Nell’agenda di Kerry un pranzo riservato sul «rebus di Grillo» nella politica italiana

Non c’è un governo legittimo con un legittimo rappresentante.

Chi ha scelto e con quali criteri chi presiederà alla colazione?Ed a che titolo si incontra IN SEGRETO alla faccia della trasparenza e della democrazia con Kerry?

A parlare di Grillo? E non avrebbe diritto anche lui ad esserci, magari mandando in streaming la riunione?

 Il padrone è venuto a redarguire i camerieri?

Ovviamente all’oscuro dei popoli come si conviene in un mondo gestito DALLA MASSONERIA

 Elezioni 2013 – L’America

Nell’agenda di Kerry un pranzo riservato sul «rebus di Grillo» nella politica italiana

Prima dell’incontro con il premier Monti il segretario 
di Stato a tavola con un gruppo ristretto bipartisan

ROMA – Gli Stati Uniti seguono con attenzione la ricerca di nuovi equilibri politici in un’Italia che a tre giorni dalle elezioni non sa ancora quale sarà la prossima maggioranza di governo. Oggi pomeriggio il segretario di Stato John Kerry incontrerà Mario Monti e prima, in una colazione, risulta al Corriere , un gruppo ristretto di persone di centrodestra e centrosinistra ritenute in grado di fornire elementi su quali effetti avranno i rapporti di forza tra i partiti usciti dalle urne e l’ingresso del Movimento 5 Stelle nelle Camere.

PRIMO VIAGGIO – È dal primo febbraio scorso che il democratico al quale non riuscì l’impresa di battere George Bush nel voto del 2004 per la Casa Bianca ha giurato fedeltà alla nazione in qualità di 68° segretario di Stato. Non era scontato che nel suo primo viaggio all’estero nella carica ricoperta in precedenza da Hillary Clinton – nove Stati in dieci giorni tra Europa e Medio Oriente – Kerry trovasse tempo per occuparsi così a fondo di un’Italia politica piena più di casse per traslochi che di certezze. Nel programma originario della visita a Roma il colloquio con Monti non era previsto. Il fondatore di Scelta civica è tuttora presidente del Consiglio per gli affari correnti, allo stesso tempo l’appuntamento ha di fatto, da parte di Washington, un valore di promemoria: da quando nel 2009 si insediò la prima amministrazione Obama, l’economista nominato senatore a vita e presidente del Consiglio da Giorgio Napolitano è stato il titolare preferito per Palazzo Chigi.

ANATEMI ESCLUSI – A Washington però non sfugge che i risultati elettorali hanno premiato altre liste più di quella montiana. Sono probabilmente da escludere segni di pregiudizio o anatemi verso 5 Stelle. In pubblico si sottolineerà l’importanza dell’alleanza con l’Italia e non vanno per forza considerati impossibili cenni di apertura al cambiamento, anche se sarà bene seguire volta per volta quali valutazioni emergeranno.
La colazione sulle prospettive del quarto Paese più importante dell’Unione Europea sarà a Villa Taverna, la residenza dell’ambasciatore americano a Roma David Thorne, compagno d’armi di Kerry in Vietnam e fratello gemello di una donna, da tempo scomparsa, a lungo sposata con l’attuale segretario di Stato. A tavola con il referente di Obama per la politica estera siederanno almeno tre persone con curriculum adatti a puntare al Quirinale dopo che a maggio finirà il settennato di Napolitano, se non quattro o cinque.

GLI INVITATI – Sono stati invitati Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, ex presidenti del Consiglio di centrosinistra. Per il centrodestra gli inviti sono stati rivolti a Gianni Letta, in passato ipotizzato dal centrodestra per la presidenza della Repubblica, e al segretario del Pdl Angelino Alfano. Possibile ci sia soltanto uno dei due. Curriculum adatto per alte cariche istituzionali, non parlamentari perché non si è ricandidato, è anche quello di Franco Frattini, uscito dal Pdl senza dover fare in campagna elettorale comizi che avrebbero intralciato una sua candidatura a segretario generale della Nato. Alla colazione dovrebbero esserci anche i ministri uscenti Giulio Terzi, e Enzo Moavero, Affari europei.
La lista degli invitati è stata messa a punto la settimana scorsa, mentre ci si aspettava una vittoria elettorale del Pd. Se non ci sarà modo di un incontro diretto con grillini, non significa che per gli Stati Uniti i canali di dialogo debbano es sere chiusi.

http://www.corriere.it/politica/13_febbraio_28/grillo-kerry-viaggio-roma-pranzo_e5ff44ee-81a9-11e2-aa9e-df4f9e5f1fe2.shtml

 

SMART DUST, la polvere che spia e trasmette le informazioni

Nel suo articolo Ecco la polvere che spia pubblicato sul quotidiano La Repubblica il 31 ottobre 2002, Federico Rampini descrive la polvere intelligente o “smart dust” come un pulviscolo composto di miriadi di microchip.

Di essa egli scrive che:

Il Pentagono la definisce “La tecnologia strategica dei prossimi anni” (…) Il pulviscolo intelligente è fatto di miriadi di computer microscopici. Ognuno misura meno di un millimetro cubo ma incorpora sensori elettronici, capacità di comunicare via onde radio, software e batterie.

Invisibile e imprendibile, la polvere di intelligenze artificiali si mimetizza nell’ambiente e capta calore, suoni, movimenti. Può essere diffusa su territori immensi e sorvegliarli con una precisione finora sconosciuta. Sa spiare soldati standogli incollata a loro insaputa, segnala armi chimiche e nucleari, intercetta comunicazioni, trasmette le sue informazioni ai satelliti.

Dietro la polvere intelligente c’è uno dei più potenti motori del progresso tecnologico americano, la Defense Aduanced Research Projects Agency (Darpa) che è stata all’origine di innovazioni fondamentali, compreso Internet. E’ il braccio scientifico del ministero della Difesa (…)

Gli elementi di base della loro costruzione sono i Merns, micro-elactro-mecanical systems. Sono micro-computer che integrano capacità di calcolo, parti meccaniche figlie della nano-robotica, più i sensori elettronici: cioè termometri, microfoni miniaturizzati, nasi e microspie che captano movimenti o vibrazioni. (…) I progressi della miniaturizzazione rendono i micro-apparecchi sempre più affidabili e ne allungano la vita, le batterie possono alimentarsi con le variazioni di temperatura o le vibrazioni. (…) “Il risultato finale sono network invisibili disserninati nell’ambiente – spiega Bruno Sinopoli – che interagiscono fra loro e trasmettono informazioni”.

