Terzo valico, una giornata impegnativa, ne parliamo con Guido Fissore

Sarà come la volta scorsa con cariche al cs?

di Valsusa Report.

Da questa mattina i proprietari terrieri e gli oppositori alla Grande Opera chiamata Terzo Valico, si sono radunati ad Arquata sullo Scrivia. Hanno piazzato delle tende e dall’alba intorno alle 6 si sono messi di traverso in questa giornata dichiarata dal Cociv per gli espropri. Espropri che riguardano anche il terreno dove sorge lo storico presidio del Movimento No Tav – Terzo Valico. Dalla Valsusa sono partiti con i pulman e resteranno lì fino a tarda sera, l’intenzione è quella di far passare la mezzanotte, in modo che l’esproprio non sarà più eseguibile.

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Ci avevano provato già il 30 luglio di quest’anno, sembrava tutto tranquillo, quando ad un certo punto le squadre antisommossa hanno caricato con lancio di cs sconfinando anche in proprietà private degli attivisti, cariche e spintoni in profondità a spazzare via l’opposizione, questa volta i numeri sono differenti, all’appuntamento vi sono centinaia di persone dei vari movimenti contro le brutalità ambientali.

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Dovevano essere due gli espropri, uno appunto il terreno del presidio e l’altro il terreno di un attivista come dichiarato dal sito No Tav – Terzo Valico ” il terreno  del “nostro” Sandro, recentemente scomparso, non ci sarà. Purtroppo i suoi eredi hanno deciso di accordarsi col Cociv accettando l’offerta che il consorzio gli ha rivolto per concludere l’esproprio con trattativa privata.

La giornata sarà ancora lunga e favoriremo gli aggiornamenti.

Ore 14, l’arrivo degli operai era previsto per le 9 di mattina, ma i No Tav Terzo Valico, rinviano l’esproprio.

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Giornata di blocchi al cantiere di Arquata, in tre punti con l’andare del tempo si sono posizionati gazebi e materiale che impediscono all’azienda Cociv di lavorare. Bloccando il cantiere di Radimero, ma anche quelli di Voltaggio e Liberna, dove era diretto del materiale trasportato dai camion, il fronte del presidio si è allungato.

Ne parliamo con Guido Fissore

V.R. 10.09.14

La privatizzazione della Giustizia Civile ad uso e consumo dei ricchi

http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/giustizia/2014/09/la-privatizzazione-della-giustizia-civile-ad-uso-e-consumo-dei-ricchi-1.html

Parlamento 5 Stelle

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Scritto da M5S Senato News pubblicato il 10.09.14 

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  • Altro che ridurre i tempi del processo civile! La riforma del governo che sta per uscire dal cilindro del governo produrrà tutt’altri effetti. La riforma prevedrebbe, infatti, l’introduzione di un separato sistema giudiziale (civile) sempre più privatizzato e, di conseguenza, accessibile solo a chi potrà permettersi di pagarlo.

In sostanza, secondo la bozza di riforma presentata a fine agosto dalla maggioranza, le liti potranno essere risolte rivolgendosi ad arbitri, mediatori e avvocati in maniera privata e pagando esose parcelle a questi professionisti. E soprattutto, a discapito dell’imparzialità della decisione.

E chi invece non ha i soldi sufficienti per accedere alla nuova giustizia privata? Niente paura, il cittadino potrà sempre rivolgersi al proprio giudice naturale, pagando contributi e marche da bollo sempre più cari e attendendo, in ogni caso, circa 5 o 6 anni per ottenere una sentenza definitiva. Nel frattempo, il povero cittadino avrà vinto la causa, ma magari il suo debitore avrà già fatto sparire tutti i suoi beni e lui si ritroverà a dover pagare anche l’avvocato senza recuperare il dovuto.

A nostro avviso una seria riforma del Codice di procedura civile, che possa davvero rendere efficiente e veloce la macchina della giustizia, dovrebbe prevedere: l’eliminazione di tante inutili udienze e passaggi morti del processo, l’introduzione di riti brevi, simili a quelli previsti per controversie di lavoro, ed il completamento di informatizzazione. Solo così si può salvaguardare il diritto di tutti ad accedere alla giustizia “pubblica”.

