Arriva anche la tassa sul cartello degli orari: esplode la furia dei negozianti

http://www.imolaoggi.it/2014/12/12/arriva-anche-la-tassa-sul-cartello-degli-orari-esplode-la-furia-dei-negozianti/

Imola Oggi

venerdì, 12, dicembre, 2014

Ennesima tassa per le imprese: la tassa sul cartello degli orari. E’ polemica a San Donato Milanese, dove vengono multati i negozianti: infatti anche il nome sulle vetrine è considerato pubblicità. “Fanno davvero di tutto per scoraggiarci” dicono sconsolati i negozianti.
L’amministrazione comunale da qualche tempo, racconta il Giornale, ha dato mandato all’agenzia di riscossione (Ica) di riverificare tutte le insegne e le pubblicità dei negozi.
Foto scattate di nascosto, misurazioni fatte a mano con il metro. E poi sono arrivate le multe, non erano molti i negozi in regola. La titolare di una pizzeria spiega come sono andate le cose: “Per 12 anni è stato tutto a norma – racconta la titolare della pizzeria 4 Archi -. Poi, mi vedo recapitare dall’Ica una cartella di pagamento di 2.400 euro perché non avrei rispettato il limite di 5 metri quadrati per le insegne esterne”.
In base alla legge, fino a 5 metri quadrati complessivi non si pagano imposte. Che cosa s’è inventata l’agenzia di riscossione? Tre sanzioni: 1) La tabellina con gli orari della pizzeria contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: 800 euro di multa.
 2) La lavagna con il menù contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: 800 euro di multa.
3) La vetrofania sulla porta contiene il nome «4 Archi», quindi è pubblicità: altri 800 euro.
I casi sono molto numerosi, con alcuni episodi paradossali:
Il paradosso però è stato raggiunto con un’infrazione contestata dall’Ica alla Bottega d’arte orafa: 160 euro per avere esposto quotidianamente in vetrina una lavagnetta con la frase del giorno. Insomma, un semplice aforisma. Che c’entri con la pubblicità non è dato sapere ma il titolare, Paolo Galazzi, ha pagato subito.
 
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A Latina è la mafia ad avere in subappalto le intercettazioni

venerdì, 12, dicembre, 2014
Ma la Commissione antimafia preferisce processare Piero Sansonetti

La Commissione Antimafia, con la sua ineffabile presidentessa Rosy Bindi e il suo vice Claudio Fava, sembrano avercela in particolare maniera contro il direttore del “Garantista” Piero Sansonetti. Lo ha raccontato lui stesso oggi in un articolo che paragonava la propria audizione davanti all’organismo parlamentare a una seduta di un tribunale speciale del fascismo.
Sansonetti era “imputato” di alcune scelte editoriali tra cui quella di avere intervistato il figlio di un boss e dato spazio alle notizie sul pentimento e la ritrattazione di un altro criminale della ‘ndrangheta. Più di avere svolto una serie di inchieste in Calabria. E da ultimo di avere un editore molto interessato agli appalti. Anche se sembra non ne abbia ricevuto alcuno contrariamente alle notizie di cui era in possesso la Commissione stessa.
Va detto che Sansonetti da tempo è nel mirino del partito trasversale della forca (specie per gli avversari politici) dopo la polemica aperta con il procuratore capo di Reggio Calabria Nicola Gratteri a proposito delle riforme un po’ autoritarie che quest’ultimo si dice avrebbe in mente. Almeno dopo che Renzi lo ha messo a dirigere una commissione consultiva ad hoc per riformare i codici penali e di procedura penale.
Sia come sia, fare il processo alle intenzioni a Sansonetti oltre che esercizio di pura inutilità qualcuno può vederlo anche come un attacco alla libertà di stampa da parte di chi dentro alla Commissione sembra fare di tutto per volere rinfocolare la vecchia polemica sui “professionisti dell’antimafia” he già tanti guai portò al grande Leonardo Sciascia.
E questo quando la commissione stessa ha stasera ascoltato invece una storia veramente inquietante su cui varrebbe la pena di concentrarsi lasciando perdere le polemiche con i giornalisti.

