sociale Italiana operanti nella zona dell’alta valle di Susa nel marzo-aprile del 1945. Sono stati trovati accuratamente nascosti in una cengia, una sporgenza pianeggiante di una parete rocciosa lungo la porzione di territorio tra il monte Giusalet e il massiccio d’Ambin, che sovrastano il cantiere di Chiomonte. Si tratta di munizioni ritenute particolarmente pericolose dagli esperti.

Proprio il loro posizionamento, considerato troppo ordinato per resistere per quasi 70 anni, ha generato nella guardia di finanza il sospetto che qualcuno possa averli nascosti di recente. Al momento, però, non ci sono elementi certi che li colleghino alla protesta contro la Tav.

Quello reso noto  è il terzo ritrovamento di ordigni bellici avvenuto negli ultimi giorni in valle di Susa. Lo scorso 3 ottobre un fusto pieno di picrato di ammonio, un esplosivo utilizzato frequentemente durante il secondo conflitto mondiale, era stato scoperto dai carabinieri in un campo di frazione San Giuliano di Susa. Il giorno successivo, l’esercito aveva trovato quattro bombe a mano e 86 proiettili da arma da fuoco leggera in frazione Cugnet a Novalesa, la stessa zona in cui lo scorso marzo l’esplosione di un ordigno bellico ferì gravemente tre ragazzi che lo avevano trovato in un campo.
Da allora, sono state numerose le segnalazioni di ordigni risalenti al secondo conflitto mondiale, quando la Valle di Susa è stata teatro di violente battaglie. I cinque vecchi ordigni che oggi il 32/esimo reggimento Genio Guastatori ha fatto brillare potrebbero quindi essere dei resti dimenticati durante la Resistenza dai partigiani. A insospettire gli investigatori delle fiamme gialle, che per questo motivo stanno indagando, è il fatto che molti degli ordigni ritrovati non erano mai stati visti prima, nonostante le zone fossero state spesso battute.
 

(11 ottobre 2013)

 

“Giovannini su dati Ocse:,”Dimostrano che italiani poco occupabili”

Parole dure quelle del ministro del Lavoro: “Dalla ricerca usciamo con le ossa rotte. Siamo indietro in termini di capitale umano”. Poi puntualizza: “Non mi riferivo ai giovani, ma dobbiamo investire nella formazione”. Ma sui social network è già polemica”
http://www.repubblica.it/scuola/2013/10/09/news/giovannini_su_dati_ocse_dimostrano_che_italiani_poco_occupabili-68246867/

i licenziamenti di massa di persone che svolgevano quel lavoro da anni sono dovuti alla mancanza di formazione?

E se gli italiani sono poco occupabili li deportiamo? O li lasciamo morire di fame finché non si suicidano?

 

TOTO’-LETTA, PEPPINO E LA MALAFEMMINA

Come sempre fanno le autorità che provano a passare per incapaci ma sanno benissimo dove vogliono andare a parare, visto che l’eccessiva pressione fiscale ha causato il decadimento di tutti gli indicatori economici del paese, la soluzione è stata brillantemente individuata in un ulteriore aumento delle tasse. Stante la difficoltà di reperire ulteriori possibilità di prelievo, per risolvere la cosa diverse fonti stanno suggerendo all’esecutivo di valutare l’opportunità di chiedere l’anticipo dell’anticipo. Obbligandoci in pratica a versare a fine anno non solo il 105% delle tasse per il 2014, ma anche quelle del 2015, 2016 e 2017.

Il che è proprio quello che faceva Totò in “Totò, Peppino e la Malafemmina”, in una delle scene più divertenti di quel film. Volendo comperare una collana a una bella ragazza, ma non disponendo dei contanti necessari, pensò di farsi dare seduta stante da un suo fittavolo le pigioni anticipate per gli anni a venire.
A fronte della sua richiesta, il fittavolo gli dice: “ma se vi ho già pagato ’56, ’57 e ’58”. Allora Totò gli risponde: “Si, ma siamo fuori col ’59!”

Dunque, quello che in un’altra epoca era materia di comicità grottesca, oggi per lo Stato è divenuto un canone istituzionale per la gestione di economia e tributi, proprio secondo la logica del “Punto, punto e virgola e due punti.