MULTE “INSPIEGABILI” A SANT’AMBROGIO? LA DENUNCIA DI UN LETTORE

http://www.valsusaoggi.it/?p=5438

 

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A Sant’Ambrogio si danno forse multe “inspiegabili”? Il caso è stato segnalato a ValsusaOggi da un lettore di Sant’Antonino, M.B..

La figlia ha ricevuto pochi giorni fa una contravvenzione salatissima: 192 euro da pagare e la decurtazione di 6 punti dalla patente, perchè avrebbe violato due articoli del Codice della Strada (il 43 e il 146). Secondo i verbali della polizia municipale, “una donna di età compresa tra i sessanta/sessantacinque anni, capelli canuti e corporatura robusta” non si sarebbe “arrestata alla segnalazione manuale e al suono emesso dal fischietto” del vigile urbano che era in servizio vicino alla scuola Nino Costa, in corso Moncenisio e lungo l’intersezione di via Trieste. Il fatto sarebbe avvenuto il 22 maggio, alle ore 8.26 del mattino.

Ma il lettore non ci sta e ha deciso di fare ricorso al Giudice di Pace: “E’ una multa inspiegabile. Posso assicurare che mia figlia non guidava l’auto quel mattino, così come non la guidava mia moglie – afferma –  l’auto era in cortile, nessuno di noi alle 8 del mattino era in viaggio a Sant’Ambrogio”. A destare ancora più perplessità è la descrizione della persona alla guida fornita sul verbale dei vigili, che non si sarebbe fermata allo stop dell’agente di polizia municipale: “Nè mia moglie, nè mia figlia hanno corporatura robusta, mia figlia ha i capelli neri ed è magrissima, mia moglie anche e ha i capelli biondi – aggiunge M.B. – inoltre non farebbero mai una cosa simile, per giunta alle 8 del mattino a Sant’Ambrogio. Quando siamo andati alla polizia municipale a chiedere chiarimenti, ci è stato detto che l’agente in servizio ha preso nota della targa, anche se non sono state fatte fotografie al mezzo, nè ci sono immagini che provano la violazione. Ma trattandosi di un pubblico ufficiale, ovviamente, la sua parola prevale sulla nostra”. La targa e il modello di auto infatti corrispondono. Sempre secondo il verbale dei vigili di Sant’Ambrogio, “l’agente era appiedato, e impegnato a regolare il traffico, pertanto impossibilitato a raggiungere il veicolo”..

La famiglia di Sant’Antonino vuole andare fino in fondo, non solo con il ricorso al Giudice di Pace, e fanno un appello: “Per caso mia moglie ha saputo, parlando alla posta con un’altra signora, che non si tratterebbe di un fatto isolato, e che anche altre auto avrebbero subito multe simili e inspiegabili. Queste contravvenzioni consistono in una multa da 192 € e la sottrazione di sei e dico, sei punti dalla patente senza che il conducente possa dimostrare il contrario. Se il caso fosse unico si potrebbe pensare ad un errore, potreste indagare un pochettino?”.

Proprio per questo motivo ValsusaOggi pubblica la segnalazione di questo nostro lettore. Attendiamo un’eventuale replica della Polizia Municipale, o l’intervento di altri automobilisti della bassa Valle incappati in episodi simili. Per segnalazioni: redazione@valsusaoggi.it

Padalino e Rinaudo via dal maxiprocesso #notav

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Padalino e Rinaudo via dal maxiprocesso #notav

Leggiamo oggi, nell’edizione locale de La Repubblica, la decisione della Procura di Torino di togliere ai pm Padalino e Rinaudo il maxiprocesso ai 53 no tav. Un processo dall’alto valore simbolico su cui aveva investito molto l’ex procuratore Caselli e che finora era stato orchestrato principalmente dalla coppia.

Il processo riprenderà il 16 di settembre ma senza i due pm con l’elmetto.

