Avvertenza: questo non è un articolo completamente divulgativo.
1. Introduzione
Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento della domanda di energia nel mondo; le fonti energetiche utilizzate per soddisfarla comportano però problemi di diverso genere: ambientali (tutti le fonti fossili), di sicurezza (la fissione nucleare, con le sue scorie, gli incidenti e i problemi di proliferazione), di efficienza e disponibilità (le fonti solare, eolica o idroelettrica).
Un reattore basato sulla reazione di fusione nucleare – viene normalmente asserito dalla comunità scientifica – prometterebbe di risolvere parte di questi problemi: può essere davvero un’energia pulita sia come emissioni radioattive che dal punto di vista dei rifiuti, sicura anche in caso di gravi incidenti e basata su un combustibile largamente disponibile? Vedremo come questo non sia del tutto vero per gli attuali progetti, ed occorra fare un passo in avanti, senza il quale la ricerca e sviluppo in questa direzione andranno a cozzare – prima o poi – contro problemi analoghi a quelli che hanno causato a livello mondiale il mancato sviluppo della fissione nucleare. Occorre abolire ex principio ogni problema dovuto alla presenza di radioattività: scorie, incidenti, trasporto di materiali nucleari, rilasci di radioattività durante il funzionamento e non. Chi non comprende questo nuovo approccio, è probabilmente ancorato ad una concezione della sicurezza e dell’impatto ambientale che deve essere superata.
La ricerca scientifica sulla fusione nucleare e più specificamente sul suo possibile sfruttamento tecnologico impiega oggi grandi risorse economiche e umane. Tale tematica risulta attualmente di grande interesse per la comunità scientifica internazionale, come dimostrato dai numerosi ed ambiziosi progetti di ricerca ad essa dedicati in varie parti del mondo. In tal senso, anche l’Italia gioca un ruolo, essendo coinvolta in alcuni progetti attraverso sia Enti di ricerca e Università che con la propria industria: principalmente, ma non solo, con il progetto ITER.
Solo ad un previa verifica della compatibilità ambientale di un qualunque reattore, basata sulla assenza di conseguenze dovute a incidenti con rilascio di radioattività, e nessuna produzione di scorie, un ulteriore sviluppo può ritenersi possibile e giustificato. Altrimenti, si tratta soltanto di risorse sottratte allo sviluppo di altre fonti energetiche.
Le reazioni di fusione nucleare compatibili con l’utilizzo in una centrale elettrica sono diverse, ognuna con determinati vantaggi e svantaggi. L’attenzione della ricerca si sta focalizzando soprattutto sulla reazione fra deuterio e trizio (D-T) che presenta i requisiti fisici più accessibili per condurre “presto” al traguardo di un reattore commerciale; questa strada, nonostante sia la più semplice, non è però quella che garantisce i risultati migliori, poiché non eliminerebbe completamente né il problema delle scorie radioattive (costituite principalmente dalle strutture attivate dell’impianto) né quello della proliferazione, essendo il trizio un materiale rilevante dal punto di vista bellico. Si avrebbero problemi di trasporto di scorie. Si avrebbero problemi di rilascio di radioattività, per quanto contenuti.
Vanno studiate altre opzioni.
Una seconda opzione consiste nel far fondere con il deuterio l’isotopo più leggero dell’elio, quello con un solo neutrone (D-3He); la fusione in un plasma così composto (plasmi “avanzati”) richiede il raggiungimento di parametri molto stringenti, con temperature anche cinque volte superiori a quelle necessarie nei plasmi a D-T, ma i vantaggi ottenibili sarebbero notevoli. In primo luogo, i rifiuti radioattivi sarebbero decisamente minori e con un livello di attività e brevi tempi di dimezzamento tali da permetterne la completa declassificazione a rifiuti non radioattivi in breve tempo; nessun trasporto di scorie sarebbe necessario; inoltre il problema della proliferazione sarebbe completamente risolto, essendo impossibile, in reattori di questo tipo, sfruttare la reazione per ottenere nuclidi di interesse bellico. Infine, i plasmi a D-3He possono essere competitivi con quelli a D-T, nonostante il loro ridotto tasso di reazione, grazie alla conversione diretta dell’energia, un metodo grazie al quale sembra possibile trasformare l’energia della fusione direttamente in elettricità, con rendimenti prossimi al 100%.