Di che si tratta? E’ presto detto: in Italia ci sono realtà come latina dove è più difficile fare indagini sulla criminalità organizzata perché può capitare anche che suoi presunti esponenti abbiano avuto il subappalto dalle rispettive procure dei servizi di ascolto e intercettazione ambientale e telefonica.
Il caso raccontato da Michele Prestipino, procuratore aggiunto a Roma e autore materiale dell’inchiesta “Mafia capitale”, è veramente incredibile: trattasi infatti dell’ arresto di un estorsore con tanto di giubbotto anti proiettile, il quale addosso aveva una chiavetta usb contenente un decreto del gip di autorizzazione a compiere intercettazioni ai danni dei boss di una certa cosca. E nella stessa ci stavano anche i primi brogliacci di un’attività investigativa ancora in corso e iniziata da poco.
Una volta arrestato e identificato, questo signore aveva tirato fuori anche un finto tesserino del Mossad e altre amenità del genere.
Per farla breve Prestipino ha raccontato alla Commissione antimafia che questa persona è risultata poi lavorare per una ditta che aveva le concessioni in subappalto di tutte le intercettazioni nella zona di Latina. Ha anche aggiunto che casi del genere sono già capitati in altre situazioni e in altre parti d’Italia. C’è insomma un mercato del conto terzismo delle intercettazioni che può finire in mano alla malavita organizzata e ci sono personaggi di quel tipo in grado di ascoltare la gente indagata e ostacolare di sicuro le indagini. Concentrandosi su Sansonetti e le sue campagne di stampa garantiste in Calabria, invece che su storie come quella appena narrata, l’organismo politico presieduto da Rosy Bindi dimostra di non capire quali siano le priorità della istituzione che oramai ha una tradizione secolare nel Parlamento italiano.
di Dimitri Buffa – 11 dicembre 2014  –  italia-24news.it
http://www.imolaoggi.it/2014/12/12/a-latina-e-la-mafia-ad-avere-in-subappalto-le-intercettazioni/

L’anti-politica della politica

Il presidente della Repubblica tuona contro l’anti-politica nel pieno dello scandalo di “Mafia Capitale”, sorvolando sulle responsabilità dei partiti così abili nel determinare lo scollamento tra Palazzo e società civile, tra cittadini e onorevoli.

DI LUCA GIANNELLI –

11 DICEMBRE 2014

«La critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, senso della misura e capacità di distinguere è degenerata in anti-politica, cioè in patologia eversiva». Le parole del presidente della Repubblica arrivano nel pieno delle polemiche sulla cosiddetta inchiesta “mafia capitale” ma non sono contro i partiti. Sono contro l’anti-politica, terreno di coltura della corruzione, la cui onda è cresciuta su “rappresentazioni distruttive del mondo della politica”. Come se la corruzione, prima che scoppiasse il fenomeno dell’anti-politica, fosse un fenomeno sconosciuto, come se l’anti-politica  fosse termine di per sé negativo equiparato ormai -per convenzione e superficialità giornalistica- a qualunquismo; come se  -soprattutto- l’anti-politica fosse nata dal nulla e non dalla manifesta incapacità di un sistema partitico tanto proclive a invocare la responsabilità civile dei magistrati, ma nemmeno per sbaglio disponibile a ragionare sulla responsabilità civile dei politici, parlamentari o amministratori locali che siano. Eppure, è lì che si annida il ventre molle di uno Stato in cui sono ormai saltati -gli scandali Expo, Mose e ora il sistema romano sono qui non a dimostrarlo, ma a confermarlo per l’ennesima volta- tutti i sistemi di controllo.
E’ lo stupore, in questi giorni il sentimento più diffuso e propagandato. Lo stupore di tutti quelli che  con i personaggi indagati o arrestati hanno avuto fino a ieri rapporti se non stretti almeno continui e ora si sentono retroattivamente raggirati; lo stupore di quelli che prima non si stupivano affatto che una cooperativa (forma di associazione teoricamente aliena da ogni spirito di lucro) finanziasse partiti e comitati elettorali né che circolassero liberamente per uffici e consiglio comunali o che personaggi condannati e dal passato quantomeno controverso potessero comparire in liste elettorali. E’ la forma tutta italica di un passato che non passa. Ma le ideologie, stavolta, non c’entrano un bel nulla. C’entrano solo i soldi, e i soldi come si sa non hanno colore. Dopo Tangentopoli, ci dissero che era tutta colpa del sistema proporzionale, ci dissero che era colpa di un sistema di appalti poco funzionante, ci dissero che era solo colpa dei socialisti. Piuttosto che ragionare su se stessi e aprire un confronto interno su cosa significasse la parola “rappresentanza”, i partiti preferirono arretrare per un momento, sull’onda dell’emozione popolare, ritrarsi, lasciando spazio a non professionisti della politica, ai cosiddetti “professori” ben contenti di prestarsi a fare da foglia di fico di un sistema che aveva mostrato tutte le sue magagne.
Fu approvato il maggioritario, furono moltiplicati i sistemi di “controllo”, fu introdotto il “certificato antimafia”, molto simile per efficacia e deterrenza a quello di anti-fascismo nell’immediato dopoguerra, furono istituite la famose “Authority”, chiamate a vigilare anche sui politici, ma i cui membri sono nominati dagli stessi politici, secondo il più perverso dei circoli viziosi. I risultati ce li abbiamo sotto gli occhi. Ora -per l’ennesima volta- si sente l’ex rottamanda Rosy Bindi dire che la politica deve alzare la testa, si sente l’ex rottamatore Matteo Renzi diventato presidente del Consiglio urlare come al bar che è “uno schifo” e annunciare un giro di vite anti-corruzione,  sperando che nessuno  ricordi che finora il suo governo non è riuscito nemmeno ad aggravare la pena per quel falso in bilancio che pure era in cima alle richiesta di Cantone, o che lui stesso, all’indomani degli arresti Expo e Mose, aveva detto che il problema non erano le leggi, ma solo gli uomini. Si sentono le solite accuse alle solite “mele marce”…
Ed ecco, in più,  il presidente della Repubblica dirci che la critica della politica di per sé “preziosa e feconda” è degenerata in anti-politica, dirci che auspica «una larga mobilitazione collettiva volta a demistificare e mettere in crisi le posizioni distruttive ed eversive dell’anti-politica», sorvolando sulle responsabilità di queste nostre organizzazioni chiamate partiti, così abili, così efficaci nel determinare lo scollamento tra Palazzo e società civile, tra cittadini e onorevoli così arroccati nelle loro liste bloccate e nel gioco congiunto condotto all’insegna del riformismo da ignorare prima e sottostimare poi la crescita di un movimento come quello a Cinque stelle, ancora una volta indicato (pur senza citarlo esplicitamente) come espressione più compiuta di questa pericolosa deriva, ancora una volta scambiato per causa invece che per effetto…Paradossalmente -con tutte le sue difficoltà e i suoi difetti- proprio l’unico che possa dirsi davvero estraneo al consolidato sistema corruttivo che ha infettato le nostre istituzioni a ogni livello. L’unico infatti a non stupirsi affatto di quel che le inchieste dei magistrati continuano a far venire a galla….
http://www.lintellettualedissidente.it/inevidenza/lanti-politica-della-politica/

