Strangolare economia e finanza russa. Se non basta, procedere oltre

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Un Dottor Stranamore della finanza propone: più NATO, più fracking in Europa, più sanzioni per strangolare la Russia [Giulietto Chiesa]

 

Redazione
martedì 2 settembre 2014 22:53
di Giulietto Chiesa.
L’autore di questi concetti è un professore americano, che è parte delboard dei consiglieri internazionali della Scuola Economica di Kiev. Il suo nome è inessenziale. Lo chiamerò Dottor Stranamore perché rappresenta bene la strategia, la tattica, le intenzioni dei gruppineocon americani e di una parte importante di quelli europei.
Per la precisione, si chiama Paul Roderick Gregory e l’articolo è apparso su Forbes. E’ importante tenerne conto, poiché dice cose essenziali. Che sono pensate perdistruggere il nemico prima ancora che cominci la guerra. Ma, se non riescono nell’intento, già prevedono la guerra. Le offro al ragionamento di chi legge poiché siamo di fronte a un progetto che è molto più importante di una profezia. Ed è la voce di chi conta più di Obama.
Per questo comincio con la lunga citazione della conclusione del saggio, che sintetizza quello che – salvo modifiche di percorso imposte dalle circostanze – noi saremo costretti a vedere e vivere nel corso dei prossimi mesi.
«Invece di sanzioni più immediate – scrive il dottor Stranamore, che lavora a Kiev per conto dell’Occidente che lo paga – l’Europa e gli Stati Uniti devono orientarsi verso un’assistenza militare, letale, diretta contro l’invasione russa (perché chiamarla in altro modo?); riesumare le installazioni della Iniziativa di Difesa Strategica in Polonia e in Repubblica Ceca, non come una punizione ma come una precauzione; rinvigorire la NATO, includendovi lo stazionamento di truppe nei paesi NATO che confinano con la Russia. Obama deve approvare l’oleodotto Keystone e aprire più territori federali alle prospezioni petrolifere, approvare i terminali per l’esportazione di gas liquido, eliminare le restrizioni all’esportazione di petrolio, promuovere il fracking in Europa. Obama deve condurre l’Europa, trascinandola per il naso, a una politica energetica collettiva e organica. Se gli Stati Uniti non guidano, nessuno guiderà. Noi abbiamo una opzione nucleare di cui pochi parlano: cacciare via le istituzioni finanziarie russe dal sistema SWIFT [Society for Worlwide Interbank Financial Telecomunications, il centro – sotto controllo diretto USA – attraverso cui passano e vengono registrate tutte le transazioni bancarie della globalizzazione americana ndr] e guardarle mentre crollano.

Un collega ama ricordarmi che la sanzioni finanziarie sono oggi l’equivalente della diplomazia delle cannoniere del secolo XIX. Gli Stati Uniti hanno le cannoniere grazie al sistema del dollaro».