Ai plasmi avanzati sono associate alcune nuove problematiche di notevole interesse scientifico e modellistico: oltre al raggiungimento dei requisiti fisici necessari per la fusione, e all’approvvigionamento del combustibile, la modellizzazione matematico-fisica di un plasma avanzato richiede tecniche più sofisticate non solo di quelle della trasportistica neutronica nei reattori a fissione, ma anche di quella neutronica e particellare dei plasmi a Deuterio-Trizio, data la particolarità delle temperature, densità e specie particellari da trattare in questo caso, e dell’importanza dei fenomeni di transitorio durante la fase di accensione con innesco D-T, come verrà descritto in seguito.
E’ questo problema teorico-modellistico e computazionale, che comprende diversi aspetti multidisciplinari della fisica matematica applicata al trasporto di particelle e all’energetica, quello che verrà affrontato in questo articolo.
2. Modelli avanzati di trasporto per reattori a fusione nucleare D-3He
Per studiare questo nuovo tipo di reattori occorre procedere – anche – alla derivazione di modelli matematici per ottenere adeguate soluzioni approssimate all’equazione di Boltzmann sia in condizioni stazionarie che transitorie, al fine di indagare i fenomeni di trasporto neutronico e di particelle cariche nei reattori a fusione con plasmi avanzati deuterio-elio-3.
Sostanzialmente è necessario adottare un approccio teorico mirante a mettere a punto modelli analitici volti a risolvere l’equazione di trasporto di particelle con approssimazioni che ne conservino la natura iperbolica e che permettano di determinare alcune grandezze efficaci che caratterizzino le popolazioni particellari soprattutto in condizioni transitorie. Risultano, infatti, non numerose le pubblicazioni che danno conto dell’evoluzione temporale della popolazione particellare nei sistemi a fusione, e ancora più scarse nel campo dei reattori tokamak a plasmi avanzati deuterio-elio-3: la natura pulsata e non steady-state dei plasmi sperimentali nei reattori a fusione avanzata impone invece trattazioni accurate delle fenomenologie verificantisi durante i transitori.
Infatti, la reazione che si realizza in un reattore a D-3He è la seguente:
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Il vantaggio principale della fusione del deuterio con l’elio-3 consiste nella assenza di neutroni fra i prodotti (presenti invece nei plasmi a D e T), che tenderebbero ad attivare le strutture del reattore. Bisogna però notare che in un plasma di deuterio ed elio-3 la fusione fra questi due nuclei non è l’unica che avviene: sono presenti alcune reazioni secondarie. In particolare due nuclei di deuterio possono reagire fra loro secondo le già note reazioni:
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Nel 50% dei casi la reazione è causa di un flusso neutronico dall’energia relativamente limitata, ma comunque dannosa per le strutture; nell’altro 50% dei casi viene prodotto un nucleo di trizio che, oltre ad essere di per sé radioattivo, può reagire con un altro nucleo di deuterio secondo:
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producendo neutroni altamente energetici. La reazione fra due nuclei di 3He non può, invece, avvenire poiché necessita di una temperatura superiore a quella che ha il plasma.
Per raggiungere le elevatissime temperature necessarie al verificarsi delle reazioni di fusione nucleare è ovviamente necessario fornire al reattore una grande energia, e questo deve, per essere conveniente, restituirne una quantità superiore.
Si definisce fattore di guadagno Q il rapporto fra l’energia fornita dal reattore e quella spesa per mantenere quest’ultimo nello stato stazionario. Si può inoltre definire un fattore di guadagno per casi non stazionari Q* – quale quello dei plasmi a D-3He, definito come:
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I reattori sono energeticamente convenienti se il fattore di guadagno è superiore all’unità: questa situazione è detta di pareggio o breakeven. Nella situazione in cui la reazione stessa fornisce energia sufficiente per mantenere il reattore in equilibrio il fattore di guadagno è infinito, poiché non deve essere fornita alcuna energia al reattore: questa condizione è detta di ignizione, ed è quella che si realizza nelle stelle.
L’obiettivo di un reattore a fusione nucleare commerciale deve essere il superamento della condizione di breakeven, senza però raggiungere l’ignizione: infatti, un plasma che non necessita di potenza dall’esterno sarebbe completamente ingovernabile.
Oltre alla temperatura, i più importanti parametri di un plasma sono la sua densità (n) e il tempo di confinamento dell’energia (τe); quest’ultimo è il tempo caratteristico in cui il sistema perde energia (in modo esponenziale), ed è quindi definito come:
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Poiché il plasma perde continuamente energia, la condizione minima per un funzionamento economico del reattore è che l’energia termonucleare prodotta possa supplire a tali perdite. La potenza in uscita dal plasma PT è la somma di quella prodotta dalla reazione termonucleare Pth e quella persa per trasporto o bremsstrahlung PL; supponendo che PT venga trasformata in potenza elettrica e successivamente in potenza di riscaldamento con un rendimento η, la potenza di riscaldamento massima cedibile è ηPT. Il criterio di economicità è quindi:
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(dove E è l’energia fornita da una singola reazione αT1/2 è la radiazione per bremsstrahlung) che è solo funzione della temperatura.