Calabria: clandestini in arrivo su yacht lungo 12 metri

di chi era lo yatch? Chi lo guidava? O è partito già alla deriva??? Si potrà indagare o è razzismo?

giovedì, 11, dicembre, 2014

Uno yacht lungo 12 metri con una quarantina di immigrati a bordo e’ stato intercettato dalle unita’ navali della Guardia costiera a circa 60 miglia dalla costa crotonese.
L’imbarcazione, ormai alla deriva, e’ stata affiancata da una motovedetta proveniente da Roccella Jonica che ha preso i migranti a bordo prestando loro le prime cure. L’arrivo al porto di Crotone e’ previsto per la serata di oggi. (AGI)

Catanzaro: 24enne picchiato e violentato da un marocchino

giudice razzista, non si mette in galera una persona straniera che commette un reato, se lo commette è perché è frustrato e va compreso

giovedì, 11, dicembre, 2014

Invitato per bere una birra e vedere un film, sarebbe stato sequestrato e violentato. E’ quanto accaduto a Catanzaro ad un giovane italo-marocchino di 24 anni. E’ stato lui a chiedere aiuto alla sala operativa della Questura, dopo essere riuscito a fuggire dal suo aguzzino.
Alla polizia il giovane ha raccontato il dramma vissuto. Secondo la sua testimonianza, verificata dagli agenti delle volanti, intervenuti sul posto, il ragazzo sarebbe stato invitato a casa da un ventisettenne marocchino, B.J. Davanti alla avances di quest’ultimo, il ventiquattrenne avrebbe provato a lasciare la casa, ma sarebbe stato picchiato e chiuso in una stanza, dove avrebbe subito abusi sessuali.
Solo durante un momento di distrazione del ventisettenne il ragazzo sarebbe riuscito a fuggire ed a chiedere aiuto. Grazie alla ricostruzione fornita alla polizia, il presunto violentatore e’ stato identificato e posto in stato di fermo con l’accusa di sequestro di persona e violenza sessuale. Nel corso dell’udienza di convalida tenuta nel tribunale di Catanzaro, il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere per il ventisettenne. (AGI) .

Americani eletti al governo. Le mani di Obama su Kiev

perché dovrebbero gridare al golpe? In Italia abbiamo tre governi non eletti e lo consideriamo più che giusto, sia mai tornasse il cainano despodestato a suon di spread (e la finanza sa cosa è meglio per i popoli no?)

Americani eletti al governo. Le mani di Obama su KievI dicasteri chiave del nuovo esecutivo affidati a tre naturalizzati. Per combattere meglio Putin. E senza che nessuno gridi al golpe

DI GIAN MICALESSIN – 10 DICEMBRE 2014

L’avesse messo in piedi un alleato di quel cattivone di Vladimir Putin non staremmo certo qui a discuterne. Bruxelles e Washington ne avrebbero già denunciato l’illegalità.