 Ecco detto, anche se non ancora del tutto fatto. Questo è, senza dubbio alcuno, il piano d’attacco. Resta solo da vedere se funzionerà. Ma si vede che non è campato in aria. Washington ha armi di pressione molto potenti. Essere entrati nella globalizzazione americana significa essersi messi un cappio al collo che, ora, può essere stretto a piacimento dal suo padrone.
Va detto che nell’analisi di Forbes ci sono tutti i punti deboli di Mosca, mentre gli USA e l’Europa sono presentati come in stato di euforica tranquillità. Sappiamo che non è così. Tuttavia a Wall Street e alla City of London ci credono. Dunque dobbiamo assumere che si comporteranno di conseguenza, anche perché sappiamo che lo show-down ucraino è stato creato da loro.
Questo è ormai molto chiaro a Vladimir Putin e al suo più stretto entourage. Ma a Mosca è pieno di gente, nei posti di comando, che ragiona nello stesso modo del Dottor Stranamore. Dunque questo è un momento cruciale per Putin e per la Russia. E’ il momento in cui si deve capire cosa ha significato il passaggio al capitalismo americano realizzato da Boris Eltsin e Egor Gaidar: diventare ostaggi del mercato globale. E, quando è sorto il problema di difendere la propria nazione e i propri interessi, di scoprire che la propria libertà era stata comprata, per giunta per pochi copechi.
Su che basi si fonda il piano USA? La Russia ha un mercato di capitali esiguo. In questi anni circa la metà di quello che le serviva lo prendeva dall’estero. Se la si espelle dal mercato dei capitali, americano, giapponese, europeo, la si costringerà a fare appello a paesi che non sono stati assoggettati a sanzioni. In primo luogo alla Cina. Che ci riesca o meno è da vedere, ma, per intanto, le si renderà impossibile rifinanziare i debiti che scadono, stabilizzare il rublo, evitare il collasso degl’investimenti. Il primo passo obbligato sarà di intaccare le sue riserve in valuta; il secondo sarà di intaccare i fondi di riserva che Putin ha accumulato in questi ultimi anni, evidentemente in previsione di questi sviluppi.
Vediamo i dati di Forbes. Un rapporto della Reuters del 7 agosto, centrato sullo stato del debito russo, dice che nel 2013 il debito russo era a 47,2 mlrd $. Dall’inizio della guerra in Ucraina Mosca ha firmato contratti per prestiti di soli 1,5 mlrd $. Bloomberg il 3 agosto scorso scriveva che «non un solo dollaro, euro, o yen è stato prestato a compagnie russe nel mese di luglio». Si aggiunga che, in queste condizioni, anche il costo del debito aumenta. Standard & Poor’s ha fatto il suo dovere, portando il 25 aprile scorso il valore del debito russo solo un punto al di sopra dei titoli spazzatura. Ciò ha costretto il Ministero delle Finanze russo a sospendere le aste delle emissioni di bond che aveva in programma.
I dati aggregati ufficiali dicono che alla vigilia di Euromaidan le imprese russe e le banche avevano un debito estero complessivo di 653 mlrd $ e un debito verso i risparmiatori russi di 650 mlrd $. Ma il 24% del debito estero va a maturazione quest’anno, cioè sono 15,9 mlrd $. L’anno prossimo sarà lo stesso per 16,2 mlrd $.
Le sanzioni servono per impedire alla Russia di pagare il debito o, come minimo, per infliggerle danni strategici rilevanti. È vero che le riserve valutarie russe sono di 468 mlrd $ e che il Ministero delle Finanze ha fondi di riserva per 173 mlrd $, ma in queste condizioni si pensa che Mosca sarà costretta a ridurre le riserve valutarie del 22%.
Certo è sempre possibile (ma a Washington lo considerano remoto) che “qualcun altro” – leggi sempre la Cina e i paesi del BRICS – tenti di aggirare i divieti degli Stati Uniti. Ma (vedi SWIFT e altri strumenti di controllo, come la NSA) sarebbero facilmente individuabili e velocemente puniti.
E c’è la fuga di capitali su cui Putin sembra al momento impotente. La Banca Centrale Russa (BCR) afferma che nel primo trimestre 2014 sono usciti “solo” 51 mlrd $, che vorrebbe dire, in un anno, più di 100 miliardi $. Vero o falso? Non si sa, ma la Banca Centrale Europea (BCE) afferma invece che nel solo primo trimestre di quest’anno la fuga è stata di 221 mlrd $. Sono da attendersi drastiche misure amministrative contro chi esporterà capitali illegalmente, ma l’esperienza occidentale dice che con questi metodi non si ferma l’emorragia. I russi si fidano di un’unica banca, la Sberbank (che vuol dire Cassa di Risparmio). Ed è questo il motivo per cui Sberbank è stata subito messa all’indice delle sanzioni. La BCR ha alzato il tasso d’interesse sui depositi al 10,2%, ma è ancora da vedere se sia sufficiente a trattenere i capitali in Russia.
Comunque, secondo questi calcoli, Washington è certa che Putin non potrà mantenere il livello di investimenti attuale anche se riuscisse a rifinanziare il debito. Gli investimenti esteri diretti sono già collassati da 80 mlrd $ del 2013 ai 41 mlrd $ di quest’anno. I calcoli occidentali prevedono una riduzione secca degl’investimenti del 30/50% nel 2014-2015. Il tutto dovrebbe portare, nelle loro speranze , a un crollo del PIL russo attorno al 6-10%.
Manca ancora un tassello. Metà delle entrate dello Stato russo derivano da petrolio e gas. Da esse dipende la tenuta economica (e sociale) del paese. E – si progetta a Washington – anche quella di Putin. Dunque si è deciso di colpire anche e soprattutto qui. L’ideale sarebbe ripetere il giochetto con cui fu affondata l’URSS di Gorbaciov: cioè far scendere bruscamente il prezzo dell’energia. Questa è la scommessa meno sicura da vincere rispetto alle precedenti. Infatti la tendenza è a un aumento dei prezzi sui quali Putin e la Russia possono contare nei prossimi anni. Non resta allora che tagliare la testa al toro: impedire alla Russia di vendere il suo prodotto. La crisi Ucraina – costruita dagli Stati Uniti e appoggiata da una parte dell’Europa – è esattamente l’attuazione di questa parte del piano:prendere in mano il rubinetto del gas russo, a spese dell’Ucraina e dell’Europa, e chiuderlo. Il costo per la Russia è già stato calcolato: circa 100 miliardi di $ all’anno. Non a caso Obama è venuto per ben due volte in poco più d’un mese in Europa a vendere il suo shale gas in sostituzione di quello russo. Il problema è che Obama questo gas non ce l’ha ancora, e forse non lo avrà mai, perché ha tutta l’aria di una meteora.
Ma intanto il danno può essere inferto agli europei che ci hanno creduto e ci credono. E questo costringerà la Russia a rivolgere i suoi gasdotti a est. La Cina, assetata di energia ha già risposto e negli ultimi giorni di agosto il nuovo sistema gasifero verso est è stato avviato con un investimento cinese di 50 miliardi di dollari, che verranno sborsati come pagamento anticipato del gas che verrà. Dunque Putin avanza di un passo senza impiegare capitali. Ma i primi metri cubi passeranno in quei tubi solo tra quattro anni. Certo Obama sa che di acquirenti del gas e del petrolio russo ce n’è molti.
Bisognerà dunque intimidirli, ricattarli, punirli se insistono, così come si sta cercando di fare con i prestatori di capitali troppo capricciosi. Purtroppo per Washington non tutti sono ricattabili. La Cina non lo è ed è l’acquirente maggiore di tutti gli altri messi insieme.
Dunque, tirando le somme. Questo è un piano di guerra, ideato negli Stati Uniti e avviato dagli Stati Uniti. Le armi previste stanno facendo male, molto male, alla Russia. Alcune sono imparabili e altre sono parzialmente parabili. In ogni caso la partita è aperta. L’America è pronta a andare anche oltre. Sebbene una cosa non sia stata calcolata bene a Washington: la popolarità di Putin cresce invece che diminuire. I russi si sono “svegliati”. A partire dalla Crimea. E la sveglia, fortissima, si è trasferita nel Donbass e in tutta la Russia. Questo potrebbe essere l’errore più grosso. Forse perché queste cose non si misurano con il metro di Standard & Poor’s.
Ma c’è ancora una notazione da fare. Ci riguarda. Questa “politica delle cannoniere” è applicabile verso chiunque. L’America è in crisi e non è disposta a pagare nulla. Domani, con gli stessi mezzi, potrebbe colpire chiunque. Putin sta difendendo la sovranità russa. Quando saremo diventati più furbi capiremo che la nostra sovranitàci è già stata sottratta, mentre applaudivamo ai nazisti che prendevano il potere a Euromaidan.

