Sono bambini o adulti mignon?

LUGLIO 2, 2013

mcc43

Nelle le facoltose famiglie di città nella Francia pre-rivoluzionaria era usuale affidare  i neonati a carrettieri incaricati di  portarli, fra ceste e mercanzie, alle balie in campagna. Da lì. se sopravvissuti,  verso i sei anni sarebbero stati ripresi per entrare a pieno titolo, con agi e privilegi, nella famiglia. Fino alla seconda guerra mondiale nelle campagne italiane i bambini in soprannumero delle famiglie indigenti venivano consegnati come lavoratori, in cambio del semplice mantenimento, a gente un pò meno povera.
La prima infanzia è stata nel passato  un’età pericolosa alla quale, generalmente parlando, non si riconoscevano diritti. Un abisso separa questa mentalità dalla nostra, ma ciò non significa che all’orizzonte non s’intravedano pericoli, tanto più insidiosi perché meno evidenti. 

Il “dovere” di divertirsi.  Occasioni di giocare e esercitare la fantasia in modo  del tutto libero sono sempre più rare per i bambini moderni. Chi ricorda i cortili delle case dove i bambini accorrevano per socializzare spontaneamente? Era la norma, oggi la giornata del bambino è densa di attività programmate, le amicizie coincidono con la condivisione di  attività sportive nelle palestre e piscine, sono contraddistinte dal dovere del rendimento e frammiste allo spirito competitivo. Ci sono i giardini pubblici, vero, ma lì il bambino “è condotto” se/quando/dove chi se ne prende cura può farlo e la dinamica dei rapporti è monitorata e influenzata dalla presenza degli adulti.
Abitualmente c’è carenza di tempo, di materiali e oggetti sui quali il bambino possa scoprire e esercitare la creatività, a fronte di un’immensa scelta di giocattoli già finalizzati a un unico modo di giocare: piccoli consumatori crescono …

Le finte scelte Compito dei genitori è scegliere per i loro bambini, conoscendone particolarità e gusti, ma qualcosa è intervenuto negli ultimi anni. Questa prerogativa parentale si è tramutata nell’abitudine di subissare il bambino di domande: vuoi questo o quello per cenavuoi mettere la felpahai voglia di andare a nanna, a passeggio al cinema a prendere il gelato…
Forse l’inconfessato intento è non dover fronteggiare impuntature, spiegare necessità, risparmiare tempo a un genitore provato da una giornata impegnativa. Certamente il bimbo risponde, ma senza possedere alcuna comprensione che scegliere è ottenere, ma contemporaneamente rinunciare a qualcosa. Non percepisce l’esistenza dei limiti esterni: di un’autorità e dei meccanismi del vivere  con gli altri; sollecitato a compiere scelte  in un’età in cui non ha ancora sviluppato la capacità di discriminare è in pratica allenato a reagire secondo gli stimoli del momento. Sviluppa l’inconscia aspettativa, o la consapevole pretesa, che la vita potrà essere modellata secondo il proprio temporaneo piacere. Aspettativa rafforzata dall’illusionismo della tecnologia: eroi che precipitano da un grattacielo e si rialzano, banconote che escono dal muro, bambole che fanno pipì e virtual-pet  che il bambino può far vivere, morire, dimenticare senza che siano profondamente coinvolti i suoi sentimenti.

Secondo un’indagine condotta a Milano dall’istituto san Raffaele, più del 20% dei 14enni ha assunto droghe (prima esperienza in media all’età di 12 anni),  prevale la marijuana ma quasi il 20% ha fatto uso di cocaina e la circostanza scatenante è la compagnia degli “amici”. L’82 % degli adolescenti (14 – 19 anni) fa uso di alcolici e nell’insieme non c’è molta differenza di quantità fra maschi e femmine.  I risultati della ricerca sull’informazione sessuale, i comportamenti, la prevenzione delle malattie consiglia prendere con cautela la comune raffigurazione degli adolescenti moderni.
Sono descritti con idee chiare, consapevoli di ciò che vogliono e disinvolti nell’uso di internet – che sarebbe certamente un mezzo per farsi qualche idea su ciò che si ignora, ma occorre, appunto, esser consapevoli di ignorare. Come esserlo se a tre anni si decideva il proprio menù e l’abbigliamento, se è stato permesso di rivolgersi con il tu agli  sconosciuti e a sfidare gli adulti alla pari?  

 
L’essere sexy  Ad un certo punto le vetrine dei negozi d’abbigliamento infantile hanno cominciato a esporre per la bambina gli abiti della mamma in taglia ridotta e cartoni animati o fumetti  si sono riempiti delle aventure amorose di fatine e principesse.
La romantica Cenerentola della fiaba diventa una voluttuosa sex-symbol e con ammiccante insensibilità  il marketing la offre come traguardo per le bambine e come aperitivo per le future  porno-riviste dei maschi.

