ANCORA SUICIDI PER LA CRISI: IMPRENDITORE SI TOGLIE LA VITA PER I DEBITI A MESSINA

Martedì 19 Marzo 2013 – 10:17

MESSINA – Tragedia a Messina. Un piccolo imprenditore di 45 anni, depresso per i debiti che non riusciva a pagare, si è ucciso lanciandosi da un viadotto lungo la tangenziale A20 Messina-Palermo. L’uomo proprietario di una pizzeria nel centro della città dello Stretto, ha fermato lo scooter, ha scavalcato il guardrail e si è buttato nel vuoto, facendo un volo di 50 metri.

http://www.leggo.it/news/cronaca/ancora_suicidi_per_la_crisi_imprenditore_si_toglie_la_vita_per_i_debiti_a_messina/notizie/219604.shtml

Siria, L’UE è costernata per il deterioramento della situazione

Sul sito della Farnesina 

http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Approfondimenti/2013/02/20130218_Siria_UE.htm

viene riportata la notizia che


<<L’Unione europea ha deciso di rinnovare per tre mesi le sanzioni al regime di Damasco, con un allentamento dell’embargo sulle armi.>>


Allentamento dell’embargo sulle armi?

<<L’UE – si legge nelle conclusioni – è “costernata per il deterioramento della situazione in Siria e per i livelli inaccettabili di violenza, che continuano a causare sofferenza a milioni di siriani>>

Se c’ è una guerra civile e si fornisce sostegno militare a una delle due parti, si riduce o si aumenta il conflitto? Si sta lavorando per la pace o per la guerra?

 


Lavorano a rendere più forte militarmente l’opposizione armata, però sono costernati per il deterioramento della situazione!

Sul sito http://www.disarmo.org/rete/a/37824.html


si legge che il ministro Terzi 


<<Ha dichiarato inoltre che all’incontro del “Gruppo di alto livello sulla Siria” a Roma, l’Italia e i Paesi europei proporranno agli Stati Uniti che gli aiuti militari “non letali” vengano estesi fino a comprendere anche l’assistenza tecnica, l’addestramento e la formazione, in modo da “consolidare l’azione della coalizione”.>>


Va da sè che se uno supporta i gruppi dell’opposizione armata addestrandoli e formandoli al combattimento, il risultato non può essere una maggiore pace in Siria.


Oh ma sono costernati per il deterioramento della situazione e per i livelli inaccettabili di violenza.


Oh.


Intanto…


La Francia e la Gran Bretagna sono pronte ad armare le opposizioni Siriane (che l’UE sia d’accordo o no) nonostante che, come il ministro degli esteri russo ha ricordato, ciò sia una violazione del diritto internazionale.

http://www.washingtonpost.com/world/france-like-britain-urges-arms-sales-to-syrian-rebels/2013/03/14/aa33e0ec-8c8e-11e2-b63f-f53fb9f2fcb4_story.html

http://rt.com/news/uk-france-arm-syria-250/


http://rt.com/news/syria-opposition-illegal-law-216/


Vedi anche


http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1340

I saggi consigli del Financial Times: “In Italia razionale ritirare i soldi dalle banche”

Times: “In Italia razionale ritirare i soldi dalle banche”

Di Stefano Bassi

Mentre su Monte dei Pacchi già sappiamo…e dunque stendiamo un velo pietoso

(a proposito…come previsto stanno insabbiando le componenti più “scomode” dello scandalo ovvero la responsabilità di Draghi/Bankitalia e dei vertici del PD…)

Mentre anche le nostre Banche considerate più inossidabili si stanno avvicinando sempre più al livello di “junk” (spazzatura)

Crisi: Fitch declassa quattro banche italiane

Il rating di UniCredit e Intesa Sanpaolo è stato tagliato a “BBB+”.

Mentre il nostro sistema bancario “più solido degli altri” (così ci raccontano da sempre fonti bancarie e giornali a libro paga…) avrebbe circa 135 miliardi di sofferenze (quelle ufficiali…)

tanto che, con la Recessione che continua senza interruzione, si inizia a parlare di una Bad Bank italiana nella quale infilare tutti i crediti spazzatura….

leggi Cari banchieri, sicuri che non serva una bad bank?

Il ben noto editorialista del Financial Times Wolfgang Münchau in un suo articolosi domanda come sia possibile che i risparmiatori dei Paesi PIIGS – Italia compresa – ancora non abbiano ritirato i propri soldi dalle banche.Infatti, soprattutto dopo la “rapina cipriota, sarebbe il comportamento più razionalenei confronti dei propri risparmi………

La cosa davvero sconcertante è perché la gente a Cipro non abbia ritirato i propri soldi prima? 

Non hanno letto i giornali? 

Forse avevano fiducia nel nuovo presidente di Cipro, che aveva promesso che mai, avrebbe accettato questo diktat europeo? 

E perché non ancora c’è stata una corsa alle banche negli altri paesi dell’Europa meridionale? 

Forse anche loro si fidano dei loro governi? 

Ancora più importante, continuano a farlo ora?

Ci sono alcuni impedimenti istituzionali all’interno della zona euro. 

Alcuni paesi impongono limiti di prelievo giornalieri, ufficialmente come misura contro il riciclaggio di denaro. 

Né è facile aprire un conto bancario in un paese straniero. In molti casi, è necessario avere la residenza.

Ma non farei troppo affidamento su tali impedimenti. 

Una volta che la paura raggiunge una massa critica, la gente agisce, e quindi una corsa agli sportelli diventa un processo di auto-alimenta. 

C’è stato un sacco di rilassamento sulla crisi della zona euro negli ultimi otto mesi.

Molte persone, hanno pensato – erroneamcne – che la crisi fosse finita.

I risparmiatori ora capiscono che, se la crisi era finita, era solo perché la zona euro aveva trovato una nuova fonte di finanziamento: i loro risparmi….

Non ho idea se ci sarà una corsa agli sportelli nelle prossime settimane. 

Ma sicuramente sarebbe razionale.

E Münchau rincara la dose in un articolo su Der Spiegel 

Münchau: per difendere l’Euro presto serviranno i panzer…I Ministri delle Finanze europei hanno deciso di espropriare i clienti delle banche cipriote – questa decisione è il peggiore degli incidenti possibili all’interno dell’unione monetaria. Chi continua ad affidare i propri risparmi ad una banca sud-europea, deve essere alquanto ingenuo……..Con la decisione di far pagare prima di tutto i piccoli risparmiatori ciprioti, i Ministri delle Finanze europei ci hanno riportato nella fase acuta della crisi Euro. Perché ora i risparmiatori, non solo a Cipro ma in tutto il sud-Europa, cercheranno in ogni modo di mettere i loro risparmi fuori dalla portata degli stati. Ulteriori espropri forzati sono una certezza. La minaccia è concreta anche in Spagna e Italia. L’assalto alle banche è iniziato………Io credo che da qui a mercoledi si raggiungerà un accordo su una franchigia oppure le cifre saranno riviste, in modo da avere il voto favorevole del parlamento di Nicosia. Il danno pero’ è già stato fatto. Il mondo intero sa che i Ministri delle Finanze europei non hanno alcun problema nell’aggirare l’assicurazione sui depositi………Reazione a catena, dopo Cipro, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e poi l’Italia. Le banche sono in difficoltà anche in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Questi stati sono troppo deboli per garantire l’assicurazione sui depositi in maniera credibile. In Spagna già si parla di una partecipazione dei piccoli risparmiatori. Alla prossima opportunità si tirerà fuori dal cassetto il modello Cipro e si chiederà ai risparmiatori di passare alla cassa. Chi non ritira il proprio denaro dalle banche sud-europee, è davvero un ingenuo. ….. 