Ne approfittiamo per riproporre il dossier sulle strane amicizie di Antonio Rinaudo, e per ricordare il finto pestaggio del suo autista (in realtà si scoprì che si era autopestato), che aveva spinto i giornali a incolpare immediatamente i no tav e il pm a dichiarare: “Il mio autista aggredito per intimorire i giudici. Colpiscono chi è indifeso. Se è vero che non hanno mai aggredito le persone? Certo, ma c’è sempre un’ora zero”. E il suo sodale Padalino a rincarare: “L’aggressione dell’altra notte è un tipico atteggiamento intimidatorio mafioso. Queste cose le ho dette anche in aula, durante il processo per un’altra aggressione. Lì il teste era imbarazzato, impaurito. L’ho detto che, certe scene di minaccia appartengono ad altri mondi, ad altre parti d’Italia. Ma questa, ormai, è l’atmosfera che si respira”

Ritorna Asterix!

I No Tav francesi di nuovo in marcia il 27 Settembre. Un movimento in crescita che preme sulle difficoltà economiche transalpine e cerca sempre più il collegamento con la Val Susa.

di Fabrizio Salmoni

 Le decisioni sono state prese sabato 6: i No Tav francesi, di concerto con quelli italiani, convocano una grande manifestazione per sabato 27 settembre nelle zone adiacenti il valico del Moncenisio, con rinforzi da Chambèry. A trainare la mobilitazione i Comitati contro la Lyon-Lurin (Cclt) che da tempo hanno incrementato il lavoro politico sulla popolazione e che tengono molto a rinforzare i legami transfrontalieri con la Valle che resiste.

Sabato 27 settembre dunque si muoveranno alle 9.30 due carovane di manifestanti che daranno vita a “presidii volanti” di propaganda rinforzati da bande musicali con percorsi diversi a partire da Lanslebourg, sotto il Moncenisio, per riunirsi nella piazza principale di St. Jean de la Maurienne.

Una terza carovana si muoverà da Chambèry per convergere sulla stessa destinazione.

Sembra quindi solo questione di tempo perchè armate congiunte di barbari si riversino sull’accampamento romano di Chiomonte, presidiato dai legionari e dai mercenari di  MarioViranus Immondus.

(F.S. 08.09.14)

Francia. Una lettera per argomentare le ragioni del NO al Ministro dell’Ecologia Ségolène Royal

Il comitato NoTav francese CCLT ( Collectif Contre le Lyon-Turin di Chapareillan ) invia e invita ad inviare una lettera al ministro dell’Ecologia e al ministro dei Trasporti, dove mette in evidenza i motivi di contrarietà alla Torino-Lione.

di Leonardo Capella

Riportiamo la traduzione della lettera che il comitato NoTav francese CCLT ( Collectif Contre le Lyon-Turin di Chapareillan ) ha inviato al ministro dell’ecologia Ségolène Royal sulla quale vengono argomentate le motivazioni di opposizione alla nuova linea Av. Copia della medesima lettera è stata indirizzata anche al ministro dei trasporti Frédéric Cuvellier.

Il comitato CCLT ha invitato contestualmente i cittadini e le associazioni ad inondare i ministeri dell’Ecologia e dei Trasporti  inviando copia dello scritto . Riteniamo che la lettera sia utile a comprendere la visione dei nostri cugini d’oltralpe sulla Torino-Lione e le sue tante contraddizioni. Le informazioni richiamate all’interno della lettera possono sicuramente essere anche fonte di riflessione per la politica italiana.

L.C. 8.9.14

Mme Ségolène ROYAL

Ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile e dell’Energia
Grande Arche 

Tour Pascal A et B 
92055 La Défense CEDEX

Chapareillan, 08 agosto 2014

Oggetto : Lyon-Torino – Richiesta d’intervento

Ministro,

Recentemente Lei si è espressa per quanto riguarda l’autostrada A831, rilevando che non era realistico impegnare 900 millioni di Euro per 60 km di un progetto contestabile sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ecologico.

Esiste un altro progetto che nel solo tratto internazionale costerà alla Francia 7 milliardi di euro per 65 km : si tratta della linea ferroviaria Lyon-Torino, altrettanto contestabile sotto i profili economico, ecologico ma anche democratico.