(…) Come sostiene la Darpa la rivoluzione dei microsensori diffusi nell’ambiente “diventerà la primaria fonte di superiorità nei sistemi di armamento”. L’obiettivo è dichiarato ufficialmente sul sito Intemet della Darpa www.darpa.mil, perché per lavorare con gli scienziati di Berkeley anche i militari devono adottate certe regole di trasparenza. Si tratta di dispiegare in massa sensori remoti per scopi di ricognizione e sorveglianza del teatro di battaglia”.

L’informazióne non è stata divulgata dalla Difesa ma gli scienziati californiani non hanno dubbi: la polvere intelligente ha già fatto la sua prima apparizione su un vero campo di battaglia in Afghanistan, dove gli americani hanno cosparso nubi di smart dust sulle zone più impervie e montagnose. Il prossimo test potrebbe essere l’Iraq dove in caso di intervento militare – e anche molto prima-la polvere intelligente verrà cosparsa dal cielo e finirà mimetizzata nella sabbia del deserto per monitorare spostamenti di truppe, artiglierie o rampe dei missili Scud.

A questo punto restano ben pochi dubbi che questa polvere, tanto intelligente quanto artificiale, e sicuramente non adatta ad entrare in contatto coi sistemi respiratori degli esseri viventi, sia stata realizzata principalmente per scopi militari. Anche se alla fine dell’articolo vengono menzionati gli usi pacifici di tale tecnologia, per costruire una rete di sensori anti-inquinamento e per la prevenzione degli incendi, per disseminare sensori interni alle strutture edili che ne percepiscono le lesioni interne (causate ad esempio dai terremoti), non è detto che queste finalità pacifiche siano poi realmente innocue.

Infatti si legge nella chiusura dell’articolo che …

Spalmata sui muri con la vernice, una miriade di micro-computer consentirà di auto-regolare la temperatura e la luminosità dell’ambiente in modo da eliminare ogni spreco di energia. Sempre che non finisca per spiare chi in casa ci abita. A finanziare ricerche sulle applicazioni della smart dust con i fondi federali non c’è più solo il Pentagono. Ora è sceso in campo anche un fondo di venture capital che nella Silicon Valley tutti conoscono bene: si chiama In-Q-Tel ed è una filiale della Cia.

Letto questo articolo magari qualcuno si chiederà come mai, a sette anni e mezzo di distanza, nel sito di wikipedia si parli ancora della polvere intelligente come di un progetto ancora lontano dalla sua possibile realizzazione pratica. Ma sappiamo bene che wikipedia è uno strumento in mano alle élite governative, che lo utilizzano per distorcere la realtà; abbiamo già visto infatti che su tale scandaloso sito vengono sfacciatamente negate le responsabilità governative negli attentati di Londra e dell’11 settembre, nonché l’esistenza delle scie chimiche.

Dal momento che con le scie chimiche vengono diffuse anche queste terribili nanostrutture sensoriali, come dimostrano gli studi della dottoressa Staninger, è facile capire perchè ciò che è ormai da tempo una realtà tecnologica venga ostinatamente considerato inesistente.

La Staninger ha fa rintracciato nei filamenti estratti dalle ferite dei malati di Morgellons (del tutto analoghi ai polimeri rilasciati con le scie chimiche) delle nanostrutture con un segmento d’oro. Sia la nota tossicologa californiana sia la giornalista indipendente Carolin Williams Palit hanno correlato la luce ultravioletta alla capacità dei nanotubi di autoassemblarsi. Alcune delle loro scoperte vengono confermate da un recente articolo (sulle nanotecnologie per rimuovere l’inquinamento) comparso su Le scienze ove si legge:

(…) si è riusciti infatti a mostrare come sottili particelle di metallo e carbonio possano intrappolare goccioline di petrolio nell’acqua che si autoassemblano a decine di milioni per formare minuscole sacche sferiche. Inoltre, gli studiosi hanno trovato che la luce ultravioletta e i campi magnetici potrebbero essere utilizzati per orientare le nanoparticelle, determinando un capovolgimento delle sacche e il rilascio del loro carico, una caratteristica che potrebbe essere utile anche per la somministrazione di farmaci.

(…) in principio venivano utilizzati nanotubi di carbonio a cui venivano collegati corti segmenti di oro. Ma, secondo Ajayan, con l’aggiunta di vari altri segmenti, di nichel o di altri materiali, i ricercatori possono creare nanostrutture effettivamente multifunzionali. La tendenza di questi nanobastoni ad assemblarsi in miscele acqua-olio è dovuta alla proprietà di avere l’estremo di oro idrofilo e l’estremo in carbonio idrofobo.

Più avanti potete leggere la traduzione di un articolo comparso sull’edizione on line del New York Times ove viene confermato che i progressi nella miniaturizzazione nanotecnologica permettono alle nanostrutture sensoriali di ricaricarsi assorbendo energia dalle onde elettromagnetiche dell’ambiente circostante.

E’ quindi facile ipotizzare che l’irradiazione costante ed eccessiva di onde elettromagnetiche (antenne per la telefonia mobile e per i wi-fi, più altre antenne nascoste dedicate a scopi non certo umanitari) è funzionale alla diffusione delle scie chimiche. La sinergia tra scie ed onde elettoromagnetiche è molto probabilmente dedicata ad un sofisticato progetto di manipolazione delle coscienze e controllo mentale (non si spiegherebbe altrimenti come 6 miliardi di persone possano permettere senza protestare che il sole venga cancellato e l’aria ammorbata dai prodotti chimici dispersi tramite le scie degli aerei) ma forse anche ad un progetto ancora più nefasto (ed oscuro) di manipolazione genetica (come dimenticare che le frequenze dei telefonini alterano il DNA?) tesa a trasformare la razza umana con ibridazioni tecnologiche.