Il problema è che, come abbiamo visto, il passaggio dell’IVA dal 20 al 21%, invece di produrre un aumento del gettito ha causato una sua diminuzione. Lo stesso avverrà, e in proporzioni maggiori, in conseguenza dell’ulteriore aumento al 22%.
I motivi ce li spiega la curva di Laffer. Con l’aumento dell’IVA al 22% si avrà un’ulteriore contrazione del gettito. In primo luogo perché induce una crescita dei prezzi, ben superiore all’entità del mero aumento della tassa. Il motivo sta nel fatto che vi si sommano i costi maggiori indotti da quello stesso aumento riguardanti materie prime, trasporto, accise carburanti e spese fisse di distribuzione. Di fronte all’aumento di costi del prodotto finito, le persone, che vedono ulteriormente ridursi il potere d’acquisto del loro reddito, non solo acquisteranno un numero minore di beni, ma tenderanno ad acquistarne sempre di più economici. Questo si tradurrà necessariamente anche in un calo del PIL, in un minore gettito Irpef e in un’ulteriore caduta della domanda aggregata, andando ad acuire la componente da sovrapproduzione della crisi ora in corso, che è tra le più importanti al riguardo.

Effettuando un prelievo percentualmente maggiore, ne deriva un’ulteriore riduzione della massa monetaria circolante, rendendo più grave quella che è un’altra causa primaria della crisi, la penuria di contanti nelle mani di famiglie e aziende.

La curva di Laffer: superato un certo limite, cui corrisponde il gettito massimo Tmax, all’aumentare dell’aliquota si riducono gli incassi per lo Stato.
La risposta più ovvia di fonte a tutto questo, anche da parte degli organi di presunta informazione, è l’invettiva nei confronti degli sprechi, quando invece sarebbe più corretto iniziare finalmente a comprendere che misure simili vengono adottate in modo consapevole da una casta di governanti collaborazionisti dei poteri esterni al paese. Il loro fine è aggravare quanto più possibile la crisi utilizzata per sottrarre al paese la sua sovranità e ridurlo al destino neocoloniale voluto dai reggitori degli equilibri internazionali.
Dopo 30 anni di presunti errori, e tutti a senso unico, è la stessa legge delle probabilità a gridare a squarciagola che le tesi di “pasticcionismo” oggi tanto in voga non hanno più credibilità alcuna.

Se si omette questo passaggio essenziale, si finisce soltanto con il dare ulteriore sostegno alle azioni contrarie all’interesse del paese eseguite da chi sarebbe ora venisse obbligato a risponderne di fronte alla corte marziale.

Detto questo, per molti è ancora difficile comprendere che il debito pubblico non è un vero problema. Almeno fino a che uno stato è sovrano, quindi è padrone della propria moneta e ha una banca centrale che opera quale prestatore di ultima istanza. I detrattori di questa tesi sostengono che usando i mezzi propri della sua sovranità, uno stato crea inflazione perché stampa moneta per colmare il deficit.
Questo è palesemente falso, come dimostrano innumerevoli esempi della storia passata. Ad esempio con le enormi spese del piano Marshall, gli Stati Uniti hanno creato inflazione oppure le premesse per il boom economico degli anni ’60?

Arrivando al presente, nel giugno 2012, il Commissario Europeo Michel Barnier ha reso noto che tra il 2008 e il 2012 l’UE ha approvato aiuti alle banche per 4.500 miliardi di euro.
Una somma pari al 37% del PIL totale europeo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/07/il-megasostegno-dellue-alle-banche-4500-miliardi-di-aiuti-di-stato-in-3-anni/256429/
Eppure non c’è stata maggiore inflazione.
Con quegli stessi soldi si sarebbero azzerati i debiti pubblici di Italia, Grecia e Spagna messi insieme, evitando le sofferenze alle quali si sono assoggettate decine di milioni di individui, oltre a centinaia di suicidi. E ancora sarebbero avanzate le somme necessarie per un poderoso rilancio dell’economia di tutta la zona UE.
Invece si è preferito dare quei soldi alle banche, affinché potessero gettarli nel buco nero delle perdite causate dalla febbre del gioco al casinò della finanza globale.
Oltretutto senza migliorare di un grado la loro situazione economica, come ha ammesso lo stesso Barnier, dichiarando che nonostante la loro mole quegli aiuti sono serviti praticamente a nulla.