No Tav, sabato passeggiata notturna al cantiere di Chiomonte

Una delle «passeggiate» contro l’Alta Velocità in Valsusa
 01/09/2014
VENAUS

Si apre oggi pomeriggio, al presidio di Venaus, il «campeggio studentesco» promosso in Valle di Susa dal movimento No Tav. A dare il via alle iniziative in programma fino a domenica prossima, sarà un’assemblea. Per tutta la settimana sono in calendario incontri, presentazioni di libri e proiezioni di video, un torno di rugby, concerti e «iniziative di lotta». Domani volantinaggio al mercato di Susa, la città della Valle dove è prevista la costruzione della stazione internazionale della nuova ferrovia Torino-Lione. Sabato sera «passeggiata notturna» al cantiere di Chiomonte dove si sta scavando il tunnel esplorativo della Tav.

Ciao Chucky, i ribelli non muoiono mai!

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/12617-ciao-chucky-i-ribelli-non-muoiono-mai

infoaut 3.0

Martedì 02 Settembre 2014 12:22

Chucky Vecchiolla, imputato per i fatti del 15 ottobre 2011 a Roma, ieri sera ha decico di lasciarci.  Ha deciso di spezzare le catene della repressione per volare libero.

Chucky era un compagno, un ragazzo fragile, che quel 15 ottobre aveva sulla propria pelle l’ inquietudine di una vita di precarietà ed esclusione che un potere bastardo ha deciso che di relegare intere generazioni. Eravamo tutti in piazza il 15 ottobre, complici e solidali.  In questi mesi abbiamo sentito tante volte Chucky, ha scritto riflessioni per l’osservatorio sulla repressione… ma un uomo libero non ama le catene… per questo Chucky è una “vittima di Stato”, di uno Stato che ci ha dichiarato guerra… dobbiamo resistere, anche Chucky, per liberarci tutti dalle catene della repressione. Ciao Chucky vola libero, come noi ti giuriamo che questo potere sporco odioso e brutto un giorno lo batteremo, e quel giorno sarà inesorabile e tu sarai con noi!

Il RICORDO DI CHUCKY DA PARTE DI DAVIDE ROSCI

Il sequestro di stato che perdura ormai da quasi mille giorni mi impedisce di dargli l’ultimo saluto e pertanto con questa lettera affido il mio pensiero a Leonardo Vecchiolla detto Chucky che ieri, lunedì 1° settembre 2014, ha deciso di abbandonare questa infame vita terrena per un mondo che speriamo tutti sia veramente migliore e giusto.

Con le lacrime agli occhi mando il mio più profondo sentimento di vicinanza umana ai famigliari di Leonardo e in particolar modo alla sua creatura di soli tre anni che da oggi, purtroppo, non avrà più un padre.

Sono tante le sensazioni che attraversano il mio corpo e la collera mi assale. Grido, con la voce che mai nessuna galera potrà soffocare, la mia rabbia contro un sistema fascista che in modo diretto è responsabile della morte di Leonardo. Hanno con accuse infondate e senza uno straccio di prove sbattuto, nei giorni seguenti gli scontri di Roma del 15 ottobre 2011, Leonardo in galera segnando per sempre la sua vita.

So cosa significhi essere accusato ingiustamente e per di più per reati che non dovrebbero neanche esistere nel nostro ordinamento giuridico perché figli del Fascismo, ho vissuto anche io una carcerazione inumana e conosco, e non mi vergogno a dirlo, quei pensieri che hanno portato Leonardo a compiere quel gesto estremo.

Oggi è il giorno del dolore e che le lacrime solchino pure il nostro viso, ma da domani ricordiamoci di onorare Chucky tornando a lottare attivamente contro tutte quelle ingiustizie per le quali lui combatteva in prima linea. Lo dobbiamo a Chucky ed a anche a noi stessi.

Che la terra ti sia lieve Compagno Chucky, per te continueremo a resistere.

Davide Rosci – detenuto politico per gli scontri di  Roma del 15 Ottobre 2011

Medicina democratica, comunicato stampa

E’ imminente a Roma davanti al Consiglio di Stato l’udienza di merito del ricorso contro il deposito ex Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), ricorso mirato a creare un precedente giuridico valido per tutti i siti già nucleari, altrimenti destinati a eterni depositi di se stessi.

E’ imminente a Roma davanti al Consiglio di Stato l’udienza di merito del ricorso contro il deposito ex Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), ricorso mirato a creare un precedente giuridico valido per tutti i siti già nucleari, altrimenti destinati a eterni depositi di se stessi. A questo ricorso pilota ancora oggi attribuiamo la valenza nazionale di affermare la rivendicazione di un ultrasicuro deposito unico italiano, quanto l’attribuimmo -prima del referendum 2011- di stop alla strategia nuclearista del governo Berlusconi.

Con la complicità di maggioranze e opposizioni, con l’assenso del Comune di Bosco Marengo (Angela Lamborizio), della Provincia di Alessandria (Paolo Filippi) e della Regione Piemonte (Ugo Cavallera) , il Ministero dello Sviluppo Economico aveva emesso un decreto che avrebbe autorizzato la demolizione dell’impianto di fabbricazione di combustibili nucleari di Bosco Marengo e la conseguente costituzione di un deposito di rifiuti radioattivi: definito “temporaneo” fino al 2020 secondo la criminale ipocrisia della Regione ma a tempo indeterminato secondo Sogin, sapendo che i tempi di decadimento radioattivo variano rispettivamente nell’ordine di alcune decine di anni (rifiuti di prima categoria), di alcune centinaia di anni (seconda categoria), di alcune migliaia di anni e oltre (terza categoria). Insomma, tombare centinaia di fusti radioattivi vecchi e nuovi sotto un capannone vulnerabilissimo da attentati, collisioni di aerei e meteoriti, incidenti, incendi, alluvioni, terremoti, in un sito assolutamente inidoneo neppure per uno stoccaggio temporaneo: sia per le condizioni antropiche del territorio (densità popolazione) sia per le caratteristiche geomorfologiche del terreno (sismico, con falde), come dimostrerebbero agevolmente le (omesse) indagini geotecniche e il (mancato) assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale VIA. Per impedire la scellerata operazione, per bonificare a prato verde Bosco e denuclearizzare Alessandria, chiedemmo l’intervento della Procura, promuovemmo una entusiasmante capillare sottoscrizione popolare e con l’aiuto di Beppe Grillo presentammo ricorsi al TAR Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte e al Consiglio di Stato contro il Ministero e l’ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, e nei confronti della SOGIN Società Gestione Impianti Nucleari SpA (ex Fabbricazioni Nucleari), per l’annullamento, previa sospensione, del decreto suddetto, eventualmente previa rimessione alla Corte Costituzionale.