Ovviamente la notizia che viene diffusa tramite l’articolo de Le Scienze serve anche a disinformare sulle reali finalità di queste tecnologie militari ed a fornire una copertura; si potrà sempre attribuire ipocritamente la scoperta di tali nanostrutture nell’ambiente a delle operazioni di bonifica, sebbene in realtà la diffusione delle nanotecnologie è un “rimedio” peggiore del male che si finge di voler combattere.

Anche l’articolo del NY. Times assolve in parte a queste finalità; se da una parte in esso si parla della polvere intelligente come di qualcosa di ancora futuribile, d’altra parte si insiste sulle applicazioni positive di tali tecnologie, cercando di convincere le persone che la diffusione di “milioni di milioni” di nanosensori nell’aria che respiriamo possa portare alla fine un beneficio, e facendoci credere persino che possa essere normale in futuro trovare sensori negli alimenti che ci informano quando essi deperiscono.

La realtà è un’altra, ormai queste odiose nanoparticelle hanno permeato l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo ed il cibo che ingeriamo, contribuendo all’aumento di malattie degenerative, croniche e mortali.

Ben sapendo quello che c’è dietro questa sporca storia, una lettura critica del seguente articolo risulta molto illuminante; basti tenere presente che quasi tutto ciò che in tale articolo viene considerato come futuribile o fattibile in realtà è stato già realizzato, come mostra l’articolo di F. Rampini risalente a ben sette anni e mezzo addietro.

Fonte: scienzamarcia.blogspot.com – tratto da http://www.nocensura.com/

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/02/smart-dust-la-polvere-che-spia-e.html

 

Costa d’Avorio. Gbabgo all’Aja, i veri criminali liberi

Amnesty denuncia che le forze repubblicane stanno attuando una “politica di repressione su basi etniche e politiche”

Francesca Dessì

Lo chiamano il nuovo “Nelson Mandela”. Un paragone, forse, un po’ forzato. Ma come lui, l’ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo ha lottato contro l’arroganza e l’imperialismo di una grande potenza, la Francia. Gbagbo, che molto probabilmente finirà il resto della sua vita in prigione, è stato “punito” per aver calpestato i piedi di Parigi e ora si trova a fare i conti con la Corte penale internazionale, un’istituzione al servizio dell’Occidente. All’Aja è infatti in corso l’udienza di conferma dei capi d’accusa a carico dell’ex presidente ivoriano, sospettato di essere “co-autore diretto di crimini contro l’umanità”. Un processo, che l’avvocato francese Emmauel Altit, difensore di Gbagbo, ha già definito “politico”, accusando il procuratore generale della Cpi, Fatou Bensouda, di aver condotto “indagini frammentate”, “incomplete” e “inesistenti”. Lunedì e ieri, Natacha Fauveau Ivanovic e Jennifer Naouri, due degli avvocati difensivi, hanno fatto una breve ma dettagliata ricostruzione dei fatti accaduti in Costa d’Avorio dal 2002, inizio della ribellione delle Forze nuove, guidate da Guillaume Soro – attuale presidente dell’Assemblea, e da Alassane Dramane Ouattara – attuale presidente della Costa d’Avorio – fino alle elezioni presidenziali del 2011. I due avvocati hanno ricordato alla Corte che il presidente Gbagbo “non era determinato a restare al potere”, ma “a rispettare il verdetto delle elezioni”, che secondo il Consiglio costituzionale – l’istituzione super partes garante della Costituzione – erano state vinte da Gbagbo.
Secondo la Difesa, il procuratore generale della Cpi non ha studiato “la crisi ivoriana”, ha ignorato che “i ribelli delle Forze nuove” hanno tentato più volte di “rovesciare” il governo di Gbagbo, ha distorto “la storia degli ultimi dieci anni della Costa d’Avorio”, prendendo le parti “dei vincitori”. Il procuratore Bensouda, che ha inserito nell’atto d’accusa testimonianze e immagini di violenze che si sono verificate in Kenya, non ha preso in considerazione che dopo il ballottaggio presidenziale il presidente Gbagbo ha chiesto il riconteggio dei voti, richiesta che è stata rifiutata dall’attuale capo di Stato ivoriano Ouattara e dalla Francia. Né tantomeno, Bensouda ha mai parlato del “commando invisibile”, vicino all’attuale presidente ivoriano, che ad Abidjan ha fatto stragi innocenti.
“Il popolo della Costa d’Avorio non merita un processo politico, ma un indagine per capire chi sono i responsabili della distruzione del Paese”, ha detto nella sua arringa iniziale Altit, accusando la Francia e l’Onuci, la missione di pace Onu, di essere complici del colpo di Stato contro il presidente Gbagbo. I toni sono alti. Gli avvocati della difesa denunciano che l’ex presidente ivoriano è un prigioniero politico della Francia che, prima con Chirac e poi con Sarkozy, ha fatto di tutto per tutelare i suoi interessi economici nell’ex colonia, ricca di cacao, caffè, petrolio.
Oggi, con l’insediamento di Ouattara, la Costa d’Avorio è tornata ad essere un “protettorato” francese. E cosa ancor più grave, è uno Stato senza diritto, dove le forze repubblicane commettono ancora oggi omicidi, arresti arbitrari, abusi e violenze sui civili.
Con mesi di ritardo, anche Amnesty International, un’organizzazione filo statunitense, ha denunciato, in un rapporto intitolato “Costa d’Avorio: la legge dei vincitori”, le massicce violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate nei confronti dei sostenitori di Gbabgo.
In nome della “sicurezza” avrebbero attuato una “politica di repressione su basi etniche e politiche”, si legge nel rapporto stilato dall’ong al termine di un’inchiesta svolta tra settembre e ottobre 2012. Il documento denuncia “arresti arbitrari”, “torture” e “omicidi” commessi dalle Forze repubblicane e dalla milizia di cacciatori tradizionali “Dozos”, vicini all’attuale potere, contro i civili.
I delegati dell’organizzazione hanno raccolto denunce di persone detenute in gran parte per motivi etnici o di affiliazione politica, le quali erano in carcere da mesi, senza poter incontrare familiari, medici e avvocati. Il rapporto documenta anche la distruzione, nel luglio 2012, del campo di profughi di Nahiby, che era sotto la protezione Onu, composto prevalentemente da appartenenti al gruppo etnico guéré, considerati sostenitori di Gbagbo. Secondo i dati contenuti nel rapporto, i morti sarebbero stati almeno 14, ma si ritiene che altri corpi siano stati gettati in pozzi e in fosse comuni.
“La Costa d’Avorio deve interrompere il cerchio vizioso di abusi e impunità. Nonostante le promesse, le autorità falliscono nell’istaurare uno Stato di diritto” ha dichiarato Gaëtan Mootoo, ricercatore per conto di Amnesty.
27 Febbraio 2013 12:00:00 
http://www.rinascita.eu/articolo_print.php?id_articolo=19329

