Comunicato dagli attivisti NOMUOS

Vi rigiriamo questo comunicato che ci arriva dagli attivisti NOMUOS:

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA REPRESSIVA…

Ancora una volta le consuete pratiche dell’abuso e della repressione poliziesca non si fanno attendere. Le ripetute provocazioni dei giorni scorsi; i fogli di via, i vili atteggiamenti assunti dai servi contro le attiviste del comitato delle mamme No MUOS, le ridicole minacce di fermo nei confronti di un paio di giovani attivisti e l’ancora più grottesche azioni di disturbo nei confronti del presidio permanente, privato di corrente elettrica e linea telefonica diverse volte durante la notte, mostrano la chiara ratio intimidatoria della strategia attuata dalla polizia in vista del grande corteo del 30 marzo. Stamane l’ennesima goccia è stata versata in un vaso già da tempo traboccante. Alle 5.00 del mattino di giovedì 14 marzo, 2 auto e 4 attivisti No MUOS vengono bloccati e perquisiti, mentre dal presidio in c/da Ulmo si dirigevano verso casa. Alle 12.30, invece, le perquisizioni colpiscono le abitazioni di 14 attivisti No MUOS già da tempo stretti nella morsa repressiva per il solo fatto di presenziare al presidio continuando a far rispettare una volontà popolare. La volontà di combattere compatti e decisi contro uno strumento di guerra e di morte che avvilisce questa terra e la popolazione che la abita. Fortunatamente la repressione subita dal comitato delle Mamme e dai compagni sembra costituire linfa vitale per questo movimento. La determinazione nella pratica anti-autoritaria costituisce il collante tra le diverse anime della realtà No MUOS. Gli attivisti e le mamme fanno sapere che nonostante il terrorismo attuato dai servi nei confronti della popolazione di Niscemi, i blocchi e l’azione diretta continueranno a costituire la quotidianità di questa lotta. Mentre illegalmente la polizia permette agli operai impegnati nella mega opera di entrare alla base al caro prezzo della totale perdita di credibilità agli occhi di tutta la popolazione, Niscemi continua a resistere con ogni mezzo necessario. Da mesi si è rivelato necessario anche il ricorso all’azione diretta, praticata trasversalmente da tutte le fasce della popolazione. La volontà di agire cresce esponenzialmente dentro le fila del movimento, e l’azione diviene sempre più centrale nell’esperienza di una popolazione che sembra svegliarsi dal torpore democratico, dall’illusione di partecipazione ed autodeterminazione. È questo il momento in cui bisogna essere più uniti e presenti che mai. Uniti nell’azione non violenta ma distruttiva, così come distruttiva continua ad essere la presenza di questa base su questa terra. 

ATTIVISTI NO MUOS 

http://www.anarchaos.org/2013/03/comunicato-dagli-attivisti-nomuos/

Monti mette sotto accusa il populismo

Bersani al Financial Times: Quando sarò al governo non rinegozierò Fiscal Compact. Vendola è avvisato.