Per un plasma a DT, con η=1/3, la curva tracciata in funzione della temperatura presenta un minimo ad una temperatura di circa 25 keV, cui corrisponde il più basso nτe compatibile con l’economicità del reattore. Il criterio secondo cui:
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è detto criterio di Lawson. È da notare che la curva di Lawson sta sopra alla curva di breakeven: questo vuol dire che l’economicità non coincide con il breakeven (Q=1).
Se, in modo analogo a quanto fatto in precedenza, si impone che non ci sia iniezione di energia dall’esterno, ossia il plasma si autoalimenta, si ottiene il criterio cosiddetto di ignizione; in questo caso:
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Il minimo delle curve considerate è dovuto al fatto che: alle basse temperature la radiazione per bremsstrahlung è superiore all’energia prodotta dalla reazione di fusione, ancora bassa; alle alte temperature le perdite di energia salgono più rapidamente di quanto faccia l’energia prodotta, visto che la sezione d’urto <συ> presenta un massimo e poi scende. Questo fatto rende un reattore a fusione nucleare particolarmente stabile poiché un innalzamento della temperatura fa incrementare le perdite di trasporto, e quindi causa lo spegnimento della reazione.
Il riscaldamento del plasma alle temperature necessarie affinché la reazione di fusione abbia luogo è uno dei problemi maggiori, soprattutto per quanto riguarda i plasmi avanzati che richiedono temperature molto elevate, fino a cinque volte quella prima evidenziata per il D-T.
Il riscaldamento per effetto Joule è un buon punto di partenza, ma poiché la sua efficienza scende con T-3/2, non può essere la soluzione per raggiungere il punto di accensione. Le alternative applicabili per coadiuvare il riscaldamento ohmico possono essere riassunte in: iniezione di particelle neutre, riscaldamento a radiofrequenze (RF) o riscaldamento mediante particelle alfa.
Quest’ultimo è quello dovuto agli urti dei nuclei di 4He provenienti dalle reazioni di fusione dei plasmi a D-T e D-3He; ed è proprio su tale meccanismo che si basa l’idea di raggiungere la fusione del D-3He mediante l’innesco a D-T (“fiammifero di Coppi” dal nome di Bruno Coppi, lo scienziato del MIT che ha ideato la procedura, e con il quale l’autore collabora dal 2005 come “research affiliate” al MIT. Massachussetts Institute of Technology)
Per quanto riguarda la messa a punto di uno strumento numerico di supporto alla ricerca considerata, si rileva come tale attività risulti fondamentale visto il crescente bisogno di dettagliate e precise analisi sulle distribuzioni particellari e neutroniche ad alta risoluzione spaziale su sempre più complesse geometrie tridimensionali, specialmente durante la fase transitoria di accensione sopra descritta. Data la complessità di tale ambito di ricerca l’approccio usuale a tali problemi è di tipo teorico e prevede tecniche numeriche basate sul metodo Monte Carlo. L’onere, in termini di tempo di calcolo, di tali analisi numeriche impone la ricerca di metodi di riduzione della varianza onde aumentare l’efficienza computazionale di tali analisi, nonostante l’incessante sviluppo delle risorse hardware e il miglioramento continuo degli algoritmi per il calcolo parallelo. Ciò che ci si propone è di studiare un cosiddetto metodo “globale” di riduzione della varianza, ossia una tecnica che permetta un trasporto di particelle efficiente, al fine di consentire il calcolo delle grandezze sotto indagine con la dovuta precisione in tutto il dominio spaziale di riferimento. Naturalmente, un tale strumento numerico può essere efficacemente utilizzato anche per le analisi stazionarie di routine tipicamente volte alla valutazione di quelle grandezze necessarie per la progettazione dei componenti dei reattori a fusione, quali la deposizione di potenza, il danneggiamento da radiazione nei materiali e l’inventario di prodotti di attivazione per conseguenti valutazioni dosimetriche.
Si osserva che, sebbene ci si inquadri nell’ambito di ricerca sullo sfruttamento tecnologico della fusione nucleare, i risultati che ci si prefigge risultano poco esplorati allo stato attuale delle ricerca nell’ambito: allo stato attuale, la modellistica per i reattori a fusione a plasmi avanzati è sempre stata costituita da generalizzazioni di quella utilizzata per i reattori a plasmi convenzionali deuterio-trizio, che – come si è visto – possono risultare insufficienti data la particolarità delle temperature, densità e specie particellari da trattare in questo caso, e dell’importanza dei fenomeni di transitorio durante la fase di accensione con innesco D-T.
