Confcommercio: nel 2014 sparite 260 imprese al giorno

viva l’euro, l’europa e la Ue. Grazie
 
Roma, 23 dic –
Recessione, crollo degli acquisti e calo della domanda interna. Sono questi i principali fattori che, secondo l’Osservatorio sulla demografia delle imprese di Confcommercio, rendono negativo il saldo fra aperture e chiusure di realtà commerciali: quasi 78mila imprese in meno.
 
Stando ai numeri diffusi nella giornata di ieri, nei primi dieci messi dell’anno sono state in media 260 ogni giorno le attività che hanno chiuso. I dati -in peggioramento rispetto al 2013- si riferiscono alle sole imprese del terziario, vale a dire le realtà del commercio al dettaglio, del turismo e dei servizi. Cali ancora più marcati si hanno scendendo nel dettaglio delle statistiche: 25mila imprese in meno nel commercio al dettaglio, 13mila nella ristorazione e oltre 26mila nei servizi. L’unico dato in controtendenza è quello del commercio ambulante, che mostra un aumento di 1600 unità.
 
Le aree geografiche più colpite sono state quelle del Mezzogiorno e del Nord ovest, dove i saldi negativi mostrano i maggiori valori sia in assoluto che in termini percentuali.
 
Filippo Burla

VIDEO Parigi, 150 ebrei armati contro dimostranti palestinesi

Atef Abu Bilal, inflitti 99 anni: una squalifica è per sempre
Gerusalemme, 25 dicembre –
Fine pena mai, o quasi. Il protagonista, Atef Abu Bilal, un calciatore palestinese che ha ricevuto dalla federazione calcistica israeliana una squalifica di 99 anni. E non definitiva solo perché il software dei computer non permetteva una sanzione più severa, a cui va aggiunta una multa di 200 euro. La sua colpa? Quella di essere tesserato per due club, uno d’Israele, il Segev Shalom in quinta divisione, e un altro in Palestina, l’Al Khaleel nella serie A locale. Così il centrocampista, classe 1984 che vanta 11 presenze con la nazionale mediorientale, potrà “tornare” su di un rettangolo verde israeliano alla veneranda età di 129 anni. Una squalifica da Guinness dei primati, che se da una parte vede la legittimità della sanzione per la grossa mancanza di professionalità, dall’altra vede pagare Bilal, al di là di ogni ragionevole punizione, per il viscerale odio tra i due paesi.
 
Lorenzo Cafarchio

Salvini con la Fiom: per i lavoratori, contro le politiche del Pd

certo la Cgil non si è spaccata il fondoschiena per raccogliere firme per l’abrogazione della Fornero, tantomeno per qualunque riforma del lavoro varata negli ultimi 20 anni. Chissà perché

Roma, 24 dic –

Mentre sociologi e politologi si sbizzarriscono per interpretare la svolta di Matteo Salvini alla luce di categorie come “razzismo”, “fascismo”, “nazismo”, il leader della Lega nord continua a stupire per spregiudicatezza e finisce per condividere la stessa trincea con la Fiom.
 
Ieri, infatti, a Legnano, davanti ai cancelli della Franco Tosi, storica azienda metalmeccanica, Salvini e gli uomini di Landini si sono ritrovati fianco a fianco per sostenere la lotta dei 300 dipendenti che rischiano il posto di lavoro (sull’azienda si sta avventando, ancora una volta, un gruppo indiano, Patel…).
 
“È da tempo che dialogo con la Fiom – spiega Salvini – per il rilancio di una delle più celebri aziende italiane come peraltro sul referendum per abrogare la legge Fornero. Il governo Renzi, come i predecessori, mancano deliberatamente di una seria politica industriale. Mi sembrano legittimi i sospetti dei lavoratori per questi continui rinvii”.
 
Sotto accusa in particolare il Pd, dato che il commissario straordinario sarebbe emanazione del partito di Renzi e avrebbe intenzione di spacchettare l’azienda e rivenderla spezzettata. Per Salvini, “il lavoro non può aspettare e neppure la serenità per le famiglie coinvolte. Neppure l’impianto industriale nazionale che mi sembra sempre più evidente voglia essere svenduto. E se con la Fiom dialoghiamo non mi sembra nulla di incredibile. Sui temi come l’occupazione e la politica industriale ben venga chiunque sia di sinistra sia di destra. Le barriere ideologiche cadono laddove è messo a repentaglio il lavoro”.
 
Oppure, se vogliamo, è una questione di stile: cravatte contro felpe. “Le felpe sono in effetti un must mio e di Landini – spiega scherzando Salvini – magari oggi coi rappresentanti della Fiom potremmo scambiarcele. Lo scandalo non è questo come a sinistra qualcuno vorrebbe far credere. La vergogna è che il lavoro sia stato dimenticato come priorità. A sinistra come a destra”.
 
Il segretario generale della Fiom di Legnano Renato Esmeraldi, dal canto suo, sembra non avere i complessi che bloccano mezza sinistra: “siamo pronti a dialogare con chiunque abbia a cuore le sorti della Tosi quindi ben venga Salvini. Siamo indipendenti dalla politica ma alla politica chiediamo di darsi da fare”.
 
