Maxi processo, si torna in aula

Parla il perito che scagiona l’imputata Alossa Gabriella. Pessimo lavoro dei tecnici investigativi?

di Valsusa Report.

Oggi 16 settembre 2014 si ritorna in aula, ultime battute prima della sentenza che viene immaginata dal Giudice Bosio dopo il 20 di gennaio 2015, per quella data il maxi processo per lo sgombero del 27 giugno 2011 e la manifestazione del 3 luglio, avrà dei colpevoli o degli innocenti.

Alfredo Ghio

La giornata di oggi ne è un caso, parla il Dott. Alfredo Ghio, consulente tecnico richiesto a luglio di quest’anno dall’avvocato Novaro, una firma. Il tecnico si occupa dal 1981 di perizie per i tribunali (CTU e CTP), in particolare dell’identificazione di soggetti attraverso analisi foniche e fisiognomiche, antropometriche, identificazione di soggetti in ambito giudiziario e analisi di contraffazione del documento. Inizia l’esposizione della perizia, piena di particolari e di riscontri precisi contro cui incalzano, dopo, le domande di PM Quaglino, unico Procuratore presente, e le Parti Civili, Avocatura dello Stato.

Il PM focalizza la richiesta di quali tabelle abbia utilizzato il perito, lui  risponde “atlante facciale DMV, uno studio effettuato da Germania, Italia e Lituania, in cui ci sono 46 tratti facciali identificativi che riprendono le forme dalla testa, all’altezza della fronte”. I tratti facciali utilizzati dal perito – spiega – sono principalmente quelli degli occhi, il PM incalza chiedendo le misurazioni del viso, il perito, professionalmente, spiega: “Essendo il volto parzialmente occultato non è possibile fare misurazioni antropometriche”.

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Le Parti Civili, Avocatura dello Stato, intensificano chiedendo se il tecnico ha valutato tutto, dal trucco alla fisicità femminile, arrivando anche a chiedere se è possibile che con gli anni i tratti cambino. Il Dottor Ghio, chiude l’interrogatorio spiegando che nella relazione scritta, si è preoccupato anche di avere foto di compleanno dalla Alossa “nell’arco temporale di 10 anni non è cambiato nulla”, e spiega ancora “vi è un’inflessione-taglio che solo il soggetto sconosciuto ha”.

Novaro

Ad inizio udienza, la richiesta di rinvio del processo, fatta dai legali di due imputati ha avuto esito negativo da parte della corte motivando sull’assenza degli imputati, anche se impegnati in altri processi, “fino a questo momento sono stati giudicati in contumacia”, come fa notare il giudice Quinto Bosio.

Dalla prossima udienza si sentiranno i tecnici sanitari, sui danni inflitti agli sgomberati del 27 giugno 2011, ed inizieranno le requisitorie di PM e Parti Civili che occuperanno alcune giornate.

V.R. 16.09.14

Arsenali nucleari: minaccia incombente e crescente

TG Valle Susa

20.000 testate – circa – distribuite tra 9 “Stati atomici”. Israele manda all’aria la conferenza TNP per il disarmo.

di Alfonso Navarra.

Gli arsenali nel corso del tempo hanno “proliferato”: oggi sono 9 gli “Stati atomici” ma 44 potrebbero entrare subito in corsa e creare il far-west nucleare. Già in possesso di 9 Paesi, i cinque permanenti del Consiglio di Sicurezza (USA, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) più altri quattro (India, Pakistan, Israele, Corea del Nord), con circa 20.000 testate, di cui ben 2.000, bomba più bomba meno, in stato di allerta permanente, possono in ogni momento provocare una guerra nucleare persino “per caso o per errore”.  La guerra nucleare è stata all’origine dello sviluppo di apparati tecnologici come Internet (gli USA hanno la rete parallela Milnet in funzione del “first strike”), e dell’accumulazione di materiale fissile la cui carica inquinante mette in ogni caso a rischio gravissimo la sopravvivenza dell’umanità.

Il grosso degli arsenali è concentrato nella superpotenza americana (circa 9.000 testate strategiche e tattiche) e nel colosso russo (circa 8.000 testate strategiche e tattiche). La potenza distruttiva è l’equivalente di 600.000 bombe di Hiroshima! Le tecnologie nucleari sono alla portata di un numero sempre crescente di paesi: l’Agenzia internazionale per l’energia atomica conta 44 Stati con “capacità nucleari” ed alcuni di essi, come la Germania ed il Giappone, sono “potenze nucleari latenti”: le testate, in grosso numero, le possono mettere insieme quando vogliono e dispongono delle competenze e dei mezzi (le tecnologie missilistiche) per farle arrivare a destinazione.

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Il nucleare militare dispone perciò di una formidabile piattaforma di lancio: il nucleare cosiddetto civile, che fa spesso da copertura per gli scopi bellici. Accumula il materiale fissile – uranio e plutonio – da cui si ricavano le Bombe (anche ritrattando le scorie radioattive derivanti dalla produzione elettrica), aiuta ad ammortizzare i costi sostenendo economicamente il complesso militare industriale energetico, porta consenso ad un apparato tecnico il cui impiego massivo è fuori dalla possibilità di controllo dell’attuale stadio della nostra civiltà.

Abbiamo già sfiorato più volte l’Apocalisse nucleare. Citiamo solo alcuni casi: Cuba 1962, falso allarme al NORAD nel 1979, Able Archer nel 1983, incidente della sonda norvegese nel 1995.

Nel 1962, mese di ottobre, la crisi dei missili di Cuba ci ha portato sull’orlo della guerra: i russi non forzarono il blocco navale americano intorno all’isola caraibica e Kruscev e Kennedy si misero d’accordo (con clausole segrete, che includevano lo smantellamento dei missili Jupiter in Italia).

Era il 9 novembre 1979, gli equipaggi dei missili balistici americani vennero messi in stato di massima allerta dopo che il computer comunicò il lancio da parte dei sovietici di un massiccio attacco nucleare contro gli Stati Uniti; l’allarme era in realtà generato da un video di esercitazione, erroneamente trasmesso sui computer del sistema di primo allarme americano. L’allarme raggiunse il NORAD, provocando il panico e scatenando reazioni disordinate; solo dopo sei minuti la rete satellitare americana diede conferma che nessun attacco sovietico era in corso.

Nel 1983, tra il 2 e il 10 novembre, durante il contenzioso tra Nato e Patto di Varsavia per gli “euromissili”, un’esercitazione delle truppe occidentali (“Able Archer”) rischiò di essere interpretata dai sovietici  come un attacco nucleare: da Mosca si stette lì lì quasi per dare l’ordine di lancio.

25 gennaio 1995, incidente del missile norvegese: il lancio di un razzo norvegese per ricerche scientifiche fu rilevato da un centro di controllo radar russo e scambiato per il lancio di un missile Trident a testata nucleare, diretto su Mosca; la Norvegia aveva precedentemente avvisato 30 paesi del lancio, Russia inclusa, ma il ministero della difesa russo, negligentemente, non aveva avvisato di questo i tecnici del rilevamento radar. Vennero attivate le procedure complete per ordinare un lancio di rappresaglia da parte delle forze nucleari russe, che ilpresidente Boris Eltsin doveva autorizzare facendo uso delle sue “chiavi nucleari”. Dopo otto minuti, i satelliti russi confermarono che il razzo era diretto non su Mosca ma sulle isole Svalbard, ed il conto alla rovescia per la rappresaglia nucleare venne annullato.