Diseducazione

Business e diseducazione


La pubblicità sta dando una robusta mano all’avviamento precoce ai misteri del sesso ed in modo  più ludico  delle lezioni scolastiche e degli insegnamenti dei genitori, ma anche molto più Fiammiferiansiogeno, per tutta la famiglia.
Che si risponde a un bambino, affascinato dalle contorsioni dei due  fiammiferi nel letto, che chiede cos’è l’eiaculazione precoce e se anche lui ne soffrirà? O se anche papà e mamma esultano … 
ta ta: oggi non è un giorno fertile! come quella coppia ammiccante dallo schermo?
Questi spot passano prima dell’inizio di film da educande, ma con tanto di  bollino rosso e la scritta “si consiglia la presenza di un adulto”.  L’invenzione del parental control per internet e i televisori è una presa in giro. Chi si sognerebbe di bloccare un canale Rai ? Così il bambino  padrone del telecomando può incappare nel serial di un gruppo di disinibiti californiani e imparare in quanti modi possono essere usati gli orifizi del corpo e che non è necessario conoscere il ragazzo a cui si sta aprendo la zip dei pantaloni.
Ci si indigna per l’uso pubblicitario del corpo della donna per vendere qualsiasi cosa – preoccupazione che doveva nascere venti anni fa – e non si vede come oggi l’infanzia è letteralmente  bombardata di messaggi erotici. Tragicomico.  

Una montagna d’ipocrisia incombente sull’infanzia.

L’area dell’accettabilità sociale dei comportamenti sessuali si va estendendo sempre più e al momento è ferma davanti al muro “no alla pedofilia”.  Quanto resisterà questo muro ai colpi d’ariete della rivendicazione dell’autodeterminazione sessuale? Da quando la frattura corpo/mente ha visto prevalere in modo alienato e dittatoriale  quest’ultima [vedere I quattro ictus dell’umanità nel XX secolo]  si sta introducendo il concetto che il genere sessuale non è dato, ma da scegliere fra una gamma di varianti.

Quando inizia, pertanto, il diritto di scegliere tutto quanto riguarda il vissuto sessuale,  se  la maggiore età è un criterio legislativo  modificabile secondo le tendenze affermatesi, o che si sbandierano tali,  nella società ?
Non ci si stupisce più che i ragazzi non aspettino l’attuale limite dei diciotto anni per diventare sessualmente attivi. Fa fede la loro “scelta” personale sul quando/come … e con chi.
Mi chiedo, allora, quale sarà il traguardo di questa corsa affannosa al risveglio sessuale dell’infanzi e non so dove trovare la risposta perchè non c’è una voce autorevole che ponga senza peli sulla lingua questo problema all’attenzione generale.

E’ troppo dire che, mentre la si criminalizza, si prepara l’avvento della normalità della pedofilia? Allora non diciamolo, ma…

Rileviamo che le lobby dei pedofili sono strapotenti. Oppure non sono adeguatamente contrastate? Perché?
Inquietiamoci  almeno un po’ per il gran numero di bambini che scompaiono ogni anno in tutti i paesi; rapiti per sfruttamenti vari, predazione di organi certamente, ma quanti invece vengono adescati sessualmente? Del turismo sessuale a Tozeur, Marrakech, Bangkok vogliamo solo dolerci leggendo le notizie?

In una scuola rabbinica australiana è scoppiato lo scandalo di un anziano rabbino che si era astenuto dal fermare e denunciare  un insegnante  accusato di atti sessuali con bambini di 11 anni. La sua serafica autodifesa è stata che le vittime “potrebbero aver acconsentito al rapporto sessuale” e che, ha aggiunto, c’è da essere sorpresi come certi bambini comincino a pensare sessualmente già all’età di cinque anni. Per ora questa vile autodifesa indigna, ma per quanto tempo?

Se  la maggiore età è opinabile sul piano pratico,  se la scelta personale è sovrana, e l’assenso indica una scelta effettuata che cancella la violenza morale dell’adulto’, per quanto tempo si potrà ancora efficacemente mantenere la pedofilia nell’elenco delle patologie sessuali e dei crimini da perseguire penalmente?

Secondo la suddetta ricerca, l’incontro con il sesso avviene a 12 anni; avendo considerato opportuno fin dai primi anni di vita che il bambino “scelga” autonomamente, come escludere a priori che voglia un adulto, anzichè un coetaneo, come partner sessuale?

Collettivamente e inconsapevolmente, si va via via restringendo l’età infantile entro il periodo dello svezzamento e della lallazione; dopo, nell’immaginario, i bambini sono creature pseudoadulte.
E’ vero che molti in età scolare elementare parlano due lingue, superano brillantemente i test, navigano in internet, segnano goal nei vivai delle grandi squadre,  qualcuno conosce perfino  il congiuntivo, ma non sono “maturi” nelle valutazioni delle circostanze, nella prefigurazione delle proprie reazioni, nell’indivisuazione delle probabili conseguenze.  Gli adulti vogliono crederli così,  e dare a se stessi un bel voto come educatori.
http://mcc43.wordpress.com/2013/07/02/sono-bambini-o-adulti-mignon/

NATO chiude spazio aereo europeo a Evo Morales

 EVO MORALES VITTIMA della GUERRA FREDDA del SUB-IMPERIALISMO EUROPEO
Latinoamericani scandalizzati dalla complicitá tra Europa e USA, tra spiati e chi li spia
La Francia, Portogolallo e Italia hanno proibito il transito nei rispettivi spazi aerei al velivolo del Presidente boliviano Evo Morales, nonostante avessero giá concesso l’autorizzazione al piano di volo preventivamente presentato. L’areo presidenziale boliviano proveniente da Mosca, dove si era svolto un vertice dei maggiori Paesi esportatori di gas, é stato costretto a un atterraggio d’emergenza in  Austria.

vea Bolivia denuncia ‘secuestro’ de su Presidente y violación de Convención de Viena AQUI
Il vicepresidente Linares ha denunciato che Evo Morales “..rimane sequestrato in Europa, vittima del decadente sub-imperialismo europeo”

Si tratta di un deliberato gesto ostile, provocatorio e ingiustificato contro la massima autoritá di un Paese pacifico e amico, senza una apparente giustificazione. I tre Paesi europei, membri della NATO, hanno ignorato l’autorizzazione da loro stessi concessa al transito del Presidente Evo Morales, che fa a pezzi le leggi internazionali che regolano il trasporto civile aereo civile e i viaggi istituzionali e diplomatici.