 

L’INTRATTENIMENTO COME ARMA DA GUERRA

Di comidad del 28/02/2013 

In questi giorni i media ci hanno narrato di un evento epocale, di un terremoto elettorale, tantevvero che il parlamento è rimasto ingovernabile com’era prima. Le elezioni diventano l’occasione per una cavalcata tra i generi narrativi. C’è la fiaba di Pollicino che attraversa il bosco e passa dallo zero al 25% grazie solo alle mollichine di pane. Poi c’è la storia horror come va di moda adesso, senza risveglio dall’incubo, in cui il mostro (una specie di clown laido alla “It”) non muore mai e sembra spuntarla sempre, e non perchè lui sia furbo, ma perché gli altri appaiono inspiegabilmente paralizzati. Non sono mancati poi i siparietti comici, in cui ci si è spiegato che il PdL si è avvantaggiato delle televisioni, mentre l’M5S dell’uso di internet. Se ne può arguire che Bersani sarebbe ancora fermo ai segnali di fumo. 
Mentre le scadenze elettorali si rivelano sempre più come uno psicodramma d’intrattenimento, quello che invece dovrebbe costituire l’intrattenimento propriamente detto, cioè il cinema, dimostra di essere una fondamentale arma da guerra. Nello stesso momento in cui la Corea del Nord è stata fatta oggetto di nuove provocazioni statunitensi a causa di un presunto test nucleare, l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha deciso di assegnare il premio Oscar come miglior film ad uno spot di propaganda anti-iraniana, “Argo”. Il film è stato diretto da Ben Affleck, e da lui stesso prodotto, insieme con l’immancabile George Clooney, un attore che si era già segnalato per le sue provocazioni contro un altro “nemico” degli Stati Uniti, il Sudan, contro il quale lo stesso Clooney ha proposto nientemeno che una sorta di progetto di spionaggio satellitare.
A conferma di questo suo attivismo imperialistico, Clooney fa anche da testimonial per un’agenzia coloniale che imperversa da anni in Africa, la Fondazione Clinton, creata dall’omonimo ex presidente degli USA; quello stesso presidente che nel 1998 aveva fatto bombardare il Sudan. 
Il fatto che un agente provocatore della levatura di Clooney risieda praticamente in Italia, nelle sue tante ville sul Lago di Como, non costituisce un dato rassicurante per l’Italia, e neppure per il Lago di Como.
Già nel 2010 una pioggia di Oscar era stata assegnata al film “The Hurt Locker”, basato sulle vicende di un gruppo di artificieri dell’esercito USA in Iraq. Il film era incentrato su una storiella completamente campata in aria, a proposito di improbabili conflitti esistenziali di un artificiere americano; ma il tutto era solo l’occasione per presentare, con apparente casualità, una serie di esempi sulla barbarie del nemico. Ma i conflitti esistenziali fanno molto “sinistra”, quindi il film ha fatto breccia anche nell’opinione pacifista. 
Se oggi Hollywood ha ritenuto di sacrificare l’icona di Lincoln ad un episodio minore – e tutto da verificare – accaduto nel 1979 durante la crisi degli ostaggi a Teheran, ciò significa che le guerre passate sono narrativamente molto meno interessanti di quelle future. Insomma, per la propaganda bellica ad Hollywood si preparano nuovi tempi d’oro. 
La militarizzazione di Hollywood non è, ovviamente, un fatto recente. L’intrattenimento e la fiction sono infatti da sempre veicoli essenziali della propaganda coloniale. Nelle serie televisive statunitensi le battute contro l’Iran e la Corea del Nord sono collocate nei momenti più inaspettati e nelle occasioni più varie. Ciò non riguarda solo le serie più direttamente attinenti alla politica estera statunitense, ma anche le commedie e le detective story. In un telefilm di una serie apparentemente innocua come “Monk”, le disavventure di un pesce d’acquario sono diventate il pretesto per un elucubratissimo riferimento alla cattivissima dittatura nord-coreana. Lo stesso vale per la produzione documentaristica, nella quale si dà spazio a tutta un’aneddotica non verificata e non verificabile a proposito di nemici storici, o di turno, degli USA. 
Quando all’inizio degli anni 2000 la Francia e la Chiesa Cattolica si trovarono, per un certo lasso di tempo, in contrasto con la politica estera USA, anch’esse divennero bersagli della propaganda all’interno dell’intrattenimento; perciò nei film e telefilm i Francesi erano invariabilmente infidi e antipatici, ed i preti immancabilmente pedofili. Un film franco-belga di due anni fa, “Hitler a Hollywood”, ha posto un po’ all’attenzione quello che è stato il grado di importanza che la psicoguerra USA ha attribuito al monopolio dell’intrattenimento cinematografico, col conseguente boicottaggio della cinematografia europea. 
Chi scrive e produce film e serie televisive deve quindi dimostrare uno zelo instancabile per sorprendere ed aggirare il senso critico dello spettatore. Il target principale di questa propaganda è proprio il pubblico di opinione progressista, a cui viene presentata un’immagine di un nemico perennemente in conflitto non tanto con gli USA, quanto con i valori-cardine del sentimento di sinistra, dai diritti umani all’ambiente. Dopo i disastri comunicativi dell’era Bush, per la psicoguerra USA è diventato imperativo associare sempre più la guerra a valori positivi, trasformandola in un nuovo “politically correct”.


