Conferenza stampa sulla giornata di resistenza del 10 settembre

03 settembre 2014

Ieri  mattina, presso la sede No Tav di Novi Ligure, si è svolta la conferenza stampa del movimento sulla giornata di resistenza agli espropri previsti ad Arquata e Serravalle nella giornata di mercoledì 10 settembre. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il Consigliere Comunale di Serravalle Elio Pollero che ha denunciato come la comunicazione della procedura di esproprio del terreno di Sandro a Libarna non abbia rispettato neppure i tempi dettati dal testo unico sulle espropriazioni di pubblica utilità. Di conseguenza se Cociv e forze dell’ordine decideranno di procedere ugualmente all’immisione in possesso lo faranno illegalmente e ne dovranno rispondere politicamente e in ogni sede che verrà ritenuta opportuna.

Pubblichiamo il video integrale della conferenza stampa

Cattura5533

Vendola e Renzi giocano di fioretto sulle spalle della Puglia

La Tap in Puglia continua a far discutere e la prossima Fiera del Levante promette di aprirsi con un contenzioso tra Vendola e Renzi. Mentre sono chiari i rischi ma non i benefici anche la senatrice pugliese Lezzi (M5S) interviene con forza nella vicenda.

di Davide Amerio

Il 13 settembre pv si apre la Fiera del Levante in Puglia. L’occasione diventerà anche politica e si profila all’orizzonte uno ‘scontro’ (ma sarà davvero così?) tra il Presidente della Regione Nichi Vendola e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Oggetto del contendere la questione del Tap, ovvero il gasdotto che dalla Azerbaijan (con amore!) porterebbe in Italia un cospicuo flusso di gas. Da tempo movimenti locali, amministrazioni e, a sentire le ultime dichiarazioni, anche Vendola, si oppongono a questa costruzione che sarebbe un’offesa contro il territorio compromettendo le attività turistiche di ampie zone.

Recentemente il governo, attraverso il Ministero dell’Ambiente ha dato parere favorevole all’esame dell’impatto ambientale ignorando, di fatto, tutte le analisi e le critiche mosse al gasdotto.

Vendola pare sul piede di guerra, recentemente ha dichiarato “Non siamo disposti  ad una svendita del territorio, invito tutti quelli che interverranno nella giornata inaugurale della Fiera a dire con chi si schierano”.

Ma in ballo ci sono anche le trivellazioni su e giù per l’Adriatico dove in maniera disinvolta si cerca e si estrae petrolio in un bacino di mare che sarebbe devastato da un minimo incidente che travasasse in mare quantità di ‘oro nero’.

In Puglia non si capisce più chi decide quali ‘opere’ devono essere eseguite e chi le autorizza. in merito al Tap la Regione accusa Roma e viceversa.

Una testata giornalistica locale (tagpress.it) osserva che i gasdotti in Puglia rischiano di essere addirittura tre! e definisce la Puglia ‘terra di gas e petrolio’.  In corrispondenza dei territori baresi e foggiani è un fiorire di trivelle per la ricerca del petrolio nel sottosuolo. Esiste attualmente un altro progetto definito Igi Poseidon che prevede un gasdotto con approdo al largo degli Alimi un altro angolo di paradiso della Puglia. Una terza opera potrebbe essere quella del Rigassificatore di Brindisi.

L’assurdità della situazione è quella evidenziata da Legambiente Puglia: sono le aziende che decidono quali e quanti progetti realizzare in assoluta autonomia scegliendo la localizzazione ambientale fuori da qualsiasi valutazione di impatto. In assenza di una pianificazione strategica (che dovrebbe altresì basarsi sulle fonti rinnovabili) ogni privato può proporre un progetto e ricevere le autorizzazioni.

Caustica su questa situazione è la Senatrice Barbara Lezzi (M5S) che si batte per la difesa del territorio pugliese sua terra di origine. Sulla sua pagine di Facebook commenta:

E’ una sorta di chiamata alle armi che vede schierati tutti in fila nel magico utilizzo delle tecniche di comunicazione, unica formazione di cui è capace questo devastante esercito. Parlo di TAP e del brusìo di codardi “NI” che si sovrappone in questi giorni e che da nessun altarino viene motivato nel merito.
Sicuramente, non lo si vuole a S. Foca, il bacino elettorale non lo accetta e i soldatini si stracciano le vesti per difendere il meraviglioso paesaggio a scapito, però, di qualcun altro. Siamo a pochi mesi dalle consultazioni regionali e molte sono le porte che debbono restare aperte e, quindi, si sorvola incautamente sulla responsabilità del Presidente Vendola che zitto zitto fa inserire la Puglia nell’aggiornamento della rete dei gasdotti italiani con un coraggiosissimo silenzio assenso.

[…] non si argomenta sulle crisi geopolitiche di cui rimarremmo schiavi, di energia alternativa, di risparmio energetico, di direttive europee (presto vincolanti) che si schiantano contro questa nuova infrastruttura, di investimenti europei che prendono il largo anziché restare qui, di ricadute tributarie che volano verso la Svizzera (TAP è lì che pagherà le tasse ) di consumi di gas, di fabbisogno di gas, di giacenze al nostro attivo o magari di salute, benessere, turismo […]

D.A. 04.09.14

Giappone e nuove imposte: una strada senz’uscita?

9 settembre 2014
Le riforme economiche sono qualcosa di molto complesso, poiché — a differenza di molte scienze naturali — i loro risultati non sono visibili nel brevissimo periodo, ma richiedono tempi lunghi d’osservazione. Proprio per questo, l’economia si caratterizza per osservazioni tripartite: breve periodo, medio periodo e lungo periodo. Inoltre, ciò che accade nel breve periodo non è obbligatoriamente il risultato depotenziato del lungo, anzi molte volte i risultati sono antitetici. La conseguenza primaria di questa realtà è palesata dal «ciclo politico», cioè dal fatto che i governanti s’inoltrano in politiche eccessivamente espansive nei periodi preelettorali. Queste manovre, infatti, creano una crescita fittizia di breve periodo che attira voti favorevoli. A nessuno interessano, invece, gli effetti negativi del medio termine, poiché gli elettori hanno tipicamente una «memoria breve» e, per risolvere il dissenso, basta agire come s’è sempre fatto: politica espansiva preelettorale.
 