Giorgio Nigra

Legge di stabilità 2015: cancellato il bollo ridotto per i mezzi storici

Roma, 22 dic –
Con 162 voti favorevoli e 37 contrari il Senato ha cancellato i comma 2 e 3 della legge 342/2000 andando quindi ad eliminare il concetto di “veicolo di interesse storico”. Una batosta che colpirà milioni di veicoli (solo le auto sono 4 milioni), per capire il perché di questa scelta e cosa ciò comporterà abbiamo posto qualche domanda a Giacomo Trezzi, responsabile di “Scuderie 7PUNTO1“.
Il Governo irrigidisce la regolamentazione sui veicoli di interesse storico, ci può spiegare il perché di questa scelta? 
L’esecutivo sta semplicemente raschiando il fondo del barile andando a racimolare soldi ovunque possa. Nonostante i pareri negativi di F.M.I. (Federazione Motociclistica Italiana) ed A.S.I. (Automotoclub Storico Italiano) si è voluto comunque approvare una norma che porterà immediatamente un gettito extra di circa 60 milioni di Euro ma che nel lungo periodo avrà un bilancio sicuramente negativo.
Nella pratica quali sono le maggiori novità introdotte?
Fino ad oggi i mezzi di interesse storico, quindi iscritti in particolari elenchi a ciò dedicati, e con un’età compresa tra i 20 ed i 30 anni potevano usufruire di una tassazione agevolata sia in termini di bollo che di passaggio di proprietà. Questa norma era pensata per incentivare la cultura storica motoristica e per facilitare la salvaguardia di tutte quelle auto e moto che da un punto di vista culturale od industriale hanno segnato la storia della nostra Nazione. Molte di queste infatti non hanno un grande valore commerciale, vengono acquistate per motivi affettivi e di passione. Con questa riforma il tutto rischia di diventare eccessivamente oneroso per il semplice appassionato.
Prima sosteneva che nel lungo termine questa norma si rivelerà fallimentare, cosa la porta ad affermare ciò?
La norma è un fiasco sotto due aspetti: innanzitutto l’appassionato che si troverà nella impossibilità di mantenere il suo mezzo storico sarà costretto a demolirlo od a venderlo all’estero e questo comporterà una minore entrata in termini di bollo e di passaggi di proprietà per le casse dell’erario; oltre a questo bisogna considerare che la comunità degli appassionati muove un indotto notevole di artigiani come meccanici, carrozzieri, gommisti, tappezzieri, falegnami, ecc… ecc… che si troveranno con molte meno commesse e ciò sarà un danno per lo Stato sia in termini di imposte dirette che indirette.
Quali saranno le prossime mosse da parte dei proprietari? 
Innanzitutto c’è da dire che la norma in questione deve ancora passare al vaglio della Camera e quindi speriamo in un ripensamento, a dire il vero molto improbabile, da parte del Governo. Se ciò non dovesse avvenire siamo pronti a far valere le nostre ragioni in tutte le sedi opportune sia nazionali che comunitarie.

Lazio, spese pazze in regione: 15 ex consiglieri dem indagati

si adoperano per il bene, quale scandalo? Mica è Ruby Rubacuori. Qui in ballo solo soldi del contribuente
 Roma, 24 dic –
Non c’è pace per la capitale. Con la vicenda legata alle cooperative di Buzzi ed i suoi rapporti con le alte sfere della politica locale ancora in via di svolgimento, a far tremare i vertici del Pd sono, a questa tornata, le inchieste sulle spese dei consiglieri regionali.
 
Un vizio, quello delle “spese pazze”, che sembra assurgere a metro standard di comportamento negli enti locali. In principio, quest’anno, fu l’Emilia-Romagna, per un danno contestato che ammonterebbe, secondo gli inquirenti, ad almeno 1.2 milioni di euro. Pochi giorni fa è stata poi la volta della Liguria, con il capogruppo del Pd, Nino Miceli, iscritto nel registro degli indagati per la stessa fattispecie di reato.
 
A stretto giro di posta è arrivato poi il Lazio. In quest’ultimo caso, a finire sotto la lente degli inquirenti guidati dalla procura di Rieti, sono 15 ex consiglieri regionali del Partito Democratico in carica durante il mandato di Renata Polverini. Di questi, cinque sono oggi senatori, sempre in quota al partito di governo: Bruno Astorre, Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli, Francesco Scalia, Daniela Valentini. Simone Petrangeli è invece l’attuale sindaco di Rieti.
 
Negli anni che vanno dal 2010 al 2012 avrebbero distratto almeno 2 milioni e 600 mila euro: circa la metà dei fondi assegnati al gruppo. Fra queste spese rimborsate rientra un campionario di varietà: sovvenzioni alla sagra del tartufo fatte passare per convegni, gli immancabili pranzi e le interminabili cene da 10mila euro a botta, addobbi per alberi di natale, multe per violazioni al codice della strada, viaggi privati, addirittura la pubblicazione di un’autobiografia.
 
Lo stesso gruppo, all’epoca in minoranza, fremeva d’indignazione per i rimborsi spese gonfiati da esponenti Pdl (Franco Fiorito il nome più noto alle cronache), affermando perentoriamente che «la politica, quella buona, debba fare subito una cosa per cacciare quella cattiva: andare al voto entro novembre. La situazione è drammatica». Parole dell’allora presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. Attuale governatore della regione.
 
