Non ci bastano le sue dimissioni, ministro degli Esteri

Non ci bastano le sue dimissioni, ministro degli Esteri. Noi vogliamo capire e capire bene. Vogliamo sapere dettagliatamente le disposizioni d’ingaggio consegnate ai militari a bordo. Vogliamo sapere, signori ministri, quale sia stata l’autorità che, consultandosi con gli armatori dell’Alexia, ha consentito l’inversione di rotta della nave, come intimato dalle autorità indiane. Inversione effettuata dopo due ore dall’incidente! Vogliamo sapere il nome, il cognome e il grado dell’autorità militare che ha ordinato ai nostri due fucilieri di scendere a terra e consegnarsi di fatto alle autorità indiane dello stato del Kerala, violando le norme a tutela dei diritti umani secondo cui nessun individuo dev’essere consegnato a un Paese dove rischia di essere sottoposto a pena di morte. E ancora, signori ministri, vogliamo sapere se ci sono state dazioni di denaro a favore delle autorità indiane o dei loro singoli rappresentanti, l’esatto ammontare di tali eventuali dazioni , le precise motivazioni e se per puro caso ci sono stati riferimenti diretti o indiretti con l’operazione Finmeccanica. Il sospetto è condiviso: il fatto che il ministro della difesa di New Delhi abbia sbloccato l’accordo commerciale da 300 milioni di euro con la WASS di Livorno per la fornitura di siluri ad alta tecnologia c’entra qualcosa con la consegna dei nostri soldati? Gli affari sono più importanti delle vite umane signori ministri? Pretendiamo che il documento scritto dal Ministero degli Esteri indiano che attesta che non ci sarà la pena di morte per i nostri militari, visionato dal sottosegretario de Mistura, sia reso pubblico immediatamente chiarendo ogni dubbio sulla sua reale esistenza.

Chi è responsabile deve andare a casa. Noi siamo nuovi signori ministri, siamo nuovi e siamo giovani. Ci siamo chiesti, in questi primi giorni di lavoro, se saremo all ‘altezza del compito che il popolo italiano ci ha affidato. Beh, se voi siete i tecnici, i cosiddetti esperti, non abbiamo dubbi che i cittadini nelle istituzioni sapranno fare molto meglio!” 

Alessandro Di Battista, cittadino portavoce M5S alla Camera

http://altrarealta.blogspot.it/2013/03/non-ci-bastano-le-sue-dimissioni.html

 

Una cassaforte e un fucile, oppure una banca pubblica? La battaglia di Cipro

Voci dall’estero

Ellen Brown su Seeking alpha punta all’aspetto più cruciale della battaglia di Cipro: il tentativo di far passare i depositanti come dei creditori che devono sostenere le perdite, mentre i veri creditori la fanno franca.

Se questi problemi diventano davvero gravi … i piccoli risparmiatori porteranno via i loro soldi dalle banche e si procureranno una cassaforte e un fucile” – Martin Hutchinson a proposito del tentativo di incursione sui depositi bancari a Cipro della UE.

La confisca dei depositi è in preparazione da tempo. I depositanti degli Stati Uniti potrebbero essere i prossimi …

Martedì scorso, 19 marzo, il Parlamento di Cipro ha respinto all’unanimità la proposta di un prelievo sui depositi bancari posta come co ndizione per un piano di salvataggio europeo. Reuters l’ha definita “una scioccante battuta d’arresto per il gruppo dei 17 paesi della moneta unica”, ma potrebbe essere una splendida vittoria per la democrazia. Come ha detto Reuters, citando un pensionato di 65 anni, “La voce del popolo è stata ascoltata.”

L’Unione europea ha avvertito che non avrebbe versato i €10 miliardi di prestiti del salvataggio, e la Banca Centrale Europea (BCE) ha minacciato di porre fine all’emergency lending assistance per le banche cipriote in difficoltà, a meno che i depositanti – compresi i piccoli risparmiatori – non condividano il costo del salvataggio.

La mossa del Parlamento Cipriota è audace, ma la battaglia non è ancora finita. Ora l’UE ha dato tempo a Cipro fino a lunedi per trovare i miliardi di euro necessari per aggiudicarsi un piano di salvataggio internazionale – o affrontare il minacciato collasso del suo sistema finanziario e la probabile uscita dalla zona dell’euro.

Lo schema di confisca pianificato da tempo

L’accordo sostenuto dalla “troika” – UE, BCE e FMI – è stato presentato come un evento unico, concepito come una misura di emergenza apposita per  questo caso estremo. Ma il piano di confisca è in gestazione da molto tempo, e non si limita a Cipro.

In un articolo del settembre 2011 pubblicato nel Bollettino della Reserve Bank della Nuova Zelanda dal titolo A Primer on Open Bank Resolution”, Kevin Hoskin e Ian Woolford hanno discusso di un piano molto simile di haircut, che, hanno detto, era nelle ipotesi già dalla crisi finanziaria asiatica del 1997. L‘articolo fa riferimento alle raccomandazioni formulate nel 2010 e 2011 dal Comitato di Basilea della Banca dei Regolamenti Internazionali, la banca centrale delle “banche centrali” con sede in Svizzera.

L’obiettivo del piano, chiamato Open Bank Resolution (OBR) è quello di affrontare i fallimenti bancari quando sono così costosi che i governi non sono più disponibili a tirare fuori dai guai gli istituti finanziari. Gli autori hanno scritto che gli obiettivi primari dell’OBR sono i seguenti:

garantire che, per quanto possibile, le eventuali perdite siano in definitiva sostenute dagli azionisti della banca e dai suoi creditori …

L’insieme dei “creditori” è definito in modo da includere i depositanti:

Ad un estremo della categoria, ci sono le grandi istituzioni finanziarie internazionali che investono in titoli emessi dalla banca (comunemente indicato come wholesale funding). All’altra estremità, ci sono i clienti con i conti di risparmio e i depositi vincolati.

La maggior parte delle persone sarebbero sorprese nell’apprendere di essere legalmente considerate come “creditori” delle banche piuttosto che come clienti che hanno riposto la loro fiducia nelle banche depositandovi i loro soldi perché siano presi in custodia, ma invece sembra proprio così. Secondo Wikipedia :

Nella maggior parte degli ordinamenti giuridici … i fondi depositati non sono più di proprietà del cliente. Il fondo diventa di proprietà della banca, e il cliente riceve in cambio un’attività chiamata conto di deposito (un conto corrente o di risparmio). Questo conto di deposito è una passività sui libri della banca e sul suo bilancio. Poiché la banca è autorizzata dalla legge a concedere prestiti fino a un multiplo delle sue riserve, le riserve a disposizione della banca per soddisfare il pagamento dei depositi ammontano a solo una frazione del totale che la banca è obbligata a pagare sui suoi depositi a vista.

