Strano fenomeno a Sydney,spiaggia viene invasa da alghe sferiche

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La spiaggia di Dee Why, a nord di Sydney, si è resa protagonista di uno strano fenomeno per via della comparsa di strane palle verdi sulla sabbia. Questi oggetti galleggianti che si sono arenati lungo la riva hanno lasciato perplessi i residenti locali che stanno cercando ancora di capire l’origine delle misteriose sfere. Migliaia di queste sfere che misurano circa sei centimetri
di diametro sono apparse durante la scorsa notte. Il professor Alistair Poore, dell’ UNSW ha spiegato: “Sono in realtà una forma davvero insolita di crescita di alghe, soprattutto perché crescono sulle rocce e spesso vengono trascinate via dalle onde del mare che le fanno rotolare sul fondale formando in questo modo queste belle palline”.“E’ un fenomeno insolito che è stato visto solo una manciata di volte in tutto il mondo”, ha concluso il professor Poore.
 

Un nuovo pericolo nell’Artico, gli scienziati scoprono la ‘neve nera’

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Un team di scienziati ha scoperto in Artico un’intera area ricoperta di ‘neve nera’. Il team, guidato da Jason Box del Geological Survey of Denmark and Greenland, ha trascorso l’estate nel Circolo Polare Artico con l’obiettivo di rilevare e documentare l’allargamento dei ghiacci in Groenlandia e, invece, si è imbattuto in una grande
area completamente ricoperta da neve scura, molto più ampia di quanto mai immaginato. “Ero davvero sorpreso” ha detto Box a Slate.com non nascondendo la sua sorpresa e la sua preoccupazione. Gli scienziati hanno infatti scoperto che l’area, a 67 gradi latitudine nord, a 1.010 m sul livello del mare, “il ghiaccio quest’anno non era un po’ scuro, era decisamente scuro” ha commentato Box sottolineando di non aver “mai visto una cosa simile”. Questo strato di scura fuliggine può essere una nuova minaccia per l’Artico perchè riduce la riflettività del ghiaccio e lo fa sciogliere più rapidamente. Come membro del Servizio Geologico della Danimarca e della Groenlandia, Box ha viaggiato dalla Groenlandia alla sua casa a Copenaghen per rintracciare la fonte della fuliggine che sta accelerando la scomparsa dei ghiacciai. Uno studio che lo scienziato ha chiamato appunto “Neve scura”.
 

OBAMA STA PAGANDO SALARI MENSILI A MIGLIAIA DI RIBELLI SIRIANI

23 SET 2014
 
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Di Jim Hoft
 
Da luglio 2014, l’Esercito Siriano Libero, supportato da Obama, il Fronte di Al Nusra e l’ISIS si sono uniti nella lotta al regime di Assad. Secondo un comandante dell’Esercito Siriano Libero, l’unione delle forze era necessaria per il “bene comune”.DAILY JIHAD: OBAMA’S ‘VETTED’ FREE SYRIAN ARMY JOINING FORCES WITH ISLAMIC STATE TERROR GRO  )
Da allora, l’ISIS è andato in giro per il califfato sulle sue Toyota Hilux nuove di zecca, pagate dai contribuenti statunitensi.
 
E ora l’amministrazione Obama sta pagando a ribelli siriani “selezionati” dei salari mensili. Gli ufficiali hanno affermato che l’amministrazione ha approvato la spesa di “decine di milioni di dollari” per pagare i salari agli agenti di polizia che si sono uniti ai ribelli. Gli USA stanno pagando ai poliziotti siriani disertori 150 dollari al mese per combattere insieme ai ribelli.
 
Riporta il New York Times: ( U.S. Goal Is to Make Syrian Rebels Viable)
“In un ufficio segreto vicino al confine siriano, agenti dell’intelligence degli Stati Uniti e dei loro alleati stanno preparando le basi per quella che sperano diventerà un’efficace forza di ribelli siriani che servirà da fanteria di terra nella battaglia internazionale contro l’estremista Stato Islamico. L’ufficio, il Comando per le Operazioni Militari, ha rallentato i finanziamenti ai gruppi islamisti, pagato i salari a migliaia di ribelli “selezionati” e dato loro munizioni per aumentare la loro forza sul campo di battaglia.
 
Ma perfino i maggiori beneficiari del programma (i ribelli stessi) riconoscono che trasformare questo gruppo relativamente piccolo in una forza capace di sfidare il ben finanziato e ben armato Stato Islamico richiederà un enorme aiuto dai suoi sostenitori stranieri.
Nella strategia del presidente Obama per costruire una coalizione internazionale che combatta lo Stato Islamico senza le truppe americane, questi ribelli moderati si prospettano come la forza migliore per combattere gli estremisti in Siria.
 
Mentre la Camera mercoledì e il Senato giovedì hanno approvato un pacchetto di aiuti per i ribelli, al momento questi sono pieni di problemi, ben lontani dal diventare una forza capace di fronteggiare i combattenti fanatici ed esperti dello Stato Islamico.” (Ndt.: riecco il New York Times che costruisce la favola dei ribelli buoni da aiutare contro il malefico ISIS, peraltro sempre finanziato da USA e alleati. La solita strategia massonica di creare due fronti opposti e armare entrambi per poi dirigerli verso il risultato desiderato).
Traduzione: Anacronista
 
Nella foto in alto: un gruppo dell’”Esercito Siriano Libero”, i preferiti da Obama
http://www.controinformazione.info/obama-sta-pagando-salari-mensili-a-migliaia-di-ribelli-siriani/#more-6771

ART. 18? OPERAI E IMPIEGATI, SE NON LO AVETE CAPITO VE LO RIPETO, NELL’EURO SIETE “MORTI CHE CAMMINANO”

di  Maurizio Gustinicchi

Questa mattina voglio spargere palate di notizie meravigliose.
Partiamo dall’analisi semiseria dell’operato (altrettanto semiserio) di un governo di incompetenti e sognatori.
Il PIL del terzo trimestre forse supererà (in peggio) quello dei primi 2, forse farà -0,5, e forse la decadenza di questo ultimo periodo registrerà ulteriori grandissimi successi del SALSICCIAIO:
– crollo della produzione industriale;
– crollo senza fine dei consumi;
– caduta illimitata degli investimenti fissi lordi.
Eppure il salsicciaio, che non capisce proprio da quale parte del corpo il serpente vada preso (se per la coda o per la testa), continua a voler fare cose senza senso, tipo:
– la riforma del senato;
– la legge elettorale;
– la riforma del lavoro.

Nessuna di queste BISCHERATE porterà alcun risultato al paese e sapete perché?
Perché nel paese esistono due tipologie di aziende:
1) quelle che hanno il ciclo integrato nel paese (e non possono andarsene) o con alta tecnologia e basso impiego della manodopera (rispetto ai materiali o all’innovazione);
2) le altre.

Le prime non se ne andranno mai dal paese ma hanno talmente tanti margini che possono permettersi di pagare fior di consulenti per sfruttare le leggi europee ed eludere abilmente la tassazione dello stato.
Le seconde, e tra esse abbiamo molte imprese di eminenti esponenti del governo o di confindustria (vedi Squinzi), sono già delocalizzate da tantissimo tempo.
Queste seconde, sono quelle che ogni giorno decretano il peggioramento dei conti pubblici e degli indicatori che ci parlano dello stato della nostra economia (produzione industriale, disoccupazione, ecc. ecc).
Nonostante quel che pensa Cofferati, il quale a LA7 oggi ha detto:
“non serve la riforma del lavoro e neanche abbatterne il costo, perché le aziende assumano dobbiamo rilanciare la domanda con investimenti in infrastrutture e in ricerca e sviluppo perché le aziende”.

In realtà abbiamo due problemi grossi per riportare in Italia queste aziende:
1) la Slovenia ha manodopera che costa 700 euro lordi (contro un minimo di 2.500 del nostro operaio che prende solo 1.100 euro netti il mese), la Croazia più o meno ha lo stesso costo, la Bosnia sta a 400 euro il mese, la Serbia pure, per non dire dell’Albania dove il salario medio è di 200 euro.
Con queste cifre, a parità di fatturato a fine anno, un qualunque imprenditore già con 20 dipendenti ha un miglioramento del MARGINE OPERATIVO LORDO di almeno 400.000 euro annui ed oltre…..E CHI RITORNA PIU’ IN ITALIA.
Dunque, come vediamo, l’articolo 18, averlo o non averlo, non fa 36….fa “0?, è assolutamente ininfluente (a meno che non si desideri utilizzare la sua eliminazione come strumento di marketing verso le multinazionali).
2) la tassazione, che in Italia supera abbondantemente il 20% in UK, il 18% della Slovenia o lo 0% (a determinate condizioni ) della Bosnia. Sì, 0%, ovvero ESENZIONE TOTALE PER L’AZIENDA ESTERA CHE SI TRASFERISCE in quel paese.
ADESSO VEDIAMO SE POSSIAMO FARE LE RIFORME STRUTTURALI PER FAR CRESCERE IL NOSTRO PAESE:
A – POSSO PORTARE GLI STIPENDI DA 2500 EURO LORDI A 700 LORDI ? NO, PERCHE’ NOI DOBBIAMO PAGARE LE PENSIONI (300 MILIARDI DI EURO L’ANNO) A CHI LE PERCEPISCE OGGI…..QUINDI AL MASSIMO POTREMMO OTTENERE UNA CIFRA LORDA DI 1.100 EURO IN CUI 800 SARANNO I CONTRIBUTI E 300 IL NETTO ALL’OPERAIO (DATI 22 MILIONI DI LAVORATORI OTTERREMMO ALL’INCIRCA QUANTOMENO 220 MILIARDI DI EURO…..(questo significa comunque dover sostenere un taglio delle pensioni di almeno il 25%;
A.bis – è ipotizzabile un taglio del 25% delle pensioni? Secondo me no!
B – POSSO PORTARE A ZERO LA TASSAZIONE PER LE AZIENDE DI NUOVA COSTITUZIONE O LE NUOVE MULTINAZIONALI CHE ENTRANO NEL PAESE? MA NON SE NE PARLA NEANCHE, SERVONO ALMENO 220 MILIARDI DI IRPEF E IRES E 40 DI IRAP….. ..se già taglio sui contributi di almeno 80 miliardi le tasse dirette non possono calare….ERGO DATO CHE GLI STIPENDI CALANO….LE TASSE DOVRANNO AUMENTARE PER FORZA…ANZICHE’ DIMINUIRE….
IN PRATICA, SE NON SI TORNA ALLA LIRA E (FORSE) NON SI ADOTTANO Q.E. A BASE DI PIZZA DE FANGO, VA A FINIRE CHE O MUORE LO STATO PER INERZIA, E DOPO GLI ITALIANI, O PER NON MORIRE LO STATO QUESTI TRASFORMA STIPENDIATI E SALARIATI IN CADAVERI CHE CAMMINANO!
E ora?
Ora, avendo i dipendenti pubblici e i pensionati votato PD e volendo il PD difendere i salari dal TAGLIO SUGGERITO DAL FMI, forse si riuscirà ad evitare i tagli suesposti pagando il misero prezzo dell’inutile Articolo 18!

E sapete questo cosa comporterà?
IL PARTITO DEMOCRATICO INNALZERA’ ANCORA DI PIU’ LA TASSAZIONE, INVECE DI RIDURRE IL COSTO DELLA MANODOPERA AL FINE DI FAR RIENTRARE GLI INDUSTRIALI NEL PAESE, NEL DISPERATO TENTATIVO DI TRASFORMARE 22 MILIONI DI METALMECCANICI E FALEGNAMI A DIVENTARE 22 MILIONI DI CHIMICI E MICROBIOLOGI CHE POSSANO PRODURRE AD ALTO VALORE AGGIUNTO E PAGARE QUESTE TASSE OGNI GIORNI PIU’ ELEVATE.
NEL FARE QUESTO, SI COSTRINGERANNO SEMPRE PIU’ IMPRESE E PROFESSIONISTI AD EMIGRARE DOVE TROVANO CONDIZIONI MIGLIORI.
E SE OGGI SAREBBE POSSIBILE CONTENERE LA SUESPOSTA FUORIUSCITA CON UN BUON TAGLIO AI SALARI E ALLE PENSIONI (CIRCA 30%),…… SEMPRE DI PIU’ SI AVVICINERA IL MOMENTO IN CUI CHI LAVORA E CHI VIVE DI PENSIONI SARANNO LETTERALMENTE MASSACRATI:
– DEAD
– ON
– ARRIVE !

Fonte: Scenari Economici
http://www.controinformazione.info/art-18-operai-e-impiegati-se-non-lo-avete-capito-ve-lo-ripeto-nelleuro-siete-morti-che-camminano/

L’obiettivo di Renzi: lavoratori tutti uguali e tutti sfruttati

di Eugenio Orso

Da molto tempo la propaganda sistemica, per giustificare lo smantellamento delle difese dei lavoratori, utilizza subdolamente i temi della precarietà e della disoccupazione, anche se dovrebbe essere evidente, soprattutto a chi vive situazioni di precarietà, di lavoro nero e di assenza di occasioni lavorative, che i contratti a termine del precariato e la disoccupazione di massa è lo stesso sistema ad averli diffusi, fino a esaltare la “spaccatura” nel mercato del lavoro italiano, che oggi possiamo osservare con estrema chiarezza. Si tratta di una tripartizione che genera squilibri e ingiustizie sociali, non producendo alcun effetto positivo per la produzione, i redditi e i consumi, come ci insegna un’esperienza ultradecennale.