Che cosa ha indotto Lisbona, Parigi e Roma a un passo di tale gravitá, che richiama alla memoria gli anni piú bui della guerra fredda, non é dato sapere. In mancanza di informazioni ufficiali, sono possibili e lecite le supposizioni, e queste portano a credere che apparentemente nella comitiva che acompagnava Evo Morales, ci fosse un nuovo passeggero. Salito a bordo nell’areoporto di Mosca e che rispondesse addirittura al nome di E. Snowden.

Pretesto suggestivo, peró privo di ogni credibilitá. La sorprendente decisione unisona dei tre governi, sopravviene dopo una settimana di critiche aspre alla Casa Bianca, in cui questa si era scagliata come un pugile dapprima contro la Cina, poi la Russia, infine l’Ecuador e Venezuela disponibili a dare asilo all’ex agente segreto Snowden. La mossa-risposta di chiudere gli spazi aerei non fará che amplificare lo scandalo, rendendo lo scandalo piú scandaloso. L’arroganza ha ormai fatto di una spinosa vicenda di spionaggio una crisi polidimensionale -non solo diplomatica- tra USA, Europa e America latina.

E’ guerra fredda tra gli USA-NATO e blocco sudamericano. Pretendere di violare l’immunitá diplomatica e l’extraterritorialitá di un aereo ufficiale é un velleitario atto di ostilitá, a cui la Bolivia non si piegherá. E si abbina al rinvenimento di un microfono-spia nella sede dell’ambasciata dell’Ecuador di Londra.

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IL “DATAGATE” E’ UN SINTOMO. CIO’ CHE SI PREPARA E’ LA GUERRA

 DI GIULIETTO CHIESA
lavocedellevoci.it

Per favore, niente indignazione! Sul Datagate si sapeva quasi tutto. C’è una risoluzione del Parlamento Europeo del 6 luglio 2006 che già indica con grande precisione quello che stava accadendo. E anch’essa arrivava in ritardo, perché si trattava di fatti che andavano avanti da oltre un decennio. Io me la ricordo bene perché la votai. Anzi fu votata a grande maggioranza dall’intero Parlamento. Risultati? Nemmeno una virgola si mosse.

La risoluzione aveva un titolo inequivoco: “Intercettazione di dati sui trasferimenti bancari del sistema SWIFT da parte dei servizi segreti americani”. Cosa sia la SWIFT è utile spiegarlo, perché fa piazza pulita di ogni illusione circa le intenzioni di Washington nei nostri riguardi. Altro che caccia ai terroristi! SWIFT significa “Society for Worldwide Interbanking Financial Telecommunications”. Società interamente controllata dal governo statunitense sebbene con sede in Belgio, ma in grado di tenere sotto strettissimo monitoraggio 8000 banche e istituti commerciali di 200 paesi, incluse varie banche centrali.

SWIFT non agiva (non agisce tuttora) di propria iniziativa. Esisteva (esiste) un programma denominato “Terrorist Finance Tracking Program”, dell’Amministrazione americana dell’epoca. Programma deciso a Washington e mai discusso o concordato con l’Europa. La risoluzione del Parlamento Europeo parte proprio da questo punto. State controllando tutto e tutti – dicevano in sostanza i parlamentari europei – a vostro piacimento. Il terrorismo è una scusa. Bisogna rivedere gli accordi e, dove non ci sono, bisogna fissarli ex novo. Anche perché – così suonava il testo della risoluzione -“le informazioni registrate dalla SWIFT, alle quali le autorità statunitensi hanno avuto accesso, riguardano centinaia di migliaia di cittadini dell’Unione Europea, visto che le banche europee utilizzano il sistema di messaggistica SWIFT per i trasferimenti interbancari di fondi a livello mondiale, e che da SWIFT passano quotidianamente milioni di bonifici e di transazioni bancarie”.

Un tale potere, come può capire chiunque dotato di un minimo di discernimento, dovrebbe consentire controlli molto raffinati su tutti i movimenti di riciclaggio di denaro sporco, che invece sembrano miracolosamente esenti da ogni rischio d’indagine. SWIFT controlla le banche svizzere, dove passa di tutto; controlla i trasferimenti che riguardano l’Iran, la Russia, la Cina, il Brasile. Controlla tutto ciò che entra ed esce dagli offshore (quasi tutti britannici), ma non ha dato alcun contributo a fermare i capitali provenienti dal commercio della droga. Analogo silenzio riguarda le fughe di capitali, l’evasione fiscale, inclusa quella dei contribuenti americani più importanti. Dunque un controllo – per usare un eufemismo – molto “selettivo”.

Per questo la risoluzione concludeva dichiarando la “ferma opposizione” nei confronti di “qualsiasi tipo di operazione segreta sul territorio dell’Unione Europea che si ripercuota sulla privacy dei cittadini europei”, aggiungendo la propria “profonda preoccupazione” che “operazioni di questo tipo avvengano senza che ne siano informati i cittadini europei e i loro rappresentanti parlamentari”. Esortando infine “gli Stati Uniti e i loro servizi di intelligence e di sicurezza ad agire in uno spirito di fattiva collaborazione e a notificare ai loro alleati le operazioni di sicurezza che intendono condurre sul territorio europeo”.