 Ribadita la necessità di riforme strutturali (lavoro) per sostenere la crescita 

Andrea Angelini

Per Mario Monti i veri nemici sono e restano quelli che nell’Unione europea cavalcano i “populismi”. Un termine che nell’ottica della tecnocrazia europea, della quale Monti fa parte, comprende tutti coloro che pensano che al primo posto non ci debbano essere gli interessi delle oligarchie finanziarie né tantomeno l’innalzamento sugli altari del Libero Mercato inteso come una divinità intoccabile e non criticabile. Ma debba esserci in primo luogo la difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori e più in generale di quanti non accettano che il lavoro sia ridotto a merce.
Il termine “populismo” inteso come offesa sanguinosa e come caratterizzante un atteggiamenti chiuso e retrivo, è stato usato da Monti in una lettera, forse l’ultima da capo di governo consegnata ai colleghi in occasione del vertice europeo di Bruxelles.
Per favorire la crescita economica, la strada indicata da Monti è quella conosciuta. Insistere con la linea del rigore nel controllo della dinamica dei conti pubblici, risolvere i problemi della disoccupazione, stimolare i Paesi membri ad utilizzare di più e meglio i fondi europei e “premiare”, non si sa bene come, quelli che realizzeranno le riforme strutturali. 
Rendendosi conto che la linea finora seguita ha provocato scarsi risultati e non ha creato né occupazione né ha innescato crescita economica, Monti ha cambiato leggermente indirizzo, auspicando una “flessibilità controllata” all’interro del Patto di Stabilità. Quello che implica l’impegno a scendere al 60% nel rapporto Debito pubblico e Pil e l’azzeramento del disavanzo. Al vertice c’è stato in effetti un accordo che permette ai Paesi “virtuosi” con il disavanzo sotto  il 3% o vicino allo 0 di non considerare gli investimenti statali in infrastrutture come spesa pubblica.
Sentendosi poi vicino al’addio, Monti ha difeso il suo operato ricordando i suoi successi (forse il debito che è cresciuto in un anno dal 120 al 127%?) e ammonendo i colleghi sui rischi che correrebbe l’Unione europea se non metterà in campo una capacità di innovazione politica. Al tempo stesso, il professore della Bocconi, ha ammonito gli italiani  sul fatto che la nostra situazione impressiona e preoccupa l’Europa specie dopo le elezioni che hanno creato una fase di incertezza politica.
Uno stallo che si aggiunge alle difficoltà di fare quadrare i conti e che provoca una reazione negativa da parte dei mercati finanziari con pressioni sul valore di mercato dei Btp decennali, sugli interessi e sui rendimenti, e sullo spread con i Bund tedeschi. Queste difficoltà, a suo avviso, dovrebbero essere uno stimolo ulteriore per realizzare tutte quelle riforme che da tempo vengono rinviate. Peccato che per favorire la crescita, Monti finisca inevitabilmente per sostenere la necessità di una riforma del mondo del lavoro, basata su flessibilità, precarietà e libertà di licenziamento. Gli unici mezzi, a suo avviso, per invogliare le imprese ad assumere e quindi per creare occupazione.

 
16 Marzo 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19714

Il bluff della BCE

Mentre i media italiani parlano solo dell’elezione di Grasso invece di Schifani come presidente del Senato e dei 14 grillini che hanno disobbedito Grillo la Troika scherza con il fuoco a Cipro

(Ma i giornali italiani hanno ricevuto una direttiva dalla Presidenza della Repubblica di minimizzare la notizia delle banche di Cipro, se guardi le loro prime pagine oggi. E’ già successo nel settembre 2012, me lo dissero allora giornalisti TV, mandano una nota riservata ai direttori dei giornali…)

Questa mossa sui depositi bancari di Cipro è un disastro secondo il Financial Times e in questo momento c’è il caos. Il parlamento cipriota oggi è in rivolta e si è rifiutato di votare, come da accordo con la UE, oggi pomeriggio il prelievo sui depositi, nonostante un comunicato del governo ieri che dice “… o facciamo il prelievo forzoso, oppure in tre giorni tutte le banche sono fallite e vanno chiuse, usciamo dall’euro e la gente perde non solo un 7%, ma metà dei suoi soldi…”. 

Il problema è che la UE ieri non ha annunciato che avrebbero esteso l’ELA a Cipro (per come funzioni l’ELA vedi mio articolo precedente: “Se Salvano Cipro e Lasciano Monetizzare l’Irlanda Figurarsi allora il BTP”). Non so se sia stato per calcolo (… vi teniamo sulla corda…), ma è stato un errore perchè l’ELA è la garanzia che ci sia il salvataggio. 

In pratica la Troika ha voluto giocare questo poker con una mano troppo pesante. Usando il ricatto di farli uscire dall’euro e lasciar fallire le banche, ha imposto un taglio dei depositi nelle banche di Cipro, facendo perdere totalmente la faccia al governo cipriota, ma quando il governo ha annunciato il prelievo forzoso ieri non ha in cambio esteso l’ELA (forse non si fidavano fino all’ultimo). Ora il parlamento cipriota si ribella e la Troika ha mandato oggi due emissari a Cipro per costringerli a votare entro stanotte prima che apra il mercato. Se però il parlamento non vota subito il prelievo forzoso in un paio di giorni le banche di Cipro collassano, o le chiudono o la gente porta via tutti i soldi e se le chiudono senza il salvataggio dell’ELA sono fallite. Due o tre giorni di caos totale, fallimento di tutte le banche di Cipro, corsa agli sportelli e uscita dall’euro e in Grecia, Spagna, Portogallo e Italia inizia la corsa agli sportelli