E i principali media europei e statunitensi farebbero a gara nel definirlo un impresentabile governo fantoccio al servizio di una potenza straniera. Ma si tratta di un esecutivo nato con la benedizione di Obama, di Angela Merkel, dell’Unione Europea e sotto la direzione del presidente ucraino Petro Poroshenko, un’ex oligarca del cioccolato tenuto in gran conto tra Washington, Bruxelles e Berlino. Dunque tutti preferiscono non farci caso. Il fatto che il 2 dicembre Poroshenko e il suo premier Arseniy Yatsenyuk abbiano varato un nuovo governo consegnando il dicastero delle finanze a Natalie Jaresko, un’ex funzionaria del Dipartimento di Stato americano trasformata in cittadina ucraina con un decreto d’urgenza non sembra incuriosire nessuno. Nessuno, del resto si chiede neppure perché la poltrona dello sviluppo economico e del commercio sia finita a Aivaras Abromavicius, uno specialista di investimenti in mercati emergenti proveniente, guarda caso, da quella Lituania pronta a rifornire Kiev di armi e munizioni per consentirle di fronteggiare i rivoltosi filo russi delle regioni orientali. E altrettanto normale deve apparire anche la nomina alla Sanità del giorgiano Aleksandre Kvitashvili, già ministro di quel presidente Mikheil Saakashvili che nel 2008 causò lo scontro con la Russia nel maldestro tentativo di riprendersi l’Ossezia del sud. Insomma la nascita di un governo ucraino con ben tre poltrone chiave, tra cui due dicasteri finanziari fondamentali per il futuro del paese, ad altrettanti stranieri naturalizzati ucraini (anche per il lituano e il georgiano è già scattato il decreto di cittadinanza) viene considerata assolutamente normale. Certo per accettarla ci vuole tutta la compiacente benevolenza di una grande stampa europea e statunitense pronta sul caso Ucraina a mettere da parte qualsiasi pretesa di obbiettività.

Nella tripletta di proconsoli chiamati a sorvegliare e ratificare l’operato di Petro Poroshenko e del suo premier la presenza più imbarazzante è senza dubbio quella della signora Natalie Jaresko. Anche perché l’americana Jaresko dopo aver lavorato negli anni 90 per l’ambasciata americana a Kiev ed esser diventata la responsabile di Western NIS Enterprise Fund, un’organizzazione incaricata dal Dipartimento di Stato di finanziare le imprese private in Ucraina, ha utilizzato gli stessi fondi da lei distribuiti per metter in piedi una società d’investimenti chiamata Horizon Capital. Insomma prima di venir promossa ministra dell’Ucraina è riuscita nella non facile operazione di finanziare una propria società con i fondi della «Western NIS Enterprise Fund» affidatigli dal Dipartimento di Stato Americano. Un’operazione del genere in America le sarebbe costata almeno un’accusa di «inside trading».

In Ucraina invece nessuno sembra averci fatto caso. Anche perché l’alchimia finanziaria rientrava probabilmente nella vasta operazione d’investimenti costata oltre 5 miliardi e destinata, come ammesso tempo fa dal vice segretario statunitense per gli affari europei Victoria Nuland, a strappare Kiev dall’orbita sovietica. L’inserimento nel neonato esecutivo ucraino del lituano Aivaras Abromavicius non è meno imbarazzante. Anche perché la scelta di questo secondo viceré è arrivata subito dopo la visita a Kiev del presidente lituano Dalia Grybauskaite. Una visita durante la quale è stata annunciata la disponibilità di Vilnius a rifornire l’Ucraina di armi e munizioni per combattere i militanti filo russi delle regioni orientali. Regioni che la presidente lituana Grybauskaite non ha esitato a definire «stato terrorista» nel corso della conferenza stampa congiunta con Poroshenko.

Fonte:
Il Giornale
http://www.lintellettualedissidente.it/rassegna-stampa/americani-eletti-al-governo-le-mani-di-obama-su-kiev/

La sfida di Salvini: ‘Quale posizione UE sulla strage di Odessa?’

Di fronte alla crisi ucraina, le preoccupazioni per la guerra e la ricerca della distensione fanno superare gli steccati. L’interrogazione parlamentare di Salvini e Chiesa

DI PINO CABRAS –

11 DICEMBRE 2014
    
La crisi ucraina ha permesso sin qui di misurare quanto le vecchie appartenenze politiche contino ormai sempre meno. Per misurare le distanze fra le azioni politiche pesa invece sempre di più il grado di vicinanza o lontananza dall’attuale regime europeo, un sistema che ai cittadini europei impone l’impoverimento tramite l’austerity (con diverse gradazioni di criminalità economica), agli ucraini impone un governo (in mano ai falchi di Washington), mentre alla Russia vuole imporre la fine di qualsiasi rapporto con l’Europa (se non basato sulla sottomissione agli USA).
Tutte le vecchie alleanze saltano in aria davanti a poteri bipartisan che vogliono torcere il braccio all’Europa. Questi poteri usano i mezzi della NATO e la sudditanza dell’Unione europea, in mano a leader ricattabili e subalterni. Se si continua così si va alla guerra, intanto che è ormai guerra economica, dove perdiamo di già.
In Germania abbiamo visto recentemente una clamorosa petizione che va da Wim Wenders agli ex presidenti della Repubblica federale, passando per manager, cantautori, accademici, politici di varie tendenze: l’appello chiede di puntare a una politica di distensione in Europa e accusa implicitamente l’attuale condotta dominante come guerrafondaia.