La banca prende i soldi. Il depositante diventa soltanto un creditore, titolare di un titolo di credito. La banca non è tenuta a tenere i depositi disponibili per i prelievi, ma può prestarli, mantenendo solo una “frazione” a riserva, secondo i principi della riserva frazionaria. Quando troppi creditori vogliono prelevare i loro soldi tutti in una volta, il risultato può essere una corsa agli sportelli e il fallimento della banca.

Il OBR della Nuova Zelanda afferma che tutti i creditori godono di un ritorno sui loro investimenti e  liberamente accettano il rischio, ma la maggior parte di loro sarebbe molto sorpresa di questo. Che ritorno si ottiene da una banca su un conto di deposito al giorno d’oggi? E il deposito non é protetto contro il rischio dall’assicurazione sui depositi?

Non più, a quanto pare. Come osserva Martin Hutch inson in Money Morning , “se il governo può mettere a rischio i depositi per mezzo di una ‘tassa’, allora l’assicurazione sui depositi non vale assolutamente niente”.

I veri percettori di profitto riescono a farla franca

Felix Salmon ha scritto su Reuters a proposito della confisca di Cipro:

Nel frattempo, le persone che qui meriterebbero di perdere i soldi, saranno salve. Se avete prestato il denaro alle banche di Cipro acquistando obbligazioni piuttosto che mediante i depositi, non subirete nessuna perdita.

Il grande vincitore qui è la BCE, che ha concesso ampiamente credito a banche cipriote di dubbia solvibilità – e non subisce nessuna perdita.

Ed invece sarebbe soprattutto la BCE che potrebbe permettersi di subire il colpo, perché ha il potere di stampare euro. Potrebbe semplicemente creare i sol di per salvare le banche di Cipro e non subire nessuna perdita. Ma il piano di azione a quanto sembra è di imporre l’austerità al popolo. Salmon scrive:

Dal punto di vista puramente tecnocratico, questa mossa può essere vista semplicemente come parte di un programma standard di austerità all’interno dell’eurozona: l’UE vuole aumenti delle tasse e tagli alla spesa, e questo è una sorta di tassa …

Il grande perdente è la classe lavoratrice cipriota, il cui governo si è dimostrato impotente … L’eurozona ha sempre avuto un deficit democratico: l’unione monetaria è stata imposta dalla élite ai cittadini ingr ati e riluttanti. I cittadini sono ormai in rivolta: basta guardare Beppe Grillo.

Ma questo, prima che il governo di Cipro si mettesse dalla parte dei depositanti e si rifiutasse di mandare avanti il piano: una splendida vittoria per la democrazia, se davvero  riuscisse a resistere.

Qui Può Accadere

Cipro è una piccola isola, apparentemente di scarso significato. Ma, un giorno, la mossa audace del suo Parlamento potrebbe essere paragonata alla battaglia di Maratona, un momento cruciale della storia dell’Europa, quando i loro antenati greci riuscirono a respingere i Persiani, e la civiltà gre ca classica potè fiorire. La battaglia in corso su questa piccola isola ha assunto una rilevanza globale. Se i tecnocrati banchieri riescono a far passare il loro schema di confisca, sarebbe stabilito un precedente che varrebbe anche altrove, quando i salvataggi bancari diventassero proibitivi per i governi.

Tale situazione potrebbe essere ora imminente anche negli Stati Uniti. Come ha avvertito Gretchen Morgenson in un recente a rticolo sul rapporto del Senato a proposito delle perdite da trading per 6,2 miliardi di dollari di JPMorganChase dello scorso anno: “Abbiate paura“. Il rapporto smentisce clamorosamente la pretesa che la legge Dodd-Frank abbia reso il nostro sistema più sicuro rispetto a quelle spericolate attività bancarie che hanno messo in ginocchio l’economia nel 2008. Scrive Morgenson:

JPMorgan … è il più grande dealer di derivati al mondo. Nel suo bilancio, e in quello di altre grandi banche, si nascondono trilioni di dollari di derivati. La facilità con la quale le banche hanno nascosto le perdite e falsificato le valutazioni dovrebbe essere una delle principali preoccupazioni per gli investitori.

Pam Martens ha osservato in un articolo del 18 marzo che J PMorgan stava giocando d’azzardo in borsa con i fondi dei depositanti: “stock trading con i depositi a risparmio dei clienti – quello che è stato veramente il campanello d’allarme degli eccessi del 1929 …

Le grandi banche istituzionali non solo possono fallire, ma è anche probabile che falliscano. Quando lo schema dei derivati crollerà e il governo degli Stati Uniti rifiuterà un piano di salvataggio, JPMorgan potrebbe imporre ai conti dei suoi depositanti un considerevole “haircut” lungo le linee guida stabilite dalla BRI e dalla Reserve Bank della Nuova Zelanda.

E’ tempo di avere delle banche pubbliche?

Le mosse audaci dei Ciprioti e di agitatori politici come Grillo in Italia non sono gli unici baluardi contro la confisca dei bankster. Mentre la crisi del credito sta strangolando il sistema bancario occidentale, i paesi BRIC – Brasile, Russia, India e Cina – sono rimasti indenni. Secondo un articolo dell’Economist del maggio 2010, ciò che ha loro permesso di sfuggire alla crisi sono le loro forti e stabili banche di proprietà pubblica.

Il Professor Kurt von Mettenheim della Business School di San Paolo del Brasile scrive: “Le politiche di credito delle banche statali dei BRIC aiutano a spiegare perché questi paesi hanno sperimentato nel 2007-2008 delle recessioni più brevi e leggere.” Le banche pubbliche hanno contrastato gli effetti della crisi finanziaria, fornendo del credito in funzione anticiclica e dando maggior fiducia ai clienti.

La Russia è un paese dell’Eu ropa orientale che ha resistito alla crisi del credito, pur essendo molto vicino alla zona euro. Secondo un articolo di Forbes del marzo 2010:

Come in altri paesi, la crisi del 2008 ha portato lo Stato ad assumere un ruolo più importante nel sistema bancario. Le banche di proprietà dello Stato. . . sono state utilizzate per realizzare delle misure anticrisi, come incentivare la crescita con il credito (per quanto limitato) e sostenere delle istituzioni private.

