Sissi

Questa cagnolina l ho trovata stamattina nei pressi della stazione di Sassano abbandonata e legata con una corda strettissima al collo, assetata e affamata. mi chiedo come si può essere così crudeli. Vi chiedo di condividere affinché possiamo trovare una casa alla piccola “Sissi”

sissi
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I CORTIGIANI DEL CALIFFO

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MONDOCANE

MERCOLEDÌ 10 SETTEMBRE 2014

Si possono ingannare alcuni tutte le volte ed è su questi che ci si deve concentrare”. (George W. Bush)
Gli imperi del futuro sono gli imperi della mente”. (Winston Churchill)
Avete reso potenti i vostri governanti, gli avete dato guardie. E ora gemete sotto la ferula della schiavitù”. (Solone, statista ateniese, 638-558 a.C)
Quando sei debole quello che ti dà forza è spogliare gli uomini che temi di più di tutto il prestigio che sei ancora portato ad attribuirgli”. (Louis-Ferdinand Céline)
Vedere quello che hai davanti al naso richiede una lotta costante”. (George Orwell)
La libertà di stampa è garantita solo a quelli che la possiedono”. (A.J. Liebling)
Travaglio e la deontologia, quando sì, quando boh
Il molto deontologico Marco Travaglio, nei suoi solitamente circostanziati e documentati editoriali (quando non si occupa di questioni internazionali, sulle quali riproduce pedissequamente gli stereotipi delle vulgate imperialsioniste), mena fendenti a colleghi inetti, falsari e incompetenti, rispetto ai quali le intemerate di Grillo contro i media di regime sono leggeri buffetti. Per contro rampogna proprio Grillo, “gli autogol di Grillo”. le cui denunce inconfutabili delle malefatte di giornali e testate tv lo inducono paradossalmente a condividere il riflesso corporativo della categoria e, implicitamente, dell’organo deputato alla sorveglianza sulla correttezza etico-professionale dei suoi membri, l’Ordine dei Giornalisti, di cui l’eccellente fustigatore della Casta perora da tempo lo smantellamento.
Al quale aggiungerei anche il sindacato, FNSI, inviperito per le rampogne ai propri soci, ma del tutto indifferente, quindi compiacente, verso un mondo dell’informazione italiota che tutto intero abita nell’immane menzognificio costruito dall’idra che sta sminuzzando il pianeta e i suoi abitanti. E di cui le pagine estere del giornale di cui Travaglio è vicedirettore, governate con mano USraeliana dall’insuperabile ultrà sionista, Furio Colombo, sono una manifestazione rozza fino al demenziale. Sarebbe nell’ordine delle cose che gli organismi preposti al controllo sulla buona condotta dei giornalisti e sulla difesa delle loro ragioni, quando constatassero che le ragioni del giornalismo sono calpestate e lordate dai suoi stessi soggetti, provvedessero a ristabilire con le cattive quella che si chiama deontologia. Figurati.
Ma quando un giorno vedi l’ex-capo dell’USIGRAI, quello preposto a coprire malefatte, nepotismi, clientelismi e fandonie dei suoi protetti, a difendere i lazzaroni e isolare gli onesti, prima salire al rango di presidente della FNSI e quindi elevarsi al soglio della Boldrini, come addetto stampa, vedi che tout se tien. E potrai sgolarti fino al salto delle corde vocali a invocare provvedimenti contro una che trasforma tagliagole in Libia e Siria in immacolati cavalieri della democrazia; contro un’altra che scambiava i massacratori di serbi in Kosovo per sicari di Milosevic impegnati in “pulizie etniche”; contro uno che, sdraiato su una chaiselongue, tra famigliole di festanti israeliani che osservano i botti su Gaza, celebra Gaza rasa al suolo come “autodifesa” di Israele; contro quell’altra che in un unico servizio ci spara addosso quattro volte la sua certezza sul MH17 malese “abbattuto dai ribelli”, introdotta da una conduttrice che  non si risparmia nel deprecare invasioni russe e espansionismo di Putin, dopo essersi accreditata giorni prima, sentenziando che a Odessa i “ribelli separatisti” si erano auto incendiati in almeno cinquanta.
Perle di giornalismo profondamente professionale, coraggiose affermazioni dei propri titoli e impegni di “cane da guardia della gente contro il potere”. Cosa mai avrebbero dovuto fare FNSI e Ordine? Tanto più che avevano ben altre gatte da pelare. Tipo piagnucolare un poco, mica tanto (chè poi il capobastone si spazientisce), sulla rapina con scasso di 150 milioni effettuata, ai danni del servizio pubblico e a beneficio dei pregiudicati Murdoch e Berlusconi, dal citato capobastone. Del resto, se poi c’è gente che deve il suo caviale da terrazza sul golfo, o da veduta sulle Tre Cime di Lavaredo, non ai lettori, scarsini o virtuali, ma alle sovvenzioni di Stato, potete immaginarvi che razza di gentiluomini devoti al dovere (a coloro a cui “devono”) possano essere installati in vetta agli organismi rappresentativi. Avete presente la Medusa, o Gorgone, quella signora con vipere per capelli che, quando ti guarda, ti pietrifica? Non assomiglia alla Rai, a Mediaset, a Sky, a La7, alle testate di stampa tutte?
Puoi immaginartela così, la stampa italiana e, se la metti ai raggi X, trovi che quei rettili sul capo sono tanto vivaci perché ben alimentati da un cranio zeppo di ignoranza, inettitudine, volgarità, arroganza, servilismo, malafede e museruola padronale un po’ panna un po’ filo spinato, ma dorato. Ecco, l’insieme può anche dare l’impressione di un’entità mitica, ma, a guardare bene tra le vipere, ci si imbatte in un’accolita dai vari strati in cui si succedono, dall’alto in basso, raffinati cicisbei e cortigiane, chierichetti turibolanti, autentici teppisti e mignotte, che s’affannano ad attirarci in postriboli di varia categoria. Noi ne siamo gli utilizzatori finali, volenti e nolenti.  Senza dimenticare gli scarafaggi-spia che infestano i lupanari. Che ve n’è parso della benevola munificenza con la qual l’Ordine della Lombardia ha riammesso nei ranghi, lo sguattero dei servizi segreti, “Betulla””?, Quel Renato Farina di quel Pollari che si preoccupò di far finire Abu Omar nelle grinfie dei torturatoti di Mubaraq. Quella “Betulla” che di servizi alla malavita istituzionale ne compì più di Mata Hari in Francia, si parva licet componere magnis?
Vado alla rinfusa. Tanto dove cojo, cojo. “Il manifesto”, superata la fase dei rigurgiti russofobi dell’albanese Astrid Dakli e dei padri-madri ignobili del quotidiano anticomunista (felicemente scomparsi dalla vista sbigottita dei lettori consapevoli, Rossanda in testa), ha ora dato una sorprendente sterzata al suo carrozzone degli esteri, l’intendenza che segue i carriaggi della disinformazione imperiale. Ne va grandissimo merito all’impeccabile Manlio Dinucci, come agli altri che riferiscono con sufficiente correttezza sui fatti di Ucraina, Medioriente o Gaza.
 