Attualmente il capannone nucleare di Bosco Marengo in piena Fraschetta, tra i comuni di Bosco, Pozzolo Formigaro e Alessandria può essere oggetto di catastrofe senza che nessuno di questi Comuni, né altri vicini (Novi Ligure, Frugarolo ecc.) abbia provveduto ad informare i cittadini sui piani di emergenza nucleare, e malgrado avessimo inviato formale diffida. In più, le scorie nucleari vanno in giro per l’Italia e da Caorso dirette in Francia su camion o treno passano nottetempo per Alessandria. Parte di quelle di Bosco vanno e ritornano dall’estero o dalla Casaccia (Roma). Nel mentre, il Comune di Bosco riceve dallo Stato migliaia di euro come “compensazioni” per il pericolo radioattivo (e beffardamente il Comune di Alessandria non ricava nemmeno un euro mentre sono proprio i sobborghi di Mandrogne, Litta Parodi, Cascinagrossa ecc. ad essere i più vicini al deposito). Questi soldi, i 40 denari di Lamborizio e Cavallera, non vengono neppure spesi per iniziative sanitarie e ambientali, in primo logo per le indagini epidemiologiche.

Ebbene, nel suo piccolo Medicina democratica annuncia che, con il contributo della sottoscrizione, promuoverà una indagine epidemiologica sui lavoratori dell’ex Fabbricazioni Nucleari e sui cittadini di Bosco Marengo e paesi limitrofi. Più in grande, inoltre siamo ottimisti che a breve sarà annunciata una indagine epidemiologica completa per tutta la Fraschetta, da Alessandria a Tortona a Novi.

C’è un’opera in Italia che “ce l’ha chiesta l’Europa“.

I blog de IlFattoQuotidiano.it
Fabio Balocco
Ambientalista e avvocato
Cantiere di Chiomonte

C’è un’opera in Italia che se andate a fondo poi vedete che non ce l’ha chiesta l’Europa.

C’è un’opera in Italia che se guardate la storia scoprite che l’hanno voluta persone come Romano ProdiUmberto Agnelli, e compagnia cantante.

C’è un’opera in Italia che avrebbe dovuto trasportare passeggeri.

C’è un’opera in Italia che visto che il trasporto passeggeri non la giustificava, ci si è inventati il trasporto merci.

C’è un’opera in Italia che avrebbe dovuto essere iniziata solo quando la linea ferroviaria esistente fosse stata satura in rapporto al trasporto merci.

C’è un’opera in Italia che viene realizzata con la linea ferroviaria esistente che è utilizzata per 1/3 rispetto alle sue potenzialità (dati RFI) riguardo al trasporto merci.

C’è un’opera in Italia che viene realizzata nonostante che non si faccia nulla per trasferire il traffico merci dalla strada alla rotaia. Anzi.

C’è un’opera in Italia che per realizzarla hanno creato un apposito sito strategico.

C’è un’opera in Italia che per realizzarla hanno chiamato l’esercito.

C’è un’opera in Italia che ti viene il magone a vedere come hanno distrutto il territorio già solo per iniziarla.

C’è un’opera in Italia che dato che ti viene il magone ad avvicinarti al cantiere, è meglio fotografarla da lontano.

C’è un’opera in Italia tutti sanno che è inutile eppure si fa lo stesso.

C’è un’opera in Italia che chiamano “di pubblica utilità”, ma di pubblica utilità non ha nulla.

C’è un’opera in Italia che prosciugherà le tasche degli italiani: Si Tav e No Tav.

L’ingresso strisciante americano in Siria si impiccherà in Ucraina.

BY FEDERICO PIER on AGOSTO 28, 2014 • ( 0 )

By Tony Cartalucci

Global Research, 28 agosto, 2014

New Eastern Outlook

Gli Stati Uniti hanno dichiarato che inizieranno voli di ricognizione sulla Siria – un tentativo, un primo passo verso un intervento militare diretto nel paese in cui è in corso dal 2011 un tentativo di rovesciare il governo siriano. Nel frattempo gli Stati Uniti stanno usando lo Stato islamico in Siria e in Iraq (ISIS) come pretesto per effettuare queste intrusioni in territorio siriano. ISIS è una creatura statunitense come altri fronti militanti estremisti che si trovano in mezzo a un tentativo Americano, documentato, di riordinare l’intero Medio Oriente.

 Ciò che ci aspetta è un’espansione incrementale di interventismo militare in Siria orientale, che includerà un ulteriore inserimento e finanziamento delle reti  di molti terroristi che stanno violando i confini della Siria. Infine, nelle eventuali operazioni militari, verrebbe colpito l’esercito della Siria stessa dagli USA.

 La giustificazione degli Stati Uniti ‘per intervenire direttamente in Siria però, mina ulteriormente le “norme internazionali” e apre la porta per le altre nazioni. E’ minaccioso utilizzare mezzi più diretti per affrontare la propria agenda di aggressione militare globale, tra cui il confine della Russia con l’Ucraina.