Il mercato del lavoro è così tripartito:

1) Lavoro “garantito”, cioè quello ancora tutelato dalla normativa vigente e dallo statuto dei lavoratori degli anni settanta, che sta diventando sempre di più l’ultima “ridotta”, particolarmente nel pubblico impiego, dei diritti e delle tutele concesse ai lavoratori. E’ destinato progressivamente a scomparire, perché troppo “oneroso”, sia in termini di costi, sia in termini di “privilegi” concessi ai lavoratori protetti, in ossequio agli interessi degli agenti strategici neocapitalistici, ben tutelati dai loro servitori politici locali. Obiettivo di attacchi continui e reiterati (Sacconi, Brunetta, Renzi), addirittura d’insulti e di criminalizzazione (Ichino, i “nullafacenti” della pubblica amministrazione) il lavoro stabile, garantito e a tempo indeterminato è contrario all’ideologia neoliberista dominante e, per tale motivo, deve essere portato a estinzione. La stabilità del lavoro e le garanzie offerte dal comunismo, dal fascismo, dal keynesismo postbellico, non appartengono in alcun modo alla liberaldemocrazia di mercato, espressa dal grande capitale finanziario.

2) Lavoro precario, flessibile, interinale, introdotto in Italia nella seconda metà degli anni novanta e dilagato progressivamente nei duemila, figlio naturale del cosiddetto toyotismo. Dal “just in time”, applicato una prima volta negli anni settanta, per razionalizzare le scorte, dall’industria automobilistica giapponese (la Toyota, appunto), compiendo un passo successivo di grande rilevanza sociale e antropologica, si è deciso di estendere il “toyotismo” e di pagare i lavoratori esclusivamente per il tempo di lavoro, utilizzando il “servizio lavorativo” quando necessario per esigenze produttive. Da questo punto di vita, chiaramente economico e di organizzazione della produzione, l’imposizione del lavoro precario mira a razionalizzare l’uso del fattore-lavoro comprimendone all’estremo i costi, come nel caso delle materie prime, dei pezzi da assemblare, delle scorte, dei semilavorati. E’ chiaro che il precario non è un cittadino, nel mondo neocapitalistico, ma soltanto l’anonimo prestatore di un servizio lavorativo, che si tende a pagare sempre meno, riducendone l’incidenza sul costo di produzione. Quella dell’imposizione di soli contratti a termine e precari, in un progressivo e rapido evaporare dei diritti, è la strada scelta dagli agenti strategici neocapitalistici per l’Italia, ed è esattamente la consegna che hanno dato ai lacchè subpolitici, come Matteo Renzi.

3) Lavoro nero, senza oneri contributivi e prelievi fiscali, senza alcuna garanzia e diritto. Realizza il massimo della flessibilità/precarietà del lavoratore, alimenta l’evasione e garantisce un significativo risparmio di costi. Con il declino produttivo in accelerazione e la disoccupazione galoppante, anche il lavoro nero entra in crisi, riducendosi il numero degli occupati, non pagando i lavoratori e aumentandone lo sfruttamento.

Se questa è la situazione, Renzi spergiura di voler rinnovare il mercato del lavoro dalle fondamenta, introducendo un nuovo contratto d’ingresso che partirebbe da una condizione di precarietà per arrivare alle chimeriche tutele. Dichiara di voler semplificare e di voler estendere le opportunità di lavoro anche a chi, oggi, ne è escluso. Dichiarazioni chiaramente mendaci, le sue, che nascondono l’unico esito possibile della riforma: rendere il lavoro precario contrattualizzato (di cui al punto 2) assolutamente prevalente.

La CGIL, messa con le spalle al muro, non può approvare il “piano lavoro” renziano apertamente, ma deve fingere di attaccarlo, deve contestarlo con enfasi e risonanza mediatica. Perciò si erge a difesa di quel vecchio simulacro che ormai è diventato lo statuto dei lavoratori, che ancora sbarra la strada, con l’articolo 18, ai sogni liberisti, europeisti “alla Benigni”, occidentali, di libertà, cioè, nel concreto, alla realizzazione di una precarietà assoluta e generale.

Renzi e i suoi accoliti vogliono realizzare i “sogni” dei padroni neocapitalisti, unificando il mercato del lavoro italiano sotto il segno, non dei pesci, ma della precarietà fin dall’inizio della vita lavorativa. La cgil dell’orripilante Camusso, legata a doppio filo al pd, deve obbligatoriamente fingere di opporsi e di tutelare gli iscritti, per trattenere tessere e consensi. La cosa, in effetti, puzza di bruciato, di contrapposizione sul piano mediatico-propagandistico che non fermerà “il nuovo che avanza”, rullando i lavoratori. In prima battuta, il contratto d’ingresso senza diritti per i nuovi assunti, poi, in futuro, l’abolizione del tempo indeterminato anche per i “vecchi” lavoratori. Non si può partecipare troppo apertamente al massacro, questo i vertici della cgil lo sanno bene, perciò si oppongono alla riforma, a costo di passare per “conservatori”!

Uno scontro fra “parenti serpenti”, quello fra Renzi e Camusso, disposti a coprirsi a vicenda di contumelie, a fronteggiarsi tirandosi piatti e soprammobili ma uniti da vincoli “di sangue” e di appartenenza. Più che altro, l’ennesima recita infarcita di imbrogli, finzione e malafede, per truffare gli italiani.

E’ bene analizzare di seguito ciò che ha dichiarato in proposito Renzi, in un video presente su You Tube della durata di due minuti e mezzo. Le parole e i buoni propositi espressi dal furbetto neoliberista, in polemica col sindacato, nascondono le sue vere intenzioni nei confronti del “popolo lavoratore”, non dissimili da quelle di Draghi, della Lagarde, di Junker, a lui ideologicamente affini.

La CGIL avrebbe deciso l’attacco al governo, secondo Renzi, che accetta la “sfida” della Camusso (sicuro di vincerla, a quanto sembra) e nega di aver in mente Margaret Thatcher quando si parla del lavoro. Infatti, possiamo scommettere che lui non incontrerà una resistenza sanguinosa come quella opposta alla Thatcher dai minatori britannici di Arthur Scargill (dal 1984 al 1985), ma, al più, le blande resistenze di maniera della cgil all’abolizione dell’articolo 18.

Per questo Renzi dichiara in video di non preoccuparsi di uno scontro del passato, ideologico, come non si preoccupa della Thatcher, ma di Marta, di 28 anni, che non ha la possibilità di avere il diritto alla maternità. Lei sta aspettando un bambino, ma a differenza delle sue amiche, che sono dipendenti pubblici, non ha nessuna garanzia. Perché? Perché in questi anni si è fatto cittadini di serie A e di serie B. Pensa a Giuseppe di 50 anni che non può avere la cassa integrazione, o a chi, piccolo artigiano, è stato tagliato fuori da tutte le tutele. Magari la banca gli ha chiuso i ponti e improvvisamente si è trovato dalla mattina alla sera a piedi. Come si nota, con molta malizia tira in ballo una precaria che non può andare in maternità, ma solo per stigmatizzare la tutela finora concessa ai dipendenti pubblici – come se fossero loro i colpevoli della situazione di Marta – fra i quali le sue amiche che hanno il diritto alla maternità. Perché non toglierlo anche a loro, questo diritto, per una questione di giustizia, rendendo i cittadini tutti uguali? Perché non ridurre tutti come Giuseppe, senza cassa integrazione, o come il piccolo artigiano (una sorta di “piccola fiammiferaia” dei nostri tempi, che suscita tenerezza), rovinato dalle banche? Il suo vero piano, incentrato sull’estensione massima della precarietà lavorativa, è ridurre tutti a cittadini di serie B, senza discriminazione alcuna, come Marta, Giuseppe e il piccolo artigiano. In ciò, ha incidentalmente ragione la Camusso, che si oppone per ragioni di sopravvivenza del centro di subpotere sindacale alla “radicalità” liberista della riforma renziana.

Renzi e i suoi pensano ai co.co.co. e co.co.pro., pensano a quelli ai quali non ha pensato nessuno in questi anni. Condannati a un precariato a cui il sindacato ha contribuito, preoccupandosi soltanto dei diritti di qualcuno e non dei diritti di tutti. Loro non vogliono il mercato del lavoro di Margaret Thatcher, ma i cittadini tutti uguali sul mercato del lavoro (nel senso prima esplicitato, però), un mercato del lavoro giusto e regole giuste, non che dividono sulla base della provenienza geografica e non regole complicate. Se poi con queste regole nuove aziende, multinazionali e non solo, verranno a investire in Italia e creeranno posti di lavoro, si potrà finalmente dare il lavoro a chi non ce l’ha. Così s’introduce il tema dei capitali stranieri che devono tornare a investire in Italia, ma che lo faranno, come sappiamo, solo se il lavoro sarà debitamente flessibilizzato, offerto a prezzi stracciati e a condizioni di semi-schiavitù. Renzi è felice, come ha dichiarato più volte, se i grandi squali “investono” in Italia, facendo lo shopping di aziende a prezzi di fine stagione, anche se poi chiudono e spostano le produzioni in estremo oriente o nell’Europa dell’est.

Ai sindacati che vogliono contestarlo (Camusso, Landini) Renzi dice: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia che ha l’Italia? L’ingiustizia tra chi il lavoro ce l’ha e chi non ce l’ha, tra chi ce l’ha a tempo indeterminato e chi è precario e soprattutto tra chi non può neanche pensare a costruirsi un progetto di vita, perché si è pensato soltanto a difendere le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente. Sono i diritti di chi non ha diritti che ci interessano e noi li difenderemo in modo concreto e serio. Commovente. I diritti di chi non ha diritti. Una frase di sicuro effetto alla papa Francesco (non d’Assisi, ma de Xavier, gesuita). Così, per difendere gli ultimi, si abolisce la tutela dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori per i nuovi assunti “a tutele crescenti”, in modo tale che l’ingresso nel mondo del lavoro sia sempre e comunque precario. A questo, forse, non ci aveva pensato neppure Marco Biagi (n. 1950, giustiziato nel 2002), il giuslavorista e consigliere ministeriale da laboratorio, che ha contribuito a inoculare il virus della precarietà nella società italiana. Sulla concretezza e sulla serietà dell’impegno, trattandosi di Renzi, è lecito avanzare qualche dubbio.

Su una cosa, però, ha ragione l’imbonitore fiorentino, in polemica strumentale con la  CGIL: ciò che è accaduto ai lavoratori negli ultimi decenni, tutte le ingiustizie che hanno subito, portano anche la firma dei sindacati, che hanno favorito, in modo più o meno scoperto – scopertamente la CISL, più subdolamente la CGIL e ancor più nascostamente la Fiom – la “discesa negli inferi” neoliberista del lavoro, siglando contratti-truffa e accordi-capestro, avallando riforme antipopolari, facendo carne di porco persino dei loro iscritti.

Fonte: Pauperclass
http://www.controinformazione.info/lobiettivo-di-renzi-lavoratori-tutti-uguali-e-tutti-sfruttati/#more-6758

27 settembre: carovana notav da Lanslebourg a St. Jean de la Maurienne

post 11 settembre 2014 at 15:03

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Ancora una volta i No Tav francesi continuano a proseguire l’opposizione contro il Tav in Francia e con l’ausilio dei notav italiani, hanno convocato una manifestazione per sabato 27 settembre nei pressi del valico del Moncenisio. La mobilitazione è indetta dai Comitati contro la Lyon-Lurin (Cclt) ed il programma della giornata prevede due carovane di manifestanti che partendo da Lanslebourg, arriverano nella piazza principale di St. Jean de la Maurienne. La Carovana ha scopo informativo e delle bande musicali accompagneranno i notav ungo il tragitto.

In sintesi il programma dovrebbe essere

ore 9: Concentramento dei NOTAV Italiani e Francesi a Lanslebourg

ore 9.30: partenza delle 2 Carovane

Carovana 1 attraversamento dei comuni Termignon e Bramans 

Carovana 2 attraversamento dei comuni Sollières e Aussois

Tra le ore 11 – 11.30 arrivo a Modane delle 2 carovane nella piazza davanti la Rizerie (edificio all’interno del quale ha sede il museo della nuova linea ferroviaria Lyon-Torino) dove si sta svolgendo l’Assemblea Generale della Federazione dei Gemellaggi Savoie-Piemont-Val d’Aoste, patrocinato da LTF.

Qui ci sarà un presidio per denunciare la strumentalizzazione del gemellaggio. 