Grandi alternativi: “il manifesto” che ondeggia, “Il Fatto” che travaglia 
Ma a confermarne il ruolo di vivandiere delle campagne di mistificazione, restano pur sempre soggetti come Acconcia (il “fratello musulmano” che insiste a inneggiare al dittatore islamista egiziano Morsi, foraggiatore, col turco Erdogan, di tutte i terrorismi che imperversano in Egitto, Siria, Iraq e oltre), Tacconi (che pur di non chiamare “nazisti” i nazisti di Kiev si morderebbe la lingua), Battiston e Giordana, interpreti appassionati della “società civile” afghana, che identificano nei Taliban, in sintonia con USraele, la peggiore sciagura capitata a quel paese. Va la massima onorificenza del capofabbricato del menzognificio al più disinvolto tra costoro, il già citato Acconcia, quando ha condiviso col grande specialista del contromano sulla corsia della verità, Panebianco del Corriere, la brillante convinzione che sia stato Assad (mica i padrini Fratelli Musulmani che forniscono truppa e quadri) a covare i freak-jihadisti dell’ISIL. E, oggi, sia sempre Assad a farsene protettore e complice quando ne strappano e insanguinano brani di paese, decapitando, stuprando, sequestrando, giustiziando, bruciando, facendo saltare per aria pezzi di Damasco o Baghdad, shariezzando le province del califfato. Panebianco fa gruppo con altri illustrissimi editorialisti del giornalone Fiat-massoneria, come Pierluigi Battista, Galli della  Loggia, Franco. Ma anche con il diversamente largointesista Ezio Mauro di “Repubblica” . Li vediamo eccellere anche nei salottini tv mentre parlano di cose che ignorano, sempre e solo per dare sulla voce a chi, in quei supermercati delle balle e supercazzole, riesce a intrufolare un frammento di verità.
 Corsivista del “Fatto quotidiano” è spesso anche San Gian Carlo Caselli che, anziché godersi la pensione, sugli allori dei pogrom giudiziari contro il popolo della Valsusa, non manca occasione imbarazzante per incensarsi, menandosi addosso turiboli  e cori gregoriani  per i meriti acquisiti tra immane lotti e duri sacrifici in quel di Palermo. Ovviamente non poteva mancare di rampognare il film “La trattativa”, in cui Sabina Guzzanti ha l’ardire di tratteggiare un ritratto del venerato e venerabile Capo dello Stato, per quanto attiene appunto alla trattative mafia-Stato (che tutti sappiamo essere solo la voce più appariscente del settantennale patto USA-mafia-classe politica italiana), non proprio conforme al cerimoniale di corte. Dimentica, il torquemada anti-No Tav, di includere tra i suoi eroismi la mancata perquisizione al covo di Riina da parte dei Ros, catastrofe per le indagini antimafia, e di aver aspettato mezza dozzina d’anni prima di inquisire questi nei secoli infedeli. Vero cane da guardia del Potere, anzi, da combattimento, la  ringhiante Guzzanti. Vero salvatore della democrazia, quella azzannata da Sabina, Caselli, a costo, come dice, di immolare vita e famiglia.
Erri De Luca in Valsusa con il Talmud in mano
Altro virtuoso sul filo degli equilibri impossibili, un vero dada, Erri De Luca, a cui personalmente riesco a riconoscere una sola virtù: quella di aver sostenuto la legittimità della disinfestazione della Valsusa tramite sabotaggi di compressori. Ma proprio nessun altra sul piano della prosa e della poesia, insopportabilmente irrilevanti nel loro finto-sobrio sentimentalismo all’ombra di un ego grande come il Cervino. Il piatto destro della bilancia deluchiana sprofonda se, accanto a quello di sinistra con i No Tav, accumulo il suo silenzio sul sabotaggio di Gaza e la sua infatuazione biblico-ebraica che, con un formidabile non sequitur, lo porta a sostenere il figlio deforme di quella storia. In un incontro pubblico di auto-proiezione con chitarra, gli chiesi ragione del passaggio da vessillifero di Lotta Continua nei cortei per la Palestina, a branditore di stelle di David. Si alzò, sibilò “a queste domande non rispondo” e se la filò all’inglese. Evidentemente sicuro del fatto suo.
Un accenno va anche alla truppa di infermiere che si sono accalcate intorno al ragazzo afroamericano di Ferguson, giustiziato da un boia improvvisato perché camminava in mezzo alla strada. Della stessa istituzione sanitaria che esercita analoghe funzioni  intorno ai migranti spiaggiati a Lampedusa. Ci si purifica della pioggia di cavallette con la quale di consueto si fa deserto della realtà, lacrimando sulle vittime e puntando il dito contro l’immediato colpevole: il poliziotto bianco razzista, magari non solo mela marcia, ma, per i migliori tra noi, addirittura il segno di un malessere metropolitano;  il losco trafficante di carne umana, dietro al quale aleggiano indistinte nebbie chiamate “guerre”, “dittature”, o “disastri climatici”. Ce ne fosse stato uno, della categoria, che avesse osato una pettinatina contropelo agli Usa , andando, da vero giornalista investigativo, alla radice dei due fenomeni.
