Tav, bombe e menzogne: storia di una vergogna nazionale

http://www.libreidee.org/2013/10/tav-bombe-e-menzogne-storia-di-una-vergogna-nazionale/

Massimo Numa, destinatario di un misterioso pacco-bomba recapitatogli alla redazione della “Stampa”, è il giornalista più noto in valle di Susa, e il più temuto. Nella rovente estate 2011, gli attivisti lo accusarono direttamente: sostennero che proprio dal suo computer era partita una email-fantasma, firmata “Alessio”, nella quale si tentava di sostenere che un militante No-Tav, gravemente ferito al volto da un lacrimogeno il 23 luglio, fosse in realtà finito all’ospedale per essere semplicemente “caduto da solo”. Lo stesso Numa ammise che quella velenosa mail, palesemente destinata a inquinare la verità, era stata davvero inviata dal suo ufficio, anche se – disse – non era stato lui a spedirla. Nonostante questo increscioso episodio, non solo Numa è rimasto regolarmente in servizio alla redazione della “Stampa”, ma il direttore del giornale, Mario Calabresi, gli ha consentito di continuare a occuparsi quotidianamente della drammatica vertenza della valle di Susa, come se nulla fosse accaduto.

 

Dopo l’agguato del pacco-bomba, che per fortuna Numa non ha aperto, nessuno ha ricordato quell’inquietante infortunio professionale dell’estate Giorgio Napolitano
2011: non una parola dal presidente dell’ordine del giornalisti, Franco Siddi. Doverosa solidarietà al giornalista è stata ora espressa dallo stesso Napolitano, in un messaggio alla “Stampa”. Il presidente della Repubblica, finora sottrattosi all’incontro più volte richiestogli dai sindaci della valle, oggi riconosce apertamente la legittimità del dissenso No-Tav, ma sollecita i valsusini a prendere le distanze dalle “frange violente” che possono infiltrare e fuorviare il movimento. Napolitano invita la comunità valsusina a non sottovalutare l’allarme-terrorismo lanciato dal procuratore torinese Gian Carlo Caselli. Allarme che il pacco-bomba a Massimo Numa non fa che rafforzare, dopo gli oscuri attentati incendiari delle ultime settimane, che hanno preso di mira aziende valsusine coinvolte nel cantiere del mini-tunnel geognostico di Chiomonte. Non un giornale, intanto, si degna però di ricordare che le prime vittime del fuoco incendiario sono stati proprio gli attivisti valsusini, coi loro “presidi No-Tav” ripetutamente dati alle fiamme da delinquenti mai identificati.

A tener banco è ancora e sempre la piccola galleria della discordia, cioè l’unica opera (minore e accessoria) finora avviata nell’ambito della maxi-infrastruttura ferroviaria, sempre spacciata per “indispensabile” dall’Italia, mentre la Francia ha appena stabilito che il fascicolo Torino-Lione verrà riesaminato da Parigi solo a partire dal 2030. Dettaglio decisivo, sostiene Gad Lerner: significa che, probabilmente, la super-ferrovia non si farà mai, anche se giornali e televisioni si guardano bene dall’ammetterlo. I grandi media continuano infatti a distinguersi per la loro sostanziale sordità, ignorando gli appelli più autorevoli: 360 tecnici e docenti dell’università italiana hanno bocciato senza appello la Torino-Lione, considerandola un’opera pericolosa per il territorio (ambiente e salute), disastrosa per il debito pubblico italiano (miliardi di euro) e incredibilmente inutile sul piano dei trasporti transalpini. I maggiori esperti italiani sostengono che non c’è alcuna necessità di una nuova linea: l’attuale ferrovia valsusina Torino-Modane è ormai senza treni, anche se il traforo del Fréjus è stato appena ammodernato e ora può accogliere Tir e container caricati sui convogli. Alberto Perino, popolare volto della protesta No-TavProblema: il trasporto merci Italia-Francia è crollato e tutte le stime dicono che si è storicamente esaurito, ridotto a traffico regionale.

Accusato di eccessiva tolleranza nei confronti dell’antagonismo, protagonista di “assedi” notturni al cantiere di Chiomonte, all’indomani del pacco-bomba diretto a Numa il movimento No-Tav prende posizione in modo netto: «E’ un rituale fastidioso che si ripete da anni quello dei pacchi bomba (o bombe-pacco) e delle lettere minatorie contenenti proiettili e polverine varie recapitati qua e là», scrive il movimento in una nota sul sito “NoTav.info”. «E’ ancora più fastidioso perché chi usa questa forma di corrispondenza esplosiva ha come unico risultato il can can mediatico, il far parlare di sé e della presunta vittima, creando ad arte l’ennesima occasione di accostamento tra violenza e dissenso». E  aggiunge: «Questi metodi vigliacchi, che tra l’altro hanno colpito anche molti esponenti No Tav, non ci appartengono, sono totalmente estranei – anzi avversi – alla nostra storia, alla nostra concezione e pratica di resistenza e lotta al sopruso rappresentato dal Tav. Sono carognate di chi vuole semplicemente alimentare la tensione e criminalizzare ad ogni costo il movimento».