 

Fonte:http://www.ilgrandebluff.info/2013/03/i-saggi-consigli-del-financial-times-in.html

 

Siria, l’Occidente affila le armi

di Michele Paris

 La settimana appena iniziata dovrebbe finalmente segnare la nascita di un governo parallelo in Siria guidato dai leader dell’opposizione ufficiale al regime di Bashar al-Assad e al servizio dell’Occidente. Gli ennesimi negoziati per raggiungere un punto d’incontro tra le varie fazioni “ribelli” si sono aperti lunedì a Istanbul, anche se le divisioni al loro interno sul modo migliore per ottenere una maggiore assistenza economica e militare dagli sponsor stranieri minacciano ancora una volta di far saltare un possibile cruciale accordo da presentare alla comunità internazionale.

 A produrre la principale frattura all’interno della cosiddetta Coalizione Nazionale delle Forze della Rivoluzione Siriana e dell’Opposizione era stato l’attuale presidente, l’ex imam sunnita e già funzionario della Shell, Moaz al-Khatib. Quest’ultimo, infatti, da qualche tempo ha aperto uno spiraglio di dialogo con le forze del regime, riflettendo l’auspicio di svariati governi occidentali di raggiungere una qualche soluzione politica del conflitto con il consenso della Russia, uno dei pochi alleati rimasti al presidente siriano Assad.

 A questo proposito, Khatib starebbe continuando nel suo sforzo di convincere alcuni esponenti della cerchia di potere di Assad ad accettare l’ingresso in un nuovo governo di transizione con i membri dell’opposizione. In molti all’interno della Coalizione e sul campo in Siria si oppongono però a queste aperture, soprattutto tra coloro che fanno riferimento a gruppi islamisti legati alle dittature sunnite del Golfo Persico (Arabia Saudita, Qatar), i quali non intendono abbandonare la lotta armata fino alla rimozione del regime alauita (sciita) di Damasco.

 La necessità di avere ancora del tempo a disposizione per provare a formare un gabinetto che includa uomini vicini ad Assad era stato il motivo del rinvio voluto da Khatib del vertice dell’opposizione in programma già un paio di settimane fa. Il presidente della Coalizione, però, sembra avere infine ceduto alle pressioni e avrebbe dato ora il suo assenso alla nomina di un esecutivo provvisorio guidato da un primo ministro scelto dai 73 membri del gruppo di cui è a capo.

 


Questo passo è d’altra parte considerato fondamentale per i ribelli, poiché aprirebbe la strada al riconoscimento formale da parte dell’Occidente. I governi di Washington, Londra e Parigi, infatti, hanno bisogno di presentare all’opinione pubblica internazionale l’immagine di un’opposizione non solo unita ma anche organizzata in modo tale da essere teoricamente in grado di fornire adeguati servizi alla popolazione nelle aree della Siria strappate al controllo governativo. In questo modo, le tenui resistenze alla fornitura di armamenti ai ribelli manifestate da alcuni paesi occidentali verrebbero con ogni prob abilità superate.

 Questa strategia appare tuttavia sempre più come una manovra di facciata, dal momento che l’autorità sul campo della Coalizione – formata principalmente da islamisti legati ai Fratelli Musulmani, dissidenti screditati in esilio e uomini a libro paga dei servizi segreti occidentali – rimane quasi nulla, in particolare sui gruppi terroristi islamici come il Fronte al-Nusra che continuano ad essere utilizzati come avanguardie nella guerra contro le forze del regime. Come ha scritto domenica il Wall Street Journal, infatti, “i guerriglieri ribelli rifiutano sempre più l’autorità dei membri dell’opposizione, soprattutto di quelli che si trovano all’estero. Le fazioni islamiste, in particolare, stanno già creando proprie strutture politiche”, verosimilmente all’insegna del settarismo sunnita.

 Qualsiasi governo dovesse uscire dal vertice di Istanbul superando le divisioni interne, in ogni caso, non sarebbe altro che un rappresenta nte dei governi occidentali che intendono promuovere i propri interessi nella Siria del dopo Assad, a cominciare dagli Stati Uniti, i quali avevano patrocinato la creazione della stessa Coalizione Nazionale lo scorso novembre in un hotel di lusso a Doha, in Qatar, per rimpiazzare l’ormai screditato e inefficace Consiglio Nazionale Siriano.

 Dopo due anni di guerra, i ribelli controllano un’ampia sezione di territorio siriano nel nord del paese al confine con la Turchia, un’altra porzione di territorio a est vicino all’Iraq e buona parte della città più popolosa, Aleppo, e di Raqqa, capoluogo dell’omonimo distretto settentrionale. Inoltre, in seguito a scontri con le forze di sicurezza del regime, i ribelli hanno anche messo le mani su alcune località meridionali nei pressi delle Alture del Golan occupate da Israele, tra cui, secondo quanto riportato in questi giorni dai media internazionale, un complesso dell’intelligence militare sull’altopiano di Haw ran conquistato domenica scorsa.

 


L’impegno in quest’area dell’opposizione armata, la quale recentemente ha anche preso in ostaggio e poi rilasciato alcuni caschi blu filippini dispiegati nelle Alture del Golan, ha già provocato tensioni tra Damasco e Tel Aviv
ed è tutt’altro che da escludere che le provocazioni dei ribelli intendano produrre una reazione da parte di Israele per aprire un nuovo fronte in cui impegnare l’esercito regolare.

Gli sforzi per la creazione di un governo provvisorio vanno di pari passo con quelli messi in atto in questi giorni dai governi di Francia e Gran Bretagna per convincere gli altri membri dell’Unione Europea a cancellare l’embargo sul trasferimento di armi in Siria attualmente in vigore. Parigi e Londra hanno fatto sapere nel corso del summit di Bruxelles della settimana scorsa di essere pronti a prendere pr ovvedimenti unilaterali nel caso a fine maggio l’UE dovesse prolungare nuovamente l’embargo per entrambe le parti impegnate nel conflitto.

Particolarmente assurdo è stato il discorso a sostegno della fornitura diretta di armi all’opposizione siriana fatto dal primo ministro britannico, David Cameron. Secondo quest’ultimo, pur essendo “una soluzione politica e non militare” ciò che serve in Siria, essa sarebbe più probabile se le forze democratiche dell’opposizione fossero rafforzate, cioè se venissero rifornite di armi letali.

In altre parole, il premier conservatore ha affermato di auspicare una soluzione politica, e quindi pacifica, per la crisi siriana promuovendo al contempo un flusso di armi nel paese che farebbe aumentare ulteriormente un livello di violenza già drammatico. Armi, oltretutto, che andrebbero a finire in buona parte nelle mani di gruppi estremisti già responsabili di innumerevoli stragi di civili e non esattamente disponibili ad un accordo politico per porre fine al conflitto.

A guidare i contrari all’abrogazione dell’embargo sono per ora i governi di Germania e dei paesi scandinavi. Berlino, in particolare, teme che un aggravarsi del conflitto potrebbe portare al precipitare della situazione in Siria, provocando un muro contro muro tra l’Occidente e la Russia, con la quale il governo tedesco non intende guastare la fruttuosa cooperazione economica ed energetica che lega i due paesi.

