IRAQ: LE MOLTE PARTI IN COMMEDIA DELL’IMPERIALISMO USA

Di comidad del 19/06/2014
La destabilizzazione siriana di marca jihadista è stata esportata in grande stile nel confinante Iraq, il cui governo è ufficialmente appoggiato sia dagli Stati Uniti che dall’Iran. I media ci presentano quindi i due storici nemici, USA ed Iran, costretti a fronteggiare insieme la minaccia dell’integralismo islamico. Sennonché notizie di stampa poste in minore evidenza sembrano sfatare la propaganda dell’ISIS (o ISIL), il gruppo jihadista che sostiene di praticare esclusivamente sane forme di “autofinanziamento” con rapine in banca ed imposizione di tangenti. I finanziamenti principali proverrebbero infatti dalle petromonarchie del Golfo: Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti.
Già da qualche giorno alcuni commenti giornalistici, seppur di stretta marca occidentalistica, avevano posto in evidenza il “paradosso” costituito dal fatto che a finanziare il jihadismo fossero proprio i principali alleati degli Stati Uniti nell’area, cioè appunto le petromonarchie. Poteva apparire spregiudicato, ma coerente, che il jihadismo venisse usato per destabilizzare la Siria, un Paese storicamente nel mirino degli USA, ma potrebbe apparire contraddittorio che oggi si trovi a far da bersaglio un governo insediato proprio dagli USA come quello dell’Iraq.
Queste perplessità derivano da una concezione idealizzata ed edulcorata dell’imperialismo, al quale spesso si attribuisce, del tutto arbitrariamente, una carica “progettuale”, cioè la determinazione di stabilire una qualche forma di “ordine”, per quanto ingiusto, sia a livello regionale che globale. Quando si notano certe incongruenze si può sempre spiegare tutto con la stupidità, che ha certamente un ruolo rilevante nelle vicende umane. D’altra parte, proprio perché la stupidità costituisce una costante perenne ed ineliminabile, serve a molto poco per spiegare ciò che accade nello specifico.
I commentatori dell’occidentalismo puro e duro se la prendono poi con la debolezza e l’indeterminazione di Obama, e rimpiangono il “guerriero” Bush. La stupidità potrebbe essere facilmente invocata anche per spiegare questo tipo di assurdi commenti giornalistici, ma così si coglierebbe l’aspetto meno rilevante del problema. La propaganda dei “Neocon” americani consiste per un verso nell’inflazionare l’epiteto di “pacifista”, attribuendolo persino a criminali di guerra del calibro di Bill Clinton, e dall’altro verso nel caricare di nuovi sovrasignificati bellicistici cose che rientrano nella routine dell’affarismo militare. Capitò anche con le mitiche “Guerre Stellari” lanciate mediaticamente dal presidente Reagan negli anni ’80. In realtà dagli anni ’50 il Pentagono già finanziava ed organizzava dispendiose ricerche sull’uso militare dei satelliti, perciò non vi era nulla di nuovo, se non l’enfasi pubblicitaria attribuita a quelle ricerche.
Se si va invece a comparare il grado di destabilizzazione operato nel periodo della presidenza Obama con quello che si è verificato nel corso della presidenza Bush, ci si accorge che la palma dell’imperialismo più aggressivo andrebbe proprio all’understatement di Obama, e non all’enfasi bellicistica di Bush. Ciò, ovviamente, se Obama non fosse soltanto quello che è, cioè un addetto alle pubbliche relazioni; e se questo alternare uno stile più spavaldo ad un altro più dimesso non rientrasse in un normale gioco comunicativo.
Dopo l’irrigidimento delle forze armate russe nel difendere la Siria, il piano di destabilizzazione di questo Paese ha dovuto subire una battuta d’arresto, perciò era ragionevole attendersi che gli USA e le petromonarchie spostassero il fronte sul Paese confinante. Nel caso iracheno gli USA possono consentirsi infatti di riscuotere i vantaggi della destabilizzazione, che va ad investire direttamente anche il ruolo di potenza regionale dell’Iran e la sua influenza sull’attuale Iraq a predominio sciita. Gli USA possono conseguire questo risultato senza peraltro esporsi più di tanto, e senza nemmeno spendere più di tanto, lasciando le spese ed il lavoro sporco agli “alleati”, come è già avvenuto per le “primavere” arabe del 2011.
L’imperialismo non ha bisogno di strategia, poiché la destabilizzazione è già di per sé una strategia. Sul cammino di una Russia concentrata sulla questione dell’Ucraina viene oggi lanciata la nuova pietra d’inciampo della destabilizzazione irachena, quindi un nuovo fronte e militare e diplomatico per Putin, dato che dall’Iraq diventa possibile tentare di destabilizzare nuovamente la Siria.
All’opposto della visione idealizzata dell’imperialismo, può anche darsi una sua concezione del tutto unilateralistica, come se l’imperialismo costituisse una sorta di “villain” che va a turbare le paradisiache armonie dei popoli. In realtà la forza dell’imperialismo non sta tanto nella sua potenza intrinseca, quanto nella sua capacità di catalizzare tutti gli affarismi e gli opportunismi a livello locale. In questo senso si può valutare anche la storia dell’Europa dell’Est non soltanto nei suoi aspetti di discontinuità, successivi alla caduta del muro di Berlino, ma anche nei suoi aspetti di continuità rispetto all’epoca del cosiddetto “socialismo reale”. Durante la Guerra Fredda, Paesi come la Jugoslavia o la Romania hanno saputo “vendere” la loro posizione di confine tra i due schieramenti, ritagliandosi un ruolo internazionale ed anche una sorta di alibi ideologico. Tito e Ceasescu sono stati celebrati dalla propaganda occidentalistica per decenni, salvo essere criminalizzati dalla stessa propaganda, quando il loro opportunismo non serviva più; post mortem nel caso di Tito, ed ancora in vita nel caso di Ceasescu, sino a plaudire alla sua feroce esecuzione. La stessa Albania, passata così bruscamente nel campo occidentale, ha un suo passato ambiguo, in cui il marxismo/leninismo/stalinismo apparentemente ortodosso di Enver Hoxha, costituì di fatto un ottimo alibi per ritagliarsi un ruolo di neutralità. Se Hoxha avesse aderito al Patto di Varsavia, la marina militare sovietica avrebbe potuto piazzare basi navali a pochi chilometri dalla base NATO di Taranto, e tutto l’equilibrio militare del Mediterraneo sarebbe mutato. Qualche innocua trasmissione da Radio Tirana fu sufficiente per tutti gli anni ’70 ad accreditare alla politica antisovietica di Hoxha una sorta di mitico alone ultra-rivoluzionario, mentre dietro vi erano evidenti compromessi con la NATO.
Non vi è perciò nulla di strano nel fatto che oggi in Ucraina la posizione di confine sia considerata un’opportunità da sfruttare e che fare l’anti-russo sia divenuto un mestiere carico di prospettive di successo e carriera. Ciò che invece risulta strano, è che a Kiev non ci si accorga che attualmente la posizione di confine dell’Ucraina non viene venduta al migliore offerente, ma svenduta a condizioni di strozzinaggio. L’Occidente può permettersi di spacciare il prestito di diciassette miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale al governo ucraino come un “aiuto”, quando persino un quotidiano come “The Guardian” deve riconoscere che il vantaggio di questo prestito va esclusivamente ai creditori.
Questa svendita è appunto l’effetto della destabilizzazione permanente, per la quale ogni Paese è considerato un bersaglio e nessuno può più permettersi di negoziare tranquillamente per ottenere vantaggi dalla propria posizione di neutralità o di alleanza. Per questo motivo la destabilizzazione imperialistica non colpisce soltanto coloro che sono ufficialmente considerati nemici, ma spesso, o soprattutto, i cosiddetti “alleati”, come sta capitando adesso anche all’Iraq.