Filippo Burla

ALTA VELOCITÀ NEL MIRINO, VIMINALE IN ALLARME

Rischio convergenza tra la parte radicale del movimento e gli anarcoinsurrezionalisti. Alfano: “Non ci faremo impaurire”
ANSA

La protesta dei No Tav durante la visita del Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi nel cantiere a Chiomonte, 22 Dicembre 2014

23/12/2014
GUIDO RUOTOLO
ROMA
  

Non nascondono la loro preoccupazione, i vertici del Viminale, per quello che è accaduto a Bologna, lo snodo ferroviario più importante del Paese. Un atto sicuramente di sabotaggio. Che ha fatto dire al ministro Lupi che si tratta di «terrorismo». «Chi si oppone al Tav sappia che non intimidirà lo Stato. Il governo, il Paese non hanno paura- ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano-. L’opera – ha aggiunto riferendosi alla Tav Torino-Lione – sarà completata, come democraticamente è stato deciso. Teniamo sotto controllo la situazione: importanti pm hanno configurato l’ipotesi de terrorismo che non è stata approvata dalla Corte giudicante, ma ciò non fa venire meno la preoccupazione per nuove insorgenze e nuovi tentativi di organizzazione che anziché dalle fabbriche partano da attacchi alle grandi opere e da ambienti dell’antagonismo. Siamo molto attenti e pronti a prendere i responsabili come sempre abbiamo fatto in questi casi».  

 Terrorismo, sabotaggio, anarcoinsurrezionalismo, brigatismo, antagonismo. Fermarsi a ragionare su quale termine utilizzare fa perdere tempo, a deciderlo saranno i magistrati. Il risultato comunque è quello che conta. È quello che è accaduto a Bologna arriva dopo diversi segnali di attentati di bassa intensità, anzi di nulla in certi casi. È questo ci fa ipotizzare che altri episodi potranno accadere nei prossimi giorni. Al centro di questa “effervescenza”, i lavori della Tav. E questo deve far riflettere. Su come impedire che i lavori vadano avanti e che la tratta della discordia sia realizzata, si sono misurati movimenti radicali, terroristi anarcoinsurrezionalisti. E adesso, le diverse azioni di sabotaggio, sicuramente azioni violente, raccontano di una diversa lunghezza d’onda dei movimenti. 

 Insomma, la sensazione è che queste azioni dirette nei confronti dell’Alta velocità, prima e dopo la sentenza di Torino che ha condannato gli imputati No Tav, pur non riconoscendo loro l’aggravante del terrorismo, siano figlie di una convergenza tra radicalismo del movimento, a corto oggi di prospettive politiche e di “massa”, e pulsioni eversive di fasce del cosiddetto anarcoinsurrezionalismo.

LUC MICHEL SUR LA VOIX DELA RUSSIE/ INTERVIEW CHOC (2) : REVOLUTIONS DE COULEUR. VOICI LE TOUR DE L’AFRIQUE ET DE LA CHINE !

EODE Press Office avec La Voix de la Russie (Rossiya Segodnya)/

2014 12 24/

EODE PO - LM sur LVDLR revol. ce couleurs 2 (2014 12 24) FR

Entretien de Luc Michel, administrateur-général d’EODE,

Avec Mikhail Gamandiy-Egorov (La Voix de la Russie / Rossiya Segodnya) :

« DE NOUVELLES RÉVOLUTIONS DE COULEUR EN AFRIQUE ET AILLEURS À L’HORIZON »

Partie 2 (publiée ce 24 déc. 2014)

 LVdlR : Vous avez affirmé aussi dans l’une de vos interventions que « l’ombre de la marionnette française cache la réalité du marionnettiste étasunien ». Expliquez-nous.

 Luc MICHEL : Je suis aussi, comme vous le savez, au terme d‘un parcours commencé en Jamahiriya libyenne il y a 20 ans, devenu un leader panafricaniste écouté. Mon jugement n’est donc pas ici celui d’un observateur externe. Beaucoup de panafricanistes ont une vision du passé, un logiciel bloqué il y a 10, 20 ou 50 ans. La haine justifiée de la Françafrique leur occulte la réalité de LA RECOLONISATION DE L’AFRIQUE PAR LES USA. Le retour de la France dans l’OTAN organisé par Sarkozy en 2007, la création de l’Africom, le commandement unifié de l’US Army pour l’Afrique par Bush en 2007-2008, sont les marques de naissance d’une nouvelle donne géopolitique en Afrique. Lors du « sommet USA-African Leaders » de Washington début août 2014, Obama a annoncé une vague de changements de régime sur le continent. Les cibles principales annoncées sont toutes, à part Mugabeet Kagame, des présidents des pays de l’ex « pré carré français » : Obiang Gnema Mbassogo, Kabila, Biya, Idriss Déby Ito … Le Gabon est la première tentative d’imposer ce changement de régime par les méthodes habituelles des USA : révolution de couleur ou soi-disant « printemps arabe ». Et le livre de Péan est le détonateur, volontaire ou involontaire il est encore trop tôt pour le dire, d’une opération de déstabilisation politique

 LVdlR : On a suivi les événements du Burkina-Faso. Après les cris de joie qui ont suivi la chute du dictateur Blaise Compaoré, marionnette néocoloniale, responsable par ailleurs de l’assassinat de l’un des plus grands leaders du pays et d’Afrique, Thomas Sankara, le père de la révolution burkinabè. Responsable aussi de déstabilisation et d’organisation de rébellion en Côte d’Ivoire voisine. Pourtant aujourd’hui, de plus en plus de voix s’élèvent pour dénoncer les tentatives de voler cette révolution. Un commentaire là-dessus ?