Detto questo, i No-Tav contrattaccano a viso aperto: chi oggi accusa la valle di Susa non ha mai fatto piena luce su altri misteriosi attentati, ben più inquietanti perché anche dinamitardi, alcuni dei quali firmati con la fantomatica sigla “Lupi Grigi”. Bombe vere e proprie, che a metà degli anni ’90 agitarono le notti della valle di Susa, prendendo di mira trivelle e ripetitori televisivi e telefonici. La stampa si affrettò a parlare di “eco-terrorismo” e “anarco-insurrezionalismo”, in una caccia alle streghe che si concluse con l’arresto di tre giovani anarchici, due dei quali – Maria Soledad Rosas e Edoardo Massari, “Sole e Baleno” – morirono entrambi in stato di detenzione, lui nel carcere di Torino e lei in una comunità del Gruppo Abele, prima ancora che la giustizia, in sede processuale, avesse il tempo di Soledad Rosas e Edoardo Massari, "Sole e Baleno"chiarire la loro totale estraneità a quegli attentati, che pure erano costati loro le accuse gravissime di banda armata e associazione sovversiva.

«Noi abbiamo buona memoria – scrivono oggi i No-Tav – e senza andare a scomodare gli anni di piombo come fanno i vari Caselli, Fassino e fanfara varia, ci ricordiamo molto bene la stagione degli attentati attribuiti ai “lupi grigi”, che non è di cent’anni fa ma dell’altro ieri, e potrebbe (oggi come allora) non solo non essere attribuita ai No Tav o ai loro “simpatizzanti spontanei o indotti”, ma addirittura ricondotta direttamente a chi – quegli attentati – li avrebbe dovuti, li dovrebbe e li dovrà impedire». I valsusini, dunque, non si fidano: temono che qualsiasi escalation di violenza possa essere manipolata e ricondotta alla perversa logica della “strategia della tensione”. E invitano a rileggere il libro-denuncia dell’anarchico torinese Tobia Imperato, “Le scarpe dei suicidi”, che ricostruisce la vicenda di “Sole e Baleno” considerandola una sostanziale montatura, organizzata a tavolino per criminalizzare in partenza l’opposizione alla linea Tav Torino-Lione.

Dieci anni dopo, la storia valsusina sterzò bruscamente: quella che negli anni ’90 era stata un’avanguardia intellettuale ecologista, impegnata in una durissima opposizione legale contro l’altra grande opera imposta alla valle – l’autostrada del Fréjus, oggi semi-deserta, realizzata tra le polemiche e conclusasi con un’imbarazzante tangentopoli per le mazzette circolate tra appalti e cantieri – divenne dopo il 2000 un movimento popolare di massa, capace di sfidare quelli che riteneva abusi di potere, e di farlo in nome della legge, con in testa i sindaci in fascia tricolore. Così, alla fine del 2005 i valsusini furono protagonisti di una clamorosa rivolta nonviolenta, che costrinse il governo Berlusconi a sospendere la procedura Torino-Lione, poi “addormentata” durante il successivo governo Prodi da ministri come il verde Pecoraro Scanio e il comunista Ferrero. Quattro anni dopo, la vertenza si è riaperta col progetto-bis, una sostanziale fotocopia del primo, al quale il movimento ha risposto con l’occupazione della futura area di cantiere a Chiomonte, quella che oggi – dopo lo sgombero del giugno 2011 – si è trasformata nell’epicentro di uno scontro fortemente simbolico, di Sergio Chiamparinorilevo nazionale, di cui ormai si occupano giornali, magistrati e persino il presidente della Repubblica.