(Programma del gemellaggio:

http://bardonecchiamodanefourneaux.blogspot.it/2014/09/modane-automne-italien-26-sept-5-oct.html)

Ore 12 -14.30, nella piazza principale di Villarodin-Bourget, pranzo al sacco, ma con insalata, dessert e bevande offerte dagli organizzatori francesi; un momento d’incontro e conoscenza delle varie realtà NoTav italiane e francesi con cibo e musica.

Ore 14.30 – 15.15 attraversamento di Modane-Gare (stazione) e Fourneaux. Alcune auto saliranno a St André, le Freney et La Praz (discenderia).

Ore 15.30 – 16.15 attraversamento di Saint Michel. 

Ore 16.40 la carovana 1 entra in St Martin la Porte (discenderia).

Ore 16.40 la carovana 2 si dirige a St Julien Mont Denis (smarino, nuova galleria esplorativa).

Ore 17.15 – 18.30 conclusione della carovana con un presidio in piazza del Forum nel centro di St Jean de Maurienne: interventi, musica, minestra calda e forse qualcos’altro…..

“Soffermarsi sulla responsabilità individuale non è in grado di restituire quel sentimento collettivo” – le dichiarazioni spontanee degli imputati – 24/09/2014

http://www.tgmaddalena.it/udienza-processo-terrorismo-diretta-24092014/ 

dichiarazioni2

“Che non fossi li’ con l’intento di perseguire il terrore lo può’ capire qualsiasi persona dotata di buon senso…  che fossi li per manifestare una volta di più la mia radicale inimicizia per questo cantiere e se possibile sabotarne il funzionamento, ve lo dico io stesso.” Le dichiarazioni spontanee degli imputati.

Aula bunker, sono le 9:00 quando arrivano i primi solidali. All’interno dell’aula un nutrito gruppo di Carabinieri, apparentemente un meeting per organizzare il dispositivo di sicurezza. Entro e inizio a preparare l’attrezzatura, intanto arrivano anche i primi avvocati, alcuni agenti della Digos, e il PM Padalino. Arrivano anche gli avvocati della difesa, ancora non si vedono gli imputati.

9:20 entra la corte. Il Presidente restituisce ai legali la consulenza. Entra la prima teste, Maria Carla Boldino, il presidente prende atto che viene dato al perito l’incarico di trascrivere l’intercettazione ambientale, un file audio che, secondo il PM Rinaudo ha un ottimo audio, in quanto è stato fatto un primo intervento di pulizia dei rumori di fondo. Il perito è autorizzato a servirsi di ausiliari e prende atto dell’esistenza del file audio che potrà acquisire. Il Presidente evidenzia che c’è una certa urgenza, Rinaudo spiega che il dialogo dura 40 minuti (ambientale) ma la parte rilevante è di 15 minuti, “prima parlano solo su cosa devono mangiare”. “Trascriviamo tutto”, aggiunge Rinaudo, “ma il nucleo centrale è poco più di 20 minuti”. Il Presidente concede 30 giorni. Il risultato sarà presentato il 6 novembre. Il Presidente chiede se le parti nominano qualche consulente, l’avv. Novaro spiega che riserverà la nomina di un proprio consulente, le accuse nominano l’ing. Giuseppe Dezzani che è quello che ha già effettuato la prima trascrizione. L’inizio operazioni è fissato per il 29 settembre, in via Avigliana 52, ore 12:00.

Avv. Pelazza rideposita copia del brogliaccio esibita alla presenza del teste Musco. Viene fatto accomodare il teste Morelli, che acconsente ad essere ripreso. Dopo il giuramento di rito si accomoda al suo posto. Pietro Morelli, in servizio presso la Questura di Bologna in qualità di dirigente della squadra mobile.

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PM: lei ricorda se nel maggio del 2013 la squadra mobile di Bologna avesse un’attività d’indagine con particolare riferimento a intercettazioni telefoniche nel corso delle quale sono stati captati dei dialoghi inerenti una vicenda che aveva rilievo per la zona qui del Piemonte? Teste: si PM Vuole dare qualche indicazioni a questo tribunale e come siete venuti a sapere che le problematiche non erano riferenti a indagini vostre? Teste la mia sezione narcotici in quel periodo, maggio 2013, aveva in atto un’attività investigativa su un gruppo di criminali dell’est europeo, che erano dediti al traffico di sostanze stupefacenti, in particolare di eroina, agivano nel territorio dell’Emilia Romagna e altrove. I nostri indagati fornivano a loro volta dei cittadini del Magreb di eroina. I soggetti in indagine si rifornivano da alcuni loro connazionali che agivano in Piemonte. Nel corso di quest’attività, in occasione dell’arresto di uno dei trafficanti, rinvenimmo una scheda telefonica che era in uso ad un albanese ma era intestata fittiziamente a un cittadino iracheno. Come accade in queste circostanze uno dei miei uomini ebbe l’intuizione di verificare presso tutti i gestori se quel cittadino iracheno, le cui generalità erano state utilizzate dall’albanese per non far risalire a sé l’utenza, avesse intestate altre schede telefoniche. Scoprimmo che a nome di quel cittadino iracheno erano state attivate nello stesso giorno, il 15 gennaio 2013, altre due schede telefoniche. Il 13 maggio del 2013 chiedemmo alla procura distrettuale di Bologna di sottoporre con decreto d’urgenza ad intercettazione telefonica, nella convinzione che fossero in uso ai trafficanti, fornitori degli albanesi. In realtà, sin dall’attivazione dell’intercettazione, ci rendemmo conto… le intercettazioni cominciarono verso le 20 del 13 maggio 2013, che in realtà questa utenza, 327-1137169, era invece anziché albanese, era in uso a italiani sostanzialmente. Tra l’altro noi quest’attività d’intercettazione, trattandosi di attività volta a intercettare trafficanti di droga solitamente la facciamo con il sistema “positioning”, il gestore telefonico fornisce ogni 15 minuti un dato che localizza sul territorio l’utenza. Avendo ascoltato tutte le conversazioni a partire dalle 20 del 13 maggio fino alle 21 registriamo una serie di conversazioni, gli utilizzatori sono diversi, vari soggetti, altre conversazioni nel corso della notte, alle 4 del mattino, altre ancora alle 13 del 14 maggio. Riascoltando tutto facciamo un quadro che sostanzialmente queste persone nel conversare tra loro è come se segnalassero il movimento di persone e di macchine. Non credo di poter dire quale fosse il contenuto ma genericamente penso di poter rappresentare che si segnalasse la partenza in movimento di gruppi di persone, come se ci fossero delle vedette, era evidente che c’era qualcosa di strano e di illecito, e da subito capimmo che era un’attività diversa da quella supposta… Poi grazie al sistema del POSITIONING collocammo tutte queste conversazioni nell’area della Val di Susa, quindi quando poi dai media si ebbe notizia di un attentato, mi recai immediatamente dal commissario di Bologna che ci coordinava l’attività di indagine e ci rendemmo conto che quelle conversazioni erano riferibili a quello che era successo e quindi queste utenze, queste attività, la Procura distrettuale di Bologna si mise in contatto con la Procura competente del territorio e trasmettemmo gli atti relativi, tutti gli atti riferibili all’evento registrato. Presidente: era una, l’utenza che avevate monitorato? Quella dell’iracheno? Teste: No, noi avevamo una serie di utenze riferibili all’iracheno. Una quella che ci consenti’ di fare la richiesta ai gestori. Fermammo l’albanese e aveva con se una scheda intestato all’irachenochiedemmo a tutti i gestori se fossero state attivate altre schede a nome di quest’iracheno e le mettemmo sotto controllo. PM: Voi intercettaste tutte le schede? Teste: si, chiedemmo al GIP di mettere sotto controllo tutte le schede, un lotto di schede riferibili a quell’iracheno, perché solitamente è un sistema in uso tra i criminali, quello di comprare nello stesso posto 10-20 schede per volta, infatti spesso mettiamo sotto controllo i progressivi successivi, quindi in virtu’ di questo ragionamento richiedemmo l’intercettazione di queste utenze. Poi però per una ci sbagliammo perché non era in uso a un trafficante di droga ma era in uso a degli italiani. PM: Ma tutte queste schede, le tre schede, erano state attivate a Milano? Teste: io ho memoria di due schede attivate lo stesso giorno presso un dealer di corso novara 10 di Milano, intestate allo stesso cittadino, credo fosse il 15 gennaio 2013. Poi c’era la terza, non ne ho il ricordo, evidentemente  è quella che poi è stata trovata all’albanese che fu arrestato, quando fu arrestato aveva una serie di schede e  una era intestata al cittadino iracheno. PM: E invece le altre due, quelle intestate sempre allo stesso cittadino e attivate dal dealer di Milano le avete intercettate tutte e due, una è oggetto di trasferimento alla procura di torino, e l’altra? E’ ancora attiva? Se puo’ rispondere Teste: su questo non ricordo, sinceramente… PM: L’altra non aveva nulla a che fare con le vicende di cui ci stiamo occupando oggi? Teste: no, assolutamente no. PM: Voi avete intercettato solo questa utenza che avesse una valenza investigativa per i fatti di cui ci stiamo occupando, finale 169? Teste: si, la 169 finale. PM: E durante l’ascolto avete avuto modo di capire se quest’utenza dialogasse con più utenze o sempre con una sola utenza? Teste: no, dialogava con almeno altre 4 o 5 utenze. PM: Quando lei ha detto “dal contenuto delle conversazioni abbiamo avuto modo di capire che si stessero riferendo a spostamenti, a movimenti di macchine”, se vuole essere più preciso Teste: si, per il passaggio di automezzi e macchine venivano indicati colori, targhe, si fece anche riferimento al passaggio di una macchina della DIGOS, poi con la verifica del sistema POSITIONG verificammo che tutte le conversazioni in uscita verso altre 4 o 5 utenze in uso a uomini e donne che si avvicendavano al telefono fossero collocate tutte nelle parti in cui scoprimmo dopo che si era verificato l’attentato PM: Come avete scoperto il collegamento tra quest’utenza e i fatti relativi all’attentato del 13 maggio? Teste: perché ne fu data notizia dalla stampa, i fatti della no tav erano costantemente riportati dai mezzi e fu riportata la notizia di questo attentato, e ci rendemmo conto che senza ombra di dubbio si riferisse a quello, chiesi al PM titolare dell’indagine per comodità, era immediata la reperibilità delle conversazioni… PM: Lei ha detto prima che durante l’ascolto vi siete resi conto che c’è stato un periodo di silenzio e poi l’attività di dialogo è ripreso successivamente, può essere più preciso sull’aspetto temporale? Teste: ci sono delle prime conversazioni che cominciano verso le 20 di sera. Alcune di una durata di poche secondi, un minuto, a partire dalle 20:10 circa del 13 maggio. 20:11, 20:12… PM: Scusi se la fermo, a che ora avete attivato l’intercettazione? Teste: alle 20:00 PM: Quindi prima delle 20 voi non avete intercettato nulla? Teste: NO. Chiedo scusa, alle 19:20, poi c’è il tempo tecnico con il gestore, la prima conversazione utile è delle 20:12 e dura 52 secondi. Poi ce ne sono altre a distanza di pochi minuti, tra le 20:12 e le 20:39, sono 7 se non sbaglio, 6 o 7, poi ad un certo punto non registriamo più traffico fino all’1:06, poi un’altra alle 3:53 e un’ultima alle 4:41 poi nulla fino alle 6:07, poi alle 6:36, altre tre fino alle 6:51, due, tre, un’altra alle 6:53, alcune… poi ci sono SMS dei gestori ma non c’è conversazione, poi alle 6:58 il telefono comincia ad essere di nuovo utilizzato per le conversazioni e dalle 7 in poi si registra un diverso traffico, e invio di messaggi di testo, sms, e proseguono alla mattina del 14 maggio, per tutta la mattina, tra le 7 e le 8 del 14 maggio, conversazioni e messaggi fino alle 9 del mattino. Poi c’è un salto, alle 13:28 e poi si succedono dei messaggi del gestore, quindi possiamo dire che l’ultimo che vedo qui dall’analisi del brogliaccio, delle 8:53 è un messaggio di testo, poi sono tutti impulsi del sistema di positioning, non sono conversazioni telefoniche. PM: Quindi l’ultima è quella delle 8:53? Teste: si, è un messaggio di testo. Poi impulso 10:59 in cui non c’è comunicazione, e poi abbiamo 5 messaggi del gestore, del tipo relativo al traffico, al credito, irrilevanti. E poi basta. PM: Vuole dire alla corte quando gli atti sono stati trasmessi per competenza  a Torino? Teste: il 15 maggio. PM: E successivamente, all’intercettazione delle 8:53, non ci sono state altre intercettazioni? Teste: no, non che mi risulti. Poi noi abbiamo trasmesso tutto alla procura competente PM: Non ho altre domande. Avv. Novaro: Buongiorno, senta qualche chiarimento perché mi sfuggono alcuni passaggi della vicenda. Se non ho capito male lei ha detto che ad un certo punto avete arrestato un albanese che aveva in uso una particolare scheda telefonica Teste: si, l’aveva con se’ Avv: nella zona di Bologna? Presidente: e’ rilevante? Avv: è per capire, abbiamo dei decreti autorizzativi e faccio fatica a capire come si è dipanata la vicenda. Nel decreto d’intercettazione disposto dal PM in caso di urgenza si fa riferimento a un’utenza 169 riferito ad un albanese da identificare, ma il teste riferisce di un albanese fermato, identificato, ha la disponibilità di una scheda telefonica…  (brusio con i PM) Teste: forse mi sono espresso male. Quando l’albanese è arrestato viene identificato, ma questo albanese ha in uso una scheda… in un caso del genere, traffico internazionale di stupefacenti , eroina, facciamo tutti gli accertamenti e ovviamente vengono rilevati tutti i numeri possibili, perché se noi arrestiamo un trafficante è lecito supporre che tutte le utenze di cui lui dispone sono riferibili a suoi possibili complici. Tra le schede che questo albanese aveva ce n’era una intestata ad un cittadino iracheno. Quindi noi in un momento successivo richiedemmo ai gestori se a nome di quel cittadino iracheno fossero state rilasciate ulteriori schede. La Wind ci rispose e ci disse che a nome di quel cittadino iracheno in data 15 gennaio 2013 un dealer di via novara di Milano aveva rilasciato 2 schede. Una delle due era la 169 finale che fu oggetto di intercettazioni, e la procura di Bologna la trasmise alla procura competente. PM Rinaudo: Mi pare che la vicenda sia abbastanza chiara.. Avv Novaro: vorrei fare rispondere il teste Presidente: l‘avv. Novaro si chiede come mai parlate di un albanese da identificare se l’avevate già identificato? Teste: l’indagine ovviamente era molto più vasta, avevamo scoperto che ci fosse un traffico di droga tra gli albanesi attivi nel nostro territorio con altri che li rifornivano e che erano attivi in Piemonte, erano quindi albanesi… PM Rinaudo: Mi pare di capire che quando il Procuratore della Rep. di Bologna fa riferimento “in uso ad un albanese da verificare” intende riferirsi non all’albanese arrestato che non aveva la 169 in tasca, voi quello l’avete trovato sull’indagine che avete fatto sull’albanese arrestato.. Teste  (non si sente ). In questo caso c’era un’utenza di un soggetto che era stato identificato che chiama verso un altro numero che era da stabilire a chi fosse intestato. L’accertamento fatto alla Wind, eravamo già consapevoli che fosse un intestatario fittizio.. Avv Novaro: io pensavo che la vostra ipotesi investigativa fosse diversa, credevo che l’ipotesi investigativa fosse che il cittadino albanese ha comprato tre schede ma sempre attraverso lo stesso nome fittizio Presidente : mi pare che abbiamo capito com’è la questione Avv Novaro: ci sono delle curiosità… (Padalino ironizza) devo usare altre parole se il PM ironizza. Volevo capire sul piano cronologico, quando viene arrestato questo signore.. Teste: non me lo ricordo Avv: non ha gli atti da consultare? Teste: no, non li ho Avv: lei parla del 15 gennaio per l’attivazione delle schede Teste: ma non lo so Avv: non so che cosa? Teste: non so, probabile pure che l’abbiamo arrestato prima… non ricordo Avv :può verificare la data? Teste: si, come no Avv: Cmq dalla data dell’arresto parte quest’inchiesta, quindi si parla di 3 schede intestate ad un cittadino iracheno Teste: no, la scheda anagrafica del 15 gennaio sono solo due utenze Avv: due utenze tra cui c’è il 169? (il teste controlla le carte) Test:e si Avv: ha potuto controllare se dal 15 gennaio quelle schede sono state attive o se in epoca pregressa sono state utilizzate da altri soggetti? Avete fatto verifiche sulle sim? Teste: la squadra mobile di bologna penso di no, a noi interessavano i trafficanti albanesi, non abbiamo fatto sviluppi sul 169 finale, nel momento in cui ci siamo resi conto che c’erano quelle conversazioni…. Avv: no ma io ragionavo sul vostro lavoro nella data precedente al 13 maggio, avete in mano due schede, fate una verifica per capire se quelle schede parlano nei mesi precedenti al 13 maggio? La data di attivazione è il 15 gennaio, poi il 13 maggio c’è un decreto di autorizzazioni da parte del PM e guarda caso proprio la sera in cui capita quello che è capitato in Val di Susa, una stranezza fortunata che vorrei sottoporre a verifica. Come mai, avete segnalato un’urgenza? Perché era necessario e perché era urgente? Teste: tutto quello che abbiamo scoperto l’abbiamo scoperto dopo, ma in un’indagine che attiene gli stupefacenti è prassi nostra.. perché i trafficanti sanno benissimo quali sono le attività di polizia giudiziaria per contrastarli, quindi ogni trafficante che si rispette cambia schede con una frequenza anche quotidiana. Noi mettiamo sotto anche l’IMEI perché spesso usano le schede in apparato diverso o si scambiano le schede, quindi tutte le indagini di droga vanno avanti a ritmo continuo, quotidiano, costante e solo esclusivamente con decreti d’urgenza. Tutte le forze dell’ordine che si occupano di contrasto al narcotraffico agiscono chiedendo decreti d’urgenza perché se si va in via ordinaria.. se il corriere parte stamattina e arriva stasera non abbiamo nessun dato per sorprendere il corriere… invece cosi’ se il corriere parte, con la geolocalizzazione capiamo dove sta e ci facciamo trovare li, è nel corso ordinario dei fatti di procedere con attività e richieste d’urgenza. Avv: quindi il rischio che la scheda passasse di mano… è questo il senso… Teste: cambiano continuamente le schede Avv: ma allora avevate questa informazione da pochi giorni..  era un’informazione recentissima, perché se ce l’avevate a GENNAIO il ragionamento che lei fa non sta più in piedi… Teste: si, ma non riesco ad essere preciso, sono il dirigente di 6 sezioni e non ho seguito le indagini direttamente, per cui non riesco a ricordare con precisione i dettagli e me ne scuso Avv: lei poi ha detto che qualcuno si è messo ad ascoltare nella sala ascolto, e ha arguito che si parlasse di qualcosa che non riguardava il traffico di stupefacenti, aiutato anche dalla geolocalizzazione, chi era questo soggetto che ha effettuato questo ascolto e si è reso conto che si trattava di altro? Teste: assistente Antonio Spezia e Moraccini, squadra Narcotici di Bologna Avv: ecco, e poi avete riascoltato e vi siete fatti un’idea, lei ha riascoltato? Teste: no, me l’hanno riferito i miei uomini, tra il 14 e il 15 maggio Avv: ma voi avete contattato il PM quando? Teste: il 15 maggio Avv :il PM che a sua volta ha contattato la Procura di Torino? PM Rinaudo:  non può rispondere certamente il teste Avv: quindi il 15 è la data in cui avete fatto la verifica sul contenuto, avete allertato il PM e poi la vicenda è andata avanti senza più essere seguita da voi Teste: la trasmissione degli atti è avvenuta il 15 maggio Avv: a me interessa capire quand’è che capite che si tratta di attentato e quando poi comunicate la vostra intuizione… Teste: mi pare sia stato comunicato il 15 maggio PM Rinaudo: abbiamo i dati, Bologna 15 maggio trasmissione comunicazioni registrate sull’utenza 169  – procura Bologna Dott. Caveca, ce l’ha in atti anche lei (a Novaro). Presidente: ma l’orribile sospetto? Avv: nessun sospetto ma circostanze da appurare PM Padalino: c’è anche un destino cinico e baro