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Il concetto di Guerra Nucleare Non Intenzionale, ossia l’inizio di ostilità causate da un errore tecnico o umano, è stato ufficialmente enunciato, il 7 novembre 1985, da Reagan e Gorbacev. I due leader lo adottarono ammaestrati dallo scampato pericolo di Able Archer (l’esercitazione che stava per essere interpretata come attacco), supportati dalla consulenza tecnica dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War, sospinti dalla mobilitazione pacifista internazionale. La minaccia di una guerra accidentale è quindi tenuta in considerazione dai responsabili politici e militari, ma purtroppo, a quanto si deve costatare, meno dell’esigenza che l’apparato missilistico possa rispondere a dovere quando fosse chiamato a funzionare dalle “autorità legittime”. Il controllo attivo degli armamenti è reputato prioritario rispetto alla sicurezza. Questo è attestato dal fatto che nessuna Potenza, persino in situazioni di relativa calma politica, ha mai rinunciato a tenere spianata e con il colpo in canna la sua “pistola nucleare”: da questo punto di vista il “selvaggio West” era molto più sereno e rilassato dell’attuale situazione atomica.

Ci sono uomini della tecnostruttura militareindustriale che considerano la guerra atomica una possibile soluzione. Essi considerano la “Bomba” semplicemente come una super-arma della stessa famiglia di quelle che l’hanno preceduta, solo dotata di una carica esplosiva più potente. Non credono all’”inverno nucleare” paventato dagli scienziati, così come sono scettici sul cambiamento climatico da effetto serra. George Bush padre così rispondeva ad un giornalista nella campagna per le presidenziali del 1980 (correva come vice di Ronald Reagan): “Tutti quelli che vogliono farci credere che non si possa vincere una guerra nucleare sono degli imbecilli. Non basta che gli USA si contentino di avere abbastanza armi per dissuadere l’URSS; è necessario che siano in grado di vincere una guerra atomica contro l’URSS”. Cosa intendeva Bush per “vincere”? “Uscire dallo scontro con un vantaggio, sull’avversario, di sopravvissuti e di potenza industriale”. In tempi più recenti lo spettro di una guerra nucleare è stato sollevato dal presidente russo Vladimir Putin: “È meglio non scherzare con noi russi, perchè siamo una delle più grandi potenze nucleari”. Queste parole sono state pronunciate il 29 agosto 2014 davanti ai giovani di un campo scuola sulle rive del Lago Seiger. Accusato da Europa e Nato di lanciare un’invasione su vasta scala in Ucraina orientale, il leader russo si è vantato dell’arsenale nucleare di Mosca ribadendo che “le forze armate russe sono pronte a ricorrere ad ogni mezzo a loro disposizione per respingere qualsiasi aggressione“.

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Storicamente abbiamo assistito, nonostante le barriere frapposte, all’allargamento limitato del club nucleare, ma a parte ciò, i pilastri del Trattato di non proliferazione (TNP) sono messi a dura prova dalle nuove sfide del XXI secolo.

In questo contesto si è svolta (maggio 2010) l’ultima Conferenza di revisione del TNP, appuntamento che si celebra ogni cinque anni. Si è conclusa con l’adozione di un documento finale che delinea – solo retoricamente il rafforzamento dei suoi pilastri. L’unico punto positivo della revisione 2010 del TNP è aver raggiunto il consenso sull’idea di un Medio Oriente privo di armi nucleari. Il progetto di una Middle East Nuclear Weapons Free Zone, già avanzato in vari consessi internazionali, apparentemente è la soluzione cui la Comunità internazionale vuole ricorrere per attenuare i conflitti e gli attriti nella zona. La risoluzione finale, oltre ad avere auspicato la partecipazione di Israele al TNP, ha proposto la convocazione nel 2012 di una Conferenza internazionale per un Medio Oriente senza armi nucleari. La Conferenza non ha avuto luogo perché non ha fatto i conti con le posizioni israeliane: tale Stato, non partecipando, come si è detto, al TNP e non avendo mai annunciato ufficialmente il possesso di armi nucleari, condanna l’atteggiamento dei paesi aderenti definendolo “sbagliato e ipocrita”.

Abbiamo due potenze nucleari militari, facenti parte del CdS ONU: Francia, con 300 testate, e Gran Bretagna con 200. Abbiamo la Germania “potenza nucleare latente”, la NATO vede nel nucleare la “suprema garanzia di sicurezza” e contempla il “first use” nelle dottrine di impiego, con le “tattiche B-61 USA” in cinque Paesi (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia), con i sommergibili che “non confermano né smentiscono”, con forse testate “inerti” in depositi tipo il Sito Pluto a Vicenza. Le 200 B-61, di cui 70 in Italia, sono in falso “ammodernamento” per un investimento di 11 miliardi di dollari entro il 2020. Le 50 di Aviano funzionano con la “doppia chiave”. Altre 20 sono a Ghedi. Le B-61-12 sono a teleguida, non a gravità, trasportabili dagli F35. La Francia, con il suo arsenale militare, con le 19 centrali ed i 58 reattori, è un Paese altissimamente nuclearizzato. In termini relativi tiene testa agli Stati Uniti: Hollande propone, dal 75% attuale, il 50% di elettricità da nucleare entro il 2025 e la chiusura di una sola centrale, Fessenheim, ai confini con la Germania. Abbiamo 14 Paesi con centrali nucleari attive, la Lituania ha una centrale in fase di disattivazione, Germania, Belgio e Svizzera hanno deciso di uscire.

A Ghedi ed Aviano sono dislocate 90 bombe atomiche statunitensi B-61. Lo indica il rapporto “US non-strategic nuclear weapons in Europe” presentato all’assemblea parlamentare della NATO. Le bombe nucleari sono tenute in speciali hangar insieme a cacciabombardieri statunitensi F-15 e F-16 e Tornado italiani, pronti per l’attacco nucleare. Lo spiegamento delle armi nucleari statunitensi in Europa è regolato da accordi segreti, che i governinon hanno mai sottoposto ai rispettivi parlamenti.

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Nell’accordo con l’Italia è, con ogni evidenza, anche perché esistono dichiarazioni governative in tal senso, incluso il principio della “doppia chiave”: prevede che una parte di queste armi possa essere usata dall’aeronautica italiana sotto comando USA. A tal fine – rivela il rapporto – piloti italiani vengono addestrati sui Tornado all’impiego delle bombe nucleari. L’ammodernamento – costo 11 miliardi di dollari -che sostituirà le B-61 a caduta libera con le B-61-12 a guida di precisione integrerà tali ordigni con il caccia F-35 Joint Strike Fighter.

I piloti italiani dovranno fare nuovi training nucleari  su questi veicoli la cui acquisizione è oggetto di dibattito polemico in Parlamento. • Deputati “pacifisti” osservano che l’Italia in tal modo continuerà a violare il TNP che vieta agli Stati non nucleari di ricevere armi nucleari da chicchessia. (A.N. 15.09.14)

Eurogendfor, i governi passano alla sicurezza?