 Slegando le mani della Russia

 Nel rapporto della CNN, ” Obama autorizza voli di ricognizione sulla Siria, il funzionario degli Stati Uniti dice ,” si legge:

 In una discussione sul fatto che gli Stati Uniti, per colpire militarmente, avrebbe bisogno dell’approvazione del governo siriano in Siria, l’addetto stampa della Casa Bianca Josh Earnest si è riferito all’assassinio di Osama bin Laden in Pakistan nel maggio 2011.

 “Il presidente ha già dimostrato la volontà, se necessaria, per proteggere il popolo americano, ha dimostrato la volontà di usare la forza militare per proteggere il popolo americano, a prescindere dalle frontiere,” Earnest ha detto Lunedi.

 Esercitando politica “a prescindere dalle frontiere,” gli Stati Uniti hanno appena impiccato politicamente i loro sforzi per proteggere il regime appena installato a Kiev, Ucraina, e impedire alla Russia di intervenire contro ciò che sono letteralmente battaglioni di militanti neo-nazisti che operano lungo il confine della Russia con Ucraina. La Russia ha tutto il dritto di citare il diritto di “proteggere il popolo russo” che risuona più che legittima come affermazione considerando oltretutto la vicinanza dell’Ucraina al territorio russo. Se paragonata alle affermazioni americane, in cui una regione dall’altra parte del pianeta, dove uno dei suoi cittadini ha scelto volontariamente di mettersi in pericolo in modo da coprire un conflitto armato in corso, in qualche modo richiede  l’intervento militare statunitense e lo ritiene legittimo.

 ISIS è una mostruosità Americana

 Quello che forse è l’aspetto più preoccupante di tutti i tentativi americani di iniziare un intervento militare in Siria orientale utilizzando ISIS come pretesto, è il fatto che essa e i suoi alleati regionali tra cui la Turchia, l’Arabia Saudita e il Qatar, abbiano creato ISIS in primo luogo e o abbiano utilizzato come forza mercenaria delegata allo scopo di rovesciare il governo in Siria e affrontare le forze filo-iraniane in tutta la regione dal Libano a Baghdad. Con la Siria efficacemente distruttiva nei confronti di ISIS nella Siria orientale e la tattica di spingere il gruppo terroristico nella più popolosa regione occidentale, i disegni dell’Occidente per il cambiamento di regime in Siria sembrano effettivamente sconfitti.

 E’ stato previsto , al momento della comparsa e dell’incursione ISIS nel nord dell’Iraq, che sarebbe stato utilizzato come pretesto per effettuare un cambio di regime in entrambi i lati del confine siro-iracheno. Finta la sorpresa del occidente per l’immenso finanziamento, armamento, e organizzazione di ISIS esso ha tentato di creare ‘distanza’ tra se stessa e la forza mercenaria da loro stessi creata.

 In un articolo di NEO Journal pubblicato nel giugno 2014 dal titolo, ” Il terrore come pretesto della NATO per l’invasione della Siria.“tutto è stato ampiamente previsto:

 I presunti territori in mano ad ISIS vanno oltre le frontiere siriane e irachene il che significa che qualsiasi campagna per sradicarli dal loro territorio iracheno può facilmente farli sconfinare in Siria. E questo è esattamente il punto. Con ISIS che ha devastato Mosul, in Iraq, il vicino al confine turco e si sta spostando a sud in una guerra lampo di terrore che ora sta minacciando la capitale irachena,Baghdad ha spinto di per sé, il governo iracheno a valutare se chiedere assistenza agli Stati Uniti e alla NATO per rompere l’ondata di terrore. Oltre a questi pretesi, ISIS, sfidando ogni pensiero tattico o strategico,  ha sequestrato un consolato turco a Mosul, e preso in consegna 80 ostaggi turchi  – dando alla Turchia non solo un nuovo pretesto per invadere l’Iraq settentrionale come ha fatto molte volte  alla ricerca di presunti militanti curdi , ma per invadere il territorio siriano dove ha sede anche ISIS.

 La relazione dovrebbe inoltre indicare (enfasi aggiunta):

 Invadere l’Iraq settentrionale permetterà alla NATO di poi giustificare le operazioni transfrontaliere in Siria orientale. In realtà ciò che la NATO farà è cercare di creare in un luogo da loro desiderato una “zona cuscinetto”, dove i terroristi potranno lanciare attacchi più profondi e più efficace in territorio siriano.  Con la Siria occidentale tornata alla pace e all’ordine dopo una serie di vittorie per il governo siriano, l’ultimo fronte per le forze proxy della NATO èi Al Qaeda e il terrore ora corre anche lungo confine della Turchia, in tutta la Siria orientale e nel nord dell’Iraq. La presenza della NATO nel nord dell’Iraq offrirebbe anche un ostacolo per il commercio e la logistica iraniana e siriana.

 In effetti, gli Stati Uniti sostengono che il governo siriano non detenga alcun controllo e per questo non abbia la giurisdizione sulla parte orientale dei territori, permettendo agli Stati Uniti e ai suoi partner di invadere, occupare e controllare la regione. Sotto il pretesto di combattere ISIS, gli Stati Uniti hanno già dichiarato che avrebbe fornito maggiori finanziamenti, armi, e il supporto per i “moderati”, che avrebbero poi cercato rifugio nella Siria orientale, con assoluta impunità dalle forze siriane, permettendo ai terroristi dell’Occidente di operare più in profondità, più efficacemente e più vicini a Damasco.

 In realtà, questi cosiddetti “moderati” non sono mai esistiti. L’Occidente ha finora omesso di spiegare come i loro finanziamenti, armi, formazione e programmi di aiuto pari a centinaia di milioni di dollari e che rappresentano le risorse collettive di America, Europa, Arabia Saudita, Qatar e Turchia siano state in qualche modo “eclissate” dalle forze di ISIS. Questo è, naturalmente, perché le risorse collettive dell’Occidente e dei suoi alleati regionali sono stati intenzionalmente diretti nelle mani di ISIS e di altri estremisti fin dall’inizio del conflitto siriano.