Nella crisi asiatica del 1998, molti russi che avevano messo tutti i loro risparmi in banche private hanno perso tutto; e la crisi del credito del 2008 ha rinforzato la loro diffidenza nei confronti delle banche private. Gli uomini d’affari e i cittadini russi si sono rivolti alle banche pubbliche come l’alternativa più affidabile. Di conseguenza, le banche statali si suppone che continueranno a dominare il settore bancario russo per il prossimo futuro.

L’intero puzzle della zona euro è un qualcosa di non necessario. E’ il risultato di un’eccessiva scarsità di moneta in un sistema in cui l’offerta di moneta è fissa, e i governi e le banche centrali della zona euro non possono emettere le proprie valute. Ci sono insufficienti euro per pagare il capitale più gli interessi in uno schema piramidale in cui solo il capitale è immesso dalle banche che creano denaro come “credito bancario”. Una banca centrale con il potere di emettere moneta potrebbe porre rimedio a questo difetto sistemico, iniettando la liquidità necessaria per far r ipartire l’economia e fermare la marea di austerità che sta soffocando il popolo.

L’offensiva per la confisca dei risparmi dei laboriosi cittadini Ciprioti è un colpo diretto a tutti i lavoratori di tutto il mondo, un campanello d’allarme sui pericoli di un sistema in cui una piccola élite mantiene il controllo e il resto di noi paga il prezzo. Quando finalmente strapperemo i veli del potere e si vedranno gli uomini che tirano le leve del gioco antichissimo da loro ideato, ci accorgeremo che la prosperità è davvero possibile per tutti.

Fonte: Voci dall’estero 24 Marzo 2013

 

George Magnus: in Europa rischio di sommosse popolari!

La rabbia della gente è tutt’altro che assopita e potrebbe scatenarsi in proteste da un momento all’altro.

Non si può prevedere. Quando i tagli superano il 2% del Pil il numero e gravità di incidenti sociali sale. L’allarme dell’economista George Magnus.

L’onda di proteste e tensioni sociali che hanno attraversato il Sud d’Europa – si pensi agli scontri tra manifestanti e polizia in Grecia – dal 2008 al 2011 ha perso intensità. Ma questo non significa che abbia smesso di rappresentare una minaccia per la stabilità delle nazioni del blocco a 17.

Dopo cinque anni di austerity, nell’area euro non si vedono miglioramenti. Ecco perché l’analista di Ubs George Magnus non si fida della calma apparente, in particolare ora che il caso di Cipro ha rimesso in luce la crisi di fiducia tra il popolo e le autorità europee. A Nicosia ieri sono poi andate in scena le prime vere proteste in strada, davanti al Parlamento.

L’economista ritiene che la rabbia che cova in pancia agli europei è tutt’altro che assopita e che potrebbe scatenarsi da un momento all’altro in episodi di violenza.

È storicamente provato, si legge nel report della banca svizzera, che “quando i tagli aumentano e superano il 2% del Pil, arrivando fino anche al 5% del prodotto interno lordo, il numero e la gravità degli incidenti provocati dalla tensione sociale sale nettamente”.

È presto per sapere l’espressione e la forma che assumerà questo fenomeno. Meglio non fidarsi dell’attuale calma apparente, anche perché le ultime decisioni controverse prese dalla Troika (composta da Bce, Commissione Ue e Fmi), come quella relativa al prelievo forzoso dai conti bancari dei ciprioti, non hanno fatto che alimentare la tensione.

Il fermento sociale è un fenomeno che si potrebbe definire sistemico. Secondo un rapporto dell’Ocse, segue due criteri fondamentali: è incerto, complesso e ambiguo; ed è molto probabile che crei effetti a catena nei settori dell’economia e della società. Rischia di causare rivolte civili, la caduta di governi e talvolta portare a un completo cambiamento della struttura del sistema politico.

Fonte: wallstreetitalia.com

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/george-magnus-in-europa-rischio-di.html#more

 

I Capitali Fuggono dalla Borsa (anche dai BTP ma li c’è Mamma BCE. per Ora)

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27 marzo 2013 Di FunnyKing

Con il cataclisma politico in atto mi sarei aspettato uno spread intorno a 400-500 (specie dopo Cipro) e invece no perchè li lo scudo BCE regge e tutto sommato l’Italia ha riportato a casa una buona parte di debito pubblico.

Ma la Borsa è un’altra storia, li il fuggi fuggi generale è evidente senza paracaduti BCE, dal 25 di Febbraio siamo la borsa più debole del globo e il fallimento di Bersani rende (per ora) ancora più rapido il deflusso,

Però attenzione, basterà una parola maliziosa fuori dalle righe della BCE o un downgrade di Moody’s per scatenare la corsa alle vendite anche sui BTP.

La “pressione” sulla politica italiana per la ricerca di un Governo che “faccia ciò che è necessario” è cominciata le prossime 72-96 ore saranno cruciali. Pronti a far Trading?

http://www.rischiocalcolato.it/2013/03/i-capitali-fuggono-dalla-borsa-anche-dai-btp-ma-li-ce-mamma-bce-per-ora.html

Se M5S non si allea con il PD è irresponsabile. Ma se il PD non si allea con il PDL è tutto ok. Perchè?

Tante persone si stanno facendo una domanda in questa assurda situazione di bombardamento mediatico fatto di bugie e ipocrisie.

Il partito democratico ha di fatto vinto le elezioni anche se non ha la maggioranza. E’ compito di Bersani creare il governo.

Ora.. per farlo ha diverse strade. Ha ovviamente necessità di avere i numeri e per ottenere questo risultato c’è la necessità di fare alleanze che portino ad ottenere un governo.

La cosa buffa è che il PD vuole Grillo che però non ne vuole sapere di fare alleanze. Si offre così il PDL ma Bersani rifiuta. Il partito democratico, nonostante abbia governato da finta opposizione per 20 anni, sa bene che se si allea con Berlusconi può dire addio al parlamento perchè tutti i voti finirebbero al Movimento 5  Stelle che avrebbe così dimostrato che tra PD e PDL c’è un inciucio sistematico.

Ciò che trovo folle, però, è che il PD dice che se il Movimento 5 Stelle rifiuta l’alleanza se ne dovrà prendere la responsabilità davanti al paese. Perchè nessuno dice “se il PD non si allea al PDL dovrà assumersene le responsabilità”?