La linea Lyon-Torino è una aberrazione economica perchè da 20 anni, tutte le previsioni che giustificavano questo progetto sono state smentite ; infatti :

• Gli “esperti” annunciavano 60 milioni di tonnellate di merci (strada e ferrovia) nelle Alpi francesi per il 2012 ; ne passano oggi solo 22,4 ed il volume è in continua diminuzione dal 1994;

• Annunciavano 2,5 milioni di camion all’anno (Monte-Bianco e Fréjus), ne circolano oggi la metà. Meno che nel 1989 !

• Annunciavano il trasferimento di 300.000 camion sulla ferrovia esistente ammodernata e adattata al gabarit GB1, i lavori sono stati realizzati per un costo di 1 miliardo di Euro, nel 2013 ne sono passati solo il 10%;

• Annunciavano la saturazione della linea esistente e dei tunnel autostradali per il 2010, oggi questa viene utilizzata solo al 17% della sua capacità benchè avrebbe la capacità di accogliere TUTTI i camion transitanti per i tunnel del Monte-Bianco e del Fréjus;

• Là dove alcuni vedono nella linea ferroviaria Lyon-Torino un importante corridoio di scambio di merci trans-europeo, è in realtà soprattutto una montatura : il numero di camion in transito trans-europeo dagli accessi Fréjus e Monte-Bianco, è inferiore al 15% del totale !
• Il costo globale previsto del progetto, stimato 12 miliardi di Euro nel 2002, è esploso a oltre 26 miliardi di Euro oggi, dei quali 13 a carico della Francia. L’aumento dei costi nonchè l’assenza di redditività socio-economica del progetto sono stati severamente criticate dalla Corte dei Conti.

La linea Lyon-Torino è un’aberrazione ecologica perchè :

• Prevede la cementificazione di 1500 ettari di terre ;

• Prevede il drenaggio di centinaia di milioni di metri cubi di acqua ogni anno, mettendo in pericolo la fornitura d’acqua di alcuni comuni; la modifica dello scorrimento delle acque superficiali costituisce ugualmente una minaccia preoccupante per la biodiversità.

• Simboleggia una logica di sviluppo obsoleto che privilegia il trasporto di merci e di persone “sempre più veloce” tramite lunghe gallerie di comunicazione tra grandi poli urbani per una minoranza, allorchè converrebbe incrementare le linee locali e la trasformazione dell’economia in modo da sviluppare il trasporto di persone e merci su distanze brevi;

• Distoglie oggi centinaia di milioni di denaro pubblico nella realizzazione di gallerie esplorative, quando l’insieme della rete ferroviaria locale si trova in uno stato critico e pericoloso, per la mancanza di mezzi finanziari. Ritardi, incidenti… Viene fatto di tutto per dissuadere i Francesi nel prendere il treno per i loro spostamenti quotidiani. Invece le autovetture ingorgano le strade, e sono responsabili dell’ 80% dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, e del 70% nelle aree non urbane. La vera posta in gioco per uno sviluppo sostenibile è il trasferimento degli spostamenti su ruota verso quelli su rotaia, attraverso una politica volta all’incremento ed al miglioramento della rete ferroviaria regionale (raddoppiamento dei binari unici tra Chambéry e Annecy e dei convogli, aumento delle frequenze…);

• La vera logica ecologica richiede che si privilegi l’utilizzo delle linee esistenti già rinnovate, ma sotto-utilizzate, rispetto alla costruzione di nuove linee estremamente costose e devastanti.

La linea Lyon-Torino è un’ aberrazione democratica perchè :

• La sua configurazione attuale non è mai stato oggetto di dibattito pubblico

• Il progetto continua ad avanzare spinto dalle grandi lobbies sovvenzionate dal danaro pubblico, malgrado gli avvertimenti ripetuti dalla Corte dei Conti che critica l’assenza di un finanziamento adeguato, la debole reddività socio-economica, e si rammarica che « tutte le soluzioni tecniche alternative meno costose siano state scartate senza essere state sottoposte ad analisi più approfondite”.