 Ordine dal caos

 Con la creazione di ISIS, dirigendola fino ad oggi, allo stesso tempo utilizzandolo come pretesto per un intervento militare diretto, l’Occidente crea un precedente pericoloso dove in ogni nazione che è in grado di creare caos sufficiente entro i confini di un’altra nazione, può poi usare queste argomentazioni per riordinare politicamente ed economicamente ogni società che desideri.

 Questa mossa americana però ha anche un altro effetto: libera le mani della Russia che sta attualmente gestendo una crisi lungo i suoi confini non per colpa sua. Se gli Stati Uniti possono invadere la Siria a migliaia di chilometri dalle proprie coste, sicuramente la Russia potrebbe intervenire in Ucraina. Mentre l’America si riferisce a “norme internazionali” determinando ciò che è e non è accettabile. Le  regole internazionali e la “norma” che ha stabilito legittimo il suo intervento strisciante in Siria giustifica tutto ciò di cui la Russia è stata accusata di fare in Ucraina proprio da Washington.

 Tony Cartalucci , Bangkok-geopolitica basata ricercatore e scrittore, in particolare per la rivista online  New Outlook orientale “ .

 FONTE

Tradotto da Fractions of Reality

Ss 131 bloccata per protesta La Digos denuncia 25 persone

Pubblicato su 30 Agosto 2014 da frontediliberazionedaibanchieri in POPOLI LIBERI

La referente di Popoli Liberi della Sardegna ci rassicura: ” Non ci speventano minimamente che sia chiaro “- ndr.

La Digos di Oristano ha denunciato 25 persone per la manifestazione che il 20 agosto scorso ha provocato il rallentamento del traffico sulla 131 all’altezza dell’area di servizio Oasi Losa vicino al bivio di Abbasanta.

“Gli accertamenti eseguiti dalla Digos – spiega una nota della Questura – hanno consentito l’identificazione dei cinque promotori”. Si tratta di B.D., 58 anni, sassarese, L.Z., 50, L.B., 57 anni, O.I., 54 anni e R.M., 47 anni, tutti oristanesi. I cinque “sono stati deferiti all’autorità giudiziaria per aver organizzato in concorso tra loro e partecipato a una manifestazione volutamente non preavvisata all’autorità di Pubblica sicurezza”. Ad altri 20 manifestanti è stata contestata invece la violazione amministrativa relativa al blocco stradale. Alla protesta – promossa da un comitato spontaneo, composto soprattutto da imprenditori e artigiani, ma con l’adesione anche di altre associazioni e movimenti, tra cui anche gli indipendentisti di Sardigna Natzione – avevano partecipato un centinaio di manifestanti arrivata un pò da tutta la Sardegna per dire “Basta a chi sta affamando la Sardegna per dividersene le spoglie” e in particolare per chiedere l’istituzione della Zona Franca integrale e la cessazione immediata di tutte le servitù militari.

Tratto da:http://www.unionesarda.it
http://frontediliberazionedaibanchieri.it/2014/08/ss-131-bloccata-per-protesta-la-digos-denuncia-25-persone.html

Quei predicatori barbuti malintenzionati e fuori controllo

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“Premesso che chiunque anche solo incoraggi, per non dire pianifichi, sul nostro territorio nazionale, azioni che vadano a ledere l’incolumità di persone e cose dev’essere prontamente messo in condizione di non nuocere da parte degli organi preposti alla pubblica sicurezza, c’è da chiedersi cosa frulli per la testa di quei politici che avanzano proposte come quella che segue:

 BOLOGNA, 27 AGOSTO – Nelle moschee emiliano-romagnole si preghi in italiano. E’ la proposta di Forza Italia che, attraverso i consiglieri regionali Gian Guido Bazzoni e Luigi Giuseppe Villani, ha interrogato sul tema la Giunta. I consiglieri domandano alla Giunta “se non ritiene di dover attuare iniziative che agevolino la prevenzione ed il controllo verso i fenomeni di estremismo islamico nel territorio regionale” e “come valuta l’iniziativa di porre l’obbligo di proferire in lingua italiana preghiere e discorsi all’interno delle moschee o comunque dei luoghi dove i credenti musulmani si riuniscono”. Inoltre, “se ritiene di farsi portavoce in Conferenza Stato Regioni della richiesta al Ministero dell’Interno di aumentare i controlli verso il fanatismo islamico, specie sui territori regionali dove risulta abbiano maggiore diffusione”. I consiglieri ricordano poi che in provincia di Ravenna, in passato, “si sono verificati svariati fatti riguardanti l’estremismo islamico che avrebbero dovuto preoccupare le istituzioni locali riguardo la scarsa attenzione verso questo pericoloso fenomeno”.

(ANSA) Y9C-GIO 27-AGO-14 16:44 NNNN

 Questo tipo di “preoccupazioni” non sono certo una novità, inscrivendosi nel clima di paura verso l’Islam innescato a partire dal fatidico 11 settembre 2001. Il grave pericolo pubblico, oltre che esterno, dev’essere percepito in tutta la sua mefistofelica perfidia anche all’interno, altrimenti hai voglia a coinvolgere gli italiani nello “scontro di civiltà”…

Nemmeno è una novità prendere atto che ogni roboante caso di “terrorismo islamico” in Italia sin qui agitato s’è poi limitato agli scoppiettii mediatici, com’è documentato oltremisura dal volume dell’avv. Corbucci Il terrorismo islamico. Falsità e mistificazione. Ma si può pretendere che un parlamentare o un consigliere regionale si prendano la briga di consultare un’opera di quasi duemila pagine?