 


Nel fine settimana, poi, alcuni giornali hanno riportato quelle che sarebbero le perplessità di molti diplomatici occidentali e arabi nei confronti della posizione ancora relativamente attendista di Washington, da dove l’amministrazione Obama continua ad opporsi alla fornitura diretta di armi ai ribelli. Le dichiarazioni quasi sempre anonime raccolte servono però più che altro a confondere le idee e a mascherare una realtà nella quale gli Stati Uniti sono da tempo in prima linea nella campagna internazionale per rimuovere Assad.

Se pure a livello ufficiale hanno finora stanziato denaro solo a fini “umanitari” e fornito ai ribelli materiale “non letale”, gli USA, tra l’altro, hanno assunto la direzione del traffico di armi dirette in Siria e provenienti da Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, così come hanno inviato unità speciali della CIA in Giordania per addestrare centinaia di guerriglieri da impiegare nella guerra contro Assad.

La politica sconsiderata così perseguita dagli Stati Uniti e dai loro alleati in Siria, e le conseguenze ancora più pesanti che attendono questo paese, è riconosciuta indirettamente anche da personaggi di spicco come il generale James Mattis, numero uno del Comando Centrale americano che include le forze armate stanziate in Medio Oriente. Secondo l’alto ufficiale statunitense, infatti, la caduta di Assad “non rappresenterà la fine [della crisi in Siria], bensì creerà le condizioni per la continuazione del conflitto settario nel paese e probabilmente nell’intera regione”.

Il generale Mattis ha poi aggiunto, nel corso di una recente audizione al Senato USA, che il crollo del regime di Damasco spingerebbe l’Iran ad intensificare il proprio impegno a favore delle milizie sciite armate in Siria per creare una situazione simile a quella del Libano con Hezbollah ma anche ad intensificare gli sforzi per aumentare la propria influenza in Iraq, in Bahrain, in Yemen e altrove.

Uno scenario del tutto probabile quello dipinto dal generale americano, ma che, oltre a rivelare ancora una volta la vera natura degli interessi strategici in gioco nella crisi siriana, manca di evidenziare come una simile reazione da parte di Teheran non sarebbe altro che l’inevitabile risposta al disegno occidentale e arabo-sunnita volto ad isolare la R epubblica Islamica sciita, eliminando l’alleato Assad attraverso l’appoggio garantito a gruppi armati profondamente reazionari presentati in maniera instancabile all’opinione pubblica internazionale come veri e propri campioni di progresso e democrazia.

http://www.altrenotizie.org/esteri/5389-siria-loccidente-affila-le-armi.h

CIPRO ED IL PRELIEVO FORZOSO: QUESTIONI DI GEOPOLITICA ?

Postato il Martedì, 19 marzo @ 11:35:00 CDT di davide

 

 

 

DI RICCARDO ACHILLI
bentornatabandierarossa.blogspot.it


Come noto, la Ue ha erogato 10 miliardi di aiuti per risanare l’economia cipriota, affetta da squilibri finanziari in pericolosa crescita (il rapporto fra deficit e PIL è del 6,3% nel 2011, ed accelera notevolmente un rapporto debito pubblico/PIL ancora solido, pari all’84% a settembre 2012, che però con i 10 miliardi di aiuti balzerà a più del 100% in un colpo solo) ma soprattutto da un sistema bancario indebolito dalla forte esposizione con Paesi in crisi come la Grecia, che ha risentito dei vari haircut che il governo greco ha dovuto imporre ai propri creditori esteri, e dal fortissimo, e sempre meno solvibile, debito privato dei residenti.

La situazione del sistema bancario cipriota è in effetti in bilico, seppur ancora equilibrata: a fronte di 58,8 miliardi di capitale e riserve, e di 107,2 miliardi di depositi, le banche dell’isola hanno in essere 104,1 miliardi di prestiti, 1,7 miliardi di debiti obbligazionari e 37,4 miliardi di altri debiti. Le banche cipriote detengono in pancia 12,5 miliardi di titoli, dei quali 1,4 sono pericolosissimi titoli del debito pubblico greco, praticamente spazzatura, cui vanno aggiunti 2,2 miliardi di prestiti a soggetti non finanziari greci (essenzialmente imprese) di difficilissima recuperabilità, che vanno ad aggiungersi alle perdite già subite sulla Grecia da parte delle banche di Cipro. Di conseguenza, il rapporto fra capitale, riserve e depositi, da un lato, ed impieghi, debiti di vario genere e titoli-spazzatura detenuti, dall’altro, è quasi di 1 a 1 (1,15), un valore ancora equilibrato ma che segnala comunque alcune tensioni. Circa 3,6 miliardi di attività nei confronti della Grecia possono già considerarsi sofferenze [1].
I 5 più importanti affidati del sistema bancario cipriota, nel 2011, detengono il 61,5% del totale del credito erogato, a fronte, ad esempio, del 39,5% in Italia o del 48,3% in Francia, o ancora del 44,1% in Gran Bretagna. Ciò significa che se anche solo uno di questi 5 grandi affidati fallisce, il sistema creditizio cipriota fa la fine dell’omerica Troia.
Di fronte a tale situazione, vi è un debito privato elevatissimo: il debito delle famiglie cipriote è pari al 170,9% del reddito disponibile lordo, a fronte di una media del 99,8% per l’area-euro nel suo insieme; il debito delle imprese non finanziarie è pari al 156% del PIL, a fronte del 103,8% della media dell’area-euro. Questa condizione di elevatissimo debito privato, in una fase in cui l’economia decelera, per cui il PIL nazionale è in costante diminuzione da giugno 2011 ad oggi, e nel 2012 ha accusato un calo, in termini reali, del 3,3%, è una vera e propria bomba ad orologeria per il sistema bancario dell’isola, perché, non generandosi risorse aggiuntive per ripagare il debito, l’elevatissima esposizione di famiglie ed imprese rischia di tradursi in una catena di insolvenze tale da mettere in ginocchio l’intero sistema.

Di fronte a questa situazione delicatissima, cosa fa la Ue? Chiede di attuare un prelievo forzoso sui depositi bancari! Una medicina che finirà di uccidere il malato, anziché risanarlo. E qui la questione di essere favorevoli o meno ad una imposizione patrimoniale non ha niente a che vedere. Qui il punto fondamentale è vedere se, nella specifica situazione, il rimedio imposto può guarire il male, o se viceversa lo peggiora.
Il prelievo sui depositi, infatti, peggiora il già delicato rapporto fra disponibilità ed erogazioni, ed aumenta il rischio di insolvenza di numerosi piccoli affidati nazionali, che utilizzano i loro risparmi bancari per coprire mutui e prestiti ottenuti. Nel medio periodo, poiché furbate come l’attuazione del prelievo forzoso in una giornata di festività nazionale ed a banche chiuse non possono durare a lungo, ed i controlli amministrativi sulle uscite di capitale non possono bloccare del tutto le fughe, ma soprattutto poiché peggiorerà l’affidabilità delle banche cipriote nei confronti di quei grandi investitori (soprattutto russi) che depositano grandi somme sfruttando una fiscalità particolarmente vantaggiosa e condizioni bancarie favorevoli, ci potrà essere una erosione dei depositi, ed una fuga di capitali, tale da distruggere il sistema bancario cipriota, e più in generale il modello economico che Cipro ha costruito in questi anni, fatto di imposte molto basse e numerosi incentivi per favorire l’afflusso di capitali, non di rado derivanti dal riciclaggio di denaro sporco da parte di magnati dell’Europa dell’Est.