Tutte queste ragioni, Signora Ministro, contribuiscono a fare della linea Lyon-Torino uno dei troppi numerosi soggetti che allontanano i Francesi dalla politica.

Poichè le sue dichiarazioni la collocano tra i dirigenti politici che tentano di mettere il buon senso davanti una politica solo di parte, le chiediano il suo sostegno pubblico per evitare che venga realizzato questo ulteriore “grande progetto inutile e imposto”, a fianco dei 1500 Francesi che hanno depositato un ricorso al Consiglio di Stato nel febbraio 2014.

Ci auguriamo di poterla incontrare per sottoporle questo dossier, redatto da tecnici competenti, che drena denaro pubblico a discapito di altre priorità e della sicurezza.

Nell’attesa di una sua cortese risposta, le porgiamo, Signora Ministro, i nostri rispettuosi saluti.

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Dall’assemblea sulle lotte territoriali in Valsusa

Negli anni attraverso queste mobilitazioni, nate in tutto il territorio nazionale le persone hanno imparato a vedere in modo differente il mondo circostante.

Durante la prima settimana di settembre, la Val di Susa è stata teatro di un intenso programma di iniziative di lotta e di confronto che hanno visto come protagonisti il movimento valsusino e le realtà studentesche provenienti da tutta Italia. 
 
Queste ultime sono in stretto contatto fra loro ormai da molto tempo e portano avanti un percorso comune a livello prettamente studentesco, ma negli ultimi anni sono emerse l’esigenza di ampliare gli orizzonti di lotta e la volontà di inserirsi ed intervenire anche all’interno di contesti che trascendono le mobilitazioni e le battaglie che vengono portate avanti nella dimensione scolastica.
Da qui è sorto il bisogno di trovare un momento di confronto che sia in grado di costruire una connessione concreta tra tutte quelle lotte che sono attive nei territori per contrastarne la devastazione.
Mercoledì 4 settembre, al presidio di Venaus, ha avuto luogo un’ assemblea sulle lotte territoriali.
Tante le realtà presenti dal nord al sud e tanti i temi toccati, dalla lotta all’alta velocità a quella contro le antenne di Niscemi, dalle mobilitazioni della logistica a quelle contro la devastazione ambientale in Calabria, dalle lotte degli studenti milanesi contro l’Expo fino ad arrivare alle lotte all’interno dei quartieri.
 
Molti giovani hanno raccontato e condiviso quello che succede all’interno dei propri territori, e proprio da questa assemblea è uscita la volontà di condividere le lotte e l’esigenza di avviare un percorso di condivisione e contaminazione delle stesse.
L’assemblea si è conclusa con la proposta di creare una piattaforma multimediale in grado di garantire uno spazio di confronto, analisi e condivisione delle lotte territoriali degli studenti e non solo al fine di consolidare ed allargare i movimenti.
Una delle cose che collega questi ultimi in modo trasversale, è la repressione che viene esercitata e dettata da linee politiche ben precise che hanno come unico obiettivo quello di stroncare sul nascere ogni tipo di dissenso .
 
Questa strategia portata avanti dalle diverse controparti, non deve essere vista come motivo di disgregazione, ma di unione e di forza.
Proprio per questo giovani e meno giovani, hanno deciso di  dire basta a questo processo repressivo, riprendendo in mano la propria vita, unendosi e creando delle nuove forme di convivenza e di lotta diventandone protagonisti in prima persona. 
 
Negli anni attraverso queste mobilitazioni, nate in tutto il territorio nazionale (No Tav, No Muos, No Terzo valico ecc.), le persone hanno imparato a vedere in modo differente il mondo circostante.
E’ venuta così creandosi, dal basso, una nuova coscienza politica, il cui impegno semplice, generoso e collettivo, della difesa del proprio territorio mette in discussione l’arroganza e le gerarchie di un potere abituato ad usare e gettare gli esseri umani e la natura, quando non gli servono più.
Ci stanno togliendo ogni diritto e la dignità di persone, e al bisogno sociale di lavoro, casa, sanità, cultura, servizi, qualità di vita, rispondono con le grandi “male” opere, i grandi eventi, la distruzione delle risorse, la privatizzazione dei servizi, la guerra all’uomo e ai territori.
Per questi motivi riteniamo importante creare altri momenti di confronto collettivo e condivisione delle varie esperienze di conflitto, tale da permetterci di consolidare ed estendere la rete di opposizioni che esiste e che deve crescere.