Tunnel. Sinfonia per cinque voci

TG Valle Susa

Il mondo del carcere raccontato da cinque carcerati. Un lavoro teatrale appena abbozzato, una prima partitura alla due giorni delle Alvà della Clarea sulla violenza di Stato.

di Gabriella Tittonel

Il mondo del carcere raccontato da cinque carcerati: questo il filo conduttore dello spettacolo presentato la scorsa domenica pomeriggio al Salone D. Bunino di Bussoleno.

Lucia

Un lavoro teatrale appena abbozzato, come ha sottolineato la brava regista Lucia Falco, della Compagnia TIR LAB, che inteso presentare questa prima partitura proprio in  occasione della due giorni promossa dalle Alvà della Clarea sulla violenza di Stato.

“E’ difficile trovare un linguaggio distaccato, equilibrato, ma anche carico di indignazione per raccontare delle storie di violenza che facilmente potevano farmi cadere nel patetico. Volevo delle storie lucide, in cui l’ironia entrasse ma senza disturbare, in cui lo stile tenesse ma senza farsi troppo sentire… le cosa che più mi colpisce è quando un uomo, che appare gentile e deduttivo, dedito solo all’armonia e alla delicatezza, improvvisamente si trasformi, quando meno te lo aspetti, in un carnefice senza pietà diventando così il Dottor Jekill e Mister Hide. Ma questi due signori in un solo corpo hanno sempre tanto colpito l’immaginazione dei lettori, perché?… forse perché dentro ciascuno di noi c’è un piccolissimo Dottor Jekill che è anche un Mister Hide, capace di grandi dolcezze e capace anche di efferatezze?… Quelle narrate sono poche storie che purtroppo ne rappresentano migliaia, perché il sottofondo di violenza che rimane celato nelle storie del carcere è immenso e sconosciuto… nelle nostre carceri c’è un morto ogni due giorni… il carcere è un mondo a parte, un sistema chiuso dove si viene a sapere quello che codeste persone vogliono che si sappia e dove le carte si possono sistemare a proprio piacimento… il mio vuole essere un teatro poetico e alla poesia non si deve chiedere di raccontare fatti, cose, ma di offrire spunti, suggestioni… l’abbandono, il lasciarsi portare da  quello che succede in scena, uscire dalla logica del significato e della comprensione ad ogni costo, non temere di sentirsi sicuri… Fondamentale è perdersi, affrontare anche squilibri, poi dopo magari crearsi un proprio percorso interpretativo, che però non deve mai prescindere da una partecipazione anche sensoriale, da pelle d’oca. Che è poi quella che entra in gioco nell’esperienza musicale, nell’esperienza poetica e visiva. Qualcosa che ti entra nel corpo…”

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Così descrive “Tunnel” la regista Lucia Falco. E le suggestioni da lei immaginate si sono fatte carne attraverso i bravi attori in scena: Elena Garberi, Peo Paccia, Tiziana Pasquero, Patrizia Monica Triolo e Marcello Serafino Visconti. Che hanno saputo con la forza dei loro gesti far entrare gli spettatori in quel mondo altro, assolutamente altro, del carcere. E che continueranno in questi mesi futuri ad affinare lo spettacolo, a moltiplicare le prove, per poter debuttare, come ha ricordato la regista, il prossimo mese di settembre.

G.T. 16.06.14

“E meno male che piange”. La giustizia secondo i Rinaudos

 http://www.autistici.org/spintadalbass/?p=2911
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“E meno male che piange”. La giustizia secondo i Rinaudos

Da Lipperatura, il blog di Loredana Lipperini

Mi scrive Luca Casarotti, praticante a Pavia,  coautore di Vivere senza slot, collaboratore, fra l’altro, di Carmilla. Mi chiede se la storia che segue, di cui ha redatto la cronaca, è degna di essere raccontata. La risposta è sì. Leggetela.

Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero – insieme ad Andrea Padalino – nei processi penali ad attivisti notav.
Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter), non le impedisce di patrocinare in giudizio – in qualità di difensore di fiducia – imputati di reati sessuali. In ciò, sia chiaro, non c’è nulla di scandaloso o di ingiusto. Anzi, la scelta potrebbe essere dettata da garantismo autentico, se in ipotesi Rinaudo fosse convinta dell’innocenza del suo assistito. Un garantismo che però pare difettarle, allorché si tratta di indirizzare scomposte invettive contro gli autori dell’aggressione all’autista di suo padre. Non un cenno di smentita, dopo, quando era ormai chiaro che “I tre incappucciati”, cui si rivolgeva dando loro dei “piccoli meschini vermi”, dei “vigliacchi”, degli “smidollati” e altri epiteti dello stesso elegiaco tenore, fossero frutto dell’immaginazione dell’autista.
Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva.
Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare.
“Leggo nel verbale – ha detto a un certo punto – che ‘si dà atto che la signora piange’… E meno male che piange!” [per dovere di precisione: il verbale dell’udienza non è stato redatto con la forma della stenotipia, ma le parole sono rimaste impresse, non solo nella testa di chi scrive] La frase ha prevedibilmente suscitato l’irritazione di chi assisteva all’udienza (lo testimonia quest’articolo), a maggior ragione perché a pronunciarla è stata una donna, e una donna che insiste nell’attribuirsi un ruolo in prima linea nella battaglia contro la violenza di genere. Per fortuna la persona offesa non era presente in aula: non è difficile immaginare quale sarebbe stata altrimenti la sua reazione di fronte a tanta ingiustificata mancanza di rispetto, confermata da un’altra frase che l’avvocato ha più volte ripetuto durante l’arringa:“qui si presume che la vittima dica il vero, solo perché è la vittima”. [Vale la precisazione di cui sopra] Il giudizio di primo grado, in ogni caso, si è chiuso con il riconoscimento della piena attendibilità delle parole della persona offesa, riscontrate agli atti anche da un certificato medico. Più in generale, val la pena di notare che per forza di cose i processi per questo tipo di reati, proprio perché si consumano al chiuso delle mura domestiche, si basano in prevalenza sulle dichiarazioni della vittima: su cosa, altrimenti? O preferirebbe la garantista Rinaudo che si chiudessero tutti con l’archiviazione per mancanza di prove?
Ancora un rilievo: in tutta la discussione, Rinaudo ha cercato di ricondurre il caso concreto ad una sorta di paradigma di violenza domestica. O meglio: ad una sua visione stereotipata ed estrema, quando è persino tautologico dire che la violenza – sia fisica che psichica – può avere diverse gradazioni, esplicitarsi secondo differenti modalità, senza per questo cessare d’esser violenza quando non è estrema.
L’eccessività nei toni, lo scherno alle altre parti, l’atteggiamento irriguardoso verso la posizione della vittima sono comportamenti mal tollerati pure nel contesto aspro di un processo penale, e quasi mai fanno l’interesse dell’assistito.
Due domande, non retoriche, in conclusione. Come concilia l’avvocato Rinaudo un atteggiamento come quello che ha dimostrato nel processo pavese con la sua lotta antiviolenza? È veramente ipotizzabile che l’ambito professionale e quello dell’impegno civile restino del tutto separati, e il primo non influenzi il secondo? A sentire lei, è il secondo a influenzare il primo (visto il panegirico d’inizio arringa), ma non si direbbe che ciò avvenga nel modo che sarebbe lecito attendersi.
Nota nemmeno tanto a margine: dando un’occhiata alla homepage del sito dell’associazione di cui Rinaudo è presidente, si legge che uno dei suoi obiettivi è la creazione di “ospedali rosa”. Anche solo nell’insistere sulla connotazione cromatica, è evidente che quell’associazione ignora del tutto i discorsi sull’immaginario femminile che da anni, e da più parti, ci si sta sforzando di portare avanti. Dunque, quanto davvero è aggiornato e completo il lavoro di un ente che sembra tralasciare la premessa culturale che dovrebbe caratterizzare ogni studio di genere?

“use it or lose it” la Ue taglia i fondi alla Torino Lione

post — 19 giugno 2014 at 13:18

da L’Espresso – La Commissione Europea riduce del 40 per cento il finanziamento alla Tav per gli eccessivi ritardi accumulati nel tempo. “C’è il principio: o lo usi o lo perdi”

L'Europa taglia i fondi alla Torino-Lione

La linea ad alta velocità Torino-Lione procede a passo di lumaca e la Commissione europea taglia i fondi a Italia e Francia. Lo ha fatto con l’atto 1376 del 5 marzo del 2013, finora sconosciuto ai non addetti ai lavori, in cui si sostiene che, siccome «il progetto registra un notevole ritardo dovuto a difficoltà amministrative e tecniche» e «l’azione non potrà essere portata a termine entro il 31 dicembre 2015», come previsto, il finanziamento europeo è decurtato del 41,2 per cento: da 671,8 milioni di euro a 395,3.

Gli esperti anti-Tav del Presidio Europa, che si sono accorti del taglio tra le pieghe dell’annuale relazione del coordinatore per il progetto Torino-Lione, Laurens Jan Brinkhorst (il quale metteva in luce in particolare i ritardi italiani), hanno chiesto spiegazioni al portavoce della Commissione Trasporti di Bruxelles, Brian Simpson. Questi ha a sua volta scritto al commissario (e vicepresidente della Commissione) Siim Keller, che ha ammesso: «In base al principio “use it or lose it” (“o lo usi o lo perdi”), la Commissione ha deciso di non finanziare i lavori che non potranno essere realizzati entro la fine del 2015».

A. Mas.

La farsa delle compensazioni

La farsa delle compensazioni

Ormai quando leggiamo o sentiamo parlare di compensazioni ci scappa da ridere. Più volte annunciate, promesse, tagliate, di nuovo annunciate, di nuovo tagliate. La saga delle compensazioni è ormai ben oltre la farsa. Oggi l’ultimo episodio: cancellati alcuni milioni di euro che erano stati promessi per “compensare” i disastri causati dal Tav.

Liberiamo subito il campo da equivoci: la salute nostra e dei nostri cari, il territorio in cui viviamo, l’aria che respiriamo, i nostri prati e le nostre montagne non sono compensabili né barattabili.

Ma c’è dell’altro. Fra gli interventi proposti dai governi come compensazioni ci sono la manutenzione straordinaria di un edificio scolastico, il restauro del teatro civico e interventi per la sicurezza stradale. Ma questi sono diritti!
Far passare interventi di questo tipo per compensazioni è indecente. Paiono elargizioni fatte a dei sudditi: “Ti sistemo la scuola per compensarti del danno causato dal tav, e vedi di ringraziare”.
Robe da matti. Chi si presta a questo gioco (o chi come amministratore si è prestato prima di essere punito nelle elezioni) è doppiamente colpevole perché trasforma dei sacrosanti diritti in concessioni calate dall’alto.

Condividiamo le dichiarazioni di Sandro Plano, neosindaco di Susa, la città in cui sono stati promessi più denari in cambio del favore alla grande opera:

Sono e resterò contrario alle compensazioni legate ad un’opera inutile e dannosa. Aggiungo che si tratta di finanziamenti che a questa città spetterebbero di diritto: la richiesta di contributi per restaurare il Teatro Civico è vecchia di dieci anni e l’approvò la mia amministrazione dell’epoca. Il governo e i sostenitori della Torino-Lione quando parlano di compensazioni, continuano a fare il gioco delle tre carte. Il Teatro Civico è un bene comune da difendere che sta cadendo a pezzi. Come si fa a subordinare la concessione di quei fondi alla realizzazione del Tav? Lo ripeto quei soldi spettano di diritto alla città di Susa e lo stesso vale per l’ospedale: come si fa a dire se sei favorevole al Tav qui ti puoi curare mentre se sei contrario devi andare a Torino? Ma la salute non è un diritto? E che cosa c’entrano le compensazioni?”