Mica difficile. Nel primo caso basta guardare allo stanziamento del Pentagono di centinaia di milioni di dollari alle varie polizie federali, statali, fin giù agli sceriffi, in modo che potessero affrontare il compito di tutori dell’ordine domestico con gli strumenti che tanto efficacemente sono stati e sono impiegati contro iracheni, libici, afghani, vietnamiti, mezzo mondo. In modo che ai cittadini minacciati da recalcitranti con cartelli o pelle scura potessero assicurare la necessaria tranquillità  carri armati, cannoni, lanciarazzi, mitragliatrici pesanti, droni, robocop da invasione spaziale. E licenza di uccidere, tipo quella che s’è dato il presidente afro. Già il “nemico interno”, quello che il tagliatore inglese di teste di giornalisti americani e il gran cancan sulle migliaia di europei in gita alla jihad e che domani te li troverai accanto al bar, ha fatto capire ci minaccia tutti e richiede interventi come quelli del Pentagono a Ferguson.
Avete visto o letto, voi, una qualche ricerca, un’inchiesta, una considerazione dei dati proliferanti in rete, di fronte all’enormità del fenomeno? C’è stato l’inviato nella storia che abbia fatto qualche collegamento con i vagiti che in Italia si udirono quando discariche, trafori, centrali elettriche e Grandi Opere del cazzo vennero dichiarati “aree di interesse strategico”, presidiate dai militari, titolari di diritto di fucilazione? O con le ronde cittadine dei tre militari armati, quello blù al centro, i due kaki ai lati? O con l’occupazione della Valsusa da parte di un esercito multi-arma, con alpini formati alla bisogna in Afghanistan, poliziotti e carabinieri cui continua a capitare di inciampare e sparare al cuore, visto che le mazzate spacca-ossa a sfigati per strada, o in cella, comportano lungaggini e talvolta controindicazioni.
Basta andare su un qualsiasi sito di seria informazione statunitense, ma anche frugare tra le pagine interne di qualche mainstream anglosassone dove, a volte, germogliano foglie di fico, per trovare una caterva di saggi, analisi, ricostruzioni, testimonianze di chi sa, accademici illustri, e perfino qualche giornalista d’inchiesta coronato di verità dal Vietnam all’Ucraina, come Seymour Hersh. Il tema consequenziale, ravvivato dai fatti di Ferguson, sarebbe la militarizzazione della polizia, la polizizzazione delle Forze Armate, l’identificazione, nella strategia di guerra a chiunque si opponga, tra fronte esterno e fronte interno. Il tutto sotto la bandiera  della “guerra al terrorismo” (sorella maggiore di quella ”alla droga”). Guerra filiata dai neocon, fioriti con Bush e arrivati al massimo rigoglio con l’Obama delle decine di guerre, colpi di Stato, destabilizzazioni, operazioni sporche, stragi, attentati False Flag (fallito clamorosamente quello del volo MH17 attribuito ai russi, c’è da aspettarsene uno più grosso, e meno grossolanamente falso, per rilanciare lo sterminio in Donbass e l’assalto, se non a tutta la Russia, almeno a Putin).
C’è una pietra di paragone infallibile e decisiva per il misto di supponente ignoranza e pigrizia e assoluta malafede, in un dato già commentato nel mio precedente post. Circolano in rete, a disposizione di chiunque non sia un analfabeta informatico (cosa che vale evidentemente per molti della categoria), una serie di foto da mettere sulle i un punto grosso come una mongolfiera. Sono quelle che vedono il presunto leader dell’IS, o ISIL, o ISIS, Abu Bakr al Baghdadi, quello che Obama giura di perseguire “fino alle porte dell’inferno”, in intensa e cordiale conversazione con il senatore neocon, insieme, a volte, a donne dai costumi eterodossi per un islamista e, a volte, a trucidi comandanti delle milizie jihadiste in Siria. Location, al confine turco-siriano, data, maggio 2013
 Al Baghdadi con McCain e prima e dopo
Se queste immagini, di un Baghdadi godereccio e colluso, le inserite in quanto le più autorevoli penne della rete vanno diffondendo urbi et orbi su nascita e maturazione di codesto “male assoluto”, da Guantanamo alle lezioni di oratoria e teologia islamica negli Usa, ai campi di addestramento gestiti dai Marines in Giordania e Turchia. Se ne fate zavorra alla sublime contraddizione dei petrodespoti, quando, prima, inventano, lanciano  Nusra, Isil e aggregati “moderati” su Libia, Siria e Iraq (ma anche su Yemen, Nigeria, Sahel, già su Bosnia e Kosovo, sul mondo), li impinguano di sangue e dollari, e, poi,  si uniscono nel mercenariato dei “volenterosi” convocato da Obama per estirpare dalla Terra la tossica gramigna.
 Il califfo in compagnia
Avete letto o visto uno/a dei nostri principi(esse) dello schermo, o dell’inchiostro, essendogli capitato, nella ricerca di un tweet di Renzi, o un mottetto di Mogherini o Pinotti, di sbattere il naso sulla foto della coppia Baghdadi-McCain (lo stesso McCain di Bengasi, Kiev, Aleppo), o su uno dei documenti relativi a nascita, infanzia, adolescenza e maturità di Al Baghdadi e del suo esercito, farsene stimolo per un’occhiuta revisione della narrazione generale? Esercito d’un tratto passato da banda di scalcagnati zombie, con il concorso degli specialisti nostrani (“il nemico della casa accanto”) e con un’impennata delle azioni del complesso militar-industrial-sicuritario, a forza armata di potenza, capacità tecnologica, moderna logistica, gestione della  comunicazione, di livello napoleonico.
 