Quanto “fattiva” e “collaborativa” sia stata la risposta lo possiamo misurare nel 2013, alla luce di quanto sta emergendo dopo le rivelazioni di Edward Snowden. E questo non può che gettare un’ombra scura sul negoziato interatlantico che sta per cominciare – per altro circondato da troppi misteri – con l’obiettivo dichiarato di creare sviluppo nell’area occidentale. L’obiettivo non dichiarato è invece molto più politico che commerciale: è l’intesa tra gli Stati Uniti e gli alleati europei degli Stati Uniti per rafforzare ancor più tutti i legami di subordinazione europea in una fase in cui gl’interessi europei sempre più visibilmente cominciano a dissociarsi da quelli americani.

Ma lo scandalo del “Datagate” mette tutti in difficoltà. Perfino Hollande, maggiordomo francese, è costretto a dichiarare che sarà difficile trattare con chi ci spia. Un diplomatico occidentale, che desidera mantenere l’anonimato, si è espresso nei giorni scorsi in una felice battuta all’interno di un quadro piuttosto fosco: “E’ come se due ladri decidessero di scambiarsi le chiavi dei rispettivi appartamenti. Solo che, mentre avviene lo scambio, uno dice all’altro: scusa ma devo avvertirti che le chiavi del mio sono false”.

In realtà la faccenda è assai più complicata e grave dei soli controlli bancari e queste reazioni europee di finto stupore non fanno che alimentare la sottovalutazione. I controlli rivelati da Snowden riguardano infatti praticamente tutte le comunicazioni, interne ed esterne agli Stati Uniti. Non è la vita privata dell’uomo della strada ad essere messa sotto osservazione: sono le vite private di tutti i dirigenti politici a essere oggetto dello spionaggio. E sapere tutto di loro significa poterli ricattare in ogni momento, visto che di santi, in questa valle di lacrime, ce ne sono davvero pochi. Ecco perché i Napolitano e i Van Rompuy, i Barroso e gli Schultz, gli Hollande e i D’Alema fanno le sante madonnine indignate. Perché sanno di essere sotto ricatto, dal primo all’ultimo. Ecco da dove deriva la nostra sovranità limitata, anzi limitatissima: dal fatto di essere una colonia dell’Impero, retta da maggiordomi in livrea che preferiscono salvaguardare carriera e privilegi piuttosto che dire la verità ai loro sudditi inebetiti.

E ci sono ancora due risvolti da esaminare, che sono rimasti fuori dall’obiettivo delle telecamere. E non per caso. Il primo è che l’Impero in declino non è più in grado di controllare il mondo. Non lo è più dal momento che altri protagonisti emergono sulla scena mondiale, al di fuori dell’Occidente, dove l’Impero continua a dominare. Ecco dunque che possiamo osservare con precisione come le classi dirigenti esterne all’Occidente, determinate a non lasciarsi trascinare nel suo collasso, cercano di costruirsi una via autonoma di uscita dalla crisi planetaria. E, poiché non si fidano di Washington, e poiché hanno leadership non subordinate (o non del tutto condizionate) agl’interessi di Wall Street e Londra, eccoli cercare altre soluzioni.

Sto parlando del cosiddetto BRICS Cable, un progetto davvero strategico il cui obiettivo primario è appunto quello di sottrarsi al controllo e al condizionamento (leggi al ricatto) di Washington. E’ un progetto che entrerà già in funzione nel 2014, che costerà 1,5 miliardi di dollari e che sarà pagato dai cinque paesi del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina, Sud-Africa), ai quali è già previsto si assoceranno, dividendosi spese e vantaggi, altri dodici paesi tra quelli che, un tempo, si chiamavano i “non allineati”. Comunque al di fuori dell’OCSE, cioè dell’Occidente.

Un cavo lungo 34.000 chilometri, che permetterà collegamenti diretti, senza intermediari, tra i cinque nuovi giganti emergenti, anzi già abbondantemente emersi. Essi hanno capito (e nel vertice di Nuova Delhi del 2012 hanno tirato le somme) che era impellente prendere decisioni strategiche proprio in tema di comunicazioni. Non solo per evitare di essere banalmente derubati di informazioni sensibili e cruciali, ma per poter impedire a eventuali nemici di “disconnetterli”. Insomma: più reti altrui sei costretto ad attraversare, più è probabile che tu sia intercettato. Più sono gli “hubs”, i nodi da superare, più saranno i controllori che guarderanno ciò che stai facendo e potranno prendere le loro eventuali contromisure. Per esempio una comunicazione tra Cina e Brasile, in questo momento, deve attraversare due “nodi” americani. Pensa che festa negli uffici della National Security Agency!

La festa finirà tra non molto, anche se i sistemi tipo MUOS, che gli USA stanno installando in quattro continenti (uno di questi è in costruzione a Niscemi, in Sicilia), uniti a una rete di satelliti geostazionari, stanno già studiando i modi per penetrare anche in eventuali nuove reti comunicative indipendenti. Insomma, la battaglia è aperta e sarà durissima. L’unica cosa certa, al momento, è che l’Europa, – questa Unione Europea, che abbaia al padrone, ma morde i suoi popoli -se ne sta accucciata nel proprio canile, incapace di reagire e di difendersi.