http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=533

 

Aumentano le perdite nel sito nucleare di Hanford

 

Alessandro De Pascale  

Le fuoriuscite di materiale radioattivo dai depositi dell’impianto Usa continuano, anzi «sono destinate ad aumentare», denuncia Nils Bøhmer, direttore generale della Bellona. Il quale avverte: «È ancora presto per escludere rischi per la popolazione». Cronaca del più grande progetto di bonifica atomica al mondo

 

Nemmeno un grande Paese come gli Stati Uniti è ancora riuscito a porre rimedio all’eredità nucleare. Lo dimostra il caso di Hanford. Nell’impianto che si trova nello Stato di Washington, sei vecchi serbatoi (sui 177 totali) da giorni continuano a rilasciare materiale ad alta radioattività nel terreno circostante. Nils Bøhmer, fisico nucleare nonché direttore generale della Bellona, la società americana che si occupa di decommissioning, ha ammesso oggi: «Siamo molto preoccupati, perché le perdite sono destinate ad aumentare». Aggiungendo inoltre che per escludere rischi per la salute della popolazione, «vanno ancora accertati il numero, l’entità e la durata nel tempo delle perdite». Al momento ancora sconosciuti.

Dentro il primo serbatoio che ha iniziato a rilasciare materiale radioattivo, il T-111 costruito nel 1943-44, oltre 1,6 milioni di litri di fanghi radioattivi. Ci sono poi il 177, per il quale i funzionari dello Stato di Washington stimano perdite tra 560 e 1.000 litri l’anno, e altri quattro serbatoio danneggiati che stanno creando rischi radiologici nelle falde sotterranee e nei fiumi. La richiesta principale delle autorità locali è l’immediato trasbordo dei rifiuti radioattivi che si trovano nei 149 vecchi serbatoi a fondo unico (che hanno abbondantemente superato i 20 anni d’età per i quali erano stati progettati), in altri depositi più moderni a doppio fondo. Un terzo dei 177 serbatoio presenti nell’impianto ha infatti già registrato perdite ma nessuna dai 20 a doppio fondo costruiti tra il 1977 e il 1986.

Il trasbordo dei rifiuti è un lavoro difficile, pericoloso e lento che costa 300 milioni di dollari l’anno. Colpa del mix letale di radioattività, sostanze chimiche pericolose e vapori tossici generati dalle reazioni chimiche, che avvengono all’interno delle vasche corrodendone le pareti. Tanto che i lavoratori, per proteggere la propria salute, chiedono l’uso di particolari robot non sempre disponibili o adoperati. Inoltre, si procede su un serbatoio alla volta. Da quando hanno iniziato questo lavoro, soltanto 7 dei 177 silos sono stati completati. Una corsa contro il tempo e l’usura che aumenta ogni giorno di più. Anche perché molti sono fatti di acciaio al carbonio, più economico ma meno robusto di quello inossidabile che era diventato difficile da trovare quando vennero costruiti durante la Seconda guerra mondiale. Per ovviare a questo problema, nel tentativo di immobilizzare il Ph nei serbatoi, così da ridurne la corrosione, è stata aggiunta ai rifiuti una gran quantità di altri prodotti chimici che ora li hanno resi molto più difficili da stabilizzare.

Il progetto di bonifica atomica a Hanford è il più grande in corso al mondo. Un lavoro colossale che si stima costerà 60 miliardi di dollari e durerà decenni. «Qui non fa paura il denaro – continua il fisico nucleare Bøhmer – perché le autorità hanno speso un sacco di tempo e fondi per bonificare il sito, ma il fatto che non stanno ottenendo buoni risultati». L’impianto di Hanford, entrato in funzione nel 1943 e chiuso definitivamente nel 1988, durante la Guerra fredda era uno dei tre principali al mondo (assieme a Sellafield in Gran Bretagna e Mayak in Russia) a produrre plutonio, anche tramite il “ricondizionamento” del combustibile nucleare esaurito. Nei suoi 45 anni di attività ha contribuito, tramite le 67 tonnellate di plutonio prodotte nell’ambito del Progetto Manhattan, alla realizzazione di 60mila armi nucleari, compresa quella sganciata sulla città giapponese di Nagasaki (1945).

Tutti gli impianti nucleari necessitano di enormi quantità d’acqua per il raffreddamento dei reattori. Non fa eccezione Hanford, costruito sulla riva del fiume Columbia. Con l’impianto in attività, questo corso d’acqua era diventato uno dei più caldi al mondo e portava a mare il suo carico letale. Già nel lontano 1964, lo Scripps Oceanographic Research Team aveva trovato l’isotopo radioattivo dello zinco (il 65 Zn) sopra i livelli normali di ben 8.000 volte, nei molluschi e nei calamari di Cannon Beach (Oregon), che dista quasi 600 chilometri dall’impianto. Stessa cosa nel Puget Sound, il canale marino che si sviluppa per 160 km lungo le coste dello Stato di Washington, dove sono stati trovati vari elementi radioattivi di Hanford. La parte del Columbia nei pressi dell’impianto oggi è protetto e fa parte dell’Hanford Reach National Monument, istituito nel 2000 dall’ex presidente Bill Clinton, poiché in quella zona del fiume risalgono ogni anno decine di migliaia di salmoni a deporre le uova.

Hanford resta però soprattutto il sito più contaminato degli Stati Uniti e dell’intero emisfero occidentale. Secondo uno studio del Blacksmith Institute, una ong che si batte contro l’inquinamento, sarebbe addirittura il decimo al mondo (al nono posto il Mare nostrum, a causa delle «40 navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi, scomparse nelle acque del Mediterraneo dal 1994»). I silos e le vasche di Hanford contengono infatti, in termine di volumi, due terzi delle scorie radioattive Usa: oltre 200 milioni di litri di rifiuti atomici liquidi e 25 milioni di metri cubi solidi (tra questi l’80 per cento delle barre di combustibile esaurito a stelle e strisce). Recenti stime ritengono che nell’area dell’impianto siano già fuoriusciti circa 4 milioni di litri di liquido radioattivo, che avrebbero contaminato 200 chilometri quadrati di acque sotterranee. Ma nonostante questo, il Dipartimento dell’energia Usa, che gestisce il sito, vorrebbe portare a Hanford altri 20 0mila metri cubi di rifiuti radioattivi, raddoppiandone la quantità stoccata. Un’operazione sicuramente più difficile ora che a ricordare l’allarme scorie, c’è stato quest’ennesimo incidente.

