Il Bubbone Genovese Sta Per Esplodere? Al Palalzzo di Giustizia di Genova si Dormono Forse Sonni Tranquilli?

9 giugno 2014
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Mi scuserete la cautela  ma sarei stufo di beccarmi querele da Carige o da soggetti affini, anche se alla fine i fatti si sono rivelati anche peggio delle mie passate conclusiomi.
Orbene, segutemi, vi racconto una storia di terza mano, chiacchiere da bar, pettegolezzi e maldicenze.
Si tratta di questo, se vi capitasse di andare a Genova e finire in un Bar-Sport, o da una Parrucchiera, potreste persiono sentire voci (certamente prive di qualsiasi fondamento) che all’interno del Palazzo di Giustizia di Genova ci sarebbe una cricca di PM e Giudici corrotta. Una cupola che ha permesso il sacco di Genova e di Banca Carige da parte sia di Scajola che del locale PCI-PDS-DS-PD.
Ovviamente si tratta di maldicenze senza alun fondamento da cui mi dissocio totalmente e che mi fanno ribrezzo ed anzi: chi dovesse sostenerle è un criminale da mettere in galera senza indugio.
Però….
Senza altri commenti vorrei evidenziare un paio di articoluzzi apparsi su alcuni giornaluzzi:
da la Stampa (7-Giugno-2014)
…Quando alle 10 di mattina, stretto fra un drappello di guardie penitenziarie e i suoi avvocati, arriva a Palazzo di giustizia (di Genova n.d. fk) , nel cuore della city genovese di cui è stato per vent’anni il signore incontrastato, appare baldanzoso e pieno di verve come suo solito. Per nulla fiaccato dalla detenzione e dal crollo del suo sistema di potere basato sul dominio assoluto della Carige, la più grande banca della Liguria. Solo l’abbigliamento, una Lacoste scura su un paio di pantaloni blu al posto della grisaglia, tradisce la restrizione in carcere. Prima di entrare nella stanza dove lo attendono i pm Nicola Piacente e Silvio Franz che indagano sull’affaire Carige, dove è accusato di associazione a delinquere, truffa e riciclaggio, Berneschi si sfoga. «Se parlo io… Sai quanti finiscono in manette? Il palazzo… Questo palazzo deve tremare».
da QN (28-Maggio-2014)
Casus belli il nostro articolo sulla cronaca di Carrara della Nazione attraverso cui lo stesso Berneschi sarebbe venuto a sapere di essere indagato in seguito a una denuncia di Gianfranco Poli, ex titolare della Meg tre, una società specializzata nella produzione di abrasivi. Poli denunciò alla Procura, e sul nostro giornale, di essere stato rovinato, fino al pignoramento di tutti i suoi beni di famiglia, circa 2 miliardi di lire, dallo stesso Berneschi, da Araldo Michelini, funzionario di Carige, e dal figlio di quest’ultimo il commercialista Enrico, adesso irraggiungibile.
Dalle intercettazioni emerge che Baldini sarebbe stato incaricato da Berneschi di informasi a che punto era in Procura la denuncia di Poli. In una conversazione registrata i finanzieri annotano: «Sono andato a parlare con Caporuscio…il quale procuratore… al consiglio al quale mi sono presentato e gli ho detto… ehm… dico guarda vengo qua per un amico carissimo che è Giovanni Berneschi…. che è stato coinvolto e rappresentato… nei giornali… in questa porcheria… vediamo subito!… Ha aperto il computer sì… sì la pratica è qua è nelle mani di Alberto Cossu quindi è riservatissima… me l’ha data solo perchè son io eh!…»
Successivamente il 14 aprile scorso Baldini rassicura Berneschi. «Grazie all’intervento di Lilly (sua moglie, ndr) è stata inoltrata una richiesta di archiviazione della posizione di Berneschi».
Non si sa se le dichiarazioni di Baldini abbiano riscontri di verità o se, come riferisce di lato lo stesso avvocato, abbia «raccontato un sacco di balle per rassicurare una persona depressa, agitata e instabile», di fatto sulla denuncia per truffa di Poli dalla Procura della Spezia era già partita la tanto attesa richiesta di archiviazione.Richiesta che non avrebbe nemmeno avuto bisogno di tante spinte dal momento che Poli riferisce di fatti avvenuti 20 anni fa e quindi facilmente soggetti a prescrizione
E siamo all’inizio, salvo che a Berneschi non venga offerto un Caffè Corretto.

Il nuovo governo ucraino intende far estromettere la Russia dall’Onu

La paradossale richiesta delle nuove autorità di Kiev, che trova il proprio fondamento nella denuncia della violazione da parte russa dei principi generali dell’organizzazione delle Nazioni Unite, ha già provocato l’ironica reazione di diversi diplomatici dell’Onu. A tal proposito, il rappresentante russo alle Nazioni Unite, Vitaly Churkin, ha dichiarato, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia d’informazione Ria Novosti, che qualora il Parlamento ucraino decidesse di approvare una simile proposta tutto il mondo riderebbe dell’Ucraina. Sull’ipotesi ucraina, si è espresso anche il rappresentante britannico all’Onu, Mark Lyall Grant, giudicandola assolutamente al di fuori di qualsiasi logica: “la Russia è un Paese membro delle Nazioni Unite e come tale non può in nessun caso essere esclusa dall’organizzazione medesima”. Quando Ria novosti ha chiesto al rappresentante permanente della Cina all’Onu, Wang Min, di esprimersi sulla questione, quest’ultimo ha risposto attraverso una domanda lapidaria: “si tratta di uno scherzo?”
In questa settimana, la Russia ha presentato al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite un progetto per la risoluzione della crisi in Ucraina . Tra le misure elaborate da Mosca, la proposta di un cessate il fuoco e la creazione di corridoi umanitari nel sud est del Paese. Nel frattempo, il presidente russo Vladimir Putin ha nuovamente ribadito, nel corso di un’intervista, che, contrariamente a quanto sostenuto dagli Usa, in Ucraina non ci sono né istruttori militari né forze armate russe.
http://www.signoraggio.it/il-nuovo-governo-ucraino-intende-far-estromettere-la-russia-dallonu/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews  

IL GENOCIDIO ISRAELIANO DELL’ ACQUA

immagino che definire criminale il gov di Israele sia un gesto antisemita, che istiga all’odio etc
Forse condannare a morte per sete sarà considerata “legittima difesa”? La Comunità internazionale ritiene i palestinesi razza inferiore? Perché non invoca all’immediato intervento umanitario? Ah giusto. Sarebbe antisemita

Postato il Lunedì, 09 giugno

DI ELIAS AKLEH
countercurrents.org

Il genocidio delle risorse idriche da parte d’Israele

L’acqua è una necessità per tutte le forme di vita. L’accesso all’acqua potabile è un presupposto essenziale per la possibilità di sopravvivenza di ogni comunità. I servizi igienico-sanitari, in particolare il trattamento delle acque reflue, sono altrettanto essenziali per la salute pubblica, per la difesa dell’ambiente e per le riserve idriche. Le leggi internazionali e le norme igienico-sanitarie universalmente accettate, sono state istituite per proteggere il diritto di accesso all’acqua potabile e per proteggere l’ambiente e il risparmio idrico. Nella Palestina occupata il governo israeliano sta violando tutti questi diritti, e ha trasformato l’acqua in un’arma di genocidio lento e graduale.
Molte città palestinesi in Cisgiordania e in particolare nella Striscia di Gaza devono affrontare la carenza cronica di acqua potabile. Le comunità rurali sono virtualmente prive di acqua e dipendono soprattutto dalle forniture assai costose delle cisterne d’acqua.

Nelle principali città i Palestinesi hanno accesso a una media di soli 70 litri d’acqua per persona al giorno per uso domestico e igiene personale, molto meno rispetto alla quantità minima raccomandata di 100 litri da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nelle aree rurali i palestinesi sopravvivono con 20-30 litri di acqua per persona al giorno, mentre le limitrofe colonie illegali israeliane (insediamenti), costruite su terra palestinese sottratta, godono di illimitata e costante fornitura di acqua sia per uso personale che ricreativo (piscine, parchi e giardini). È stato stimato che il 44% dei bambini palestinesi nelle zone rurali soffrono di diarrea – la maggiore causa di morte dei bambini sotto i 5 anni nel mondo a causa della scarsa qualità dell’acqua e degli standard di igiene.

Secondo la UNHRC (L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati – n.d.t) “gli Insediamenti Israeliani beneficiano di acqua sufficiente per far funzionare le aziende agricole e i frutteti, per le piscine e i centri termali, mentre i palestinesi spesso hanno difficoltà ad accedere ai fabbisogni minimi di acqua. Alcuni insediamenti consumano circa 400 l/c/d (liter/capita/day – litri pro capite giornalieri – n.d.t), mentre il consumo palestinese è 73 l/c/d, e non più di 10-20 l/c/d per le comunità beduine che dipendono da acqua di cisterna costosa e di bassa qualità.”

Consapevoli della disastrosa situazione dell’acqua nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza, i paesi donatori hanno sostenuto gli sforzi dell’Autorità palestinese per sviluppare il settore idrico e igienico-sanitario, e hanno destinato fondi per la costruzione di bacini idrici, impianti di trattamento delle acque reflue, e per la riparazione e l’ampliamento delle reti idriche e fognarie. L’ Emergency Water Sanitation and Hygiene Group (EWASH – Gruppo per l’Emergenza Idrica  Servizi Sanitari e Igiene n.d.t), una coalizione delle 30 principali agenzie umanitarie, ha lavorato con le autorità locali palestinesi per identificare e rispondere alle necessità di acqua, di servizi igienico-sanitari e alle esigenze igieniche delle comunità palestinesi.