Elementi di geometria
Si è fatto vivo qualcuno che da questa matassa sapesse trarre il filo rosso  che la intreccia tutta ed esprimere il cauto dubbio che l’invenzione dei forsennati islamici, delinquenti comuni, o necrofili da videogioco, o militi della “Folgore”, gli orrori delle decapitazioni (vere o fasulle), delle decimazioni, dei bimbi sventrati, delle donne rapite e vendute, dei luoghi di culto rasi al suolo (remember Kosovo), di intere etnie sottoposte a pulizia etnica, fossero a capo di un filo dal cui termine si articolano, tra molte altre, alcune tessere di valore strategico. Tessere, da inserire a breve nel puzzle del Nuovo Ordine Mondiale e delle quali alcune le ho già citate nel post precedente (Di Battista), ma vale la pena ribadirle giacchè sono il succo degli abominii che si accavallano.
1)Rinfocolare lo scontro di civiltà attraverso una nuova ondata di islamofobia, foriera di guerre, distruzioni, conquiste, predazioni, indispensabile alla sopravvivenza dell’apparato produttivo-bancario Usa, economicamente e per debito alla canna del gas; 2) Distogliere l’angoscia per la pancia vuota, l’ospedale negato, la casa sottratta dalla banca, il non-lavoro, nei disastrati Usa, come tra i vassalli, con l’angoscia per la patria minacciata e il terrorista della porta accanto. E contemporaneamente attrezzarsi per domare l’inevitabile sisma sociale e consolidare la dittatura dell’1%. 3) fingere di battersi contro i propri mercenari dell’IS in tutti i paesi dove vi siano petrolio o miniere con governi riottosi, allo scopo immediato di infilzare Assad e frantumare anche la Siria. Per poi passare a Hezbollah, a cui Israele l’ha giurata: via la mezzaluna scita. 4) Grazie all’Ucraina e tutti gli oleo- e gasdotti che portano in Europa la più grande, vicina, conveniente energia russa e iraniana, escludere o appropriarsi di fonti e controlli per poter ulteriormente strangolare l’Europa. Così, con i petrolkurdi e i petrolsunniti fornitori di Israele, aprire e chiudere a volontà il rubinetto dell’energia per l’Europa. Piano piano, quando avrà esaurito il suo compito di armata di riserva delle conquiste imperiali. Fino alla sua riduzione allo stato di Macedonia, Montenegro, Bosnia, Kosovo, Kurdistan, Scitistan, Sunnistan ….
Senza dimenticare, cosa che astutamente tutti i miei colleghi  che si stracciano le vesti sulla tragedia dei migranti, dimenticano (sia sempre fatta eccezione per il resistente Manlio Dinucci, per merito del quale “il manifesto” ha finalmente pubblicato, 11 giorni dopo le mie, una foto del connubio Al Baghdadi-John McCain, ordinato da Obama al suo rompighiaccio bellico), l’altra strategia degli Usa per ridurre ai  minimi termini un’Europa tentata dai remunerativi rapporti con la Russia: provocare apocalissi nei paesi presi di mira perché le migrazioni bibliche si avventino sull’Europa, specie sulla zavorra dei paesi del Sud, sconvolgendone economia e coesione sociale. Le vaghe astrazioni “guerre”, “dittature”, “disastri ambientali”, servono da copertura ai silenzi su cause e responsabilità primarie  di queste sventure, tutte dei guerrafondai atlantico-israeliani.
 “Polizia” a Ferguson
Parlavamo di militarizzazione della polizia e di polizzizazione del militare, corpi ormai sinergici che si scambiano le funzioni  in un’omogenesi dei fini con gli stessi mezzi. Sarebbe stato di evidenza solare risalire a una visione più vasta dai centomila episodi Ferguson negli Usa, dove la polizia ammazza ogni anno oltre 500 civili disarmati e coltiva, accanto al complesso militar-industrial-securitario, quello carcerario privato, con 2,3 milioni di detenuti e il più alto rapporto carcerati-popolazione del mondo. Entrambi complessi che richiedono e comportano stati di polizia totalitari, in patria e nelle colonie. Da noi il filo rosso che collega l’ininterrotta teoria di inermi ammazzati dai tutori dell’ordine per strada o in carcere, o di quelli che a ogni sospirar dissenso nei cortei sono scalciati in faccia o sprangati in testa. viene, dai commentatori, spezzettato in singoli episodi, con le responsabilità equamente divise tra vittime e carnefici. Accidenti che turbano il colto e l’inclita per qualche ora, per poi rientrare nel normale vissuto sociale e tornare a dilagare sui fasti di Renzi, o sui “nefasti”. di Putin e Assad.
S’è visto mai qualcuno chiedersi che, forse, questo rilancio di Bava Beccaris, dello squadrismo di Stato, di Scelba, di Calabresi, corrisponda a una necessità che i vampiri dell’1% hanno per rinsanguare le proprie vene in disfacimento? Che l’inchiodare bambini e adolescenti davanti a videogiochi in cui è vincitore chi ne ammazza e ne squarta di più e perdente chi fa meno punti, meno sangue, sia un capitolo nel manuale dell’annientamento della libertà e dei diritti? Che poliziotti e militari educati alla violenza e alla protervia in difesa dei privilegi, delle ruberie, della mafiosità, della classe dominante sono portati a considerarsi occupanti di genti e territori nemici? E che forse si potrebbe, senza grandi sforzi, far discendere una logica e una strategia dai torturatori di Abu Ghraib, Guantanamo, delle carceri israeliane in cui si seviziano bambini, dei mille centri di sequestro, detenzione e tortura che affiancano le basi Usa nel mondo, dei Marines che pisciano sui Taliban uccisi, o tornano a casa con appesi al collo trofei di pezzi disseccati di nemici. Senza dimenticare il pedagogico modello dei nostri carabinieri che in Somalia infilavano bottiglie nelle vagine e bruciavano con elettrodi i testicoli.
La scuola dei tutori dell’Ordine (Nuovo Mondiale)
Per arrivare, grazie al pianificato contagio ed effetto imitativo agli orrori dei jihadisti scatenati contro Libia, Siria, Iraq, Nigeria e di cui l’inviato speciale di Obama per le operazioni sporche, McCain, è il mallevadore. Giù giù, poi, fino agli energumeni che decimano neri negli Usa, narcos e compari militari addestrati negli Usa che fanno 70mila morti ammazzati in 8 anni nel Messico colonizzato, ai nazisti stragisti ucraini messi in campo dal putsch di Obama e, da noi, fino ai giustizieri dei vari Bifolco, Aldovrandi, Uva, Cucchi, Magherini, Giuliani, Rasman… Vengono tutti dalla stessa scuola, nell’Italia di Gladio e dei celebrati De Gasperi e Berlinguer già operante ai tempi dei fratelli Cervi, di Avola, Portella della Ginestra e dei ragazzi, con o senza sassi in mano, ammazzati in piazza, fino alla resa dei conti finale affidata agli infiltrati e manipolatori delle BR. E’ vero che le sedi centrali di questo istituto stanno a Washington e Tel Aviv, ma le sedi distaccate italiane hanno saputo ben svolgere il programma.
A voler essere giornalisti e non dipendenti degli uffici di propaganda gestiti da trafficoni intrecciati, per reciproco tornaconto, con i burattini di Stato largamente intesi e, più in là, con mafia, massoneria, i grandi burattinai della Cupola, non sarebbe poi stato difficile arrivare a questo lampante due più due fa quattro. Ma da noi ogni elemento di disturbo alla Grande Panacea che fluisce dal corno di Pandora-Renzi viene rapidamente spazzato via dall’uragano di peana all’ometto della previdenza (che a me sembra stia a Mussolini come Stanlio sta a Ollio). Peana che riunisce voci un tempo vagamente diacroniche, se non nei ritornelli, almeno nelle strofe, ma oggi compatte, impetuose, senza la minima stonatura. Sembrano la nazionale che, inebriandosene, canta l’inno. E sappiamo chi dirige, con tanto di bacchetta.
L’altra sera, in quella stanza di compensazione tra il “non c’è più niente da vedere”e il sonno che è “Linea Notte” del TG3, vedo il conduttore, mio vecchio collega,  Maurizio Mannoni, svegliarsi dal torpore vagamente bovino di un eloquio esitante che ricorda la ricerca dei tasti di un profano alle prime lezioni di piano. Nel bel mezzo della panna montata di un consesso che, notte dopo notte, celebra lo schiamazzone parvenue del“piaccia o non piaccia!” (altrimenti detto “io so’ io e voi nun siete un cazzo!”), scappano fuori gli ultimi dati dell’ISTAT sullo sfacelo universale che fluisce dalla cornucopia dell’illusionista fiorentino. Attimo di imbarazzo, sconcerto  in studio. Questi dati sbertucciano il salvatore calato dalla Provvidenza.. Scattano i nervi e esplodono le ultime risorse di energia del conduttore: “Ma come, questi qua dell’Istat un tempo se ne venivano fuori con i dati una volta  l’anno, e ora ci assillano ogni due giorni”. Mancava “ma che cazzo!”, ma  glielo si leggeva sul labiale muto. Tutto veniva poi ricomposto in soddisfatta letizia dall’epifania, alla finestra da New York, di Giovanna Botteri con i suoi “invasori russi che verranno fermati dall’unità di pronto intervento Nato in corso di allestimento”, e i suoi “bombardieri – qui dalla marcia trionfale passa al minuetto – di Obama precipitatisi a salvare i curdi, l’Iraq, la pace, tutti noi”:
Era un altro, il TG3 dei miei tempi, sempre comunque in linea con i poteri. Solo che allora ce n’erano almeno due, di contendenti in campo, e si davano sciabolate  da bravi armigeri da teatro dei pupi. Il giornalista non omologato ne poteva approfittare e qualche nefandezza filtrava da crepe nel muro di cinta. Poi, nel 1999, arrivò D’Alema. Eravamo già all’alba di oggi. Grillo, con i suoi fin troppo gentili “giornalista del giorno “ e “giornalista dell’anno”, ha appena tirato per la giacchetta il mostro che ci sta pietrificando neurone dopo neurone. Fino alla morte. Quanto meno mentale.