3. Applicazione
Fin dagli anni ’80 sono stati proposti esperimenti che permettano a un plasma di D-3He di raggiungere le condizioni di fusione. Sulla base delle tecnologie sviluppate per il tokamak compatto ad alto campo magnetico Ignitor è stato proposto un esperimento basato su un plasma a D-3He, ad alto campo magnetico, più grande e potente rispetto a Ignitor: Candor, che secondo gli studi di fattibilità dovrebbe essere in grado di raggiungere le condizioni di fusione per un plasma a D-3He sulla base delle esistenti tecnologie e conoscenze.
I parametri di riferimento sono:
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Questi parametri dovrebbero consentire alla parte centrale del plasma di operare nella seconda regione di stabilità, ovvero in quel regime di funzionamento corrispondente alla seconda soluzione dell’equazione differenziale descrivente l’equilibrio di un plasma ignito. Nel primo regime, evidentemente, è possibile ottenere modi di funzionamento più stabili e collaudati, mentre la seconda regione di stabilità, pur non essendo fino ad ora stata ottenuta per alcun plasma reale, può essere più facilmente raggiunta in caso di macchine compatte ad alto campo e triangolarità intorno allo 0,35, configurazione nella quale le proprietà di contenimento e stabilità sono tali da permettere l’accesso a questo ulteriore regime.
La fase finale della ricerca consiste nell’applicazione della modellistica messa a punto all’analisi del progetto Candor e alla sua proposta a livello di comunità scientifica, quale credibile prima macchina sperimentale a fusione realmente “pulita”.
4. Interdisciplinarietà e verifica di compatibilità ambientale
Una centrale a fusione costituisce un sistema complesso, in cui le diverse parti e aspetti sono legati tra loro da leggi complesse. Abbiamo prima di tutto il plasma, in cui le teorie caotiche devono essere applicate per prevedere il comportamento delle particelle, con temperature di milioni di gradi. Poi ci sono i magneti, in cui le temperature sono criogeniche e i campi magnetici sono governati da relazioni complesse. Fra plasma e magnetici, in un reattore a fusione avanzata, non abbiamo il mantello, ma soltanto la prima parete e il vessel.
Un approccio multidisciplinare è un punto chiave di questo studio: diverse discipline sono coinvolte: la fisica dei reattori a fusione, la teoria dei modelli matematici avanzati per la risoluzione dell’equazione del trasporto, le tecniche numerico-computazionali per la messa a punto di uno strumento numerico efficiente basato sul metodo Monte Carlo mediante l’affinamento di particolari metodi “globali” di riduzione della varianza, la scienza dei materiali, etc.
Il reattore a fusione avanzata potrà trovare sviluppo nel campo degli studi sulla sicurezza dei reattori nucleari a fusione e sulla questione dei rifiuti radioattivi per la fusione, proponendo il ciclo del combustibile DHe3 come una possibile soluzione. Soluzioni innovative in questi settori potrebbero essere un chiaro vantaggio della fusione rispetto alla fissione, in vista della sua accettazione a livello di pubblica opinione.
Per quanto riguarda i rifiuti radioattivi, la clearance (cioè, la declassificazione dei materiali a “non radioattivi”) di tutti i componenti del reattore, dopo un sufficiente periodo di decadimento intermedio, dovrebbe essere l’obiettivo finale di un reattore ambientalmente accettabile.
La dimostrazione della “sicurezza passiva” del reattore sarebbe anche necessaria: questo concetto può essere tradotto come dosi trascurabili, ordini di grandezza rispetto a quelle ritenute oggi “sicure”, alla popolazione anche in caso dei peggiori incidenti ipotizzabili con rilascio ambientale radioattivo.
Anche se fattibili in teoria, questi obiettivi saranno difficili da ottenere per i reattori a fusione con il ciclo del combustibile deuterio-trizio. Come ulteriore passo verso le opzioni di sicurezza passiva e rifiuti zero, le caratteristiche dei reattori a fusione basati sui cicli avanzati del combustibile appaiono ideali.
Solo ad un previa verifica della compatibilità ambientale dei reattori a fusione avanzata, basata sulla assenza di conseguenze dovute a incidenti con rilascio di radioattività, e nessuna produzione di scorie, un ulteriore sviluppo può ritenersi possibile.
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