In base alle leggi umanitarie internazionali le risorse idriche e i progetti, compreso il trattamento delle acque reflue e le infrastrutture igienico sanitarie (WASH – Water, Sanitation, Hygiene – Acqua, Servizi sanitari e Igiene n.d.t), sono considerate strutture civili essenziali per la sopravvivenza della popolazione, e per questo motivo sono protette dalla distruzione in qualsiasi contesto. Eppure il governo israeliano, con la sua lunga storia di violazioni di molte leggi internazionali, grazie alla collaborazione della sua società idrica nazionale Mekorot e della società agro-industriale israeliana Mehadrin, aveva adottato politiche discriminatorie sistematiche, gravi e dannose, per ostacolare l’accesso all’acqua ai palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, combinato con l’imponente furto delle risorse idriche.

Un rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHRC) afferma che le due società israeliane Mekorot e Mehadrin minano gravemente l’accesso dei palestinesi all’acqua, in particolare nella Valle occupata del Giordano, pompando l’acqua dei pozzi e delle sorgenti d’acqua palestinesi verso le colonie illegali israeliane (insediamenti) in Cisgiordania. L’acqua palestinese è stata rubata e convogliata in Israele a costo zero. Una frazione di essa viene poi convogliata indietro e venduta alle città palestinesi. In questo modo Israele sta rubando ai palestinesi sia la loro acqua che il loro denaro.

Nell’accordo di Oslo II fu istituito un Comitato misto israelo-palestinese (il JWC – Joint Water Committee) per la gestione delle risorse idriche e degli impianti di trattamento delle acque reflue. Il governo israeliano esercita un potere simile a quello di veto all’interno del JWC e, attraverso la lentezza della burocrazia, blocca la maggior parte delle licenze e i permessi per i nuovi impianti idrici in Cisgiordania, ponendo come condizione la reciproca approvazione da parte dei palestinesi dei progetti nelle colonie illegali (insediamenti); un accordo che l’Autorità palestinese rifiuta per paura di legittimare queste colonie.

La capacità dell’Autorità palestinese di sviluppare il suo settore WASH per far fronte alle priorità nazionali, è stata fortemente limitata dalle politiche israeliane. I palestinesi non sono stati in grado di costruire le infrastrutture dei servizi idrici necessarie su larga scala per garantire acqua e servizi igienico-sanitari alla popolazione. Tra il 1995 e il 2011 l’Autorità palestinese ha presentato 30 proposte relative ai progetti degli impianti per il trattamento delle acque reflue al JWC per l’approvazione. Solo quattro di queste, relative a riparazioni minori, sono state accettate. Sempre nel 2011, l’Autorità palestinese ha presentato 38 progetti per rimettere in funzione i pozzi d’acqua ad uso agricolo, ma il JWC ha approvato solo tre di essi.

A causa delle artificiose carenze di acqua imposte da Israele e della mancanza di impianti di trattamento delle acque reflue e delle reti fognarie, la maggioranza dei palestinesi ha dovuto ricorrere alla vecchia pratica di costruire pozzi d’acqua privati, pozzi neri e fosse settiche. Nelle aree rurali i palestinesi dipendono dalle vasche di raccolta d’acqua piovana, dalle cisterne e dai serbatoi d’acqua. Ciò aumenta i timori per la salute pubblica e per i danni all’ambiente.

Oltre ai tempi prolungati della burocrazia israeliana e al libero furto dell’acqua palestinese, il governo israeliano ha adottato ed attuato politiche e pratiche immorali e illegali, con l’obiettivo di distruggere le risorse idriche palestinesi e di contaminare i loro terreni agricoli per stimolare l’auto-evacuazione dei palestinesi da una zona ambita e la diffusione di una malattia mortale tra i loro bambini cagionevoli.

L’esercito terrorista israeliano svolge ordinariamente quelli che vengono chiamati ordini di demolizione di cisterne comunali e pozzi d’acqua in terreni agricoli privati a causa di una presunta mancanza di autorizzazione. Molte di queste cisterne e pozzi sono vecchie di centinaia di anni; più vecchie dello stesso stato illegale di Israele. Gli ordini di demolizione includono anche le infrastrutture WASH e i serbatoi d’acqua forniti alle aree rurali palestinesi, e anche i serbatoi di acqua trainati da animali e da trattori. Solo nel 2011 l’esercito israeliano aveva demolito 89 strutture WASH in Cisgiordania, tra cui 21 pozzi, 34 cisterne e molti piccoli serbatoi fissi dati alle famiglie rurali, soprattutto quelle nella Valle del Giordano. Tale demolizione comprendeva anche la distruzione degli orti e la distruzione delle stalle e delle baracche degli animali. Questa devastazione viola l’articolo 53 della Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta la distruzione di proprietà privata o pubblica, ed è una chiara violazione del diritto all’acqua, una componente del diritto ad un adeguato standard di vita, tutelato dall’articolo 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

Il governo israeliano utilizza questa negazione dell’accesso all’acqua per innescare gli spostamenti delle persone, soprattutto nelle zone che fanno parte del programma per l’espansione coloniale, in  particolare per il fatto che queste comunità sono composte per lo più da agricoltori, che dipendono dall’acqua per il loro sostentamento.  L’interruzione della fornitura alle comunità palestinesi delle loro risorse idriche, di solito precede l’esproprio di terreni per nuovi progetti coloniali.

Il muro di separazione/apartheid di 700 km costruito da Israele, in costruzione dal 2002, è stato deliberatamente deviato attraverso la Cisgiordania per includere, nella parte israeliana, il ricco e fertile terreno agricolo palestinese con grandi falde acquifere sotterranee, in particolare all’interno delle provincie di Jenin, Qalqilya e Tulkarem. Il muro ha ulteriormente ridotto l’accesso dei palestinesi all’acqua e ha portato alla perdita di accesso a 49 pozzi d’acqua e serbatoi sia ad uso agricolo che ad uso domestico.

Nella assediata Striscia di Gaza, le risorse idriche e gli impianti di trattamento dell’acqua sembrano essere uno dei principali obiettivi dei raid aerei israeliani e delle incursioni terrestri. Le Stazioni di pompaggio delle acque reflue, gli impianti di trattamento delle acque reflue, i serbatoi d’acqua delle principali città e le cisterne agricole, molti dei quali risalgono a prima dell’istituzione dell’illegale stato d’Israele, hanno sopportato il bombardamento diretto da parte di aerei da guerra israeliani. Dal 2005 le incursioni militari israeliane hanno intenzionalmente distrutto almeno 300 pozzi agricoli situati nella zona cuscinetto designata da Israele.

Decine di pozzi, cisterne di raccolta dell’acqua piovana, serbatoi d’acqua sul tetto, e molti chilometri di tubazioni principali dell’acqua e altre reti di irrigazione agricola, sono state deliberatamente prese di mira e distrutte dalle forze israeliane durante le loro operazioni militari. Durante il 2008/09, l’operazione offensiva denominata “Piombo fuso” contro Gaza, i raid aerei israeliani, le artiglierie e i carri armati militari puntavano alle risorse idriche vitali di Gaza, alle stazioni di pompaggio, agli impianti di trattamento delle acque reflue e agli impianti di depurazione, provocando danni per un valore di 6 milioni di dollari.

La situazione a Gaza è particolarmente terribile. I palestinesi si basano interamente sulla falda acquifera quasi esaurita, contaminata da acqua salata e dalle acque reflue inquinate, la cui acqua è inadatta al consumo umano. L’illegale e disumano assedio imposto da Israele limita l’importazione di molti beni essenziali, tra cui il combustibile necessario per il funzionamento dell’unica centrale elettrica di Gaza. Senza energia elettrica, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le pompe d’acqua in buono stato non possono funzionare, con il conseguente inquinamento prodotto dalle acque reflue. Si stima che 89 milioni di litri di liquami scorrano ogni giorno nel Mar Mediterraneo ad aumentare il livello di nitrati in acqua, fino a sei volte superiore ai limiti dell’OMS di 50 mg/l. Questo contamina anche il pesce da cui molti palestinesi a Gaza dipendono come principale prodotto alimentare.

Fino al 95% dell’acqua estratta dalla falda costiera di Gaza non è adatta per il consumo umano a causa di uno sfruttamento eccessivo e alla contaminazione delle acque reflue. Molte famiglie dipendono dall’acqua di cisterna. Purtroppo anche quest’acqua, è risultata essere gravemente contaminata da batteri. Secondo l’UNRWA (L’ Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione – n.d.t), diarrea ed epatite virale sono le principali cause di morbosità nella popolazione dei rifugiati della Striscia di Gaza.