Al popolo basta cultura e rispetto.

di Valsusa Report

Il Terzo Millennio si apre con crisi e dimaniche economiche sbagliate o direzionalmente opposte al mondo del lavoro, a pensarla male si direbbe che la volontà di potere dell’organizzazione statale, abbia fatto una scelta opposta alle costituzioni dei paesi membri dell’Unione Europea. Non solo. Per tornare lì, perchè l’esempio calza perfettamente, si vogliono costruire grandi opere e grandi cantieri per lasciare fuori tutti quei piccoli artigiani che invece con il riammodernamento delle linee, e un treno, come il glorioso pendolino, avrebbero risultati ottimi e vedrebbero lavorare il popolo artigiano.

Diventa vero anche il senso della collettività, dove quindi al rispetto e all’onore vengono sostituiti la sicurezza e il controllo. Ci ricordiamo tutti quando qualche decennio fa furti, violenza e danneggiamenti erano notizia da prima pagina, fatti che succedevano raramente nelle nostre piccole valli. Succedevano concentrati al passaggio delle carovane o all’arrivare di confinanti per delinquenze o di rifugio. Tutti, in valle, ricorderemo l’arrivo nelle caserme dei rifugiati politici dell’Albania, erano tempi che duravano indicativamente poco, col dialogo e la cultura dell’essere uguali, tutto si appianava e diventava amalgama. Tutto prendeva forma dal coesistere.

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Non ci vogliono così! O Meglio, partono da un punto che è la paura, un elemento disgregante, per portare quello che serve al controllo. Operatori in grado di reprimere a comando. Poco vale l’avere un’idea. L’idea, la si fa in obbligo dalle notizie, drogate di mass media. Quindi ecco la caccia alle streghe non sapendo che le streghe infondo sono “Maleficent”.

Obbligatoriamente ci si affida alla favola della bella addormentata nel bosco perchè  è l’unico spazio lasciato libero all’informazione culturale, dove il messaggio è chiaro. Capire i motivi per rispettare le posizioni. Un fatto culturale, un fatto millenario, appunto un fatto da reprimere al concetto del controllo di massa, dev’essere sviluppato il concetto della sicurezza. A voi giudicare dalle prossime righe cosa saranno il controllo e la sicurezza intesi dal potere. Addio alla cultura del rispetto, e d’onore della fratellanza nei popoli.

A seguito della dichiarazione di intenti del 2004 a Noordwijk (Paesi Bassi) , e con il successivo Trattato di Velsen del 18 Ottobre 2007, viene costituita la Forza di Gendarmeria Europea operativa nei principali elementi di crisi dell’attuale contesto geopolitico. Individuerà i principali fattori di rischio legati alla sicurezza per lo spazio europeo, al centro di diverse aree di conflitto e in particolare, nei settori dell’Europa orientale e Medio Orientale. La Forza di Gendarmeria Europea (EGF) si presenta come forza flessibile, rapida, in grado di svolgere un ampio spettro di operazioni “stabilizzazione e intervento in contesti di crisi, sostituzione, integrazione e addestramento delle forze di polizia locale, intervento nell’ambito di disastri naturali o provocati dall’uomo”.

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I giustificativi. “Nel nord Africa assistiamo, alla frammentazione della Libia con il costituirsi di un pericoloso vuoto di potere che contribuisce ad incrementare l’insicurezza della regione. A questi conflitti sono connessi enormi problemi sotto il profilo economico e sociale legati, in particolare, all’assenza di sviluppo economico, al collasso di Stati caratterizzati da conflitti etnici e/o da contrapposizioni di tipo religioso, da lotte politiche degeneranti in guerre civili. La dimensione transnazionale dei fattori di rischio, implica un mutamento della scala con cui la sicurezza degli stati membri debba essere perseguita. In tal senso, pare opportuno porre al centro della riflessione strategica, al fianco degli strumenti politici e diplomatici, lo sviluppo, entro i limiti del contesto comunitario, degli strumenti più efficaci al fine di garantire la sicurezza all’interno, e di intervenire prontamente all’esterno, dell’Unione europea concepita quale spazio di sicurezza comune. Un elemento di sicuro interesse in un’ottica di sviluppo di uno Strumento Militare organizzato a livello europeo, è costituito della Forza di Gendarmeria Europea”. (fonte Difesa Online)

Fanno parte dell’accordo Francia, con la Gendarmerie Nationale, l’Italia, con l’Arma dei Carabinieri, i Paesi Bassi, con la Koninklijke Marechaussee, la Polonia dal 2011, con la Żandarmeria Wojskowa, il Portogallo, con la Guarda Nacional Republicana, la Spagna, con la Guardia Civil e la Romania dal 2008, con la Jandarmeria Română. La Turchia, con la Jandarma è Stato Osservatore, la Lituania, con il Vieŝojo Saugumo è Stato Partner.

All’Art. 1 del Trattato viene dichiarato che sarà “composta unicamente dalle forze di Polizia a statuto militare delle Parti, al fine di eseguire tutti i compiti di Polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi”. All’Art. 5 “Eurogendfor viene messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche”. All’ Art. 4 specificatamente “posta alle dipendenze delle autorità civili, o militari”, dovrà  “a) svolgere missioni di sicurezza e ordine pubblico, b) monitorare, svolgereconsulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l’attività d’indagine penale; c) assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; d) svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; e) proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici; f) formare gli operatori di polizia secondo gli standard internazionali; g) formare gli istruttori, in particolare attraverso programmi di cooperazione”.

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Ogni Paese membro è rappresentato da un Rappresentate del Ministero degli affari esteri, un Rappresentante del Ministero della Difesa o degli interni e dal Comandante Generale. Il suddetto organo prende il nome di CIMIN. La Presidenza a rotazione annuale del comitato, è esercitata da ciascun Paese membro. Le decisioni in seno al CIMIN sono adottate all’unanimità. Il depositario del Trattato, è il Governo della Repubblica Italiana ai sensi dell’Art. 47 [N.d.R.]

Il Quartier Generale della Forza di gendarmeria europea è ubicato in Italia, a Vicenza, presso la caserma intitolata al Generale Antonio Chinotto. L’EGF ha partecipato e partecipa a diverse missioni. Dal 2007 al 2010 è stata impiegata nella missione EUFOR ALTHEA in Bosnia. Nel 2009, ha partecipato, con compiti di addestramento delle Forze di Polizia locali, alla missione ISAF in Afghanistan. Nel 2010 la EGF ha partecipato ad una missione di supporto a seguito del terremoto verificatosi ad Haiti. Infine, dal 2014 EGF, è impegnata, con compiti di stabilizzazione, nell’ambito della missione EUFOR RCA nella Repubblica Centrale africana.

In conclusione, sicuramente l’Eurogendfor fu pensata alcuni anni prima del suo anno di costituzione, probabilmente il 2001. La crisi non si sapeva cosa fosse, ed era in carica la XIII Legislatura (9 maggio 1996 – 9 marzo 2001, elezioni politiche il 21 aprile 1996) con in successione il Governo Prodi, Governo D’Alema, Governo D’Alema II, Governo Amato II e succesivamente il Governo Berlusconi II (dall’11 giugno 2001 al 23 aprile 2005). Non eravamo in crisi economica, facile pensare alla premeditazione e che l’Eurogendfor servirà alla sicurezza non certo al bisogno di cultura.

V.R. 09.09.14

Debitori disposti a spendere cercasi. Paga la Bce

16.09.14

L’Europa ha finito per creare un governo della moneta che sfugge alla responsabilità di dotare il settore privato delle risorse finanziarie necessarie per la crescita della produzione e del lavoro. E va in cerca di altri soggetti disposti a farlo, offrendo sul piatto la garanzia di Francoforte.