Nonostante non ci s’aspetti onestà intellettuale dai politici, il rifugio degli elettori dovrebbe essere costituito dalle testate giornalistiche, potenziali arbitri neutrali delle controversie ideologiche, misuratori dei risultati nel lungo termine, lontani da pantomime di basso livello. In Italia, però, molte volte anche i giornalisti si lasciano prendere da facili entusiasmi e altrettanto ingenui allarmismi. Un argomento caratteristico di questa smania da scoop è l’Abenomics, politica economica di stampo nipponico e dal gusto keynesiano. Su The Fielder, abbiamo esposto quelli che sarebbero stati i vantaggi nel breve periodo di tale riforma, ma anche i suoi potenziali danni nel medio periodo, data la situazione singolare dell’economia giapponese.
 
Ebbene, oggi l’euforia di breve termine sta svanendo, e il medio periodo, col suo bagaglio di travagli, sta iniziando a palesarsi. L’Abenomics si trova in un momento di stallo, nel quale qualsiasi mossa che il primo ministro Abe possa fare sembra condurre fatalmente a uno scaccomatto per il Giappone. Vediamo meglio che cosa sta accadendo. Lo scorso 1º aprile, per la prima volta in 17 anni, il governo nipponico ha deciso d’aumentare la tassa sui consumi dal 5% all’8%. Laratio della manovra è quella, lecita, di cercare di ridurre l’ammontare di debito pubblico del Giappone, arrivato ormai al 227% del PIL. A questa, però, s’aggiunge il piano d’iniettare 5,5 bilioni di yen (~40,2 miliardi d’euro) per contrastare gli effetti delle tasse, incrementando la spesa pubblica.
 
Gli effetti d’una manovra come questa sono diversi e di non particolare beneficio per il Giappone. Innanzitutto, come notato da Naohiko Baba, capo economista di Goldman Sachs in Giappone, un aumento delle tasse di questa portata non può avere un effetto importante sulla diminuzione del disavanzo nipponico. A ciò aggiungiamo che, al tempo della dichiarazione, non si parlava ancora della contromanovra espansiva. Inoltre, continua Baba, un Paese che si preoccupa a tal punto dell’impopolarità d’un aumento delle tasse non è in grado d’apparire credibile agl’investitori internazionali, che di conseguenza potrebbero ridurre i loro apporti di capitali privati.
 
Secondo, aumentare le tasse allorquando la ripresa economica è debole non sembra la scelta migliore. Gli effetti dell’aumento, infatti, sono già visibili nei dati dei consumi, scesi del 5,9% a giugno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Questo shock, ovviamente, si riverbererà sulla produzione industriale e su tutta l’economia, affossando la crescita del PIL, sulla quale s’erano concentrate le speranze di riuscita dell’Abenomics. Se a ciò aggiungiamo la stabilità dei salari in Giappone, sostanzialmente fermi da anni, vediamo come l’impatto sui consumi e sulla ricchezza delle famiglie possa esser ulteriormente moltiplicato dall’introduzione della nuova imposta.
 
Terzo e ultimo problema, la situazione potrebbe aggravarsi a causa della caduta dell’attuale governo. Come notato da Bruce Einhorn su Bloomberg Businessweek, tutti i governi che hanno aumentato la tassa sui consumi in Giappone hanno avuto vita breve. Benché l’Abenomics sia dannosa nel medio-lungo periodo, la caduta del governo in una situazione come quella attuale è da evitare, se non si vuole che la fiducia internazionale cada a picco, con un conseguente aumento dei tassi d’interesse sull’insostenibile debito nipponico.
 
A questo punto, vorremmo aprire una breve parentesi critica. Il Giappone sta cercando d’attuare un «consolidamento fiscale», cioè di strutturare le proprie finanze in modo tale da raggiungere un equilibrio sostenibile del rapporto debito/PIL o, meglio, tale che la formula d’accumulazione del rapporto debito/PIL tenda a un ammontare accettabile. Una semplificazione della formula da tenere in considerazione è la seguente:
 
debitot/PILt = [(1+r)/(1+γ)]*(debitot−1/PILt−1)+dt
 
dove dt è la differenza tra spesa e tasse al tempo t. Come vediamo, il rapporto odierno dipende da tre fattori: tasso d’interesse reale, tasso di crescita del PIL reale, e rapporto debito/PIL del periodo precedente. Le leve che è possibile usare per ridurre il rapporto sono aumentare il PIL o attuare un consolidamento fiscale. Nel nostro caso, c’interessa il secondo strumento, che può a sua volta esser attuato attraverso o un incremento del prelievo fiscale (aumentare le tasse a reddito costante o aumentare il reddito a tasse costanti) o un taglio di spesa.
 
Il Giappone si sta movendo sulla strada dell’aumento del gettito fiscale, mentre la spesa aumenta per cercare di stimolare il PIL attraverso il moltiplicatore. Secondo gli studi fatti da Alesina, Favero e Giavazzi, una siffatta manovra è da considerarsi dannosa. I tre autori, studiando quale sia il miglior metodo per attuare un consolidamento, tra tagli della spesa e aumento del gettito, concludono che i primi comportano effetti recessivi piú limitati rispetto all’aumento impositivo. L’esperienza giapponese, come spiegato in precedenza, conferma le intuizioni dei tre ricercatori, e palesa come anche stavolta la strada che il Giappone sta percorrendo sia dannosa.
 
Il Giappone, dunque, si trova in una situazione di sempre maggiore difficoltà, sempre piú incastrato in una via senz’uscita. L’Abenomics, con la sua politica espansiva e di spesa pubblica, sta mostrando tutti i suoi limiti; inoltre, il consolidamento fiscale, ottimo nelle intenzioni, si muove in una direzione controproducente d’aumento dell’imposizione. Nel primo articolo che scrivemmo nel novembre 2012, riportammo una frase di Luigi Zingales, che dava al Giappone tre anni prima del default. Ora ne sono passati meno di due, e sembra che nulla stia migliorando, se non nelle iperboli temporanee dei commentatori di casa nostra.

LA FRANCIA PREPARA UN ( ALTRO ! ) INTERVENTO IN LIBIA MENTRE I PARTNERS EUROPEI SONO IMPEGNATI ALTROVE. MA COME REAGIRANNO GLI ALGERINI?

Nel post sulla crisi siro-irachena che ho pubblicato il 30 agosto scorso, concludevo suggerendo un intervento italo-egitto-tunisino congiunto in Libia. Avrebbe sistemato noi, i partners e la Libia.