Restyling dei monumenti, Marino vola in California per trovare mecenati

restyling……il nuovo nome per dire svendita? E questi fantomatici mecenati in cambio non vorranno niente? Che so una quota sui biglietti, pubblicità sul monumento……(ma non era la Germania che ci stava comprando?)

Il sindaco andrà nella Silicon Valley per cercare fondi per il restauro del patrimonio archeologico della capitale. Sopralluogo a San Francisco per verificare il funzionamento dell’ecodistretto per il riutilizzo dell’immondizia

Ignazio Marino vola in California alla ricerca di mecenati e risorse per rifare il look ai monumenti della Capitale. Ma anche per prendere spunti per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti e in particolare per la realizzazione dell’ecodistretto. Il sindaco di Roma partirà domani alla volta di San Francisco e della Silicon Valley, per poi tornare domenica. Ad accompagnarlo, il sovrintendente capitolino Claudio Parisi Presicce.

“Abbiamo diversi obiettivi – spiega Marino – abbiamo tre appuntamenti molto importanti con alcune persone tra le più benestanti del mondo che si sono messe a disposizione per riunire mecenati con grandissime risorse economiche, alcuni con aziende che hanno fatturati che superano i 100 miliardi di dollari l’anno. Ho preparato una serie di presentazioni con video e slides per spiegare la nostra visione di un patrimonio archeologico che riteniamo appartenere a tutto il genere umano”.

Marino parla poi del secondo obiettivo: “Ci stiamo preparando con l’assessore Estella Marino e l’ad di Ama Daniele Fortini alla realizzazione dell’ecodistretto e San Francisco è il punto di riferimento del pianeta per quanto riguarda il riutilizzo dei rifiuti. Faremo un sopralluogo molto lungo con i tecnici dell’ecodistretto di San Francisco che in questo momento è la principale città con ‘Zero waste’, ovvero dove non c’è più necessità di una discarica perchè tutto, dal vetro al cartone alla plastica, viene riutilizzato e rimesso nel ciclo industriale”
http://roma.repubblica.it/cronaca/2014/09/09/news/rifiuti_e_monumenti_marino_vola_in_california_per_trovare_mecenati-95373191/

Lampedusa: il sindaco Nicolini (Pd) consegna l’isola al sicario economico Soros

si sà che è un filantropo e pensa solo al bene della gente…..il comune cerca forza lavoro? caspita, lì c’è la ripresa allora.
Il Soros quanti ne accoglie a casa sua? E la sindaca?mercoledì, 10, settembre, 2014

La “Open society” di George Soros piazza la bandierina al centro del Mediterraneo e punta a diventare la struttura protagonista per le gestione delle politiche migratorie che passano da e per Lampedusa. La fondazione creata dal miliardario statunitense di origini ungherese ha presentato, alla fine di luglio, un documento per la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con l’amministrazione comunale dell’isola, guidata da Giusy Nicolini.
 