Particolarmente sleale l’atteggiamento della politica: i grandi partiti hanno sempre rifiutato ogni forma di dialogo, trincerandosi dietro il rispetto della legalità impugnato come alibi. Pur di evitare il confronto democratico coi valsusini, si ricorre a qualsiasi mezzo: non essendovi ancora serie avvisaglie di violenza, nel 2010 il sindaco torinese Sergio Chiamparino, ora dirigente di Intesa SanPaolo, arrivò a sostenere che l’opposizione alla Torino-Lione si era semplicemente estinta. La verità è che non molleranno facilmente, dice Alberto Perino, perché il Tav è il bancomat dei partiti. E anche della mafia, aggiunge l’ex magistrato Ferdinando Imposimato, autore di un “libro nero dell’alta velocità” nel quale si indica il ruolo delle cosche nella rete Tav italiana, dove ogni chilometro di ferrovia costa il triplo o il quadruplo rispetto al resto d’Europa. E’ naturale, spiega lo scrittore Massimo Carlotto: le grandi opere sono perfette per riciclare il denaro sporco, e in tempi di crisi la grande liquidità dei clan fa gola alle banche. «Queste grandi opere, per lo più inutili, non potrebbero essere realizzare se non fossero al riparo di un solido intreccio di interessi tra politicafinanza e criminalità».

Eppure, l’esilio mediatico del caso Torino-Lione – in prima pagina solo se corrono notizie di attentati veri o presunti, o se un militante come Luca Abbà rischia la vita precipitando da un traliccio – rappresenta una autentica vergogna nazionale, come riconosce persino un giornalista mainstream come Curzio Maltese. Tra i leader che presidiano la televisione, sono usciti dal coro solo Vendola e il Renzi delle primarie 2012, mentre – dal febbraio scorso – deputati e senatori “5 Stelle” hanno finalmente costretto le autorità a prendere atto che anche la valle di Susa è Italia e che la sua voce va dunque ascoltata, nonostante la scandalosa disinformazione di cui è sistematicamente vittima. Al Fassino che invita i No-Tav a prendere le distanze da intimidazioni e violenze, il movimento risponde di aver sempre «predicato il rispetto per ogni forma di vita», preservando l’incolumità delle persone. Meglio lasciare da parte l’ipocrisia, aggiungono i No-Tav: «Un dirigente del Pd può parlare dei massimi sistemi, ma è meglio che si taccia in materia di coerenza, etica e onestà, dopo lo scandalo che ha portato in carcere Maria Rita Lorenzetti, importante esponente Pd collegata ai massimi Piero Fassinovertici di questo partito, accusata dalla Procura di Firenze di corruzione rispetto ai lavori del Tav in Toscana».

Tra Roma e la valle di Susa, nervo scoperto della grande crisi italiana, è come se ci fosse una sinistra corrispondenza: nella capitale, anziché affrontare di petto il disastro sociale provocato dal rigore europeo, il Pd si rifugia nell’alleanza scivolosa con l’uomo che ha presentato per vent’anni come un mostro, il nemico numero uno della Repubblica; allo stesso modo, anziché sedersi a un tavolo e ascoltare finalmente le ragioni e la sofferenza della protesta, i ministri di turno – non importa se Pd o Pdl – parlano della valle di Susa come di una provincia straniera, una colonia ribelle e colpevole, non degna di far parte della comunità nazionale. Se un merito civile va ascritto al movimento No-Tav, è quello di aver avvertito gli italiani, spiegando loro – con anni di anticipo – in che razza di pasticcio ci saremmo trovati, tutti quanti, il giorno in cui la politica, come ben sintetizza Erri De Luca, si fosse liquefatta e completamente arresa ai signori dell’economia, senza più riconoscere i diritti elementari della cittadinanza democratica. Sordità e rimozione, prima o poi, producono rabbia: e nel tunnel della violenza c’è sempre il rischio di rivedere i peggiori film. Più che i soldati spediti a Chiomonte, servirebbe il coraggio politico della sincerità: se la valle di Susa fosse finalmente ascoltata, così come i tecnici dell’università italiana, tutti sanno che il sortilegio della paura svanirebbe d’incanto, insieme ai peggiori fantasmi del passato e al cinismo dei corvi che continuano imperterriti a speculare sulla crisi, occultando la verità.

 

(Giorgio Cattaneo, “Tav, bombe affari e menzogne”, da “Megachip” del 6 ottobre 2013).

 

No Tav, Stefano Rodotà critica il movimento: “Bruciare camion in Val di Susa mi ricorda la mafia”

Peccato che a Rodotà sia sfuggito un piccolo importantissimo particolare: la mafia brucia i camion per interessi economici; il movimento NO TAV se mai decidesse di sabotare un’azienda lo farebbe per difendere il diritto alla vita, il diritto alla salute di tutti, le finanze dello Stato, l’ambiente, il paesaggio ecc. ecc. non certo per estorcere denaro o per fare quattrini. Qui si tratta di legittima difesa.  Mi sembra che la differenza sia sostanziale.

 Una donna che, nell’atto si essere stuprata, per difendersi, ferisse il suo aggressore, non potrebbe essere paragonata a chi ferisce o uccide qualcuno durante una rapina.