In teoria era ragionevole che, avendo le banche di Cipro colossali depositi in conto corrente da parte di russi e altri dell’est europa (60 miliardi nei conti correnti in un paese con PIL di 17 miliardi di euro), si faccia pagare a questi parte del salvataggio delle banche in cui hanno nascosto soldi rubati o in nero. Ma i tedeschi non sono riusciti da imporre che si prelevasse solo dai depositi sopra i 100mila euro (quasi tutti di stranieri). Il FMI addirittura voleva che il salvataggio lo pagassero solo loro prelevandogli di sorpresa metà dei depositi ! Il governo di Cipro spaventato dalla possibile reazione dei russi probabilmente ha voluto limitare al 10% il prelievo forzoso ed aggiungerne uno del 6.7% per tutti gli altri conti. Questo tre giorni dopo aver dichiarato pubblicamente che non lo avrebbe MAI fatto e violando il principio base del funzionamento delle banche dagli anni ’30 in poi, che cioè i depositanti sono sempre protetti (mentre azionisti e creditori della banca possono perdere i loro soldi). Tutto il sistema bancario attuale si regge sul fatto che i depositi del 99% della gente, quelli fino a 100mila euro, sono protetti e addirittura assicurati dallo stato.

Violare di sorpresa e a tradimento questo principio in misura rilevante (non come Amato che si era limitato allo 0.6%) è molto rischioso perchè, anche se dichiarano che Cipro è un eccezione, in realtà le banche greche, portoghesi e in parte anche spagnole e italiane sono restate in piedi solo perchè la BCE ha esteso loro credito, con tre programmi diversi (ELA, ESM, LTRO). Cioè, il motivo per cui il bilancio della BCE dopo il 2008 è passato da 500 a 4.000 miliardi di euro è stato perchè sono occorsi 3.500 miliardi per sostenere le banche

Perchè allora essere così tirchi per 17 miserabili miliardi a Cipro ora ? Perchè Cipro è in effetti un caso limite come discusso e perchè la Merkel è sotto elezioni e attaccata da un nuovo partito anti-euro e anti-salvataggi bancari che gliele può far perdere. Nel nord-europa sono sempre meno tolleranti dei salvataggi, un mese fa la terza banca olandese venendo salvata ha però a sorpresa azzerato gli obbligazionisti senior del suo debito.

Alla fine, anche se sono solo 17 miliardi, hanno quindi voluto farne pagare 1/3 ai russi con soldi a Cipro e però hanno fatto l’errore di farne pagare un poco anche ai ciprioti e in più non hanno voluto offrirgli l’ELA ieri. Hanno esagerato con il bluff e i ciprioti sembra ora lo stiano chiamando.

E’ molto importante capire questo piccolo dramma perchè ti illustra come tutto sia concatenato, ad esempio le banche di Cipro si sono rovinate a causa della Grecia e del default greco e a loro volta ora se le lasciano fallire e scoppia il caos possono far crollare la fiducia nelle banche nel resto del sudeuropa

(Prova ora a pensare per un attimo cosa succederebbe se in Italia ci fosse Grillo al governo con la sua idea di fare un default parziale del debito dell’Italia… La BCE toglierebbe l’ELA e le banche italiane verrebbero chiuse per non riaprire fino a data da destinarsi con i prelievi sui bancomat ridotti a 500 euro per famiglia…)

Shangai e’ una catastofe. Recuperate 12.000 carcasse di maiali nel fiume!

(ANSA) – SHANGHAI, 17 MAR – Sta assumendo i caratteri della catastrofe la faccenda dei maiali morti recuperati nel fiume HangPu di Shanghai, che hanno superato le 12.000 carcasse’. Dal fiume sono stati recuperate circa 9000 resti di maiali a Shanghai e 3600 nellacitta’ di Jiaxing, che dovrebbe essere la citta’ origine dell’epidemia di circovirus suino che ha provocato la morte dei suini. Le autorita’ hanno intensificato i controlli nei mercati per scongiurare la vendita di carne suina proveniente da animali malati.