Fonte 

 

Terra real time

 

Karzai caccia le truppe speciali Usa

di: F.C.

Le forze speciali statunitensi, insieme a “gruppi armati illegali” creati dagli stessi statunitensi, sono responsabili di torture e uccisioni di civili che hanno provocato “terrore e risentimento” nella popolazione. Per questo motivo il governo di Kabul ha intimato agli Stati Uniti di ritirare le proprie truppe speciali dalla turbolenta provincia centrale di Wardak “entro due settimane”. Lo ha reso noto il portavoce del presidente Hamid Karzai, Aimal Faizi, riferendo dell’esito “della riunione del consiglio di sicurezza” di domenica scorsa.
“Dopo una approfondita e minuziosa discussione – si legge nel duro comunicato – è diventato chiarissimo che individui armati definiti forze speciali Usa sono coinvolti in stupri, molestie, torture e anche uccisioni di persone innocenti”. In particolare, secondo quanto specificato da Faizi alla Bbc, il problema principale sarebbe l’operato di “alcuni individui afgani che lavorano con queste cellule, all’interno dei gruppi delle forze speciali [Usa] e che ne sono parte integrante”. Secondo Kabul, questi “gruppi armati illegali creati dagli stessi statunitensi”, hanno contribuito a “provocare tra gli abitanti terrore, instabilità e, di conseguenza, odio e risentimento”.
Nel documento diffuso da Kabul vengono citati anche due esempi. Il primo riguarda nove abitanti della provincia che “sono stati catturati durante un’operazione condotta da queste forze speciali e non se ne è più saputo nulla”. Il secondo episodio riguarda “uno studente prelevato a casa sua e ritrovato due giorni dopo sgozzato sotto un ponte”. Alla luce di ciò, informa Faizi, “il presidente Karzai ha ordinato al ministro della Difesa di espellere le forze speciali statunitensi dalla provincia di Wardak entro le prossime due settimane”.
Da Washington hanno da un lato negato ogni coinvolgimento con l’operato di questi gruppi armati, dall’altro hanno precisato di “prendere molto sul serio ogni accusa di cattiva condotta” dei militari statunitensi. “Tuttavia – ha dichiarato un portavoce delle forze Usa – fino a quando non avremo la possibilità di parlare con alti funzionari [afgani] di questo problema non siamo in grado di fare ulteriori commenti”.

(25 Febbraio 2013)

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19280

 

Seppellire i morti

Fra i tanti aspetti interessanti, e degni di commento, di questa tornata elettorale, vi è il risultato della lista di Ingroia, che non riesce ad entrare in Parlamento. Come ha già detto Fabrizio, ne siamo davvero contenti. E’ da tempo ormai che giudichiamo la cosiddetta “sinistra radicale” nient’altro che un fattore di confusione, di oscuramento della realtà, di ostacolo alla costruzione di una vera opposizione. Si tratta in sostanza di piccoli frammenti di ceto politico che devono necessariamente allearsi col centrosinistra per avere posti e cariche, il che è tutto ciò a cui si riduce il loro fare politica. E poiché l’alleanza col centrosinistra, in un modo o nell’altro, non può essere realmente messa in discussione, essi devono in sostanza oscurare la verità di ciò che è il centrosinistra oggi.

 Sta in questo la profonda negatività di tutte queste realtà, politiche e non (pensiamo al “Manifesto” giornale): devono nascondere la realtà, impedire che il proprio “popolo” capisca. Ma se non si capisce come stanno le cose, se non si ha una percezione corretta dalla realtà, è difficile difendersi dai pericoli. Questi “comunisti” hanno quindi dato il loro contributo a far sì che il popolo italiano subisse indifeso gli attacchi di questi anni. E’ questa la profonda responsabilità politica di questa gente. Si tratta di una responsabilità molto grave, che deve essere pagata con la dissoluzione e la scomparsa politica.
Se si avessero ancora dei dubbi sulla natura di queste realtà politiche, bastano a fugarli alcune frasi, pronunciate da Ingroia dopo che la sconfitta era divenuta evidente:

“Ritengo che, come si fa nei paesi civili, i capi delle coalizioni che perdono dovrebbero dimettersi”. E ancora: “Il centrosinistra ha perso: o ha consegnato il Paese al centrodestra o lo ha consegnato all’ingovernabilità”, ha detto il capolista di Rivoluzione Civile. “Il centrosinistra e il leader del Pd, Bersani, hanno avuto un’opportunità di confronto e dialogo con noi, ma non c’è stata alcuna risposta: a conti fatti se Bersani avesse aperto a noi avrebbe vinto al Senato, questi sono risultati che portano la responsabilità di chi ha fatto queste scelte”

A parte il fatto che suona un po’ strano che il leader di un movimento politico sconfitto alle elezioni chieda le dimissioni del leader di un altro movimento politico, è chiarissimo il senso delle parole di Ingroia: lui e i suoi capetti di partito erano prontissimi ad un’alleanza col PD, in un modo o nell’altro, e non l’hanno fatta solo perché il PD non li ha voluti. E Ingroia rimprovera Bersani perché in questo modo non si è riusciti a fare la solita operazione tipica della sinistra radicale, cioè appunto quella di prendere i voti di chi si sente critico nei confronti del sistema per portarli a vantaggio del sistema: se Bersani avesse aperto a noi avrebbe vinto al Senato. Vero o falso che sia, il punto è che questo era ciò che Ingroia e i suoi volevano fare, e ciò che hanno sempre fatto Rifondazione e i Comunisti Italiani: far vincere il PD, cioè il partito che da decenni ambisce ad essere lo strumento principale dei poteri reali nazionali e internazionali, il mezzo privilegiato per il massacro sociale che questi ultimi chiedono imperiosamente.
E’ mia modesta opinione che la storia del PCI non meritasse questa fine ingloriosa. Si tratta di una storia vera e grande, piena di errori e di tragedie ma anche di eroismi e grandezze. Ma non siamo qui adesso per discutere di questo. Semplicemente, è ignobile vedere come una genia di piccoli politicanti di scarso valore si sia appropriata di questa storia e dei suoi simboli per usarli come merce di scambio in un sordido mercato. Il PCI meritava degli esecutori testamentari più degni dei Diliberto. In ogni caso, questa storia è davvero finita. Il “comunismo italiano” è morto, e chi sente che in quella storia c’è stato qualcosa di importante per questo paese dovrebbe pensare a difenderne la memoria con lo studio e la ricerca storica, non a fondare partitini.
 Diliberto qualche tempo fa ha dichiarato che se non fossero riusciti a rientrare in Parlam ento, lui e i suoi sarebbero stati consegnati “all’inesistenza”. Speriamo davvero che abbia ragione.