 Il prof. Rodotà dovrebbe ben saperlo. E se parla così solo per difendersi dalle accuse gratuite e vili che gli sono piovute addosso, beh mi ha deluso molto in quanto uomo che credevo integerrimo e tutto d’un pezzo, ma penso che ancora una volta i media abbiano travisato le sue parole.

No Tav, Stefano Rodotà critica il movimento: “Bruciare camion in Val di Susa mi ricorda la mafia” (FOTO)

Ansa  |  Pubblicato: 07/10/2013 21:39 CEST  |  Aggiornato: 07/10/2013 21:50 CEST

No Tav Rodotà

Bruciare i camion in Val di Susa mi ha ricordato quando ero un deputato eletto in Calabria, dove era la mafia a fare certe cose”. Lo ha detto il giurista Stefano Rodotà a Otto e mezzo, su La7. “La democrazia non si fa con la violenza – ha aggiunto – basta ricordare le battaglie di Don Ciotti, o della Fiom, hanno vinto davanti ai tribunali”.

Poi i Draghi di turno ci dicono che è colpa dei salari alti e bassa produttività che non assumono…

Mabro, finisce il gasolio e la produzione si ferma. Azienda sempre più in crisi
• 8 OTTOBRE 2013 • AGGIORNATO ALLE 18:36

di Lorenzo Falconi

GROSSETO – Niente gasolio e quindi macchine spente. E’ ciò che è accaduto alla ex Mabro, oggi Abbigliamento Grosseto, che da venerdì pomeriggio ha mandato in cassa integrazione una parte delle lavoratrici che ancora prestano servizio in azienda. In pratica in alcuni reparti la produzione è proseguita, ma con forti rallentamenti e con ranghi molto ridotti. Circa una trentina le operaie rimaste in fabbrica, nei reparti in cui il lavoro poteva continuare senza utilizzare macchinari a gasolio. Di fatto però, tre giorni persi dal punto di vista produttivo con tanto di ritardi sulla tabella di marcia e un’immagine di sofferenza, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che l’azienda di abbigliamento mette in mostra al cospetto di una crisi profonda che continua a mordere.

C’è chi prova a giustificare l’accaduto con un ritardo sul bonifico, un presunto disguido quindi alla base della mancata consegna del carburante, perché in realtà il gasolio viene fornito al momento effettivo del pagamento, ma in ogni caso risulta strano che un azienda si riduca all’ultimo momento per effettuare un ordine indispensabile. Lo stato di crisi resta di estrema attualità alla ex Mabro, dove domani è attesa la consegna del gasolio con le operaie in cassa integrazione richiamate sul posto di lavoro. Certo è che il futuro appare sempre più nero, mentre il tempo stringe e la data del 4 novembre, giorno in cui scadrà la proroga di due mesi concessa sul concordato in bianco, si avvicina.

http://www.ilgiunco.net/2013/10/08/mabro-finisce-il-gasolio-e-la-produzione-si-ferma-azienda-sempre-piu-in-crisi/


Noi saremmo la civiltà superiore auto eletta ad impartire lezioni di moralità agli altri?

Iran. Dov’è Ahmadinejad?
di Redazione
Pubblichiamo un pensiero dell’autore Maurizio Blondet riguardo Mahmaoud Ahmadinejad, ex presidente iraniano.
Eletto due volte alla presidenza dell’Iran, compiuto il suo secondo mandato, sconfitto alle ultime elezioni, Mahmaoud Ahmadinejad che cosa fa adesso? Ha ripreso
il suo lavoro di professore all’università di Teheran, dove insegna ingegneria.
Eccolo mentre va al lavoro sui mezzi pubblici, come qualunque altro cittadino. Senza auto blu, senza scorta, non disturbato dagli altri passeggeri. Poveramente vestito come al solito.

Naturalmente, l’Iran è una teocrazia demoniaca e irrazionale, non una democrazia come la nostra. Noi abbiamo la più bella Costituzione del mondo. Ma non ricordiamo di alcun politico italiano che, disfatto alle elezioni, torni alla sua vita lavorativa. Nemmeno il professor Mario Monti è tornato alla Bocconi; ma lì forse il problema è che alla Bocconi, una volta che se ne sono liberati, non lo vogliono. Lo stiamo mantenendo noi cittadini, come senatore a vita. A Teheran non sembra esistano cariche di senatori a vita dispensate dalla Guida Suprema. Un popolo incivile.
http://www.ilfarosulmondo.it/wp/?p=26031

Motorshow di Bologna Annullato per Totale Assenza di Case Automobilistiche (La Ripresa nel.. di Fine Anno)

off topic…la locandina che non infastidisce la presidente della Camera…

9 ottobre 2013

 Di FunnyKing

Cari organizzatori del Motor Show la prossima volta provate a Lugano, e piantatela di investire in questo paese fallito.