Avv: si ricorda su che media ha appreso la notizia? Teste: giornali, tv, mi pare repubblica Presidente: se ci sono elementi per ritenere che ci sia qualche complotto.. senno’ i media… io vado a vedere tutti i giorni, se ha vinto la juve o quelle cose li’, o la cronaca se c’è stato un omicidio, loro andranno a vedere di più Avv: non ho elementi per dire che c’è un complotto ma è mio compito verificare elementi cronologici, mi fermo qua.

AvvPelazza Avv. Pelazza: qualche richiesta di chiarimento a mia volta. Lei prima ci ha detto del fermo o arresto di questo albanese, dopo di che un uomo della sua squadraha una brillante intuizione, quella di chiedere le schede anagrafiche delle eventuali utenze intestate all’iracheno, ricorda quando avviene quest’intuizione? Teste: appena il sostituto commissario ha potuto verificare dopo il controllo le schede Presidente: forse non è neppure una brillante intuizione.. e non ha nessuna rilevanza… Avv: ha rilevanza per cercare di capire i tempi nei quali è arrivata questa richiesta.. Presidente: ma l’abbiamo già detto Avv Pelazza: se non posso fare domande me lo dica Presidente: io e lei dobbiamo chiarirci, ci becchiamo tutte le volte, lei può fare tutte le domande che vuole ma io ho anche il compito di stabilire se una domanda è rilevante o meno, per legge Avv: allora vorrei chiedere al teste se su questo service di via novara a Milano avete fatto indagini Teste: non lo so, non credo, non so come hanno sviluppato la cosa Avv Pelazza: lei ha parlato di un riascolto di tutta quanta l’intercettazione, come da sue carte in realtà finisce alle 13:07 del 15 maggio, quindi il riascolto sarà avvenuto dopo, suppongo. Teste: il termine riascolto.. è chiaro che oggi siamo qui per un caso specifico e quindi guardiamo un caso specifico e mi rendo conto della coerenza di tutte le domande, ma se partiamo dal presupposto che la polizia giudiziaria è una realtà dinamica provo a farvi vedere quello che succede la sera del 13 quando parte l’attività. Eravamo convinti che fosse in uso ad un albanese, i miei uomini hanno altre linee telefoniche e magari qualche ambientale (intercettazione), quando siamo partiti con il presupposto che l’utenza fosse riferita agli albanesi è chiaro che il ragazzo (che ha necessità dell’interprete) quando si è reso conto che l’utenza era in uso ad un italiano, si è reso conto…  Cioé è cosi’, appena sento che parlano italiano, se ci fossi stato io in sala ascolto avrei lasciato la cuffia e sarei passato ad altro perché è chiaro che avrei cannato perché non aveva niente a che fare con gli albanesi, fu evidente che avevamo sbagliato l’attività per questo parliamo di riascolto, perché è col senno di poi che abbiamo capitoAlle 8 di sera del 13 l’unica certezza che avevamo è che avevamo fallito, perché quelle telefonate non erano riferibili al traffico di stupefacenti. Avv: lei diceva che dopo le 8:53 del 14 non ci sono più comunicazioni se non quelle provenienti dalla stessa wind. Io vedo che ci sono in sequenza dalle 13:20 alle 10:59 delle chiamate dal 39334662432, lei è in grado di dire a chi corrisponde questo numero? 13:28 la prima, fino alle 10:59 (del mattino dopo), 14 maggio. Ci sono 6 chiamate provenienti dal numero che le ho detto e che sta scritto.. 232 finale. Teste: a me risulta SMS di localizzazione. Avv: si ma su quel numero avete fatto accertamenti? Teste: noi avevamo sotto intercettazioni il 169, quando ci siamo resi conto che non riguardava la nostra indagine abbiamo trasmesso i dati alla procura di Bologna che li ha trasmessi a Torino quindi gli altri accertamenti li avrà fatti la procura di Torino, non avevamo la possibilità di fare in data 15 gli accertamenti Avv: non avete ritenuto per voi rilevante procedere ad un’intercettazione di questa utenza… pensavate l’avrebbe fatta Torino? Teste: si, quando ce ne siamo resi conto, data la gravità di Torino abbiamo immediatamente fatto la trasmissione degli atti a Torino, data la gravità della situazione, a quel punto la PG di Torino avrà fatto ulteriori accertamenti, Avv Losco: Dai documenti che noi abbiamo negli atti abbiamo acquisito il decreto d’intercettazione d’urgenza fatto dal PM, del GIP di Bologna 15 maggio 2013, abbiamo acquisito anche un’annotazione del suo ufficio sempre datata 13 maggio e risulta una storia un po’ diversa e volevo capire qual è quella esatta.Non si parla di albanesi arrestati, ma si dice che da altre intercettazioni c’è un albanese nella zona di casale monferrato che non è identificato, che ha un’utenza wind e sviluppando l’anagrafica wind si scopre che il giorno in cui è stata comprata quest’utenza sono state comprate altre utenze, per cui si chiede di intercettare queste utenze, una storia completamente diversa… non si parla di persona arrestata… Presidente: non è completamente diversa PM: c’è un’indagine in corso Teste: ma c’è anche la richiesta di prorogare l’intercettazione di altre… Avv: io sto parlando dell’utenza 169 Teste: si, ma quella richiesta del 13 maggio è antecedente ai fatti per i quali sono qui a deporre, quindi va innestata nell’ambito di tutta l’indagine madre che era in atto per cui oltre a richiedere l’intercettazione delle nuove utenze emerse noi con la stessa nota chiediamo anche la proroga delle attività già in essere, perché c’erano dei numeri in scadenza e avevamo necessità di chiederne la proroga, quindi questa nota fa seguito e integra le note precedenti che hanno riguardato le indagini sin dai suoi albori. Se è incompleta è perché sia il GIP che il PM avevano ben chiaro quale fosse l’indagine Avv Losco: io pero’ non le ho chiesto questo. Volevo sapere, mi sa dire in che data avete sviluppato quest’anagrafica wind? Teste No, non lo so. Presidente: se non ci sono altre domande possiamo ringraziare il teste.