Per un Paese che deve il suo benessere economico agli ingenti flussi di denaro che entrano nel suo circuito bancario (si stima che i magnati e la criminalità russa abbiano depositato nel Paese 20 miliardi di euro, una cifra superiore al PIL nazionale, pari a soli 17,9 miliardi) ed agli investimenti esteri di vario tipo allettati da condizioni fiscali interessanti (non a caso, infatti, un’altra parte degli obblighi che il Paese dovrà accettare riguarda l’aumento dell’imposizione sugli utili societari dal 10% al 12,5%) una misura come quella del prelievo forzoso sui depositi bancari è semplicemente la fine.
Senza contare che gli aiuti dell’ESM contribuiranno a far salire fino al 107% del PIL un debito pubblico che finora era dell’84,4%, creando le basi per un successivo attacco speculativo sui titoli del debito pubblico nazionale, il cui conseguente calo nelle quotazioni danneggerà ulteriormente l’attivo patrimoniale delle banche cipriote che li detengono.
La stessa concessione di azioni delle banche ai risparmiatori ciprioti tosati dal prelievo forzoso, promessa da un Governo immediatamente in difficoltà di fronte alle proteste popolari, appare quindi come un atto beffardo: con i soldi estratti dai loro conti, i cittadini ciprioti diventano forzosamente soci di istituti bancari destinati al tracollo.

Poiché il vero problema di Cipro è che gli enormi afflussi di capitale estero non hanno alcuna significativa ricaduta produttiva sul suo tessuto economico, per cui il tenore di vita delle famiglie è sostenuto dall’ingente debito privato alimentato dai capitali esteri che affluiscono nelle sue banche, una reale soluzione di “salvataggio” di un Paese con finanze pubbliche ancora relativamente sotto controllo non passa attraverso un maxi prestito che fa immediatamente balzare verso l’alto il rapporto debito/PIL, né ovviamente su un prelievo forzoso generalizzato, mirato solo a destrutturarne ulteriormente il sistema bancario.
La soluzione avrebbe dovuto essere quella di disincentivare i flussi di capitale in entrata puramente finanziari, incentivandone un utilizzo produttivo, applicando, da un lato, forti aumenti fiscali sui depositi di grande entità, di titolarità di non residenti o di residenti da poco tempo (i famosi magnati russi che hanno preso la nazionalità cipriota per gestire meglio i loro conti nelle banche dell’isola) e/o che fossero caratterizzati da elevati livelli di movimentazione in entrata/uscita, e dall’altro applicando forti agevolazioni fiscali per i capitali bancari reinvestiti in attività produttive reali, anche facendo svolgere alle stesse banche nazionali il ruolo di facilitatori della nascita di nuove iniziative imprenditoriali endogene, banche che avrebbero in questo modo potuto guadagnare sui prestiti concessi alle nuove iniziative. Infine, un serio controllo internazionale sull’effettiva applicazione delle normative di trasparenza bancaria e di antiriciclaggio solo formalmente condivise da Cipro, e severe sanzioni, ad esempio nei trasferimenti finanziari di varia natura che la Ue eroga per tale Paese, servirebbe per contribuire ad eliminare l’anomalia cipriota, senza distruggerne l’economia.

Il sospetto è che dietro a tale manovra non vi siano interessi economici, ma eminentemente politici e strategici. L’impatto di un eventuale fallimento cipriota sui mercati finanziari dell’area Ue sarebbe limitatissimo: tutti i soggetti residenti nella Ue detengono appena 19,2 miliardi di depositi presso le banche cipriote (la Germania in particolare detiene 4,7 miliardi), mentre i prestiti erogati a banche cipriote da parte di soggetti residenti nell’area-Ue sono quasi inesistenti. Il debito pubblico totale è pari a soli 15 miliardi di euro, ed ovviamente solo una parte è detenuta da creditori residenti in altri Paesi della Ue, quindi l’eventuale perdita su crediti allo Stato cipriota, in caso di tracollo definitivo della sua economia, sono trascurabili. In ciò si spiega la rassicurante dichiarazione del nostro presidente della Consob, che intanto ci dice che il prelievo forzoso non sarà replicato in altri Paesi: serve infatti per aggredire una situazione specifica, ovvero la presenza di una sorta di paradiso fiscale in mezzo al Mediterraneo, che attira capitali, spesso di dubbia provenienza, dall’Europa dell’Est. E poi ci dice che la reazione dei mercati finanziari, che alla notizia del piano cipriota hanno fatto di nuovo correre gli spread e calare gli indici di borsa, è tutto sommato trascurabile, e si calmerà in breve tempo, non appena i mercati stessi si renderanno conto dell’inezia delle conseguenze di un tracollo definitivo della micro-economia cipriota [2].

I vantaggi di distruggere quella sorta di mini-paradiso fiscale che è Cipro sono, a fronte dei trascurabili costi a carico del sistema creditizio e finanziario europeo, molto interessanti. Si distrugge infatti un concorrente temibile nell’attrazione di ingenti capitali, pur se di dubbia origine, provenienti dalla Russia, di cui gli istituti di credito tedeschi, francesi, spagnoli, britannici, italiani, ecc. hanno disperato bisogno, in questa fase di grande difficoltà nel ricapitalizzarsi.

Ma i vantaggi sono soprattutto di tipo politico, e non economico. Da un lato, la Germania può fare il favore, alle sue banche e società finanziarie, di distruggere il concorrente cipriota, senza dare all’opinione pubblica interna la pericolosa sensazione di finanziare, con denaro anche tedesco, il salvataggio di un “paradiso fiscale”. Il che sarebbe un rischio enorme per il Governo democristiano/liberale della Merkel, che sta per entrare in campagna elettorale assediato, da una parte, dalla Spd, e dall’altra dal neo costituito partito anti-euro, che sembra acquisire consensi crescenti proprio negli ambienti liberali che sinora appoggiavano il Cdu.


Ma d’altro lato Cipro, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, e per la sua amicizia con la Russia (Putin, l’anno scorso, ha erogato al Governo cipriota un prestito di 2,5 miliardi di euro al tasso favorevole del 4,5%, proprio per evitare che Cipro passasse sotto la graticola comunitaria) è un luogo strategico. Il legame fra Cipro e Russia consente alla cerchia di oligarchi vicini a Putin di esportare i propri capitali a condizioni molto favorevoli, contribuendo a cementare un potere da sempre inviso, specie agli USA, perché è il perno di un blocco geopolitico ostile agli interessi statunitensi (ed europei), che appoggia Assad in Siria o il regime iraniano. Tale legame crea anche preoccupazioni relative alla possibilità, per la Marina militare russa, di godere finalmente di un appoggio logistico nel Mediterraneo (problema già affrontato ai tempi in cui il leader maltese Mintoff amoreggiava con un Gheddafi filo-sovietico). Ed infine, l’area di influenza russa su Cipro crea inquietudini su chi sarà il fruitore dei cospicui giacimenti di gas naturale scoperti nel sottosuolo e nelle acque territoriali cipriote. Non a caso è proprio Putin a strepitare contro il prelievo forzoso imposto a Cipro.
Come si vede, dunque, la possibilità di destrutturare l’economia “bancarizzata” cipriota, ed i suoi rapporti preferenziali con la Russia, riveste un carattere strategico, nello scacchiere imperialistico, che va ben al di là delle questioni di un “bail out” finanziario, e per il quale Cipro può bene essere sacrificata. Insieme al suo popolo.