 Signore e signori eccovi la nuova Italia di Leptas, Sakkomannis ed Alphanos, un luogo di stabilità e ripresa dove uno degli eventi nazionali più importanti e seguiti chiude per totale assenza di case automobilistiche. Ooooops, niente iva sui biglietti, niente iva su panini bevande e pranzetti, niente lavoro per le modelle (dunque niente contributi per i pensionati), niente diritti Siae e niente soldi nei parchimetri del Comune di Bologna.

 Al MotorShow si è deciso di fare al meglio del proprio minimo. Il prossimo anno (forse) si ritenterà, se si sarà più fortunati.

 Evidentemente deve essere un complotto (forse tedesco?), ma anche Italo-Canadese (Marpionne) per spegnere sul nascere la scintilla della speranza che come dice Leptas ormai arde nel cuore produttivo del paese.

 Peraltro il Motor Show è (era…) una notevole piattaforma turistica in grado di attirare fuori stagione migliaia di appassionati da tutto il mondo.

 Beh…. consoliamoci con il manifesto ufficiale.

 1380335            561303773918352 196281843 n1 Motorshow di Bologna Annullato            per Totale Assenza di Case Automobilistiche (La Ripresa            nel.... di Fine Anno)

Però pensandoci bene, se togliamo l’automobile dal cartello… qualcosa di interessante resta. Ecco magari la prossima volta si potrebbe tornare a qualcosa di più ancestrale. E basta con questa industria! Più Pilu e meno automobili.

 A proposito, dove sarebbe finito il mirabolante impegno di Sergio Marpionne, l’uomo che crede nell’Italia. Non pervenuto a quanto pare, si sarà distratto.

 Ecco il comunicato ufficiale dell’organizzatore: No Comment

 Comunicazione Ufficiale

 La trentottesima edizione del Motor Show di Bologna è stata annullata.

La motivazione di GL events, società organizzatrice dell’evento, sta nella totale assenza delle case automobilistiche, fulcro di un salone dell’automobile.

L’assenza del mercato, ci spinge dunque ad annullare l’edizione 2013 del salone, sia per rispetto verso il pubblico del Motor Show, sia per lavorare in modo produttivo e concreto ad eventi futuri che possano contare di nuovo sulla massiccia presenza del settore.

GL events ha investito in modo importante negli ultimi 6 anni per garantire l’unico Salone Italiano dell’Automobile e per dare sostegno al settore auto in un Paese che dal 2007 ha perso oltre il 50% del mercato automobilistico.

GL events si propone di continuare a operare nel nostro Paese ai fini di offrire un evento all’altezza delle aspettative di investitori e del pubblico, che negli anni non ha mai fatto mancare il proprio sostegno.

 

p.s. nel 2012 PanoramaAuto scriveva:

 Sarà pure un edizione “ridotta” quella del Motor Show di Bologna 2012, ma, come ogni anno, non mancano le belle ragazze a popolare gli stand di Bologna Fiere; bionde, more o rosse, le donne accompagnano l’evento come sempre… senza risparmiarsi.

Le ragazze del Motor Show sono un’icona del Salone dell’Auto italiano e noi le abbiamo fotografate per voi anche questa volta… buona visione.

 Che tristezza.

 p.p.s. Post in collaborazione con GPG Imperatrice (Oscura)


Alcatel-Lucent: altri 10mila tagli, via un terzo dei dipendenti italiani

ma quanti posti di lavoro abbiamo da offrire ai choosy italiani….meno male le risorse…..

RISTRUTTURAZIONI
Nel nostro paese l’azienda taglierà 586 posti di lavoro. Previsti 4.100 esuberi in Europa, Medio oriente e Africa entro fine 2015. Si va verso il dimezzamento dei centri direzionali. Domani due ore di sciopero a Vimercate. Il 17 ottobre i sindacati incontrano il Governo. Fabrizio Potetti (Fiom Cgil): “Ci aspettiamo risposte”
di Antonello Salerno

Diecimila posti di lavoro in meno nel mondo entro la fine del 2015. E’ la ricaduta sull’occupazione del nuovo piano che Alcatel-Lucent ha varato per tornare in attivo. L’intenzione di contenere le spese era già emersa a luglio, quando l’azienda franco-statunitense aveva reso pubblica la necessità di ridurre i costi fissi almeno del 15%. Ma le prime avvisaglie risalgono a circa un anno fa, esattamente al novembre 2012, quando gli analisti giudicavano insufficiente il piano di ristrutturazione che era appena stato annunciato. Nel dettaglio, la società prevede di fare a meno di 4.100 posti in Europa, medio oriente e Africa, 3.800 in Asia e 2.100 in America, e di arrivare a dimezzare da fine 2015 il numero dei centri direzionali. Secondo quanto anticipato dai sindacati, che per domani hanno annunciato uno sciopero dalle 10 alle 12 nella sede di Vimercate, per l’Italia sarebbe previsto il taglio di 586 posti di lavoro, pari a poco meno di un terzo della forza lavoro su cui l’azienda può contare in Italia, che è di circa duemila dipendenti.