(M.B.)


http://il-main-stream.blogspot.it/2013/02/seppellire-i-morti.html

 

Perché chiuderete, senza rimpianti

 Mi invitano a guardare un video. La notizia è scandalosa: una prossima senatrice del Movimento Cinque Stelle non saprebbe il numero esatto dei componenti della camera alta. Una notizia da prima pagina del Corriere Online. Sono poco incline, lo confesso, a perdere tempo dietro a questo genere di scoop, ma non posso esimermi perché mi fanno pressione. Così guardo. Ebbene sì. E’ assolutamente vergognoso: la prossima senatrice “grillina” non sa il numero esatto dei senatori. Abbordata dalle facezie e dallo spessore giornalistico del duo di “Un giorno da Pecora”, alla fine la poveretta capitola: saranno 5/600 alla Camera e sui 300 al Senato. Il video si interrompe subito dopo. Cosa avrà aggiunto, ancora, la malcapitata? Non è dato saperlo. Tanto ormai la frittata è fatta, la tesi è dimostrata: il Movimento Cinque Stelle è fatto di ignoranti .

 Confesso di non saperlo con esattezza neppure io. E’ importante? Per queste minchiate c’è la rete e c’è Wikipedia. Non è più l’era di mandare a memoria le poesie a scuola: anche quel metodo pedagogico è stato abbandonato. Per di più, alla Camera ci sono 630 deputati e al Senato 315. La malcapitata ha detto perfino bene! Ma non ha azzeccato la virgola: questa è una notiza bomba. Il Corriere non poteva esimersi dallo sputtanarla. Stiamo scherzando?

 Peccato che, per una futura senatrice che non si ricorda quanti senatori esattamente siedano a Palazzo Madama, ci sono parlamentari eletti e rieletti or ora dal PDL che non sanno neppure parlare l’italiano, come Antonio Razzi (ascoltare per credere). Ma, peggio ancora, sarebbe bastato seguire un qualsiasi servizio delle Iene, o uno dei mille reportage di Monica Raucci a L’Ultima Parola, per rendersi conto che quelli che purtroppo non sono ancora andati a casa tutti, in massima parte non sapevano neppure cosa avevano votato dieci minuti prima, come tutti i “premitori di tasti” che hanno ratificato il Trattato di Lisbona e più recentemente il fondo salva stati, che ci ha impiccati mani e piedi indebitandoci per centinaia di miliardi, ma che – a domanda risponda –  non sapevano neppure cosa fosse! E potrei continuare per ore, descrivendo i com portamenti criminali che i burattini delle lobby, interessati solo alla poltona e alla pensione, hanno posto in essere nel tempio della democrazia, giocando con le nostre vite e trascinandoci nel letame.

 Il Corriere della Sera non ha trovato neppure lo spazio di una breve per porre all’attenzione dell’opinione pubblica uno che urlava alla luna raccontando per mesi, urbi et orbi, cosa fosse il MES e perché non dovevamo firmare. Neppure per dire: “guardate cosa racconta questo scemo”. E quello scemo raccontava cose che perfino la Corte Costituzionale tedesca, in seguito, ha sottolineato con fermezza. Però, in quella serie interminabile di video-banalità che infilano nella loro striscia verticale, direttamente sulla home page del primo quotidiano nazionale, una super redazione di geni da premio Pulitzer non ha trovato di meglio che buttarsi a pesce su una non-notizia come quella della futura senatrice che non ricorda il numero esatto di senatori.

 Ecco perché, mi dispiace, ma se fosse per me se ne dovrebbero andare a casa tutti. Anche loro. Domani mattina. Ecco perché ce li manderà il mercato: perché non hanno la spina dorsale per alzarsi, sbattere i pugni su una scrivania e dire: “Eh no, basta cazzo! Non ho studiato giornalismo per pubblicare questa merda” (ed ecco perché bisogna stare alla larga da questa gente).

 Mi scuso per il linguaggio, ma non me ne viene un altro.

“La crisi aumenta le tensioni sociali” L’allarme degli 007: possibili attentati

“Qualcosa mi dice che l’iperattiva-monodirezionale Procura di Torino stia per farci arrivare qualche sorpresa, se questi segnali hanno un senso è sicuramente in quella direzione…”

 

DA: LA STAMPA – CRONACHE

28/02/2013

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Una manifestazione anarchica contro gli sfratti (Foto Reporters)

La relazione dei servizi segreti al Parlamento: la minaccia anarco-insurrezionalista rimane estesa e multiforme

«Forme estemporanee di protesta, anche eclatanti, potranno trovare spazio in situazioni di crisi occupazionale al fine di richiamare la massima attenzione mediatica e politica sulle problematiche in atto». È la speciale attenzione che segnala la Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza, coordinata dal Dis, diretto da Giampiero Massolo. Sul piano sociale, spiega la Relazione annuale del comparto intelligence, «la strumentalizzazione del disagio in chiave di contrapposizione radicale allo Stato non appare in grado di conferire nuova capacità di attrazione a progetti eversivi di ispirazione brigatista, avulsi dalla società ancorché tuttora perseguiti da ristretti circuiti estremisti». «Altra -avvertono i Servizi- è la potenzialità dell’eversione di matrice anarco-insurrezionalista, il cui “aggancio” alle tematiche di attualità risulta funzionale a più generali strategie antisistema e all’obiettivo di infiltrare occasioni di protesta e di lotta, come la mobilitazione No Tav».  