Ma ciò che colpisce negativamente, in questa vicenda per certi versi esemplare, è la totale assenza di una qualsiasi capacità, da parte della Trojka, di condurre politiche economiche che siano effettivamente mirate non alla distruzione, ma alla ricostruzione su basi più robuste della pericolante economia europea e del suo fragile sistema creditizio. Non è su queste basi che sarà possibile uscire dalla crisi con un’Europa più unita e coesa. Non sono queste le politiche che possono costruire un percorso di unificazione politica europea condiviso e accompagnato dai popoli, e non disegnato a tavolino da una élite.


Riccardo Achilli
Fonte: http://bentornatabandierarossa.blogspot.it
Link: http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/2013/03/cipro-ed-il-prelievo-forzosoquestioni.html
19.03.2013

Dati Bce, aggiornati a gennaio 2013.

Se è vero che, da stime Goldman Sachs, un prelievo dell’8,5% sui conti correnti bancari italiani genererebbe 127,5 miliardi di euro di gettito, sufficiente per coprire da solo quasi tre manovre finanziarie annuali, gli effetti di fuga del risparmio bancario, con l’esigenza di ricapitalizzare le banche indebolite anche con risorse pubbliche, nonché le conseguenti turbolenze sui mercati finanziari lasciano pensare che molto difficilmente una simile misura sarà replicata fuori da Cipro (a meno, ovviamente, di situazioni di degrado economico e di finanza pubblica tali da renderla obbligatoria).

 

 http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11626&mode==0&thold=0

Dopo che i bankster avranno rubato soldi dai conti bancari a Cipro inizieranno a farlo OVUNQUE

 “I bankster hanno inviato un messaggio molto chiaro. Alla resa dei conti, verranno a cercare i VOSTRI soldi.” 

di Michael Snyder 
The Economic Collapse

Cipro è una beta test. I banchieri stanno cercando di commettere una rapina in banca in pieno giorno, e sono ansiosi di vedere se il resto del mondo permetterà loro di farla franca. Cipro è stato probabilmente scelto perché è molto p iccolo (quindi nessuno se ne cura troppo) e perché c’è un sacco di denaro straniero  (ad esempio russo) parcheggiato lì. Il FMI e l’UE avrebbero potuto salvare facilmente Cipro senza alcun problema di sorta, ma hanno deciso volutamente di non farlo. Invece, hanno deciso che questo sarebbe stato un grande momento di testare l’idea di un'”imposta sul patrimonio”. Al governo di Cipro sono state date due opzioni da parte del Fondo monetario internazionale e dell’Unione europea – avrebbe potuto confiscare denaro dai conti bancari privati o  lasciare la zona euro. Ovviamente questo è stato presentato come una proposta “prendere o lasciare”, e molti usano la parola “ricatto”  per descrivere quanto è successo.

Purtroppo, questa decisione creerà un precedente molto inquietante per il futuro e che avrà effetti a catena che vanno ben oltre Cipro. Dopo che i bankster avranno rubato denaro dai conti bancari a Cipro inizieranno a farlo o vunque. Se questa “rapina in banca” riuscirà, sarà solo una questione di tempo prima che i correntisti di nazioni come Grecia, Italia, Spagna e Portogallo siano invitati ad applicare anch’essi dei “tagli”. E cosa succederà un giorno, quando il sistema finanziario degli Stati Uniti crollerà? I conti bancari negli Stati Uniti saranno colpiti con una tassa “una tantum” sulla ricchezza? E’ molto spaventoso pensare a questo.

Cipro è un paese molto piccolo, quindi non è la quantità di denaro in gioco ad essere un grande affare. Piuttosto, il motivo per cui tutto questo è così preoccupante è che questa “imposta patrimoniale” sconvolge la fiducia nel sistema bancario europeo. Mai prima d’ora i bankster erano andati a cercare direttamente i conti bancari.

Se tutto andrà secondo i piani, ogni conto bancario a Cipro sarà colpito con una “tassa una tantum” questa settimana. I conti con meno di 100.000 euro saranno colpiti con u na tassa del 6,75%, e i conti con più di 100.000 euro saranno colpiti con una tassa del 9,9%.

Come vi sentireste se qualcosa del genere succedesse nel paese in cui vivete?

Come vi sentireste se i bankster improvvisamente vi chiedessero di consegnare il 10 per cento di tutti i soldi che avete in banca?

E perché qualcuno dovrebbe voler mettere ancora soldi in banca in nazioni come la Grecia, l’Italia, la Spagna o il Portogallo, dopo tutto questo?

Uno scrittore di Forbes l’ha definita “probabilmente la decisione più inspiegabilmente irresponsabile in materia di vigilanza bancaria nel mondo avanzato dal 1930.“Sono d’accordo con questa affermazione. Io di certo non mi aspettavo di vedere una cosa del genere in Europa. Questo sta spi ngendo la gente a ritirare i soldi dalle banche in tutto il continente. Se vivessi in Europa (e soprattutto se vivessi in uno dei paesi in maggiori difficoltà finanziarie), questo è esattamente quello che avrei fatto.

La corsa alle banche alla quale abbiamo assistito a Cipro durante il fine settimana potrebbe essere solo un’anteprima di ciò che sta arrivando. Quando questa “imposta patrimoniale” è stato annunciata, ha innescato una corsa ai bancomat e molti sono restati a corto di soldi molto rapidamente. Una chiusura delle banche  è stata annunciata per Lunedi, e tutti i trasferimenti elettronici di denaro sono stati vietati.

Inutile dire che il popolo di Cipro non era molto contento di tutto questo. Infatti, un uomo molto arrabbiato ha nientedimeno parcheggiato il suo bulldozer al di fuori di una succursale della banca e ha minacciato di demolirne fisicamente l’entrata.

Ma questa rapina dei bankster non è ancora stata completata. Prima di tutto, il Parlamento cipriota deve approvare la nuova legge che autorizza questa confisca di ricchezza per Lunedi. In caso di approvazione, la confisca reale della ricchezza si svolgerà Martedì mattina.

Secondo la Reuters, il nuovo presidente di Cipro ha avvertito che se l’imposta sul conto in banca non sarà approvata le due più grandi banche di Cipro crolleranno e ci sarà un completo e totale caos finanziario nel suo paese …

Il Presidente Nicos Anastasiades, eletto tre settimane fa con l’impegno di negoziare un piano di salvataggio rapido, ha detto che il rifiuto di accettare i termini avrebbe comportat o il crollo delle due più grandi banche.

“Martedì … noi dovremmo scegliere: o lo scenario catastrofico di un fallimento disordinato o lo scenario di una gestione dolorosa ma controllata della crisi”, ha detto Anastasiades in una dichiarazione scritta.

In diverse dichiarazioni fatte in precedenza, dopo la sua elezione, aveva escluso categoricamente un taglio ai depositi.

Il fatto che il nuovo presidente aveva precedentemente escluso qualsiasi tipo di imposta sul patrimonio ha reso un sacco di persone molto, molto arrabbiate. Si sentono come se avessero mentito loro in modo inaccettabile…

“Sono furioso,” ha dichiarato Chris Drake, un ex corrispondente dal Medio Oriente per la BBC che vive a Cipro. “Ci sono state molte opportunità per prelevare i nostri soldi, non l’abbiamo fatto perché ci avevano promesso che era una linea rossa che non sarebbe stata oltreopassata”.

Ma a quanto pare la confisca della ricchezza avrebbe potuto in effetti essere molto più consistente. Secondo un rapporto, il FMI e l’UE all’inizio avevano chiesto un’imposta sul patrimonio del 40% per i titolari di conti bancari a Cipro …

Mentre il Presidente di Cipro proclama al suo popolo che “dovremmo tutti assumerci la responsabilità” poichè la sua decisione storica “porterà al salvataggio permanente dell’economia,” sembra che il prelievo stabilito del 9,9% sia  un ‘buon affare’ paragonato allo sbalorditivo 40% del totale dei depositi richiesto dal Ministro delle Finanze tedesco Schaeub le e dal FMI.

Riuscite a immaginare?

Come vi sentireste se un giorno vi svegliaste e il 40% di tutti i vostri soldi fosse stato prelevato dai vostri conti bancari?

A questo punto, c’è ancora qualche dubbio sul fatto che questo piano sarà effettivamente adottato o meno.

In questo momento il nuovo presidente di Cipro non ha i voti di cui ha bisogno, ma potete essere certi che c’è una qualche pressione in corso ad alto livello.

In origine la votazione doveva tenersi di Domenica, ma è stata ritardata fino a Lunedi per consentire di tentare qualche altra “persuasione”.

E, naturalmente, la grande maggioranza del popolo di Cipro è contro questa imposta sul patrimonio. Infatti, un sondaggio ha rilevato che il 71 per cento di tutta la popolazione di Cipro vuole che questo piano sia bocciato.

La cosa divertente è che Cipro non sta poi così male.

Il tasso di disoccupazione è di circa il 12 per cento, ma in altre nazioni europee come la Grecia e la Spagna il tasso di disoccupazione è più del doppio.

Cipro ha un debito di circa l’87 per cento in rapporto al PIL, ma gli Stati Uniti hanno un debito di oltre il 100 per cento in rapporto al PIL.

Quindi, se si approprieranno dei conti bancari a Cipro, che cosa impedisce loro di appropriarsi dei conti bancari in nazioni più grandi quando sarà il momento?

In ultima analisi, si tratta di un punto di svolta. Non c’è più alcun con to corrente bancario nel mondo occidentale che può essere considerato sicuro al 100 per cento.

La fiducia è una cosa strana. Ci vuole molto tempo per costruirla, ma può essere distrutta in un solo momento.

La fiducia nelle banche europee è stata gravemente danneggiata, e il danno non sarà riparato in un breve momento.

In un recente articolo sul blog l’Amministratore delegato di Saxo Bank, Lars Christensen, ha fatto un ottimo lavoro per spiegare quanto sia incredibilmente dannosa questa mossa da parte del FMI e dell’UE …

Si tratta di una violazione dei diritti di proprietà fondamentali, dettata in un piccolo paese da potenze straniere e questo deve far tremare ogni correntista in Europa. Anche se i rappresentanti alla conferenza stampa sul salvataggio hanno cercato di presentare questa iniziativa come una tantum, hanno detto che non erano disposti ad escludere altre misure analoghe – non che avrebbe avuto importanza visto che la fiducia è stata comunque distrutta. Ora è difficile aspettarsi qualche tipo di limitazione alle misure che la troika e l’UE potrebbero attuare quando la crisi inizierà davvero a farsi sentire.

se si riesce a fare questo una volta, si può farlo di nuovo. se è possibile confiscare il 10 per cento del denaro di un cliente di una banca, è possibile confiscare il  25, 50 o anche il 100 per cento. Ora credo che vedremo peggiorare le cose con l’aumentare del panico, cmentre i politici cercano disperatamente di mantenere in vita l’euro.

I correntisti in altri paesi potenziali paesi in via di salvataggio devono iniziare ad avere paura – è ancora sicuro tenere i soldi in una banca italiana, spagnola o greca? Non lo so, questa deve essere la risposta. E’ pruden te correre il rischio? Siete voi a decidere. Temo che questo porterà a massicci deflussi di capitali provenienti da paesi deboli dell’Eurozona, proprio l’ultima cosa di cui hanno bisogno in questo momento.

Questo è il momento più importante dall’inizio della crisi finanziaria europea.

Le autorità finanziarie in Europa potrebbero tentare di mantenere la calma facendo finta che questo non accadrà mai in altri paesi, ma finora essi si sono rifiutati di farlo …

Jeroen Dijsselbloem, presidente del gruppo dei ministri della zona euro, Sabato ha rifiutato di escludere  imposte sui correntisti nei paesi al di fuori di Cipro, anche se ha detto una tale misura non è attualmente in esame.

Tale misura è “non è attu almente allo studio” per gli altri membri della zona euro?

Già, questo sicuramente farà sentire le persone molto più sicure su quello che accadrà dopo.

Ho insistito più e più volte sul fatto che la prossima ondata del crollo economico avrebbe origine in Europa , e potremmo aver appena assistito alla decisione che causerà la caduta delle tessere del domino.

I bankster hanno inviato un messaggio molto chiaro. Alla resa dei conti, verranno a cercare i VOSTRI soldi.

Allora, cosa ne pensate della rapina in banca che si sta svolgendo a Cipro? Non esitate a lasciare un commento qui sotto con le vostre opinioni …

Fonte: The Economic Collapse  17 Marzo 2013 
Traduzione: Anna Moffa per ilupidieinstein

http://ilupidieinstein.blogspot.it/2013/03/dopo-che-i-bankster-avranno-rubato.html

 

Il tradimento, destino degli italiani

di Ida Magli 
ItalianiLiberi

Tragico destino degli Italiani essere sempre traditi da coloro che dovrebbero difenderli! Tragico destino degli Italiani essere sempre traditi da coloro in cui avevano riposto l’ingenua fiducia di essere finalmente salvati da questo stesso terribile destino! Sono trascorsi soltanto pochi giorni da quando avevamo esultato per l’arrivo in Parlamento dei giovani, ingenui, entusiasti seguaci del movimento a Cinque Stelle ed ecco che alla prima votazione anch’essi ci hanno tradito.

  È uno degli innumerevoli giorni fatali della nostra storia, il Sabato 16 marzo 2013, che segniamo con amaro dolore nel diario di questi interminabili anni di crisi, da quando siamo sballottati fra il potere illegittimo dei banchieri e l’altrettanto illegittimo e vigliacco consenso dei parlamentari. Il tradimento è stato ratificato in un attimo. In Senato si vota per la Presidenza il candidato del Partito Democratico, un magistrato, consueto e più che mai grave stravolgimento di quella che in Italia non riesce in nessun modo ad essere una democrazia. La sua vittoria è dovuta esclusivamente all’apporto dei voti di una parte dei Grillini. Si è spenta così, con un colpo solo, qualsiasi speranza di un cambiamento nella storia politica dell’Italia, l’unico cambiamento che ci eravamo ingenuamente illusi di riuscire ad ottenere tramite le nuove, giovani forze del movimento di Grillo. L’illusione è durata soltanto due giorni. Mai è stata più breve, nella pur millenaria storia di illusioni e di tradimenti che perseguita gli Italiani.