 STRATEGIE PER RITROVARE LA CRESCITA

Nella conferenza stampa del 4 settembre, Mario Draghi ha pronunciato una frase particolarmente eloquente a cui non è stato dato il risalto che merita. Il presidente della Bce ha detto: “dal punto di vista del banchiere centrale, è molto difficile raggiungere gli obiettivi di inflazione con il solo strumento della politica monetaria”(minuto 39 del webcast). Poco prima aveva ripreso il tema del discorso tenuto a Jackson Hole: se le riforme strutturali servono a migliorare la qualità e il potenziale di crescita, le politiche della domanda sono altrettanto urgenti per ridurre l’ampia componente ciclica della disoccupazione prima che diventi cronica. Se è vero, aveva sostenuto Draghi, che l’uso di politiche della domanda non è consigliato in condizioni normali, le circostanze eccezionali di oggi sono tali che “i rischi di fare troppo poco (…) superano quelli del troppo fare”. E aveva fatto esplicito appello alla capacità di sfruttare il moltiplicatore fiscale, manifestando apprezzamento per un piano di investimenti europeo. Insomma, un keynesiano che crede nel potere espansivo della politica fiscale e che allo stesso tempo indica come inattaccabile il principio del pareggio di bilancio. Altri osservatori hanno osato di più. Su lavoce.info, Francesco Giavazzi e Guido Tabellini hanno proposto un taglio fiscale in tutta l’Eurozona del 5 per cento del Pil. Il maggior debito sarebbe finanziato in parte dalla Bce e gli interessi restituiti ai governi europei. Dopo un balzo iniziale, il rapporto disavanzo/Pil si ridurrebbe grazie alla crescita del reddito e alle politiche strutturali di bilancio. È una proposta che condivide il presupposto di Draghi: le riforme strutturali, ancorché irrinunciabili, non bastano. In più, sfida il principio del pareggio di bilancio affermando che un disavanzo europeo condiviso e mirato è tecnicamente sostenibile.
Eppure, il governo europeo (che pure dovrebbe riflettere sugli esiti delle passate elezioni) non sembra lavorare alacremente a un disegno che includa la possibilità di misure fiscali espansive condivise. E ripete il ritornello che la disciplina di bilancio deve rimanere un dato irrinunciabile nell’Eurozona. Eppure, misure fiscali espansive sono possibili anche nel pieno rispetto del fiscal compact. Come nella proposta Giavazzi-Tabellini, oppure con un taglio dell’Iva del 50 per cento in tutti i paesi dell’Eurozona e un piano europeo di investimenti in infrastrutture, il tutto finanziato da un’emissione di titoli europei (e non nazionali), garantiti dalla Bce (Salviamo l’Europa dall’austerità). Sempre su lavoce.infoRoberto Perotti ha ricordato a tutti che il debito pubblico è rischioso. Certo, ma solo quando è “locale” (di questo o quel paese dell’Eurozona), e non quando è europeo e garantito dalla banca centrale. Il problema è che i vincoli istituzionali sul bilancio pubblico sono nati per evitare che un governo abusi del controllo della moneta creando inflazione. Si è così finiti in un abuso uguale e contrario: quello di un governo della moneta che sfugge alla responsabilità di dotare il settore privato delle risorse finanziarie necessarie per la crescita della produzione e del lavoro.

GLI INVESTIMENTI DELLE PMI

Ma la tendenza in questi giorni è un’altra. Dopo diversi anni spesi aspettando il “Godot” del credito bancario, ora si affida la speranza dell’agognata ripresa alla creazione di canali di finanziamento alternativi al settore bancario, come ad esempio i mini-bond, finalizzati alle piccole e medie imprese. Contribuendo già per due terzi all’occupazione complessiva nel settore privato, le Pmi potrebbero essere il vero motore dell’occupazione in Europa.
L’idea è che le Pmi possano finanziarsi con strumenti “ad hoc” nel mercato finanziario (al quale normalmente non si rivolgono), in questo facilitati dalla disponibilità della Bce ad acquistare i loro titoli. Servirà a rilanciare investimenti, domanda e occupazione? In linea di principio, sì, ma a due condizioni per nulla scontate: 1) che le Pmi siano davvero impazienti di investire nelle condizioni congiunturali attuali, e 2) che le Pmi siano disposte a veder crescere il proprio indebitamento. Se dovessero dimostrarsi invece piuttosto caute nell’intraprendere progetti di ammodernamento degli impianti e aumento della capacità produttiva, o se usassero i mini-bond per finanziare l’invenduto, allora andremmo incontro a un altro fallimento della politica economica.
Non vorrei si trattasse di una vera e propria fuga della politica dalle proprie responsabilità: non trovando il consenso per autorizzare un debito europeo che finanzi la crescita, si va in cerca di altri soggetti disposti a fare altrettanto, offrendo sul piatto la garanzia di Francoforte. In questa incapacità di trovare un accordo politico sta la vera responsabilità della politica europea.

Antonio Acerbo, commissario Expo indagato per corruzione su “Vie d’acqua”

Nuovo filone d’inchiesta a otto mesi dal via: nel mirino gli appalti sui canali. Alla base le dichiarazioni dell’imprenditore Maltauro. Guardia di Finanza nelle sedi dell’Esposizione e della Metropolitana. Sotto inchiesta il direttore del Padiglione Italia. Cantone: “Potrebbe essere un problema”. Lupi: “Continuare con i lavori”. Il sindaco Pisapia: “Faccia passo indietro”. Maroni: “Ci pensi Cantone”

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 settembre 2014

Un nuovo filone d’inchiesta per corruzione piomba su Expo2015 a otto mesi dall’inaugurazione dell’evento. Riguarda le “Vie d’acqua”, un progetto di nuovi canali fortemente contestato da comitati locali e via via ridimensionato rispetto alll’idea iniziale. La Guardia di finanza di Milano, coordinata dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, ha condotto perquisizioni a carico di Antonio Acerbo, 65 anni, direttore Construction del Padiglione Italia e commissario delegato di Expo 2015 per il progetto “Vie d’acqua”, ora indagato per corruzione e turbativa d’asta. Reati, secondo l’accusa, commessi a Milano “fino al 10 luglio 2013″.

L’indagine su Acerbo deriva da intercettazioni e accertamenti svolti in seguito ai risultati di un primo filone che a maggio aveva portato in carcere il costruttore vicentino Enrico Maltauro. Al centro, all’epoca, gli appalti Expo per le architetture di servizio di Expo2015, come bar e ristoranti, che l’azienda di Maltauro aveva ottenuto. Tra gli arrestati figuravano tra gli altri vecchi protagonisti di Mani pulite, Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, e l’ex senatore Pdl Luigi Grillo. Nei mesi successivi, l’imprenditore ha fornito agli investigatori diverse conferme, raccontando, a quanto è trapelato dagli interrogatori secretati, di una “cupola degli appalti” Expo foraggiata con 1,2 milioni di euro. Ora nel mirino della Procura di Milano finisce un altro appalto, quello delle “Vie d’acqua”, del valore di oltre 100 milioni di euro, anche questo andato alla Maltauro spa. Antonio Acerbo, all’epoca dei fatti presidente della commissione aggiudicatrice degli appalti sulla realizzazione dei canali, secondo l’accusa avrebbe favorito l’imprenditore. ”Maltauro trova un modo per far arrivare delle utilità economiche ad Acerbo”, ipotizzano i pm Gittardi e D’Alessio, collocando il reato tra il 2012 e il 10 luglio 2013.