Allora, forse, sarebbe il caso una volta e per tutte di iniziare a spiegare le questioni nei termini corretti. Cominciando dal fatto che i criteri di macroeconomia, quelli cioè cui risponde uno stato, sono molto diversi da quelli microeconomici che devono essere osservati da chi amministra una famiglia o un’azienda.

Non a caso i problemi del nostro paese hanno avuto inizio proprio nel momento in cui c’è stato prima il divorzio tra Tesoro e Banca centrale, e poi quando ha perso completamente la sovranità.
Nel momento in cui è avvenuto quel divorzio, secondo Europa Kaputt di Antonio Rinaldi il debito pubblico italiano era al 58,46% del PIL Stiamo parlando del 1981. Altre fonti danno quel valore al 57,7%.
Va ricordato che il divorzio fu il frutto di un accordo sottobanco tra Ciampi, a capo di BdI, e Andreatta, Ministro del Tesoro, che non venne sottoposto al vaglio di Camera e Senato.
I rappresentanti del Popolo, peraltro, si sono guardati bene dal sollevare obiezioni a cose fatte, una volta che il provvedimento venne ufficializzato.
In seguito gli artefici del divorzio hanno sostenuto di averlo fatto per il bene del paese, ovverosia per costringere la classe politica a ridurre le spese a deficit e quindi il debito pubblico. Che invece ha avuto un andamento opposto alle intenzioni dichiarate da Andreatta e Ciampi, causando danni enormi al paese e alla cittadinanza. In merito ai quali non sono mai stati messi di fronte alle loro responsabilità. Uno di essi, anzi, è considerato paradossalmente una specie di padre della Patria.

In realtà, uno dei veri obiettivi era di abbattere i salari, imponendo una deflazione che desse la possibilità di annullare quello che Andreatta definì “il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dall’accordo tra Confindustria e sindacati”. Infatti, nel 1984 con gli accordi di San Valentino la scala mobile fu indebolita e nel 1992 definitivamente eliminata.
Anche oggi, come allora, le presunte “necessità” di bilancio pubblico sono la leva attraverso cui ridurre il salario, in Italia e in Europa. Con la differenza che oggi l’attacco si estende al salario indiretto, cioè al welfare.

L’indice del costo del lavoro per unità di valore aggiunto ha avuto un crollo a partire dal 1981, culminato nel 1998. Da allora in poi ha avuto solo un recupero modesto. (fonte ISTAT)
Riguardo al debito pubblico, siccome non è un elemento assoluto, cioè a sé stante ma speculare, deve necessariamente corrispondere al credito di qualcun altro.
Nella fattispecie alla ricchezza dei cittadini, perché è soltanto per mezzo della spesa a deficit che lo stato può perseguire una politica di crescita, sviluppo, fornitura dei servizi e aumento del benessere.
Vediamo il perché.
Se lo stato persegue il pareggio di bilancio, non fa altro che tassare per l’esatta quantità di denaro che ha messo in circolazione. A questo proposito va ricordato che l’emissione di moneta è compito che per ovvi motivi la legge assegna in esclusiva allo Stato. Quindi nessun altro può farlo al posto suo.
Dunque, se lo Stato inizia col dare 100 soldi ai cittadini ma a fine anno gliene chiede indietro altrettanti, o addirittura di più in base alla politica dell’avanzo primario, non solo toglie ai cittadini tutti i soldi che gli aveva dato, ma ne pretende addirittura degli altri. Che i cittadini non saprebbero più dove prendere, trovandosi nelle condizioni di cedere allo Stato beni materiali o immobili.
A quel punto, di grazia, quei cittadini con che cosa sopravviveranno?
Con che cosa costituiranno le imprese e realizzeranno i prodotti che contribuiscono allo sviluppo del paese?
Con cosa pagheranno le spese di istruzione, quelle mediche e di assistenza alla popolazione anziana?
Non a caso, da quando la gabbia dell’Euro ha tolto la possibilità agli stati di spendere a deficit non c’è più alcuna crescita. E anzi gli stati dell’Eurozona sono tutti nelle posizioni di coda delle statistiche relative. Compresa la virtuosa Germania, che si trova al 16mo posto degli stati peggiori. Non solo la crescita si è arrestata, ma c’è stato un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita e della quantità e qualità dei servizi.
Tornando al divorzio Tesoro-BdI, dopo di esso, nel giro di 12 anni, il debito pubblico è passato dal 58,46% del 1981 al 115,66% del 1993 (fonte Europa Kaputt di Antonio Rinaldi su dati BdI).