E infine, dato che abbiamo detto come la storia delle compensazioni sia ormai una saga farsesca, alcune delle tappe degli ultimi anni tratte dalle cronache locali dei quotidiani, la selezione non è completa, ma rende bene l’idea:

1/12/2010 La Tav costa troppo
 compensazioni a rischio 

28/6/2011 Fassino: “Bene, ma il governo non tagli le compensazioni”

5/3/2012 Tav, fra le istituzioni si apre la grana 
per la gestione dei 135 milioni

18/6/2012 Tav, 10 milioni per le compensazioni

6/5/2013 Tav: tagliate le compensazioni

9/5/2013 Tav, partita vinta sui fondi
. Tornano le compensazioni

9/9/2013 Tav, Lupi: “E ora acceleriamo 
sulle compensazioni per il territorio”

26/9/2013 Tav, scoppia il caso compensazioni.
I finanziamenti ci sono, i progetti no

1/10/2013 Tav, la crisi di governo
 rallenta le compensazioni

15/11/2013 Tav, il governo corre ai ripari 
“Compensazioni già nel 2014”

18/6/14 Tav, doccia fredda: a rischio 30 milioni 
di compensazioni

Maxiprocesso. Il racconto del 3 luglio a Chiomonte continua in aula bunker

Ancora racconti di una pioggia di lacrimogeni. Sparati ad altezza d’uomo.

di Gabriella Tittonel

“È dai primi anni del 2000 che mi occupo di Valsusa e di Tav, da anni mi occupo di infrastrutture e quanto avviene nei territori interessati” così ha esordito Giuseppe Caccia, ricercatore universitario, già occupato all’Università di Torino e consigliere comunale a Venezia nel corso della testimonianza deposta sui fatti del 3 luglio 2011 a Chiomonte nell’udienza dello scorso martedì all’aula bunker.

Udienza che avrebbe, come di consueto, dovuto iniziare alle 9 e che invece, a causa di un guasto tecnico all’impianto di amplificazione e video è iniziata, dopo l’arrivo dei tecnici, alle 12.  Seguita dall’osservazione fatta, con un pizzico di ironia,  dall’imputato Lussi agli avvocati, come dovesse essere ben chiaro che, comunque, il costo dell’intervento, se eventualmente ci fosse stata qualche condanna, non avrebbe certo dovuto essere addebitato agli imputati stessi.

“Ero salito quel giorno della manifestazione verso Ramat, c’era anche un bel gruppo di ragazzi provenienti da Venezia; sono quindi disceso, attraverso uno dei tanti sentieri, verso il cantiere, la situazione era assolutamente tranquilla,  cambiando poi di colpo giunto in prossimità delle recinzioni dell’area archeologica, dove stazionava un numero impressionante di forze dell’ordine schierate davanti ai manifestanti e di colpo sono stati lanciati un numero impressionante di lacrimogeni, la situazione è diventata molto concitata, l’aria è diventata irrespirabile… in uno di questi lanci, decine e decine ad altezza uomo, un ragazzo vicino a me, uno studente, venne colpito violentemente al petto, lui balzò per il colpo alcuni metri indietro ed io subito cercai di soccorrerlo, cercando di sollevarlo e portarlo via da quell’area…” il racconto di Caccia è proseguito ricordando come con il ragazzo riuscì molto faticosamente a raggiungere la baita, dove alcuni infermieri e soccorritori si stavano prodigando per dare soccorso alle tante persone ferite. Per il ragazzo, Caccia chiese al 118 l’ambulanza, ma non arrivava, salì allora al posto di blocco che era stato posizionato davanti allo svincolo sulla strada per Giaglione, chiese aiuto alle forze dell’ordine che qui presidiavano ma ci vollero ben quaranta minuti prima che l’autoambulanza fosse fatta passare.

La sua è una delle innumerevoli storie incredibili che di quel 3 luglio si sono ascoltate dentro e fuori il tribunale.

Storie riprese dagli altri testimoni dell’udienza, e storie avvenute, come ha sottolineato un altro teste, Mario Cavargna (un master in ingegneria ambientale, un incarico come consulente in Comunità Montana e presidente di Pro Natura Piemonte) in zone dove la delibera del Cipe non prevedeva il cantiere. Anche Cavargna fece esperienza di un lancio di lacrimogeno, in zona totalmente altra, in prossimità delle condotte d’acqua che scendono da Ramat, se lo vide arrivare a pochi millimetri dal capo e andò a ferire un ragazzo a lui vicino.

Storie narrate anche da chi quel giorno si trovava all’interno delle reti, supportate dalla visione di un filmato, assolutamente noto, quello denominato dell’operazione Hunter. Dove chiunque ha potuto vedere, attraverso le immagini, la persona trascinata e colpita all’interno dell’area. Tutto ciò non può che sgomentare chiunque creda nella capacità umana di  rapportarsi con attenzione, rispetto, confronto. Qui nulla di tutto ciò.

Quel giorno quattro furono gli arrestati, molti furono i feriti. E operarono anche macchinari di ditte note. A proposito di quest’ultima questione l’avvocato Bertone ha chiesto che venisse ammesso un articolo de La Stampa del 25 febbraio del 2012 sul tema Italcoge e infiltrazioni mafiose. Richiesta respinta dal presidente Bosio. Perché non d’accordo le parti civili.

Ora il processo continuerà, sempre in aula bunker, il prossimo 1° luglio.

G.T. 18.06.14

Maxiprocesso contro 53 No Tav, udienza tesissima

notav liberi

Nell’aula bunker di Torino, la stessa dove si celebra il processo contro i quattro NoTav accusati di terrorismo, si è svolta una lunga e tesa udienza del maxiprocesso, che vede imputati 53 attivisti per i fatti del 27 giugno e 3 luglio 2011. Due giornate di lotta culminate con lo sgombero cruento della Libera Repubblica della Maddalena, un’area archeologica che il movimento voleva sottrarre alla furia speculatrice del cantiere. Gli scontri del 3 luglio tra NoTav e forze dell’ordine durarono un’intera giornata, e culminarono con un’ondata di arresti senza precedenti.

Gli imputati del maxiprocesso a oggi devono rispondere tutti più o meno delle stesse accuse: resistenza, lesioni, devastazione. L’udienza di ieri si è però focalizzata sul ruolo avuto dalle forze dell’ordine, in particolare di due celerini che arrestarono con estrema violenza un attivista trascinandolo sul terreno per almeno cinquanta metri, come mostra questo video:

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I circa venti secondi che mostrano il trascinamento e il conseguente pestaggio con spranghe e bastoni, sono stati al centro del dibattimento per quasi l’intera udienza, generando momenti di durissimo scontro tra l’accusa, rappresentata dal Pm anti notav Rinaudo, e la difesa, rappresentata dal legal team quasi al completo.