 

Per quanto riguarda l’eversione anarco-insurrezionalista, segnala ancora la Relazione del comparto intelligence, il ferimento dell’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare, a Genova il 7 maggio scorso, «ha testimoniato l’innalzamento del livello della minaccia» portata dalle formazioni clandestine aderenti alla FAI-Federazione Anarchica Informale. La risposta dello Stato si è concretizzata durante l’anno «in diverse operazioni di polizia giudiziaria nei confronti di realtà di settore, con l’arresto di numerosi attivisti anarco-insurrezionalisti, ivi compresi i militanti considerati responsabili dell’attentato di Genova».  

 

Si registra «da allora, una stasi operativa della FAI (con l’eccezione di due azioni di scarso rilievo compiute a luglio ai danni di Istituti di credito di una cittadina laziale) con tutta probabilità ascrivibile alla necessità, per gli “affini” a quella progettualità terroristica, di non evidenziarsi in una fase di accentuata pressione investigativa». In considerazione tuttavia delle caratteristiche proprie dell’area, tradizionalmente non omogenea e aperta all’adozione di strategie di lotta diversificate, «si ritiene che la minaccia rimanga potenzialmente estesa e multiforme, suscettibile di tradursi in una gamma di interventi».  

 

Eventualità, segnala l’intelligence, «che può comprendere sia attentati “spettacolari” potenzialmente lesivi come quelli tradizionalmente messi in atto dai gruppi FAI, sia iniziative di non elevato spessore ad opera di altre sigle eventualmente emergenti, non dotate delle medesime capacità tecnico-operative, come anche attacchi non rivendicati, in linea con la visione classica dell’anarco-insurrezionalismo che individua nel compimento stesso del gesto e nella scelta dell’obiettivo la “riconoscibilità della matrice”.  

 

«Ulteriori fronti di lotta -segnala ancora la Relazione del comparto intelligence- potrebbero inoltre essere aperti, in relazione all’eventuale diffondersi di tensioni e proteste connesse alla crisi economica, contro le riforme del welfare e del lavoro, oppure, in un’ottica anticapitalista, contro le molteplici espressioni della “società del benessere” e del consumismo». Senza trascurarne altri «di rinnovata, crescente attualità, come l’antifascismo, che esprime il timore di un rafforzamento dei movimenti di estrema destra». Tematica, quest’ultima, cui sembra ricondursi l’attentato compiuto ai primi di dicembre ad Atene contro una sede di Alba Dorata, rivendicato a nome del Fronte Antifascista – Federazione Anarchica Informale/ Fronte Rivoluzionario Internazionale.  

Risposta alla piddina Viola del partito dei pirati

Cara Viola di Firenze,

ti ringrazio per la tua petizione che il giornale di De Benedetti ha prontamente provveduto a rilanciare nel titolo di apertura in prima pagina, come fa regolarmente con tutte le petizioni di tutti i ventiquattrenni d’Italia.

Tu chiedi al Movimento 5 Stelle di sostenere un governo che faccia una decina di cose: la riforma elettorale, la legge sul conflitto di interessi, il reddito di cittadinanza, la cancellazione dei rimborsi elettorali… Noi le condividiamo, dunque se venissero presentate in Parlamento, seriamente e senza trucchi, le voteremmo; anzi le presenteremmo noi per primi.

Il problema, però, è che non le condivide Bersani. Ti ricordi quando gridava (vabbe’, dai: rantolava) che il reddito di cittadinanza era una promessa populista e insostenibile? E che i rimborsi elettorali sono essenziali per la democrazia? E la riforma elettorale, la legge sul conflitto di interessi, perché non le ha fatte quando governava?

Secondo te, veramente il PD dopo le elezioni ha avuto una crisi di coscienza ed è diventato buono, e ha deciso che improvvisamente voleva aiutare i “grillini” a realizzare il loro programma di stravolgimento dell’Italia, andando contro gli interessi che lo sostengono da anni? Per crederci, bisogna essere veramente ingenui o molto piddini.

Se per il Paese è necessario un governo che porti avanti il programma del M5S, una strada c’è: far fare il governo al M5S, e che siano gli altri a dargli fiducia. Ma se questa strada ti pare eccessiva, ce n’è ancora un’altra: un governo di persone super partes (ma veramente, non come Monti & c.) che si proponga con quel programma lì. Ma persino se dovessero fare il governo PD-PDL con relativa fiducia, basta che proponga quelle cose lì e noi le voteremo: non è che perché fanno il governo col PDL allora non possono più portare avanti questi punti, se veramente li vogliono fare.

Quello che non puoi pensare, invece, è che il Movimento 5 Stelle possa promuovere la nascita di un governo di Bersani e di Monti (son già talmente alleati che manco c’è bisogno di dirlo), con ministri tipo Enrico Letta e Rosy Bindi, per poi magari vedere questo governo far passare ogni genere di porcata senza nemmeno transitare dal Parlamento, a botte di decreti e di sottogoverno, costringendoci nel frattempo a tenerlo vivo per completare riforme che “casualmente” si impantanerebbero esattamente come si sono impantanati il taglio degli stipendi dei parlamentari e l’abolizione delle province durante il precedente governo Monti-Bersani.

Quindi ti ringrazio per la tua proposta e ti rassicuro che noi la porteremo avanti senz’altro, ma che non siamo così ingenui da pensare che improvvisamente gli stessi che hanno rovinato l’Italia muoiano dalla voglia di cambiarla. E per favore, dì a Pierlu Smacchiagiaguari che la smetta di dire “venite a dirmelo in Parlamento” e di rivolgersi direttamente ai nostri neoparlamentari cercando di convincerli a votare la fiducia (magari in cambio di un ministero), che magari il pirla che ci casca lo trova pure, ma in generale come tentativo di spaccarci è piuttosto patetico.

Con stima,



http://bertola.eu/nearatree/2013/02/cara-viola-di-firenze/