Quindi è più che raddoppiato nel giro di 12 anni. Davvero un attestato di competenza per i signori Ciampi e Andreatta, che per mezzo dell’artificio costituito da quel divorzio pretendevano di costringere il paese a ridurlo.

Andamento del rapporto debito/PIL 1960-2012. Prima del divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia il debito pubblico era sotto al 60%. Dal momento del divorzio ha avuto un’impennata che dopo un breve intervallo successivo all’ingresso nella zonaEuro, dal 2008 ha ricominciato a crescere a ritmo ancora maggiore. (fonte Europa Kaputt di A. Rinaldi su dati Banca d’Italia)
Hanno così dimostrato ancora una volta che agendo per mezzo di sotterfugi ci si rimette in rispettabilità, e soprattutto si creano danni potenzialmente di portata incalcolabile.
Ma attenzione, quello è il dato percentuale, che non tiene conto della crescita del PIL avvenuta nel frattempo, che nel valore a prezzi concatenati è passato da 809.019 milioni di Euro del 1981 a 1.032.013 del 1993, dati ISTAT, con un aumento pari al 127,5%, che va a influire sul valore effettivo del debito.
Facendo due conti, si vede che il 58,46% di 809.019 equivale a 473.110 milioni di Euro, mentre il 115,66% di 1.032.013 è 1.193.626 milioni di euro. Pertanto la crescita percentuale del debito calcolata sui valori assoluti è stata superiore al 252%. Che suddivisa per 12 anni fa il 21% tondo per ogni anno.
Altro che aumento, qui ci troviamo di fronte a una vera e propria deflagrazione.
Causata da scelte con le quali si pretendeva di ridurre un debito e invece lo si è fatto esplodere. Sottraendolo per giunta, e questa è la cosa più grave, dal controllo dello Stato, ovvero dalla sua banca centrale per metterlo nelle mani della speculazione internazionale, che ovviamente vi ha lucrato somme enormi. http://www.cobraf.com/forum/coolpost.php?reply_id=123470958
E ha preteso interessi sempre maggiori, che ormai sono la parte di gran lunga preponderante del nostro debito.

Il totale degli interessi sul debito 1995-2011 equivale al 71% del debito pubblico complessivo.
(fonte Eurostat)
In sostanza, i cittadini italiani si sono visti sottrarre dai loro governanti quantità sempre maggiori della loro ricchezza e dei servizi gestiti dallo Stato, che sono serviti per favorire la speculazione finanziaria internazionale.
Ora, chi ha causato in prima persona questo disastro non è mai stato chiamato a giustificare le proprie azioni e ad assumersi le proprie responsabilità. Viceversa gli è stata attribuita la più alta carica dello Stato.
Proprio come in “Omega” di Robert Sheckley, che narra di una società in cui la gerarchia sociale è stabilita in base ai crimini perpetrati da ciascuno. Ma se quello è un libro del genere science-fiction, la questione Tesoro-BdI e quanto ne è derivato è solida realtà.

Oltre a tutto questo, se ancora non fosse più che abbastanza, si è fatto in modo da porre il paese in una posizione molto più esposta agli effetti della crisi economica, come evidenzia il grafico relativo all’andamento del rapporto debito pubblico/PIL nella parte relativa agli anni dal 2007 in poi.
Quindi la crisi, si badi bene, non è dovuta ai cittadini che hanno voluto vivere al di sopra delle loro possibilità, come certe fonti interessate vorrebbero far credere per attribuirne loro le presunte cause e trovare il pretesto per scaricargliene i costi, ma a una politica economica di feroce classismo e ciecamente deflattiva.
Che non solo ha decurtato i salari in maniera significativa, ma ha addossato alla comunità quantità di debito enormi e in perenne crescita, malgrado la progressiva riduzione dei servizi offerti dallo Stato. Questo ha determinato l’ingerenza progressivamente maggiore dei poteri esterni, con il risultato di essere espropriati persino della facoltà di decidere come spendere i nostri soldi, cosa per la quale dobbiamo andare a chiedere il permesso a Bruxelles e a Berlino, dove le decisioni in merito sono prese in base a interessi che nulla hanno a che vedere con quelli del nostro paese.