 Luc MICHEL : Dans les prémisses de la révolution burkinabe on retrouve incontestablement les Réseaux Söros, notamment l’ICG (au conseil duquel le financier siège).

Dès les premières heures de la Révolution Burkinabé, j’avais exprimé sur les plateaux d’AFRIQUE MEDIA TV mes inquiétudes sur la récupération  du soulèvement par les hommes des Occidentaux, l‘Armée en tête. J’affirmais que ce seraient les agendas de Washington et Paris – qui ne sont pas identiques – qui domineraient in fine. La suite des événements a confirmé mes craintes. La transition civile, imposée par Washington sous peine de sanctions, et contre le plan français initial (intervention des troupes françaises), à peine entamée au Burkina Faso, le lieutenant-colonel Isaac Zida, qui avait pris le pouvoir fin octobre à la chute de Blaise Compaoré, a été nommé Premier ministre, signe que l’armée va conserver toute son influence dans le jeu politique.

Le colonel Zida, devenu général, est surtout l’homme des occidentaux, aussi bien de Paris que de Washington : « Dans les heures qui avaient suivi la chute de Compaoré, les hauts gradés de l’armée avaient préféré Zida au chef d’état-major des armées, le général Nabéré Honoré Traoré, qui s’était déclaré mais que beaucoup considéraient comme trop proche de l’ancien président. Le lieutenant-colonel est, lui, connu pour être un proche du général Gilbert Diendéré, le chef d’état-major particulier de l’ex-chef de l’Etat. Zida a exercé entre 2008 et 2009 comme Casque bleu au sein de la Mission onusienne en République démocratique du Congo ». Durant la crise ivoirienne (2002-2011), il fut un officier de liaison dans le cadre de la médiation menée par le président Compaoré. Et plus grave encore, il a suivi en 2012 une formation antiterroriste en Floride (Etats-Unis), c’est-à-dire sous le contrôle des grandes agences US, dont la CIA, à la tristement célèbre « Ecole des USA », la fabrique des tortionnaires made in USA.

 LVdlR : Autre cas intéressant, le Cameroun. Paul Biya qui était longtemps lui aussi un des favoris du système néocolonial français, s’éloigne aujourd’hui de plus en plus de ce système. On le voit notamment avec la Chine qui est devenue le partenaire privilégié du Cameroun et le rapprochement récent avec la Russie. Parallèlement, on assiste à des tentatives de déstabilisation de plus en plus visibles et évidentes contre ce pays, notamment via ladite organisation terroriste islamiste « Boko Haram ». Le Cameroun doit-il s’attendre selon vous à une déstabilisation agressive dans un avenir plus ou moins proche bien que et il faut le noter beaucoup de Camerounais comprennent aujourd’hui la réalité de la déstabilisation extérieure qui vise leur pays, y compris au sein de l’opposition au gouvernement ?

 Luc MICHEL : Une première remarque. Le Cameroun a vu aussi l’intervention des Réseaux Söros et de son ICG, qui a publié un rapport sur le Cameroun.

Le mode politique et la presse camerounaise ont pris aujourd’hui conscience de ce qui est une politique néocoloniale agressive des USA au Cameroun et ailleurs. Par exemple, ORIENTATIONS HEBDO expliquait en octobre dernier qu’ « Obama Somme Biya de quitter le pouvoir en 2015 s’il ne veut pas connaître une fin tragique par assassinat comme Kadhafi ou la CPI comme Gbagbo ». Pourtant du point de vue légal, les prochaines échéances électorales pour la présidentielle au Cameroun sont prévues seulement en 2018. Ce qui revient à dire que Barack Obama demande à Paul Biya de laisser son siège à quelqu’un de son choix. « Alors dans ce cas Obama prône t-il la démocratie ou la dictature ? » interrogeait l’hebdo camerounais …

Cette semaine encore c’est un media d’influence occidentale, l’hebdo parisien JEUNE AFRIQUE qui lance une grande offensive contre le régime de Paul Biya …

 LVdlR : Et en République démocratique du Congo, Kabila est aussi ciblé ?

 Luc MICHEL : Le président de la République démocratique du Congo, Joseph Kabila, qui a été un des tous premiers ciblés par Washington et tancé par John Kerry lors du sommet de Washington début août dernier, a déclaré il y a dix jours à Kinshasa qu’il n’acceptait pas les « injonctions » de l’étranger relatives à la tenue des prochaines élections dans son pays. « De nos partenaires, et pourvu que cela soit fait dans le respect de notre souveraineté, nous sommes toujours prêts à recevoir des avis, conseils et suggestions, mais jamais des injonctions », a déclaré M. Kabila dans un discours devant les deux chambres du Parlement réunies en Congrès.

C’est un NON défintif à Obama. Et cela laisse augurer d’une future tentative de « révolution de couleur » à l’africaine contre le régime Kabila. Depuis la Conférence Afrique de la NED, les 5-6 août dernier, un appareil de presse anti-Kabila s’organise en tout cas très rapidement.

 LVdlR : Le Burundi est aussi dans le collimateur de Washington ?

 Luc MICHEL : John Kerry s’est entretenu dès l’ouverture du Sommet de Washington avec le président burundais Pierre Nkurunziza devant qui il a plaidé pour le « respect de la loi, de l’appareil judiciaire, de l’armée et d’institutions qui protègent les citoyens ». Le chef de l’Etat burundais lui a répondu, en français, que son pays était en « post-conflit » et qu’il « savourait aujourd’hui les dividendes de la paix ».