Alcatel-Lucent prevede inoltre di ottenere risparmi anche da una riallocazione degli investimenti per ricerca e sviluppo, che per l’85% dovranno essere destinate alle tecnologie di nuova generazione, contro il 65% che vi è destinato oggi. Un’altra voce che consentirà di ridurre i costi sarà l’intervento sulle funzioni amministrative, di vendita e supporto.

Focalizzando l’attenzione sulla Francia, Alcatel-Lucent prevede di concentrare la propria attività in due siti: Villarceaux, a Sud di Parigi, che diventerà il principale centro di ricerca e sviluppo di Alcatel-Lucent in Europa, e Lannion, che si specializzerà in banda ultra larga per il mobile e sulle tecnologie per la gestione dei dati.

Oltretutto, le attività di ricerca e sviluppo in Francia si focalizzeranno sulle tecnologie del futuro, come il 4G e le piattaforme IP, con la creazione di un nuovo centro. In più, annuncia l’azienda, la Francia ci concentrerà sulle tecnologie ottiche e si rafforzerà sulla matematica.

“Da quanto si può dedurre dai dettagli emersi finora per la Francia, le riduzioni riguarderanno soprattutto le funzioni di supporto, amministrazione e vendita, mentre nelle nuove aree tecnologiche saranno assunti 200 ingegneri e tecnici – dichiara al Corriere delle Comunicazioni Sylvain Fabre, research director del team di analisti di Gartner – Mi aspetterei un approccio simile anche per tutti gli altri paesi europei, Italia compresa, per quanto non siano ancora disponibili informazioni più precise. Rimane in ogni caso ancora da attendere più dettagli su cosa Alcatel-Lucent voglia dismettere in termini di business”.

Per oggi è previsto a Parigi l’incontro dei vertici dell’azienda con le rappresentanze sindacali a livello comunitario, mentre nelle prossime settimane partiranno i tavoli nazionali per illustrare i cambiamenti previsti caso per caso nei singoli paesi.

“Siamo di fronte a una notizia gravissima – afferma Fabrizio Potetti, coordinatore nazionale Ict per la Fiom Cgil – perché non ci troviamo di fronte soltanto a un taglio dei posti di lavoro, ma a un’azienda che disinveste su settori potenzialmente interessanti. E’ un tentativo disperato di ridurre i costi, che rischia di peggiorare la situazione. Tra l’altro Alcatel-Lucent sta progressivamente abbandonando un settore come quello delle tecnologie ottiche a cui deve una parte importante dei brevetti che detiene in campo internazionale. Il rischio è che questa prospettiva abbia ricadute molto pesanti in Italia, che nel campo delle tecnologie ottiche è un polo d’importanza mondiale. Per questo contrasteremo in tutti i modi la decisione dell’azienda, e mi auguro che il Governo si prenda le proprie responsabilità. Alcatel sta cedendo dei siti importanti nel nostro Paese – conclude Potetti – e il Governo non può limitarsi a prenderne atto. Il prossimo incontro in programma è fissato per il 17 ottobre, e da quel tavolo ci aspettiamo risposte”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA 08 Ottobre 2013
http://www.corrierecomunicazioni.it/it-world/23562_alcatel-lucent-altri-10mila-tagli-via-un-terzo-dei-dipendenti-italiani.htm

 

 

In agosto salvò un bimbo,adesso vive in canile

Bari, Camilla si fece sbranare da tre rott per proteggere gli umani

Nonostante tutti la definiscano l'”eroina” nessuno se la porta a casa

Camilla in          canile

Camilla in canile

 Roma, 5 ottobre 2013 – Chi la chiama Cora, diminutivo di Coraggio, chi Camilla. La situazione non cambia: lei è un cane eroe che ha sacrificato se stessa per salvare un bambino e suo padre. Ma sta in canile e nessuno se la porta a casa, tantomeno la famiglia del ragazzino salvato.

 I fatti risalgono all’agosto  scorso. La zona è quella della provincia di Bari e i fatti sono stati riferiti da molti testimoni oculari, tutti abitanti della zona di Pedale. E’ una mattina calda estiva ed un giovane papà passeggia con il figlio di pochi mesi in braccio. Improvvisamente si trova davanti tre rottwailer non molto mansueti che sono di proprietà di un signore che abita nei pressi.

 Un signore che, si dice, spesso lascia vagare i propri cani come se nulla fosse. I rott, non è chiaro per quale motivo, si avvicinano all’uomo con il bambino con fare minaccioso. Ma, a difesa dell’umano e del piccolo, si mette proprio lei, Cora o Camilla, come la volete chiamare.

 Si para davanti al signore e si fa letteralmente sbranare mentre l’uomo con il bambino riesce a fuggire. Camilla li ha bloccati immolando se stessa. La storia fa il giro della Puglia e dell’Italia. Camilla ci guadagna il ricovero nel canile di Corato dove viene assistita con amore dai volontari e curata con pazienza dai veterinari.

 Non ha lesioni agli organi interni ma è stata, appunto, sbranata e per qualche tempo non c’è la certezza che riuscirà a farcela. Ma poi, piano, piano, inizia a lottare ogni giorno di più e cominciano i miglioramenti. Ora Cora o Camilla, è quasi del tutto guarita e non ha strascichi di questa brutta avventura.

 Peraltro, raccontano molti residenti di zona, non era neanche la prima volta che lei interveniva per bloccare i rott e difendere gli abitanti di quelle parti. Nessuno, però, almeno fino ad oggi, ha deciso di accogliere la cagnolina in casa sua.

 Bella riconoscenza, si può dire. Non la famiglia del bambino salvato, non i tanti testimoni del suo coraggio, nè coloro che la conoscono da tempo perché non si è mai allontanata da quelle parti. Ma nessuno si è fatto avanti con i volontari o con il canile per chiedere di adottarla. Neanche il risalto che alla notizia hanno dato i media locali ha convinto, per prima la famiglia salvata, a pensare di poter portare la piccola a casa.

 Ma lasciamo perdere i commenti e pensiamo a lei che è una cagnolona felice, affettuosa, buonissima e letteralmente innamorata degli umani. Una cagnolona che attende di passare la vita fuori dal canile e dentro l’affetto di una famiglia. Ha circa 4 o 5 anni, è ancora magra per via dei postumi dell’aggressione e ha un carattere meraviglioso.  Sa andare al guinzaglio e va d’accordo anche con gli altri cani.

Questo il video sui fatti girato in agosto:

Questo l’appello  del canile di Corato su facebook:

 Per sapere qualcosa di Camilla: Mirna 3356927661

 Lorenzo Gallitto

 

 

IL PRINCIPALE QUOTIDIANO TEDESCO: ”L’ITALIA E’ SULL’ORLO DELLA BANCAROTTA, E’ UN PAESE SENZA LAVORO E SENZA FUTURO”

la verità ci deve essere scritta dal giornale tedesco. I vigliacchi pennivendoli italioti non possono sbugiardare la ripresa del saccomanni
lunedì 7 ottobre 2013
Berlino – L’Italia e’ un Paese con un grande avvenire dietro le spalle: a fare la dura profezia e’ la ‘Frankfurter Allgemeine Zeitung’ (Faz), che in un articolo a tutta pagina dal titolo “Italia, un Paese senza futuro” elenca al lettore tedesco tutto cio’ che non va nello Stivale, descrivendo casi concreti di giovani senza lavoro e laureati costretti a occupazioni sottoqualificate.

Per la Faz anche il tramonto dell’era berlusconiana non segna “la fine della situazione precaria di un Paese tra i piu’ belli del mondo, ma la conferma di una bancarotta politica ed economica”. Il quotidiano spiega che “a molti italiani luccicano gli occhi quando parlano della Germania”.

“Difficile convincerli che in Germania non c’e’ tutto quel benessere che immaginano”, spiega la Faz, che tuttavia si rallegra del fatto che “a differenza della Grecia, nella teste della gente non ci sono sentimenti antitedeschi”.

Dopo aver lamentato i tanti privilegi mantenuti dalla casta politica a dispetto della crisi, l’articolo conclude: “Adesso la festa e’ finita e sul buffet non e’ rimasto niente, il Paese e’ sull’orlo della bancarotta” (AGI)
http://www.ilnord.it/index.php?id_articolo=1545#.UlLSvW7O744.facebook


Fossano: marocchino 27enne armato di tre coltelli semina il panico e ferisce due giovani ed un carabiniere

è diffusione di cultura…dai sfogati bello che c’è l’indulto ammazza quanto vuoi, a te è concesso per legge altrimenti è razzismo

Serata di terrore per alcuni ragazzi che davanti ad un locale della città hanno incontrato il 27enne: aggrediva tutti coloro che gli capitavano a tiro.