Infine c’è un aspetto che è decisivo e che, appunto per questo, viene ignorato dal mainstream. I sistemi di controllo e di ascolto planetario di cui ormai dispongono gli Stati Uniti e solo loro, hanno anche un altro risvolto: quello direttamente militare. Si tratta di armi, vere e proprie. Probabilmente le più importanti armi per la terza guerra mondiale che si sta velocemente approntando. Perché è già evidente che gli strumenti di controllo sul nemico sono tutti “multi-uso”. Puoi ascoltare, ma puoi anche interferire. Puoi leggere ciò che gli altri scrivono ma puoi anche cancellare. Puoi impedire al nemico di ascoltare, di sentire, di vedere. Puoi bloccare le sue difese. Puoi costringerlo a difendersi da attacchi che prima erano impossibili, e che vanno da improvvise epidemie, a modificazioni climatiche violentissime. Tutto questo è già possibile e il “Datagate” che qui stiamo analizzando altro non è che la pellicola protettiva che trovi sullo schermo del cellulare quando è ancora nuovo di zecca.

Noi tutti stiamo vedendo solo la pellicola di plastica, ma non ci è dato capire cose sta davvero accadendo. Qui sta la differenza tra il caso “Echelon”, o il caso SWIFT, e oggi. In questi anni le tecnologie di comunicazione-interferenza-attacco hanno avuto sviluppi mostruosamente veloci. Il progetto HAARP è in piena funzione (ricordo di nuovo il MUOS di Niscemi), lo spazio che circonda la terra è ormai sede di sistemi d’arma che sono stati approntati in vista di uno scontro planetario. E’ possibile entrare in un computer nemico e far esplodere a distanza ogni ordigno, e ogni centrale nucleare. E’ possibile impedire al nemico, magari nemmeno ancora dichiarato, di realizzare un suo progetto qualsivoglia. E’ possibile avvelenare i corpi, oltre che le menti dei sudditi altrui.

E tutti guardano il dito, mentre non vedono la Luna. Il pifferaio magico suona il suo strumento, come un rumore di fondo che impedisce di percepire l’uragano che arriva. La Luna è già scura e sta entrando in una eclisse fatale. Il giovane Snowden è una Cassandra che giunge in ritardo.

Giulietto Chiesa
Fonte: http://megachip.globalist.it
Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=79928&typeb=0&Il-Datagate-e-un-sintomo
3.07.2013

Gli allievi siculi di Cesare Borgia

  Fonte: LIDA di Catania

 Catania. Ancora una volta l’essere umano dimostra di essere il peggiore tra gli esseri viventi!!! In via Poulet, proprio vicino al commissariato di Polizia di via suor Cantalupo, durante la notte sono stati avvelenati i randagi che stazionavano in quella zona. Quattro di questi, tra cui due femmine sterilizzate, hanno perso la vita come purtroppo si evince dalla fotografia. Noi ci chiediamo se è questo il modo di “risolvere i problemi”, ci chiediamo se possiamo asserire di vivere in un luogo civilizzato e soprattutto ci chiediamo quando le autorità competenti porranno fine a queste mattanze prendendo seri e concreti provvedimenti per RISOLVERE CIVILMENTE e nel rispetto di ogni singolo essere vivente vivente la piaga randagismo in Sicilia.

Un pensiero va a voi, dolci anime indifese: PERDONATECI!

LE MANI NEI NOSTRI CONTI CORRENTI

L’accordo è stato raggiunto e dunque la notizia è certa: chi ha in deposito presso una Banca più di 100 mila euro condividerà l’onere di salvataggio nel caso in cui la Banca ne avesse bisogno.

Proprio come fosse un investitore, come se avesse azioni o obbligazioni.
In altre parole: il caso Cipro diventa legge e viene esteso a tutta la zona Euro.

Né più, né meno.
Dopo sette ore di discussioni durate fino a tarda notte, i ministri delle finanze dei 27 Paesi dell’Unione – all’Ecofin – hanno raggiunto un accordo per la chiusura o il salvataggio delle banche in emergenza. Il piano prevede che gli investitori, i possessori di obbligazioni e i correntisti (sopra i 100 mila euro) dovranno condividere l’onere del salvataggio.
Lo chiamano “fallimento ordinato”. In realtà si tratta di un furto programmato. Testato, letteralmente, nel caso di Cipro, e visto che di fatto il tutto è stato “digerito” senza troppi grandi clamori e proteste sia dalla popolazione cipriota sia dal resto del mondo, ora lo si estende a tutta l’Europa.
Sintesi: le Banche vincono su tutto il fronte con il benestare dell’Europa dei banksters. Gli italiani sono avvisati: il loro denaro depositato presso le Banche è da ora ufficialmente a rischio.

Fonte: ilribelle.com
Tratto da frontediliberazionedaibanchieri.it

IL FMI E’ GIA’ A CASA NOSTRA

Di “spedizioni” della troika abbiamo scritto praticamente ogni settimana in merito alla Grecia, ma anche alla Spagna e al Portogallo. Senza grosso clamore mediatico, ora, è la volta di una nuova tornata di “controlli”. E questa volta riguardano l’Italia. Il Fondo Monetario Internazionale è a Roma, e i suoi emissari si muovono tra il Tesoro, la Banca d’Italia, Palazzo Chigi e varie authority di vigilanza. Passano in rassegna i nostri compiti, come gli ispettori del Ministero dell’Istruzione di volta in volta nelle scuole pubbliche. Solo che questa volta si parla in lingua anglofona, cioè straniera.