In Italia la politica internazionale è da anni sottovalutata, ma qualcuno anche da noi ha capito che la posta in gioco è estremamente importante, perché riguarda la sopravvivenza di intere società, paesi, economie: le minacce alla pace sono così forti da spingere a parlare in direzioni nuove, saltando gli steccati. Una personalità che sta tenendo conto di questa posta in gioco è il politico che negli ultimi mesi ha iniziato un’ascesa evidente a tutti, Matteo Salvini. Mille controversie si accendono al farne solo il nome, emerso nella lunga stagione della Lega Nord. Il fatto è che Salvini ora va a concludere definitivamente quella stagione per fondare un partito su base nazionale, che avrà azioni e orizzonti incomparabilmente più complessi del vecchio scenario claustrofobico della Padania bossiana. Un partito nazionale non sposa tutti i movimenti né sarà da questi votato, ma sicuramente parla con molti più soggetti e molti più interessi. Non solo: cerca di avere una politica internazionale completa, legata a un’idea di sovranità che può trovare partner costituzionali che pure si dividono rispetto ad altri temi.
Persino il segretario del PRC della Lombardia, Antonio Patta, dopo aver letto un’intervista di Salvini che proponeva l’uscita dalla NATO, lo ha immediatamente considerato un interlocutore, seppure un interlocutore da sfidare per andare fino in fondo alla questione, come ha notato in un suo comunicato il laboratorio politico Alternativa.
Accade dunque che adesso si scrivano pagine davvero nuove: i testi vanno letti nel merito e senza pregiudizi.
A novembre Matteo Salvini ha presentato, in collaborazione con Giulietto Chiesa, direttore di Pandora TV, un’interrogazione alla Commissione dell’Unione Europea al fine di fare luce sulla strage di Odessa, accaduta lo scorso 2 maggio, oggetto di diversi servizi e inchieste di Pandora TV.

Riportiamo di seguito:
1) il testo redatto da Chiesa e sottoposto dalla Lega alla Commissione europea;
2) Il messaggio di Matteo Salvini a Pandora TV nel quale usa inedite parole di denuncia verso le scelte politiche europee che hanno offerto copertura alla strage e agli atti di guerra in Ucraina.
Buona lettura.

1) IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE SULLA STRAGE DI ODESSA.