Depuis de nombreux mois, les capitales occidentales et des organisations occidentales des droits de l’homme, toujours les mêmes, « s’inquiètent d’une montée des tensions sur fond de violence politique et d’entraves aux libertés au Burundi », à l’approche du scrutin de 2015 dans ce pays des Grands Lacs sorti en 2006 de 13 ans de guerre civile.

 LVdlR : Pour en terminer avec l’Afrique, ce Sommet de Washington en août dernier, qui revient sans cesse, a donc été un piège pour les dirigeants africains ?

 Luc MICHEL : Indubitablement ! Au premier jour des discussions, le vice-président Joe Biden a d’abord appelé les leaders africains à lutter contre « le cancer de la corruption » tandis que le secrétaire d’Etat américain John Kerry insistait sur la nécessité d’ « une société civile forte, le respect pour la démocratie, l’Etat de droit et les droits de l’homme ». Un thème cher à Söros avec son Open Society. Au fur et à mesure que la grand messe du Sommet bâtait son plein à Washington, de plus en plus la cible américaine apparaissait en pleine lumière : implication US en Afrique, contre la Chine mais aussi l’UE, et surtout les changements de régime (7).

Le 5 août, Kabila rencontrait John Kerry. Et le président de RDC a du se faire sonner les cloches sans aucun doute. La RDC est, avec le Rwanda, le centre de la nouvelle implication des USA dans la région des Grands Lacs. Et Washington ne veut pas d’un troisième mandat de Kabila et le fait savoir inlassablement. Le 5 août, Obama, lui, dans une journée pourtant consacrée à l’économie, a réussi à insister lourdement sur les changements de régime. Obama a insisté sur « la responsabilité des dirigeants africains dans la mise en place d’un environnement politique propice au développement économique ».

La grand messe américaine sur l’Afrique s’est terminée le 6 août.

Les chefs d’état africains, mêlés à une multitude d’intervenants américains et africains, ONG, intellectuels, militants pro-américains, tous qualifiés indistinctement de « leaders africains », ont assisté aux trois sessions du Sommet proprement dit : « investir dans l’avenir de l’Afrique », « paix et stabilité régionale » et « bonne gouvernance ». Un grand show de communication de l’administration Obama. Certains diront de propagande.

 LVdlR : Passons maintenant sur deux autres continents, en Asie et en Amérique du Sud. La récente tentative d’une révolution de couleur à Hong-Kong et les maintes tentatives de renversement de gouvernements légitimes en Amérique latine, notamment au Venezuela, nous annoncent-elles dans un avenir proche des déstabilisations au niveau global contre tous ceux qui refusent le diktat étasunien ? Et après le putsch anticonstitutionnel en Ukraine, et donc aux frontières russes, doit-on s’attendre à une tentative de scénario semblable chez notre allié chinois ? 

 Luc MICHEL : C’est déjà fait avec la « révolution des parapluies » à Hong-Kong ! C’est la version chinoise des « révolutions de couleur » qui a démarré avec « Occupy Honk-Kong » et la soi-disant « révolution des parapluies ».  Une déstabilisation qui vise Pékin et fait la Une de l’actualité depuis septembre dernier. On en est très conscient en Chine. J’ai aussi consacré une émission du GRAND JEU à Hong-Kong (8). J’y ai diffusé un document qui fait le buzz sur les réseaux sociaux : « THE FALSE FLAG » (9), les « révolutions de couleur » décryptées par une TV chinoise. Car en Chine comme en Russie, on a appris à identifier la subversion made in USA.

Quand au Venezuela, tentatives de révolutions de couleur sur tentatives s’enchaînent depuis plus de dix ans. Après Chavez, que l’opposition made in USA appelait « la bête », c’est Maduro qui est visé. OTPOR a une section au Venezuela, la JAVU …

 LVdlR : Les adversaires des USA sont souvent taxés de « complotisme ». Vous êtes connu pour être un adversaire des théories du complot. Mais confirmez-vous que ce sont les mêmes réseaux, les mêmes financiers, que l’on retrouve derrière toutes ces vagues de changements de régime depuis le début du Siècle ?

 Luc MICHEL : Ces changements de régime, orchestrés par des spécialistes de la subversion au bénéfice des USA, sont nés dans la Yougoslavie du président Milosevic en 2000. Depuis elles ont essaimé dans toutes l’Europe de l’Est, notamment en Géorgie et Ukraine. Elles ont échoué au Belarus contre Lukashenko et en Russie contre Poutine. Elles ont aussi gagné l’Amérique Latine contre Chavez et puis Maduro. Et elles ont connu une version moyen-orientale avec le soi-disant « printemps arabe ». Sans oublier les divers « Occupy » aux USA (Occupy Wall Street) et en Union Européenne (Occupy Madrid, Occupy Brussels), organisés par le sinistre Söros, l’un des financiers de ces « révolutions » avec son « Open Society », pour des raisons liées à des confrontations internes au sein des oligarchies financières internationales. Il y a bien incontestablement un « deus ex machina » américain derrière tous ces changements de régime …

 LVdlR : Pour finir, quelles sont selon vous les solutions afin de contrer toutes ces déstabilisations macabres, aussi bien au niveau de l’Afrique que du reste du monde ? Quelles actions devraient entreprendre les panafricanistes pour pouvoir enfin libérer leur continent si longtemps martyrisé ?

 Luc MICHEL : Il faut tout d’abord un travail d’information. Car le succès des révolutions de couleur repose sur l’ignorance par les masses des manipulations dont elles sont victimes. Comme le démontre la récupération de la révolution burkinabe. Il faut cibler, identifier, dévoiler les réseaux, les organisations et les hommes de la 5e colonne US en Afrique. C’est la première étape.

La seconde étape c’est un travail de lobbying pour faire adopter des législations interdisant le financement des campagnes de déstabilisation US par l’argent sale américain. Et l’obligation d’un statut public d’ « agent de l’étranger » par la 5e colonne US en Afrique. Il faut que l’Afrique s’inspire de ce qui s’est déjà fait en Russie, au Belarus et ailleurs pour contrer les révolutions de couleur et leurs agents.

 LVdlR : Ne pensez-vous pas que la Russie, la Chine, les autres nations BRICS et nos alliés en général devraient en réponse aux déstabilisations qui nous visent, soutenir les mouvements de contestation dans les pays dont les gouvernements veulent nous forcer à retourner à l’ère unipolaire ? Je pense notamment à la mobilisation actuelle contre les crimes racistes aux USA. Ou bien notre approche serait trop différente de celle de nos ennemis ?

 Luc MICHEL : Vous prêchez un convaincu. Nous ne sommes pas différents. Simplement l’ennemi est organisé, expérimenté, financé. Mais les capitales des BRICS, Russie en tête, subissent depuis 15 ans. C’est partout la défensive alors que la meilleure défense c’est l’attaque. En particulier il faudrait un véritable programme de soutien à l’opposition véritable et aux médias alternatifs dans les métropoles occidentales, à commencer par les pays de l’UE. L’ennemi américain, car il faut désigner l’ennemi sans hésitations, n’est fort que de notre manque de moyens. C’est l’un des soucis permanents depuis 30 ans de mon Organisation transnationale.

 LVdlR : Merci pour vos commentaires !

 Luc MICHEL : Je vous remercie de m’avoir permis de m’exprimer sur ce sujet capital, qui nous concerne tous. Vous savez que mon action s’exerce en Eurasie et en Afrique. Mon point de vue est celui d’un acteur engagé sur tous les fronts. Je pense qu’un Front uni quadricontinental reste la solution efficace contre cette volonté US de domination mondiale, dont les révolutions de couleur ne sont qu’un des instruments.

 Original sur :

http://french.ruvr.ru/2014_12_24/De-nouvelles-revolutions-de-couleur-en-Afrique-et-ailleurs-a-l-horizon-8005/

 Première partie sur :

http://french.ruvr.ru/2014_12_23/De-nouvelles-revolutions-de-couleur-en-Afrique-et-ailleurs-a-l-horizon-8197/

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 (7)  Sur LE SOMMET USA-AFRICAN LEADERS, cfr.

Emission 1 sur :

LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ? https://vimeo.com/102962474

Emission 2 sur :

LES USA AIDENT-ILS A SECURISER L’AFRIQUE ?

https://vimeo.com/102962475

Emission 3 sur :

LES USA BIEN PLACES POUR PARLER DE « BONNE GOUVERNANCE »? https://vimeo.com/102962473

 (8) Cfr. EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (5). OCCUPY HONG-KONG. REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE

https://vimeo.com/114919746

 (9) Cfr. EODE-TV/ OCCUPY HONG-KONG: A COLOR REVOLUTION IN CHINA

https://vimeo.com/114937510

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www.eode.org

https://vimeo.com/eodetv/

La porcata di Natale. Renzi estende il regime del licenziamento individuale a quelli collettivi

ControLaCrisi.org
Autore: fabio sebastiani
 
 
“Altro che rivoluzione copernicana”, il governo Renzi “ha cancellato il lavoro a tempo indeterminato, generalizzando la precarizzazione”. Alla fine di una lunga giornata tra polemiche e scontriinterni alla maggioranza e all’esecutivo,l’unica parola di verità sul Jobs act viene dalla leader della Cgil, Susanna Camusso, che bolla i decreti attuativi come norme “ingiuste, sbagliate e punitive”. Non usa mezze misure, Camusso. “Altro che rivoluzione copernicana –dice – a leggere per norme viene da chiedersi cosa abbiano mai fatto i lavoratori a Matteo Renzi”. La Cgil non trascura di sottolineare come ancora una volta si è scelto di penalizzare i giovani e i nuovi assunti. Anche per questo la Cgil continuerà “ad opporsi in modo forte e deciso a queste norme ingiuste, sbagliate e punitive, nei confronti dei lavoratori e – continua Camusso – userà tutti gli strumenti a sua disposizione per ripristinare i diritti dei lavoratori”.
 
Le nuove regole per i licenziamenti, con l’indennizzo che per i nuovi contratti sostituirà in quasi tutti i casi il reintegro dell’articolo 18. Reintegro che però resterà a fronte di una ‘condanna’ per licenziamento ingiustificato e non potrà essere superato dal datore di lavoro con un super-indennizzo (opting out). Gli indennizzi per i licenziamenti ingiustificati andranno da 4 a massimo 24 mensilità; l’aumento sarà di due mensilità per ogni anno di servizio.Ma la norma più penalizzante di tutti è quella che estende “lo stesso regime” dei licenziamenti individuali ai collettivi. Le nuove norme,infine, valgono anche per sindacati e partiti, prima esclusi.