Il progetto è stato approvato dal comune alla fine di agosto ed ora gli uffici comunali si accingono a definire i punti di una collaborazione che legherà, almeno in una prima fase, l’isola di Lampedusa alla Open Society per i prossimi sei mesi. Così, dopo aver ammesso il proprio intervento a favore dei nazionalisti ucraini (Soros: “e’ VERO, ho finanziato il colpo di stato in Ucraina”), le fondazioni di Soros ora passano ad occuparsi di politiche migratorie.
 
In che cosa consiste questo accordo per Lampedusa? Per l’organizzazione di Soros, Lampedusa rappresenta un “alleato per il raggiungimento di obiettivi come la lotta alla discriminazioni razziali e la diffusione dell’accoglienza”. Per questa ragione, lo staff europeo del mecenate statunitense ha deciso di “contribuire al potenziamento delle capacità esecutive del Comune di Lampedusa, favorendo così la popolazione ed i suoi ospiti”.
 
Il sindaco Nicolini ha deciso di accettare la mano della Open Society perché, come si legge nel documento che ratifica l’alleanza con la ong internazionale, “il comune di Lampedusa opera in uno stato emergenziale cronico e l’impegno per nuove opportunità di sviluppo del territorio necessiteranno di forza lavoro e competenze da affiancare all’attuale staff”. In pratica, con le sole forze interne all’amministrazione, le attività collegate all’accoglienza sarebbero prossime al collasso.
 
Open society, nel presentare la proposta di collaborazione segna anche il possibile perimetro del suo intervento, garantendo – a costo zero per il comune di Lampedusa – del personale che svilupperà progetti in ambito “culturale, umanitario” e raccogliere e gestire “offerte di solidarietà” a favore della piccola isola, diventata simbolo delle rotte migratorie tra l’Africa e l’Europa.
 
Un primo step di collaborazione, seppur in forma indiretta, è già ai nastri di partenza: si tratta del festival internazionale Sabir, previsto ai primi di ottobre Rai e Presidenza del Consiglio: Festival multiculturale a Lampedusa
 
Leggi il seguito su l’espresso

Obama: raid aerei sulla Siria senza l’Ok del Congresso

martedì, 9, settembre, 2014

Il presidente americano, Barack Obama, sarebbe pronto ad autorizzare bombardamenti aerei in Siria come parte di una più vasta campagna per sconfiggere i jihadisti dell’Isis. Lo scrive il Washington Post, sottolineando come la Casa Bianca non ritenga di aver bisogno dell’ok del Congresso.
La mossa di attaccare in Siria con bombardamenti aerei – sottolinea quindi il Post – rappresenterebbe una notevole escalation nella strategia di Obama.
Russia – Lavrov: l’Occidente può utilizzare ISIS come pretesto per bombardare le forze siriane. Non si puo’ dargli torto

http://www.imolaoggi.it/2014/09/09/obama-raid-aerei-sulla-siria-senza-lok-del-congresso/

Servizi quotati in Borsa e manutenzione “fai da te”. Lo Stato getta la spugna

All’interno della boutade parlamentare di queste settimane, che tra ciò che resta del mese di settembre e soprattutto ottobre si appresta a far arrivare in aula una selva di provvedimenti da approvare, ivi incluso il patto di stabilità che in pratica sarà una nuova manovra da circa 20 miliardi (almeno tale è la cifra che si fa in queste ore), è facile perdere di vista alcuni dettagli fondamentali di quanto sta accadendo o per accadere.

Ma è proprio nei dettagli che sfuggono, invece, che si annidano i più grandi cambiamenti in corso. Mentre per le cose macroscopiche è facile accorgersi di quanto accade – ammesso che ci se ne voglia accorgere o che non si sia del tutto ipnotizzati dal nulla che ci circonda – per le cose più piccole è più difficile coglierne la portata epocale.

Tra queste ve ne è una, nel minestrone comunicativo che sta passando all’opinione pubblica come “Sblocca Italia”, che segna un cambiamento profondo non solo dal punto di vista del linguaggio, ma proprio da quello fattuale. E che riguarda l’Italia nel suo complesso.

Il tema è quello dell’esproprio dalle funzioni e dalle “proprietà pubbliche” di alcuni elementi essenziali i quali vengono spinti, con l’agevolezza tipica del metodo di mala informazione che non consente ai cittadini di conoscere e capire quanto sta accadendo, verso le tasche, o meglio i portafogli, della speculazione. Di chi, cioè, in luogo dal voler svolgere un servizio pubblico, intende invece guadagnare.

A suo tempo, quando correva ancora l’era Berlusconi, ci si provò con l’acqua pubblica, e una mobilitazione di massa, sfociata poi nel referendum, bocciò la possibilità che un bene di tale portata e significato andasse a finire del tutto nelle mani private. Oggi, al terzo governo incostituzionale avallato da Napolitano, ci si prova con altri settori e, appunto, con un cambiamento epocale.

Lo Sblocca Italia di Renzi infatti obbliga – letteralmente: obbliga – gli enti locali che gestiscono alcuni servizi come il trasporto pubblico o il servizio rifiuti a collocarne in Borsa il 60%. In alternativa, si potrà collocare una quota ridotta ma a patto che la parte eccedente venga privatizzata fino alla cessione del 49.9%.

Si nota subito il cambio di passo e la direzione verso la quale si obbliga ad andare. Se fino al 2011, come detto, si puntava alle privatizzazioni, ora si impone di saltare anche questo passo rendendo legge l’obbligo di approdare direttamente in Borsa.
In caso in cui l’ente locale tipo non accettasse tale imposizione, entro un anno dal varo della norma dovrà indire una nuova gara per l’appalto con il rischio di un prolungamento della concessione per la modica durata di 22 anni e 6 mesi.

Naturalmente gli enti locali saranno letteralmente costretti a collocare in Borsa i servizi, perché in questo modo atterranno un po’ di ossigeno per le loro casse esangui. Le somme derivanti dalla cessione delle quote potrebbero essere utilizzate, ad esempio dai Comuni, in deroga alle tenaglie attuali del patto di stabilità. I pratica dovranno farlo obtorto collo. Al momento, né da Fassino né da alcun altro esponente dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) si è levato un solo parere almeno contrario, figuriamoci di sdegno.

Già adesso, qualcuno se ne sarà accorto, si vocifera della possibilità, da parte dei Comuni, di affidare, ovvero cedere – per usare un eufemismo – ai cittadini privati la manutenzione di alcune infrastrutture di stretta vicinanza offrendo loro in cambio uno sconto sulla Tasi (in aumento esponenziale per tutti rispetto all’Ici di una volta): è in pratica una ammissione di bancarotta. Il Comune, non avendo denaro per poter, ad esempio, riparare un manto stradale danneggiato (e sappiamo in quali condizioni versino alcune strade di pertinenza comunale) offrono al cittadino privato la possibilità di farsi carico direttamente della sua riparazione con la promessa di avere in cambio uno sconto, ancora non quantificato, sulle tasse da pagare. In altre parole, il Comune ammette di non avere denaro per poter far fronte alla manutenzione di alcunché, e dunque incita i cittadini a fare a livello personale ciò che lo Stato non è in grado di fare.

Sia nel primo sia nel secondo caso, ribadiamo, si tratta di cambiamenti epocali. Un servizio essenziale, come la raccolta rifiuti oppure il trasporto pubblico, ceduto ai mercati, entrerebbe fatalmente nell’alveo della speculazione più pura. Ad esempio con la perversa logica che vuole, in occasione del taglio di posti di lavoro, che le azioni della azienda interessata acquistino valore dall’operazione. Gli azionisti, puntando al massimo guadagno, spingerebbero i board delle nuove Spa a operare tutta una serie di cambiamenti sul servizio con il solo obiettivo di far salire la quotazione in Borsa. E i propri dividendi. Con buona pace dell’efficienza del servizio stesso.

Sull’altro versante, si assiste poi ai primi segnali evidenti dell’abbandono dello Stato nei confronti delle sue funzioni. Non avendo denaro per fare più nulla, si spinge il privato a fare da sé. È un precedente importante. Perché di pari passo si potrebbe arrivare fatalmente a spingere il privato a fare da sé anche in altri settori ove lo Stato non arriva: oggi la manutenzione e domani? La sanità? L’ordine pubblico?

Non si tratta di una provocazione: è la realtà che sta cambiando di giorno in giorno.

Dal punto di vista della governance è un passaggio chiave: è in atto la trasformazione più brutale del “pubblico” da erogatore di servizi (dopo aver raccolto le tasse) a oggetto per l’espansione degli interessi finanziari e speculativi sulla società e fin dentro ai servizi essenziali locali. È come se d’un tratto le “privatizzazioni” fossero state ormai superate e diventate obsolete, tanto dal far scattare una offensiva ancora maggiore, e imposta per legge, “viste le necessità economiche del momento”, verso l’ulteriore stadio della speculazione: cioè direttamente in Borsa.

Il quadro che si delinea è chiaro da interpretare e scuro per le ricadute sulle società: i servizi più ghiotti verranno divorati dalla gestione dei mercati, quelli meno nobili e di maggiore prossimità al cittadino verranno lasciati dalla gestione statale alla “buona volontà” del singolo cittadino. Che a questo punto, viene facile da sottolineare, non si capisce che cosa dovrebbe più riconoscere allo Stato.

Valerio Lo Monaco
http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2014/9/9/servizi-quotati-in-borsa-e-manutenzione-fai-da-te-lo-stato-g.html

LUC MICHEL: LE CAMEROUN CIBLE ET DESTABILISE

Le duplex de Bruxelles avec ‘Afrique Media TV’ de ce 7 septembre 2014

Filmé en direct par PCN-TV à Bruxelles

PCN-TV - AMTV LM qui déstabilise le cameroun (2014 09 09) FR

 Après l’assaut de Boko Haram dans le nord, voici les Ong occidentales, avec en tête l’ « International Crisis Group » de Söros et Louise Harbour, lancées contre le régime fragilisé de Paum Biya.

Luc MICHEL explique pourquoi Washington est derrière la déstabilisation du Cameroun et pourquoi, suivant la stratégie des dominos, la cible véritable est la Guinée Equatoriale voisine, nouveau centre du Panafricanisme, et son président Obiang Gnema Mbassogo …

 Video intégrale sur : https://vimeo.com/105697694

 Luc MICHEL sur AFRIQUE MEDIA TV

dimanche 7 septembre 2014 dans le ‘Débat panafricain’

avec Bachir Mohamed Ladan.

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 https://vimeo.com/pcntv

https://www.facebook.com/PCN.NCP.TV

KABILA REFUSE D’OBEIR AUX INJONCTIONS D’OBAMA

ET S’APPRETE A MODIFIER LA CONSTITUTION DELA RDC POUR BRIGUER UN 3e MANDAT !

EODE Zone Africa / Avec LLB/ 2014 09 09/

https://www.facebook.com/EODE.africa

http://www.eode.org/ EODE AFRICA - RDC nouvelle constitution (2014 09 09) FR

« Congo: l’étude d’une autre Constitution a déjà commencé » titre LA LIBRE Belgique (Bruxelles) qui écrit ce 9 sept. 2014 que « Comme le révélait, fin août, notre confrère kinois “Le Potentiel”, ce n’est plus une modification de la Constitution congolaise de 2006 qui est envisagée à Kinshasa pour tenter de maintenir le président Kabila au pouvoir, mais une nouvelle loi fondamentale. Et, selon les informations de “La Libre Belgique”, une équipe y travaille déjà dans la capitale congolaise. »

 Le 5 août dernier, à l’occasion du SOMMET USA-AFRICAN LEADERS de Washington, la grand messe voulue par Obama, Kabila rencontrait John Kerry. Et le président de RDC s’était fait sonner les cloches sans aucun doute. La RDC est, avec le Rwanda, le centre de la nouvelle implication des USA dans la région des Grands Lacs. Et Washington ne veut pas d’un troisième mandat de Kabila et le fait savoir inlassablement.