Grillo non vuole allearsi con il PD e quindi è da condannare.

Bersani non vuole allearsi con il PDL e tutto va bene?

C’è qualcosa che non mi torna in questa logica. Lo schifo che prova il movimento per il PD è legittimo quanto lo schifo che prova il PD per il PDL.. o almeno.. che dovrebbe provare ma fa finta di indignarsi mentre sotto cercano di tramare l’ultima tela. Se hai bisogno di un governo, caro Bersani, un alleato ce l’hai e ce l’hai sempre avuto : Berlusconi.

Se tu rifiuti Berlusconi che ti ha dato la disponibilità non puoi condannare Grillo. Se vuoi i numeri ce l’hai. Se non accetti l’invito del PDL hai la stessa responsabilità del M5S. Quindi, Pierluigi, getta la spugna. Hai fallito. Punto. Non ci crede più nessuno alle vostre balle di corte. Ritiratevi.

http://www.italiaincrisi.it/2013/03/26/se-m5s-non-si-allea-con-il-pd-e-irresponsabile-ma-se-il-pd-non-si-allea-con-il-pdl-e-tutto-ok-perche/

 

Scherzetto: l’alluvione a Vicenza non c’è mai stata

Abbiamo fatto degli accurati controlli, uno studio. Le nostre nuove costruzioni al Dal Molin non hanno avuto alcun impatto ambientale e alcuna ricaduta sulla falda. Siamo perfetti. A dirlo, il colonnello David Buckingham, comandante delle basi USA a Vicenza che annuncia il 4 maggio l’apertura ai vicentini dei cancelli del Dal Molin.
Le sue parole sono un insulto alla città che, negli ultimi due anni, ha vissuto il dramma dell’alluvione permanente senza conoscerne le cause, ma con il dubbio che vi sia una strana coincidenza tra l’avvio del cantiere e le esondazioni del Bacchiglione. E pensare che gli statunitensi si sono sempre rifiutati di consegnare i dati sulla falda in loro possesso ai tecnici vicentini e hanno sempre impedito ispezioni e visite.
Insomma, secondo il colonnello David Buckingham l’alluvione e gli allagamenti sono un’invenzione dei vicentini. E le preoccupazioni di gran parte della comunità locale sono affermazioni da spazzar via con uno studio di parte, una verità autocostruita per autoassolversi. E’ partita la nuova operazione “presa per il culo”, già vista quando gli statunitensi raccontavano quante migliaia di posti di lavoro avrebbero creato (zero, alla fine) per i poveri vicentini sulla soglia della crisi economica.
E, in più, a dimostrazione dell’arroganza dei militari a stelle e strisce, David Buckingham invita i vicentini a visitare il Dal Molin il prossimo 4 maggio, quando i cancelli saranno aperti alla cittadinanza. Noi ci andremo, ma non per mangiare pop corn: entreremo con le nostre bandiere per vedere, capire, ispezionare, rivendicare verità: loro la base, noi l’alluvione; e adesso ci prendono anche per il naso! No, grazie.

Fonte



http://byebyeunclesam.wordpress.com/2013/03/25/scherzetto-lalluvione-a-vicenza-non-ce-mai-stata/

Verso un nuovo colpo di stato occidentale in Algeria?

di Luc Michel

Ci hanno già provato nel mese di gennaio e nel mese di agosto-settembre 2011. La crisi libica, l’attacco contro la Siria e le operazioni della NATO nel Sahel hanno semplicemente rimandato le loro operazioni in vista di un colpo di stato filo-occidentale. Queste reti di destabilizzazione non devono essere confuse con le reti jihadiste incaricate, in seguito, di trasformare la rivolta in una guerra civile.

Dietro queste reti si ritrovano gli attivisti arabi addestrati a Belgrado e negli Stati Uniti da OTPOR e CANVAS, la scuola di sovversione finanziata dalla CIA. OTPOR, direttamente finanziata e sostenuta dalla CIA e dalle reti di Soros, sta dietro allo scatenarsi delle cosiddette “rivoluzioni arabe”, attraverso colpi di stato improvvisi che sono un segno distintivo dei mercenari degli Stati Uniti e della NATO. Si tratta puramente e semplicemente, come affermiamo dal primo giorno, di colpi di stato, ben orchestrati e preparati dai servizi speciali della NATO. Con l’aiuto di mercenari dell’Occidente, i professionisti della destabilizzazione Made in NATO, “OTPOR & Co”.

Srdja Popovic, che ora dirige il Center for Applied Nonviolent Action and Strategies (CANVAS), con sede a Belgrado (Serbia), ha confermato tutto ciò a marzo 2011 in un’intervista con la Associated Press. I veterani del movimento OTPOR – che hanno sconfitto Milosevic a Belgrado nell’ottobre 2000 – hanno continuato a creare un’organizzazione che forma in Serbia e negli Stati Uniti dei mercenari filo-occidentali esperti nell’arte della sovversione, con il pretesto della “rivoluzione pacifica” (sic). Hanno formato uno dei principali gruppi di giovani al centro della rivoluzione in Egitto, e precisano di aver “influenzato la ribellione libica.” “È probabile che alcuni gruppi di giovani libici abbiano avuto un’idea su come rovesciare il leader libico Muammar Gheddafi da attivisti egiziani che si sono formati con noi”, ha detto l’ex capo di OTPOR Popovic. OTPOR ha anche organizzato gruppi in Tunisia, Yemen, Bahrein, Marocco. E in Algeria.

Verso un nuovo assalto contro l’Algeria: “Blogger addestrati dalla CIA in Tunisia”

Ed ecco che, a quanto pare, questi mercenari della turbolenza politica s’interessano nuovamente all’Algeria.

Il leader del Partito dei lavoratori algerini (sinistra laica), Louisa Hanoune, ha rivelato che durante una recente manifestazione ad Annaba, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, “una società privata americana ha assunto più di 200 giovani algerini che vivono in Tunisia per utilizzarli nel prossimo episodio della primavera araba atteso a breve in Algeria”. Il numero di blogger algerini coinvolti in questo programma di lavoro è di 200, e lavorano “a determinare le restrizioni alle libertà in Algeria e definire i bisogni sociali della popolazione”. Alcuni hanno la missione di “documentare gli eventi del ‘decennio nero’ in Algeria e gli abusi di potere durante gli anni 90”.