Sono stati momenti di terrore quelli vissuti da alcuni giovani fossanesi nella notte di domenica. A farne le spese sono stati due ignari  giovani fossanesi che si stavano godendo la serata fuori da un locale di ritrovo  anche se il bilancio di una notte di follia di un ragazzo marocchino poteva essere tragico e molto più grave. Infatti a turbare la movida fossanese è stato un giovane extracomunitario  il quale, per motivi non ancora definiti si è armato di tre grossi coltelli e, girando per le vie del centro cittadino di Fossano ha aggredito tutti coloro che gli capitavano a tiro.

Era infatti la mezzanotte di sabato scorso quando, dal buio,  sbuca improvvisamente  F.M., cittadino marocchino di anni 27, già noto alle cronache giudiziarie per reati contro il patrimonio e la persona, il quale, senza motivo, inizia a menare fendenti con due grossi coltellacci che aveva con se  sino a che non riesce a raggiungere un ignaro ragazzo fossanese che stava conversando con altri giovani all’esterno di un locale di Via San Giovanni Bosco. Fortunatamente il ragazzo, avvedutosi all’ultimo della presenza dell’aggressore, riesce a schivare  parzialmente il fendente ed a scappare mentre tra gli altri presenti, circa una cinquantina di giovani  vi è un fuggi – fuggi generale tra grida di paura. L’extracomunitario comunque non demorde e si mette all’inseguimento di chi gli capita a tiro sino a che  riesce a raggiungere una ragazza sedicenne a cui punta uno dei coltelli alla gola. La malcapitata terrorizzata tenta di scappare ma l’aggressore le sferra una coltellata ad un fianco che fortunatamente colpisce la borsa che la ragazza teneva a tracolla provocandole un taglio di circa 15 centimetri nel pellame. La ragazza comunque riesce a sfuggire alla presa ed ad allontanarsi. Nel frattempo, qualcuno avvisava  i Carabinieri che arrivano in breve tempo con sul posto due pattuglie. Subito individuano l’aggressore con ancora in mano i grossi coltelli che  alla vista dei militari scappa. Ne nasce un inseguimento a piedi per le vie del centro cittadino sino a che viene  l’aggressore raggiunto; ne nasce quindi una colluttazione con i militari che a stento riescono a disarmarlo ed ad immobilizzarlo e, questa volta, a rimanere ferito è uno dei carabinieri intervenuti che viene colpito ad una mano.

Portato in caserma l’aggressore è stato tratto in arresto per lesioni aggravate, porto abusivo di arma da taglio e resistenza a pubblico ufficiale. Nel frattempo si è scoperto che su di lui pendeva già un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale.

Il giovane accoltellato è stato invece soccorso dal 118 e medicato al  pronto soccorso dell’ospedale di Savigliano dove gli è stata rilasciata una prognosi di 10 giorni per la ferita riportata.

L’arrestato si trova ora in carcere a Cuneo.
http://www.targatocn.it/leggi-notizia/argomenti/cronaca-1/articolo/fossano-marocchino-27enne-armato-di-tre-coltelli-semina-il-panico-e-ferisce-due-giovani-ed-un-carab.html?utm_source=twitterfeed&utm_medium=facebook#.UlSRgFAvm7k


 

Italcementi: Rsu, anticipata chiusura 3 stabilimenti, venerdi’ sciopero

08 Ottobre 2013 – 18:39
(ASCA) – Milano, 8 ott – Sciopero di 8 ore, venerdi’ prossimo 11 ottobre, in tutti gli stabilimenti del gruppo Italcementi. Lo annunciano i sindacati che puntano il dito contro la decisione del gruppo di anticipare a gennaio 2014 la chiusura delle attivita’ di tre stabilimenti – Scafa (Pe), Monselice (Pd) e Broni (Pv), per un totale di 200 esuberi – e di rivedere altri obiettivi contenuti nel piano di ristrutturazione aziendale e inizialmente previsti per il 2015. ”Che i Lavoratori stiano dando un notevole contributo in questa crisi e’ fuori di dubbio, che si chieda di modificare gli accordi vigenti non e’ possibile”, lamentano una nota le Rsu preannunciando, sempre per venerdi’, una manifestazione davanti alla sede di Italcementi di Bergamo e proclamando lo stato di agitazione. com-fcz/sam/ss
http://www.asca.it/news-Italcementi__Rsu__anticipata_chiusura_3_stabilimenti__venerdi__sciopero-1322623-ECO.html