Parigi apre la questione del deposito delle scorie nucleari italiane

L’allarme è lanciato da un articolo de La Stampa (9 settembre 2014) si teme che la sistemazione temporanea di Saluggia diventi definitiva.

di Alfonso Navarra.

La Francia, riferisce la Stampa di ieri, 9 settembre, ha deciso di bloccare il trasferimento del combustibile nucleare da riprocessare. I trasporti nucleari da Saluggia via Val Susa a Les Hague vengono, al momento, interrotti.

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Sappiamo, in particolare noi valsusini, ed habituée delle lotte NO-TAV, che da Saluggia (sede di depositi temporanei di rifiuti radioattivi) e Trino (ex centrale nucleare) le scorie nucleari vengono inviate via treno a Les Hague per un riprocessamento che, in teoria, dovrebbe mettere in sicurezza i rifiuti atomici, ma che, in pratica, combinano poco o nulla in questo senso. Lo sappiamo perché il movimento No Tav ha organizzato, in particolare a Villar Focchiardo (Comune che a suo tempo ha predisposto un ricorso al TAR), convegni sull’argomento ed ha attivato, in collaborazione con i francesi di Sortir du Nucléaire, una Rete di attivisti che protestano per ostacolare con blocchi nonviolenti il percorso dei treni radioattivi.

Dopo, le stesse scorie trattate nell’impianto francese, dovrebbero compiere il cammino a ritroso per l’immagazzinamento in Italia nel deposito unico di stoccaggio che dovrebbe essere pronto entro il 2025. Ma a Parigi, in soldoni, non si fidano che potremmo, noi “italiani”, riprendere le scorie indietro, costruendo il deposito entro questa scadenza del 2025. Ed ecco la decisione di sospendere i viaggi. Dopo i cinque viaggi già effettuati, informa la Stampa che “a Trino restano ancora 47 barre di combustibile nucleare esaurito e a Saluggia 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato che aspettano di varcare le Alpi per essere riprocessate”. Sarebbero necessari ancora tre viaggi per riprocessare questo materiale residuo.

Per la sede del deposito italiano, che sarà di superficie (e dunque non sotterraneo come quello a suo tempo ipotizzato a Scanzano Jonico), Giampiero Godio, di Legambiente Piemonte, è portato a puntare su Saluggia, in provincia di Vercelli. Sostiene Godio, ricercatore ENEA all’Eurex di Saluggia, che “l’Italia è quel Paese noto per far diventare definitivo il temporaneo.

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A Saluggia c’è già depositata la maggioranza delle scorie radioattive italiane nei centri D2 e D3, tra l’altro in una collocazione “infame”, a ridosso della Dora Baltea (io parlerei di catastrofe annunciata, le esondazioni del fiume sono frequenti!); ed è quindi concretissimo il rischio che si decida per mantenerle laddove la gente si è abituata a sopportarle”.

Altre voci, riportate dal quotidiano torinese, ipotizzano che il deposito sarà localizzato in una di queste quattro Regioni: Puglia, Lazio,Toscana, Basilicata.
La struttura, riferisce il giornale, “dovrebbe accogliere fino a 90mila metri cubi di materiale radioattivo, e sarà grande come un campo da calcio, nonchè alto quanto un palazzo di cinque piani. Lo scorso 4 giugno l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha ufficializzato i criteri per la localizzazione dell’impianto, che successivamente sarà realizzato dalla società pubblica Sogin, azienda che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, appena uscita da periodo di sprechi, scandali e indagini. Entro il gennaio del 2015 bisognerà così definire una mappa delle aree “potenzialmente idonee” per il deposito”.

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I tempi: secondo le previsioni, il sito si sceglierà entro la primavera del 2016; la costruzione si farà entro il 2022, e prevederà anche la creazione nell’area del Deposito di un “Parco Tecnologico”, dedicato alla ricerca e alla formazione su decommissioning, gestione dei rifiuti e radioprotezione. Il costo complessivo, dicono alla Sogin, sempre secondo la Stampa, “sarà di 1,5 miliardi di euro, che saremo noi italiani a pagare attraverso un (ennesimo) contributo sulla bolletta dell’elettricità. Altri osservatori però stimano la spesa finale in una somma più vicina ai 2,5 miliardi”.

Per aggiungere qualche nota personale, direi che i francesi hanno motivi seri per dubitare in quanto va ricordato, ad esempio, che secondo legge 368 del 2003, di recepimento di direttive UE a loro volta derivate da direttive Euratom, il deposito nazionale avrebbe dovuto essere operativo entro la fine del 2008. Ma siamo al punto in cui siamo, cioè di fatto si sta partendo, a chiacchiere, solo ora. I consiglieri regionali del Piemonte si fidano quanto i francesi del governo italiano.

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Ecco perché, con una mozione, fanno pressing su Chiamparino affinché, a sua volta, il governatore piemontese costringa Renzi a darsi una mossa: “altrimenti si corre il rischio che il Piemonte dove è stoccato il 96% dei rifiuti radioattivi presenti a livello nazionale diventi la pattumiera nucleare italiana” (dichiarazione di Marco Grimaldi, capogruppo di SEL).

Ulteriore punto da sottolineare, non riferito dai media mainstream: il riprocessamento effettuato a Les Hague con la tecnologia PUREX serve alla Francia anche per estrarre dalle scorie radioattive il plutonio necessario alla costruzione delle sue bombe atomiche. Per concludere direi che l’intera vicenda possiamo inserirla nella categoria: “referendum del 2011 da attuare”. Gli italiani in 27 milioni si sono pronunciati contro il rischio nucleare quindi dobbiamo esigere dai decisori politici che la questione dei rifiuti radioattivi, nel rispetto della volontà popolare, sia gestita nel modo più razionale e sicuro possibile.

A.N. 10.09.14

Mandiamo un fax in solidarietà a Graziano contro l’isolamento

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 Mandiamo un fax in solidarietà a Graziano contro l’isolamento

Dall’11 di luglio Graziano si trova prigioniero nel carcere di Lecce, dove vive una condizione di isolamento di fatto: è solo in cella, le celle intorno a lui sono vuote, fa l’aria e la socialità da solo, la corrispondenza gli viene sottratta settimanalmente, le semplici necessità quotidiane come ricevere un pacco o far uscire la biancheria sporca gli vengono continuamente ostacolate o rallentate. Al solito, la Procura di Torino nelle persone dei Pm Padalino e Rinaudo e la direttrice del carcere di Lecce, Rita Russo, si rimbalzano la responsabilità, sostanzialmente lavandosene entrambi le mani.Chiara, Claudio, Mattia, Nicco, Lucio e Francesco hanno iniziato diverse forme di sciopero, per protestare contro l’isolamento di Graziano.Facciamo pressione sui responsabili del trattamento indegno riservato a Graziano!

 Inviamo un fax alla Procura di Torino: 0114327453 e al carcere di Lecce: 0832387496

Qui potete scaricare il Fax da inviare

FUORI GRAZIANO DALL’ISOLAMENTO!

 Ricordiamo anche gli indirizzi a cui mandare le lettere:

Francesco Sala C.C. via Palosca, 2 – 26100 Cremona;
Lucio Alberti C.C. Via Cassano Magnago, 102 – 21052 Busto Arsizio (Varese);
Graziano Mazzarelli C.C. via Paolo Perrone, 4, Borgo San Nicola – 73100 Lecce;
Niccolò Blasi Mattia Zanotti C.C. San Michele strada Casale, 50/A – 15121 Alessandria;
Claudio Alberto C.C. via dell’Arginone, 327 – 44100 Ferrara;
Chiara Zenobi C.C. “Rebibbia” via Bartolo Longo, 92 – 00156 Roma.