In seguito Louisa Hanoune ha confermato la presenza di altre organizzazioni non-governative appartenenti al servizio di intelligence americano che stanno lavorando per destabilizzare l’Algeria, approfittando delle difficili condizioni socio-economiche delle regioni meridionali, sensibili alla secessione.

Secondo il quotidiano algerino al-Fajr, “sembra che il Movimento della Rinascita operi in coordinamento con la società americana Freedom House per reclutare 200 giovani blogger algerini e per renderli attivi sui siti di social networking o nell’organizzare forum che denuncino una pretesa crisi in Algeria per una contrazione delle libertà nel paese”. Il tutto incorniciato in un programma chiamato “Nuova Generazione di Attivisti per la Democrazia in Algeria”.

Scenario di tipo libico in Algeria

Esiste un programma che mira a destabilizzare l’Algeria, ed è sotto la supervisione del Ministro algerino dei Diritti dell’uomo, nonché membro del Movimento della Rinascita, Samir Dilo. Il cavallo di Troia filo-occidentale è quindi già al suo posto all’interno del regime algerino, che s’è aperto a delle formazioni islamiche cosiddette “moderate”.

Uno scenario che ricorda la Libia di Gheddafi, dove l’ala liberale filo-occidentale, apparsa nel 2003, ha destabilizzato la Jamahiriyya e ha preparato il colpo di stato del CNT. Liberali, ancora una volta, alleati a degli islamisti come Mustapha Abdel Jalil, a capo del CNT.

Anche La Libia, dal 2003, ha avuto un’ala liberale, opposta a quella dei socialisti patrioti, raccolta dietro a Saif al-Islam Gheddafi, che ha portato i liberali e gli islamisti (come il presidente dello pseudo CNT Abdel Jalil) al potere. Bisogna leggere le pagine rivelatrici di Bernard-Henry Levy su Saif al-Islam, nel suo ultimo libro di auto-propaganda personale “La guerra ma senza amarla”, in cui si pone la questione scioccante “come è stato possibile che egli, che era dei nostri, abbia potuto ritornare dalla parte del padre?”.

Il regime libico è stato destabilizzato e attaccato dal di dentro, dal 2003, prima che le bombe, gli eserciti e i mercenari della NATO e degli Stati Uniti venissero a finire il lavoro. Ho vissuto dall’interno questa presa della Libia, a fianco dei nostri compagni socialisti dell’MCR. Ho visto come le illusioni di Tripoli in materia di coesistenza pacifica e di economia globale, ma anche il dialogo con gli “islamisti moderati”, abbiano in realtà permesso ai liberali di fungere da cavallo di Troia libico e di preparare l’assalto esterno. Tutti questi liberali, con l’eccezione del figlio di Gheddafi, che alla fine ha scelto la fedeltà al padre e al suo paese, si sono ritrovati nella Giunta di Bengasi, e poi oggi nelle istituzioni-fantoccio della Libia ricolonizzata.

Ancora e sempre i Fratelli Musulmani

Il quotidiano al-Fajr rivela “che ha avuto luogo una sessione di formazione sulla disobbedienza civile, promossa dal Movimento della Rinascita in collaborazione con la Freedom House”. Ora, il ramo di questa organizzazione in Algeria è guidata da Abdul Razzaq, il Vice-Presidente del Movimento della Società per la Pace, un movimento che è la rappresentanza algerina dei Fratelli Musulmani.

Washington non ha mai rinunciato a imporre la sua cosiddetta “primavera araba” in Algeria. E come dappertutto, la punta di diamante della sua politica imperialista sono i suoi vecchi protetti – dal 1947 (poiché prima i “Fratelli” erano aiutati dai nazisti del Terzo Reich) -, i Fratelli Musulmani!

Uso del secessionismo dei Cabili per destabilizzare l’Algeria

Per uno scenario di tipo libico, è necessaria anche una “Bengasi algerina”. Questo è precisamente il ruolo assegnato alla riattivazione del secessionismo dei Cabili, argomento tabù in Algeria, dove si preferisce parlare di generici “problemi del Sud”.

Il Segretario Generale del Partito dei Lavoratori (PT), Louisa Hanoune, mette in guardia contro una possibile rivolta nel sud dell’Algeria, dove le autorità ufficiali non agiscono velocemente come servirebbe per contenere la situazione e soddisfare le esigenze dei giovani di questa regione. Sempre intervenendo alla riunione pubblica tenutasi ad Annaba, il segretario generale del PT ha rivelato “l’esistenza di alcune segnalazioni da parte di organizzazioni occidentali, che trattano questioni relative al rispetto dei diritti umani, citando la crescita debole nell’area della Cabilia e del sud del paese, e si sorprendono del fatto che non vi sia un legame reale con le velleità separatiste di Ferhat M’henni”.

Il giornale Echorouk on line ha riportato che Louisa Hanoune ha suggerito inoltre che “le ONG che dipendono dal servizio di intelligence degli Stati Uniti mirano a destabilizzare il paese, approfittando delle situazioni difficili vissute dalle sue regioni meridionali, dove si sono sollevate recentemente alcune voci che spingevano alla separazione dal resto del paese”. Nonostante Louisa Hanoune abbia elogiato la posizione eroica e lo spirito nazionalista della popolazione del sud, che si aggrappa saldamente all’integrità territoriale del paese, si è tuttavia soffermata sulle anomalie significative che è necessario colmare, portando l’attenzione generale sui problemi sociali della popolazione del Sud”. Essa ha poi concluso, giustamente, sul “pericolo che incombe sul paese, se Bouteflika non decide urgentemente su tali questioni, al fine di evitare al paese gli orrori della guerra in Mali e un possibile intervento straniero nel paese, interv ento che alcuni stati e alcune organizzazioni stanno già preparando”.

Il 2013 sarà un anno molto pericoloso per l’Algeria. Un’Algeria isolata, con dei governi islamisti in Tunisia, Libia ed Egitto; col Marocco, suo nemico tradizionale, in cui gli islamisti sono allo stesso modo al lavoro, e con, infine, un Sahel dove la NATO e l’AFRICOM sono ora molto presenti, grazie all’intervento in Mali.

Fonte: “La Voix De La Libye”, 15 marzo 2013 (traduzione di Europeanphoenix.it ©)

http://europeanphoenix.it/component/content/article/8-internazionale-/574-verso-un-nuovo-colpo-di-stato-occidentale-in-algeria

 

Partito Comunista Russo: “Ciò che accade in Siria è una guerra colonialista portata avanti da bande di mercena ri reclutati in Medio Oriente”

Mosca – Agenzia Sana.