Breve pausa. Alla ripresa gli imputati chiedono di poter fare delle dichiarazioni spontanee. Dalle gabbie non possono farle, il microfono non funziona, il Presidente chiede che vengano portati uno alla volta vicino ai loro avvocati. Gli agenti li tengono per le braccia, come se potessero scappare….

Accolti da grandissimo calore, il primo è Mattia Zanotti. Riporto frammenti delle loro dichiarazioni, che pubblicherò in un video più tardi.

Le dichiarazioni spontanee di Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia

mttia

Mattia

Conoscevo la Maddalena e la Val Clarea prima che ci venisse impiantato il cantiere dell’alta velocità. In quei boschi ho camminato, ho dormito, ho mangiato, ho cantato, ho ballato. In quei luoghi ho vissuto frammenti di vita preziosa insieme ad amici che ora non ci sono più e che porto nel cuore. In quei luoghi sono tornato più volte negli anni. Di giorno, di notte, di mattino, di sera; d’estate, d’inverno, in autunno e in primavera. Ho visto quei luoghi cambiare nel tempo, gli alberi cadere abbattuti a decine per fare spazio a siepi di acciaio spinato. Ho visto il cantiere crescere e un pezzo di bosco sparire, le torri-faro spuntare numerose e l’esercito arrivare a sorvegliare un desolato sterrato lunare con gli stessi mezzi blindati che pattugliano i monti afgani. Così in Val Clarea son tornato una volta ancora in quella ormai celebre notte di maggio. Molto, troppo, è stato detto e scritto su quella notte e non sta a me, né mi interessa, dire come si trascriva quel gesto nella grammatica del codice penale. Quello che posso dire è che quella notte c’ero anch’io. Che non fossi lì con l’intento di perseguire il terrore altrui o anche peggio, lo può capire qualsiasi persona dotata di buonsenso che abbia anche solo una lontana idea di quale sia la natura della lotta no-tav e quale il quadro di coordinate etiche all’interno del quale questa lotta esprime la sua ventennale resistenza. Che fossi lì per manifestare una volta di più la mia radicale inimicizia verso quel cantiere e, se possibile, sabotarne il funzionamento, ve lo dico io stesso. E se abbiamo deciso di prendere la parola oggi prima che questo processo si addentrasse nella selva delle perizie e delle controperizie vocali è proprio per affermare una semplice verità: quelle voci sono le nostre. Su questo la procura ha costruito una storia. Una storia in cui i cellulari diventano prove dell’esistenza di una catena di comando, addirittura di una pianificazione paramilitare, ma la verità -come spesso accade- è molto più semplice e meno roboante. Esiste un motto in Val Susa che da anni è entrato nel bagaglio comune della lotta no tav e ne orienta nella pratica le azioni di disturbo al cantiere. Questo motto è: “si parte e si torna insieme”. A significare che in questa lotta ci si muove insieme. Insieme si parte e insieme si torna. Nessuno va lasciato indietro. A questo servivano i telefoni quella notte, a questo si sono prestate le nostre voci. Parlare invece di capi, di organigrammi, di commando, di strateghi, significa voler proiettare su quell’evento l’ombra di un mondo che non ci appartiene e stravolgere il nostro stesso modo d’essere e di concepire l’agire comune. Per quanto mi riguarda lascio agli entusiasti speculatori ad alta velocità il triste privilegio di non avere scrupolo della vita altrui, e a loro lascio anche il culto della guerra, del comando e del profitto ad ogni costo. Noi ci teniamo stretti i valori della resistenza, della libertà, dell’amicizia e della condivisione e da questi cercheremo di trarre forza ovunque le conseguenze delle nostre scelte ci porteranno.

Claudio

La notte fra il 13 e il 14 maggio ho preso parte al sabotaggio avvenuto al cantiere della Maddalena a Chiomonte. Ecco svelato l’arcano. Non mi stupisce che gli inquirenti nel tentativo di ricostruire i fatti usino parole come “assalto, attentato terroristico, gruppi paramilitari, armi micidiali”. Per chi è solito vivere e difendere una società fortemente gerarchizzata non può comprendere quello che è avvenuto negli ultimi anni in Val di Susa. Per descriverlo attingerà dalla propria cultura intrisa di termini bellici. Non è mia intenzione annoiarvi sui motivi per cui ho deciso di impegnarmi nella lotta contro il tav o su cosa significhi la difesa di quella valle, voglio solo sottolineare che qualsiasi cosa che abbia a che fare con guerra o eserciti mi fa ribrezzo. Capisco lo sgomento dell’opinione pubblica e dei suoi affabulatori per la ricomparsa di questo illustre sconosciuto, il sabotaggio, dopo che si erano tanto spesi nel seppellirlo sotto quintali di menzogne. Alla lotta contro il treno veloce il merito di aver rispolverato tale pratica, di aver saputo scegliere quando e come impiegarla e di essere riuscita a distinguere il giusto dal legale. Alla lotta contro il treno veloce la grossa responsabilità di mantenere fede alle speranze che molti sfruttati ripongono in lei e di far assaporare ancora il gusto sapido del riscatto.

Mi permetto di rispedire alcune accuse al mittente. Siamo accusati di avere agito per colpire delle persone o quantomeno incuranti della loro presenza, come se provassimo profondo disprezzo per la vita altrui. Se c’è qualcuno che dimostra tale disprezzo è da ricercare nei militi che esportano pace e democrazia in giro per il mondo, gli stessi che presidiano con devozione e professionalità il cantiere della Maddalena. Per quanto concerne l’accusa di terrorismo non ho intenzione di difendermi. La solidarietà che abbiamo ricevuto dal giorno del nostro arresto ad oggi ha smontato a sufficienza un’incriminazione così ardita. Se dietro quest’operazione c’era il tentativo, non troppo velato, di chiudere i conti con la lotta no tav una volta per tutte, direi che è fallito miseramente.

Niccolò

I motivi che mi hanno spinto in Val di Susa a prendere parte a questa lotta sono tanti; i motivi che mi hanno spinto a restare e continuare su questa strada sono ben di più. In mezzo c’è un percorso di maturazione collettiva, di assemblee pubbliche e private, di campeggi e presidi, di confronto e scontro. In mezzo c’è la vita, quella di tutti i giorni, quella delle alzatacce e delle nottate insonni, della gola secca sui pendii rocciosi e dei pasti frugali, dei piccoli impegni e delle grandi emozioni.

In questo percorso chi lotta ha imparato la precisione del linguaggio, a chiamare le cose per quello che sono e non per l’involucro formale con cui si pubblicizzano, come un cantiere che prima era un fortino ed ora sta diventando una fortezza. Parole in grado di restituire il portato emotivo e l’impatto sulle proprie vite di determinate scelte della controparte, di chi ha deciso di invischiarsi in questa grande opera. Parole rispolverate da un lessico che sembrava antico e invece si riscoprono in tutta la loro potenza e semplicità nel descrivere le proprie azioni. Un’accortezza di linguaggio che mi accorgo non essere così diffusa nel mondo circostante, quando leggo di improbabili ”commando” che secondo una certa ricostruzione propinata anche dai giornali avrebbero assaltato il cantiere nella notte del 13 maggio. Una parola quanto mai infelice non solo per il suo richiamo all’atto del comandare ma anche per una certa allusione mercenaria, inaccettabile, di chi sarebbe disposto a qualsiasi mezzo pur di raggiungere il proprio fine. Di contro chi lotta ha imparato a convogliare con intelligenza persino le passioni forti e irruente che nascevano dai tanti colpi subiti quando un amico perdeva un occhio per via di un lacrimogeno o un altro era in fin di vita.

Per quanto mi riguarda la Val Clarea mi è amica fin da quando nel 2011 rilanciavamo la terra a mani nude nei buchi scavati dalle ruspe durante gli allargamenti del cantiere. Ricordo che tra le tende di quel campeggio eccheggiava una canzone, tra le tante inventate per divertirsi e darsi forza, sulle note di un vecchio canto partigiano. Il primo verso recitava ”dai boschi di Giaglione uniti scenderemo….”. In questi anni molte volte è stato dato seguito e rilanciato quelle parole e qualcuno in quella notte di maggio ha deciso di farlo con altrettanta convinzione e io ero tra loro. Una delle voci dietro a quel telefono è la mia. Ma soffermarsi su una responsabilità personale per tesserne o meno le lodi non è in grado di restituire quel sentimento collettivo maturato nelle case di tante famiglie, di valle e di città, o tra una chiacchierata e una bevuta in un bar, nelle piazze e nelle strade, nei momenti conviviali come quelli più critici. Un sentimento che ha saputo esprimersi in uno degli slogan più gridati dopo i nostri arresti e che descrive bene la vera appartenenza di quel gesto: “dietro a quelle reti c’eravamo tutti…”. Uno slogan che ci riporta direttamente ad un assemblea popolare tenutasi a Bussoleno nel maggio 2013 con cui l’intero movimento salutava e accoglieva quel gesto chiamandolo sabotaggio. E se dietro quelle reti c’eravamo tutti, dietro queste sbarre un pezzetto di ognuno ha saputo sostenerci e darci forza. Per questo, anche qui, qualunque siano le conseguenze delle nostre azioni, ad affrontarle non saremo soli.

Chiara

In quest’aula non troverete le parole per raccontare quella notte di maggio. Usate il linguaggio di una società abituata agli eserciti, alle conquiste, alla sopraffazione. Gli attacchi militari e paramilitari, la violenza indiscriminata, le armi da guerra appartengono agli Stati e ai loro emulatori.

Noi abbiamo lanciato il cuore oltre la rassegnazione. Abbiamo gettato un granello di sabbia nell’ingranaggio di un progresso il cui unico effetto è l’incessante distruzione del pianeta in cui viviamo.

C’ero quella notte ed è mia la voce femminile che è stata intercettata. Ho attraversato un pezzo della mia vita insieme a tutti quegli uomini e a tutte quelle donne che da più di vent’anni oppongono un no inappellabile ad un’idea devastante di mondo. Ne sono fiera e felice.

Scatta un lungo applauso, ed il grido “Libertà! Libertà!”, il Presidente invita alla calma mentre Padalino minaccia di sgomberare l’aula.

Torna la calma, entra il teste successivo.

Teste Di Grigori, Digos di Torino che si occupa “in particolare del Movimento anarchico

Teste DI GRIGORI Vincenzo, digos di Torino, si occupa “in particolare del Movimento anarchico PM :Ha redatto annotazione in data 16 maggio 2013… Teste: Ho ascoltato intercettazione da digos bologna e ho riconosciuto Di Blasi, Zanotti e Zenobi. I file audio erano 48. Nessuna domanda. PM produce intercettazione e rinuncia a testi Sgueglia e Martina, produce anche CD scorsa udienza con documenti che mancavano. Giudice chiede di “asciugare un po”” Pm propone di “fare colazione insieme a difesa” decidendo di unificare documenti… su quella notte Novaro: Mi pare complicato scorporare… Viene introdotto il teste Di Gregori, digos responsabile sezione antiterrorismo PM chiede se ha partecipato indagini 13-14 maggio Teste risponde affermativamente e dice che ha coordinato indagine, preso atto dei sopralluoghi, dei video e i sequestri…furono sequestrate un numero consistente di bombe molotov, bottiglie incendiarie, artifizi alcuni esplosi alcuni no, alcuni lanciarazzi utilizzati per sparare artifizi con gittata + ampia. Poi catene che avevano chiuso 2 cancelli di ingresso al cantiere e una trombetta utilizzata per dare segnale di inizio e fine attività. Personale del mio ufficio ha fatto i singoli atti già la mattina del 14 maggio e io ho poi riunito gli elementi utili in un unico fascicolo. Scorrono immagini… Presidente: Ma abbiamo già sentito di sequestri… PM: sì ma ora specifichiamo Teste: Quante persone avevano operato, come si erano mossi ed eventuali riconoscimenti. Da Bologna è arrivata notizia intercettazione da indagine su stupefacenti e abbiamo esaminato: riconoscimento voci,  prima lettura che faceva capire azione pianificata, parole come “Gruppi d’assalto, Gruppo Marmotte, Vedetta, Autisti”, molta è la cura di non dire troppo al telefono e si dice “Ci vediamo lì un quarto d’ora prima dell’ora prefissata”, cura certosina soprattutto per un attacco che è durato sì e no 7 minuti.

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Abbiamo analizzato contatti telefonici utenza intercettata, l’IMEI, le celle, e gli intestatari dei numeri telefonici. Preciso che la richiesta per quanto riguarda i tabulati noi la facciamo a tutti gli operatori, in quanto dall’analisi complessiva si possono rilevare ulteriori informazioni. Dalla prima analisi quindi il primo dato emerso è che rispetto alle 6 utenze in contatto quella notte…dice solo i numeri finali… PM: commenti schema che stiamo proiettando, è+ semplice. Teste: UN’utenza ha contatto con 5 utenze, sono quelle cerchiate. Il nr della Zenobi coordina attività con autisti e anche con il gruppo di assalto cui faceva capo Zanotti che scende da Ramat. Da questo schema  si capisce il ruolo centrale dell’utenza. Ad esempio nel momento della fuga del gruppo di assalti coordinato da De Blasi, e l’utenza passerà in mano a donne non ancora riconosciute, e aumentano i contatti in modo esponenziale. Possiamo quindi riconoscere i gruppi: Autisti, Autisti gruppo Marmotte, Vedetta, Avanscoperta prima e dopo l’assalto per la risalita per il via libera. Emerge la storia di otto utenze, intestatari tutti cittadini stranieri, africani, un rumeno che da accertamenti sul codice fiscale risultavano o inesistenti o clandestini, senza traccia. Le prime 3 utenze attivate il 15 gennaio 2013 a Milano, poi c’è stata attivazione di altre 2 e poi il 30 aprile 2 a Torino e a fine maggio l’ultima sempre a Torino. Non è un caso che i soggetti riconosciuti risiedano in queste 2 città. Queste utenze non generano alcun traffico, non sono attive, tranne per alcune attività che poi dagli accertamenti successivi si sono rivelate propedeutiche all’attacco, perché cominciano ad attivarsi via via dall’1 maggio del 2013, quindi a distanza di 13 giorni dall’attacco. Abbiamo ricostruito con l’aiuto della polizia scientifica dove si sono attivati, il primo maggio c’è il primo segnale tra il numero in uso alla Zenobi e la vedetta. Ci sono due tentativi di chiamata, squilli, evidentemente per scambiarsi il numero. La cellula è quella corrispondente , compatibile con la casa occupata di via Lanino, dove abitualmente risiedono Zenobi, Alberto e Blasi. Tra l’altro è stata occupata nel 2011 e tra gli occupanti figuravano Blasi e Zenobi. La Zenobi è stata arrestata il 9 dicembre proprio in via Lanino, qui a Torino. Poi ..

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PM Rinaudo: se può spiegare alla corte, in particolare ai giudici popolari, quando ha fatto riferimento alle chiamate significative… lei dice che ha attivato il 15 gennaio la scheda, e quando parla di attivazione del telefono? Teste: sono due momenti diversi, l’attivazione è quando si va in un negozio, un centro tim  o quello che è, si fa proprio l’iscrizione di un numero di telefono, quello che avviene il primo maggio è la prima attività di utilizzo dei cellulari. Un evento nelle comunicazioni. In quel caso come si vede abbiamo l’occasione di vedere la slide, la 776 fa dapprima una chiamata di zero secondi, il primo sulla sinistra, verso l’utenza 162, questa chiamata di zero secondi non va a buon fine, infatti immediatamente dopo arriva quello che è un sms del gestore con cui dice “ti ho chiamato”. successivamente c’è un altro squillo di zero secondi che però non aggancia nessuna cella, può essere stata rifiutata la chiamata. Il 2 maggio le utenze che ho citato prima 162 e 776, se ne aggiunge un’altra, la 169, prende vita in aree compatibili al cantiere TAV di Chiomonte, nella parte alta che sarà poi quella che verrà percorsa dagli assalitori quella notte di maggio, e qui ci sono comunicazioni di qualche secondo. Evidentemente volevano provare la copertura in determinati punti dei boschi, della montagna, piuttosto che del cantiere.

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In quell’occasione in orario poco dopo questi eventi tra le tre utenze citate c’è stata una manifestazione organizzata dal movimento no tav, tra i cui partecipanti il personale riconosceva Blasi e Alberto, due degli utilizzatori di quelle utenze. Passiamo ad altri segnali di vita, l’11 maggio, finora sono stati silenti tranne quei 3, l’159 che saranno gli autisti del gruppo RC, del gruppo di Zanotti, milanese, ricarica il cellulare a Milano prendendo la cella di via Noto , via Bismonte (messaggio wind infocredito ricarica). Il 12 maggio c’è un’altra ricarica, questa volta a Torino, la 776 (vedetta), il 13 maggio si ricaricano le altre 4 utenze, quelle in uso alla Zenobi, 162, la 169, Alberto, la 750 , assalitori e autisti del gruppo Marmotte (350). Poi la 501 e la 869, queste non risulta abbiano mai generato alcun traffico fino all’attacco del 13 maggio. Quindi la mattina del 13 maggio abbiamo il dato che queste 4 utenze hanno ricaricato insieme quasi contemporaneamente a distanza di mezz’ora i cellulari, qualcuna di loro che non era ancora emersa fa degli squilli evidentemente per scambiarsi i numeri, quel giorno in zone e orario compatibile con le celle agganciate in quest’operazione di ricarica venivano… c’era una manifestazione dell’area anarchica, con 20-30 persone, tra queste Blasi e Zenobi venivano riconosciute dal personale dipendente. Da quel momento abbiamo poi la notte del 13-14 maggio in cui le utenze si interfacciano tra di loro. Una volta avuto contezza dei rapporti, delle relazioni e della vita precedente al 13-14 maggio ci siamo focalizzati sul combinato disposto dai contenuti dell’intercettazione, i riscontri dei tabulati e delle celle e abbiamo ricostruito le tre fasi della notte. La prima fase, quella dell’arrivo, del posizionamento, che va dalle 20:12 all’1:06. Qui abbiamo zero messaggi di contenuto e solo 7 telefonate. In questa parte qui gli argomenti di discussione saranno, e già ci danno elementi utili, si riconoscono già i 4 odierni imputati, perché parlano tra loro. Si capisce che ci sono due gruppi d’assalto che scendono da due parti diverse: RC con Zanotti che scende da Ramat, e quello coordinato da Blasi Alberto che invece scende da Santa Chiara e percorrerà una zona vicino al fiume Clarea, nelle intercettazioni i rumori di sottofondo fanno sentire per gran parte acqua che scorre. Abbiamo contezza appunto di quello che dicevamo prima, nomi in codice. Vengono fuori autisti, vedette, i nomi dei gruppi. E abbiamo contezza del fatto che i due gruppi sono arrivati in auto e le auto poi se ne sono andate. Quelle del gruppo RC perché Zanotti dice ad Alberto… non riuscivano a contattare le macchine, avevano difficoltà, in questo senso tant’è che probabilmente il tel 159 si riaccende alle 22 di quella sera ricevendo due messaggi. Mentre invece il gruppo Blasi Alberto interloquisce con la Zenobi che si assicura che tutto fosse andato a buon fine e alle 20:39 dice “io stacco, vado via, riaccenderò il tel alle 6:30 come concordato” quindi era tutto previsto, anche il silenzio radio fino alle 6:30. Da questa prima fase c’è un’altra informazione importante, che entrambi i due gruppi d’assalto, sia RC che Alberto Blasi, faranno, prima di chiudere le comunicazioni, li sentiremo dopo l’attacco, fanno una telefonata di vari secondi all’utenza 501. La 501 noi l’abbiamo individuata come utenza di avanscoperta, anche dai discorsi delle celle con il supporto della PS di Roma viene collocata in una parte bassa, in prossimità del cantiere o giù di li. PM Rinaudo: c’è una cartina, se vuole indicare… Presidente: è cosi’ fondamentale? Comunque ce lo indichi

L’avv. Novaro interviene per chiedere che l’intervento sia più stringato, il Presidente concede alle parti un attimo di tempo per concordare il da farsi. Il teste viene allontanato.

Dopo 10 minuti riprende la deposizione dello stesso teste.

il teste prosegue ricostruendo l’azione, l’ingresso nel cantiere, il taglio reti con flessibile… sono apparati collegati a Zenobi e a autista del gruppo di cui faceva parte Zanotti. Pm: produco mail di cui si parla

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Avv. Novaro: Opposizione, il teste legge da annotazione non depositata. La giurisprudenza parla di mancata deposizione…vorremmo capire Teste: Sono informazioni già presenti nei tabulati depositati a ottobre che ci consentono di dire questo. Avv.: Reitero opposizione, annotazioni addirittura del novembre 2012 ci sono sconosciute, sono atti a sorpresa senza che noi abbiamo potuto prenderne visione. Come dicevo la giurisprudenza parla di questo problema: se manca la discovery non è possibile trarre deduzioni. Chiedo di non fare più domande su questo punto Pm: Il teste sta riferendo su atti depositati. Stiamo semplicemente collocando l’apparato telefonico nello stesso momento in cui in valle ci fu un altro evento Giudice: Sono solo considerazioni del teste Teste: Sono informazioni che già sapevo, perché nei tabulati del 18 ottobre vi erano già questi dati Pm: Si fa riferimento a sentenza Cassazione che si è pronunciata su attuali imputati su problematica contesto parla di necessità a parte responsabilità personale di dare un senso una collocazione contestuale a fatti precedenti e susseguenti. E’ sulla base di questo che abbiamo proceduto Pm: chiederei al teste di dare lettura al tabulato. Chiedo al teste se ci sono ulteriori contatti dopo il 14 maggio. Avv. :Sono ipotesi, è problema di mancato riscontro. Chiedo al teste chi e quando ha avuto contezza di intercettazioni Teste: Il dirigente di Bologna ha chiamato dirigente Petronzi di Torino immagino la mattina stessa Avv. Pelazza: Avete chiesto di effettuare perquisizioni presso il server? Quando? Gli esiti? Teste: Sì, penso sia nell’ordinanza. Per quanto riguarda gli esiti… a memoria posso dirvi che è stato perquisita anche la documentazione di attivazione utenze, fotocopia passaporto, il soggetto non era presente in alcuna banca dati Avv. Pelazza: Restringendo il campo, l’ utenza di via novara a milano, è stata perquisita? Teste :Ne ricordo 2, una sì, l’altra no, ma faccio sforzi di milano, se ne è occupata digos di milano Avv. :Non ricorda cos’ha scritto in relazione? Le risulta perquisizione digos di milano o se non c’è stata. Produce documentazione Giudice: La rilevanza non capisco quale sia… polemica che non vorrei innescare… Teste: legge sua relazione PM :si cerca di mettere in difficoltà teste Giudice: Le risulta sia stata fatta perquisizione? Se non è in grado di dirlo, lo dica Teste: Non è stata data esecuzione, in quanto l’attività della ditta era cessata Avv. Pelazza: Era chiuso va bene, ma c’era intestatario di questa ditta. Ultima domanda sull’ultima che chiama per ultima verso le 13 del 14 maggio: è stata identificata? Teste: Il brogliaccio ricevuto squadra mobile di Bologna consta di 113 elementi, noi ne abbiamo presi in considerazione 92, gli altri sono ripetuti in quanto quando il telefono è spento il sistema riprova parecchie volte. E’ un servizio aggiuntivo della ditta di intercettazione.

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Teste; Il sistema riprova più volte alla consegna del messaggio, di fatto sono 3 gli eventi Avv: lei quindi dice che l’utenza finale 232 sarebbe della ditta di intercettazioni? Teste: è un servizio aggiuntivo della ditta d’intercettazione con cui è stata attivata l’intercettazione sull’169 che nel momento in cui il cellulare non è più localizzabile in quanto spento o irraggiungibile manda degli input che consentono di agganciare il telefono e di localizzarlo Avv la ditta di intercettazione nel momento in cui l’intercettazione deve essere svolta nei locali della Procura locale non capisco…. Teste è un messaggio di sistema, sono input… Presidente: sono solo messaggi di localizzazione Avv Pelazza: della ditta d’intercettazione….. Presidente mi pare che abbia già risposto, se ha altre domande… altrimenti…. Avv Pelazza ringrazio

Entra il teste Di Ieva Giuseppe, perito capo della Polizia di Stato in servizio Dir. Anticrimine, Polizia scientifica di Roma. PM: Lei ha redatto due note, una del 26 settembre e una del 15 ottobre 2013 sull’analisi del tabulato trasmesso dalla procura di Torino, può spiegare cos’ha fatto? Teste: esattamente l’incarico era rivolto alla verifica delle celle di copertura di determinate aree indicate dalla Digos di Torino. Presso la PS è in dotazione uno strumento tecnico che in sostanza simula un telefono, sono due strumenti, uno è customizzato all’interno di un telefono e uno è un po’ più grande all’interno di una macchina. Sono stati utilizzati per capire se dei punti erano compatibili con determinate celle. Questo telefono simula un telefono ma registra i dati tecnici utili per capire la potenza della cella che arriva in quel punto, latitudine e longitudine e altri dati tecnici chiamati primarie e secondarie, quando la cella è più forte in un punto rispetto ad un’altra. Cattura determinati valori, la potenza, il recking (primaria, secondaria).

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PM: I risultati sono quelli che avete trascritto Teste: le nostre relazioni si susseguono tra immagini dei punti dove siamo andati con le tabelle delle CGI divise per ogni operatore che sono gli operatori emersi dall’analisi dei tabulati PM: Può spiegare come si legge? Teste: il numero è CGI, il valore della cella, dal punto di vista numerico e non di potenza, questi numeri sono 15 caratteri e ogni carattere ha un significato, i primi tre numeri rappresentano la nazione (222 italia) poi l’operatore (01 TIM, 99 H3G, 10 Vodafone, 88 Wind, 30 o 31 FFSS) gli altri 5 numeri rappresentano la LAC (Local Area Code), le celle sono divise sul territorio da macro aree e poi dal palo fisico che sono gli ultimi 5 numeri, il pannello e la sua irradiazione. Esempio, 12345 rappresenterà 90 gradi nord, 6 finale 180 gradi nord… e così’ via. Come ogni CGI è rappresentata in gradi ce lo dice l’operatore. Noi come ufficio, abbastanza spesso, chiediamo le cosiddette anagrafiche celle e gli operatori ci forniscono le anagrafiche nazionali. PM :Siete andati anche in loco? Teste: si, esattamente. L’attività tecnica non si è soffermata soltanto dalle CGI date dalla DIGOS ma siamo andati a verificare i vari punti, con latitudine e longitudine. PM: Grazie. Presidente: qui usiamo l’annotazione, ci sono domande? (no).

Il teste viene congedato.

Inizia la discussione per organizzare le prossime udienze. Presidente: La Taricone, ci interessa cosi’ tanto? Avv Losco: sul contenuto… PM Rinaudo: ci sono passaggi significativi, capisco l’interesse dell’accusa e della difesa, che sia trascritto nel modo più corretto possibile perché c’è un passaggio significativo Presidente: poi dopo? PM Ci sono eventuali 507 Presidente quali testi ci sono da sentire? PM Padalino: faremo anche una produzione di attività integrativa d’indagine, che sarà poi presentata.. Avv Losco: noi dobbiamo sentire due consulenti, Abbà sul cantiere, le distanze, i rilievi e il nostro consulente balistico, Soldati.

Avv Novaro: vorremmo anche una consulenza sui tabulati e le celle, magari la produciamo Presidente: quando possiamo sentirli questi consulenti? PM Padalino: dopo il 9 Presidente:La Villa la volete sentire il 9? PM Si, il 9 con Petronzi Presidente allora poi possiamo sentire anche i consulenti, no? Soldati e Abbà, il che vuol dire che salteremo il 2.

VIENE ANNULLATA L’UDIENZA del 2 OTTOBRE. E il 9 ottobre è prevista udienza per l’esame dei testi Villa, Petronzi e dei consulenti della difesa. Gli avvocati della difesa dichiarano che non ci sarà l’esame degli imputati.

Il Presidente chiede direttamente agli imputati se vogliono sottoporsi ad esame, spiegando loro che possono scegliere liberamente, gli imputati rinunciano all’esame.

Si discute sulle richieste ex 507, il PM Padalino fa presente che per il 9 possono già anticiparlo, perché sarà in concomitanza con il deposito degli atti al tribunale del riesame che è il 6 (ottobre) e quindi la difesa verrà a conoscenza.. Avv Losco: ho capito che sono ingenti questi atti e dovremo analizzarli… Presidente : sono ingenti? Padalino: eh, c’è un po’ di produzione, si..

Alle 12:30 l’udienza si conclude.

 Simonetta Zandiri , Maria Eleonora Forno

Processo ai No Tav. L’omertà fatta Stato (e viceversa)

Il caso esemplare dell’ agente che assiste da vicino al pestaggio di un fermato e non vede e non ricorda niente. La dichiarazione spontanea di Thomas Lussi messa agli atti.

di Fabrizio Salmoni

Chi stamattina è andato in aula bunker per il maxiprocesso ai 53 No Tav ha avuto l’occasione di assistere a una rara seduta di antropologia sociale. Protagonista, l’ex agente di Ps Gennaro Bozachiello. Il nome potrebbe direniente al lettore ma la sua faccia è sicuramente familiare a chi abbia visto e rivisto il video-shock girato il 3 Luglio 2011 dietro le linee di polizia in cui è documentato il fermo di un manifestante (oggi imputato) mentre viene duramente percosso da agenti di polizia e carabinieri del corpo Cacciatori di Calabria, quasi tutti travisati, con bastoni e calci mentre è a terra sanguinante.

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Bozachiello è l’agente di polizia ritratto in primo piano che assiste molto da vicino (1-2 metri) alla scena. Non è chiaro dalle immagini quanto vi partecipi (impugnava il manganello) ma si sa che sull’onda della pressione mediatica attivata dai valsusini, fu indagato dalla Procura per “omessa denuncia”, procedimento poi velocemente e silenziosamente archiviato senza che neanche gli avvocati potessero conoscerne le motivazioni.

Il Bozachiello, ora in pensione (55 anni), è stato oggi sentito come teste su richiesta delle difese degli imputati e ha dato luogo a una performance che meriterebbe più ampio spazio e diffusione per far sapere a quale personale di polizia è affidata la sicurezza dei cittadini e la di loro incolumità quando ci si trova nel posto e nel momento sbagliati. Pressato dall’avvocato Novaro, il teste ha esordito premettendo che non aveva visto quasi niente essendo in quei momenti  a bordo di un mezzo di servizio Discovery appena dentro la recinzione dell’area archeologica. Il resto della testimonianza è un unico “Non so” o “Non ricordo”: ha visto un gruppo di agenti che trascinavano un fermato con sangue alla bocca ma poi non ricorda in che condizioni era il fermato, nè riconosce alcuno dei suoi colleghi. Gli si mostra il filmato ma il risultato è analogo, pur comparendo ripreso da vicino: non ricorda se gli agenti che percuotevano il fermato fosssero travisati, ricorda vagamente che qualcuno aveva in mano bastoni (“…forse per camminare nei boschi…”). Anche la pm Pedrotta se la ride. Alla domanda se stesse impugnando il manganello (come si vede nel filmato) risponde “Non lo sto impugnando, ce l’ho in mano”.

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L’avv. Novaro chiede che la Corte lo ammonisca sui rischi di una testimonianza reticente ma pm e l’avv. Ronfani (Ltf) si oppongono. Bozachiello non ha visto e non ricorda niente pur essendo a un metro di distanza da quelli che picchiavano (“Sono passati tre anni…”), non ha visto altri fermati, non sa dove fossero portati, non ha visto sul posto nè il dirigente della Digos Petronzi nè la vicequestore Lavezzaro. Chissà se farà mai a pugni con la sua coscienza.

Un altro caso esemplare di questo processo l’agente Bozachiello, che ha però confermato con la sua “testimonianza” quanto lo Stato, quando è asservito a interessi privati, possa fare dell’omertà una normalità.

Esattamente quanto espresso dall’imputato Thomas Lussi, poco dopo che Bozachiello era stato congedato, in una dichiarazione spontanea depositata agli atti: “…si è voluto tenere fuori le ragioni all’origine del processo stesso: le possibili infiltrazioni criminali negli appalti…,la mancanza di trasparenza nelle gare d’appalto e il disatteso controllo dei costi e delle spese…”. Fuori dall’aula, quattro Digos discutono animatamente fra loro e si sente uno dire: ” …guardate anche la Tav: è tutta mafia. Già quattro imprese sono state chiuse…”. Sembra che il messaggio stia passando. (F.S. 23.09.2014)

Dichiarazione di Thomas Lussi

Questa è la mia dichiarazione spontanea depositata in aula Bunker al Maxiprocesso NO TAV per lo sgombero della “Libera Repubblica della Maddalena”.

L’invito è di divulgare dato che la nostra voce in aula non vale molto, facciamo che possano valere un pochino le parole scritte.

Thomas Lussi

 

Torino, lì 23 settembre 2014

Mi ritrovo qui ad essere accusato di danneggiamento ad una barriera, posta alla centrale elettrica di Chiomonte. Mi viene mossa la responsabilità individuale di averla danneggiata, senza che si sia valutato se queste barriere fossero state poste legalmente o se queste fossero invece un abuso da parte di qualcuno.

Io ero certo dell’illegittimità della messa in opera di quegli sbarramenti di Betafence, dato che si trovavano a quasi un chilometro dall’area di quel cantiere che noi contestavamo e contestiamo ancora oggi.

Sono stato citato ed identificato dal Capo della Digos di Torino, Giuseppe Petronzi, in questo processo. Sono stato riconosciuto come presente, il 27 giugno 2011, nei pressi della barricata eretta sul fianco dell’autostrada. La cosiddetta “barricata Stalingrado”. Quel giorno sono stato testimone di quanto già raccontato da altri testi, della violenza con cui le forze dell’ordine hanno messo in opera la demolizione delle nostre barriere e della pioggia di lacrimogeni che per almeno due ore ci sono stati lanciati addosso e sulla testa.

Proprio lì, alla barriera “Stalingrado” – su cui le persone continuavano e permanere, nel tentativo di impedire all’operaio di manovrare il mezzo meccanico, il quale invece di fermarsi ha cominciato e poi continuato il proprio lavoro mettendo a rischio l’incolumità mia e delle altre decine di persone posizionate sulla barricata – la minaccia di veder stringere la pinza sulle mie braccia è stata portata avanti più volte, fino al tentativo di raschiare il pavimento per tirare giù la struttura dal basso, nonostante la nostra presenza.

Dato che il permanere dei manifestanti non diminuiva, le forze di polizia hanno cominciato un primo lancio di lacrimogeni direttamente addosso alle persone. Io stesso sono stato colpito da due candelotti fuoriusciti da un razzo a frammentazione. L’ho visto partire, mirato alla mia persona, e solo l’esplosione della frammentazione, che lo ha separato ad un metro da me, mi ha evitato di essere bersaglio di un proiettile più pericoloso. Sono stato colpito quindi da due piccoli lacrimogeni uno al petto ed uno alla gamba. Se mi si fossero incastrati nelle pieghe degli abiti, avrebbero potuto infiammare i miei vestiti, cosa che ho visto accadere, proprio vicino a me, ad un altro ragazzo. La sua felpa ha preso fuoco, perché una di queste capsule gli si era infilata nel cappuccio.

I lacrimogeni ci hanno poi seguito fin sulla scarpata che saliva verso la Ramat, dove ancora per una ventina di minuti, da quando abbiamo cominciato a salire su per la montagna., sono stati lanciati tra le sterpaglie secche. E se avesse preso fuoco tutto?

Come NO TAV ho, anzi abbiamo, sempre dimostrato la nostra contrarietà a quest’opera. Abbiamo dichiarato sempre in anticipo la nostra intenzione di metterci di traverso per impedire il regolare svolgimento di questo scempio. Un danno da un punto di vista ambientale, economico e sociale.

Lo scempio sociale che questo progetto pone in essere, lo voglio sottolineare.

Perché in questi anni, con la crisi economica e la mancanza di lavoro, si è sempre sentito parlare di TAV come opportunità di occupazione. Questa è la motivazione, o la scusa, perciò i finanziamenti, per il cantiere di Chiomonte e per garantirne la sicurezza, non sono mai venuti a mancare.

Ma per fare questo lo Stato è stato costretto a tagliare i fondi a sanità, assistenza, ricerca ed educazione.

Abbiamo visto ospedali chiudere, scuole cadere a pezzi e piani di assistenza ai disabili soppressi per mancanza di fondi.

Siamo testimoni, tutti i giorni, di una “macelleria sociale” che vede negati i diritti acquisiti da malati ed anziani. Tutto questo per poter realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità, che di certo sarà prerogativa solo di una ristretta minoranza che potrà, in un eventuale futuro, permettersi  i costi di accesso. La stessa minoranza che oggi si nutre di fumose ed inesplicabili certezze.

La spettacolarizzazione di questo processo ci pone nel ruolo di “NEMICI DELLO STATO”. Un ruolo che ci avete affibbiato, una parte scritta nel copione di questa teatrale messa in scena.

Nell’immaginario collettivo le istituzioni che hanno governato negli ultimi decenni, sono riuscite attraverso i media che controllano, a dipingere di cupi colori la nostra determinazione: prima eravamo nimby, poi eravamo una violenta minoranza antiprogressista, poi luddisti, nichilisti, e ora siamo diventati terroristi.

Un escalation di aggettivi via via sempre più terribili, accuse sempre più infamanti, ma oggi il fallimento di questa operazione è ormai sotto gli occhi di tutti.

La violenza per me è il fallimento della politica, è un fenomeno che in quanto tale ha delle cause, delle radici, e il compito della politica dovrebbe essere quello di capire, di promuovere il dialogo, di costruire le basi affinché ciò non avvenga.

Questo processo, come tutti i procedimenti in corso sulla questione TAV, non è altro  che la prova di questo fallimento.

Mi ritrovo dunque indagato per danni a cose, mentre quotidianamente subisco, insieme a centinaia se non migliaia di cittadini, questa “macelleria sociale” di cui parlavo precedentemente.

Non è anche questa una violenza ai danni delle famiglie, posta in essere da una struttura statale, che si è costituita come parte lesa in questo processo?

Più ministeri si sono costituiti parte civile in questo processo. Sono stati citati in quest’aula alcuni precedenti di questo tipo di costituzione di parte civile: la strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzema e il crollo nell’invaso della diga del Vajont.

Credete che si possano paragonare quei fatti tragici a ciò che è accaduto nelle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011?

O forse siamo sotto processo per le idee che continuiamo ad esprimere, per aver leso l’immagine del sistema Italia. Quel  sistema Italia fatto di tangenti.

Tutti i giorni siamo testimoni di come questa impalcatura di società stia scricchiolando. Cedimenti strutturali si notano quotidianamente nella scuola, nella sanità…

Sarà forse questo crollo, causato da politiche che perseguono solo il puro interesse economico e speculativo di pochi, a prevalere sul bene comune?

Più di un esperto e diversi docenti universitari hanno preso posizione, con dati scientifici e statistici molto dettagliati, dimostrando l’inutilità di quest’opera, la cui imposizione ci ha condotto in questa aula bunker, al pari dei peggiori criminali.

Mentre coloro che si dicono a favore hanno nutrito l’opinione pubblica solo con affermazioni strumentali sulla base di illusorie argomentazioni, dimostrando ampiamente di non avere fondamenti statistici e scientifici.

Io ho notato come il movimento NO TAV, nel corso degli anni abbia sempre mantenuto un dialogo aperto e trasparente, attraverso approfondimenti pubblici e convegni scientifici specifici. Ha aperto il confronto a tutti coloro che ne avessero la disponibilità, la curiosità e l’opportunità di partecipare. Cosa che non ho notato, invece nell’osservatorio governativo sul TAV Torino-Lione dove, per partecipare, le amministrazioni locali dovevano dichiararsi a priori a favore della realizzazione dell’opera.

La politica chiede a noi imputati di risarcire allo Stato i danni d’immagine. Danni d’immagine causati dalla nostra contrarietà a questo scempio. La stessa politica che non si è resa conto della propria incapacità al dialogo.

Questa politica non ha la volontà di riconoscere il fallimento e la propria incapacità di affrontare un dibattito pubblico. Quel dibattito che è venuto a mancare su questo, come su tanti altri argomenti che qui non sto ed elencare.

Un fallimento che ha mosso i primi passi più di 30 anni fa e che non sta rallentando il cammino neppure oggi.

In questo cupo scenario rimane in me, tuttavia, ancora una grande speranza.

In questo paese, sul nostro esempio, stanno germogliando migliaia di comitati, composti da cittadini che si riuniscono per discutere di quello che avviene nel proprio territorio, cittadini che controllano, cittadini che non si arrendono alla speculazione alla devastazione allo scempio quotidiano, cittadini che denunciano uno Stato che attraverso i  suoi rappresentanti istituzionali fa affari con la mafia.

Noi siamo qui sul banco degli imputati senza che ci venga riconosciuto il merito di aver impedito lo scempio del primo tracciato, quando nel 2005 riuscimmo a fermare un’opera che avrebbe prodotto una devastazione di proporzioni ancora maggiori delle previsioni attuali.

Siamo qui sul banco degli imputati, senza che ci venga riconosciuto di aver contribuito ad attirare l’attenzione della magistratura sulle infiltrazioni mafiose nelle grandi opere.

Siamo qui sul banco degli imputati senza  che ci venga riconosciuto il merito di aver costruito una speranza per il futuro di questo paese, finalmente liberato  dall’oppressione e dall’ingiustizia che lo ha contraddistinto negli ultimi decenni.

L’alta velocità è una disgrazia in ogni campo la si applichi, in politica, in economia ed in giustizia.

Affermo questo per i tempi che questo tribunale ha imposto nello svolgimento di questo procedimento, che si può definire ad alta velocità. Per non rallentarlo si è voluto tenere fuori le ragioni all’origine del processo stesso: le possibili infiltrazioni criminogene negli appalti dell’alta velocità, la mancanza di trasparenza nello svolgimento delle gare d’appalto e l’inatteso controllo dei costi e delle spese per lavori effettuati o meno. La mancanza di approfondimento non può portare altro che a danni enormi ed irreversibili.

Vorrei porre una domanda alla corte.

Se in futuro dovesse scoprirsi, come nei casi di EXPO 2015 e Mose, il caso TAV, verranno riabilitate tutte le persone processate per la loro contrarietà?

Le persone che oggi denunciano la mancanza di ordinarietà degli appalti e si oppongono, per l’inutilità di quest’opera, in ogni modo alla sua realizzazione.

Questa giustizia avrà cura di avviare procedimenti verso quegli appartenenti alle forze dell’ordine che, nell’anonimato della divisa, hanno adottato nei nostri confronti comportamenti criminali?

Ma, comunque vada, rimane in noi la consapevolezza di avere già vinto, poiché il cambiamento è già una realtà, un cambiamento che anche questa corte potrebbe aiutare a maturare, e che malgrado la repressione, le accuse infamanti a noi rivolte, malgrado la fatica e le crudeltà di cui siamo oggetto, malgrado l’indifferenza di coloro che pensano che la questione non gli riguardi, malgrado tutto… fermarci è impossibile.

Thomas Lussi

Accorciata la durata dei fogli di via per gli attivisti piemontesi

   

23 settembre 2014

Oltre tre mesi dopo la sentenza del Tar Liguria che imponeva alla Questura di Genova di rinotificare la durata dei fogli di via per dieci attivisti piemontesi, nei giorni scorsi sono finalmente stati notificati i nuovi provvedimenti. Per tutti gli attivisti la durata del provvedimento era stata stabilita in tre anni, il tempo massimo previsto dalla normativa. Con le nuove determine ad un militante il foglio di via è stato ridotto a 13 mesi, per altri sei militanti a 18 mesi e per i rimanenti tre a 30 mesi. Di fatto per un militante del comitato di Arquata il provvedimento è già terminato ed ha così potuto recarsi nei Comuni di Genova, Ronco Scrivia, Ceranesi e Campomorone ad abbracciare i militanti dei comitati liguri contrari alla realizzazione del Terzo Valico. Sei militanti torneranno a riavere la possibilità di varcare il confine ligure a gennaio dell’anno prossimo, mentre per i restanti tre si profilano tempi più lunghi con il provvedimento in scadenza a gennaio del 2016. La riduzione dei provvedimenti si è ottenuta grazie al lavoro dei legali del movimento Alessandro Gorla e Laura Tartarini che si sono visti riconoscere dal Tar Liguria la fondatezza del ricorso che avevano presentato. Pochi giorni dopo la pubblicazione della sentenza del Tar avevano commentato: “E’ una sentenza che riconosce l’agire discrezionale – e quindi politico – della Questura di Genova. Il TAR Liguria ha sottolineato come, a fronte di una manifestazione svoltasi senza incidenti, l’autorità di PS ha imposto un grave limite alla libertà di dieci persone per la durata massima prevista dalla norma (3 anni), senza alcuna valutazione individualizzante, per il mero fatto quindi che queste persone appartengono al movimento che si oppone alla realizzazione del terzo valico dei giovi, e non già in quanto singolarmente “pericolose per la sicurezza pubblica”, come prevederebbe invece la disciplina che governa l’emissione di questo tipo di provvedimenti inibitori.”

La speranza è che questa sentenza possa servire anche per i ricorsi che sono stati presentati al Tar Piemonte per contrastare i provvedimenti con cui il Questore di Alessandria ha interdetto a 16 attivisti liguri la possibilità di recarsi nei Comuni piemontesi interessati dalla realizzazione della nuova linea ferroviaria.

Sempre sul fronte giudiziario dobbiamo segnalare due nuove notizie. La prima è che sono stati consegnati due nuovi avvisi orali ad attivisti piemontesi a seguito dei quattro dello scorso luglio. La seconda riguarda le attenzioni che la polizia postale sta riservando al nostro sito per un articolo che Cociv non è riuscito proprio a digerire. E’ stata ascoltata un’attivista come persona informata sui fatti ed è stato consegnato un nuovo avviso di garanzia per un altro attivista. Entrambi sono militanti del movimento ma non si occupano della gestione del nostro sito. A tutti e quattro va un abbraccio solidale e fraterno.

Torino Danza lascia fuori l’Assemblea della Cavallerizza. Teatro Carignano è dei Vip

Ministri alla Cultura dell’Unione Europea a teatro. Piazza Carignano blindata. E i ragazzi dell’Assemblea Cavallerizza fuori, nitriscono, bloccati dalle Forze dell’ordine.

di Monika Crha

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Una serata di esperimento urbanistico per polizia e carabinieri di Torino. Raggiungere piazza Carignano è impossibile. Transennato il perimetro per un isolato e più. L’ordine è  proteggere gli ospiti  del teatro Carignano. Ossia i ministri alla Cultura dell’Unione Europea che portano brezze di riflessioni culturali capitanati dal ministro Dario Franceschini , e il presidente  della Regione Piemonte Sergio Chiamparino che arriva alla chetichella e si infila nel foyer.

Ci sono i carabinieri in alta uniforme a formare un’ala all’ingresso del teatro, tutti luccicanti con saluto militare e battuta di tacco al passaggio dei suddetti. Un numero imprecisato ma cospicuo di poliziotti e poliziotte in borghese si aggirano con radio e auricolari nello spazio antistante e all’interno.

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E c’è il pubblico delle  belle mise,  che fa il tutto esaurito per lo spettacolo Circa creato da Yaron Lifschitz e Circa Ensamble. “Ottanta minuti di grande energia” recita il volantino di Torino Danza. Quindi bisogna entrare, dopo un’occhiatina lacrimosa al Cambio che splende sabaudo a più non posso.

Controllo di borse e zaini, ma non per tutti. Quattro ragazzi vengono fermati. Vietato l’ingresso ai non addetti ai lavori, verrebbe subito da pensare. In realtà l’ingresso è vietato solo a chi fa parte del gruppo di Assemblea Cavallerizza.  E pensare che volevano entrare solo  per fare loro una performance di danza. Niente da fare.

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Fuori dal teatro  alle 20, come comunicato su Facebook, il presidio informativo e il volantinaggio dell’Assemblea Cavallerizza non c’é. Cambio di programma. Il ritrovo, con cavalli, amazzoni e cavalieri è di fianco al castello, davanti ad uno dei varchi bloccati e transennati dalla polizia. Mentre sui trampoli, a distribuire volantini alla popolazione ci sono un ragazzo e una ragazza.

Maria Edgarda dice che succede come sempre succede in questi casi. La presenza dei ministri crea il vuoto per tutti gli altri. La zona è stata militarizzata. “Noi abbiamo comunicato il presidio alle 8 per radunarci, e all’uscita dal teatro avremo un po’ di colore un po’ di rumore per far sentire qual è la cultura che noi vorremmo. Noi chiediamo come Assemblea Cavallerizza un gesto forte nei confronti della tutela effettiva del patrimonio. Per la Cavallerizza una moratoria sulla vendita e un progetto a gestione  e progettazione partecipata. La Cavallerizza non può diventare un albergo di lusso. A chiunque chiediate non è questa l’offerta che vorremmo nella nostra città. La Torino della Cultura non si crea in una settimana di eventi sfarzosi , si crea nella tutela del patrimonio sul territorio. Stasera faremo un bel presidio informativo in stile Cavallerizza e diremo a tutte le persone che c’è tutto un mondo che non riesce a passare da lì. Se il lavoro è precario, gli affitti sono alti e il biglietto per il teatro costa 20 euro andare a teatro non è la priorità per chi sente la crisi. C’è una Torino che crea una cultura di esclusione. C’è una Torino  di serie A che è quella del centro, la vetrina dell’amministrazione, la smart city.  E c’è un’altra Torino che è esclusa da questa dimensione”.

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Oggi l’Assemblea Cavallerizza festeggia  4 mesi di occupazione della Cavallerizza Reale. Un bene storico costruito nel 1740 dall’architetto Benedetto Alfieri. Un complesso che attraverso il Teatro Regio si collega a Palazzo Reale e al Duomo. Il centro di comando, la scuola di educazione cavalleresca, il nucleo dell’Accademia che formava gli alti ufficiali sotto Carlo Emanuele II di Savoia. Il  bene è stato decretato patrimonio dell’umanità dall’Unesco e  il Comune lo vuole vendere per pagarsi un po’ di debiti. Attraverso un processo di cartolarizzazione l’area è stata messa all’asta e nel 2012 si è deliberato che  può essere destinata ad usi di carattere privato. La trasformazione riguarderebbe anche i giardini reali che vorrebbero essere  adibiti a parcheggio veicoli.

La ragazza al megafono dice che è nostro dovere ricordare ai partecipanti di questa passerella che non può esserci bene comune lontano dalla comunità. E non può esistere partecipazione laddove non si tiene conto della volontà dei cittadini per seguire la cieca logica del profitto.

Profitto o no le élite fanno così. Da sempre. I figli che non si comportano bene vanno a letto, senza cena. E non si presentano agli invitati al ballo. Perché sono nati male, alla fine sono solo degli artisti. O no?

M.C. 24.09.14