Il Ribelle
Ci apriamo al nemico insomma. O meglio, ci lasciamo invadere, occupare e controllare da chi di fatto è all’origine della crisi nella quale siamo. L’Fmi viene a verificare che dopo i proclami di Letta, in merito a Imu, Iva e Lavoro, in ogni caso non si sgarri da quanto a suo tempo prescritto. E noi non solo li facciamo entrare, ma gli stendiamo il tappeto rosso dinnanzi a ogni passo.
Il punto di attualità, al centro di questo viaggio d’ispezione dell’Fmi, è chiaro: vuole vedere da dove prendiamo la copertura per le manovrine rilanciate dal Governo Letta. Anche gli italiani vorrebbero saperlo, ma mentre noi ce ne stiamo calmi ad aspettare Godot, l’Fmi invece non perde tempo, pretende di vedere i libri contabili e ci fa le pulci.

Altro capitolo d’indagine, cioè, d’ispezione: il settore finanziario nel suo complesso, ovvero lo stato di salute delle banche italiane. In tal senso bisogna riscontrare che la European Banking Authority (l’Eba), cioè l’istituzione comunitaria di controllo sulla sorveglianza bancaria, al momento non ha riscontrato particolari criticità. Ma siccome l’ultima ondata di stress test fatta alle Banche europee ha avuto la veridicità di un incontro di wrestling, visto quello che è successo dopo, ora Washington vuole vederci chiaro, e di persona. Del resto la decisione di qualche giorno addietro di coinvolgere anche i depositanti negli eventuali (eventuali?) casi di sofferenza degli istituti bancari è eloquente. O almeno dovrebbe esserlo.

Per quanto ci riguarda, del resto già abbiamo le loro basi e i loro militari tra noi da almeno sessanta anni, figuriamoci se possiamo permetterci di dire no a chi viene a rovistare tra i nostri cassetti contabili. Peraltro, grossomodo un anno addietro, l’Fmi ci aveva già bacchettato in merito allo stato del nostro sistema bancario. Ma all’epoca c’era Mario Monti al governo, cioè uno di loro, il quale solo qualche mese prima aveva girato un assegno da 2.5 miliardi a Morgan Stanley, per chiudere una operazione di derivati sottoscritta dall’Italia a suo tempo sulla quale, la Banca statunitense, sentito puzza di bruciato, aveva chiesto – e ottenuto – di essere liquidata all’istante. Con l’uomo del Bilderberg e della Goldman Sachs al governo, allora, il gioco fu semplicissimo. I media ufficiali, ovviamente, non ne parlarono affatto, e mentre sull’Italia si abbatteva la più grande scure di macelleria sociale degli ultimi decenni una mole tale di denaro drenata dalle casse pubbliche prendeva la via occidentale.
Ora al governo c’è Letta, altro uomo del Bilderberg e dei poteri forti. Difficile che la musica cambi.

Lo diciamo in altre parole: dopo le notizie uscite in odore di derivati pericolosi che riguardano il nostro Paese – che ovviamente, malgrado le smentite, è una realtà – c’era insomma bisogno di una nuova missione dell’Fmi a Roma. Scommettiamo che tra un po’ il governo Letta, anche in questo caso, nel silenzio più ossequioso dei media, staccherà qualche altro bell’assegno per chiudere operazioni che le Banche creditrici d’oltreoceano ritengono a rischio mentre dalle nostre parti iniziamo seriamente a morirci di fame?
http://www.vocidallastrada.com/2013/07/il-fmi-e-gia-casa-nostra.html