I delegati al quindicesimo Congresso del Partito Comunista Russo, tenutosi a Mosca, hanno rinnovato il loro pieno sostegno alla Siria di fronte all’offensiva straniera che il paese deve affrontare.

In una dichiarazione, i presenti hanno detto che ciò che sta accadendo in Siria è una guerra colonialista di un nuovo tipo, che coinvolge gruppi mercenari pagati, reclutati da tutta la regione del Medio Oriente, ed hanno aggiunto che apparati speciali occidentali e dei loro alleati operano nella regione per finanziare, addestrare e fornire armi a questi gruppi.

Allo stesso tempo, i membri del Congresso del Partito Comunista Russo hanno espresso il loro pieno sostegno alla coraggiosa lotta del popolo siriano contro il neo-colonialismo, proponendo alla dirigenza russa di fornire un forte sostegno politico e un appoggio finanziario necessario alla Siria per riuscire ad arrestare l’attacco proveniente dall’esterno.

Il comunicato sottolinea che è l’Occidente, in particolare, ad avere interesse a ciò che avviene in Siria, dispiegando tutti i suoi mezzi per rovesciare il regime. In esso viene spiegato anche che i recenti fatti bellici siriani non sono provocati da un conflitto interno, bensì da un’offensiva nella quale non partecipa direttamente l’esercito della NATO, ma che viene portata avanti dall’organizzazione tramite il suo aiuto indiretto.

I congressisti hanno sottolineato nella loro dichiarazione che l’Occidente dimostra un’ipocrisia senza pari, poiché manifesta in pubblico la necessità di contrastare con decisione il terrorismo internazionale, ma nella realtà si avvale di organizzazioni terroristiche abominevoli utilizzate come strumenti per distruggere la Siria e la sua gente.

Fonte: Agenzia Sana (Siria), 24 febbraio 2013 (traduzione di Europeanphoenix.it ©)

http://europeanphoenix.it/component/content/article/4-politica/545 -partito-comunista-russo-cio-accade-in-siria-e-una-guerra-colonialista-portata-avanti-da-bande-di-mercenari-reclutati-in-medio-oriente

Beppe Grillo e l’accusa di “antisemitismo” : non ci starebbe un bel “vaffa”?

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di Enrico Galoppini

Su Grillo e i “grillini” ne sono state già dette e scritte di tutti i colori. Critiche, illazioni, stroncature senz’appello sono giunte sia dai suoi detrattori (“ex” compresi) che dai suoi sostenitori, questi ultimi annoverando diversi individui impazienti e massimalisti: c’è chi vorrebbe “la rivoluzione in due giorni”, e chi denuncia “tradimenti” ad ogni passo del capo del Movimento Cinque Stelle.

Ma sulle numerose perplessità (eufemismo) espresse su quest’inedito esperimento politico non mi soffermerò in quest’articolo. Variamente argomentate e pertinenti, alcune sono del tutto fuori luogo considerata la “situazione concreta” (cioè, che alternative decenti ci sono ‘sul tavolo’?), altre sono più fondate ed aprono talvolta scenari inquietanti, ed altre ancora non vengono espresse se non da sparute minoranze, tanto alcune fondamentali prerogative dello Stato riconducibili alla “sovranità” sono ormai fuori dalla sensibilità della maggioranza degli italiani, “grillini” o meno.

Sia come sia, sulla testa di Beppe Grillo è comunque piovuta la tegola peggiore, quella che rappresenta l’anticamera della scomunica urbi et orbi e l’esclusione dal novero delle “persone rispettabili”: l’accusa di “antisemitismo”.

Essa, seguendo un metodo collaudato, parte come una “preoccupazione” di qualche “rappresentante della comunità ebraica”, incaricato di sondare il terreno: “come replicherà l’accusato?”. Son tutti lì che l’aspettano al varco. La sua risposta viene soppesata col bilancino da orafo, ed ogni sua mossa viene a quel punto attentamente valutata, per decidere se è il caso di alzare il tiro o meno. E ad ogni buon conto l’importante è aver insinuato l’“atroce dubbio”.

Vi sono parecchie cose da dire al riguardo, e procediamo con ordine.

Intanto, cominciamo col dire che questo tipo di accusa non arriva mai a caso. Nessun “rappresentante della comunità ebraica” ha additato come “antisemita”, autentico o potenziale, gente come BerlusconiD’AlemaNapolitanoMontiFini: l’ultimo, al pari del suo “camerata” Al  emanno, s’è addirittura prodotto in pirotecniche manifestazioni di “amicizia per Israele” che hanno oltrepassato il limite del buon gusto e della decenza; mentre Bersani, non ancora esibitosi nell’obbligatorio “pellegrinaggio” in “Israele”, lo dovrà fare molto presto se riuscirà a formare un governo.

Dunque è al vaglio anche la “fedeltà” di Grillo e la sua attitudine a genuflettersi.

Sempre che ci si ricordi che siamo in Italia, e non in “Israele”, ché a casa sua (lasciando perdere per una volta le atrocità inflitte ai palestinesi) ciascuno è libero di fare come gli pare.

 Ma questo non dev’essere l’intendimento di certi “rappresentanti delle comunità ebraiche”, che a volte parlano come “minoranza italiana”, altre come “portavoce dello Stato ebraico”.

Non si capisce in effetti quale motivazione logica e plausibile vi sia perché il primo sasso venga lanciato dalla “comunità ebraica francese”. Siamo in Italia o in Francia? Queste “comunità” godono di un diritto extraterritoriale di ficcare il naso dappertutto? Sarebbe stata tollerata un’analoga ingerenza da parte di una “comunità islamica francese” al riguardo di un governo italiano con la Lega Nord, notoriamente avversa all’Islam e ai musulmani?

Certamente chi azzarda simili uscite sfrutta l’andazzo e la mentalità instillata ad arte in settant’anni di propaganda martellante, che non accenna minimamente a placarsi, anzi. Il motivo è presto detto: l’Europa – e l’Italia in particolare – è una colonia americana, e l’America si appoggia preferibilmente ad alcuni soggetti “istituzionalizzati” e forniti della dispensa da ogni critica per sferrare i suoi ricatti ed operare le sue pressioni, mascherandosi dietro di loro ed usandoli come eventuale “parafulmine” qualora i dominati non ne potessero più. In questo senso, le “comunità ebraiche”, quelle più strettamente legate al Sionismo (perché ve ne sono anche di più indipendenti, ma non hanno voce), si prestano al gioco, sfogando così anche un istintivo amore per la ribalta e la polemica.