Ma adesso, “il caso” lo si costruisce preventivamente, insinuando il dubbio su chissà quali mostruosità verranno proferite alle nostre ignare spalle, ogni venerdì, da quei predicatori barbuti malintenzionati e fuori controllo.”

 Il “pericolo” si annida davvero in moschea?, di Enrico Galoppini, continua qui.

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2014/08/30/quei-predicatori-barbuti-malintenzionati-e-fuori-controllo/

Il default del debito argentino, un rischioso poker degli USA

come secondo il volere di Wall Street, ma il deus ex machina dell’Universo non è la Germania? Cattivi tedeschi, non riconoscono nemmeno i fondi avvoltoio, incivili anti progressisti….

AGOSTO 29, 2014

F. William Engdahl New Eastern Outlook 29/08/2014

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  La maggioranza ignora il dramma della minaccia imminente di (un altro) default del debito dell’Argentina. Lungi dall’ennesimo racconto di un Paese in via di sviluppo corrotto incapace di adempiere ai propri obblighi sul debito estero, come si vide negli anni ’80 e alla fine degli anni ’90, il dramma reale del default del debito sovrano dell’Argentina è infatti un rischioso gioco di potere di Washington e Wall Street, volto a terrorizzare non solo l’Argentina ma tutte le nazioni emergenti sulle regole del gioco scritte unicamente da Wall Street a vantaggio esclusivo delle banche e degli hedge fund di Wall Street. Il 1° agosto, l’agenzia di rating del credito di Wall Street, Standard & Poors, la stessa agenzia accusata d’intervenire politicamente per trasformare la crisi del debito greco in una crisi dell’euro nel 2011, agiva dichiarando l’Argentina “selective default”. La dichiarazione si è avuta quando i negoziati tra il governo argentino e gli hedge fund di Wall Street non risolvevano la disputa sul versamento di 400 milioni di dollari di debiti. Ma ancor più interessante di quanto appaia, l’Argentina si rifiuta di pagare l’importo, e non i fondi.

 Le ragioni

L’elemento critico da sapere è che la controversia non riguarda la capacità dell’Argentina di rimborsare i debiti esteri, come avvenuto un decennio fa. Nel 2001 il default dell’Argentina fu di quasi 82 miliardi di dollari di debito sovrano. Fu un brutto momento per il Paese mentre le banche di Wall Street e City of London misero con le spalle al muro il governo, che aveva negoziato i termini di ristrutturazione del debito nel 2005 e nel 2010, con circa il 92% dei possessori del debito che accettava i “tagli” o una significativa riduzione del valore delle obbligazioni. Poi, circa l’8% degli obbligazionisti non accettò i termini della ristrutturazione, i cosiddetti “holdouts” per lo più hedge fund speculativi. Gli hedge fund, guidati da NML Capital della Elliott Capital Management di Paul Singer, rifiutarono i termini del taglio offerti dall’Argentina. Chiesero il rimborso integrale delle obbligazioni dall’Argentina più gli interessi.

 Le regole del capitalismo predatore

C’è una brutta piega però. NML Capital di Singer non è nemmeno un hedge fund ordinario. Gestisce ciò che viene chiamato “fondo avvoltoio”, un particolare tipo di fondo speculativo. Come suggerisce il nome, come un avvoltoio distrugge il debito dei “cadaveri” per possibili profitti del 1700% sugli investimenti. E’ l’espressione più cinica della pura logica del libero mercato di Gordon Gekko del film Wall Street di Oliver Stone del 1987. Comprano il debito di Paesi poveri e in recupero finanziario per un penny ogni dollaro per poi citarli in giudizio nei tribunali, spesso recuperando fino a dieci volte il prezzo di acquisto, di solito facendo causa presso le corti “filo-mercato” statunitensi ed europee.

I fondi avvoltoio sono molto riservati e risiedono in paradisi fiscali offshore come le Isole Cayman. I profitti di Singer provengono dalle cause nelle corti distrettuali degli Stati Uniti vinte. Così, la questione tra Argentina e Singer sull’accordo volontario con il 92% degli altri possessori di debito, che l’Argentina ha rimborsato con grandi sconti e che i giudici statunitensi hanno congelato in attesa della risoluzione delle richieste di Singer, è se può essere sabotato da un grossolano speculatore in combutta con amici giudici per avere un profitto osceno a scapito della stabilità di un’intera nazione. La libertà dei fondi avvoltoio non regolamentati nel comprare debito sovrano in default nel citare in giudizio per recuperarli, equivarrebbe al paradosso che, dopo la dissoluzione del 1991 dello Stato sovietico, gli hedge fund di Wall Street citassero in giudizio la Federazione russa per recuperare, con gli interessi maturati, il default delle obbligazioni della Russia zarista del 1916 che avessero acquistato in qualche mercatino per pochi centesimi.

Il punto non è la follia dei fondi avvoltoio, ma la follia dei tribunale distrettuale federale degli Stati Uniti di New York e persino della Corte Suprema nel consentire tali follie. Lo scorso giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti, una delle più bizzarre nella storia degli Stati Uniti, ha deciso a favore del fondo avvoltoio NML Capital, decidendo che non avrebbe esaminato il ricorso della Argentina contro la sentenza del giudice Thomas Griesa del tribunale distrettuale federale. Lasciando da parte il fatto che il giudice Griesa ha 84 anni e le sue sentenze suggeriscono possibile senilità, la situazione è più che bizzarra, tanto che anche il governo degli Stati Uniti e il FMI si oppongono alla sentenza. Il giudice Griesa ha emesso sentenze contraddittorie nel caso argentino, ma la Corte Suprema si rifiuta di esaminare il caso. Griesa, utilizzando un argomento giuridico di parità o para passu, impedisce all’Argentina qualsiasi pagamento al 92% dei detentori del debito ristrutturato, se non paga i detentori che l’hanno citata in giudizio. Come ha dichiarato, le sue sentenze hanno lo scopo di costringere l’Argentina a subire ciò che ha ripetutamente chiamato i suoi “obblighi”. Griesa ha deciso che l’Argentina deve pagare appieno le vecchie obbligazioni ed anche i prossimi interessi semestrali dei titolari di nuove obbligazioni. E se non lo fa, qualsiasi banca che aiuta l’Argentina a pagare gli interessi sui nuovi titoli violerebbe l’ordine. Tale sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello del Secondo Circuito, e a giugno la Corte Suprema ha rifiutato di ascoltare l’appello finale dell’Argentina. Il giudice Griesa cerca di controllare le azioni di un governo sovrano emettendo sentenze vincolanti su ciò che normalmente non è mai di competenza di un tribunale statunitense. E’ una follia, se non fosse che la Corte Suprema degli Stati Uniti, la cui conoscenza dei fondi avvoltoi e delle complesse offerte finanziarie è forse limitata, s’è rifiutata di contestare la decisione di Griesa.