AZIENDE IN GINOCCHIO LA GRANDE ILLUSIONE DEI 40 TAVOLI RISOLTI

(Salvatore Cannavò).
24/12/2014 di triskel182
 
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SPOT DI FINE ANNO Renzi sbandiera i suoi successi, ma la maggior parte sono soluzioni-tampone pagate con soldi pubblici. E restano 150 vertenze aperte.
 
Matteo Renzi ne fa vanto e lo ha dimostrato ieri con l’ennesimo tweet: “Dopo Terni, Piombino, Gela, Trieste, Reggio Calabria, Electrolux, Alitalia, oggi Termini Imerese. Domani Taranto. Anche questo è #jobsact” . Gli fa eco il ministero dello Sviluppo Federica Guidi che assicura: “Quaranta crisi risolte in nove mesi”. La tv del Pd, Youdem ci ha fatto uno spot con i nomi di tutte le aziende “salvate” (a questo elenco ci siamo attenuti per fare le verifiche che seguono). Dire che non è vero rischia di fare torto ai lavoratori che si sono battuti per salvare il posto di lavoro. Ma, scorrendo i dati delle aziende interessate, le questioni irrisolte sono maggiori di quelle definite. Lo Stato, tramite un ministero dello Sviluppo economico che sembra un Pronto soccorso, tampona, rinvia, mette cerotti.
 
Le imprese italiane preferiscono passare la mano, anche a multinazionali straniere (Cina, Algeria, Emirati Arabi, Belgio). E, sul totale dei tavoli di crisi aperti al ministero   (153), le soluzioni sono una minoranza. Tra le vertenze irrisolte ce ne sono alcune drammatiche come la Meridiana, con i suoi 1634 esuberi, la Trw di Livorno, 400 dipendenti, il settore dei call center con circa 5000 posti a rischio. E se si guarda a quelle risolte i dubbi restano superiori alla media.   Termini Imerese. Insieme all’Ilva è l’ultima in ordine di tempo. Lavoratori dell’azienda salvi con passaggio alla Metec (in orbita Fiat) ma quelli dell’indotto per ora senza prospettive. Le prime vetture ibride solo nel 2018. Ieri l’ok dell’assemblea.   Electrolux. Qui si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà così come modificati dalla legge che ha portato la copertura statale dal 60 al 70%. L’accordo prevede il dimezzamento delle pause, dei permessi sindacali, la riforma delle ferie, l’aumento dei ritmi di lavoro e ha un arco temporale di quattro anni. Con l’ultima legge di Stabilità, poi, il governo ha riportato la copertura per la solidarietà al 60%  Ast Terni. Il piano ha previsto 290 esuberi anche se rubricati alla voce “esodi incentivati”. L’azienda ha garantito la ripartenza produttiva ma i problemi potrebbero riemergere.   Ideal Standard. L’azienda di Orcenico non trova l’accordo con la cooperativa che si candida a soppiantarla e a cui dovrebbe cedere i macchinari e lo stabilimento. Si confida in un accordo, ma non è ancora arrivato.   Marcegaglia. Grazie all’intervento di Otlec, il sito di Marcegaglia Buildtech di Taranto ha salvato gli 84 dipendenti. Non è andata così allo stabilimento in provincia di Lodi dove restano 29 licenziamenti.   Jabil. La multinazionale americana ha accolto la richiesta di sospendere la mobilità fino a successiva convocazione di cui ancora non si ha notizia. Interessati 300 lavoratori su 600.   Eni Marghera e Gela. Eni ha confermato che vuole realizzare investimenti per riconvertire Porto Marghera in una green refinery. I posti di lavoro tutelati nei due stabilimenti, però, saranno ripagati da “un nuovo protocollo di relazioni sindacali per la competitività”.   Natuzzi. Dopo un anno dalla cassa integrazione per evitare 1.700 esuberi nessun accordo è stato finora raggiunto per la proroga degli ammortizzatori. Il governo propone la solidarietà ma al momento si limita a garantire una “cabina di regia”. Intanto sono già attive le produzioni in Romania ma anche l’attività della newco italiana che ha beneficiato di 100 milioni di aiuti pubblici.   Irisbus. Appartenente alla King Long Italia, società italiana del gruppo cinese in collaborazione con Finmeccanica che porta in dote la BredaMenarinibus, l’Industria italiana dell’autobus si impegna ad assumere i 298 dipendenti nel sito di Flumeri ma usufruendo per il 2015 e il 2016 della Cigs.   Bontempi.  Difficile comprendere il termine “soluzione” per la Bontempi che ha messo in cassa integrazione straordinaria 60 dipendenti di Martinsicuro e 33 di Potenza Picena con apertura della procedura di mobilità per 50 dipendenti.   Micron. Crisi tamponata alla Micron di Agrate dove l’intesa evita 419 licenziamenti grazie a un anno di Cigs per 405 persone e 14 esodi volontari. I lavoratori in cassa andranno però spostati in base alle disponibilità tra StMicroelettronics mentre Micron offre 62 opportunità all’estero e 40 in altri siti italiani. Vestas. La multinazionale danese produttrice di pale eoliche aveva deciso di chiudere lo stabilimento Nacelles di Taranto. Al posto della mobilità si è passati alla Cigs per 24 mesi.   Acc. A Mel e Pordenone è stato approvato l’accordo che prevede un taglio di 142 dipendenti (in Cigs) e la riduzione del 16% del costo del lavoro. In cambio, l’acquirente cinese si impegna a rilanciare lo stabilimento tecnologico Officine ferroviarie veronesi. Le Ofv vengono annoverate tra le pratiche risolte perché l’amministrazione straordinaria ha sostituito il fallimento decretato dal Tribunale. Per il momento i 204 posti di lavoro sono tutelati.   Ilva Patric. La struttura del frusinate è passata alla Bruni Service che intende garantire la ricollocazione della forza lavoro ma solo “al realizzarsi di condizioni determinabili dalle parti sociali e dai lavoratori oggi posti in mobilità”.   Gruppo Novelli. L’azienda dell’agroalimentare umbro ha evitato il fallimento proponendo “un graduale riassorbimento” della forza lavoro occupata   Metalba. Intesa tramite procedura di affitto di ramo d’impresa che prevede il mantenimento dei 180 posti di lavoro e la cassa integrazione. Il riavvio delle attività sarà graduale   Alitalia. La vicenda simbolo del 2014 è stata risolta con 2.171 esuberi e la vendita a Etihad, sia pure azionista al 49% per aggirare i vincoli europei.   Rdb. Alla Rdb, rilevata con acquisizione di ramo d’azienda dal gruppo Geve, sono stati salvati 180 lavoratori ma si è fatto ricorso alla Cigs.   Snam Fondogas. La società ha potuto aggirare le proprie difficoltà con la pratica degli esuberi incentivati e il reinserimento di nuove 150 unità utilizzando i contratti di somministrazione e quelli a tempo indeterminato.   Lucchini. Qui ci ha pensato il magnate algerino Isaad Rebrab, a salvare il governo. Con un investimento dichiarato di 3 miliardi, di cui 400 milioni nel 2015, è stato garantito il ripristino dello stabilimento di Piombino per garantire una produzione di acciaio da 2 milioni di tonnellate l’anno. Si vedrà se agli impegni seguiranno i fatti. Ferretti. Il gruppo nautico aveva preannunciato la chiusura dello stabilimento di Forlì con 200 trasferimenti e 53 esuberi. Si chiude, invece, con la mobilità volontaria per 30 impiegati. Sgl carbon. La società è stata acquisita dalla Morex che ha offerto 20 mila euro a coloro che hanno accettato di finire nelle liste di mobilità Pirelli Steelcord. Ceduta ai belgi della Bekaert prevede garanzie occupazionali fino al 2017. Sul dopo occorre ancora discutere con i sindacati. Piaggio Aero. La storica azienda aeronautica è stata ceduta al fondo sovrano MubadalaDevelopment Company, del governo di Abu Dhabi. Anche qui, cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione. Migliore Gd. L’azienda di packaging bolognese si è salvata al prezzo di una intensificazione del lavoro: non più due turni per cinque giorni alla settimana con il sabato di straordinario concordato preventivamente, ma tre turni, compreso quello di notte, di sette ore ciascuno (pagate otto). Ilva Genova. Cassa integrazione in deroga alternata alla straordinaria per 765 lavoratori con la possibilità di destinare, chi lo voglia, a lavori di pubblica utilità nel comune di Genova. Eurallumina. Con la firma del Contratto di Programma, per una centrale termoelettrica e l’ambientalizzazione del sito, si è avuto accesso a un periodo di Cigs per dodici mesi. Keller. Per quanto riguarda la società che occupa 285 lavoratori a Villacidro in Sardegna e 190 a Carini, in Sicilia, il Tribunale di Cagliari ha decretato il fallimento. Il governo ha deciso di intervenire. Italtel. Proroga fino ad aprile prossimo della cassa integrazione straordinaria per 165 lavoratori ma l’azienda punta all’esodo incentivato di 300 persone ridottesi, forse, a 208.
 