Ecco che le dichiarazioni sperticate di “amicizia per Israele” e di “amore per gli ebrei”, con l’ovvio corollario dell’“antifascismo”, rappresentano la necessaria ‘assicurazione sulla vita’ di ogni politico che intenda deambulare ancora sulle proprie gambe.

Per quanto riguarda il successo di queste pressioni, vi è però da dire che sarebbero destinate ad un inesorabile fallimento se i seguaci ed i simpatizzanti dell’accusato di turno fossero di ben altra pasta. Purtroppo anche loro sono cresciuti in un determinato ambiente e ne hanno subito i condizionamenti, politici e culturali.

In altre parole, Lorsignori conoscono bene i loro polli e sanno che becchime mangiano da una vita. Così, appena si sparge una bella manciata di “antisemitismo” sono sicuri di gettare scompiglio nel pollaio.

A questo punto, però, è fondamentale la tenuta del capo, che non deve assolutamente cadere nell’errore di giustificarsi per i “processi alle intenzioni” né barcamenarsi ostentando a quel punto tutto il suo “amore per gli ebrei”. È un vicolo cieco, quello, che conduce dritti alla prostrazione in stile Fini, col finale già scritto: la pattumiera dopo essere servito da lustrascarpe.

Al contrario, da uno senza peli sulla lingua come Grillo ci si potrebbe attendere un bel “vaffa” destinato ad entrare nei libri di storia patria. Un eroico secondo “risorgimento” sulle ali di un meraviglioso “vaffa” che riporterebbe d’un colpo sul pianeta Terra chi si credeva onnipotente.

Invece fa un po’ pena constatare che anche lui s’è messo sulla difensiva riproponendo il trito cliché della vulgata “resistenziale ed antifascista”, alla quale, per inciso, non crede almeno una buona metà degli italiani (al di là di chi votano, se votano).

In cosa, a questo punto, si differenzi sostanzialmente il Movimento Cinque Stelle da tutto il resto, “dal PdL e dal Pd meno elle”, che di quella ‘professione di fede’ s’è fatto scudo per gozzovigliare alla greppia del Badrone, non è dato saperlo.

Intendiamoci, questi consigli li rivolgiamo a Grillo e ai suoi collaboratori postulando che essi siano in perfetta buona fede, forti solo delle “loro idee”, con le quali si può essere a volte in sintonia ed altre no. Se invece si trattasse di una burla, di un tergiversare su questioni di secondaria importanza come il colore della stalla quando i buoi sono scappati e dell’ennesima presa per i fondelli, ogni considerazione su quest’argomento sarebbe tempo sprecato.

Ma quando viene mandata avanti la “comunità ebraica” (cioè: alcuni maggiorenti, legati ad “Israele”, che si arrogano il diritto di “rappresentare tutti gli ebrei”), il segnale di avvertimento è chiaro. Tanto più chiaro quando si vaneggia di “pericoli per gli ebrei”, sollecitati ad andarsene in “Israele”, perché quello sarebbe l’unico “luogo sicuro” per loro (non direi proprio, visto che lì c’è un conflitto armato coi palestinesi, infatti lo sanno i miliardari sionisti che si guardano bene dal risiedervi). È la “macchina del fango” di cui han già parlato gli stessi esponenti del Cinque Stelle, attivata alla massima potenza con l’obiettivo di sporcarne indelebilmente la “reputazione”.

Ma cosa avranno mai combinato Grillo e i suoi per meritarsi queste solerti attenzioni?

Ora, se c’è una cosa che dà immensamente fastidio a chi ci domina da troppo tempo, è l’abbandono, teorico e pratico, della dicotomia destra-sinistra. Il movimento capeggiato da Beppe Grillo, che non a caso viene paragonato all’Hitler degli esordi (cosa ci può essere di peggio a questo mondo?), si muove tra le piazze e internet, scavalcando di netto giornali e tv, cioè gli squalificatissimi “media” ufficiali, tutti in mano ad editori sionisti. Padre Jean-Marie Benjamin, della Fondazione Beato Angelico di Assisi, una volta affermò che non è vero che tutti i media sono controllati dal Sionismo, perché… “i media sono il Sionismo”. Che verità in queste parole!

Dunque, rifiuto dell’informazione del regime d’occupazione e superamento dell’illusione ideologica da quello imposta ed alimentata a più non posso, in particolare tra le giovani generazioni. Questi due aspetti dell’azione del Movimento Cinque Stelle sono molto importanti per comprendere i motivi della preoccupazione di chi ha mandato avanti, in perlustrazione diffamatoria, i soliti artisti della ribalta e della polemica pretestuosa.

Ecco che i professionisti della caccia all’untore, utilizzando le medesime modalità in auge su “Indymedia” (dove si stilano chilometrici “dossier” su onnipresenti “fascisti” in grado di “infiltrarsi” dappertutto), incaricano dei “commissari telematici” di spulciare tutti i commenti presenti sul sito Beppegrillo.it, per poi brandirne alcuni come la classica “pistola fumante”, il “corpo del reato” (di “antisemitismo”). Si dipinge un Beppe Grillo culo e camicia con “odiatori di ebrei” a tre teste (come a voler stabilire per lui a chi può anche solo rivolgere il saluto), si ricama a non finire sulla moglie ed il suocero iraniani (la stessa cosa, fatta a chi ha una moglie ebrea, avrebbe destato solo scandalizzati ed isterici commenti), si conta (che voglia!) quante volte compaiono le parole “ebrei” ed “Israele” sui siti del neonato movimento politico.

Si monta anche una ridicola polemica, con apposite paginone sui “media” (sionisti), per imporre un “pentimento” alla portavoce alla Camera del M5S che aveva affermato una cosa di cui è persuasa la maggioranza degli italiani, ma che non può, perdurando la nostra servitù, diventare oggetto di discussione politica: che il Fascismo ha fatto anche molte buone cose.