Si comincia con la testimonianza della vice-questore di Torino, che quel giorno aveva compiti di gestione dell’ordine pubblico. Una testimonianza puramente formale, che si dipana su una lunga serie di “non so” e “non ricordo”. “Non ricordo bene”, risponde quando gli avvocati le chiedono la sua posizione in determinati momenti della giornata, o quando le mostrano una foto che potrebbe immortalarla di spalle nel bel mezzo dell’azione, in abiti borghesi, in mezzo a un discreto numero di celerini: “non so se sono io, quel giorno eravamo diverse funzionarie donne”.  Anche quando le viene mostrata la foto di un arrestato gravemente ferito alla testa, la vice-questore afferma di non ricordare di averlo visto e che i suoi compiti si limitavano alla gestione dell’ordine pubblico, e non alla gestione dei fermati.

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Si continua con la precisa testimonianza di Giuseppe Caccia, un ricercatore universitario, esperto di grandi opere e consigliere comunale di Venezia, la città del Mose. Di quel 3 luglio ricorda perfettamente la prima carica a freddo lanciata contro il corteo,  e delle centinaia di lacrimogeni sparati ad altezza uomo, anche a distanza ravvicinata. Uno di questi colpisce in pieno petto un ragazzo di 18 anni, Jacopo Povelato, che sviene immediatamente e comincia a respirare a fatica. Caccia e altri lo sollevano per portarlo via dalla mischia e ripararlo in un luogo più isolato in attesa dei soccorsi, ostacolati, a suo dire, dalla massiccia presenza di blindati che bloccavano le strade intorno all’area della manifestazione.

Giuseppe Caccia al contrario della testimonianza che l’ha preceduto, ricorda molto bene gli eventi di quel giorno. Se violenza c’è stata, afferma, è partita dalle forze dell’ordine, il corteo ha solo reagito alla gratuità degli attacchi. Ricorda anche che il ragazzo da lui soccorso ha avuto una prognosi abbastanza pesante, per aver riportato un trauma toracico addominale, una contusione epatica con versamento peritoneale e la frattura composta di una costola. Solo quel giorno, ricordiamolo, i reparti antisommossa spararono 4517 candelotti di gas CS.

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Le testimonianze successive vengono rilasciate dai due poliziotti che nel video trascinano il manifestante fermato (v. anche foto allegate). Quel modo di trascinarlo, dicono, era dettato dall’esigenza di mettere velocemente “in sicurezza” sia il fermato che gli agenti stessi. Gli avvocati dei NoTav incalzano chiedendo con velata ironia se anche i calci e le sprangate dei colleghi intorno rientrassero nelle modalità dell’arresto e della “messa in sicurezza”. Possibile, chiedono i legali, che nessuno si stesse accorgendo della violenza usata contro il ragazzo trascinato a terra? Uno dei due afferma di non aver ravvisato nulla del genere, e che la situazione fosse talmente concitata, il caldo talmente elevato, che la polvere e il sudore si mescolavano impedendo la vista di ciò che accadeva intorno. In più c’era un continuo lancio di pietre, di cui però almeno in quel video non c’è traccia alcuna. I legali non cedono e mostrano altre foto più eloquenti, condite da domande tecniche sulla posizione degli agenti rispetto agli scontri, e sulle modalità di arresto. È questo il momento di massima tensione: il presidente del collegio interrompe bruscamente la valutazione delle immagini, ravvisando il rischio di dover interrompere l’esame del teste e che a carico del testimone si possa aprire estemporaneamente un procedimento penale. Gli fa eco il pm, generando un momento di aspre polemiche tra accusa e difesa, come sempre più spesso accade nel maxiprocesso.

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Dopo una bagarre di alcuni minuti, la testimonianza va a concludersi senza altri sussulti.
A margine ricordiamo che per i due celerini erano stati in passato già aperti due procedimenti, entrambi archiviati con la motivazione che proprio la confusione e le esigenze di intervenire tempestivamente, abbiano dato adito a modalità operative “poco ortodosse”. Le testimonianze si chiudono con i “non so”,  i “non ricordo” e con la giustificazione, per ogni fotogramma di violenza mostrato, di voler mettere in sicurezza il fermato velocemente e di identificarlo. Solo uno degli operatori di OP immortalati, estraneo all’udienza di ieri, sta subendo un procedimento per lesioni: si tratta di un carabiniere riconosciuto fortunosamente da un tatuaggio sul bicipite, intento a colpire il manifestante con una mazza.

Assistere a un’udienza come quella di ieri, restituisce la misura esatta del durissimo scontro in atto da anni tra stato e movimento NoTav. L’idea è di un processo chiaramente sbilanciato. Un processo lungo, nell’arco del quale più volte giudici e pm hanno rifiutato le argomentazioni sulla validità o meno dell’opera, limitandosi a rimarcare che il processo entra solo nel merito dei reati specifici commessi. Questo argomento si ripropone quasi ossessivamente in ogni udienza, così come ricorre nelle sentenze già emesse o nelle centinaia di ordinanze relative agli altri processi in corso. In sostanza, la procura di Torino non valuta l’utilità o meno dell’opera, ma giudica e processa gli individui che le si oppongono con ogni mezzo. E non si perde occasione di ricordarlo, in ogni sede.

Dopo i momenti di tensione il clima dell’udienza torna normale e va a concludersi con un colpo di coda del legal team, che prova a far mettere agli atti un articolo di stampa sulle infiltrazioni mafiose nei lavori dell’alta velocità. Inserirlo agli atti del processo, darebbe una luce diversa alla posizione degli imputati e alle motivazioni della protesta.
L’articolo viene rigettato dal giudice, che accoglie così l’opposizione del pm e dell’avvocatura di stato.
Quel documento non c’entra niente col processo in corso.
Quella delle mafie, è un’altra faccenda.

Adriano Chiarelli – corrispondente in Val Susa per Contropiano

Lanci ad altezza uomo, un ferito al quale non viene prestato soccorso (maxiprocesso aula bunker)