Siamo a conoscenza di sconvolgenti episodi di violazione dei diritti umani avvenuti sul territorio dell’Ucraina nei mesi che sono seguiti al colpo di stato del 22-23 febbraio di quest’anno.
Colpo di stato, conclusosi con la cacciata violenta e illegale del presidente Viktor Yanukovic, legittimamente eletto dalla maggioranza degli ucraini. A questo riguardo va detto subito che non c’è traccia nei documenti ufficiali di questo Parlamento e delle altre istituzioni dell’Unione Europea di una qualsivoglia condanna di un tale gravissimo atto, che pure contraddice la lettera e lo spirito del Trattato di Lisbona e dei criteri dello Stato di diritto che esso esprime.
Un tale silenzio è davvero inammissibile, di per sé, poiché costituisce appoggio dell’Europa che si definisce democratica, implicito a una azione illegale.
Ma non è solo su questo che intendiamo interrogare la Commissione. Nei giorni stessi della sommossa che, com’è noto, fu guidata da gruppi armati organizzati di chiarissima provenienza filo-nazista, si verificò un eccidio in piazza, nel quale perirono oltre 100 persone, sia tra i dimostranti che tra i poliziotti. Testimonianze di persone e immagini televisive mostrano che agirono cecchini che spararono sulla folla. E che spararono simultaneamente sui poliziotti. Immagini fotografiche e testimonianze (tra cui la conversazione registrata tra un alto esponente del governo estone e la signora Catherine Ashton) inducono a ritenere che si sia trattato di una provocazione organizzata e criminale, atta a rendere possibile l’esito del colpo di stato.
Le autorità ucraine hanno fino ad ora rifiutato di aprire un’inchiesta su quei fatti, e non danno il minimo segno di voler procedere in quella direzione, nemmeno dopo l’elezione del nuovo presidente Petro Poroshenko. L’Europa non ha nulla da dire al riguardo?
Nei giorni in cui scriviamo questa interrogazione, nonostante la tregua firmata a Minsk, formazioni regolari e irregolari – vere bande armate, ma dotate di mezzi pesanti – continuano a bombardare i centri abitati sotto il controllo delle forze che si oppongono al governo centrale di Kiev. Il numero delle vittime civili ha ormai largamente superato le 2500. Anche secondo valutazioni degli osservatori internazionali risulta che perfino le norme di guerra vengono violate sistematicamente da parte delle forze militari governative o comunque associate all’esercito e in grado di usare le armi dell’esercito regolare. Città come Donetsk, Lugansk, Slaviansk, Kramatorsk sono ridotte in rovina, eppure non sono state sedi di combattimento. Il che dimostra che sono state bombardate con armi pesanti, con razzi, con bombe a grappolo, con bombe al fosforo: tutte armi in possesso delle forze governative. Tutte armi vietate dalle convenzioni internazionali. Tutte armi atte a colpire indiscriminatamente, cioè a uccidere civili disarmati.
E’ una vergogna per l’Europa democratica che le sue istituzioni abbiano fino ad ora taciuto su tali mostruosità, mentre appoggiavano il governo di Kiev che ne era resposabile. E’ una vergogna per l’Europa democratica che la quasi unanimità dei suoi mezzi di comunicazione di massa abbia taciuto tutti questi crimini, lasciando le opinioni pubbliche europee all’oscuro di tutto ciò.
Ma l’episodio più clamoroso, più evidente, più inaccettabile, riguarda la strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio scorso. Una strage – davanti e all’interno della Casa dei sindacati – che ufficialmente ha provocato la morte di 48 persone, ma che in realtà è stata un pogrom nazista in cui sono state uccise, individualmente e sistematicamente, più di 150 persone, oltre a centinaia di feriti miracolosamente scampati all’eccidio.
La versione ufficiale è dimostrabilmente falsa e noi possiamo offrire tutte le prove, giudiziali e stragiudiziali che confermano questo giudizio. Ma le autorità ufficiali, di Kiev e di Odessa, non hanno effettuato nessuna indagine, non hanno trovato alcun colpevole. I morti sono tutti di nazionalità ucraina e di etnia russa. I riscontri dimostrano che non è stato l’incendio dell’edificio (che non c’è stato) a uccidere coloro che vi si trovavano all’interno, fuggiti per evitare di essere massacrati in strada, bensì che quasi tutti i cadaveri ritrovati sono stati uccisi uno ad uno, con arma da fuoco e/o incendiati individualmente.
La polizia, pur presente, non è intervenuta durante l’eccidio. Ci sono filmati che mostrano poliziotti e aggressori sparare sui disperati che cercavano di fuggire dalle finestre. Tutto dimostra che gli assedianti intendevano uccidere. Ma l’unico esito fu che oltre cento persone tra gli assediati vennero arrestate e imprigionate, per essere poi liberate dopo due giorni dalla folla dei parenti e amici che attaccarono a loro volta gli uffici della polizia.
Dunque si è trattato di un vero e proprio pogrom organizzato con la protezione delle forze dell’ordine. Su tutto questo è calato il silenzio. E’ ovvio che i criminali assassini che l’hanno organizzato e coperto non faranno nulla per fare luce e restituire giustizia. Ma è inaccettabile che Bruxelles mantenga il silenzio e ignori i fatti. Noi abbiamo il dovere, voi avete il dovere, di rendere giustizia alle vittime e di far punire i colpevoli.
Il governo ucraino ha già dimostrato di non coler condurre nessuna delle inchieste che noi qui chiediamo di aprire. Dunque si deve prendere atto che solo una o più commissioni d’inchiesta internazionali devono essere istituite perché si torni alla normalità democratica in un paese che è ora giuridicamente “associato” all’Europa.
Le fosse comuni, ritrovate nei pressi di Donetsk e in molte altre località del Donbass, tutte riempite di cadaveri civili, esigono anch’esse un’indagine approfondita. Solo una commissione d’indagine internazionale può effettuarla.
E sollecitiamo l’apertura di un capitolo che finora è stato accuratamente evitato da tutti i media occidentali: quali paesi europei, oltre agli Stati Uniti d’America, hanno finanziato i gruppi estremisti che hanno guidato la piazza a Kiev nelle settimane precedenti il golpe?
Il nostro silenzio collettivo ci condannerà all’infamia di fronte alle future generazioni di europei. La superbia con cui eroghiamo sanzioni agli altri perché non rispettano le nostre norme assume i contorni del ridicolo quando noi stessi le calpestiamo.
Chiediamo che venga istituita una Commissione Straordinaria d’inchiesta del parlamento europeo che esamini con la massima cura tutte le circostanze qui elencate e altre che possono essere avanzate da altre parti. Con urgenza. La crisi ucraina non è affatto risolta. E non potrà esserlo fino a che non sarà stata fatta luce su queste tragedie.