Ma se uno vuole davvero rendersi conto di come l’occhiuta “lobby” stia radiografando Beppe Grillo per metterlo alle corde e fargli pronunciare una preventiva “abiura” deve consultare “L’Unità”, un giornale che dopo la fine dell’Unione Sovietica, senza più una funzione precisa, s’è trasformato in una macchietta, in una controfigura estremista di “Repubblica”, il che è tutto dire: “Non è un mistero che Grillo si sia rifiutato di dichiararsi anti-fascista(si noti anche la foto a corredo, che, proprio come lo stesso Grillo ha fatto notare, ritrae il capo del Movimento nella posa preferita dai “media”, quella di un “ghigno” stravolto e maligno).

Eppure buon sangue non mente, così da quello che per i comunisti vecchia maniera era “l’oracolo” è uscita proprio “la verità”: che da Grillo il Badrone si aspetta la rituale e plateale “dichiarazione” di fedeltà, quella di “antifascismo”, senza la quale uno, nella Repubblica delle Banane, non può nemmeno sperare in un posto pubblico da bidello, figuriamoci quello di Presidente del Consiglio!

Grillo, che non è affatto scemo, e sicuramente più informato di molti “grillini”, non può non aver capito il senso di tutto questo, e su quale terreno non congeniale a nessuna forza politica nell’Italia-colonia lo si vuole portare, ma deve fare i conti sia con la “base”, sia coi suoi simpatizzanti ed elettori, provenienti anche (ma non solo) dalla sinistra più radicata nella credenza nell’“antifascismo”, e deve comunque soppesare i rapporti di forza in Italia, i quali certo non pendono dalla parte del “partito nazionale”, cioè di quelle sensibilità che hanno a cuore il benessere, la libertà, l’indipendenza e la sovranità della nostra Nazione.

Di un’Italia finalmente affrancata anche da questi ricatti, da quest’insolente ed inaccettabile abitudine a fare le pulci a tutto e a tutti sotto la lente dell’esame di “antisemitismo”.

Per questo, sempre con la dovuta dose d’ironia che ha contraddistinto sin qui l’azione di Beppe Grillo, non possiamo che auspicare che anche questa volta il capo del Movimento Cinque Stelle si produca in uno dei suoi famosi e godibilissimi “vaffa”.


http://europeanphoenix.it/component/content/article/4-politica/578-beppe-grillo-e-laccusa-di-antisemitismo-non-ci-starebbe-un-bel-vaffa

È da 200 anni che si fanno esperimenti sull’inoculazione del cancro

di Pascual Serrano

Uno specialista afferma che la malattia di Chávez potrebbe essere stata provocata.

 Perfino prestigiosi specialisti di oncologia hanno notato la “epidemia” di cancro tra i presidenti di sinistra dell’America Latina [lì “sinistra” non significa “l’altra faccia della medesima medaglia”, un “PD menoelle”, per dirla con Grillo, NdT]. “Colpisce il fatto che, proprio quando gli Stati Uniti stanno perdendo la battaglia per il controllo del Sud America, siano apparsi in poco tempo cinque casi di presidenti colpiti dal cancro, e nessuno uguale all’altro. È lecito domandarsi “che cosa sta succedendo?”, come afferma il dott. Carlos Cardona, specialista in oncologia molecolare, che ha trascorso sedici anni facendo ricerca sul cancro in prestigiose università come Cambridge e Birmingham, in Inghilterra, o al centro di ricerca Fred Hutchinson Cancer di Seattle, dove operarono il tenore José Carreras per un trapianto di midollo osseo.

 

In alcune dichiarazioni rilasciate al quotidiano ABC, Cardona ha affermato che “contrariamente a quanto molti pensano, è tecnicamente possibile che il cancro che ha colpito Hugo Chavez sia stato inoculato con l’intento di ucciderlo”(ABC, 15 marzo 2013). Anche se gli oncologi clinici hanno dei dubbi al riguardo, Cardona riporta che è da duecento anni che gli oncologi molecolari sperimentano l’inoculazione del cancro  in animali da laboratorio. “Io l’ho fatto migliaia di volte e so che è possibile. È necessaria solo un’iniezione da fare in qualsiasi parte del corpo raggiunta dal sangue”, afferma. Uno dei metodi prevederebbe di “iniettare linee cellulari tumorali che già si conoscono, perfino di pazienti che sono morti da cinquant’anni, attraverso una oncovirus, vale a dire un virus che si può preparare e che trasporta i geni dei tumori soppressori i quali si introducono nelle cellule e sono in grado di produrre il cancro, oppure si possono iniettare dire ttamente sostanze chimiche cancerogene”.

 “Se Chávez, per esempio, fosse andato dal dentista – continua il medico – questo avrebbe potuto somministrargli un anestetico e poi inoculare un oncovirus o una sostanza cancerogena. Il paziente non se ne può accorgere, così dopo alcuni mesi può sviluppare il cancro. Ci sono sostanze chimiche che sono cancerogene e specifiche per un organo e altre che sviluppano il cancro diffondendolo indiscriminatamente. Ve ne sono, per esempio, alcune che possono provocare il cancro nella zona pelvica, parte in cui si è manifestato su Chávez. La maggior parte di queste cose lasciano una traccia e, se sei un ricercatore, la puoi trovare chiedendo un campione del tumore. Si può vedere se è stato un oncovirus, se c’è una linea cellulare tumorale. Si possono perfino fare dei test per capire se il cancro si è sviluppato in maniera naturale o atipica… È complicato, ma si può scoprire”.

 È vero che il quotidiano ABC ha pubblicato numerose speculazioni assurde sulla malattia di Chávez, ed erano tutte senza un fondamento scientifico identificabile e rigoroso. Questa volta si tratta della testimonianza di un noto specialista nello studio del cancro. La realtà è che affinché la tesi di avvelenamento da cancro sia attendibile ci vorrebbero due condizioni: che sia tecnicamente possibile e che ci sia un nemico di Chavez con la capacità tecnologica necessaria, con una vocazione criminale e senza scrupoli per farlo. Le dichiarazioni del dott. Carlos Cardona soddisfano il primo requisito. Per il secondo basti ricordare le oltre seicento volte che il più grande nemico di Chavez, gli Stati Uniti d’America, hanno tentato di assassinare Fidel Castro (vedi il libro del giornalista Luis Báez El mérito es estar vivo) e la realtà quotidiana che ogni settimana uccide decine di innocenti utilizzando i droni.

 Fonte: Pascualserrano.net, 16 marzo 2013 (traduzione di Europeanphoenix.it ©


http://europeanphoenix.it/component/content/article/8-internazionale-/576-e-da-200-anni-che-si-fanno-esperimenti-sullinoculazione-del-cancro