TGMaddalena
Siamo ancora in aula bunker, dove tutti i martedì si tiene il maxi processo ai 53+1 no tav per lo sgombero del 27 giugno e gli scontri della successiva manifestazione del 3 luglio 2011. Scontri che con il passare delle tante testimonianze della difesa, assumono la forma di una spropositata aggressione verso manifestanti per lo più impreparati. Emerge così, dalla testimonianza di Giuseppe Caccia, ricercatore universitario e consigliere al comune di Venezia, anche esperto della vicenda oggi nota per lo scandalo corruzione, quella del MOSE, come una persona accanto a lui sia stata ferita gravemente da un lancio di lacrimogeno “teso”, ad “altezza uomo”. Raccapriccianti anche i dettagli dai quali emerge la difficoltà di soccorrere la persona ferita, trasportandola faticosamente verso un punto presso il quale potesse giungere un’ambulanza e senza mai ricevere un aiuto dalle forze dell’ordine, come fa notare l’avv. Vitale con puntuali domande su quali soccorsi siano stati prestati al manifestante ferito. “Ci vollero 40-50 minuti perché arrivasse l’ambulanza, nonostante io continuassi ad insistere”, racconta Caccia, che fu l’unico del gruppo di improvvisati soccorritori ad avvicinarsi alle forze dell’ordine al varco autostradale lungo il sentiero per Giaglione, oltre la baita. Quella baita dove alcuni manifestanti prestarono i primi soccorsi. “Trauma toracico-addominale con frattura della decima costa destra, contusione epatica, contusione anche al rene e versamento peritoneale”, così c’è scritto nel referto dell’ospedale di Susa, pronto soccorso e poi chirurgia.
Nonostante le tante opposizioni del PM Rinaudo, Caccia spiega la sua visione di quella giornata: “Un aspetto che riguarda la scena che ho visto prima di allontanarmi dall’area del cantiere insieme al ragazzo che era rimasto ferito, perché questo ci tengo a dirlo anche per le cose che ho letto nei giorni successivi sui giornali. Finché io sono rimasto li’ escludo nella maniera più totale che ci siano stati, almeno per quello che vedevo con i miei occhi, comportamenti o atteggiamenti violenti nei confronti delle forze dell’ordine. Certo, c’è una protesta molto veemente che simbolicamente se la prendeva con il cantiere e con la sua recinzione (battiture con i rami sulla recinzione, slogan anche molto duri), ma finché non c’è stato il lancio di lacrimogeni, in particolare ad altezza uomo, tutte le persone, e ne vedevo qualche centinaio nell’area che avevo intorno, erano assolutamente a volto scoperto, non c’era alcun tipo di atteggiamento ostile nei confronti delle forze dell’ordine e, se qualche reazione c’è stata, è stata successiva al lancio di lacrimogeni ad altezza d’uomo e al ferimento dei manifestanti. Reazioni che io tenderei ad escludere che fossero state organizzate, è stata una reazione ad un certo punto con persone ferite, l’aria resa irrespirabile, necessità di portare via i feriti, ci sono stati gesti di rabbia che si limitavano a rilanciare indietro i candelotti lacrimogeni piovuti in mezzo ai manifestanti. “
Qui la trascrizione completa dell’udienza del 17 giugno 2014:  http://www.tgmaddalena.it/udienza-17-giugno-aula-bunker-maxi-processo-diretta/
E qui il VIDEO:
Simonetta

Se il teste è un agente, che non deponga. Non devono emergere responsabilità.

TGMaddalena
“Il testimone non può essere obbligato a deporre sui fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità”, così il presidente Quinto Bosio decide di limitare le domande degli avvocati del legal team ai due testi coinvolti in alcuni degli arresti del 4 luglio, per i quali ci fu querela da parte degli arrestati, “archiviata nonostante l’opposizione dei difensori degli imputati”, come fa notare puntualmente il PM Antonio Rinaudo. Poche, quindi, le domande concesse agli avvocati ai due testi Bagnasco e Di Leo, agenti della Squadra Mobile di Torino, in servizio nell’area archeologica la mattina del 3 luglio.  Rinaudo: “il problema qui sarebbe un’omissione da parte del teste, al di là di un concorso nelle lesioni”, “Non è quella la ratio della norma”, fa notare un avvocato della difesa. Secondo Rinaudo l’avv. Novaro (assente nell’udienza del 17 giugno, oggetto di questo video) saprebbe “perfettamente i motivi per i quali è stata archiviata l’opposizione”, ma l’avv.Bertone fa notare che Novaro non può saperlo perché “non gli viene data copia del fascicolo, più volte richiesta”. Un altro avvocato fa notare che non è l’avvocato Novaro e non è tenuto a conoscere fatti che non riguardano la sua posizione, Rinaudo chiede con un certo sarcasmo  “Ma lei, scusi, in che veste è qua?”, “Passavo per caso di qua”, risponde l’avvocato. Risata distensiva. Ma il punto è che aumentano gli ostacoli che non permettono agli avvocati di arrivare ad una verità oggettiva. Le domande non sono ammesse, Bosio è irremovibile. “Non le ammetto, punto”. Insiste Rinaudo “Su questi fatti l’imputato è stato indagato, la richiesta di archiviazione è stata fatta davanti al GIP che l’ha accolta, nonostante l’opposizione della difesa di Soru e Natalini. Quindi ora riapriamo un altro procedimento contro questo teste?”.
“Non stiamo riaprendo un procedimento, noi stiamo sentendo il teste sulle lesioni patite da Soru che  sono state dichiarate da altri testi di questo processo come causate dalla caduta, che è chiaramente un fatto irreale e incredibile e allora  è importante che in questo processo emerga cos’è successo, non sentiamo il teste per fare emergere la sua responsabilità”, spiega l’avv. Bertone. Ma Bosio insiste, il teste deve essere tutelato, punto. 
Guardate il video e, come sempre, #giudicatevoi 

la cronaca che non piace ai tiggi

16enne rumeno prende a testate un coetaneo al grido ‘omosessuale’, denunciato
mercoledì, 18, giugno, 2014
Deferito in stato di libertà a Gropello Cairoli (Pavia) un 16enne di origine rumena, studente e residente a Milano, per un presunto episodio di bullismo. Lo scorso 12 gennaio avrebbe urlato a un coetaneo, 15 anni, di origine bulgara, ‘omosessuale’ colpendolo con due testate e un pugno al volto.
Il fatto è accaduto alla stazione ferroviaria di Gropello, dove la vittima era appena scesa dal treno per tornare a casa da scuola. Al 15enne, il ‘bullo’ ha procurato una frattura dello zigomo sinistro: operato, è stato dimesso con una prognosi di quaranta giorni. Gli esiti investigativi sulla vicenda sono stati trasmessi al tribunale dei minori. Il 16enne è stato denunciato dai carabinieri della stazione locale per lesioni personali aggravate. tiscali
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Ferrara: Cassa integrazione, la provincia sprofonda sotto 4 milioni di ore
18 giugno 2014
Sono 4.357.554 le ore di cassa integrazione autorizzate nella provincia di Ferrara – la quarta in tutta la regione – nei primi cinque mesi del 2014. Numeri certificano un incremento vertiginoso rispetto allo stesso periodo del 2013 quando le ore autorizzate furono ‘appena’ 1.733.253. Di queste ben 3.407.321 sono ore di cassa integrazione straordinaria, un numero più che quintuplicato rispetto allo stesso periodo del 2013 e che contribuiscono a confermare il trend già rilevato lo scorso mese di aprile relativo al primo trimestre dell’anno in corso.(…)