Acerbo è un manger di punta di Expo2015. Il suo ruolo in Padiglione Italia, quartier generale della presenza italiana a Expo, attualmente in costruzione nell’area di Rho-Fiera, “può essere un problema”, commenta il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone. “Negli ultimi incontri con Diana Bracco (presidente di Expo2015) il rappresentante tecnico per Padiglione Italia è sempre stato l’ingegner Acerbo e questo può essere un problema. Domani vedrò la Bracco a Milano”. Cantone, che ha ricevuto dal governo più ampi poteri d’intervento proprio in seguito alla prima “puntata” dello scandalo Expo e all’inchiesta Mose, ha aggiunto: “Voglio capire bene la vicenda. Nei prossimi giorni vedrò il procuratore della Repubblica di Milano”. Cantone ha specificato che al momento ci sono solo notizie di stampa ed è prematuro ipotizzare commissariamenti: “Serve almeno una valutazione di un giudice con una ordinanza cautelare o una richiesta di rinvio. Allo stato mi sembra difficile procedere, ma voglio capire bene la vicenda”. 

Acerbo è stato direttore generale del Comune di Milano con la giunta Moratti. Le fiamme gialle hanno chiesto “l’esibizione degli atti e dei documenti” nelle sedi di Expo e di Metropolitana Milanese. Ma ci sono altri indagati: secondo l’Ansa, la sezione di polizia giudiziaria della Finanza ha condotto altre perquisizioni a carico di persone ritenute ”strumenti” e intermediari della presunta corruzione. Le Fiamme gialle sono entrate anche nella sede della Tagliabue spa, componente del’Associazione temporanea di imprese capeggaita da Maltauro, nel milanese.  

L’aggiudicazione è avenuta in base al criterio dell’offerta più conveniente e, secondo i pm, in cambio di mazzette. Da quanto emerge, in un’intercettazione Maltauro si vantava della sua conoscenza trentennale con Acerbo e anche in relazione all’appalto per le architetture di servizi, vinto sempre dalla Maltauro e al centro della prima inchiesta. L’imprenditore avrebbe cercato in un primo tempo di sfruttare i suoi contatti con Acerbo. Poi, però, si sarebbe rivolto all’ex Dc Gianstefano Frigerio che sarebbe intervenuto su Angelo Paris, ex manager Expo finito in carcere a maggio.

“Non c’è nessuno che è più vecchio amico di me con Acerbo”, si vantava lo scorso marzo in una riunione con Gianstefano Frigerio e Sergio Cattozzo. Nell’intercettazione ambientale, agli atti dell’indagine, Maltauro spiega a Frigerio di avere un appuntamento con l’ex manager di Expo Angelo Paris (anche lui ai domiciliari) e Acerbo. Quando Frigerio gli dice che il commissario delegato “è un mio vecchio amico!” , l’imprenditore replica: “Ma io Acerbo, pensi che Acerbo.., non c’e nessuno che è più vecchio amico di me con Acerbo”.

Frigerio, ex parlamentare Dc, poi fa notare che “è un vecchio democristiano“, mentre Maltauro ricorda:”Sì ma lui lavorava in Montedison, da ragazzo (…) e io l’ho conosciuto… Ho fatto un lavoro per Montedison dove lui era Direttore dei Lavori… e abbiamo avuto un grande successo… lui ha fatto anche un po’ di carriera attraverso ‘sto lavoro nell ’82…”. E riferendosi alla nomina di Acerbo come dg del Comune di Milano datata luglio 2010 durante la giunta Moratti, Frigerio aggiunge: “Il city manager del Comune di Milano … è uno bravo uno serio… eh”.

Il legale di Acerbo, Federico Cecconi, ha spiegato che il suo cliente vuole essere ascoltato al più presto dai pm di Milano “per chiarire la sua posizione”. Negli atti notificati alla difesa, ha precisato, non vi è alcuna indicazione né “dei presunti corresponsabili”, né delle presunte “utilità economiche” che, secondo l’accusa, avrebbe percepito. Inoltre, l’avvocato ha spiegato che la Gdf oggi ha perquisito l’abitazione di Acerbo ma “niente gli è stato sequestrato”, mentre gli investigatori stanno ancora lavorando da stamattina alla duplicazione su supporti informatici di alcuni documenti negli uffici del commissario delegato Expo. 

Le nuove perquisizioni riaprono il caso politico su Expo e ripropongono il dilemma tra controlli antimazzette e necessità di correre contro il tempo per terminare i lavori: “Le indagini facciano il loro corso, ma contemporaneamente abbiamo messo in essere tutti gli strumenti perchè gli obiettivi che a noi interessano, cioè quello di realizzare le opere e di farlo nei tempi certi possa accadere”, è il commento del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi.

Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che in occasione della precedente inchiesta aveva insistito per il commissariamento della Maltauro, chiede le dimissioni di Acerbo: “Da garantista sono consapevole che siamo di fronte a un avviso di garanzia, non a un arresto o una condanna”, premette il sindaco. Tuttavia, “resta l’esigenza di salvaguardare la reputazione del nostro Paese, di Milano e di Expo. Ed è per questo che Acerbo per primo dovrebbe scegliere di fare un passo indietro”. Più sfumata la posizione del presidente della Regione Roberto Maroni: “È una vicenda  che riguarda la società Expo spa, non la Regione Lombardia”, afferma dopo aver premesso di non aver ancora letto gli atti. “C’è il dottor Cantone che presidia e farà quanto si deve fare”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il gruppo M5S in Regione Lombardia: “Acerbo si deve dimettere da tutti gli incarichi in Expo”, afferma in una nota il capogruppo regionale Giampietro Maccabiani, aggiungendo di attendere “con impazienza il 18 novembre per la seduta straordinaria del Consiglio regionale su Expo, sempre nel caso che in Expo ci sia ancora qualcuno non inquisito, per un dibattito con gli stessi partiti che stanno tenendo a galla il più grande sistema di malaffare lombardo da dopo Tangentopoli”.

I preparativi delle prossima guerra della NATO contro la Russia coinvolgeranno i paesi europei

http://www.nuovaauras.it/?p=2293

by  • 16 settembre 2014

FonteControInformazione.info
di Luciano Lago

Meetings of the Minister of Defence at NATO Headquarters in Brussels - Meeting of the NATO-Ukraine CouncilMalgrado in questi giorni sui media  occidentali si parli molto delle nuove sanzioni contro la Russia, delle conseguenze che queste avranno per le prevedibili contro sanzioni che adotterà Mosca  nei confronti dell’Europa,  in realtà il fattore più importante della tensione riaccesa nei rapporti tra USA , UE e Russia non è limitato all’aspetto economico ma investe il livello militare e geopolitico del confronto.

La vera questione preoccupante sono i preparativi di guerra che la NATO sta predisponendo unilateralmente  alle frontiere della Federazione Russa di cui molto poco trapela ed è questione occultata dai grandi media che tendono ad invertire le parti presentando Putin e la Russia come “aggressore” e la NATO come “difensore” dei paesi minacciati da una possibile aggressione russa. La macchina propagandistica dei media atlantisti ed americani ha lanciato alla grande una campagna di demonizzazione di Putin (il nuovo Hitler lo hanno definito) e della Russia per mascherare i propri preparativi bellici.