Risultato: impoverimento generalizzato, smantellamento del sistema industriale, economico e del welfare, disoccupazione, demansionamento, spreco e allontanamento delle professionalità, svendita del patrimonio dello Stato che i cittadini hanno pagato con le loro tasse. Ovvero i presupposti necessari affinché il paese non riesca più a risollevarsi, rimanendo indefinitamente nelle condizioni che permettono ad altri di trarre profitto dalle nostre disgrazie. 
Causate da una classe dirigente designata e imposta al fine di ottenere proprio questo risultato.
Clack
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=12426
9.10.2013

 

Ipercoop Campania: via libera ai licenziamenti

09/10/2013
Intanto la Cisl chiede il ritorno di un partner locale che rilevi le attività. L’accordo con la casertana Catone group era stato respinto dai lavoratori campani, l’anno scorso.

Vertenza Ipercoop: tempo scaduto, via libera ai licenziamenti. E’ terminato ieri, infatti, il periodo di sospensione dell’invio delle lettere di revoca del rapporto di lavoro per 250 dei 660 addetti della catena campana di ipermercati e supermercati della cooperativa toscana Unicoop.

Negozi finiti in grave pericolo, in particolare l’ipermercato di Afragola, dopo la rinuncia al piano di salvataggio da parte delle cooperative emiliane. Intanto torna l’ipotesi di una cessione di organici, mezzi e merci di Ipercoop Campania a gruppi privati della zona. Ipotesi che era già stata respinta, l’anno scorso, dal referendum dei lavoratori. Ed è una proposta che stavolta arriva dal sindacato e non dalla proprietà. E’ la Fisascat, sindacato di categoria dei lavoratori del commercio e dei servizi Cisl, a invitare Coop Tirreno, attraverso un comunicato affisso nell’iper di Afragola, a ritardare l’invio delle lettere di licenziamento e “a individuare, nel caso di indisponibilità da parte delle cooperative, un partner anche locale”.

Il messaggio è stato firmato da Giuseppe Verde, segretario territoriale della Fisascat. Verde, nel documento, ricordando la trattativa, fallita a luglio, con le cooperative emiliane, che avevano prima annunciato e infine revocato il piano di salvataggio della Campania, sostiene che “i sindacati si erano resi disponibili a individuare eventuali deroghe contrattuali, anche temporanee” ma che “la risposta delle coop è stata un secco no limitato al taglio delle ore lavorative, che avrebbe portato all’erogazione di salari da 600 euro al mese”. A questo punto si riaffaccia l’ipotesi di una cessione al gruppo casertano Catone, che i lavoratori non digeriscono proprio, o a qualche altro gruppo imprenditoriale campano. Ma il sindacato è diviso.

Mario Dello Russo, della segreteria regionale Uiltucs, critica il comunicato della Fisascat. “Avevamo concordato unitariamente – spiega Dello Russo – che le decisioni sindacali sulla vertenza Ipercoop Campania devono essere prese a livello nazionale. Per cui qualsiasi proposta che non vada in questa direzione è una proposta che crea difficoltà alle organizzazioni sindacali, con conseguenti ripercussioni negative sul destino dei lavoratori campani”. Dura con la Cisl anche la Usb campana, l’Unione dei sindacati di base, particolarmente rappresentativa nell’ipermercato di Quarto. Ecco cos’ha scritto la Usb circa questa vicenda, che si sta trasformando in una sorta di caso del momento:

“La volontà dei lavoratori è stata già espressa attraverso un referendum e non si affievolisce col tempo. Noi ribadiamo il nostro no al privato e il si alla cooperazione, che in questo momento dovrebbe dare una risposta evitando tempi lunghi e strumentalizzazioni che purtroppo in questo territorio sono facili e prendono forma profittando delle condizioni di debolezza dei lavoratori. Le cooperative emiliane devono capire che il territorio campano è un’opportunità e non un territorio da colonizzare e da, eventualmente, salvare”.

Nel frattempo c’è grande tensione nell’ipermercato di Afragola, che in base alla procedura di mobilità dovrebbe chiudere i battenti da un momento all’altro mettendo alla porta 225 dei sui 226 addetti. Praticamente tutti i dipendenti, tranne il direttore.

Autore: Pino Neri 
http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7036


 

In edicola sul Fatto del 9 ottobre: “Coop, a rischio 10 miliardi di risparmi”

Le anticipazioni del Fatto Quotidiano del 9 ottobre.