Naturalmente la premessa al tradimento ha le sue basi nella Costituzione, strumento d’inganno e di battaglia contro qualsiasi briciola di potere della quale possano avvalersi i cittadini. È stata pensata e scritta con sottile, perfida astuzia proprio a questo scopo per cui, se non si toglie di mezzo questa Costituzione, per gli Italiani non sussiste nessuna possibilità di democrazia che non sia quella fittizia e di pura irrisione nella quale siamo ingabbiati. Grillo però non aveva mancato di denunciare, fondando il suo movimento, una fra le più macroscopiche di queste irrisioni: quella che libera il parlamentare, una volta eletto, dal tener fede al mandato dell’elettore; una norma così platealmente illegittima per la coscienza di cui ogni essere umano è dotato, che dovrebbe far arrossire tanto chi l’ha scritta quanto coloro ch e la mettono in atto. Non c’è società al mondo, da quelle più antiche a quelle “primitive”, quale che sia la religione, la cultura, la forma di governo,  in cui sia lecito e sia mai stato ritenuto lecito venire meno ai patti. È esclusivamente in base al concetto di “patto”, infatti, che si forma una “società”, e nessun essere umano è mai vissuto in un gruppo che non fosse una “società”. I  seguaci di Grillo hanno tradito due volte votando per il presidente del Senato proposto dal Partito Democratico: sono venuti meno al patto con gli elettori, non sostenere i Partiti  era uno dei punti più qualificanti del loro movimento.

Eleggere un magistrato come Presidente del Senato e quindi Vicepresidente della Repubblica è inoltre atto gravissimo di per sé perché rispecchia quello spirito di irrisione presente nella Costituzione cui ho già accennato. La Costituzione declama infatti la necessità della separazione dei Poteri, in primis quello della Magistratura; servirsi della carica di magistrato per accedere, dandone le dimissioni o mettendosi in aspettativa, con assoluta facilità ai massimi gradi del potere politico è ovviamente tradire lo spirito della Costituzione. In qualsiasi campo dell’agire umano, del resto, l’osservanza formale delle regole non è sufficiente e non è mai stata sufficiente a garantire la civiltà e la rettitudine della convivenza sociale. I magistrati sono i primi a saperlo. Siamo dunque, come al solito, nelle mani di governanti che ci disprezzano, che si servono dei cittadini come indispensabile “corpo” sul quale appoggiarsi per esercitare il potere; un corpo indispensabile al potere, gli Italiani, nient’altro.

Fonte: ItalianiLiberi 17 Marzo 2013


http://ilupidieinstein.blogspot.it/2013/03/il-tradimento-destino-degli-italiani.html

Cipro: GB invia aereo militare con 1 mln di euro per truppe

La Gran Bretagna ha inviato un aereo militare con a bordo un milione di euro in contanti per le sue truppe a Cipro. Lo ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato in cui spiega che il denaro servira’ al personale militare in servizio nell’isola e alle loro famiglie per far fronte all’emergenza in caso che continui il blocco dei distributori automatici e delle carte di credito .


(19 marzo 2013)

Siria: gli Usa, con il Segretario di stato John Kerry, hanno fatto sapere che «non ostacoleranno» i paesi eu ropei che intendono fornire armi ai ribelli.

Opposizione elegge “premier”, la Siria si spacca

Intanto gli Usa, con il Segretario di stato John Kerry, hanno fatto sapere che «non ostacoleranno» i paesi europei che intendono fornire armi ai ribelli.


martedì 19 marzo 2013 13:14


Il “premier” dell’opposizione Ghassan Hitto

Roma, 19 marzo 2013, Nena News – Con 35 voti su 48, il curdo islamista Ghassan Hitto, gran parte della vita trascorsa negli Stati Uniti ed esperto di telecomunicazioni, è stato scelto dalle opposizioni siriane come premier del “governo provvisorio” chiamato ad amministrare le “zone liberate”, ossia le aree della Siria che sono sotto il controllo dei ribelli sunniti che combattono l’esercito governativo. La scelta di Hitto è stata accettata sia dalle fazioni liberali che da quelle islamiste. Tuttavia diversi rappresentanti dell’opposizione hanno lasciato ieri la riunione a porte chiuse di Istanbul poco prima del voto. E’ il secondo curdo siriano a ottenere un ruolo di primo piano nell’opposizione, dopo Abdulbaset Sieda, ex capo del Consiglio nazionale siriano. 

A questo punto la Siria si spacca in due e la frammentazione del paese tanto temuta, anche da alcuni esponenti dell’opposizione, sembra accantonare per sempre la possibilita’ di un negoziato diretto tra il regime e gli oppositori e spiana la strada ad una ulteriore escalation della guerra civile. Pare che fondamentali per la nomina del “premier” siano state le pressioni del Qatar che il 26 accogliera’ al vertice annuale arabo, che si terra’ nella sua capitale, Doha, un rappresentante del governo dell’opposizione al posto di quello di Damasco. 

A spingere per la scelta di un «premier» era stato ieri L’Esercito libero siriano attraverso il suo “capo di stato maggiore”. La milizia ribelle ha invocato nuovamente armi e munizioni, in particolare lanciarazzi terra-aria per mettere fine alla superiorità delle forze aeree siriane. Razzi che potrebbero ricevere presto: Francia e Gran Bretagna (con l’Italia a rimorchio) si sono dette favorevoli a rifornire i ribelli di armi mentre Qatar, Arabia saudita e, forse, altri paesi arabi, già lo fanno.

E ieri gli Usa, con il Segretario di stato John Kerry, hanno fatto sapere che «non ostacoleranno» i paesi europei che intendono fornire armi ai ribelli. E’ una nuova spinta all’escalation della guerra civile che ha già fatto circa 70mila morti – anche ieri decine di uccisi – mentre il regime fa uso devastante dell’aviazione contro le offensive dei ribelli.

Intanto oggi il governo di Damasco ha accusato i ribelli di aver ucciso 15 persone a Jal al Asal (Aleppo) facendo uso di armi chimiche. Per i ribelli invece si sarebbe trattato di un razzo governativo che ha colpito una postazione di civili armari schierati con il regime. Nena News

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=55779&typeb=0&Opposizione-elegge-premier–la-Siria-si-spacca

 

ma guarda che strano, occupano una struttura militare NEL GOLAN che è sotto il controllo di Israele….tranquilli tranquilli

 

SIRIA

Siria, le opposizioni formano un governo anti-Assad

Oggi ad Istanbul la Coalizione Nazionale sceglie il premier d’opposizione. Intanto a Sud, gruppi armati occupano una base militare, a otto km da Israele.


adminSito

lunedì 18 marzo 2013 05:10


dalla redazione

Roma, 18 marzo 2013, Nena News – Le opposizioni siriane si organizzano e formano un governo alternativo a quello di Assad. E avanzano a livello militare: occupata ieri una base dell’intelligence militare di Damasco a otto chilometri dal confine con Israele.

Oggi e domani Istanbul sarà teatro di un meeting della Coalizione Nazionale Siriana per l’elezione del primo ministro del governo di opposizione. Dieci i candidati, tra cui l’ex ministro dell’Agricoltura, Asaad Mustapha, e l’economista Osama Kadi, entrambi figure chiave del regime di Assad in passato. Spetterà poi al nuovo premier nominare l’esecutivo, che sarà poi sottoposto all’approvazione della Coalizione.