La NATO ha lanciato nella prima decade di Settembre una massiccia esercitazione  denominata “spearhead”  (punta di lancia) cui hanno preso parte 9 paesi dell’alleanza (fra cui l’Italia) e che è partita dalla base di Ramstein  in Germania ed ha attuato le sue esercitazioni  sui paesi baltici (Estonia, Lituania e Lettonia) e  sulla Polonia ,coinvolgendo una grande quantità di mezzi, di aerei  e di truppe anche aviotrasportate (un reparto dei paracadutisti della Folgore italiani) che hanno attuato le loro manovre arrivando a pochissima distanza dai confini della Federazione Russa  simulando  un intento di avvicinamento aggressivo che certo non è passato inosservato alle autorità militari e politiche di Mosca. Per sottolineare l’evidente azione di intimidazione nei confronti di Mosca, lo psicopatico segretario generale della NATO, Rasmussen, in preda ad una certa frenesia bellicista, ha anche dichiarato che la NATO ha predisposto una forza di intervento rapido di alcune migliaia di uomini e mezzi per difendere i paesi dell’Est Europa  che si sentono minacciati dalla Russia. Nello stesso tempo, durante il vertice della NATO nel Galles, Rasmussen, dopo aver ripetuto le sue litanie circa l’aggressione russa all’Ucraina, ha sottolineato la volontà della NATO di creare nuove basi di aviazione (e missilistiche) nei paesi baltici come in Lettonia, in pratica a circa 2 minuti di volo dalla Russia.  

Vedi: Ucraina: NATO prona a schierare 4.000 soldati contro Putin

In contemporanea  a questo scenario, altre manovre di carattere navale, denominate “Sea Breeze”  si stanno svolgendo nel Mar Nero ed a queste partecipano sia le unità navali di paesi rivieraschi come Romania e Turchia, sia quelle di paesi che non hanno alcuna contiguità con quel mare come Germania, Canada ed Italia e persino quelle di paesi che non sono parte ufficialmente dell’Alleanza  Atlantica, come Ucraina e Georgia, ma che sono di fatto schierati con Washington.

Questo schieramento navale la dice lunga su quali fossero le intenzioni degli USA nel pilotare il golpe di Kiev: sottrarre la Crimea al controllo russo e spodestarne l’importante  base navale strategica che da sempre detiene la Russia su quel mare. Per  gli strateghi di Washington è andata male perché la contromossa di Putin, quella di proclamare il ritorno della Crimea alla Federazione Russa tramite un referendum democratico , ha sicuramente spiazzato la Casa Bianca che aveva sottovalutato molte questioni dell’Ucraina, come la strenua resistenza posta dagli autonomisti filo russi del Donbass  nel non rassegnarsi alla subordinazione verso il governo di Kiev, dichiaratamente filo americano e russofobo. La campagna di bombardamenti attuata da questo governo, appoggiato dalla NATO, contro le città dell’Ucraina orientale, che ha colpito le case, le scuole, gli ospedali e persino le chiese, che ha causato vittime civili a centinaia e distruzioni nella regione, ha peggiorato la situazione e si è allargato il fossato del risentimento contro i governanti di Kiev, pretoriani del potere statunitense nel paese.

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Anche la vicenda del Jet malese abbattuto sul territorio ucraino si è ormai rivelata per quello che è: un’altra provocazione fatta dall’intelligence americana in combutta con il governo ucraino per gettare la colpa sui russi dell’abbattimento, prova ne sia il segretario di stato John Kerry il quale, un giorno dopo il sinistro, si è girato 5 reti televisive per incolpare i russi dell’evento prima ancora che fossero chiare le prove e la documentazione sulle modalità dell’abbattimento e sulle responsabilità, accertate poi da una inchiesta indipendente, come da addebitare all’aviazione ucraina nell’abbattimento.

Vedi: Volo MH-17 abbattuto da un Jet da combattimento ucraino

Bisogna poi considerare che, l’esercito di Kiev, benchè non sia parte dell’Alleanza, di fatto è già integrato in essa e lo attestano i rifornimenti massicci di armi ed equipaggiamenti che la NATO ha inviato in questi giorni ed il fatto (sottaciuto dai media occidentali) che un generale USA ed altri ufficiali sono stati uccisi nell’Est  Ucraina mentre si trovavano, probabilmente nel ruolo di consiglieri militari, con i reparti dell’Esercito ucraino che sono stati sbaragliati dalla contro offensiva delle forze di autodifesa delle Repubbliche autonome (autoproclamate) del Donbass.  L’integrazione di fatto lo attestano le manovre a cui hanno preso parte i reparti di Kiev in veste di paese associato alla NATO in varie circostanze fin da qualche anno prima dello scoppio della crisi ucraina.

Altre manovre degli USA e della NATO sono in corso in Georgia, altro paese associato di fatto alla NATO, dove si stanno predisponendo preparativi militari per installare basi missilistiche e radar in modo da avere il controllo del fianco meridionale della Russia.

I responsabili russi sono tutto meno che stupidi ed hanno a loro volta iniziato ed accelerato i preparativi per la suprema difesa del la Russia e del suo territorio. Putin ha decretato la creazione di una commissione militare industriale per programmare l’adeguamento del sistema di difesa russo alla nuova minaccia strategica e rilanciare la propria dotazione di armi nucleari e convenzionali.

La strategia degli USA era da tempo quella , da un lato, di accerchiare la Russia dall’esterno installandosi con la NATO  nei paesi dell’Est ex sovietici, dall’altro lato di procedere con l’azione di sobillazione condotta dall’intelligence USA e dei suoi alleati che mirava ad infiltrare all’interno della Russia, attraverso  oltre un centinaio di unità operative con compiti di sobillazione e manipolazione politica sotto la copertura di ONG con apparenti finalità assistenziali ed umanitarie. Queste avevano il delicato compito di creare sommovimenti di opposizione contro Putin ed il suo governo, diffamare, presentare come autoritario il regime, fornire false prove di soppressione di oppositori fatte da Putin, giocare sulle presunte violazioni dei diritti umani, dei gay, ecc… Il gioco è stato in buona parte scoperto dall’azione di Putin il quale ha decretato la chiusura di molte di queste ONG perché non erano chiare le fonti di finanziamento. La strategia si è rivelata fallimentare visto che il consenso verso Putin non solo è aumentato nell’opinione pubblica russa ma anzi non è mai stato così alto.

NATO-Vs-VARSAVIA

Nonostante questo, le provocazioni contro la Russia  sono continuate e non si contano, sono state anche proferite precise minacce anche da fonti insospettabili  vicine al governo USA ,personalmente contro Putin ed enunciati piani di strategia per l’attacco nucleare al “primo colpo” da parte di ambienti militari nord americani.

La crisi Ucraina è stata di fatto la carta che gli USA hanno giocato per dare un colpo irrimediabile alla posizione strategica  della Russia in Europa ed è servita per accelerare  il processo di accerchiamento da parte degli USA e della NATO ma ha anche suscitato le reazioni (inaspettate) della Russia e di Putin che ha abilmente giocato le sue carte per non cedere l’importante paese cerniera (inclusa la Crimea)  al controllo occidentale e si sono viste le abili contromosse di Putin  contro questa strategia che vedono sia un confronto militare geostrategico, sia un confronto economico e finanziario dove la Russia ha una maggiore vulnerabilità.