La presidentessa argentina Cristina Fernández de Kirchner ha definito la sentenza “estorsione”, e ha detto che il suo Paese continuerà a pagare i detentori del debito ristrutturato. I pagamenti invece sono stati congelati dal giudice Griesa degli Stati Uniti. Per l’Argentina si tratta di un “comma 22 nucleare. Se versa 1,33 miliardi di dollari al fondo avvoltoio, come preteso dal giudice, gli altri hedge fund detentori, in parte o tutti, la citeranno in giudizio, richiedendo il rimborso totale. Ciò all’Argentina costerebbe 28 miliardi di dollari, esaurendone le riserve valutarie. Ma bloccando il pagamento al 92%, il giudice Griesa impone il default all’Argentina riluttante.

La ferocia del fondo avvoltoio di Singer non conosce limiti. Nell’ottobre 2013, nel tentativo di raccogliere il debito argentino, NML Capital chiese a un giudice ghanese di sequestrare una nave argentina, l’ADA Libertad, al largo delle coste del Ghana. NML Capital vinse la causa e il Ghana sequestrò la nave. Più tardi, la sentenza fu ribaltata dal Tribunale delle Nazioni Unite sulle leggi del mare e la nave ritornò in Argentina. Il 21 giugno 2013, la Corte Suprema del Ghana condannò il sequestro della nave argentina, indicando la natura da pirata di tali fondi avvoltoio, non riconosciuti in molti Paesi come la Germania. Joe Stiglitz, premio Nobel per l’economia, ha preso atto della sentenza sull’Argentina negli Stati Uniti, “Abbiamo gettato molte bombe nel mondo, e gli USA lanciano una bomba sul sistema economico globale. Non sappiamo quanto sarà grande l’esplosione, e non è solo in Argentina“.

 F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, ha conseguito la laurea in politica dalla Princeton University ed è un autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.

 Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Wall Street: quasi vietato scendere

29 agosto 2014

 Frecce rosse, ma cali limitati

 Home Depot, Du Pont e Cisco i migliori, in calo Visa, Nike e Boeing. Sul Nasdaq ennesimo record per Amgen, scende Facebook.

 Dopo aver visto costantemente salire gli indici americani, nei giorni scorsi, in presenza di dati negativi, si sarebbe potuto pensare che oggi, sulla notizia, avremmo potuto assistere a prese di profitto.

 Il comportamento delle Piazze europee e la partenza degli indici a Wall Street avevano anche alimentato una visione di questo tipo, ma è durata davvero poco, dopo un quarto d’ora dall’inizio delle contrattazioni a New York avevamo già visto i minimi di giornata.

Sembra che gli indici americani non possano scendere, o meglio, che ci sia  una immensa liquidità pronta ad entrare sul mercato al minimo accenno di storno, come se il quantitative easing anziché ridursi fosse enormemente aumentato.

 Certo oggi sono arrivate anche notizie decisamente confortanti, si può ritenere che la crescita sia solida visto che l’incremento del Pil, nel secondo trimestre, in seconda lettura, è lievitato al 4,2% e le prime richieste di sussidi alla disoccupazioni sono rimaste anche nella scorsa settimana sotto la fatidica quota di 300.000 unità.

 Sembrerebbe quindi tutto logico, se non che, proprio non più tardi di ieri i commentatori erano unanimemente concordi nel ritenere giustificata la “prudenza” della Yellen nel trattare l’argomento tassi proprio per il motivo opposto, e cioè che siamo in presenza di una crescita ancora troppo debole e “minata” da più parti.

 Insomma si fa fatica a capire e commentare solo con la logica, ma, come ripeto spesso, nel lungo periodo …

 Dow Jones (-0,25%) il miglior titolo di giornata è risultato Home Depot (+0,70%) seguito da E.I. Du Pont (+0,33%) e Cisco Systems (+0,20%).

 In fondo alla classifica troviamo invece Visa (-1,17%) penalizzata da un taglio di rating, poi Nike (-1,13%) e Boeing (-0,85%).

 S&P500 (-0,17%) anche in questo caso i rialzi non superano il punto percentuale, svetta Southern Co. (+0,91%) seguito da Exelon (+0,70%) ed il solito Amgen (+0,62%) che ritocca il proprio massimo storico per l’ennesima volta.

 Storna dai massimi, invece, Lockheed Martin (-1,37%), giù anche Bank of America (-1,17%) e Facebook (-1,03%) al secondo storno consecutivo dopo lo sbarramento a quota 76 dollari.

 Nasdaq (-0,26%) qualche rialzo più consistente sull’indice tecnologico, salgono in particolare Nxp Semiconductors (+2,17%), Monster Beverage (+1,86%) e Broadcom (+1,82%).

 Scende di nuovo Tripadvisor (-2,37%) e gli sviluppi della situazione ucraina penalizzano anche Vimpel (-1,80%), infine ennesimo testacoda per Whole Foods Market (-1,53%).

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