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/shangai-e-una-catastofe-recuperati.html

 

 

Obama scorda la Palestina e attacca l’Iran

Preparandosi alla sua prima visita in Israele, il presidente Usa ignora anche i rapporti dell’intelligence per compiacere Tel Aviv 


Ferdinando Calda

Preparandosi alla sua prima visita in Israele come presidente degli Stati Uniti, Barack Obama si preoccupa di ostentare una rinnovata amicizia con la leadership israeliana, in particolare con il premier Benjamin Netanyahu, con il quale i rapporti non sono sempre stati idilliaci. Per sottolineare l’unione di intenti con l’amico “Bibi”, Obama evita accuratamente di entrare nel merito della delicata questione palestinese, e si sposta invece ad attaccare il comune nemico iraniano. Una mossa potenzialmente inopportuna, in un momento che le nuove nomine dell’amministrazione Obama –John Kerry a Segretario di Stato, Chuck Hagel alla Difesa e John Brennan alla Cia, tutti tendenzialmente contrari a una politica aggressiva contro Teheran – avevano fatto sperare l’opinione pubblica iraniana in un possibile allentamento delle tensioni con gli Usa.
Ma, ovviamente, quando c’è da scegliere tra Tel Aviv o Teheran, alla Casa Bianca hanno pochi dubbi. Specialmente se il presidente si sente in obbligo di recuperare gli anni in cui è stato accusato di essere poco attento alle richieste di Israele.
In una intervista concessa alla televisione commerciale israeliana Canale 2, Obama ha voluto rassicurare gli israeliani del fatto che condivide i loro timori sulla bomba atomica iraniana, ribadendo a più riprese di essere in perfetta sintonia con Netanyahu (che per tutta l’intervista chiama con il nomignolo “Bibi”) sulle questioni militari e strategiche fondamentali.
“Sulla base della tecnologia acquisita finora, l’Iran necessita circa un anno o un po’ di più per produrre armi nucleari. Ma noi ovviamente non vogliamo arrivare vicini a quel punto”, ha dichiarato Obama. E poco importa se proprio questa settimana il direttore della National Intelligence (Dni) statunitense, James Clapper, abbia ricordato al Congresso di Washington che non c’è alcuna indicazione che l’Iran abbia deciso di sviluppare un’arma atomica (oltre al fatto che gli iraniani non riuscirebbero a cominciarla senza essere scoperti).
L’importante, per il presidente Usa, è assicurare agli israeliani che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per “accettarci che l’Iran non si doti di armi nucleari”. Infatti, ha sottolineato subito dopo, “gli Stati Uniti dispongono di capacità molto significative”. Il che, tradotto per l’irrequieta leadership israeliana, vuol dire: “Aspettate di coordinare con noi ogni eventuale azione militare contro l’Iran. Non avrete da pentirvene, in quanto le vostre capacità offensive non potranno mai eguagliare le nostre”. In passato, infatti, Tel Aviv ha accusato il presidente democratico di eccessivo immobilismo sulla questione iraniana, minacciando un’azione militare nonostante il parere contrario dell’alleato statunitense.
A questo si erano aggiunti i malumori degli ambienti filo-israeliani negli Usa, che rimproverano al presidente democratico un atteggiamento troppo “freddo” nei confronti di Israele, in particolare per le – velate – critiche alla politica coloniale di Tel Aviv.
Adesso Obama sembra intenzionato a recuperare il tempo perduto e ha preparato il terreno con l’ intervista concessa alla giornalista di Canale 2, Yonit Levy, scelta di persona per evitare domande imbarazzanti. “In tutta la mia carriera ho sempre provato ammirazione non solo per la storia di Israele, non solo per i suoi valori fondamentali, non solo per i suoi straordinari successi economici, ma anche per il diritto fondamentale di Israele di fungere in sicurezza da patria del popolo ebraico”, ha sviolinato il presidente statunitense.
Prudente silenzio, invece, sulla questione palestinese. “L’obiettivo di questo mio viaggio è ascoltare – ha spiegato – Intendo incontrare Bibi […] e vedermi con Salam Fayyad e Abu Mazen (premier e presidente dell’Anp ndr) per ascoltare da loro le loro strategie e le loro idee, capire dove ci porteranno”.


16 Marzo 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19715