Nelle ultime settimane sembra che la strategia USA NATO  si sia allargata al Medio Oriente, dove la Russia ha mantenuto saldamente la posizione di appoggio e sostegno militare al governo siriano di al-Assad, suo fedele alleato, dove la  stessa Russia dispone di una importante e strategica  base navale a Tartous, l’unica sul Mediterraneo, a cui la Mosca  non vuole certo rinunciare.  Allo stesso modo che in Ucraina  sembra  evidente che Putin sia determinato a sostenere il suo alleato contro le palesi minacce annunciate da Obama di procedere ad un bombardamento sulla Siria, con il pretesto di colpire le posizioni dell’ISIL, ma con la sicura intenzione di  approfittare  della situazione per colpire anche le basi dell’Esercito siriano in modo da indebolire e rovesciare il regime di Assad.

A questo scopo la Casa Bianca ha anche annunciato un accordo con l’Arabia Saudita per procedere all’addestramento sul suo territorio dei “gruppi moderati” di ribelli siriani. Quello che già facevano occultamente in Giordania.

In pratica una aperta dichiarazione di guerra contro la Siria e le potenze che la appoggiano: la Russia e l’Iran. Come tale è stata presa dalla Russia e la ferma risposta del ministro russo Lavrov, “la Russia non resterà con le braccia conserte in caso di attacco USA alla Siria”.

Vedi: La Russia riafferma il suo appoggio alla sovranità della Siria

Questa dichiarazione lascia presagire che la Russia renderà il percorso molto difficile visto che dispone di sistemi di difesa aerea molto avanzati già installati in Siria, dispone di unità navali di alto livello al largo della costa siriana, e dell’efficienza del suo sistema missilistico e di avvistamento  ne ha dato buona prova in vari episodi (abbattimento di un missile lanciato contro le difese siriane nel 2013 e abbattimento di un F16 israeliano nel corso di una incursione sulla Siria dell’aviazione di Tel Aviv). Episodi poco noti ma a conoscenza dell’intelligence USA e di Israele che per tale motivo hanno rinviato l’attacco aereo che doveva essere effettuato nell’agosto del 2013, dietro il pretesto dell’utilizzo del gas contro i miliziani ribelli da parte del regime di Assad, altra enorme bufala propagandistica  sollevata da Washington e poi smascherata da inchieste indipendenti così come quella delle “armi di distruzione di massa” di Saddam in Iraq.

A questo proposito tutto lascia pensare che, anche il nuovo esercito terrorista dell’ISIL in Iraq, sia stato una creazione dei servizi di USA ed Israele (ci sono prove evidenti in tal senso), da quando questo combatteva in Siria, e che questo “pericolo terrorista” sia il nuovo abile pretesto per  rinsaldare tutti gli stati occidentali in una ferrea alleanza contro il nemico comune (“i barbari terroristi islamici”), favorire  una azione massiccia di ritorno militare degli USA in Iraq e per portare un attacco diretto alla Siria di Assad, con il piano di arrivare ad uno smembramento degli stati arabi chiave della regione, un accerchiamento dell’Iran e una attacco alle posizioni di influenza russe nella regione.

Lo scenario è ormai quello di una guerra già iniziata con vari focolai a livello regionale dai quali può derivare un evento non facilmente controllabile. Questo potrebbe arrivare dall’Ucraina, ove il governo di Kiev ha ricevuto gli aiuti NATO e potrebbe tentare di dare il colpo definitivo sulle regioni separatiste e forse potrebbe azzardare un incursione sulla Crimea da cui deriverebbe una immediata ritorsione russa in grande stile (come preannunciato). Altrimenti l’evento scatenante potrebbe  verificarsi in Siria con un aperto scontro tra aviazione USA e l’aviazione Russa a difesa delle posizioni siriane. Di sicuro ci sono forze che lavorano per l’allargamento dei conflitti ed il coinvolgimento di più attori possibili, sono le forze che lavorano per il “tanto peggio, tanto meglio” e dobbiamo constatare che queste forze si trovano tutte dalla parte dell’Alleanza occidentale. Sicuramente non sono i popoli, quelli europei in particolare, a desiderare una guerra, ma questa si sta preparando alle loro spalle, da parte delle elite di potere per finalità di egemonia e di controllo, con la grande complicità dei media che, nella loro opera di manipolazione, occultano totalmente la gravità della situazione.

Vedi: L’Europa rischia la guerra, battaglia oltre l’Ucraina

Come si vede, al contrario che nei tempi della guerra fredda,  da quanto sinteticamente esposto, non c’è una situazione di equilibrio , non esistono più due blocchi contrapposti,  la situazione prebellica  è stata piuttosto determinata da una  strategia elaborata dal blocco dominante (quello USA/ NATO) in termini globali ed in fase già avanzata, dove l’obiettivo finale è il dominio geopolitico, l’egemonia della superpotenza americana ed anglosassone,  il controllo delle risorse, nonché il dominio finanziario a livello globale.

Una cosa è certa: come chiaramente affermato da molti scienziati ed esperti scientifici, da un conflitto nucleare allargato non c’è salvezza per nessuno e coloro che oggi  lavorano per questo sono i maggiori criminali che l’umanità abbia mai prodotto.

Passi in Clarea di Libero Dissenso

Con Adelmo Cervi sul sentiero hanno camminato in tanti, genitori, iparenti e amici dei ragazzi carcerati in nome di una resistenza diversa.

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di Gabriella Tittonel

Adelmo, figlio di Aldo Cervi, ha voluto esserci lo scorso fine settimana sul sentiero della resistenza valsusina, quello della Clarea, dove un territorio bellissimo, prezioso, sta morendo centimetro dopo centimetro, sacrificato sull’altare di quell’idea stupida di modernità che sta ricoprendo di cemento e morte l’antica valletta dove un tempo crescevano castagni centenari e si gonfiavano di nettare  filari e filari di grappoli di uva. Adelmo della resistenza ha conosciuto l’assenza del padre, a soli tre mesi di vita, a lui la ricerca di un mondo migliore e più umano è costata l’assenza  disperante di un affetto, unico, di braccia forti dove rifugiarsi nei suoi primi dolori di bambino, di consigli nell’età della crescita.

E con Adelmo sul sentiero hanno camminato in tanti, fra questi i genitori, i parenti e gli amici dei ragazzi carcerati in nome di una resistenza diversa, quella verso un’opera inutile, portatrice di debiti pesanti per un’economia ormai allo sfascio e generosa dispensatrice di malattie future. Ragazzi diventati preziosi sul piano degli affetti e ragazzi per i quali in questi giorni si stanno riaprendo i dibattimenti  in tribunale, dove si stanno susseguendo testimonianze, che andrebbero da molti di più ascoltate, vagliate.

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Un passo dietro l’altro il bosco attraversato ha mostrato  i suoi primi colori autunnali, segno di un trascorrere del tempo che per alcuni rappresenta  già mesi e mesi di detenzione, di assenza di normalità. E per altri, per le loro famiglie, un gravoso supplemento di fatica quotidiana, di ansie, di notti insonni, passate a pensare, a cercare soluzioni…

Libero dissenso… Bianche e rosse le bandiere hanno sventolato nell’aria serena, hanno narrato di un desiderio divenuto concreto di creare legami di aiuto e solidarietà…

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Al cammino verso il cantiere del tav  è poi seguito l’incontro conviviale, al presidio di Susa, dove non è mancata neppure la musica, quella del violino accarezzato dalla violinista Margherita. Tutto ciò per creare una parentesi serena prima dei prossimi giorni nuovamente impegnativi. Per  provare a creare un modello diverso di vivere comune, fatto di condivisione, di dialogo.