L’obiettivo: ristabilire l’ordine, eliminare i danni fatti agli abitanti ed ai cittadini del mediterraneo dalla coalizione NATO e riprenderci quel mercato.
Oggi, il ministro della Difesa francese Yves Le Drian propone – in una intervista a “Le Figaro” che sia la Francia a farlo.
 
Il momento è ben scelto: Gli USA devono entro domani annunziare con quale strategia subiranno l’ennesimo scacco in Irak, l’Inghilterra sta lavorando alacremente ( annunzio mobilitatore di “vincono gli altri”, annunzio serenizzatore di un “nuovo royal baby”) per non perdere il referendum sulla indipendenza della Scozia e l’Italia sta annegando nell’autocompiacimento per la nomina della Mogherini, Renzi nella visita del Premier Valls alla festa dell’Unità e non vorrà turbare questa atmosfera di embrassons nous.
 
Anche l’interlocutore è scelto bene: il ministro della Difesa può sempre subire correzioni da quello degli esteri in caso di reazioni negative della pubblica opinione.
Alcune considerazioni: La Francia ha provocatola nascita del problema ed è anche l’ex potenza coloniale della Tunisia.
 
Non si capisce perché gli estoni debbano temere la vicinanza dei russi e i tunisini e gli algerini subire quella dei francesi con cui hanno guerreggiato anche di recente ( Tunisia nel 1961 per Biserta e Algeria, per otto anni fino al 1962).
Non si capisce con quali mezzi lo Stato Maggiore francese affronterà il problema dato che nella relazione al Parlamento annunziò di aver esaurito le scorte di munizioni e missili e non dispone di basi aeree capaci di consentire la copertura delle operazioni. Servono aeroporti in Sicilia ( o In Tunisia) e la loro portaerei ( Charles De Gaulle)sta più in cantiere che in mare.
 
Non si capisce come una impresa militare possa iniziare con un presidente al 13% di gradimento della pubblica opinione, che vuol fare dimenticare una ambigua storia di corna.
Durante la campagna libica, l’Algeria proibì alla Francia persino il sorvolo del suo territorio a un elicottero che chiedeva di rintracciare “una pattuglia smarrita nel deserto”. L’Algeria già una volta ha battuto la Francia conquistando l’indipendenza.
L’Italia ha le basi aeree, pur essendo ex potenza coloniale ha un ottimo rapporto coi libici ed è la sola potenza che ha ancora una rappresentanza diplomatica aperta in loco, oltre ad essere in rapporti idilliaci con Tunisia, Algeria e Egitto.
 
Certo, se ci fosse una intesa segreta  per l’utilizzo, ad esempio, della base di Ghedi e fosse stato richiesto e concesso all’ultimo vertice NATO nel Galles e in contropartita fosse stata ottenuta la comparsata alla festa dell’Unità da parte del premier francese, allora la faccenda assumerebbe un gran brutto aspetto.
 
Specie per Renzi che non gode di immunità parlamentare ed avrebbe aggirato – oltre all’ormai violentato articolo 11 della Costituzione nella parte in cui parla di cessione di sovranità impossibile senza contropartita- anche le più elementari norme di buoncostume governativo che vorrebbero che un capo di governo straniero non si immischiasse negli affari interni di un altro paese.
Che ne direbbero se Putin venisse alla festa elettorale di Berlusconi?

 di Antonio de Martini
 
9 settembre 2014

Sblocca Italia? No, sblocca trivelle e svendi Italia

l’autore tende purtroppo a discolpare l’Europa, se ne comprende l’amore dogmatico e fideistico ma il gov Renzi e qualsiasi governo onde non essere tacciato di euro scettico FA TUTTO QUELLO CHE LA UE ORDINA. La ue non è un mutuo soccorso come sembra nell’immaginario della propaganda che ci ha turlupinati per decenni. L’incantesimo è finito e la vera natura della Ue è sotto gli occhi di tutti, se si vuol vedere e se non si lavora indirettamente per le banche. La Ue è mercificazione ed i beni comuni sono un business. E’ la ue delle banche e non ne è mai esistita un’altra, è sempre stata questa indipendentemente da ciò che si è forzosamente fatto voler credere alla gente.

09 settembre 2014

Il  propagandato provvedimento del governo Renzi nasconde l’obbligo di quotare in Borsa i beni comuni e la trasformazione in opere strategiche di trivelle, gassificatori e inceneritori.
 
di Alessio Di Florio
  
“Sblocca Italia”. Ai roboanti annunci di questo nuovo provvedimento manca ancora ancora un testo. La chiamano “annuncite acuta” Il provvedimento definitivo non è stato ancora scritto ma le bozze che circolano contengono già abbastanza elementi per intravedere grandi minacce. Gli annunci sui “media governativi” proclamano un provvedimento epocale, un Paese che non sarà più la stesso. Sembra proprio che sarà così. Ma non nella direzione che vogliono far credere.
 
Dopo una calda estate di opposizione contro “Inquinatore Protetto” (di cui ci siamo già occupati su Popoff), diventato alla fine legge dello Stato senza l’innalzamento dei limiti per l’inquinamento dei suoli delle aree militari di 100 volte equiparati alle zone industriali ma con gli altri punti contestati rimasti, l’opposizione ambientalista al Governo Renzi riparte e si concentra su un nuovo provvedimenti di questo governo.
 
Marco Bersani di Attac Italia denuncia che “Renzi è peggio di Berlusconi” perché con il “pacchetto 12” dello “Sblocca Italia” va oltre la privatizzazione dei beni comuni fermata dai referendum del 2011 e punta alla “loro diretta consegna agli interessi dei grandi capitali finanziari”. Bersani denuncia che “entro un anno dall’entrata in vigore della legge” gli enti locali gestori “dovranno collocare in Borsa o direttamente il 60%, oppure una quota ridotta, a patto che privatizzino la parte eccedente fino alla cessione del 49,9%”. I proventi di tali cessioni non saranno ricompresi nel “Patto di stabilità” quindi saranno spendibili molto più facilmente di altri introiti finanziari dagli amministratori degli enti locali gestori. Una scelta che appare come un fortissimo incentivo a favorire e realizzare la collocazione in Borsa.
 