Il danno peggiore alle risorse idriche palestinesi, ai loro terreni agricoli, e all’ambiente, è causato dagli estremisti religiosi occupanti (coloni) armati fino ai denti. Guidati dalla loro religione di suprematismo razzista e senza ostacoli, bensì con il tacito incoraggiamento e la protezione del governo israeliano e dell’esercito, questi fanatici israeliani occupano illegalmente e con la forza le cime delle colline dei terreni agricoli palestinesi, vi costruiscono le loro colonie illegali, e iniziano ad attaccare le comunità palestinesi limitrofe. Oltre ad attaccare le case palestinesi, incendiando i loro raccolti e le stalle degli animali, confiscano le sorgenti d’acqua, avvelenano i pozzi d’acqua palestinesi con sostanze chimiche, li inquinano con i pannolini sporchi, con le proprie feci o con i polli morti, e rovesciano e sparano sui serbatoi d’acqua sul tetto.

Tali colonizzatori fanatici sono i maggiori produttori pro capite di acque reflue in Cisgiordania, e scaricano grandi quantità di acque reflue direttamente nell’ambiente, contaminando il terreno agricolo adiacente e i corsi d’acqua ad uso agricolo. Costruendo casualmente le loro colonie sulle cime delle colline, senza fognature e impianti di trattamento delle acque reflue, tali coloni estremisti scaricano le loro acque reflue e i liquami giù per la collina verso le comunità palestinesi e i terreni agricoli, causando gravi danni ecologici e la contaminazione dei prodotti alimentari agricoli palestinesi, aumentando così il contagio delle malattie.
Come riportato dalle Nazioni Unite nel marzo 2012, un altro grave pericolo per i palestinesi deriva dal sequestro delle sorgenti con l’uso della forza da parte dei coloni. Il rapporto afferma: “I palestinesi hanno progressivamente perso l’accesso alle fonti d’acqua in Cisgiordania a seguito dell’appropriazione delle sorgenti da parte dei coloni israeliani, che hanno usato minacce, intimidazioni e recinzioni per garantirsi il controllo dei punti di distribuzione dell’acqua vicino agli insediamenti.”

L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA), ha esaminato 50 sorgenti in territorio palestinese vicino agli insediamenti israeliani e ha rilevato che: “In 22 delle sorgenti d’acqua, i palestinesi sono stati scoraggiati ad accedere alle sorgenti per via degli atti intimidatori, delle minacce e  delle violenze perpetrati dai coloni israeliani, mentre nelle otto sorgenti sotto il pieno controllo dei coloni, l’accesso dei palestinesi è stato impedito da ostacoli fisici, tra cui la recinzione dell’area della sorgente, e la sua ‘annessione de facto’ all’insediamento”.

Israele sta deliberatamente e arrogantemente violando numerose leggi internazionali ed è uno stato che ha sottoscritto, in particolare, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (CRC),la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), la Quarta Convenzione di Ginevra e il suo protocollo aggiuntivo relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati e molti dei regolamenti dell’Aja.

La violazione di Israele di tutte queste leggi internazionali, accompagnata dalle sue politiche e dalle sue pratiche immorali per privare l’intera popolazione palestinese dei loro diritti di accesso alla necessaria acqua potabile, è considerato un crimine di genocidio, un crimine per il quale Israele (gli Ebrei) è molto famoso.

Elias Akleh

Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/akleh190514.htm

19.05.2014

Traduzione per www.comedonchsciotte.org a cura di MATTEO SANTELLI

Erri De Luca rinviato a giudizio

TG Valle Susa

Rinviato a giudizio lo scrittore che da tempo sostiene le ragioni del movimento No Tav. Già querelato dalla Lyon-Turin Ferroviaire ora subirà un processo.

 di Davide Amerio

 

 Gli atti di solidarietà poco si conciliano con la giustizia. Molta ne ha avuta lo scrittore accusato dai magistrati torinesi Andrea Padalino e Antonio Rinaudo di “istigazione a delinquere” per le sue frasi sul Tav e sulla lotta No Tav in Val di Susa ma Erri De Luca è stato rinviato a giudizio dal gup torinese Roberto Ruscello.

Gli avvocati della difesa non sono riusciti a convincere il giudice che la frasi pronunciate non volevano istigare nessuno a compiere atti illeciti bensì esprimevano l’opinione libera di un intellettuale.

L’appoggio di molti allo scrittore, che ha partecipato personalmente all’ultima grande manifestazione No Tav svoltasi in Torino il maggio scorso, si basava proprio sul contrastare un’accusa assurda e sproporzionata che ha il sapore della persecuzione di quelle opinioni che avversano la costruzione della “grande”  opera.

La  magistratura torinese  non è nuova a questi episodi basti ricordare la recente bocciatura dell’accusa di terrorismo ai danni di quattro ragazzi No Tav promossa dalla Corte di Cassazione.

Le parole di un intellettuale non possono costituire reato. Il giudice ha ritenuto utile un accertamento dibattimentale, ma noi continuiamo a essere convinti che questo sia un processo alle parole e dimostreremo che non è stata un’istigazione a delinquere” ha dichiarato l’avvocato Gian Luca Vitale difensore di De Luca.

Lo scrittore venuto a conoscenza della sua iscrizione nel registro degli indagati aveva dichiarato: “Citano le mie parole a sostegno. Per uno scrittore il reato di opinione è un onore”.

Grottesca vicenda dopo i continui arresti di politici e imprenditori per i cantieri faraonici come l’Expo e il Mose: la connivenza tra grandi opere, corruzione e malaffare è palese e accertata e si rinnova ogni giorno con  evidenza inconfutabile.

Nel paese che cammina al contrario però in tribunale ci finiscono gli intellettuali che sussurrano “Il Re è nudo”. Fosse mai che a qualcuno sorgano dei dubbi e cresca in loro la consapevolezza della farsa italiana sulle opere indispensabili.

Guardia di Finanza. “C’è qualcosa che non va nel Corpo? Secondo noi sì, c’è qualcosa che non va.”

http://donnemanagerdinapoli.com/2014/06/07/guardia-di-finanza-ce-qualcosa-che-non-va-nel-corpo-secondo-noi-si-ce-qualcosa-che-non-va/

BY  on 7 GIUGNO 2014

Guardia di Finanza

L’Italia è un Paese particolare. Finchè non scoppia la bomba con danni ingenti, “morti e feriti” sembra che nessuno sappia nulla di quello che accade oppure se lo si sa, si sta tranquillamente zitti.

Potremmo, quasi dire, che gli “eroi” sono pochi e per vedersi riconoscere “giustizia” devono combattere, spesso da soli, come Davide contro Golia, assumendosi rischi e costi ingenti con tutti gli altri che si dividano tra appartenenti al sistema, opportunisti e/o vigliacchi.

Poi, quando la bomba è scoppiata, qualcuno ci ha messo la faccia, ha rischiato sulla propria pelle e, grazie alla magistratura ed a quella parte sana delle Istituzioni, si vede la luce della giustizia illuminare quello che fino a poco prima era torbido o buio, ecco che arrivano i “sapienti” con le proprie idee e le proprie verità. La domanda è: come mai fino a ieri, tutti o quasi tacevano? E, perché, chi si batte per il rispetto dei diritti, spesso viene lasciato solo contro i muri di gomma?

La premessa è in riferimento a tutto quello che accade nel Paese Italia e non nello specifico dell’argomento che segue. Seppure  riteniamo che prevenire è sempre meglio che curare, e la prevenzione in Italia è un’assente ingiustificata. 

La bomba atomica che ha investito la Guardia di Finanza è certamente quella raccontata nell’articolo: Guardia di Finanza. L’intreccio tra Silvio Berlusconi, Marco Milanese, il generale Emilio Spaziante ed altri.

Problema che risponde, in parte, l’avv. Giuseppe Fortuna membro del Direttivo nazionale di Ficiesse e responsabile dello Sportello Anticorruzione nella lettera inviata al giornalista Alberto Statera, autore dell’articolo “Guardie e ladri, il doppio gioco degli uomini della Finanza”, pubblicato ieri su repubblica e del quale vi riproponiamo uno stralcio:

“C’è qualcosa che non va nel Corpo? Secondo noi sì, c’è qualcosa che non va.

Non va che i due numeri uno della Gdf, comandante generale e comandante in seconda, guadagnino cifre astronomiche rispetto a tutti gli altri che vestono la loro stessa divisa e riescano a doppiare, addirittura con i soli straordinari (già questa un’anomalia), il reddito complessivo di un qualunque finanziere o maresciallo. Come non va che la loro pensione arrivi, secondo notizie stampa, a 12mila euro netti al mese e che una volta in quiescenza ricevano non di rado ulteriori incarichi pubblici a forte remunerazione.

Ma ancor di più non va che queste esplosioni di ricchezza siano decise dai “signori della politica”, col rischio che vengano messe a repentaglio la stessa autonomia e indipendenza delle pubbliche amministrazioni.

Pensiamo sia opportuno, perciò, tornare a stipendi e pensioni di accettabile livello etico, come quelli ante 2006, e che sia chiaramente stabilito per legge che chi ricopre incarichi pubblici di vertice nella pubblica amministrazione non possa, una volta andato in pensione, ricoprirne altri, di nessun genere, che siano remunerati con denaro pubblico.

Chi ha voglia di continuare a lavorare deve certamente esser libero di farlo, ma come professionista o come consulente di aziende private e non con nomine a consiglieri di Stato o della Corte dei Conti o con l’assegnazione di incarichi in aziende di Stato.

Altro intervento urgente e specifico per la Guardia di finanza è poi quello in tema di segreto istruttorio e di segreto d’ufficio.