 

Nelle quattro pagine dedicate a il Fatto economico leggerete un’inchiesta dedicata al colosso Coop e alla nebulosa di manager che attualmente gestiscono un patrimonio da 12 miliardi di euro di fatturato fuori da ogni controllo. Si tratta di una banca parallela che raccoglie soldi sotto forma di prestito soci e che, invece, di costruire supermercati e migliorare il servizio, li scommette in Borsa sul mondo della finanza rossa. Poi un’altra storia incredibile: un imprenditore che ha vinto un appalto nel 1964 per la ricostruzione post-bellica di Ancona e oggi riesce a strappare 1,5 miliardi di euro come risarcimento per lavori che non ha mai fatto. Sul fronte politico c’è l’intervista esclusiva al Commissario straordinario per il Piano carceri che giustifica l’amnistia e indulto e smentisce in parte il governo: “Sarà possibile vendere le carceri borboniche. Ma anche l’ennesimo scandalo sulla Rai: una “regalopoli” che ha portato a un’indagine interna relativa alle passate gestioni. La Rai avrebbe usato il canone per regalare gioielli, cravatte e penne a politici e ospiti per almeno 300mila euro l’anno senza indicazione dei beneficiari. Ci vediamo ‘In edicola’: ogni sera le anticipazioni su ilfattoquotidiano.it (riprese e montaggio Samuele Orini, elaborazione grafica Pierpaolo Balani)
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8 ottobre 2013

 

La Usag annuncia 80 licenziamenti

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La ristrutturazione della storica azienda di Gemonio, oggi Swk utensilerie srl, riguarderà sia operai che impiegati. Tra le ragioni il calo vertiginoso del mercato delle auto

La Usag, marchio leader nel settore dell’utensileria, annuncia 80 licenziamenti. L’azienda, fondata 87 anni fa e diventata nel 2010 Swk Utensilerie srl dopo l’acquisizione della multinazionale americana Stanley Black&Decker, per lungo tempo è stata la regina del mercato e del distretto varesino dell’utensileria, nato grazie alla capofila di Gemonio. Un’azienda così identificata con il territorio che la “G” finale di Usag è un omaggio al luogo da cui nel 1926 è partita l’avventura imprenditoriale del fondatore Hermann Amos.
È difficile trovare un’officina meccanica che non abbia appeso sul pannello degli attrezzi almeno una chiave dall’inconfondibile colore rosso, perché gli utensili Usag sono da sempre sinonimo di qualità e affidabilità. «Non bestemmiare, adopera utensili professionali Usag» diceva lo slogan di una vecchia pubblicità. Ma a quanto pare la buona reputazione non basta perché oggi arriva l’ennesima ristrutturazione, che in parole povere significa licenziamenti, la quarta nel giro di pochi anni, causata dal calo del mercato delle auto in Europa che nell’agosto scorso ha fatto segnare uno storico -5%, il punto più basso degli ultimi vent’anni.
La mobilità colpirà trasversalmente tra lavoratori della produzione e impiegati in entrambi gli stabilimenti di Gemonio e Monvalle, riducendo il personale nel suo totale a poco più di 200 unità. Una caduta verticale dell’occupazione, considerando che fino a qualche anno fa solo lo stabilimento di Gemonio dava lavoro a oltre 500 persone. «Il comparto sta pagando a duro prezzo la crisi del mercato delle auto e delle manutenzioni – dice Giuseppe Marasco della Fim Cisl -. Le famiglie hanno pochi soldi e quindi oltre a non comprare le auto non le portano nemmeno dal meccanico».
Nel 2011 la Swk Utensilerie srl, con un fatturato di 101milioni di euro (+ 4,7% rispetto al precedente esercizio) e con un utile al netto delle imposte di poco più di 3 milioni di euro, si è piazzata al 48mo posto, su 1.218 aziende leader varesine,  nella classifica stilata dalla pubblicazione “Made in Varese”. Evidentemente non abbastanza per gli azionisti americani.
Nella mattinata e nel pomeriggio di oggi, giovedì 19 settembre, a partire dalle 8 e 30 i rappresentanti dei sindacati dei metalmeccanici, Fim Cisl e Fiom Cgil, incontreranno in assemblea i lavoratori di Gemonio e Monvalle.
19/09/2013
http://www3.varesenews.it/lavoro/la-usag-annuncia-80-licenziamenti-271526.html