Il portavoce nazionale dei Verdi Angelo Bonelli denuncia che “con lo Sblocca Italia via libera alla cementificazione del demanio” in quanto prevede “la concessione o il diritto di superficie per beni pubblici, anche demaniali non utilizzati, per la realizzazione e lo sviluppo di progetti urbanistici e edilizi” anche in aree “mai state oggetto di concessione da parte dello Stato” e “fuori dai piani regolatori”. Durissimo il commento anche di Salvatore Settis, secondo cui il provvedimento di Renzi “ricicla” la “novità” (introdotta da Craxi nel 1985 e varie volte rilanciate dai governi Berlusconi) “secondo cui l’edilizia rimette in moto l’economia”, cosa assolutamente non vera per l’archeologo e storico dell’arte. Lo stesso Matteo Renzi, poco meno di un mese fa, ha annunciato che con lo “Sblocca Italia” non ci saranno mai più “cantieri fermi per ritrovamenti archeologici”. Non avendo ancora il testo come questo si realizzerà non è ancora dato sapersi, ma considerando che Renzi da sempre ha espresso fastidio per iter autorizzativi considerati solo “lungaggini burocratiche” e persino per le “conferenze dei servizi” (che tendono a riunire, e quindi a semplificare, la raccolta dei vari pareri necessari), il dubbio che la tutela che le Soprintendenze attuano sulle aree archeologiche sia un fastidio da superare serpeggia.
 
La parte dello “Sblocca Italia” che ha suscitato più polemiche e proteste è quella energetica. Il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica denuncia che il decreto sancirà “la trasformazione dell’Abruzzo e di altri territori italiani in distretti petroliferi” in quanto alle attività di “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale”, così come riportato nel comunicato stampa del Governo, viene riconosciuto “carattere strategico”. Viene quindi stabilito un totale accentramento a livello nazionale delle procedure con un ruolo degli enti locali praticamente azzerato, a partire dalle procedure di Valutazione d’Impatto Ambientale. Verrà così a mancare una delle poche e preziosissime occasioni nelle quali la cittadinanza e i territori si son potuti esprimere in questi anni. Spesso si difendono scelte e provvedimenti affermando che “lo vuole l’Europa”, l’Europa vuole anche la maggior partecipazione pubblica nei processi decisionali riguardanti l’ambiente ma lo “Sblocca Italia” andrà in tutt’altra direzione … Questo sembra valere per tutti i contestati insediamenti come “Ombrina Mare” in Abruzzo e il TAP in Puglia per esempio.
 
Contestato durante la “Festa dell’Unità” a Lanciano (in provincia di Chieti) da alcuni manifestanti che gli hanno chiesto quale voto esprimerà sullo “Sblocca Italia”, il sottosegretario abruzzese Giovanni Legnini ha affermato che lui è contrario ad “Ombrina Mare” ma favorevole al petrolio e al decreto.
 
Il Presidente del Consiglio Regionale pugliese e il Presidente della Regione Basilicata già si stanno attivando per una mobilitazione istituzionale contro questi provvedimenti dello “Sblocca Italia” mentre per l’Associazione Antimafie Rita Atria, l’Associazione Culturale Peppino Impastato e PeaceLink Abruzzo “non è accettabile e non si può cancellare il futuro dell’Abruzzo e l’espressione chiara e netta della cittadinanza” ricordando che contro Ombrina Mare e la deriva petrolifera “l’anno scorso 40.000 persone scesero in piazza a Pescara nella più grande manifestazione della storia” dell’Abruzzo”.

È DI NOTTE CHE IL GOVERNO RENZI RIESCE A DARE IL MEGLIO DI SE STESSO. E DI NOTTE IN GRAN SEGRETO È VENUTO FUORI IL DECRETO RIBATTEZZATO “SALVA-DE BENEDETTI”

9 SET 2014 15:19
1. È DI NOTTE CHE IL GOVERNO RENZI RIESCE A DARE IL MEGLIO DI SE STESSO. E DI NOTTE IN GRAN SEGRETO È VENUTO FUORI IL DECRETO RIBATTEZZATO “SALVA-DE BENEDETTI” – 2. ANCHE SE PIÙ CHE SALVARE L’INGEGNERE HA GETTATO UNA CIAMBELLA DI SALVATAGGIO ALLA CONTROLLATA SORGENIA, CONSENTENDO L’ACCORDO CON LE BANCHE DI FINE LUGLIO CHE HA TENUTO IN PIEDI L’AZIENDA CON DUE MILIARDI DI DEBITI, EVITANDO UN POSSIBILE FALLIMENTO – 3. UN DECRETO ‘REGALA’ INCENTIVI PER 120-150 MILIONI L’ANNO PER AUMENTARE LA CAPACITÀ ENERGETICA IN CASO DI EMERGENZA, MA IN ITALIA AL MOMENTO C’È PIÙ OFFERTA CHE DOMANDA 4. DEL REGALINO GODRANNO LE BANCHE (MPS IN TESTA) ORMAI PROPRIETARIE DI SORGENIA. MA SE I CONTI TORNERANNO IN UTILE, I DE BENEDETTI INTASCHERANNO IL 10% DELLA PLUSVALENZA

Franco Bechis per “Libero Quotidiano”
È di notte che il governo Renzi riesce a dare il meglio di se stesso. E di notte in gran segreto è venuto fuori il decreto che a palazzo Chigi è stato ribattezzato «salva-De Benedetti», anche se più che salvare l’ingegnere ha gettato una ciambella di salvataggio alla controllata Sorgenia, consentendo l’accordo con le banche di fine luglio che ha tenuto in piedi la creatura di Carlo De Benedetti evitando un possibile fallimento.
Su quell’accordo in una notte di fine giugno il governo Renzi ha messo una fiche che a regime dovrebbe valere sui 120-150 milioni di euro l’anno. Il decreto salva-Sorgenia si chiama capacity payment, ed è stato firmato in accordo con Renzi – ma senza informare Federica Guidi – dal viceministro dello sviluppo Economico, il Pd Claudio De Vincenti. Perché di notte e quasi di nascosto? Perchè quel decreto ben prima di vedere la luce era già diventato un caso politico-editoriale.
 
Il campanello d’allarme era stato suonato il 2 marzo scorso dal Corriere della Sera con un articolo di Sergio Rizzo e Fabrizio Massaro titolato così: «Il premier, Sorgenia e il salvataggio pagato dallo Stato – Il nodo della remunerazione pubblica per le centrali del gruppo De Benedetti». Un attacco a Renzi per un favore non ancora fatto a De Benedetti. Un po’ di can can politico nei giorni successivi, e del caso Sorgenia da allora in poi si sarebbero occupate solo le cronache finanziarie che riferivano del salvataggio tentato dalle banche con in prima fila il creditore che rischiava di più: il Monte dei Paschi di Siena.
Nel silenzio però quel decreto è arrivato ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 giugno scorso, circa due settimane prima che Carlo De Benedetti ricevesse di primo mattino nella sua abitazione romana il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Il decreto capacity payment è stato un regalo fondamentale per Sorgenia, cui arriveranno secondo le prime stime il 20-25% degli incentivi previsti ai vecchi produttori di energia.
 
La torta non è da poco: vale fra 6 e 700 milioni di euro l’anno a regime. Che cosa è il capacity payment? Previsto in una legge del 2003 firmata da Antonio Marzano, è un incentivo pubblico che doveva essere concesso ai produttori di energia in grado di soddisfare la domanda aumentando in poche ore la capacità produttiva durante i picchi richiesti dal mercato.
La domanda di energia non è la stessa in ogni periodo dell’anno, ed eventi eccezionali possono cambiare anche radicalmente il grafico: per periodi eccezionali di caldo o di freddo, per incidenti sulla linea elettrica o altri eventi atmosferici. Nel 2003 i produttori erano pochi e la domanda superava l’offerta: aveva un senso immaginare di incentivare gli investimenti in alcuni impianti per rispondere ai picchi improvvisi di domanda.
Proprio quell’anno – per eventi eccezionali verificatisi sulla linea elettrica di importazione – domenica 28 settembre l’Italia intera restò per ore al buio in seguito al più rilevante black out mai registrato. Il principio di incentivare la capacità produttiva fu inserito nella legge, ma non trovò mai applicazione. La politica energetica pubblica prese strade diverse, e si incentivarono le energie alternative: eolico e fotovoltaico in primis. Dal 2011 in poi quel decreto sulla capacity payment tornò di attualità, perchè a chiederlo a gran voce erano proprio i manager di Sorgenia.
 
Il pressing era forte, ma l’ascolto non grandissimo. In dieci anni i produttori di energia si erano moltiplicati, e la domanda, complice la crisi economica, era scesa. Non esisteva e non esiste oggi il problema di fare fronte ai picchi di domanda energetica, perchè sono inferiori alla capacità produttiva. Il decreto dunque non era necessario. Ma quei soldi servivano come il pane a Sorgenia.
 
Che continuò a insistere. Il primo ad arrendersi è stato Enrico Letta che a dicembre 2013 ha infilato una nuova norma nella legge di stabilità. Poi nulla, fino a quando Sorgenia non stava per andare gambe all’aria e per salvarla il pool bancario aveva bisogno di qualche certezza in più sul business. È arrivata una notte di fine giugno, e con il decreto il salvataggio di Sorgenia è stato firmato dalle banche in un batter d’occhio.
Del regalino Renzi-De Vincenti godrà ora il pool di banche con Mps in testa che diventerà azionista di Sorgenia. Anche De Benedetti: la sua Cir uscirà infatti dal capitale, ma se i conti di Sorgenia torneranno in utile, godrà di una sorta di buonuscita pari al 10% della eventuale plusvalenza realizzata a regime con l’operazione.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/notte-che-governo-renzi-riesce-dare-meglio-se-stesso-84143.htm

L’Italia in «missione prolungata» di guerra sotto comando USA

untitled3366

Domani – alla vigilia del 13° anniversario dell’11 settembre che segnò l’inizio della «guerra globale al terrorismo»  incentrata su Al Qaeda e l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte di coalizioni a guida Usa – il presidente Obama annuncerà, in un solenne discorso alla nazione, il lancio di una nuova offensiva a guida Usa mirante, secondo quanto ha dichiarato domenica in una intervista alla Nbc, ad «affrontare la minaccia proveniente dallo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis)». Pur non inviando ufficialmente forze di terra in Iraq e Siria, il presidente promette: «Degraderemo sistematicamente le capacità dei militanti sunniti dell’Isis, restringeremo il territorio che controllano e, infine, li sconfiggeremo».
 
La strategia è stata ufficializzata nella Dichiarazione finale del recente Summit Nato, in cui si afferma (al punto 37) che «l’Isis, con la sua recente avanzata in Iraq, è divenuto una minaccia transnazionale». Chi ne è responsabile? I 28 governi Nato (compreso quello Renzi) non hanno dubbi: «Il regime di Assad che ha contribuito all’emergere dell’Isis in Siria e alla sua espansione al di là di questo paese». Si capovolge così la realtà: come già ampiamente documentato, i primi nuclei del futuro Isis si formano quando, per rovesciare Gheddafi in Libia nel 2011, la Nato finanzia e arma gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi (esprimendo ora, nella Dichiarazione del Summit, «profonda preoccupazione per le attuali violenze in Libia»). Dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, essi passano in Siria per rovesciare Assad. Qui, nel 2013, nasce l’Isis che riceve finanziamenti, armi e vie di transito dai più stretti alleati degli Stati uniti: Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia, Giordania. In base a un piano sicuramente coordinato dalla Cia.

 
L’Isis lancia poi l’offensiva in Iraq, non a caso nel momento in cui il governo presieduto da Nouri al-Maliki sta predendo le distanze da Washington, avvicinandosi sempre più alla Cina. Essa compra circa la metà della produzione petrolifera dell’Iraq, fortemente aumentata, ed effettua grossi investimenti nella sua industria estrattiva. Lo scorso febbraio, i due governi firmano accordi che prevedono forniture militari da parte della Cina. Lo scorso maggio al-Maliki partecipa, a Shanghai, alla Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia, insieme al presidente russo Vladimir Putin e ad Hassan Rouhani, presidente dell’Iran. Paese con cui il governo al-Maliki aveva firmato nel novembre 2013 un accordo che, sfidando l’embargo voluto da Washington, prevede l’acquisto di armi iraniane. Su questo sfondo si colloca l’offensiva dell’Isis, che incendia l’Iraq trovando materia infiammabile nella rivalità sunniti-sciiti.
 
L’Isis svolge quindi di fatto un ruolo funzionale alla strategia Usa/Nato di demolizione degli stati attraverso la guerra coperta. Ciò non significa che la massa dei suoi militanti, proveniente da diversi paesi, ne sia consapevole. Essa è molto composita: ne fanno parte sia combattenti islamici, formatisi nel dramma della guerra, sia ex militari dell’epoca di Saddam Hussein che hanno combattuto contro gli invasori, sia molti altri le cui storie sono sempre legate alle tragiche situazioni sociali provocate dalla prima guerra del Golfo e dalle successive nell’arco di oltre vent’anni. Ne fanno parte anche diversi provenienti da Stati uniti ed Europa, dietro le cui maschere certamente si nascondono agenti segreti appositamente formati per tali operazioni.
 
Detto questo, vi sono fatti incontrovertibili i quali dimostrano che l’Isis è una pedina del nuovo grande gioco imperiale in Medio Oriente. Nel maggio 2013, un mese dopo aver fondato l’Isis, Ibrahim al-Badri – il «califfo» oggi noto col nome di battaglia di Abu Bakr al-Baghdadi – incontra in Siria il senatore statunitense John McCain, capofila dei repubblicani incaricato dal democratico Obama di svolgere operazioni segrete per conto del governo. L’incontro è documentato fotograficamente (v. l’articolo di Thierry Meyssan su http://www.voltairenet.org/article185102.html#nb8). Molto sospetto è anche l’illimitato accesso che l’Isis ha alle reti mediatiche mondiali, dominate dai colossi statunitensi ed europei, attraverso cui diffonde i filmati delle decapitazioni che, suscitando orrore, creano una vasta opinione pubblica favorevole all’intervento della coalizione a guida Usa in Iraq e Siria. Il cui reale scopo strategico è la rioccupazione dell’Iraq e la demolizione della Siria.
 
Si apre così, preparata da 145 attacchi aerei effettuati in Iraq in un mese dall’aviazione Usa,  una «missione prolungata» di guerra che – precisa A. Blinken, vice-consigliere di Obama per la sicurezza nazionale  – «durerà probabilmente oltre l’attuale amministrazione». Guerra in cui il governo Renzi, scavalcando il Parlamento, si è già impegnato a far partecipare l’Italia. I nostri cacciabombardieri sono pronti, ha annunciato la ministra della «difesa» Pinotti, per «un’azione militare, che bisognerebbe avere il coraggio di fare».

La fine del predominio del dollaro

E’ una notizia di quelle destinate a cambiare i destini del mondo, e per questo sottaciuta. Le sanzioni finanziarie dell’Occidente contro la Russia hanno dato la stura a una riorganizzazione dei suoi importanti accordi commerciali, aprendo le porte alla concorrenza agli europei. La Bielorussia per l’alimentare, il sud America per altre fornitura, la Cina per quello che in effetti compera anche l’UE e gli USA. Ma perché commerciare in dollari ?
La Cina venderà i propri prodotti in Yuan, la Russia il proprio gas in Rubli. Obbligandosi quindi reciprocamente a spendere in casa dell’altro.
La Banca Centrale della Russia e la Banca Popolare della Cina scambieranno le valute nazionali direttamente.
E il resto del mondo ? Continuino pure a usare il dollaro.
Loris
http://www.signoraggio.it/la-fine-del-predominio-del-dollaro-2/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

ISRAELE PREPARA UNA GUERRA CONTRO IL LIBANO

ah ecco perché Hezbollah non viene tanto preso ad esempio a sinistra, Hezbollah fa davvero tanto per i ceti meno abbienti, non si limitano a falsi proclami propagandistici.

08 SET 2014

Dieci giorni dopo che è entrato in vigore il cessate il fuoco nella guerra di Gaza, durata 29 giorni, l’Esercito israeliano sta portando avanti piani ed addestramento per una” guerra molto violenta” contro Hezbollah nel Libano, questo quanto  ha riferito una informativa del canale 2 della Televisione israeliana il Venerdì sera, senza specificare quando un conflitto di questo tipo potrebbe iniziare.

Il comandante di una brigata dell’Esercito israeliano ha avvisato che tale guerra sarebbe molto diversa di quella condotta a Gaza, in cui sono morti più di 2.100 palestinesi e 72 israeliani. “Dovremo impiegare una forza considerevole contro Hezbollah ed attuare in modo decisivo e drastico”, ha dichiarato il colonnello Dan Golfus, comandante della 769 Brigata di fanteria Hiram.

Golfdus ha affermato che Hezbollah dispone di una forza di 100.000 missili e razzi 10 volte di più che Hamas,- includendo 5.000 missili di lunga gittata, situati in differenti zone del Libano. Quelli sono capaci di portare fino ad una tonnellata di esplosivo e in più contano con sistemi di guida di alta precisione. Questi missili coprono la totalità del territorio israeliano e potrebbero causare danni molto gravi sugli obiettivi e le infrastrutture israeliane, ha segnalato.

L’ufficiale israeliano ha aggiunto che il sistema antimissile”Cupola di Ferro” non potrebbe fare nulla di fronte a questo tipo di minaccia e, d’altra parte, l’Esercito israeliano dovrebbe manovrare in modo rapido ed operare con forza per ottenere quello che ha qualificato un successo decisivo e rapido in questo conflitto, qualche cosa che pochi credono in Israele ,visto il fallimento dell’Esercito israeliano di fronte ad Hamas ed alla piccola ed assediata Gaza.

L’ufficiale considera anche che Hezbollah dispone di enormi capacità militari ed una esperienza di circa tre anni di combattimenti in Siria ed un alto livello di saldezza morale dei militanti.

Il reportage indica che il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, ha detto al segretario generale dell’ONU, Ban KU-moon, nel 2012 che in qualsiasi futura guerra contro Hezbollah, Israele attaccherà le località nel sud del Libano.

Inoltre si dimostra la preoccupazione dei leaders israeliani per la estesa rete di tunnels realizzata dagli Hezbollah, alcuni dei quali potrebbero scorrere al di sotto della frontiera. Il vicecomandante della colonia di Maalef Yossef, Yossi Adoni, ha detto che i residenti dell’area hanno udito rumori di scavi sotterranei da anni. “Siamo assolutamente sicuri che ci sono dei tunnels che attraversano la frontiera”, ha riferito.

Esperti israeliani credono che una guerra contro il Libano potrebbe avere questa volta effetti devastanti per Israele e la sua economia, in specie se il conflitto si dovesse prolungare. In questo senso, il reportage del Canale 2 parla della possibilità di “evacuazioni massicce” della zona nord di Israele se  con gli Hezbollah  si dovesse verificare alla fine il conflitto.

Fonte: Al Manar

Traduzione: Luciano Lago

Nota:  chi sono gli Hezbollah

Hezbollah lebano

Hezbollah è l’organizzazione islamica sciita libanese, che comprende una milizia armata ed un partito politico e la cui attività é destinata principalmente ad attuare programmi sociali per la popolazione sciita povera. Gestisce scuole ed ospedali ed ha avviato una campagna di ricostruzione per attuare progetti di sviluppo economico ed infrastrutturale.
E’ nata nel 1982 per contrastare l’invasione israeliana; ufficialmente viene fondata il 16 febbraio 1985 quando il leader Ibrahim Al-amin rende noto il manifesto del gruppo.
Gli Hezbollah sono una delle due organizzazioni più rappresentative della comunità sciita, e la più grande organizzazione religiosa del Libano. Gli sciiti sono il gruppo più numeroso delle 19 comunità religiose del Libano.

Nella foto in alto: un reparto armato degli Hezbollah in Siria

Nella foto in basso: Hezbollah sfilano durante una commemorazione
http://www.controinformazione.info/israele-prepara-una-guerra-contro-il-libano/#more-6573

Ecco cosa ha fatto veramente Draghi: ha SALVATO per l’ennesima volta banche&banchette

monti-priorita-salvataggio
Come ben sapete qualche giorno fa Draghi ha parlato e tutti i mercati pendevano dalle sue labbra.
vedi mio post:  Waiting for Draghi
 
Ed a seguire … un profluvio di commenti, analisi, interpretazioni delle ultime mossette di Super Mario: stimoli monetari, iniezione di liquidità per le banche, tentativo di aiuto all’economia, miglioramento del meccanismo di trasmissione monetario, contrasto alla deflazione e piripì piripà…
 
Secondo me però “al coro” manca l’interpretazione fondamentale:
(sotto traccia) è stato l’ennesimo Salvataggio delle Banche, soprattutto quelle PIIGS…incluse quelle italiane.
E poi se qualcosa arriverà anche all’economia reale, sarà tutto grasso che cola…
Chissà perché nessuno ha detto una VERITÀ’ così scontata… 😉
 
Diciamo che deve aver fatto “riflettere” il caso Banco Espirito Santo
che in pochi giorni ha fatto crash da 100 a 0 senza pre-avvisi di alcun tipo sui mercati che continuavano a tradarla come fosse un’inossidabile cassaforte (=schema tipico del più grande Moral Hazard della Storia dove si “crasha” di botto perché è stato azzerato il rapporto rischio/rendimento e la stessa percezione del rischio visto che tutto è “garantito dall’alto”).
Poi Espirito Santo è stato salvato facendo partecipare alle perdite anche gli azionisti e parzialmente i bondholders, ma un campanellino d’allarme deve essere squillato in casa BCE…
vedi i miei post in merito, per es. L’Espirito Santo “salva” i correntisti…
 
Fondamentalmente le ultime mosse di Draghi………..
.
 
iniziano a creare di fatto e progressivamente una Bad Bank
ovvero la BCE si accollerà e garantirà sempre più tutta una serie di crediti “spazzatura” incagliati e collegati all’economia reale che hanno in pancia le banche.
Per ora si parte da quelli “senior” ovvero quelli “meno spazzatura”… ma nulla vieta che man mano si scenderà sempre più verso il fondo del cassonetto: infatti lo stesso Draghi si è tenuto le mani libere sulle categorie di assets che verranno (ri)comprati dalla BCE.
Il gioco della BCE dovrebbe svilupparsi principalmente su due categorie di DERIVATI: ABS e Covered Bond.
Vi ricordate su cosa è esplosa la Crisi innescata dal Crack Lehman Brothers?
Ecco appunto…la BCE giocherà proprio su QUEL TIPO di DERIVATI…cercando di scegliere quelli più trasparenti e meno marci (così almeno hanno promesso…).
 
Da un lato dunque si parla di acquisto di ABS (Asset-backed security): dovremo vedere di quale tipo ma l’impressione è che si voglia schiodare il mercato immobiliare e dei mutui, secondo me con effetti di ulteriore bolla sui mercati immobiliari del Nord Europa e con qualche effetto molto selettivo sui mercati immobiliari del Sud Europa.
vedi intuizione di FunnyKing (anche se secondo me si mirerà molto più in basso).
 
Ma l’intuizione di questo POST mi è arrivata dall’eventuale acquisto di Covered Bond.
 
Con Covered bond (tradotto obbligazioni garantite) ci si riferisce ad un’obbligazione bancaria caratterizzata da un profilo di rischio molto basso e da un’elevata liquidità.
Questa tipologia di obbligazioni rappresenta nel nostro Paese una novità piuttosto recente…….
A differenza delle normali cartolarizzazioni, i covered bond garantiscono la restituzione di capitale ed interessi grazie al vincolo di una fetta dell’attivo patrimoniale della banca destinato esclusivamente alla remunerazione ed al rimborso del bond….
 
Dunque…fatemi capire: profilo di rischio basso, elevata liquidità, garanzia restituzione capitale, la rava&la fava manco fossero lingotti d’oro…
e la BCE mette ‘sti inossidabili Covered Bond nel suo programma di Quantitative Easing e dunque di ri-acquisto???
Immagino che tanti covered bond emessi da banche in stile Espirito Santo siano talmente liquidi, a basso rischio e garantiti …da non disdegnare però di un aiutino della BCE. 😉
Dunque anche su questi asset a “prova di bomba” la BCE inizierà a ricomprare “verso il basso” fino al fondo del cassonetto… 😉
E mi viene spontaneo un collegamento ad uno dei tanti esempi possibili.
Vi ricordate la praticamente Fallita Banca delle Marche sotto commissariamento di Bakitalia?
 
30 maggio 2014
Entro poche settimane una soluzione per salvare Banca Marche…..
Banca d’Italia invia un terzo commissario….nell’istituto di credito marchigiano che necessita di una ri-patrimonializzazione che oscillerebbe tra i 700 e gli 800 milioni di euro…. per cercare una soluzione che possa salvare BM…..
 
Ebbene anche la ns. cara Banca delle Marche hai i suoi “prodi” covered bond che spesso hanno come sottostante crediti spazzatura incagliati …
perché l’economia reale “sul territorio” di mezza Italia non solo è in crisi da anni ma è stata desertificata e lo sarà sempre di più (grazie ai vari Cazzari che si sono succeduti con l’ampia legittimazione della maggioranza italiota)
Tra l’altro questi prodotti sono sottoposti al giudizio di Moody’s&compari ed in base al livello di rating possono essere finanziati dalla BCE oppure no.
 
L’agenzia di rating declassa il rating da Ba1 a B3, con outlook negativo.
Tagliata la valutazione anche dei covered mortgage bonds da A3 a Ba2: “L’istituto ha una bassa capitalizzazione e una minore capacità di coprire le sofferenze bancarie” 26 gennaio 2013
 
Ed ecco che la Banca d’Italia, seguendo le indicazioni della BCE, ha appena allargato le maglie dei suoi “filtri” verso un livello maggiormente “spazzatura”…. 😉
 
La Banca d’Italia, in prospettiva delle maxi aste di liquidità della Banca Centrale Europea alle banche condizionate alla concessione di finanziamenti a Pmi e famiglie (Tltro), amplia le maglie nei prestiti che gli istituti bancari possono usare come garanzia.
Il nuovo collaterale renderà più semplice anche la partecipazione delle banche.
Le nuove misure sono conformi alle regole stabilite da Francoforte che ammette la stanziabilità di crediti con caratteristiche di rischio meno stringenti. (traduzioone = maggiormente spazzatura)
 
Iniziate a meglio cogliere cosa ha annunciato in PRIMA ISTANZA Draghi nell’ultima seduta della BCE?
Come vi dicevo, ha annunciato L’ENNESIMO SALVATAGGIO DI BANCHE&BANCHETTE semi-FALLITE…incluse quelle italiane a rischio…a mo’ di MPS, Carige etc etc
E se poi, dando ossigeno a tutte queste banchette INCARTATE, un po’ di grasso colerà verso l’economia reale, tanto meglio no?
 
Nota: trai Covered Bond ci sono anche i Covered Mortgage Bond e dunque non solo il riacquisto degli ABS ma anche quello dei Covered B. potrebbe dare una mano al mercato dei mutui e dunque a quello immobiliare (ribadisco…in Italia non aspettatevi niente di che…perché ci sono ben 6 streghe a trascinare “le casette” verso l’abisso…vedi il mio post FONDAMENTALE: ItaGlia: Effetto CONGELAMENTO IMMOBILIARE (e dunque della maggioranza dei risparmi italiani)
 
E dunque la BCE, dopo aver tamponato prima di tutto i Titoli di Stato dei PIIGS-falliti,
farà ancora più da garante delle banchette semi-fallite a causa dell’economia reale DESERTIFICATA grazie alle politiche della Troika…
Ed il CERCHIO si chiude no?
 
Il problema è che tu puoi anche dare liquidità e far guadagnare tempo ai crediti incagliati dell’economia reale…ma a contesto costante questa economia reale (soprattutto quella italiani) NON si ripiglierà MAI PIU’…inutile contarci balle…
Intere aree di “terra bruciata” ormai sono e rimarranno “terra bruciata”.
Dunque tutte queste belle mossette della BCE come sempre creeranno soprattutto SPECULAZIONE FINANZIARIA basata sul Moral Hazard (tanto garantisce la BCE)
e dunque una pessima ed inefficiente allocazione degli investimenti e dei capitali,
NON verso le “cose” migliori e virtuose che rendono di meno (anche se sulle proprie gambe)
ma verso le “cose” peggiori e marce che rendono di più (con il paraculo di BCE&soci).
Lo spiegavo nel mio post: Più “Tori” di così non si può…
….E naturalmente l’allocazione dei capitali e degli investimenti è completamente SBALLATA, sbilanciata, forzata, innaturale, senza più alcuna correlazione con il rischio/rendimento e dunque ai minimi storici di EFFICIENZA, Equilibrio e SOSTENIBILITÀ’ (solo sulle proprie gambe…)……
Alla desertificazione già avvenuta e che continua ad estendersi,
va aggiunto che buona parte dell’economia reale NON RIPARTIRA’ MAI a causa di tutte le ben conosciute palle al piede dell’economia Italiana:
tasse al 70% ed oltre, burocrazia kafkiana, giustizia lenta come una lumaca, contesto normativo non affidabile soggetto spesso a cambi retroattivi, mentalità diffusa ipocritamente catto-comunista che demonizza l’impresa, corruzione, politici di bassissima levatura, Casta saldamente al potere perché rappresenta alla perfezione la massa Italiota che continua a legittimarla (anche e soprattutto nell’attuale versione cazzara…) etc etc etc
Dunque mi spiegate come mai le banchette italiane (sempre più SUSSIDIATE dalla BCE) dovrebbero RISCHIARE di fare credito ad un’economia reale ove solo un idiota oggi potrebbe fare impresa (a meno che non sia appoggiato dalla Casta) e dove fare un qualche utile ormai è un miracolo più unico che raro? Perché fare credito a cavalli perdenti e con un sacco di “palle al piede”?
Le banchette soprattutto faranno ALTRO…;-)
 
Dopo tutta questa MAFRINA che NON TROVERETE altrove….
tantomeno sui mass-media sussidiati…
rileggetevi le mossette di Draghi e guardatele sotto una luce diversa e più realistica…
A questo serve L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE dei Blog come il mio che solo 4 gatti di voi lettori SOSTENGONO ATTIVAMENTE anche se sarebbe prima di tutto nel vs. interesse…
 
….I dettagli del programma, compreso l’ammontare (si è parlato di 500 miliardi di euro in tre anni), verranno rivelati dopo il prossimo direttivo dell’Istituto centrale europeo. “Inizieremo ad acquistare semplici e trasparenti asset backed securities (ABS) di attività non finanziarie e acquisteremo inoltre un ampio portafoglio di covered bond denominati in euro emessi da istituzioni finanziare monetarie domiciliate nell’area euro”, ha spiegato Draghi, aggiungendo che gli acquisti avranno un impatto considerevole sul bilancio dell’Istituto centrale.….
 
Naturalmente io ho fatto un’analisi critica e “moralistica”… 😉
Invece queste MOSSETTE pragmaticamente vanno TRADATE stecca e senza alcun pregiudizio di sorta: sono ormai 5 anni che le migliori TRADATE si fanno solo sulle mosse delle BANCHE CENTRALI, alla faccia dei fondamentali economici…
Dunque buon trading… 😉
I mercati infatti hanno già ampiamente anticipato la MANNA della BCE
facendo schizzare il ns. FTSE MIB (notoriamente composto primariamente di banchette) di ben +2000 punti in pochi giorni (dopo la correzione di inizio agosto).
 
uzzzzz
. .