Non è un caso che le contestazioni di questi ultimi anni a gradi elevati abbiano sempre riguardato accuse (che, peraltro, va detto, sono state successivamente archiviate) di aver fornito indebitamente informazioni su attività operative dei reparti dipendenti.

Il punto dolente è che non si sa bene quali informazioni siano dovute ai superiori e quali non, tema delicato e scottante da sempre sul quale la confusione è ancor di più aumentata nel Corpo con la nota vicenda P4.

Mentre, infatti, una circolare del 1998 che ci risulta ancora in vigore continua (opportunamente) ad escludere i casi di segreto istruttorio “assoluto”, si è appreso l’anno scorso dalla stampa di archiviazioni che avrebbero riconosciuto rilevanza a non meglio precisati “regolamenti militari” e addirittura a “prassi usuali”.

È facile capire come i finanzieri di ogni grado debbano aver certezza della piena legittimità dei loro comportamenti e non possano essere lasciati nel dubbio, ancor di più dopo le vicende di cui si legge sui giornali di questi giorni.

Chiediamo quindi al ministro Padoan di disporre che sia chiarito, il più in fretta possibile e in modo pubblico e trasparente, cosa esattamente i reparti operativi del Corpo possano e debbano comunicare ai superiori regionali e nazionali, sia in materia di procedimenti giudiziari che di verifiche fiscali.”

Fonte: FICIESSE

Tav, Erri De Luca rinviato a giudizio per le frasi sul sabotaggio

http://www.corriere.it/cronache/14_giugno_09/tav-erri-de-luca-rinviato-giudizio-le-frasi-sabotaggio-d4c8bbc4-efc1-11e3-85b0-60cbb1cdb75e.shtml

I legali dello scrittore: «Pensavamo non dovesse essere processato». L’imputato: «Censurano la libertà di parola». A gennaio il via al procedimento

di Redazione Online

Erri De Luca (Fotogramma)Erri De Luca (Fotogramma)
Lo scrittore Erri De Luca è stato rinviato a giudizio per istigazione a delinquere in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate a Radiorai e ad altre testate lo scorso settembre in cui affermava che «la Tav va sabotata». Lo ha deciso il gup di Torino Roberto Ruscello all’udienza preliminare, ritenendo valida la tesi del pm Andrea Padalino che ha sottolineato come con quelle frasi l’intellettuale volesse «condizionare l’agire di altri». Il processo inizierà il 28 gennaio 2015.
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L’accusa è sostenuta dai pm torinesi Padalino e Antonio Rinaudo. «Pensavamo non dovesse essere processato – ha commentato uno degli avvocati dello scrittore, Gian Luca Vitale – ora cercheremo di dimostrare che non deve essere condannato. Le parole di un intellettuale non possono costituire reato, dimostreremo che questa non si chiama istigazione a delinquere. Di casi del genere ce ne sono centinaia, basta leggere i giornali. Ma qui si tratta di Tav, guarda caso, e siamo a Torino». Alberto Mittone, legale della società Lyon-Turin ferroviaire (Ltf) costituitasi parte civile dopo la denuncia, si dice invece «soddisfatto. È una questione di principio, che sconfigge il fatto che si tratti di un reato di opinione non punibile».

 De Luca: «Censurano penalmente la libertà di parola»

Lo scrittore si è invece espresso tramite Facebook: «Mi processeranno a gennaio. Mi metteranno sul banco degli imputati e ci saprò stare. Vogliono censurare penalmente la libertà di parola. Processane uno per scoraggiarne cento: questa tecnica che si applica a me vuole ammutolire.È un silenziatore e va disarmato».

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Rc: «È criminalizzazione del dissenso»

«La Tav va sabotata. Le cesoie sono utili perché servono a tagliare le reti», erano state le esatte parole contestate allo scrittore dai pm. Numerosi gli appelli a favore di De Luca, tra i quali quello firmato da intellettuali come Fiorella Mannoia, Luca Mercalli e il padre comboniano Alex Zanotelli. Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, dopo aver espresso la sua solidarietà ha sottolineato: «Continua e si inasprisce sempre di più la criminalizzazione del dissenso, dunque tutti quelli che non appoggiano la Tav finiscono “menati” o denunciati».

 Il purista e l’imperfetto

La tesi di Padalino si basa sul fatto che De Luca «diceva che quelle cesoie servivano – spiega Rinaudo – È un purista della lingua e sa bene usare l’imperfetto. Si riferiva a un’azione passata mentre alcuni antagonisti stavano per andare a tagliare le reti. Lui dice che quell’azione deve continuare, è questo il senso di quell’imperfetto».

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9 giugno 2014 | 12:37

Oltre 70 tra parlamentari e deputati Italiani andranno in carcere: a decretarlo è il Tribunale Europeo

La notizia che moltissimi Italiani aspettavano da tempo è finalmente diventata realtà: le porte del carcere si apriranno presto per molti politici ed ex politici italiani per volere del Tribunale Europeo di Strasburgo, condanna alla quale non potranno sottrarsi.

Dopo i numerosi ricorsi presso lo stesso Tribunale dei Diritti dell’uomo da parte di associazioni e partiti come il Movimento 5 Stelle infatti, la Corte Europea ha deciso, in linea con le altre norme anticorruzione emanate ultimamente in vista delle nuove elezioni, di agire in modo tempestivo ed efficace contro il generale malcostume fin troppo diffuso tra i politici non solo italiani, ma anche greci e spagnoli.

politici-italiani

Secondo l’ordinanza emessa dal Tribunale infatti, tutti i reati di corruzione, concussione mafiosa, peculato e frode fiscale al di sopra del milione di euro, non potranno più beneficiare dell’indulto di pena previso dalla legislatura italiana, avendo dichiarato quest’ultimo “in aperto contrasto con le normative Europee vigenti”. Per questa ragione, molti fra deputati, parlamentari, assessori ed ex-ministri, che avevano patteggiato la condanna favorendo appunto di questa riduzione gratuita di pena, si ritroveranno a dover scontare per intero i termini delle sentenze dei rispettivi tribunali.

Ad aggravare il quadro c’è inoltre un importante inasprimento retroattivo delle condanne, che prevedono ora l’impossibilità di richiedere gli arresti domiciliari qualora l’imputato abbia ricoperto cariche pubbliche in concomitanza con il reato commesso, norma alla quale i tribunali italiani in particolare saranno obbligati a fare riferimento, pena pesantissime sanzioni dall’Unione Europea stessa, che minaccia l’espulsione dell’Italia qualora non sottostia alle norme.

Si stima che oltre 70 importanti personalità politiche indultate negli scorsi 5 anni, saranno coinvolte nel decreto, che dovrà essere attualizzato entro i prossimi 6 mesi. Non mancano le reazioni da parte dei partiti: il leader dei Radicali Marco Pannella lo definisce “un’azione commessa in totale spregio dell’autonomia legislativa italiana” che però “porterà finalmente la necessaria pulizia in un ambiente così corrotto”. Ma mentre il Movimento 5 Stelle festeggia quella che viene definita “una vittoria per la legalità e la democrazia”, il Presidente Napolitano promette “ferma opposizione ad una gravissima violazione della sovranità nazionale della Repubblica Italiana”.

Nel frattempo però molti politici corrono ai ripari: l’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, l’ex segretario della Lega Roberto Maroni, ed il deputato del NCD Roberto Formigoni avrebbero già fatto le valigie per l’estero, e sarebbero fuggiti nella notte per il Libano, dove già si trovano il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Claudio Scajola. Indiscrezioni e voci di palazzo parlano di un vero e proprio “esodo di massa” di molti altri politici, i cui nomi non sono ancora stati resi noti, verso località come il Brasile e l’Argentina, riportando alla memoria la fuga dei gerarchi nazisti dopo la caduta del Terzo Reich.

L’egualianza dell’ignoranza/2, o la prevalenza del cretino In evidenza

http://contropiano.org/articoli/item/20299

  •  Giovedì, 14 Novembre 2013 19:08
  •  Francesco Piccioni – Massimo Zucchetti L'egualianza dell'ignoranza/2, o la prevalenza del cretino

L’altro giorno mi ero imbattuto in un fulminante sfogo internettaro sull’ignorante (internettaro o meno) che ritiene di poter “dire la sua” su qualunque argomento, indipendentemente dal proprio grado di conoscenza sull’argomento stesso.

Oggi Massimo Zucchetti, grandissimo professore di “impianti nucleari” al Politecnico di Torino e compagno vero (presta la propria consulenza scientifica per decine di contro-inchieste, da quelle sull’uranio impoverito al Tav in Val Susa, al Muos di Niscemi), aggiorna scientificamente sul problema, informandoci dell'”effetto Dunning-Kruger”.

Diciamo subito una cosa: non si tratta di una “curiosità”, ma di una questione centrale per la costruzione di un movimento in grado di cambiare l’esistente.

Se ne può ovviamente parlare in modo divertente, e Massimo lo fa benissimo, perché “il cretino” è figura che si presta molto bene ad ogni bisogna. Ma in ogni caso il dato politico balza agli occhi.

Veniamo infatti da oltre un ventennio in cui il tormentone “ognuno dice la sua” ha infettato come un virus i cervelli “di sinistra”. Scene scabrose di professori universitari sbeffeggiati da non-studenti che ritengono di poter “dire una cosa diversa” proprio sull’argomento di competenza del professore (Marx, in primo luogo), di attivisti esperti messi (per esempio da Bertinotti) su un gradino più basso rispetto a un “new entry”senza alcuna esperienza particolare, ecc. Un “giovanilismo” modaiolo e irriflessivo peraltro sponsorizzato apertamente dai giornali mainstream, che hanno bombardato senza tregua per arrivare a un risultato cimiteriale: l’azzeramento della differenza di competenza sulle questioni più rilevanti sul piano politico, morale, storico.