Kabila semble préférer le pouvoir aux conseils intéressés de Kerry et Obama …

 LM / EODE Zone Africa

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No Tav. Fuori Padalino e Rinaudo dal maxiprocesso

I due Pm con l’elmetto non faranno la requisitoria. Troppi quattro Pm per un processo, dice la Procura.

di Massimo Bonato

Ricominciano i processi agli imputati del movimento No Tav  e ricominciano sotto il segno del cambiamento.

I Pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo non faranno la requisitoria al maxiprocesso che volge ormai al termine, entrando nella fase più delicata. Nonostante i due Pm seguano la maggior parte dei processi legati al movimento No Tav, e del maxiprocesso abbiano assistito a tutti gli interrogatori e a tutte le testimonianze, la requisitoria sarà tenuta dai Pm Nicoletta Quaglino ed Emanuela Pedrotta, loro cotitolari.

Troppi i procedimenti legati alla contestazione dell’alta velocità in Val di Susa, e troppi magistrati impegnati nello stesso processo. Per la Procura non si tratta che di redistribuzioni di compiti. Tanto più che lo stesso Rinaudo è stato chiamato a lavorare con il procuratore aggiunto Alberto Perduca alla nascente procura europea, per la quale dovranno definire un pacchetto di reati comuni in tutta Europa (come le frodi comunitarie).

Forse pure un effetto domino che ha scombussolato all’apertura dell’attività processuale l’intero tribunale di Torino. Pensionamenti, a partire da quello di Giancarlo Caselli, ma anche quelli futuri a cui già si pensa (tra tutti valgano nomi come quelli di Maddalena e Guariniello che lasceranno gli incarichi entro la fine del 2015); trasferimenti, come quello di Luciano Panzani, presidente del tribunale di Torino, chiamato a capo della Corte d’appello di Roma; dimissioni, come quelle presentate dal vicario di Panzani, Edoardo Denaro; nuovi arrivi e nuove leve chiamati a ricoprire incarichi rimasti scoperti.

Ma pure, così fosse, resta per i Pm Padalino e Rinaudo da trovare un nuovo impianto accusatorio da presentare al Tribunale del Riesame che bocciò l’accusa di terrorismo ai quattro No Tav in carcere. Un’accusa respinta dalla Cassazione e contraccolpo d’immagine allo stesso Tribunale di Torino.

M.B. 10.09.14

Primi approcci per il Comitato di Pilotaggio della Torino-Lione

Il 5 settembre presso la Regione Piemonte si è tenuto un incontro esplorativo per discutere del Comitato di Pilotaggio per governare le compensazioni e le mitigazioni sul territorio interessato dal progetto Torino-Lione.

di Leonardo Capella

Lo corso venerdì 5 settembre presso l’assessorato regionale ai Trasporti si è svolto un incontro con i sindaci interessati dai lavori della Torino-Lione. L’incontro a cui hanno partecipato tutti i sindaci interessati alla tratta confine di Stato ad Avigliana aveva come obiettivo un confronto sulla legge regionale n.4 del 2011. La legge regionale riguarda sostanzialmente la trattazione degli interventi a favore dei territori interessati dalla realizzazione di grandi infrastrutture con la finalità di limitarne gli impatti e armonizzare le opere di mitigazione e compensazione.

In altre parole un ulteriore tavolo per gestire le compensazioni della Torino-Lione, citata espressamente all’articolo 2 (galleria geognostica della Maddalena e nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione) come ambito d’intervento.

Uno degli organi previsti dalla legge regionale è il Comitato di Pilotaggio, organo politico che deve individuare le strategie e gli indirizzi delle attività da svolgere. L’organismo è composta di diverse figure istituzionali ma è interessante notare come sia previsto un solo rappresentante dei territori interessati dal progetto. 

Sicuramente molto ambiziosi gli obiettivi che i vari comitati previsti da questa normativa si prefiggono che vanno dalla salute e prevenzione, alla tutela ambientale, alla formazione e occupazione, all’offerta abitativa, alla valorizzazione del  materiale di risulta, alla fiscalità agevolata, alla comunicazione, terminando con attività espropriativa. Per tutte queste attività è prevista la misera somma di 200.000 euro, riteniamo largamente insufficiente anche solo a rendere credibile il progetto.

L’assessore regionale ai Trasporti, Francesco Balocco ha commentato la riunione con queste parole: “La presenza di tutti i sindaci ha rappresentato un segnale importante. Dopo anni di mancanza di dialogo è stata un’occasione per confrontarsi, sia pure dalle rispettive posizioni, sui molti punti aperti. Sia pure ribadendo con forza la loro contrarietà all’opera, i rappresentanti delle comunità interessate si sono dichiarati disponibili a partecipare al comitato di pilotaggio ed a lavorare insieme per cogliere quanto di positivo può venire a livello di ricaduta sul territorio. Come Regione faremo ogni sforzo affinché sia possibile contenere i disagi e massimizzare i benefici relativi agli interventi di accompagnamento”

Leggendo fra le righe di quanto dichiarato dall’Assessore risulta evidente la partecipazione, all’interno del gruppo dei sindaci, di amministratori eletti con programmi No Tav. Questo desta molta preoccupazione alla luce delle passate strumentalizzazioni dei vari tavoli a cui i rappresentanti istituzionali No Tav parteciparono. Preoccupazioni accentuate anche dal fatto che il Comitato di Pilotaggio ha come punto di partenza la gestione delle compensazioni che in più momenti gli amministratori No Tav hanno rinnegato.

L.C. 10.9.14