Da Il Fatto Quotidiano del 24/12/2014

Teppisti antifascisti assaltano il banchetto della raccolta fondi per italiani bisognosi

agli ultimi ci pensano i giusti. Tanto non sono certo italiani gli ultimi. Gli italiani son tutti ricchi perché evadono le tasse. E’ così che si lotta per l’eguaglianza, gran bell’esempio. L’importante è che gli aiuti non arrivino agli indigeni, per i  quali certo non vengono stanziati 35 euro al giorno
 
mercoledì, 24, dicembre, 2014-
 
 Urla, parolacce, manifesti strappati e un’asta divelta. E’ il bilancio di uno scontro avvenuto nel centro di Segrate, dove un banchetto della Lega è stato preso di mira da un gruppo di tepposti anarchici antifascisti, durante la raccolta fondi per i milanesi bisognosi. «Siamo stati assaltati con pesanti ingiurie e diverse percosse da un gruppo di antagonisti anarchici appartenente a “Martesana antifascista”», racconta il segretario segratese della Lega Nord, Luciano Zucconi sul giorno
Il segretario provinciale del carroccio Riccardo Pase, presente all’evento, racconta l’accaduto. «Appena ci siamo sistemati, siamo stati circondati da una ventina di giovani dei centri sociali che ci hanno insultato e ci hanno fatto capire, in maniera poco democratica, che non gradivano le nostra presenza nonostante fossimo in possesso di un regolare permesso. Hanno divelto le nostre bandiere e rovinato i manifesti, ciò nonostante i nostri ragazzi, hanno portato a termine il loro compito».