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Ivrea: Sempre più genitori senza lavoro, meno iscritti al nido, salta la sesta sezione
18 giugno 2014
Al nido comunale Olivetti 24 posti sono vuoti. Gli iscritti calano. E dopo l’estate, i 101 utenti del prossimo anno basteranno appena a saturare cinque sezioni. Per la prima volta la sesta non ci sarà. «Colpa della crisi – spiegano dalla direzione – ci sono sempre più genitori senza lavoro».
Rispetto alle rette aumentate lo scorso mese di settembre, all’Olivetti il calo di iscritti si manifesta un anno dopo. «Fino a due anni fa per 130 posti disponibili c’erano 130 iscritti, se non qualcosa in più con il risultato che si creavano delle mini graduatorie che rientravano con il normale turn over» dice il direttore Giovanni Repetto. Quest’anno è diverso. Saltata la sesta sezione i genitori si mobilitano. Chi a difesa dei quattro educatori della cooperativa l’Alce rosso (al Comune fa capo una sola sezione), chi invece per chiedere un servizio più flessibile e quindi competitivo rispetto ai nidi privati. Chi infine per chiedere che le rette di fascia media vengano alleggerite di qualche decina di euro. Una trentina di loro si è mobilitata con una raccolta firme partita ieri, martedì, che ha già registrato 50 adesioni. «I genitori in difficoltà sono agevolati dalle rette in funzione dell’Isee – sintetizzano i promotori della petizione – Quindi nulla da ridire. A essere troppo alte sono però le altre. Se due genitori lavorano si trovano a pagare quanto pagherebbero portando il bambino al privato, con la differenza che il privato sta aperto fino alle sette di sera».(…)

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Napoli: Vomero, chiude anche Loffredo, fallisce la storica libreria, pezzo di storia del quartiere
18 giugno 2014
Tempo il fine settimana, fino alle 13.30, per rovistare negli scaffali semivuoti e trovare quel che resta di volumi svenduti al 50% e poi di Loffredo, la storica libreria vomerese, sono restate le saracinesche abbassate e un ricordo per tutti quelli che in via Kerbaker hanno costruito un percorso, un’appartenenza, la propria identità culturale.(…)

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Rovigo: 30enne disoccupato ruba due wurstel per fame, lieto fine, nessuna condanna

18 giugno 2014
Aveva rubato per fame. Lo stesso capo di imputazione lo lascia chiaramente intuire. Nella parte in cui elenca i beni che il disoccupato di 30 anni di Rovigo – I.M. le sue iniziali – avrebbe rubato. Due confezioni di wurstel e due di formaggi tipo Emmenthal già tagliato a fette. Il tutto.(…)
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Rimini: Cmv Servizi e Restauri, 110 lavoratori rischiano di perdere il posto
18 giugno 2014
Ottantacinque: è questo il numero esorbitante di lavoratori della Cooperatori Muratori di Verucchio che entro luglio rischiano di perdere il posto. Per quarantacinque di loro è dire il vero il licenziamento è già realtà, essendo stato stato messo nero su bianco dall’azienda proprio ieri. Per gli altri quaranta tutto dipenderà dalla possibilità – e per ora la strada è decisamente in salita – di accedere ancora una volta agli ammortizzatori sociali. “La situazione è drammatica e direttamente correlata alla penuria di lavoro – osserva Luca Rossi della Filca Cisl – In pratica entro poche settimane la maggioranza dei lavoratori – in tutto sono circa 110 – potrebbe trovarsi a spasso. Licenziamenti in particolare già certi per i quarantacinque operai della Cmv Servizi e Restauri, per la quale tra l’altro il concordato avviato dalla proprietà verrà omologato in tempi brevi. Scatteranno il 26 del mese, non appena scadrà la cassa integrazione straordinaria. Noi contro questa decisione ci siamo battuti con tutte le nostre forze e lo abbiamo fatto anche oggi pomeriggio (ieri, ndr) al tavolo istituzionale organizzato dall’assessore provinciale al Lavoro Meris Soldati (ha partecipato anche il neo-sindaco di Verucchio Stefania Sabba, ndr). La nostra richiesta era in particolare di prolungare ancora di almeno sei mesi la tutela garantita dagli ammortizzatori sociali, ma non c’è stato nulla da fare anche e soprattutto a causa della pressochè totale mancanza di lavoro”.(…)

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Anziano cieco e con una gamba amputata solo in casa, salvato della polizia
mercoledì, 18, giugno, 2014
Completamente cieco, malato di diabete e con una gamba amputata, è stato salvato dall’intervento di due poliziotti che hanno fatto irruzione nella sua casa. È successo ieri a Napoli: verso le 21 i due agenti si sono recati presso l’abitazione dell’uomo, su indicazione della Sala operativa della Questura.
Il nipote, che non lo sentiva da molte ore, preoccupato per la sua incolumità aveva avvisato il 113. Lo zio, ha spiegato, era malato di diabete, viveva da solo, era completamente cieco ed era allettato in quanto gli era stata amputata una gamba. Giunti sul posto, gli agenti hanno subito dovuto chiamare i Vigili del fuoco perché il 73enne non apriva la porta e l’abitazione era protetta da inferriate. Questi ultimi erano però impegnati su un altro intervento; temendo che il ritardo potesse pregiudicare l’incolumità dell’uomo, hanno quindi deciso di intervenire.
Armati di due paletti metallici e grazie anche alla loro stazza fisica, i poliziotti sono riusciti a scardinare la cancellata di ferro che protegge la porta d’ingresso, e con numerose spallate sono riusciti a buttarla giù. Entrati subito nell’appartamento hanno trovato il 73enne in camera da letto, in posizione supina e privo di sensi. Accertato che l’uomo era ancora vivo ma respirava stentatamente, hanno avvisato subito il 118.
Dopo essere stato riposto sul letto, l’anziano è stato sottoposto a immediate cure mediche. Secondo i sanitari la gravità della situazione imponeva di agire sul posto, in quanto il malcapitato era probabilmente caduto dal letto da due giorni e da li non si era più riuscito a muovere. Dopo una paio di ore e reintegrato sul piano idrosalinico, l’uomo è stato dichiarato fuori pericolo. tiscali
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Bologna, 31 famiglie di varie nazionalità occupano una palazzina
mercoledì, 18, giugno, 2014
Un edificio di quattro piani con una ventina di appartamenti è stato occupato in mattinata a Bologna da 31 nuclei familiari, in tutto circa 80 persone, fra le quali 29 bambini. Si tratta di una palazzina di proprietà privata in via Mura di Porta Galliera, angolo via Zucchini, a due passi da Porta Mascarella, a quanto pare sfitta da una decina d’anni.
Per gli attivisti del collettivo Social Log gli occupanti sono famiglie italiane, cinesi, marocchine, tunisine, bosniache e sudamericane. ansa
http://www.imolaoggi.it/2014/06/18/bologna-31-famiglie-di-varie-nazionalita-occupano-una-palazzina/