Mammona è gay. L’alta finanza vuole il matrimonio omosessuale

di Federico Cenci
Ora che la Corte suprema degli Stati Uniti, definendo incostituzionale la legge che riconosce il matrimonio solo come unione tra un uomo e una donna (Defense of Marriage Act, conosciuta con il suo acronimo Doma), ha dato il via libera alle nozze tra persone dello stesso sesso, si palesano una serie di inaspettati paladini dei diritti civili. Si tratta delle note banche d’affari Goldman Sachs e JP Morgan, le quali lodano la decisione presa dalla Corte suprema (1), e di quasi 300 altre grandi aziende – tra cui Apple, Facebook, Twitter, Starbucks, Nike, Walt Disney – che hanno sede in Nord America. Questa sfilza di colossi del business, una volta sottoscritto un documento volto a sostenere l’incostituzionalità della sovracitata legge (approvata in California tramite referendum popolare), lo hanno recapitato ai giudici impegnati nella delicata decisione.
Un impeto di filantropismo ha dunque distratto questi adulatori del danaro dalla loro quotidiana attività commerciale? È una tesi complicata da sostenere. D’altronde, una così vasta coalizione di aziende che si schiera apertamente su un tema politico importante rappresenta un unicum nella storia degli Stati Uniti. Non risulta, infatti, che alcun hedge fund o alcuna corporation abbiano mai preso con tale enfasi una posizione in merito ad altre questioni – di statunitense pertinenza – che ledono la dignità umana: pena di morte, guerre, sfruttamento. Lo stesso Lloyd Blankflein, ceo di Goldman Sachs, ammette che una tale levata di scudi «è una questione di diritti civili, ma anche dibusiness» (3). Per non dire, forse, che è solo il secondo aspetto che per lui conta.
Il sostegno da parte di diversi miliardari americani nei confronti della causa del matrimonio gay è, pertanto, cosa nota da tempo. La settimana scorsa alcune testate d’oltreoceano hanno pubblicato la lista dei 23 maggiori finanziatori (4), nella quale figurano celebri businessman come Bill Gates (500mila dollari) e l’amministratore di Amazon Jeff Bezos (2.5milioni di dollari). Somme consistenti di questi finanziamenti sono state donate, nel corso degli ultimi anni, a politici repubblicani affinché anch’essi, malgrado rappresentati di un elettorato contrario alle nozze gay, si riscoprisserogay-friendly. La strategia sta funzionando, tant’è che gran parte dei destinatari di denaro iniziano a negoziare i valori conservatori del loro partito e a cedere a questa pretesa progressista di una minoranza di cittadini.
Una minoranza che evidentemente produce un gigantesco indotto. Altrimenti risulterebbe inspiegabile un simile impegno finanziario di certi figuri per sostenere codeste “battaglie civili”. Del resto chi fa business investe, non sperpera. Né tantomeno fa carità. È utile a questo punto ricorrere a qualche dato per conoscere le stime di un tale spostamento di soldi. Nel 2009 Forbes valutava l’indotto complessivo delle nozze gay, una volta che queste saranno effettive in tutti e 50 gli Stati Uniti, in circa 9,5miliardi di dollari (5). Un anno fa la rivista Bloomberg, di cui è proprietario il magnate e sindaco di New York che le dà anche il nome, esultava nell’annunciare che nella Grande Mela, nel primo anniversario dall’approvazione delle nozze gay, queste ultime avevano generato già guadagni per 259milioni di dollari (6).
Cifre che spiegano fin troppo bene l’impegno delle grandi banche e delle grandi aziende per far abolire il Doma. In modo altrettanto chiaro, inoltre, questi fatti dimostrano qual è la posizione riguardo ai cosiddetti “temi sensibili” di chi, nell’immaginario collettivo, rappresenta “il sistema”. Una posizione che è sfacciatamente progressista, almeno quanto quella di quei partiti di sinistra che, ironia della sorte, delle lotte antisistemiche hanno sempre fatto credere di esserne i vessilliferi. Ebbene, in nome del profitto e della sovversione dei valori tradizionali, sul terreno delle “battaglie civili” si consuma anche questo: la formazione di alleanze alquanto stravaganti.
(1)http://www.bloomberg.com/news/2013-06-26/dimon-joins-goldman-sachs-praising-supreme-court-on-gay-marriage.html
(2)http://www.scribd.com/doc/127615772/Amicus-Brief-of-278-Employers-and-Organizations-for-Windsor-SCOTUS-case
(3)http://thinkprogress.org/lgbt/2013/03/11/1699411/goldman-sachs-ceo-marriage-equality-is-good-for-business/?mobile=nc
(4)http://www.benzinga.com/general/politics/13/03/3451570/the-top-22-gay-marriage-supporters-in-business-today
(5)http://www.forbes.com/2009/06/15/same-sex-marriage-entrepreneurs-finance-windfall.html
(6)http://www.bloomberg.com/news/2012-07-24/gay-marriage-produced-259-million-for-new-york-city-economy-1-.

http://www.ilfarosulmondo.it/wp/?p=19582&utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

I cantieri per la Torino Lione slittano al2016

MOLTO INTERESSANTE!

3 luglio 2013 Alinews :

di Massimiliano Borgia 

Non è vero che con la ratifica dell’accordo internazionale del 30 gennaio 2012, sancito dalle dichiarazioni d’intenti del 3 dicembre, si potrà dare il via alla Torino-Lione.

L’iter parlamentare è già stato avviato in Francia, mentre in Italia dovrebbe iniziare a settembre.

Ma questa ratifica, che riaprirà il dibattito sul Tav in Camera e Senato, serve per fare partire il soggetto promotore, la nuova Ltf.

Per gli appalti dovrà arrivare un nuovo trattato italofrancese che definisca, nei dettagli, l’importo e la ripartizione economica dei costi, basato sulla certezza della quota di finanziamento europeo e sull’aggiornamento del conto economico che, particolare non secondario, è ancora fermo ai prezzi del 2010.

Per avere la certezza dei finanziamenti europei Italia e Francia, con la nuova Ltf, dovranno prima partecipare al bando europeo per l’assegnazione dei contributi (al 40 per cento per le tratte transfrontaliere).

http://www.alinews.it/2013/07/03/83113/i-cantieri-per-la-torino-lione-slittano-al-2016/

Un bando che non potrà essere varato prima della seconda metà del 2014. I 27 dell’Ue, infatti, il 29 maggio hanno raggiunto l’accordo sulle nuove reti Ten e sui criteri per il Connecting Europe facility, il regolamento finanziario per erogare i contributi alle reti Ten.

Poi c’è stato l’accordo politico sui fondi. Ma adesso deve essere approvato dal Parlamento. Si dovrebbe chiudere entro la fine dell’anno: ora siamo alla prima lettura parlamentare, con emendamenti già presentati. Poi seguirà la votazione sugli emendamenti e l’approvazione da parte del Consiglio e un’eventuale seconda lettura.

Per l’Italia, il problema è che non c’è solo la tratta comune della Torino-Lione; c’è anche il tunnel di base del Brennero. Partecipare al bando europeo con due progetti internazionali, più tutto il resto compreso tra le infrastrutture finanziabili (porti fluviali, corridoio Baltico-Adriatico, nodi ferroviari, autostrade del mare), rischia di indebolire il Tav.