G.T. 16.09.14

Matteo Renzi non visita il cantiere alla Maddalena di Chiomonte

Grandi pulizie e servizi di sicurezza impegnati al massimo, ma i No Tav eludono ed arrivano nel loro terreno.

di Valsusa Report.

Già dalle prime ore del pomeriggio di ieri, il gruppo di pensionati No Tav denominati gruppo NPA, nucleo pintoni attivi, nato da una risposta a quella che loro definiscono “una incredibile balla”, ricorderemo la lettera dei NOA, era presente in Clarea sul loro terreno acquistato in multiproprietà e denominato “l’osservatorio No Tav”. Come di consueto all’ora di cena si accendono i fuochi dei barbecue e si griglia nella tipica moda di montagna, accompagnando tutto con fiumi di buon vino.

VIDEO DELLE PULIZIE

VIDEO DELLE PULIZIE

Noi siamo con loro per documentare quelle notizie che altrimenti non verrebbero mai raccontate da tirature nazionali. La incredibile costanza di persone che si oppongono ad un’opera contro tutti e tutto quel mondo che non li vuole ascoltare, o almeno lo fa sulla carta, tirando a raccontare le vicende a suo modo. Ricorderemo appunto l’accordo di Pracatinat dove l’unica firma sul foglio è quella del Commissario Virano, ma viene sbandierata con la partecipazione di tutti i sindaci d’accordo della valle o il giovedì di incontri alla Regione Piemonte dove i sindaci portavano la loro contrarietà all’opera ma che per la Presidente di allora erano i famosi 270 circa incontri che hanno reso possibile ed accolto la volontà all’opera. Ecco, forse, ci sarà nuovamente con il comitato di pilotaggio, “quelle abitudini che infine sono dure a morire quando i proponenti decidono di tirare avanti ad ogni costo, o ad ogni interesse”, come dicono dalla valle No Tav.

polizia

Oggi la visita di un Presidente del Consiglio ha lo scopo di accendere nuovamente i riflettori e le contestazioni, le prime attivate dal fiume di denari che le Grandi Opere portano avanti, le seconde dalla realtà fatta di menzogne propagandate a mezzo mass media, mentre vi scriviamo la visita deve ancora avvenire, le premesse però ci sono.

Il cantiere fa polvere, polvere nociva, ma verrà fatto vedere il grande cannone spara acqua, soluzione che chi ha intelligenza critica capirà che spento il cannone, la polvere asciuga, e secca vola di nuovo. “Da lunedì incredibile a dirsi, una flotta di operai con scope alla mano, hanno ramazzato tutto il cantiere davanti all’imbocco della galleria”, ci raccontano i No Tav. “Hanno pintato erba e fiori in ogni dove, hanno spostato le terre dai cumuli sotto ai trasportatori ammassandola distante dal tragitto”. Questo, che racconteremo, lo abbiamo visto noi, al calar dell’oscurità, hanno pulito e lustrato il trenino che entrerà in galleria per far vedere la talpa Gea all’opera. “Opera che però farà con un solo motore dei quattro necessari perchè privi di corrente”, ci dicono dall’osservatorio No Tav, “chissà se un primoministro attento se ne accorgerà, altrimenti sarà come la visita dell’onorevole Giachino e i suoi scolaretti”.

GRAFICO RITARDO DELL'OPERA

GRAFICO RITARDO DELL’OPERA

Appunto, chissà magari il giovane Renzi non avrà voglia di farsi trattare come tale, e dimostrare che l’età scolastica è passata da tempo, qui comunque le “pulizie di pasquenzi” come dicono i No Tav “resteranno il solito set cinematografico, visto più volte”.

Giungono notizie dalla Clarea:

 Alberto Perino arriva in Clarea, anche lui passando dai sentieri.

V.R. 17.09.14

Decreto “Sblocca Italia”, un ritorno al passato verso la privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni

Comunicato Stampa

Solo venerdì è stato pubblicato il testo del cosiddetto decreto “Sblocca Italia”. Ci sono voluti quasi 15 giorni prima che venisse alla luce essendo stato licenziato nel Consiglio dei Ministri del 29 Agosto scorso. Un lungo travaglio che, però, non è servito per migliorarne il contenuto.
Anzi si tratta di un provvedimento che segnala un deciso cambio di fase nelle politiche governative costruendo un piano complessivo di aggressione ai beni comuni tramite il rilancio delle grandi opere, misure per favorire la dismissione del patrimonio pubblico, l’incenerimento dei rifiuti, nuove perforazioni per la ricerca di idrocarburi e la costruzione di gasdotti, oltre a semplificare e deregolamentare le bonifiche.

Ma ciò che, come Forum dei Movimenti per l’Acqua, c’interessa maggiormente evidenziare è la gravità di quelle norme che, celandosi dietro la foglia di fico della mitigazione del dissesto idrogeologico (Capo III, art. 7), mirano di fatto alla privatizzazione del servizio idrico.
Infatti, con questo decreto si modifica profondamente la disciplina riguardante la gestione del bene acqua arrivando ad imporre un unico gestore in ciascun ambito territoriale e individuando, sostanzialmente, nelle grandi aziende e multiutilities, di cui diverse già quotate in borsa, i poli aggregativi.

Ciò si configura come un primo passaggio propedeutico alla piena realizzazione del piano di privatizzazione e finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni che il Governo sembra voler definire compiutamente con la Legge di Stabilità.
In questo provvedimento, probabilmente, verranno inserite quelle norme, in parte già presenti nelle prime versioni del decreto circolate all’indomani del Consiglio dei Minsitri di fine agosto, volte a imporre agli Enti Locali la collocazione in borsa delle azioni delle aziende che gestiscono servizi pubblici, oltre a quelle che costringono alla loro fusione e accorpamento secondo le prescrizioni previste dal piano sulla “spending review”. Si arriverebbe, addirittura, a costruire un vero e proprio ricatto nei confronti degli Enti Locali i quali, oramai strangolati dai tagli, sarebbero spinti alla cessione delle loro quote al mercato azionario per poter usufruire delle somme derivanti dalla vendita, che il Governo pensa bene di sottrarre alle tenaglie del patto di stabilità.

Con il decreto “Sblocca Italia” si svelano, dunque, le reali intenzioni del Governo, ovvero la diretta consegna dell’acqua e degli altri servizi pubblici locali agli interessi dei grandi capitali finanziari. Infatti, la strategia governativa, pur ammantandosi della propaganda di riduzione degli sprechi e dei costi della politica mediante lo slogan “riduzione delle aziende da 8.000 a 1.000”, non garantirà certamente l’interesse collettivo ma solo quello economico e di massimizzazione dei profitti delle grandi aziende multiutilities che già gestiscono acqua, rifiuti e trasporto pubblico locale.

Come Forum dei Movimenti per l’Acqua intendiamo denunciare con forza la gravità di questo provvedimento che si pone esplicitamente in contrasto con la volontà popolare espressa con il referendum del 2011 e dichiariamo sin da subito che ci mobiliteremo per contrastare il tentativo di privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni, anche rilanciando un nuovo modello di pubblico che guardi alla partecipazione diretta della cittadinanza alla gestione come elemento qualificante e realmente innovativo.
Roma, 16 Settembre 2014.
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua