Bussoleno: presentazione della ricerca del controsservatorio sul rapporto Media/No Tav

http://www.tgvallesusa.it/?p=6651

 Il rapporto tra No Tav e i media è da sempre difficile e oggetto di critiche da parte del movimento. Ora uno studio conferma scientificamente ciò che in Val di Susa si sapeva da tempo.

Posted on 18 marzo 2014

di Davide Amerio  

Serata di ascolto e riflessione ieri sera a Bussoleno; la sala del Polivalente ha ospitato giornalisti, studiosi e pubblico per ascoltare la relazione sull’analisi linguistica intitolata “La rappresentazione del movimento No Tav nei media” realizzata da Massimo Bonato,Irene PepeEloisa Spinazzola e promossa da Maurizio Pagliassotti e dal Controsservatorio Val Susa.

Questa relazione è stata presentata a Torino il 18 febbraio 2014 presso il Circolo dei Lettori e successivamente al Polivalente di Venaus; è prevista una presentazione all’Università di Torino ed è stata oggetto di un ciclo di lezioni a sociolinguistica dell’Università di Reading (UK). Sarà presentata al prossimo Forum nazionale di giornalismo che si terrà a Perugia.  

Lo studio prende in esame le tre testate giornalistiche principali che, a livello locale e nazionale, trattano il tema Tav e parlano del movimento (La Stampa, Corriere della sera, La Repubblica). L’obiettivo era capire se l’argomento Tav era quello trattato principalmente e in quale modo. Sono stati esaminati il “corpus” dei testi pubblicati nel periodo dal 27 luglio al 27 settembre 2013 (in totale oltre 400 articoli) periodo caratterizzato da eventi specifici accaduti in Val Susa.

Utilizzando categorie della semiotica (la disciplina che studia il linguaggio esaminando i diversi significati che possono assumere i “segni” -le parole- che lo compongono) i testi sono stati esaminati mettendo in luce l’utilizzo di aggettivazioni che creano un giudizio di valore nel lettore indirizzandolo verso la formulazione di un pre-giudizio prima ancora che egli venga a conoscenza dei fatti accaduti.

Per chiarire le conseguenze della sostituzione delle parole nell’ambito del linguaggio,Bonato ha illustrato un semplice esempio: se dico “vado a casa di Mario” oppure “vado alla stamberga di quel cretino” sto parlando dello stesso argomento e della stessa azione ma colui che ascolta percepisce due cose ben diverse. Ci sono un’infinità di parole che possono essere usate in sostituzione di un termine generico e privo di significato valoriale come “casa” per attribuire da subito un significato (valore) e indirizzare il discorso in una direzione ben precisa: se sostituisco “casa” con “villa”, “residenza”, “appartamento”, “magione”, attribuisco un valore (positivo) all’oggetto di cui stiamo parlando; se uso termini come “stamberga”, “topaia”, “catapecchia” ottengo l’effetto contrario e creo un’immagine negativa nell’ascoltatore. Allo stesso modo sostituendo “Mario” (nome di persona di cui non si da alcun giudizio) con “quel cretino”.

Questo è quello che fanno i giornali. Tutti i dati conclusivi dello studio mostrano come, nel caso del movimento No Tav, le parole usate dalle testate giornalistiche mirino inequivocabilmente a creare una sensazione di violenza, di aggressione, di terrore. Si evince chiaramente come tutta la questione Tav venga indirizzata e rinchiusa nella stretta dimensione dell’ordine pubblico.

L’uso di determinate parole quali “aggressore”, “antagonista”, bombarolo”, associate al movimento, creano nell’immaginario di chi legge un’idea negativa (opinione) sul soggetto (il movimento) di cui si sta parlando prima ancora di venire a conoscenza degli eventi accaduti.
Il procedimento è spinto oltre: sono state modificate le parole con le quali si definisce la controparte del movimento(lo Stato) ovvero è stata creata un’immagine (nella mente dei lettori) di come il movimento percepirebbe gli interlocutori istituzionali. Non si parla praticamente mai di sindaci o Prefetto o Ministro bensì di “nemici” (dei No Tav), “truppe”, “esercito”, “occupazione”.
Tutta la terminologia usata per definire gli attori, le azioni e gli obiettivi da conseguire, da parte del movimento e dello “Stato”, rientrano nella categoria “guerra”.

Un’osservazione particolare merita la componente imprenditoriale: per le testate giornalistiche esaminate gli unici imprenditori esistenti in Val di Susa sono quelli che lavorano nei cantieri del Tav. Delle altre imprese non viene fatta menzione o riferimento. Unica eccezione la citazione di Etinomia in un solo articolo.

Il risultato di questo studio, spiega Pagliassotti (autore del libro-inchiesta “Chi comanda a Torino“), è sconcertante. Nostro obiettivo -illustra il giornalista- è di sottoporre questi risultati agli organi istituzionali preposti al controllo della qualità dell’informazione nel nostro paese: l’osservatorio di Pavia; cosa che stiamo cercando di fare e insisteremo sino a quando non si decideranno a prenderli in considerazione. Abbiamo volutamente dato un taglio scientifico a questa ricerca per dimostrare la drammaticità e l’assurdità di questa situazione: non è tollerabile che l’immagine dei Valsusini sia quella di abitanti impazziti che prendono d’assalto lo Stato.
Per dimostrare i paradossi prodotti dal mondo dell’informazione sino a cadere nel ridicolo,Pagliassotti mostra alla sala la documentazione di articoli apparsi su La Stampa di Torino(sventola dal palco gli originali a pagina intera) nel giugno del 2013. In essi veniva elogiato l’inceneritore di Torino e al ministro Orlando, in visita agli impianti, venivano attribuite, in differenti pezzi, parole di elogio nei confronti della struttura e rassicurazioni sulla non pericolosità dell’inceneritori. Dopo qualche giorno sul quotidiano è apparso un micro articolo (Pagliassotti lo preleva a fatica dalla tasca) pubblicato nelle pagine più interne del giornale nel quale La Stampa era costretta a comunicare la smentita ufficiale del ministro che dichiarava di non aver mai fornito le rassicurazioni menzionate dalla testata.

La serata si è conclusa con le testimonianze di operatori video indipendenti sulle numerose difficoltà incontrate per avere i permessi per filmare i processi No Tav e ottenere l’accesso al cantiere di Chiomonte. Ester Castano (freelance), ha raccontato alla sala i risultati di alcune sue ricerche sulle aziende che operano per la realizzazione del Tav. Molte di queste risultano avere connessioni con la criminalità organizzata ma -afferma la Castano- quando ho proposto alle testate con le quali collaboro articoli a riguardo mi hanno risposto che non sono notizie interessanti.

Il materiale dello studio è disponibile al pubblico presso il sito del Controsservatorio a questo Link.

Ltf risponde sui preoccupanti valori delle polveri sottili, ma la toppa è peggio del buco

Ltf risponde sui preoccupanti valori delle polveri sottili, ma la toppa è peggio del buco

Ieri, 14 marzo 2014, sulle pagine locali de La Repubblica, Fabio Tanzilli ha pubblicato un articolo relativo alla denuncia di inquinamento a Chiomonte comparsa due giorni fa sul nostro sito. Il giornalista riporta tra virgolette alcune dichiarazioni di Ltf, senza precisare il nome dell’autore.

Le ricopiamo integralmente con i nostri commenti. Per rendere più avvincente la lettura fra una risposta e l’altra inseriamo anche i grafici sul livello di pm10 alla Maddalena. Sono grafici fatti da Ltf e si basano sui loro dati. Noi abbiamo soltanto inserito una linea rossa ad indicare il limite di 50μg/mche non potrebbe essere superato per più di 35 giorni l’anno (il 10% del totale).

Marzo, valore medio 71,4μg/m3, valore massimo giornaliero 189μg/m3, 13 sforamenti su 24 giorni, 54,2%

Marzo

 

1° dichiarazione: “Nel cantiere per il tunnel geognostico della Torino-Lione sono in atto monitoraggi continui della qualità dell’aria, tra questi ci sono le misurazioni dei valori di PM10.”

1° commento: bella scoperta! Lo aveva appunto affermato il nostro sito e soprattutto è un obbligo di legge, ribadito dalle prescrizioni imposte dal Governo con l’approvazione del progetto. Non è una vostra attenzione all’aria che respirano i valsusini, ma un vostro obbligo e dovere.

Aprile, valore medio 54,8μg/m3, valore massimo giornaliero 127μg/m3, 14 sforamenti su 30 giorni, 46,7%

Aprile

 

2° dichiarazione: ”Una delle stazioni di rilevamento è sul piazzale antistante al Museo della Maddalena …”.

2° commento: come prima, l’esatta ubicazione della stazione di rilevamento era stata già correttamente indicata sul nostro sito, dove è persino linkata la scheda descrittiva della stazione 5.4.

Maggio, valore medio 41,6μg/m3, valore massimo giornaliero 112μg/m3, 10 sforamenti su 31 giorni, 32,3%

Maggio

 

3° dichiarazione: “.. risente quindi in misura significativa anche delle emissioni del traffico dell’autostrada che sovrasta il cantiere, e non rileva solo i dati del cantiere Tav”.

3° commento: qui c’è da dilungarsi un po’. Cominciamo col dire che tale stazione è stabilita da molti anni, tanto da essere utilizzata già per la progettazione di Venaus. Quando Ltf presentò il progetto di Chiomonte, nello Studio di Impatto Ambientale usò i rilevamenti effettuati nel 2005 proprio per il tunnel di Venaus. Ecco la pagina:

Venaus

 

All’epoca, la Comunità Montana e le Associazioni Ambientaliste contestarono la scorrettezza di riciclare i monitoraggi di un progetto vecchio e abbandonato. Ma i Ministeri non ebbero nulla da eccepire (d’altronde nello stesso momento ingoiarono senza fiatare l’affermazione che in Val Susa non soffia mai un vento superiore a 14,4 km/h…).

Quindi i numeri ufficiali dai quali si deve partire sono i seguenti, registrati nell’inverno e nella primavera 2005, come riportati nello stesso SIA:

 

Venaus2

Venaus3

Venaus3

In seguito, a progetto approvato, Ltf ha attivato lo stesso punto di rilevazione per registrare i valori di fondo prima dell’inizio dei lavori. Come già scritto sul nostro sito, in realtà le misurazioni non possono rappresentare esattamente la situazione precedente perché sono iniziate a marzo 2012, quando l’area era già stata compromessa e interessata da movimenti terra, taglio di piante, creazione di strade, spianamento di piazzali, sistemazione di recinzioni, allacciamenti e baracche. Anche in questo caso la scorrettezza è stata denunciata ai Ministeri ma – per ora – non si hanno notizie di provvedimenti. Questi i valori di pm10 dichiarati da Ltf per i campionamenti 2012 (la tabella è una nostra elaborazione sintetica, i dati Ltf sono quiqui e qui)

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Riassumendo:

-nel 2005, quando ancora non vi era il cantiere Tav, il valore medio della concentrazione di pm10 era26,5μg/m3 con punte massime di 65,8μg/m3.

-nel 2012, in base alla tabella, quando il cantiere Tav era in via di allestimento da 1 anno, il valore medio della concentrazione di pm10 era di 34,9μg/mcon punte massime di 93,2μg/m3

-nel 2013 nello stesso punto di campionamento, a due anni dall’apertura dei cantieri Tav, si registrano concentrazioni di pm10 ulteriormente in incremento, valore medio di 53,3μg/me punte massime di189μg/m3.

Per giustificare aumenti così marcati occorre cercare una sorgente di emissione nuova e aggiuntiva rispetto alla situazione di partenza. Può essere l’autostrada? In teoria, sì. In pratica, no. Sarebbe una causa ragionevole soltanto se, nello stesso periodo, il traffico autostradale fosse aumentato. Peccato che dal sito della società Sitaf non sembra proprio che un simile fenomeno si sia verificato. Risulta anzi che i mezzi in transito si siano ridotti dal 2005 al 2013 di circa il 10% passando da 3776000 a 3410000. Ci possono essere altre cause? Certamente. Qualsiasi cantiere attivo in zona può provocare emissioni fuori norma. Nei mesi del 2013 che hanno visto sforamenti significativi, erano in corso altri grossi lavori? Può dirlo con chiarezza il Comune di Chiomonte. Ma in ogni caso, per rispettare la legge, anche l’altra ipotetica ditta avrebbe dovuto monitorare il proprio operato, proprio per accorgersi subito di eventuali problemi.

Una vecchia regola, detta “del rasoio di Occam”, suggerisce di non andare a cercare spiegazioni arzigogolate o troppo lontane: di solito la soluzione più semplice e immediata si rivela esatta. Nel nostro caso, è facile: l’area de La Maddalena è in gran parte naturale e non antropizzata. I grossi emettitori di polveri sono solo due: l’A32 e Ltf. Una inquina da tempo con valori costanti che, fino a prova contraria, rimangono sotto i limiti di legge (confermato da altre centraline lungo tutta la valle). L’altra è arrivata da poco, e subito dopo sono cominciati gli sforamenti.

In ogni caso, risolvere la questione è piuttosto semplice. Due soggetti pubblici, il Sindaco e Arpa, facciano le loro verifiche e appurino le cause degli eccessi; è un loro specifico dovere.

Giugno, valore medio 49μg/m3, valore massimo giornaliero 99μg/m3, 13 sforamenti su 30 giorni, 43,3%

Giugno

 

4° dichiarazione: “Sono valori grezzi e non validati mentre le rilevazioni “normate” hanno sempre evidenziato concentrazioni molto inferiori”.

4° commento: i numeri che abbiamo divulgato sono quelli resi pubblici da LTF, che quindi si assume il ruolo di “validatore”. Nessuna estrapolazione è stata fatta. Ribadiamo che ad oggi questo è il dato più completo e anche quello più elaborato e meno grezzo fra quelli pubblicati da Ltf. Ricordiamo inoltre che il Codice dell’Ambiente (*) e la Delibera di autorizzazione impongono la divulgazione dei risultati dei monitoraggi ambientali, senza pretendere che un cittadino qualsiasi debba inoltrarsi in calcoli da specialisti. D’altronde, in questo caso non sono nemmeno necessari, visto che devono essere confrontati da un lato con i limiti di legge e dall’altro con i valori preesistenti (raccolti sempre da Ltf).

(*) D.Lgs. 152/2006 smi, art. 18 c. 3. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate è data adeguata informazione attraverso i siti web dell’autorità competente e dell’autorità procedente e delle Agenzie interessate. Vedi anche l’art. 28 c. 2 della stessa Legge.

Luglio, valore medio 58μg/m3, valore massimo giornaliero 140μg/m3, 18 sforamenti su 28 giorni, 64,3%

Luglio

 

5° dichiarazione: “Il valore medio di PM10 pari a 38mg è confrontabile con il dato della stessa stazione prima dell’apertura del cantiere, e dimostra che non c’è stato deterioramento ambientale per le lavorazioni.”

5° commento: qui si rasenta la malafede. Dai dati resi pubblici da Ltf il numero 38 appare inspiegabile e non deducibile da alcuna serie di dati pubblicati. Come può un valore “grezzo” di 53,3μg/m(dato Ltf e confermato indirettamente nell’articolo) trasformarsi magicamente in 38μg/m3? Forse Ltf ha dei dati ancora non resi pubblici? Forse da settembre a fine anno la concentrazione di pm10 si è incredibilmente azzerata, abbassando la media (e questo sarebbe assai curioso perché normalmente è questo il periodo in cui le concentrazioni sono maggiori). Curioso anche come quelli di Ltf non parlino di giorni di sforamento (a cui fa riferimento la normativa).La stazione 5.4 a La Maddalena ha registrato 88 giorni fuori norma su 189 disponibili; è illegale. Qualcuno vuole preoccuparsene? La più interessata dovrebbe essere proprio Ltf. Ha tutto l’interesse a dimostrare che non ne è responsabile, altrimenti la legge è chiarissima: qualora risultino impatti negativi ulteriori e diversi, ovvero di entità significativamente superiore, rispetto a quelli previsti e valutati nel provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale, l’autorità competente può modificare il provvedimento ed apporvi condizioni ulteriori. Qualora dall’esecuzione dei lavori ovvero dall’esercizio dell’attività possano derivare gravi ripercussioni negative, non preventivamente valutate, sulla salute pubblica e sull’ambiente, l’autorità competente può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate (art. 28 c. 1b del Codice dell’Ambiente).

Agosto, valore medio 54,2μg/m3, valore massimo giornaliero 120μg/m3, 15 sforamenti su 24 giorni, 48,4%

Agosto

 

Considerazione finale. La legge stabilisce che non si può superare un certo limite. Non dice che ogni cantiere deve emettere sotto la soglia. Se per ipotesi Ltf emette per 35 e la A32 per 25, ognuno rispetta i limiti (50) ma la salute di tutti è a rischio lo stesso (60). Per questo si valutano gli impatti cumulati. E se qualche goccia fa traboccare il vaso, il vaso va subito svuotato, non importa da chi.

È la somma che fa il totale, diceva un vecchio saggio…

Settembre, valore medio 43,3μg/m3, valore massimo giornaliero 86μg/m3, 5 sforamenti su 15 giorni, 33,3%

Settembre

Italy Divided Over Rail Line Meant to Unite

http://www.nytimes.com/2014/03/18/world/europe/italy-divided-over-rail-line-meant-to-unite.html?hp&_r=1

The New York Times

CHIOMONTE JOURNAL

By  – MARCH 17, 2014

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Opponents of the Treno Alta Velocita rail project met this month in the Susa Valley. After 20 years of controversy, construction began in 2011. CreditFabio Bucciarelli for The New York Times
CHIOMONTE, Italy — To get to the site of an exploratory tunnel now being bored into Italy’s northwestern Alps, visitors must first pass through a police checkpoint, then a military one. Tall fences topped with barbed wire roll along the mountainside. Armored vehicles cross paths with jeeps on winding roads lined by vineyards.

In an area known for picturesque villages, winter skiing and summer Alpine excursions, the fortified construction yard is a jarring juxtaposition, betraying the bitterness of a two-decade battle over plans to build a high-speed train link between Italy and France.

Over the years, the saga of the train line has been punctuated by episodes of popular resistance and colorful, thousands-strong demonstrations, but also by violent clashes, nighttime acts of sabotage and even accusations of terrorism.

Local people have long resisted the rail link, fearing damage to aquifers as well as the possible release of asbestos and radioactive materials during the excavation. They also questioned the economic sense of a project that required an initial outlay of nearly $12 billion.

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The area is known for picturesque villages and skiing. CreditFabio Bucciarelli for The New York Times

But the strategic location of the Susa Valley has also given the 90,000 people who live here an outsize platform in Italy’s broader cultural and political debate over balancing the country’s identity with European integration, and more generally, preservation with progress.

For Europe, the long deadlock has become a prime example of the strange jujitsu of European Union politics, in which sometimes the smallest local issues threaten to tie up a continent’s grandest ambitions.

“This is not about a train,” said Lisa Ariemma, a resident who has opposed the Treno Alta Velocita rail project, or TAV, as it is known.

The construction here is the first step in a planned 35-mile tunnel on a high-speed train line that would connect Turin, Italy, and Lyon, France. It is one section of the Mediterranean Corridor — a trans-European railway route from Algeciras, Spain, to Budapest, Hungary — that the European Commission has named as a priority.

But for some residents here, the barricades, both physical and metaphorical, have come to reflect their differing view of development, and even democracy, and their distance from decision-makers in Rome and Brussels.

The issue has given momentum to the Five Star Movement, the anti-establishment and anti-European Union party of Beppe Grillo, who was sentenced this month to four months in prison for a 2010 protest staged against the rail link in Chiomonte.

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Mr. Grillo’s party is overtly opposed to the project, and several members of his party were elected to Parliament here and in nearby districts in national elections last year. Many are looking to local, regional and European elections in May to gauge the popularity of the line, which is a hot-button issue.

For the national government, as Transport and Infrastructure Minister Maurizio Lupi put it this month after visiting this site, “the tunnel is evidence that the state exists, and that it believes in a project it sees as fundamental to the development of the country and of Europe.”

Construction of the site began in 2011 amid protracted protests that climaxed in violent clashes. Large swaths of the mountain have since been fortified to keep demonstrators at bay, delaying the actual boring of the mountain until late last year.

The long effort at resistance has not deterred the Italian government’s commitment to the plan, despite political changes over the last 20 years, and regardless of which party was in power.

But the long delay has put Italy’s own reputation as a dependable European partner on the line. Fear of losing European financing, which Italian officials say is expected to cover 40 percent of the costs of the line, finally spurred the government to more concerted action.

Opponents have waged a multifront resistance, through court challenges and “No TAV” publications and websites. They have even bought up one-meter square patches of land along the planned rail route to bog down the expropriation process. Hundreds of protesters have been investigated — and some tried. Four young protesters are in jail on charges of terrorism.

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The work in Chiomonte, Italy, is the first step in a planned 35-mile tunnel on a high-speed train line that would connect Turin, Italy, and Lyon, France. CreditFabio Bucciarelli for The New York Times

“The ‘No TAV’ movement has become radical, drawing on anarchic disaffected young people,” said Stefano Esposito, a pro-TAV senator with the Democratic Party, who has received death threats and now travels with bodyguards.

Alberto Perino, a longtime leader of the opposition to the rail link who was convicted alongside Mr. Grillo, believes the feeling against the project is far broader. “We’re angry because they’re carrying out a project with our money, against us,” he said. Many locals feel their political representatives “no longer represent the interests of citizens,” but rather those of banks and constructions groups, he said.

Luca Giunti, a park ranger and “No TAV” activist argues that passenger and cargo traffic between Italy and France on the old rail line — built in 1871 — has been on a steady decline for years, and sees no need for a new one.

“You’re looking at a certain expense, and a certain environmental damage vis-à-vis an uncertain financial gain,” he said. “That’s not much of a business model.”

Even as they acknowledge that the valley will bear some inconveniences, proponents of the plan say that rail infrastructure has changed significantly since the old line was built, and the current track is inefficient because it is built on a steep slope and the tunnel is not large enough to handle modern freight traffic.

Gemma Amprino Giorio, the mayor of the nearby town of Susa, where a station designed by the Japanese architect Kengo Kuma is to be built once the track is complete, sees the train as breathing new life into the region’s stagnant economy. “Right now the valley is a dry branch. To have an international station — an architectural gem — will bring development, and a reinforcement of the territory’s economy, in particular, tourism.”

Mario Virano, an expert called by the government in 2006 to help moderate between the various factions, noted that the issue was much larger than the Susa Valley.

“We can’t lose the possibility of European funding, or let France lose theirs because of us,” he said. “If we don’t go ahead now, when the rest of Europe is working towards more homogeneous infrastructure, the scandal will be that we didn’t do it.”

A version of this article appears in print on March 18, 2014, on page A4 of the New York edition with the headline: Italy Divided Over Rail Line Meant to Unite. Order Reprints|

Il ruolo criminogeno della Banca Mondiale

Scritto da  Enrico Carotenuto
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Nello studio “La Banca Mondiale ed i Crimini della Globalizzazione”, (Social Justice, vol 29, n 1-2 (87-88) i criminologi accademici David e Jessica Friederichs si pongono una domanda:
Le attività della World Bank, che emergono nel contesto di una accelerata globalizzazione, possono essere utilmente caratterizzate come una forma di crimine e come un fenomeno criminologico?
La risposta, analizzando alcuni casi, ed in particolare la politica delle enormi dighe finanziate
dalla Banca Mondiale è .
 
Parlando della globalizzazione della quale la Banca Mondiale è paladina, insieme a variealtre agenzie, dicono:
“Molti affermano che la globalizzazione ha portato un aumento del tenore di vita di diversi paesi… Certo, indubbiamente molti sono stati i “vincitori” nella corsa alla globalizzazione. Ma….i vincitori sono le smisuratamente ricche corporations multinazionali e i perdenti sono popoli sproporzionatamente poveri e svantaggiati, specialmente i popoli indigeni dei paesi in via di sviluppo. La globalizzazione contribuisce ad una generale crescita delle diseguaglianze economiche, determinando impoverimento e disoccupazione per moltissimi. …La logica della globalizzazione viene dettata dal benessere del capitale piuttosto che da quello della gente.”
Viene poi messo in evidenza il modo “non democratico di operare delle istituzioni finanziarie internazionali, che prende forma di globalizzazione dall’alto invece che globalizzazione dal basso.”
La Banca Mondiale è in modo sproporzionato influenzata e manipolata dalle istituzioni economiche di élite, e viene sesso identificata come un agente del “capitale globale“. Nei paesi in via di sviluppo ha scarsissima attenzione per i popoli indigeni e tratta pressoché esclusivamente con le élites politiche ed economiche di questi paesi. “E’ nota per prestare denaro a dittature militari senza scrupoli, che usano tortura e assassinii… dopo aver negato prestiti ai governi democratici rovesciati da quei regimi militari… Favorisce le dittature forti rispetto alle democrazie in fase di stabilizzazione, perché crede che le prime siano più capaci di introdurre e di attuare le riforme antipopolari che la Banca Mondiale richiede per i suoi prestiti. Chi prende in prestito i soldi sono tipicamente le élites politiche dei paesi in via di sviluppo, ed i loro associati e complici, mentre il ripagamento del debito diventa responsabilità dei popoli di questi paesi, la maggior parte dei quali non beneficia di questi prestiti. Secondo questa lettura, il privilegiati beneficiano dei rapporti con la Banca Mondiale molto più dei poveri.”
 
…”La Banca Mondiale è stata criticata per essere paternalista, segreta, controproducente per quanto riguarda il fine di migliorare la vita della gente. Specificatamente è stata accusata di esserecomplice in politiche dalle conseguenze genocide, nell’esacerbare conflitti etnici, nell’accrescere il dislivello tra ricchi e poveri, di produrre immensi danni ecologici ed ambientali, e di aver malevolmente sradicato grandi numeri di indigeni dalle loro case e dalle loro comunità nei paesi in via di sviluppo.”
…”Molti critici affermano che i paesi meno sviluppati che hanno ricevuto aiuti dalla Banca Mondiale sono ora in condizioni peggiori di prima in termini di povertà, e che le severe misure di austerità imposte ai paesi che ottenevano prestiti, ritenute necessarie per massimizzare le possibilità di ripagamento dei prestiti, hanno colpito in modo pesantissimo i più poveri ed i più vulnerabili segmenti della popolazione.”
 
“I progetti più favoriti dalla WB sono stati le dighe. Ed ormai anche gli esperti della Banca Mondiale ammettono che milioni di persone sono state sradicate dai loro territori per colpa di questi progetti. E i piani di ricollocazione sono stati quasi inesistenti o implementati in modo del tutto inadeguato.”
…”La Banca Mondiale ha una struttura ed una organizzazione che vengono definite “criminogene”. In quanto basate solo su considerazioni di tipo economico. e non ad esempio ecologiche o di diritti umani.”
…”La sua intenzione di contribuire molto fumosamente ad una “crescita sostenibile a lungo termine” è servita come scusa per imporre sofferenze e perdite economiche a breve termine.
…”In termini di carriere, gli uomini della Banca Mondiale vengono premiati per aver fatto prestiti e per aver mosso grandi quantità di denaro, piuttosto che per essersi preoccupati per le conseguenze umane di questi prestiti. Inoltre, il personale della Banca Mondiale non è mai stato ritenuto responsabile per gli effetti tragici dal punto di vista umano dei loro progetti.”
…”Molti critici compreso lo stesso Joseph Stiglitz, ex-capo economista della WB, affermano che le politiche e le pratiche della WB e di altre istituzioni finanziarie internazionali hanno adottato gli interessi delle nazioni industrialmente avanzate e della comunità finanziaria di Wall Street come a loro massima priorità.”
Gli autori concludono dicendo che “non hanno prove per dire che la Banca Mondiale fa quello che fa per commettere crimini.” Ma affermano con sicurezza che il suo modo di operare è“intrinsecamente criminogeno” e “funziona in modo non democratico; le sue principali decisioni sono prese dietro un velo di segretezza, e non risponde in modo sufficiente per le sue responsabilità a nessuno.”
“C’è molto del vero nel detto che le politiche per lo sviluppo non sono altro che i poveri dei
paesi ricchi che danno soldi ai ricchi dei paesi poveri.”
Non c’è che dire, questa descrizione della World Bank, frutto di uno studio accademico di accreditati criminologi, ci dà un flash di come saranno le istituzioni del Superstato Mondiale, e prima di quello Europeo: inquietanti.
di Fausto ed Enrico Carotenuto)

Il pane è tassato al 4%, il latte l’8,4%. Il gioco d’azzardo lo 0,6%.

tanto per continuare con i paradossi, ipocrita che sia proprio il quotidiano del partito diversamente onesto a far l’indignato. Sarà perché deve pubblicizzare l’iniziativa promossa da altre sigle propedeutiche al Pd. La solita ipocrisia, fosse stato il M5S lo capirei, ha la coscienza ultra pulita per quanto riguarda la lotta alle slot machine, ma che sia il Pd e le siglette satellite…

14 Marzo 2014

 Scritto da  Redazione
“Da una parte si grida allo scandalo e si parla a voce forte di lotta al gioco d’azzardo, dall’altro si votano in sordina emendamenti dell’ultimo minuto che in realtà lo favoriscono. Guardando meglio, poi, si osserva qualcosa di ancora più curioso: il gioco online, se paragonato ad altro, è praticamente esentasse. Se prendiamo ad esempio due beni di prima necessità come il pane e il latte, scopriamo poi che la differenza è addirittura abissale: il pane infatti è tassato al 4%, mentre il latte al 8,4%.
Il gioco d’azzardo online? 0,6%. Ovviamente, in Italia.
 
A far notare questa piccola differenza è Simone Feder, psicologo e coordinatore dell’Area Giovani e Dipendenze della Casa del Giovane di Pavia. Assurdo, se si pensa che poi vengono spesi soldi pubblici, raccolti proprio attraverso le tasse, per realizzare pubblicità contro quella che è una vera e propria malattia in grado di rovinare intere famiglie. Ma si sia, l’Italia è la culla dei paradossi, e per mantenere alta la reputazione è diventata, per l’appunto, uno dei Paesi che più favorisce la diffusione della dipendenza da gioco d’azzardo.
“Ora stiamo geolocalizzando tutte le macchinette di Pavia” spiega Feder, il quale è uno dei massimi promotori del “Movimento No Slot” che ha dato vita a una campagna di sensibilizzazione direttamente nei bar, “la battaglia deve esser vinta sul piano culturale. I gestori dei bar possono mettere sulla loro vetrina un adesivo che indica che nel loro esercizio commerciale non ci sonoSlot o Video Lottery. Bisogna scegliere di andare a bere il caffè in questi locali”.
Strano ma vero, per combattere il gioco d’azzardo tocca ai semplici consumatori intervenire, boicottando dal basso una pratica che sembra sempre più favorita dal legislatore nostrano per motivazioni che, apparentemente, trascendono una logica sociale.” (Fonte:http://siamolagente.altervista.org/succede-solo-italia-pane-e-latte-tassati-10-volte-piu-del-gioco-dazzardo-ma-sapete-le-lobby-del-pane-e-del-latte-non-sono-abbastanza-ricche-per-ricompensare-adeguatamente-nostri-pol/)
Anatomia di un paradosso: l’Italia, nel 2012, sarà il secondo Paese al mondo per diffusione del gioco d’azzardo, con un volume d’affari che si assesterà fra gli 88 e i 94 miliardi di euro contro gli 80 del 2011. Eppure l’Erario incasserà circa il 10% in meno da giochi e dalle lotterie rispetto all’anno precedente. Impossibile? Assolutamente no, stando almeno ai risultati del dossier
«Azzardopoli 2.0» redatto da Libera e ai risultati della campagna nazionale “Mettiamoci in gioco” contro i rischi del gioco d’azzardo condotta da un cartello di associazioni fra le quali Acli, Anci, Arci, Cgil, Cnca, Uisp e Gruppo Abele.
Numeri che certificano come, nonostante l’aumento esponenziale del volume d’affari della «terza impresa italiana», il gioco d’azzardo sia un affare colossale per le concessionarie private e per le mafie ma rappresenti un investimento in perdita per le casse statali. Che dal gioco d’azzardo, incredibilmente, incassano sempre meno in termini di tasse mentre sono costrette a spese sempre maggiori per far fronte ai costi sociali, in costante aumento, legati alle ludopatie e all’invasività delle mafie.
 
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UNO SGUARDO AI DATI
Nei primi otto mesi del 2012, secondo lo studio di Matteo Iori del «Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo», in Italia sono stati giocati 56,9 miliardi di euro, con un aumento del 17,7% rispetto a quanto successo nel 2011. Numeri che permettono di ipotizzare che il volume di affari legale, alla fine dell’anno, si aggirerà fra gli 88 e i 94 miliardi di euro contro gli 80 del 2011. Un aumento a cui non corrisponde il segno più per quanto riguarda invece l’incasso per l’Erario: nel primo semestre dell’anno in corso, infatti, l’Italia ha incassato 4,1 miliardi dal gioco d’azzardo con una diminuzione del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2011.
Per cui, se la tendenza sarà confermata, alla fine dell’anno l’Erario incasserà dal settore del gioco d’azzardo una cifra inferiore agli 8 miliardi, numeri simili a quelli dell’anno 2008 quando però il volume d’affari complessivo era di circa la metà dell’attuale. E se le entrate per lo Stato nel 2004 rappresentavano il 29,4% del totale del fatturato, nel 2012 questo rapporto si assesterà ad un incredibile 8,4. «Che significa – spiegano i curatori del rapporto – una cifra più o meno simile di entrate fiscali mentre il fatturato è cresciuto di quasi il 400%».
Questo perché, secondo Iori, «i giochi introdotti negli ultimi anni hanno una tassazione inferiore rispetto ai precedenti, a vantaggio del pay out per i giocatori e dell’industria del gioco». Se infatti dei proventi del Superenalotto l’Erario incassa il 44,7%, dai ben più«moderni» Poker Cash e casinò on line lo stato italiano incassa in tasse soltanto lo 0,6%.
 
UN PAESE DI GIOCATORI
 
Nel 2011 l’Italia è stato il primo Paese europeo, il terzo al mondo, per volume d’affari del gioco d’azzardo. Con 18,4 miliardi di euro, infatti, il nostro paese ha rappresentato oltre il 15% del mercato europeo del gioco e più del 4,4% del mercato mondiale a fronte dell’1% della popolazione del globo. Un record non invidiabile che, secondo le stime, è destinato ancora a migliorare nel 2012 quando il nostro paese salirà al secondo posto nella classifica del pianeta.
Segno che il gioco d’azzardo non conosce crisi e che gli italiani continuano a spendere per giochi e lotterie nonostante si siano ormai abituati a fare economia sulle spese alimentari (secondo l’Istat nel 2010 il 65,3% dei nuclei familiari ha comprato meno cibo) e siano crollati i risparmi delle famiglie (12%, il minimo dal 1995). La spesa pro capite degli italiani per il gioco d’azzardo, infatti, ha toccato quota 1703 euro (1.450 se si considerano anche i neonati) con picchi da 2.110 euro in Abruzzo e 2.078 nel Lazio. Impressionante anche il dato delle persone che hanno problemi di dipendenza che si assesta, secondo le stime, fra i 500 e gli 800mila. Numeri che costringono l’Italia a spendere una cifra compresa fra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro annui per far fronte ai costi sociali e sanitari che il gioco d’azzardo patologico comporta per la collettività.
LE MAFIE INGRASSANO
A questi, poi, vanno aggiunti i costi difficilmente quantificabili legati alle infilatrazioni mafiose e alla crescita del fenomeno dell’usura. Perché quello dei giochi è un settore di punta nel business delle mafie: un volume d’affari che, secondo Libera, si aggira attorno ai 15 miliardi annui. Questo spiega perché, su tutto il territorio nazionale, sono stati censiti ben 49 i clan coinvolti nel controllo dei giochi illegali e non. Nomi che coinvolgono il gotha mafioso come i Casalesi, i Bidognetti, i Mallardo, i Santapaola, i Condello, i Mancuso, i Lo Piccolo e gli Schiavone.

MA A COMBATTERE KIEV CI VA? L’UCRAINA, CON LE SCORTE ATTUALI, PUÒ SPOSTARE BLINDATI, AEREI E CAMION SOLO PER QUALCHE SETTIMANA – UNA GUERRA CONTRO PUTIN È PERSA PRIMA DI INIZIARE

Ufficialmente il ministero degli Esteri ucraino Deschytsya chiede alla Nato “attrezzature militari di tipo tecnico” non ben precisato – E il parlamento richiama in servizio 40 mila cittadini, che andranno a raggiungere i 163 mila commilitoni già in forza all’esercito e alla Guardia nazionale…

Giuseppe Sarcina per ‘Il Corriere della Sera’

Canti e gesti contro la polizia ucraina
CANTI E GESTI CONTRO LA POLIZIA UCRAINA
Il carburante. Quanto può resistere un esercito se non può rifornire i camion, i blindati, gli aerei? Quello ucraino, con le riserve attuali, solo qualche settimana, forse meno. È questa, al di là degli annunci e delle dichiarazioni, la preoccupazione numero uno dello Stato maggiore di Kiev. Un incubo che ricorda la controffensiva tedesca delle Ardenne (1944). Carri armati senza benzina, bloccati nel nulla: resa inevitabile al nemico. Da qualche giorno si sono moltiplicati i contatti informali tra il governo di Kiev e quello di Varsavia.

Ufficialmente il ministero degli Esteri ucraino Andriy Deschytsya chiede alla Nato «attrezzature militari di tipo tecnico» non ben precisato. Ma i dirigenti politici della nuova Ucraina hanno ormai capito quanto Vladimir Putin sia capace di dividere l’Occidente e quindi ritardarne, attenuarne le reazioni. Si parla con la Nato, quindi, ma si conta su quelli che a Kiev chiamano i «nostri alleati», intendendo la Polonia, la Lituania e solo in seconda battuta, come un’eco lontana, la Germania o la Francia.

L’esecutivo ucraino vive un senso di forte urgenza, che non significa necessariamente il pericolo imminente di una guerra con la Russia. Più semplicemente vuol dire mostrare a Mosca e al mondo che il Paese è fermo nella difesa del nuovo corso. Provando, in questo modo, a spingere i russi verso un vero negoziato e non solo sulla Crimea. Così il parlamento ratifica l’ordine del capo di Stato Oleksandr Turchinov e richiama in servizio 40 mila cittadini, cominciando con i più freschi d’addestramento. Andranno a raggiungere i 163 mila commilitoni già in forza all’esercito e alla Guardia nazionale.

Il ministro della Difesa Igor Tenyukh compare in divisa nella sala delle conferenze stampa per annunciare che «l’Ucraina è pronta a difendersi, grazie ai nuovi fondi». Il parlamento ha stanziato circa 530 milioni di euro per il riarmo. Il costo si scaricherà sulla collettività già duramente provata, con il taglio di sovvenzioni e servizi sociali. Nessuna informazione, invece, sui movimenti delle truppe nell’interno del Paese. Il ministro della Difesa glissa sull’argomento, anche se non è difficile ricostruire le manovre in corso.

Il Comando sta organizzando un anello di protezione della capitale rivolto verso nord-est, direzione Russia. Nello stesso tempo si sta rafforzando la vigilanza sul confine appena sopra le due città più inquiete dell’est: Kharkiv e Donetsk. Ma le forze armate non entreranno nei due centri per prevenire altri scontri tra filo russi e pro Kiev. L’ordine pubblico sarà ancora affidato alla polizia: i rinforzi dovrebbero essere in arrivo.

Sulla carta «la force de frappe», la capacità di colpire degli ucraini è ancora temibile. Negli anni dell’Urss, la terra di Nikita Krusciov e Leonid Breznev costituiva uno snodo strategico per l’apparato militare sovietico. La base di Sebastopoli in Crimea è solo un frammento di quello che era un Paese-arsenale, dotato di testate nucleari e di 780 mila soldati, 6.500 carri armati, 1.500 aerei da combattimento.
UCRAINA LA GENTE IN PIAZZA DOPO GLI SCONTRI
Oggi, smantellato l’armamento atomico e dopo 23 anni di pacifica indipendenza, quei numeri si sono logicamente ridimensionati: 163 mila divise (compresa la Guardia nazionale); 4.112 cingolati; 400 aerei. In quali condizioni di efficienza? Secondo un recente studio condotto da Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa, «il grosso degli equipaggiamenti dell’esercito è ancora incentrato su materiale di derivazione sovietica».
Ciò comporta problemi costanti di manutenzione e di ammodernamento («upgrade») difficili da valutare. L’aviazione sembra messa peggio, anche se può schierare circa 400 velivoli. «La punta di lancia», scrive Batacchi, è formata da 30-40 Su-27, «non tutti operativi nonostante spetti loro monitorare lo spazio aereo» e da un’ottantina di Mig-29 di cui solo la metà sarebbe in grado di volare da subito.

«Siamo molto motivati e saremo pronti a qualunque compito, sulla base delle decisioni politiche», dice invece il ministro della Difesa, l’ammiraglio Igor Tenyukh. Aspettando la benzina polacca. Sperando che alla fine non serva.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ma-a-combattere-kiev-ci-va-lucraina-con-le-scorte-attuali-pu-spostare-blindati-73819.htm

Le relazioni tra le multinazionali dell’energia Russe e Americane.

La partnership di ExxonMobil e della Russa Rosneft  vs  le sanzioni di Obama contro la Russia?

FONTE

Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality

In un momento tanto atteso in una zona molto contestata attualmente occupato dall’esercito russo , i cittadini ucraini che vivono nella penisola di Crimea hanno votato in modo schiacciante per diventare parte della Russia .

 Rispondendo al referendum, il presidente Barack Obama e numerosi funzionari degli Stati Uniti hanno respinto i risultati e l’amministrazione Obama ha confermato che autorizza sanzioni economiche contro i funzionari russi di alto rango.
“Come ho detto al Presidente Putin ieri, il referendum in Crimea era una chiara violazione delle costituzioni ucraina e del diritto internazionale e non sarà riconosciuta dalla comunità internazionale”, ha detto Obama in una conferenza stampa . “Oggi sto annunciando una serie di misure che continueranno ad aumentare la pressione sulla Russia e  sui responsabili di quanto sta accadendo in Ucraina.”

Ma anche prima della votazione e il rilascio di sanzioni, numerosi funzionari chiave degli Stati Uniti pubblicizzavano lanecessità di accelerare le esportazioni di petrolio e di gas degli Stati Uniti per respingere la dipendenza dell’Europa dal gas di importazione Russa. In breve, il gas ottenuto con la fratturazione idraulica (“fracking”) viene sempre più visto come uno “strumento geopolitico” dai think-tank statunitensi , come il New York Times ha spiegato.

Eppure, anche se alcuni dicono che stiamo assistendo all’inizio di una ” nuova guerra fredda “, pochi hanno discusso l’associazione e i legami delle principali compagnie petrolifere e del gas degli Stati Uniti con le compagnie petrolifere e del gas statali russe.
La situazione in Ucraina è semplice, almeno dal punto di vista energetico.
“Il controllo delle risorse e la dipendenza da altri paesi è un tema centrale che collega la tensione di lunga data tra la Russia e l’Ucraina e le potenziali azioni intraprese dal resto del mondo mentre la crisi si aggrava”, Spiega ThinkProgress in un recente articolo . “L’Ucraina è estremamente dipendente dalla Russia per il gas naturale, basandosi sul suo vicino per il 60-70 per cento del suo fabbisogno di gas naturale.”
Allo stesso tempo, anche l’Europa dipende in gran parte dall’Ucraina come una via fondamentale per le importazioni di gas russo attraverso i gasdotti.
“Il paese è attraversato da una rete di gasdotti di epoca sovietica che trasportano gas naturale russo per molti stati membri dell’Unione europea e più di un quarto del gas totale dell’UE arriva dal gas russo, e circa l’80% di esso è arrivato tramite i gasdotti ucraini “, ha spiegato il Guardian.

Date le circostanze, lo svezzamento dei paesi dell’UE dal gas russo sembra molto difficile al momento. Ecco perchè è importante usare il cervello e guardare sotto la superficie degli eventi.

 ExxonMobil e Rosneft
Gli Stati Uniti e le industrie del petrolio e del gas russo possono essere meglio descritti come “amici/nemici.” Nel caso in questione: il rapporto tra il colosso petrolchimico multinazionale Americano della ExxonMobil e la controllata statale Russa, la gigantesca multinazionale petrolchimica Rosneft .
Il CEO di ExxonMobil, Rex Tillerson, ha cantato le lodi sulla relazione della sua azienda con Rosneft nel corso di una riunione nel giugno 2012 con Vladimir Putin.

Rex Tillerson (L), Vladimir Putin, e Igor Sechin, il Presidente di Rosneft (R). Photo Credit: Russian Presidential Stampa e Informazione
 “Sono contento che sia qui per far parte della firma che verrà messa oggi e apprezzo molto il forte sostegno e l’incoraggiamento che ci hai fornito per la nostra partnership”, ha affermato Tillerson . “[N] “Nulla rafforza le relazioni tra i paesi meglio di buone imprese.”
Un anno dopo, nel giugno 2013, Putin ha assegnato alla ExxonMobil,  l’Ordine dell’Amicizia . Ma cosa comporta e cosa significa questa amicizia?
Putin e Tillerson. Photo Credit: Russian Presidential Stampa e Informazione
 Nel 2012, ExxonMobil e Rosneft hanno firmato un accordo “per condividere la tecnologia e la competenza” uno con l’altro. Alcuni dei dettagli:
– Formazione di una joint venture per esplorare l’offshore di petrolio e gas nel Mare di Kara e nel Mar Nero
” I 20 impianti hanno una superficie totale di circa 111.600 acri (450 chilometri quadrati), mentre in profondità raggiungo i 2.100 e 6.800 piedi (640 e 2070 metri), ” spiega un comunicato stampa della Rosneft.
Mappa di credito: Rosneft
– La Rosneft ha ottenuto una quota del 30 per cento nel progetto della ExxonMobil La Escalera Ranch nel Bacino Permiano nel Texas occidentale. Ha inoltre guadagnato una quota del 30 per cento in una zona della ExxonMobil chiama Alberta Cardium Shale .
ExxonMobil ha messo giù i primi $ 200 milioni per il lavoro di ricerca e di sviluppo iniziale, mentre Rosneft ha piazzato 250 milioni dollari successivamente. Ufficialmente, Rosneft detiene il 66,67 per cento del rischio e ExxonMobil detiene il 33,33 per cento.
“Vi sarà dello Staff che sarà dislocato a Mosca per lavorae sulla Joint Venture tra Rosneft e ExxonMobilStaff e promuovere l’efficienza delle risorse e l’interazione tra il personale tecnico e quello di gestione”, ha spiegato un comunicato stampa . “Il [Arctic Research Center] inizialmente sarà costituito con esperti di ExxonMobil e Rosneft.”
Ecco parte delle altre transazioni avvenute nel 2013, la ExxonMobil ha dato alla Rosneft una quota del 25 per cento nelsettore del gas naturale al Point Thomson in Alaska . Inoltre, le due aziende hanno firmato un Memorandum di intesa per studiare la possibilità di costruire insieme un impianto di   GNL (gas naturale liquefatto) nel  Estremo Oriente della Russia .
Poi, alla fine del 2013, ExxonMobil e Rosneft hanno firmato un accordo per avviare un progetto pilota per lo sviluppo di riserve di petrolio nei bacini di scisto ad ovest della Siberia. La Rosneft detiene una quota del 51 per cento, la ExxonMobil ha una quota del 49 per cento.
Tillerson ha detto recentemente gli eventi in corso in Crimea e Ucraina non avranno alcun impatto sulle relazione della sua azienda con Rosneft.
“Non c’è stato alcun impatto sui nostri progetti o attività, a questo punto, né  mi aspetto che ci sia alcuni in fuutro, salvo che i governi prendano misure che sfuggono al nostro controllo”, ha detto alla recente riunione annuale della società , come riportato dal Wall Street Journal. “Noi non vediamo alcune nuove sfide per uscire dalla situazione attuale.” “Non siamo una società statunitense”.
Nel libro di Steve Coll “Impero privato: ExxonMobil e il poter americano“, egli documenta che Lee Raymond – ex CEO di ExxonMobil from 1993-2005 – a cui era stato chiesto se la sua azienda avesse dovuto costruire più raffinerie statunitensi per respingere la carenza di benzina.
La risposta di Raymond fu: “Non sono una società statunitense e non prendo decisioni basate su ciò che è meglio per gli Stati Uniti”
Lee Raymond con l’ex senatore degli Stati Uniti Kay Bailey Hutchison (R-TX); Photo Credit: Wikimedia Commons
 Così che cosa significa tutto questo quando lo guardiamo in forma aggregata?

“Il peso, la portata, e la missione di ExxonMobil significa che il colosso ha una propria politica estera, sollevando la questione di come tale politica si relazioni con la politica estera degli Stati Uniti”.

E ExxonMobil non è la sola in questo contesto. Le varie  ConocoPhillips , Chevron e Shell hanno anche loro dei legami e degli affari importanti e unici con la Russia. La BP ha operato in Russia per anni fino a svendere la propria quota alla stessa Rosneft nel 2012 .

L’agenzia di stampa Interfax, ripresa da BBC e Reuter parla di un soldato morto e di combattimenti in corso

Una base militare ucraina in Crimea è stata attaccata. Almeno un soldato è morto, scrive l’agenzia di stampa Interfax; il comandante è stato catturato, i soldati ucraini sono in questo momento barricati in un piano dell’edificio e non hanno intenzione di arrendersi. È il primo soldato a morire nello scontro di queste settimane tra Russia e Ucraina. L’inviato di BBC Ben Brown scrive che il soldato è stato colpito al collo. Un portavoce dell’esercito ucraino, sentito da Reuters, ha detto che non è ancora chiaro chi stia portando avanti l’attacco ma ha descritto gli aggressori come “forze non identificate, ben equipaggiate e a volto coperto”.
I giornalisti sul posto dicono di sentire spari provenire dall’interno dell’edificio. Il primo ministro ucraino Arseny Yatseniuk ha accusato direttamente la Russia, dicendo che il conflitto con la Russia èentrato in una “fase militare”, accusando “soldati russi” di aver “sparato su soldati ucraini” e parlando di “crimini di guerra”.
Da giorni la questione dei soldati ucraini in Crimea era considerata molto delicata, ancora di più dopo il referendum di domenica che ha sancito di fatto l’annessione della regione alla Russia. Si era parlato di garantire ai militari ucraini un corridoio sicuro per l’uscita dalla regione ma non si è ancora trovato un accordo in materia.
http://informare.over-blog.it/article-ultima-ora-si-combatte-in-crimea-123005788.html

ADRIATICO: UNA NAVE INABISSATA DI VELENI BELLICI UNITED STATES OF AMERICA

ma su dai si può fare le pulci a questi amati liberatori? Chiudiamo un okkio, Vendola poi ci dimostra anche che si può ridere dei tumori altrui per non dispiacere al padrone

di Gianni Lannes

Armi proibite per lo sterminio di massa, che uccidono a distanza di generazioni. Il popolo italiano trattato peggio di una cavia. A Mattinata, un paese che vive di turismo e pesca, dove non vi è mai stata alcuna presenza industriale, qualche anno fa i medici di base hanno segnalato numerosi casi di cancro e inspiegabili patologie. E così a Vieste, Manfredonia, Zapponeta, Margherita di Savoia, Barletta, eccetera eccetera.

Anche attorno al Gargano sono state affondate navi dei veleni, container di rifiuti e relitti bellici. Sul registro dei sinistri marittimi alla Guardia Costiera di Manfredonia non risulta nulla. Eppure, dalle carte delle autorità nordamericane, al largo di Torre Preposti, tra Vieste e Manfredonia è affondato il piroscafo Kenmar.

Ecco cosa attesta un documento inedito, inviato nel 1947 al ministro della difesa italiana (un atto da me rinvenuto nell’archivio storico della Marina militare a Roma:

“La vostra lettera in data 30 aprile 1947 diretta all’Italian Naval Branch AF HQ.- è stata inoltrata a questo ufficio. Con la presente si informa che il P/fo Kemmar è di proprietà della U.S. Maritime Commission, e non è stato abbandonato ad alcuna amministrazione o organizzazione italiana…”.

Il Kenmar trasportava armi chimiche vietate della Convenzione di Ginevra del 1925,  come nel caso documentato delle navi battenti bandiera USA, John Harvey (saltata in aria nel porto di Bari il 2 dicembre 1943) e della Charles Henderson (giunta al termine della guerra in Italia ed esplosa nel porto barese il 9 aprile 1945)?

Singolare coincidenza: al largo del Gargano i cosiddetti “Alleati” anglo americani – in base alle fonti ufficiali di Washington, alla documentazione Nato, ai quintali di carta burocratica tricolore, alle rivelazioni di testimoni diretti ed oculari da me intervistati, come Michele Magno e Raffaele Occhionero, ed infine ai riscontri diretti sui fondali marini – al termine del secondo conflitto mondiale hanno scaricato in mare circa 200 mila ordigni caricati con aggressivi chimici, vietati dal Protocollo di Ginevra, usando i prigionieri di guerra tedeschi. Si tratta della più grande discarica bellica di veleni tossici del Mediterraneo. La vicenda è coperta dal segreto di tre Stati: USA, Gran Bretagna e Italia, in palese violazione da parte anglo-americana – della Convenzione di Ginevra, dell’armistizio di Cassibile del trattato di Pace del 1947, e della Convenzione di Parigi del 1993.

Le conseguenze per l’habitat marino e per la salute umana, sono incalcolabili, come sanno gli epidemiologi saranno colpite anche le prossime generazioni. Perché lo Stato italiano non ha preteso da Washigton e Londra, dinanzi all’Onu, la bonifica dei fondali? Immense camere a gas sottomarine: un crimine contro l’umanità che merita un’altra Norimberga.

Ue: nuovi Stati nati da secessione saranno terzi e fuori da Bruxelles

ASCA) – Roma, 13 dic – ”Se una regione di un Paese membro dell’Unione Europea ottiene l’indipendenza piena dallo Stato di appartenenza, finisce automaticamente fuori dall’Ue e viene considerata un Paese terzo”. Lo ha dichiarato una portavoce della Commissione europea, Pia Ahrenkilde Hansen, richiamandosi ai documenti forniti in passato dall’esecutivo Ue per questi casi. ”La posizione generale su questi temi e’ che non spetta alla Commissione esprimersi sull’organizzazione costituzionale interna degli Stati membri. Tuttavia e’ stato piu’ volte detto che scenari come la separazione di una parte di un Paese dal resto, o la creazione di un nuovo Stato non sarebbero neutrali sui trattati europei”, ha aggiunto la portavoce, riferendosi ai casi di Scozia e Catalogna, che premono per avere la piena indipendenza da Londra e Madrid. ”La Commissione ricorda che l’Ue e’ stata creata dai trattati, che si applicano agli Stati. Se una parte di territorio cessa di essere parte dello Stato, non sarebbe piu’ parte dell’Ue. Un nuovo Stato sarebbe considerato Paese terzo”, ha concluso la portavoce della Commissione europea. (fonte AFP). red/mau
http://frontediliberazionedaibanchieri.it/2014/03/ue-nuovi-stati-nati-da-secessione-saranno-terzi-e-fuori-da-bruxelles.html