Grecia, Troika impone licenziamento di altri 6.500 dipendenti pubblici
mercoledì, 18, giugno, 2014
Sono complessivamente circa 15.000 i dipendenti pubblici greci che dovrebbero essere licenziati entro la fine del 2014, di cui 8.500 già eseguiti dallo scorso anno. Lo rivela il sito GreekReporter, citando il protocollo d’intesa firmato tra il governo greco e la troika dei creditori internazionali. Secondo le indicazioni di stampa, i restanti 6.500 licenziamenti devono essere attuati entro i prossimi sei mesi.
Il ministro della Riforma Amministrativa, Kyriakos Mitsotakis, ha da parte sua rimarcato l’importanza degli impegni del memorandum relativo alla riforma del settore pubblico, ritenuti una “questione spinosa”, ma anche un “prerequisito” per l’erogazione delle quote rimanenti di prestito di salvataggio della Grecia. L’anno scorso sono stati effettuati 3.600 licenziamenti nel settore pubblico, mentre altri 5.000 sono stati attuati durante il primo semestre del 2014. (ANSA).
http://www.imolaoggi.it/2014/06/18/grecia-troika-impone-licenziamento-di-altri-6-500-dipendenti-pubblici/

prima di gridare allarme zenofobia, si legga bene. La vittima è una ragazza anch’ella straniera
Picchiata e violentata salta dal 2° piano e sfugge al branco, 3 romeni arrestati
CRONACA, NEWSmartedì, 17, giugno, 2014
 
17 giu. – E’ stata picchiata e violentata e per sfuggire dal branco di stupratori si e’ lanciata da un altezza di due piani. E’ successo a Roma, vittima una prostituta romena di 19 anni che ha chiesto in lacrime aiuto alla polizia. Dopo alcuni giorni di indagini, sono stati arrestati tre dei presunti responsabili, due uomini e una donna, tutti romeni, mentre altri tre loro connazionali sono ricercati.
L’episodio e’ avvenuto la notte tra il 24 e 25 maggio scorso. La diciannovenne e’ stata adescata in viale Marconi da un cliente che ha concordato una prestazione sessuale per 150 euro e l’ha convinta ad andare a casa sua. L’uomo l’ha pero’ portata nell’area dell’ospedale del San Camillo-Forlanini e l’ha convinta a entrare in un edificio abbandonato e murato e attraverso un’apertura alla base della struttura. Giunti al secondo piano dell’edificio sono iniziate le violenze da parte dell’uomo e di altre 5 persone, tra cui due donne.
La diciannovenne e’ stata anche rapinata del denaro che portava con se’ ed e’ stata poi violentata mentre le due donne la bloccavano. La donna e’ poi riuscita e sfuggire ai suoi aguzzini lanciandosi da una finestra del secondo piano della palazzina. E’ atterrata su un mucchio di rifiuti che hanno attutito la caduta. Poi e’ riuscita a chiamare il 113 ed e’ stata trovata da una pattuglia del commissariato Monteverde. Gli indagati individuato e bloccati dagli investigatori sono un 34enne e due 26enni, tutti senza una fissa dimora in Italia e il cui fermo e’ stato gia’ convalidato dal gip. I tre sono stati riconosciuti dalla vittima mentre proseguono le indagini per individuare gli altri aguzzini. (AGI) .
http://www.imolaoggi.it/2014/06/17/picchiata-e-violentata-salta-dal-2-piano-e-sfugge-al-branco-3-romeni-arrestati/

Premiati i magistrati che sbagliano: ex pm del caso Tortora assessore alla Legalità di Pompei
mercoledì, 18, giugno, 2014
I vecchi avvocati napoletani ancora se la ricordano, quella requisitoria, il 1° luglio del 1985, nel corso del processo a Enzo Tortora. “Lei difende un imputato che è diventato deputato con i voti della camorra… I dissociati rischiano la pelle ma voi non avete alcun rispetto per la vita umana”, urlò l’allora pm Diego Marmo all’avvocato del presentatore ingiustamente arrestato sulla base delle dichiarazioni dei pentiti della Nuova camorra organizzata, e assolto poi con formula piena poco prima di morire. Inutile ricordare che Tortora non fu eletto a Strasburgo coi voti della mala e che le confessioni degli ex killer di don Raffaele Cutolo si rivelarono solo un mucchio di letame giudiziario.
Oggi, Marmo è il nuovo assessore alla Legalità del Comune di Pompei, in provincia di Napoli. Avrà anche le deleghe alla Sicurezza dei cittadini e alla Difesa del patrimonio archeologico. Ex procuratore capo di Torre Annunziata (che ha giurisdizione anche sulla città degli Scavi), è in pensione da due anni dopo aver ricoperto in passato pure l’incarico di procuratore aggiunto a Napoli. DAGOREPORT
http://www.imolaoggi.it/2014/06/18/premiati-i-magistrati-che-sbagliano-ex-pm-del-caso-tortora-assessore-alla-legalita-di-pompei/

Milano: Clandestino e pregiudicato tenta violenza sessuale, arrestato
mercoledì, 18, giugno, 2014
Era scesa da casa per buttare la spazzatura nel cortile del suo condominio, come tutte le sere, quando un rumore improvviso ha attirato la sua attenzione. Un uomo, con fare minaccioso, è sbucato dai cassonetti è l’ha aggredita, le ha strappato la maglietta e ha tentato di stuprarla.
Vittima una donna di una 30 anni che vive a Milano. L’episodio è avvenuto proprio sotto casa, in via Val di Non, dove la donna vive con marito e figli. Il maniaco è un uomo egiziano di 30 anni, Mohamed Shaba, clandestino con numerosi percedenti, che si era rifugiato tra i cassonetti del condominio per la notte.
La donna ieri sera , alle 21, è uscita da casa per andare a portare la spazzatura nel cortile del suo condominio, quando è stata aggredita di sorpresa. L’egiziano è sbucato dai cassonetti, l’ha afferrata, le ha strappato la maglietta e l’ha palpeggiata. Le urla della vittima hanno allertato i vicini che hanno chiamato i carabinieri, arrivati sul posto in pochi minuti. L’uomo è così subito stato arrestato per violenza sessuale. il messaggero
http://www.imolaoggi.it/2014/06/18/milano-clandestino-e-pregiudicato-tenta-violenza-sessuale-arrestato/