Obiettivo dichiarato dalle opposizioni è creare un organismo che amministri e gestisca le aree del Paese sotto il controllo dei ribelli: “C’è bisogno di una migliore amministrazione della vita quotidiana nelle zone liberate – ha commentato un membro della Coalizione, Matar Ismail – Ci dovrebbe essere un’autorità che agisca come potere alternativo al governo di Assad”.

Non sono pochi quelli che immaginano che il nuovo premier d’opposizione sarà un uomo vicino a Qatar e Arabia Saudita: le petrolmonarchie avranno sicuramente un ruolo chiave nella scelta del leader ufficiale dei ribelli, scelta caldeggiata anche dagli Stati Uniti. Ma non tutti sono d’accordo sulla decisione di formare un vero e proprio esecutivo: alcuni membri delle opposizione sono contrari alla creazione di un governo ad interim, nel timore che questo possa cercare il dialogo con Damasco e giungere alla formazione di un governo di unità nazionale.

Intanto sul piano militare, ieri i ribelli hanno segnato un altro punto a proprio favore, occupando una base dell’intelligence militare siriana a Sud, a poca distanza dal Golan occupato, oggi in territorio israeliano. Da settimane gruppi armati stavano compiendo attacchi nell’area a otto chilometri dalla frontiera, relativamente tranquilla dal 1974, anno del cessate il fuoco tra Siria e Israele.

“Abbiamo completamente occupato la base questa mattina – ha detto ieri Abu Iyas al-Haurani, membro delle Brigate Yarmouk Martyrs – È uno dei centri di comando delle shabbiba, le milizie pro-Assad. Sono capitolati dopo un assedio di cinque giorni”. Abu Iyas al-Haurani ha aggiunto che la base era utilizzata dall’esercito governativo per la detenzione e la tortura dei residenti dell’area.

Alla notizia della presa della base militare, si aggiunge quella sulla defezione di 20 soldati e un brigadiere generale. Sabato il brigadiere generale Mohammed Khalouf è apparso in un video di Al Arabiya, nel quale annunciava la sua decisione di unirsi alle opposizioni, mentre l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha riportato la defezione di 20 soldati nella città di Palmyra, al centro del Paese.

I ribelli lo considerano l’ennesimo esempio dell’indebolimento del regime di Damasco, seppure le defezioni – numerose all’inizio del conflitto – siano molto diminuite negli ultimi mesi. Secondo i dati forniti dall’International Institute for Strategic Studies, se inizialmente le truppe di Assad contavano circa 300mila unità, oggi non sono più tanto consistenti, seppure Damasco possa contare su uno zoccolo duro di 50mila uomini, legati a doppio filo al regime perché alawiti. Nena News


http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=55581&typeb=0&Siria-le-opposizioni-formano-un-governo-anti-Assad

Siria. L’Ue accelera il confronto sull’armamento dei ribelli

Il Consiglio dei capi di Stato e di governo europei rimette la questione della vendita di armi nelle mani dei ministri degli Esteri che si incontreranno la prossima settimana 

Matteo Bernabei

Sembrano aver provocato l’effetto sperato le minacce dei giorni scorsi di Francia e Gran Bretagna, nei confronti dell’Unione europea, riguardo la possibilità di rompere l’embargo che impedisce la fornitura diretta di armi alle milizie dell’opposizione siriana. Londra e Parigi si sono infatti dette determinate a sostenere militarmente le truppe dissidenti che operano nel Paese arabo con, o senza, il supporto dei 27. La questione è subito stata inserita nell’ordine del giorno del Consiglio dei capi di Stato e di governo europei che si è tenuto ieri a Bruxelles e nel corso del quale i leader hanno deciso di rinviare la decisione alla settimana prossima, in occasione dell’incontro dei ministri degli Esteri a Dublino.
Le pressioni di Francia e Gran Bretagna potrebbero portare, quindi, a una svolta immediata nella politica dell’Unione, senza dover necessariamente attendere la scadenza delle misure restrittive, prevista nel maggio prossimo, e della relativa riunione per il loro rinnovo, ormai improbabile.
“Noi operiamo nell’ambito di una politica comune di difesa e vogliamo continuare ad operare in questo modo”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, al termine del vertice.
I Paesi europei appaiono tuttavia divisi sulla questione, il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle già giovedì scorso aveva esternato i timori della Germania a riguardo. Timori espressi  ieri anche da fonti diplomatiche spagnole. “C’è una maggioranza di Paesi che preferisce la linea della prudenza”, hanno affermato i funzionari di Madrid, che hanno poi ricordato la complessità della questione, sottolineando come questa abbia effetti non solo sulla Siria ma su tutta la regione e in particolare sui Paesi confinanti e sull’Iran. Le stesse fonti hanno inoltre voluto ribadire come a sostenere la rimozione dell’embargo sia una componente “fortemente minoritaria”. È infatti il timore di una rottura dell’unità europea a rappresentare la leva in grado si smuovere gli altri membri dell’Ue. Una rottura che potrebbe portare conseguenze negative anche a Gran Bretagna e Francia, che stanno tentando di forzare la mano dei 27. Per questo Parigi e Londra cercheranno in questi giorni di convincere gli altri membri dell’Unione a rivedere la propria linea sulla crisi siriana. Un primo tentativo lo ha fatto ieri il presidente francese, Francois Hollande (foto), il quale ha voluto ricordare ai propri colleghi che “armi sono fornite al regime di Bashar al Assad da alcuni Paesi, tra cui la Russia”. 

Il tutto senza tenere volutamente conto delle evidenti differenze tra l’avere rapporti commerciali con un Paese sovrano e il fornire armi a milizie illegali. “Noi dobbiamo trarre le conclusioni e l’Europa deve prendere la sua decisione nelle prossime settimane”, ha dichiarato il leader dell’Eliseo nel tentativo di mettere fretta ai leader europei, ai quali ha inoltre assicurato di avere garanzie da parte delle milizie ribelli che le armi eventualmente fornite non finiranno nelle mani dei gruppi jihadisti. Una garanzia, questa, che nessuna fazione armata legata alle opposizioni riconosciute dall’Occidente può in realtà dare.

Parole a favore della rimozione dell’embargo sono state spese anche dal premier britannico David Cameron, il quale ha molto fantasiosamente cercato di spiegare agli altri membri dell’Unione che il rafforzamento militare dei ribelli è necessaria per raggiungere una soluzione negoziata del conflitto. “Tutti vogliamo una soluzione politica – ha affermato il capo del governo di Londra – ma questa non è una situazione che lascia possibilità di scelta. Penso che ci sarà il processo politico se si vedrà che l’opposizione siriana, che abbiamo riconosciuto, e con la quale lavoriamo, è una forza credibile e rafforzata”. Parole che lasciano più di un interrogativo aperto sulle reali intenzioni di Francia e Gran Bretagna. Fino ad ora solo la Russia ha realmente cercato di giungere a una soluzione pacifica del conflitto e Mosca sta tuttora tentando di portare avanti un’iniziativa diplomatica che, almeno fino a pochi giorni fa, sembrava essere ben avviata. Iniziativa nella quale credono ancora le autorità siriane, che sempre ieri hanno a tal proposito ha affidato al primo ministro Wail al Halqi il compito di guidare la delegazione incaricata di mediare con le opposizioni, che a loro volta dovrebbero nominare i propri rappresentanti la prossima settimana.
16 Marzo 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19718