2) MESSAGGIO DI MATTEO SALVINI A PANDORA TV

Pochi giorni fa ho presentato un’interrogazione alla Commissione Europea affinché si faccia luce sulla strage di Odessa, un’altra atrocità della guerra in Ucraina emersa dal pantano della disinformazione italiana solo grazie al coraggio della vostra testata e del vostro direttore Giulietto Chiesa, che peraltro ringrazio per aver personalmente redatto il testo di questo atto parlamentare.
Qualche anno fa, quando entrambi sedevamo al Parlamento Europeo in banchi contrapposti, non avrei mai immaginato che in futuro avremmo iniziato una collaborazione per denunciare l’aggressione dell’Europa ai danni della Russia. Questo non tanto per le distanze ideali che separano me e Giulietto, a colmarle basta l’onestà intellettuale di entrambi, ma soprattutto perché ritenevo inimmaginabile che la classe dirigente europea potesse ancora considerare la Russia un nemico e non un naturale alleato per la sicurezza e la stabilità dell’Unione.
Mi sbagliavo.

La scelta di campo guerrafondaia e cieca di un’Europa delegittimata e allo sbando, risulta oggi ancora più assurda se la si inquadra dalla prospettiva italiana, dove le sanzioni commerciali stanno già mietendo vittime economiche con danni irrecuperabili.
Una guerra economica che per noi ha i tratti del masochismo e che lascia i russi sgomenti, come mi è stato più volte detto, a tutti i livelli, dai cittadini alle più alte cariche della Federazione, durante il mio recente viaggio in quelle terre.
Purtroppo in Italia non si avverte abbastanza l’urgenza di ricomporre questa frattura storica, culturale e geopolitica che rischia di produrre conseguenze gravissime già nell’immediato futuro.
Proprio per questa ragione spero che la leale collaborazione tra me e Giulietto Chiesa, a cui siamo giunti entrambi senza dover rinnegare una virgola del nostro passato, spinga tanti altri a fare fronte comune contro questa sporca guerra: per riprenderci il futuro di pace, democrazia e prosperità che sentiamo tutti di meritare.

Fonte:
Megachip
http://megachip.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=113254&typeb=0

Video – Grecia: pensioni tagliate del 40%. Proteste in piazza “Ridateci i nostri soldi”

il “ribelle Tsipras” ha ribadito piena fiducia ed amore per l’euro. Finge di non sapere che queste sono le condizioni per rimanere nell’euro, ha mai letto il trattato di Maachstricht ed i parametri?

giovedì, 11, dicembre, 2014

“Ridateci i nostri soldi”: con queste parole i pensionati greci sono scesi ieri in piazza vicino al ministero dell’Economia, ad Atene, contro le misure di austerità che affliggono in Paese da oltre quattro anni. Le pensioni sono state ridotte in media del 40%.
Presto potrebbe esserci un cambio di direzione, con un’eventuale vittoria della sinistra radicale anti-rigore di Syriza, data per favorita dai sondaggi.
“Non ci importa chi formerà il prossimo governo”, dice un manifestante. “Per noi la cosa importante è che abbiamo raggiunto il limite, non possiamo più sopportare questa situazione. Per questo siamo determinati nella lotta per riavere quello che ci è stato tolto illegalmente”.
Martedì il primo ministro conservatore Samaras ha deciso di anticipare l’elezione del Presidente a fine dicembre. Syriza lo ritiene un modo per dissumulare nuove misure di austerità e per questo si augura un fallimento del voto che aprirebbe la strada a elezioni parlamentari anticipate.
http://www.imolaoggi.it/2014/12/11/video-grecia-pensioni-tagliate-del-40-proteste-in-piazza-ridateci-i-nostri-soldi/

Video – L’Italia affonda, la Cgil organizza ballate pro-immigrati

ognuno difende il suo business, si si certo, solo buoni sentimenti da libro cuore

 giovedì, 11, dicembre, 2014
Tutti insieme, tutti diversi. La Cgil organizza un ballata pro-immigrazione a Napoli in piazza del Gesù come festa dell’integrazione.
 
Migranti, musica etnica, danze “per fermare la nuova ondata di odio e di razzismo”

Chi si offende per il presepe è più ottuso di Erode

dopo secoli che si fa il presepe a scuola ora non va più bene. E’ offensivo. Perché allora non si abolisce i credi, anzi il solo credo che da fastidio a quanto pare, cioè il cristianesimo? Sarebbe più coerente, così smetteremmo di assistere a tutte ste manfrine fastidiose e forse sarebbe chiaro quanto la tolleranza debba essere “discriminatoria”.

Il giorno dell’Immacolata, a casa mia, facevamo il presepe. Il giorno dopo lo facevamo a scuola. Era la scuola De Amicis, come la famosa scuola presepofoba di Bergamo. Vorrei dire ai cretini che aboliscono il presepe per non offendere i non cristiani, cosa si perdono e cosa fanno perdere ai bambini.


DI MARCELLO VENEZIANI – 11 DICEMBRE 2014
   
Il giorno dell’Immacolata, a casa mia, facevamo il presepe. Il giorno dopo lo facevamo a scuola. Era la scuola De Amicis, come la famosa scuola presepofoba di Bergamo. Vorrei dire ai cretini che aboliscono il presepe per non offendere i non cristiani, cosa si perdono e cosa fanno perdere ai bambini.

Il presepe era la nascita di un bambino, di una famiglia, di una (…)

(…) comunità. Era il calore in pieno inverno, era il cielo stellato nel gelo di dicembre, era la luce al buio della notte. Il presepe consacrava la famiglia, quella composta da padre, madre e figlio, e celebrava la casa, anche se ricordava una nuda grotta. Il presepe era un esempio magico di edilizia sacra, tramite un lavoro collettivo; bambini di ceto diverso e capacità diversa insieme costruivano una miniatura di universo e umanità, una città di anime e corpi, umili e gloriosi. E in quella famiglia vedevano la loro, anche se si trattava di una famiglia speciale, povera ma altolocata che partoriva a cielo aperto, senza un’ostetrica; in quel paese che si chiamava città del pane (Betlemme) riconoscevano il loro; in quelle facce di pastori, venditori, pellegrini ritrovavano quelle dei loro conoscenti. Il presepe era il modo concreto e favoloso per rappresentare l’alleanza tra il cielo e la terra, tra uomini e animali, tra popoli e sovrani, tra oriente ed occidente. Nel presepe vedevamo per la prima volta insieme bianchi e neri, persino i re magi rispettavano l’integrazione perché uno dei tre era moro, rispecchiando alle perfezione i rapporti tra indigeni e migranti. Nel presepe imparavamo a riconoscere ed amare la natura, la bellezza dei monti riprodotti in carta da imballaggio travestita e maculata, dei fiumi e dei laghetti, anche se erano specchietti rubati alla vanità femminile, il muschio vero e la neve finta, poi gli alberi e le palme, il cielo stellato e il prodigio di una stella cometa posata sopra una grotta, spesso in modo precario. Nel presepe acquistavano dignità gli animali più umili, a cominciare dall’asino e dal bue, primi caloriferi animati per un Divino Utente e per i suoi santi congiunti. Poi c’erano le papere, le pecore e le oche, ondeggiavano tra le dune serafici cammelli, si affacciava qualche maiale e gli agnelli acquistavano umanità nel loro viaggio verso la capanna. Il presepe apriva i cuori all’aspettativa, alla nascita. Era un esempio di fiducia miracolosa nell’avvenire, una comunità fondata non sull’interesse e sullo sfruttamento ma sul comune amore per un Bambino che nasce, per una fede che unisce. Chi dovrebbe offendere una rappresentazione così dolce e innocua di vita, religione e comunità? Del presepe si possono sentire leggermente offesi solo gli eredi di Erode, o quelli che a Gesù Bambino preferiscono Gesù abortino. Da cosa dovrebbero sentirsi offesi gli islamici, se perfino la location del presepe è loro assai famigliare e non c’è nulla ma proprio nulla contro la loro religione, anche perché l’evento natalizio la precede di alcuni secoli? E i bambini atei o semplicemente non credenti, o meglio figli di atei e di non credenti, in cosa dovrebbero sentirsi offesi, da un bambino che nasce, da un tributo d’amore, dallo sfarfallio di angeli con la chitarra? Più che l’angelo sospeso in cielo magari a loro colpirà il filo a cui sono appesi, ma che danno avrebbero da un presepe? Al più sarà per loro una bella favola, come Babbo Natale e Halloween, anzi una «narrazione». Per chi crede, invece, il presepe è il sacro ad altezza d’uomo, di santità a domicilio, di spiritualità che si fa carne, popolo e paesaggio, di una divinità che prende in braccio il mondo e lo accarezza. È anche aspra la religione, è anche tosta, esige sacrifici, è martirio e sopraffazione, a volte è l’alibi per esercitare violenza e dominio; ma nel presepe no, è un esempio mite di comunità armoniosa, di una beatitudine casereccia, perfino musicale. Poi quando si spegnevano le luci intorno e restavano accese solo le luci del presepe e ciascuno aveva in mano una candelina e si allestiva una piccola, sgangherata processione, in aula o in casa, per far nascere il Bambino, quella comunità si faceva comunione e avvertivi in quella stanza la magia di una nuova presenza. Tu scendi dalle stelle e porti il cielo in una stanza.

Fonte:
Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/news/politica/chi-si-offende-presepe-pi-ottuso-erode-1073860.html