C’è infatti da notare che sul terreno delle “scienze dure” (fisica, matematica, chimica, ecc), il cretino tende ancora – ma sempre meno – a tacere. Mentre su quello delle “scienze umane” sembra ormai scontato che ognuno possa “dire la sua”, come è solito fare qualsiasi tifoso da bar con la formazione ideale della propria squadra.

Il concetto è in fondo semplice: “ognuno dice la sua” appare a prima vista una formula assai democratica, quasi scontata, a-conflittuale. Ma è esattamente l’opposto. Se io “dico la mia” e pretendo che nessuno mi possa criticare nel merito delle mie asserzioni, ma che debba limitarsi semplicemente a “dire la sua” indipendentemente da me, in realtà sto dichiarando di non poter essere convinto dall’opinione altrui; o di non saper cambiare idea. Una formula che dunque si presenta come “facilitatrice del dialogo” è in realtà la negazione esplicita di ogni possibilità di dialogo. Certo, possiamo parlare e dire “ognuno la sua”; ma in realtà stiamo semplicemente salendo su un palcoscenico virtuale – un talk show perenne – dove recitiamo scene in successione. Non è prevista alcuna possibile “sintesi” che risolva le eventuali differenze, al massimo una votazione in cui emerge l’opinione “con più like”.

Messa così, si tratta di una questione impostata esclusivamente sul piano relazionale, interpersonale. Quella formula, insomma, è nata per risolvere e annullare le conflittualità verbali tra diversi soggetti. E adempie benissimo a questo scopo “pacificatore”, anti-conflittuale. Ma in questo modo scompare totalmente l’oggetto della discussione.

La domanda da porsi sempre è infatti: di cosa stiamo discutendo? Se si tratta di “preferenze” astratte (a me piace il rock, a te Chopin; io amo il basket, tu il golf, ecc) in effetti ognuno si può tranquillamente tenere la propria preferenza… Nessuno ne uscirà sminuito, a meno di non dover decidere in una condizione in cui una preferenza esclude l’altra (negli esempi: che musica facciamo suonare stasera? quale gioco organizzare per la comitiva? ecc).

Infatti, se dobbiamo decidere di un problema che ci riguarda entrambi, o tutti, sorge la necessità di scegliere un’ipotesi o l’altra. Peggio ancora se la scelta che dobbiamo fare non è semplicemente “ludica”, come negli esempi fatti, ma comporta la risoluzione di problemi oggettivi, che non ammettono qualsiasi soluzione, ma solo alcune; in accordo con la propria natura.

Gli esempi sono necessari, per chi non è abituato al pensiero astratto. Se dobbiamo decidere come costruire una casa o un palazzo, come aggiustare l’automobile rotta, come gestire una vertenza di lavoro, come scontrarci con il potere politico, ecc, il ventaglio delle opzioni possibili si restringe molto, indipendentemente da quante “opinioni” – praticamente infinite – si possano esprimere su ognuno di questi problemi.

L’espressione inglese è proverbiale: i fatti hanno la testa dura. Non puoi insomma convincerli, né trovare “una maggioranza” capace di farlo. Hanno una loro consistenza, loro leggi di funzionamento, che costringono a scartare le ipotesi sbagliate perché non tengono conto di queste leggi. Una casa mal costruita viene giù tanto più rapidamente quanti più errori sono stati commessi, anche se eravamo tutti d’accordo a costruirla così. Se un pezzo fondamentale dell’auto (chessò, la batteria o l’alternatore) è rotto, non si potranno adottare con successo tutte quelle opzioni che non ne prevedano la sostituzione con un equivalente sano. Nella lotta sindacale e politica bisognerà tener conto preciso dei “rapporti di forza” con gli avversari, sapere se sono pochi o tanti e sapere/intuire cosa sono disposti a fare (e con quali strumenti); e valutare correttamente lo stato delle nostre “forze”, la loro disponibilità a fare molto o poco per vincere, i punti deboli e quelli forti, ecc.

Il cretino, in casi come questi, tende ad opporre “la teoria” alla “concretezza”, con una strizzatina d’occhio al pubblico per chiamare l’applauso quando dice “concreto”. Mentre nei fatti, senza una teoria (per es. l’ingegneria edile, quella meccanica, ecc), non si riuscirà a risolvereconcretamente il problema che si ha di fronte.

Cosa significa “senza una teoria”? Nulla di trascendentale: semplicemente, per risolvere qualsiasi problema concreto occorre una conoscenza sufficiente delle “leggi” che lo regolano. Quanto più il problema sarà complesso, o mai indagato in precedenza, tanta più conoscenza teorica e/o esperienza empirica saranno necessarie per risolverlo. Detto altrimenti: senza una competenza si dicono parole, non si risolvono problemi. Anche se la parola che usiamo di più sarà – ovviamente – “concreto”. A parlare siamo buoni tutti, a risolvere quel dato problema molti meno, forse nessuno. Cambiare le cose e passare una serata cazzeggiona implicano qualità davvero differenti; non è detto che uno capace di conquistare il pubblico di una stanza o un’assemblea sia anche in grado di guidare un aereo, anche se entrambe le cose richiedono una certa competenza. Ma mentre la prima può essere “connaturata” in un certo carattere, la seconda richiede addestramento, studio, stile di vita adeguato (non provate a pilotare in stato d’ebbrezza…). E fare la lotta sindacale o politica è attività decisamente più complessa del guidare un aereo. La competenza, anche qui, “si costruisce nel tempo”, attraverso prove ed errori (esperienza), e magari qualche studio nelle discipline più attinenti (economia, pensiero politico, filosofia, psicologia di massa, ecc).

Eppure, proprio in questo campo è stata massimamente devastata – anche per responsabilità specifiche dei “dirigenti della sinistra” degli ultimi venti anni, ma in generale di tutta la “classe politica” – la considerazione sociale della competenza. Una devastazione che si usa riassumere come “rifiuto della politica”, ma che contiene al suo interno il tumore velenoso dell’”ognuno dice la sua” come “nuovo modo di far politica”. Si può certamente ridere di quel parlamentare grillino, “fatto politicamente da sé” e scelto con “le primarie online” da altri come lui, che parla e scrive di un certo Pino Chet. Ma non si può evitare di guardare attraverso quale “cultura politica” sia potuto emergere, fino ad assumere ruoli “istituzionali” (i parlamentari sono nemmeno 1.000, ricordiamocelo), un personale che ignora fondamenti e coordinate della politica stessa. Totally incompetents, più che absolute beginners

Cancellata la competenza, per forza di cose, la definizione della scelte collettive trapassa infatti dalla ricerca faticosa della “scelta giusta” – quella adeguata all’obiettivo che si vuol raggiungere – alla “scelta più popolare”, ovvero a qualsiasi opzione raggiunga la maggioranza. La mescolanza di opinioni qualsiasi, senza rispetto per la natura del problema da risolvere, si traduce in un affastellamento affannoso di pareri senza fondamento; in qualiasi percentuali si mescolino, non possono produrre nulla di serio. Non più di quanto un branco di religiosi bigotti possa risolvere una carestia con la preghiera…

Se non c’è più nessuna “autorevolezza” possibile (in virtù di conoscenza ed esperienza), il cretino può conquistare la prateria. E perdercisi, trascinando con sé chi gli dà incautamente retta.

E qui si smette di ridere. “Il cretino” – se si è abituato a non riconoscere più alcuna “superiorità” possibile nell’Altro – infatti non ha alcuna possibilità di essere convinto di trovarsi in errore. È come se il principio di egualianza venisse travasato dalle condizioni sociali (eguali diritti, redditi, possibilità di realizzazione, libertà personale, ecc) alle capacità individuali. Chi non ha mai sentito un tifoso in poltrona inveire contro un calciatore che sbaglia un gol facile al grido “cazzo, ma questo lo so fare anch’io!”? Chi non ha avuto l’occasione di vedere quella stessa persona, una volta “sollevatosi” dalla poltrona, inciampare nella propria ombra mentre prova a calciare un pallone vero o immaginario?

Dunning e Kruger, con le loro ricerche, hanno alla fine stabilito che questo modo di fare denota non tanto un “lieve difetto comportamentale”, ma di una incapacità patologica. Attenzione, però. Qui stiamo parlando di “incompetenza”, ovvero di pesanti carenze di informazione extragenetica, non certo di “stupidità congenita”. Insomma: parliamo di uno stato che può essere superato. Basta studiare, “darsi una misurata”, riconoscere che non si sa un tubo di una certa materia e quindi che – in mancanza di conoscenza – si può anche ascoltare e tacere. Magari persino fare domande…

In cosa consiste l’aspetto patologico dell’incompetente che vuol comunque “dire la sua”?

L’effetto Dunning–Kruger è una distorsione cognitiva a causa della quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando a torto le proprie abilità come superiori alla media. Questa distorsione è attribuita alla incapacità metacognitiva da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri errori.[1]

Una reale competenza potrebbe al contrario indebolire la fiducia in sé stessi, poiché individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio. David Dunning e Justin Kruger della Cornell University hanno tratto la conclusione che: “l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente deriva da un equivoco sul conto degli altri”.[2]

Ora, provate voi a spiegare a un cretino che si sopravvaluta che sbaglia a sopravvalutarsi… Se poi vive immerso in un contesto informativo altamente frammentato e disorientante – Internet ha moltiplicato per miliardi di volte questa condizione – quella persona si sentirà assolutamente “nel giusto” quando rifiuta la critica da parte di qualcuno che – per lavoro, studio, esperienza – dimostra una maggiore competenza specifica. Tutti quelli con cui interloquisce quotidianamente, infatti, ragionano come lui. Si confortano a vicenda, si sostengono nel rifiutare “l’Altro”. Che non è una generica “persona diversa”, ma solamente quella che – purtroppo – ne sa più di loro. E lo dimostra.

La cosa più probabile che possa accadere è la “coalizione dei cretini” in nome della “libertà di pensiero e confronto”. A lungo andare, però, la catena di insuccessi garantita da un simile “metodo” di costruzione delle scelte produrrà il suo contrario. Un lungo periodo di “egualianza nell’ignoranza” non può che portare alla richiesta di una “guida sicura”. Scelta ovviamente in modo altrettanto ignorante e casuale, senza “procedure condivise”. Un dittatore, insomma. Che nemmeno garantisce l’efficacia delle scelte…

dal blog Tempo Reale

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Generalizzazione termodinamica dell’effetto Dunning-Kruger

Parliamo oggi della Legge Naturale sulla prevalenza del Bischero, una teoria interessante che sto sviluppando assieme ad alcuni miei co-workers negli ultimi tempi.

L’effeto della Legge si osserva fin dai tempi antichi, ma venne formalizzato, a livello fenomenologico, nel 1999, dai ricercatori statunitensti  David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, che diedero il proprio nome appunto all’effetto Dunning-Kruger. Esso è definito come una distorsione cognitiva a causa della quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando a torto le proprie abilità come superiori alla media. Questa distorsione è attribuita alla incapacità metacognitiva, da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri errori.

Una reale competenza potrebbe infatti, al contrario, ad indebolire la fiducia in sé stessi, poiché individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio o addirittura maggiore, arrivando però al cul-de-sac di dover confrontare le proprie opinioni e competenze con gli altri ritenuti competenti, arrivando potenzialmente al riconoscimento della parziale incompletezza o erratezza delle proprie convinzioni su un dato problema, e quindi erodendo la propria autostima e autodefinizione di competente.

Portando agli estremi la loro visione sociologica, i due ricercatori hanno tratto la conclusione che: “l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto“.

Fra gli antesignani dell’osservazione dell’effetto Dunning-Kruger, citati dagli stessi ricercatori, troviamo Charles Darwin: “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza” ed addirittura il maggior filosofo del 900, Bertrand Russel: “Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni“. Ab ovo, persino William Shakespeare disse: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.”. Le Sacre Scritture – specchio di saggezza popolare antica – già ammoniscono: “La via dello stolto è diritta ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio.”

L’approccio fisiologico-medico alla questione è poi ipotizzato da uno dei ricercatori, che propone un’analogia con la condizione di una persona che, soffrendo di una disabilità fisica in seguito a una lesione cerebrale, sembra non avvedersi o rifiutare di accettare l’esistenza della menomazione, anche se questa è grave come nel caso di cecità.

Gli scienziati ipotizzarono che, per una data competenza, le persone inesperte:

  1. tenderebbero a sovrastimare il proprio livello di abilità;
  2. non si renderebbero conto dell’effettiva capacità degli altri;
  3. non si renderebbero conto della propria inadeguatezza;
  4. si renderebbero conto e riconoscerebbero la propria precedente mancanza di abilitàqualora ricevessero un addestramento per l’attività in questione.

Su quest’ultimo punto (reversibilità del fenomeno dell’anosognosia) si innesta il nostro contributo, poiché a nostro parere esso non si può verificare in maniera illimitata, andando contro leggi fisiche e sociologiche incontrovertibili basate sui principi della termodinamica, sul concetto di irreversibilità dei processi fisici, e sul concetto di entropia. Si può verificare solotanto localmente e rispettando principi generali ben precisi, che ora saranno brevemente enunciati e discussi.

E’ infatti possibile enunciare la:

Quarta legge della Termodinamica (applicabile ai sistemi umani, (enunciato di Zucchetti/Cambi)

Si definisca Bi (Bischeraggine) come la presenza/densità di Bischeri in un sistema. Orbene:  “In un sistema chiuso con presenza di esseri umani la presenza di bischeri è una funzione crescente nel tempo.”

Il fenomeno è irreversibile. Siccome l’irreversibilità determina sempre un aumento del numero di bischeri dell’universo, poiché i processi naturali sono tutti irreversibili, possiamo dedurre che ogni processo naturale si evolve nel verso che determina un aumento del numero di bischeri dell’universo.

Tale evoluzione cessa in corrispondenza della condizione di massima bischeraggine [ Max(Bi) ] compatibile con le condizioni fisiche dell’universo termodinamico, rappresentato dal sistema considerato e dal suo ambiente circostante. Questo stato di massima bischeraggine corrisponde allo stato di equilibrio stabile.

L’aumento di bischeraggine dell’universo in corrispondenza di trasformazioni irreversibili non implica che il numero di bischeri debba necessariamente aumentare in ogni parte del sistema e dell’ambiente circostante. Sono possibili diminuzioni locali di bischeraggine, purché in altre parti si abbiano corrispondenti aumenti del numero di bischeri in misura tale da soddisfare il quarto principio. Questo è quindi compatibile con l’osservazione ultima di Dunning-Kruger, ma avendo ben presente che essa può avvenire soltanto a livello locale.

Notiamo infine che il principio dell’aumento della bischeraggine determina il verso in cui scorre il tempo. Tutte le leggi del moto sono compatibili con un’inversione della direzione del tempo, così come per il primo principio della termodinamica; il quarto principio, invece, così come il secondo principio, attraverso il principio di aumento dell’entropia (il secondo) e del numero di bischeri (il quarto), vieta l’inversione delle trasformazioni naturali e pertanto introduce un’asimmetria tra il passato e il futuro.

Questo principio pone evidentemente le sue basi sulla termodinamica classica. E’ ancora in discussione – nel nostro gruppo di studio – l’approccio quantistico. Aumentando le bischerate , finirà che l’ennesima bischerata, fatta sulle precedenti bischerate, invece che portare alla paralisi totale del sistema per raggiungimento del Max (Bi), sarà invece considerata la cosa giusta; questo comporterebbe l’annullamento di tutti i bischeri, ed il tempo non sarebbe pertanto scorrente in un sol verso, ma prenderebbe la forma di una funzione ciclica, tornando allo zero: si avrebbe nuovamente il Big Bang (da qui una spiegazione ex-post del detto popolare “spararla grossa”). La più grossa bischerata annullerebbe perciò tutte le precedenti. Su quest’ultimo punto, si innestano, come sempre nelle leggi generali della Termodinamica, anche questioni di gnosi e di cosmogonia che sconfinano nelle discipline teologiche, e pertanto consigliano prudenza nell’approccio. E’ più importante la prima Bischerata detta, oppure l’ultima? O forse esse coincidono?

La generalizzazione del principio di Dunning-Kruger è osservabile in tutte le discipline del sapere, ma è particolarmente marcato in quelle dove si ha un necessario zoccolo duro di conoscenze minime senza le quali è arduo progredire nell’expertise: fisica, ingegneria, scienze applicate, matematica, geografia, storia, sintassi e grammatica. Allo zoccolo duro si sostituisce lo zoccolo dell’asino, ingiustamente utilizzato come metafora: un asino infatti è perfettamente in grado di adempiere ai propri compiti e di apprendere nuovi skills, il Bischero al contrario è termodinamicamente dannoso quando si occupa della questione sulla quale ritiene di aver competenza, aumentando con la sua attività l’entropia ovvero la funzione Bi, ed è incapace di progredire in essa se non nel senso stabilito, ovvero aumentando – con la propria – anche la Bischeraggine dell’universo. Questo contraddice pertanto la quarta ipotesi di Dunning-Kruger.

Riferimenti:

Kruger, Justin; David Dunning (1999). Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-AssessmentsJournal of Personality and Social Psychology 77 (6): 1121–34. DOI:10.1037/0022-3514.77.6.1121PMID 10626367 . (trad.: “Incompetenti e inconsapevoli di ciò: come le difficoltà nel riconoscere la propria incompetenza porta ad autovalutazioni esagerate”)

(L’articolo ha valso ai due ricercatori il Premio Ig Nobel per la Psicologia)

dal blog sul sito de “il manifesto”

Guerra in Siria: la Turchia taglia l’acqua alla Siria e l’esercito bonifica i tunnels

ma non è un crimine di guerra? No, se lo fanno quelli dalla parte giusta della storia (definizione di Obama)

Di Michael Collins
Le ostilità occidentali verso la Siria hanno raggiunto un nuovo livello di aggressività. Il giornale Al-Akahbar in inglese il 30 maggio ha riportato:
“Il governo turco ha recentemente interrotto il flusso del fiume Eufrate, mettendo a rischio di grave crisi idrica soprattutto la Siria, ma anche l’Iraq. Al-Akahbar ha scoperto che il livello del Lago Assad è calato di circa 6 metri, lasciando milioni di siriani senza acqua potabile.”

L’interruzione dell’acqua da parte del governo turco minaccia due milioni di persone nella regione di Aleppo, la seconda città siriana.
La Turchia, membro della NATO, è fortemente ostile all’attuale governo siriano. Il confine turco è una rotta importante per le armi e i combattenti stranieri che lottano contro il governo siriano.
Insieme a Cina e Brunei, la Turchia ha rifiutato di firmare l’accordo delle Nazioni Unite sui corsi d’acqua internazionali, che prevede un’”equa e ragionevole” condivisione dei fiumi. Inoltre, l’accordo stabilisce che le nazioni dovranno “prendere tutte le misure appropriate per evitare di provocare danni significativi.”

Siria e Iraq affermavano che la Turchia manipola l’Eufrate già nel 1975, e sostengono che gli anni di siccità sono la conseguenza della politica idrica turca.
La macchina di propaganda turca si sta muovendo per dare la colpa della crisi all’ISIS, un gruppo ribelle siriano affiliato ad Al Qaeda. Stiamo a vedere come il dipartimento di stato USA tratterà questa crisi. Se ci diranno che la colpa è dei ribelli siriani, sarà la spia che la NATO sta creando un false flag per giustificare l’azione militare contro il governo siriano. Speriamo invece che gli USA e gli altri paesi chiamino le cose con il loro nome: una violazione dei diritti umani di proporzioni epiche, commessa da un despota instabile, il primo ministro turco Erdogan, a capo di un’importante paese NATO.

Fonte: Globalresearch

Traduzione : Anacronista

Ufficiali siriani riferiscono sulla guerra dei tunnels
Un aspetto meno noto della guerra che si svolge in Siria
I tunnels scavati nelle terra all’entrata orientale di Damasco sono realizzati per un tipo speciale di guerra tra le truppe regolari ed i terrorsti, in cui si utilizzano non solo armi tradizionali ma anche molteplici tecniche di ascolto e di intellegence. All’interno di un edificio vuoto, una botola nel suolo conduce verso una sala di osservazione situata a sette metri di profondità, dove i computer del’esercito sono collegati ad una serie di telecamere introdotte in una rete di tunnels  dell’esercito.

“Dipendiamo soprattutto dalle nostre orecchie. Quando abbiamo localizzato una fonte di rumore, scaviamo in quella direzione. Allora si verifica una sorpresa: o i ribelli si trovano lì ed allora combattiamo o blocchiamo il tunnel e lo utilizziamo noi.”
“Il capitano Alì li fa diventare matti perchè  sa come scavare e lanciare attacchi a sorpresa”, ha detto uno dei suoi uomini.

“Così in questo modo si svolgono due guerre: una sopra la superficie e l’altra sotto la terra”, riferisce il soldato che fa la guardia alle telecamere.
Per sfuggire ai franco tiratori, i combattenti di entrambe le parti hanno collegato gli edifici che controllano con una rete di tunnels scavati nella terra rossa ed illuminati con lampade.
“Il primo tunnels è per i rifornimento di cibo. Il secondo comunica le nostre posizioni ed il terzo serve per evacquare i feriti” Spiega Maher, un soldato dell’esercito.

L’ultimo, che può arrivare ad una profondità di 12 metri, circonda un edificio e, se il nemico cerca di attaccarlo, fanno brillare le bombe collocate al suo interno.
L’Esercito si è visto obbligato a rispondere quando la sua posizione nell’est di Yobar fu attaccata lo scorso anno con bombe situate nel tunnel.
La tattica dei militanti è doppia: scavare fino ai nostri edifici e farli saltare o scavare tunnels che passano sotto le nostre linee e penetrano nella città alle nostre spalle, ha detto un altro ufficiale, il colonello Ramez,

Ramez ha segnalato che l’Esercito impiega geologi equipaggiati con sensori che localizzano le cavità ad una profondità fino a 15 metri.
Già da vari mesi l’Esercito ha sventato un attacco massiccio contro Damasco all’ultimo minuto dopo aver scoperto un tunnel che attraversava le sue linee.
Secondo un ufficiale dell’intelligence siriano, il piano dei terroristi era di inviare 30 attaccanti suicidi ad attaccare vari edifici strategici e lanciare circa mille miliziani per seminare il caos nella città.
Il piano è fallito e Damasco è stata salvata.

Fonte: Al Manar
http://www.controinformazione.info/guerra-in-siria-la-turchia-taglia-lacqua-alla-siria-e-lesercito-bonifica-i-tunnels/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=guerra-in-siria-la-turchia-taglia-lacqua-alla-siria-e-lesercito-bonifica-i-tunnels

La deriva inarrestabile dell’Europa neoliberista

di Luciano Lago – Le ultime elezioni europee hanno fatto emergere concretamente la realtà di un continente, una volta considerato faro di civiltà e di sviluppo, che si trova attualmente in una fase di grave crisi di identità e nel quale emergono spinte disgregatrici in contrasto con il preteso processo di integrazione peraltro mai realizzato.

L’Europa, per la prima volta nella sua Storia moderna, è affetta da una grave forma di disfacimento che si esprime a vari livelli: economico, culturale, sociale, politico.

Si può capire quanto sia grave questo disfacimento anche se trattasi di un processo iniziato ormai da qualche decennio e non è una questione semplice da analizzare. Volendo classificare  gli aspetti più evidenti ce ne sono tre di sostanziali e collegati fra loro. Il primo, e più immediato, è lo stato degenerativo della democrazia in tutto il continente, di cui la struttura della UE è a un tempo la causa e la conseguenza.
Il carattere oligarchico  delle sue scelte costituzionali, che avrebbero dovuto essere l’ impalcatura di una sovranità popolare graduata in scala sovranazionale, con il tempo si è costantemente consolidata. La possibilità per i cittadini di accedere ai referendum è stata regolarmente resa nulla se questi intralciano la volontà dell’oligarchia insediatasi nelle istituzioni della UE.
Grigi burocrati, mai eletti da nessuno, si sono arrogati del potere di controllare i bilanci degli Stati nazionali dopo aver espropriato i Parlamenti nazionali dal potere di spesa. Gli stessi, attraverso la Commissione ed il Consiglio d’Europa (organismi non elettivi),  esercitano il controllo su tutti i settori più importanti dell’economia, dalla concorrenza alle banche, dalle  regolamentazioni industriali a quelle alimentari, dalle assicurazioni all’agricoltura, alla pesca, ecc.

L’Unione Europea è divenuta con il tempo una sovrastruttura autoreferenziale che trasmette le sue direttive agli stati membri che, senza di essa, potrebbero esercitare molto meglio la loro gestione economica.La UE è dominata dalle lobby di interessi estranei ai popoli (quelli delle grandi banche d’affari e delle multinazionali), che ne influenzano e ne determinano le decisioni e le tendenze con effetti nefasti sulle economie degli Stati più deboli. In ogni nazione, gli esponenti politici, fiduciari dell’oligarchia europea, manipolano le leggi ed i regolamenti in conformità con gli interessi di riferimento, in forma scoperta o sotterranea, facendo passare i provvedimenti come necessari ” per adeguarsi allo spirito dell’Europa” (dicono); il tutto con una campagna di disinformazione dei grandi media, conformi ai gruppi di interesse.

Questo crea alla lunga malcontento e disaffezione nei cittadini che si vedono pregiudicati nei loro diritti e nei loro interessi sistematicamente sacrificati dal superiore interesse dei mercati, della globalizzazione, dell’Europa che prescrive quelle norme e quei regolamenti.
La kermesse elettorale, per eleggere un organismo (il Parlamento europeo) scarsamente influente a livello decisionale,  dominata da propaganda e manipolazione mediatica, ha fatto affiorare il dissenso e l’assenteismo di molti elettori, ma i centri di potere hanno già iniziato una campagna di diffamazione e di manipolazione per convincere l’opinione pubblica del pericolo rappresentato dai movimenti così detti “euroscettici e populisti”.

“Vogliono fermare il progresso, vogliono tornare all’Europa delle guerre e dell’intolleranza, sono razzisti, totalitari, antisemiti”, le accuse più frequenti e quella più subdola “potrebbero turbare l’equilibrio dei mercati”.

Pochi commentatori mettono in evidenza poi , oltre alla inesistente rappresentanza democratica delle istituzioni europee, anche l’aspetto della corruzione che si è insinuato in modo pervasivo nelle classi politiche di quasi tutti paesi europei, anche per effetto dei tanti fondi profusi dalle lobby di interesse, argomento accuratamente occultato dai grandi media, in alcuni paesi si sono create delle sotto strutture di affari ed interessi collegate al potere politico che pilotano tutte le importanti decisioni economiche, gli appalti, le forniture, le opere pubbliche, i finanziamenti pre elettorali, l’assegnazione delle cariche.. In paesi come l’Italia o la Grecia queste sono un male endemico, una caratteristica insita nella politica ma il fenomeno è ben presente anche in paesi come la Germania e la Francia.

Vedi i fondi neri illegali accumulati a suo tempo da Helmuto Kohl per i quali fu sottoposto a procedimento o i lucrosi incarichi ottenuti da Gerhard Schroeder dalla Russia grazie al suo ruolo nel finanziamento della Gazprom. Vedi le accuse in Francia in cui fu coivolto Chirac per appropriazione di fondi pubblici. Tralasciando i noti casi in Italia dove sono state coinvolte tutte le struttre del ptere bancario intrecciato con la politica come MPS, Unipool e le collusioni con le Coop, sempre assegnatarie privilegiate di commesse pubbliche.

Che l’Elite finanziaria dominante, quella delle grandi banche e dei potentati finanziari, sia l’ispiratrice principale delle più importanti decisioni prese dagli organismi europei, non è più un sospetto ma una certezza.
Prova ne sia le posizioni di privilegio riconosciute alle grandi banche con appositi organismi creati dall’oligarchia come il MES/ESM (fondo salva stati) predisposti per salvare le banche a scapito del denaro pubblico, del bilancio degli Stati e del risparmio dei cittadini saccheggiato sistematicamente per prelevare risorse, con provvedimenti di inaudita vessazione fiscale come accaduto in Italia ed in Grecia.

C’è però un’altro aspetto che caratterizza la deriva di questa Europa ed è più profondo e radicato: si tratta del decadimento culturale.
L’occidentalismo e la cultura della modernità di stampo anglo americano è quella che ha preso il sopravvento, presentando quella anglosassone, di stampo evangelico , come una civiltà superiore o addirittura unica rispetto al passato ed al presente, trasversale in quanto si estende dall’Atlantico al Mediterraneo ed aspira a diffondersi per il resto del mondo per “esportare intellettualmente la democrazia”, che con la modernità ha preso il posto del “Summum Bonum “che era proprio della scolastica medioevale.

Gli intellettuali modernisti come i Popper, gli Strauss, hanno influito sulla visione europea predicando il mito della “società aperta” , tollerante e democratica ( nella teoria) che predica il relativismo culturale ed aborrisce il tradizionalismo ed il conservatorismo. Questa concezione in sintesi predica “la democrazia come necessità”, si tratta però di una democrazia svuotata del popolo e riempita con il principio della elite che opera “per il bene ed il progresso” della società. Una concezione che giustifica anche il tirannicidio o l’omicidio mirato quando questo è ritenuto necessario per abbattere un regime anti democratico o tirannicida (ne hanno fatto le spese i Milosevic, i Saddam o i Gheddafi ).

Da qui la pretesa di imporre il sistema della democrazia occidentale anche a popoli che hanno altre culture. L’imperialismo di matrice nord americana come necessità storica e come missione di proselitismo democratico per convertire i popoli.
Derivano da questo anche gli interventi militari al seguito degli USA dove l’Europa si è sempre accodata agli USA, dall’Iraq, alla Libia, per arrivare alla Siria ed un domani all’Iran come obiettivo,
L’attuale dominazione culturale in Europa, di stampo americanoide, realivista e modernista, si basa sull’influenza determinante degli Stati Uniti e di Israele, ove la vecchia Europa è un continente conquistato a questa cultura e ne vengono negate le sue radici cristiane e della tradizione scolastica. Un continente che rappresenta per gli americani niente più che un mercato di consumo ed una base aerea per la proiezione di possibili conflitti contro quei paesi che rappresentano l’”impero del Male” come la Russia, potenza continentale vista come antagonista anche per la visione ideologica di Putin che rilancia la tradizione spirituale della Chiesa Russa ortodossa e della cultura della Santa Russia contro l’Occidente mondialista. Si rilanciano conflitti contro le potenze medio orientali non conformi agli interessi occidentali come la Siria e l’Iran, ritenuti retrogradi e nazionalisti e di conseguenza visti come “stati canaglia”.
Una visione questa che è stata teorizzata come “scontro di civiltà” da intellettuali ed ideologi neo conservatori come S. Huntington, che aveva previsto l’affermarsi di un nuovo ordine mondiale, L. Strauss, . Wolfowitz, R, Perle e L. Kristol.
Tutti intellettuali questi di origine israelitica e di formazione trozkista che si sono arruolati alla visione neoliberista radicale per predicare la “guerra preventiva” e la rivoluzione conservatrice.

Oltre agli effetti nefasti dell’ideologia neoliberista, bisogna considerare l’impatto nei paesi europei, specie in quelli più fragili, del sistema socio-economico, messo a dura prova dalle politiche recessive e di folle austerità dirette dalla oligarchia europea, impatto che ha determinato una esasperazione delle differenze sociali accrescendo come non mai povertà ed emarginazione.  Il fatto che la crisi economica manifestatasi in Occidente nel 2008, sia stata il risultato di decenni di liberalizzazioni nel settore finanziario e di espansione del credito lo ammettono, più o meno, i loro stessi protagonisti; si veda Alan Greenspan.  Grazie al collegamento ed all’interdipendenza tra i paesi occidentali , le banche e le attività immobiliari europee erano già coinvolte nel disastro tanto quanto le loro omologhe statunitensi. Nei paese europei, tuttavia, questa crisi generale è stata notevolmente aggravata da un altro fattore peculiare dell’Unione, le distorsioni create dalla moneta unica imposta a economie nazionali molto diverse tra loro, spingendo le più vulnerabili di esse sull’orlo della bancarotta quando sono state colpite dalla crisi generale.

La ricetta stabilita dagli oligarchi di Bruxelles e dietro isuggerimento di Berlino , aveva previsto non solo un classico regime di stabilizzazione finanziaria mediante tagli alla spesa pubblica e provvedimenti di austerità economica ma anche un patto di bilancio “fiscal compact” che ha fissato un limite uniforme del tre per cento a ogni deficit, imposto come norma costituzionale, realizzando una limitazione economica distorsiva come principio fondamentale della contabilità di Stato, come fosse un dogma, totalmente astratto dalla realtà e dalla necessità di fronteggiare le conseguenze sociali della crisi che al contrario richiederebbero politiche espansive.
In questo contesto, l’Italia è considerata come il caso più accentuato di deformazione funzionale del sistema europeo. Dall’introduzione della moneta unica l’Italia ha segnato il dato economico peggiore rispetto ad ogni altro stato dell’Unione: un periodo di vent’anni di stagnazione virtualmente ininterrotta a un tasso di crescita ben inferiore a quello di Grecia o Spagna. Il suo debito pubblico è superiore a 130 per cento del PIL. Tuttavia bisogna considerare che l’Italia è un paese di dimensione notevole ed è uno dei sei membri fondatori, con una popolazione paragonabile a quella della Gran Bretagna e un’economia pari quasi al doppio di quella della Spagna. Dopo la Germania la sua industria manifatturiera è la seconda maggiore d’Europa, risulta anche anche seconda in classifica nell’esportazione di beni capitali. Le emissioni del suo tesoro costituiscono il terzo maggiore mercato di titoli sovrani del mondo. Quasi metà del suo debito pubblico è detenuto all’estero: il dato paragonabile del Giappone è inferiore al 10 per cento. Nella sua combinazione di peso e di fragilità l’Italia è il vero anello debole della UE, che, in un possibile default, trascinerebbe a picco tutto l’eurosistema..

Questo non può essere consentito nell’interesse delle banche tedesche e francesi in particolare che sono particolarmente esposte verso l’Italia nel caso di un default del paese schiacciato dal debito e che attualmente lucrano, assieme alle altre banche (anglosassoni), dei vantaggiosi interessi sui titoli delle emissioni pubbliche che lo Stato italiano emette per finanzirsi il debito e la spesa statale.
La casta dei banchieri per nulla al mondo permetterebbe un cambio di passo radicale di politica economica dell’Italia quale una procedura di uscita dell’euro o una rinegoziazione del debito. Per questo in ogni governo si assicurano di inviare un loro fiduciario nella stanza dei bottoni (Monti, Grilli, Letta, Padoan) che tenga sotto controllo i conti e si occupi di attuare le direttive che, pur provenendo dalla Commissione Europea, in realtà sono ispirate dall’elite finanziaria.

Sul livello politico il paese viene tenuto sotto controllo tramite il principale partito di governo (il PD) che è del tutto asservito alle logiche del capitale finanziario e con un sistema di ricatti nei confronti di altri esponenti politici dove vengono coinvolti altri apparati dello Stato e della magistratura infiltrati e mantenuti sotto monitoraggio costante.
A questo si aggiungono i principali organi di informazione e reti televisive che, facendo capo a gruppi finanziari e di interesse, sono del tutto coivolti nel gioco della manipolazione delle notizie e nelle campagne mediatiche pro Europa (come accaduto nelle ultime elezioni) e si dispone anche di qualche centinaio (forse migliaio) di “influencers” pagati che operano sulla rete web e sui siti di controinformazione per seminare dubbi, contronotizie e ridicolizzare coloro che sostengono tesi non conformi.
L’efficacia di questo sistema è stata comprovata nel caso delle ultime elezioni europee dove il partito filo Europeo per eccellenza, unico caso in Europa ha conquistato oltre il 40% dei consensi.

I cittadini italiani si sono rivelati i più facilmente influenzabili e quelli meno consapevoli ed in sostanza hanno accettato, dopo una intensa opera di convincimento televisivo, che era cosa buona e giusta consegnare le chiavi di casa propria alla Troika europea per mano del leader fiorentino, Matteo Renzi.

Non accade di frequente che la vittima designata si sistemi la corda attorno al collo con le proprie mani ma gli italiani, inaspettatamente, sono riusciti a fare anche questo.
http://www.controinformazione.info/la-deriva-inarrestabile-delleuropa-neoliberista/#more-5086