La dotazione complessiva della Connecting Europe facility per il periodo  2014-2020 è di soli 23 miliardi a seguito di continue riduzioni. In più, 10 miliardi sono stanziati sui fondi di coesione, per i quali né Francia né Italia hanno i requisiti.

Restano, quindi, 10 miliardi per tutti i 28 Paesi (ora c’è anchela Croazia).

È vero che dovrebbero bastare, visto che il fabbisogno delle principali opere delle reti Ten è sugli 8 miliardi. Ma è anche vero che soli i tunnel del Tav e quello del Brennero valgono oltre il 30 per cento dell’intera posta. Accetteranno gli altri 27 un’Italia pigliatutto?

Ammesso che arrivi dall’Europa l’ok al 40 per cento, come detto, servirà un nuovo trattato internazionale.

Anche questo nuovo trattato dovrà essere ratificato dai due Parlamenti nazionali. Se si pensa che l’impegno solenne del 3 dicembre a Lione tra Monti e Hollande era per un’approvazione del trattato del 30 gennaio entro poche settimane (entro le elezioni italiane, si diceva); e se si pensa che, a oggi, sono già passati 7 mesi e in Italia il Ddl di ratifica non è nemmeno stato presentato, è lecito prevedere almeno una decina di mesi dalla firma. Significa che gli appalti per il tunnel di base non potranno partire prima delle seconda metà del 2015. Il cantiere di Susa inizierebbe, dunque, nel 2016, con un anno di ritardo.

Intanto, l’11 luglio si saprà se l’Ue finanzierà gli espropri dei terreni di Susa per realizzare la linea, la stazione internazionale e la grande area di servizio. Si tratta di pagare lo spostamento dell’autoporto e l’occupazione di aree Sitaf oltre che di terreni di privati.

L’Italia ha partecipato a un bando europeo per ridistribuire 425 milioni di fondi residui, non utilizzati dagli stati nel settennato che si sta per concludere.

Si tratta di prendere una quota del 20 per cento dei costi degli espropri: ultima occasione, visto che d’ora in poi gli espropri non saranno più finanziati.

Bloccare l’aumento dell’Iva è possibile

Il governo con Zanonato ammette che salire dal 21 al 22% avrebbe effetti disastrosi per i consumi e la domanda interna

Andrea Angelini    

Il governo ha fatto la scoperta dell’acqua calda. La fondamentale impresa è stata compiuta dal ministro dello sviluppo, Flavio Zanonato, che per conto di Letta, Saccomanni e Alfano, ha sentenziato che l’economia italiana è arrivata al punto di non ritorno. Il nostro Paese, ha spiegato il ministro, sta attraversando una grave crisi ed anche i piccoli e sporadici segnali positivi che si intravedono non sono sufficienti per fare concludere che ci possa essere una inversione di tendenza. L’obiettivo ora è quello di bloccare l’aumento dell’Iva. Il termine usato è quello di “eliminare” ma in buona sostanza il significato è lo stesso. Dopo un lungo rimuginare, peraltro inutile, visto che la realtà parla da sola, a Palazzo Chigi, a Via XX Settembre e all’Eur, hanno preso atto che l’aumento previsto, dal 1 luglio, dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, avrebbe conseguenze catastrofiche sulle dimensioni della domanda interna. I consumi sono infatti in caduta libera, soldi in giro ce ne sono davvero pochi e quei pochi i cittadini li usano per le spese ineludibili, casa, bollette, tasse ed energia, rinunciando a molte spese prima rientranti tranquillamente nel bilancio familiare e alle quali ora si deve rinunciare per sopravvenuta incapacità.
In tale situazione di degrado, tagliare ancora il potere d’acquisto dei cittadini servirebbe a raccattare un bel po’ di miliardi ma farebbe crollare ulteriormente i consumi. Si tratta di una realtà che era più che evidente a qualunque attento osservatore ma della quale sembrava non essersi accorto soltanto il governo, condizionato come era e come è dalla necessità di rispettare sempre e comunque i vincoli europei di bilancio, quelli sul debito e sul disavanzo.
Ma non si tratta comunque di una novità. La politica economica del governo della Goldman Sachs, a guida Monti, ha precipitato infatti il nostro Paese in una situazione molto peggiore di quella lasciata in eredità nel novembre 2011 da un Berlusconi che pure ha una non indifferente dose di responsabilità nell’avere affossato il Paese. La recessione con Monti si è accentuata, il debito è passato dal 120 al 127% del Pil, solo il disavanzo è sceso, dal 4,2% al 3%. Ma il prezzo pagato è stato salatissimo visto che è stato ottenuto a furia di tasse, come l’odiata e l’odiosa Imu che ha impoverito ulteriormente molte famiglie del ceto medio, punite soltanto per essere proprietarie, molte volte in virtù di una eredità, di una casa che soltanto una demagogia di bassa lega può definire di “lusso”. Soprattutto perché una casa di “lusso” non è necessariamente sinonimo di alto reddito. Al contrario.
Siamo al punto di non ritorno, ha sostenuto ancora Zanonato. Appunto. Ma invece di andare ad incidere sulle origini della malattia, si è preferito finora, varare interventi tampone che non sono serviti a nulla. L’emorragia di imprese industriali e commerciali è palpabile per chiunque giri per l’Italia. E a questa deriva si accompagna l’esplosione della disoccupazione che ha ormai superato abbondantemente il 12%. Sta cedendo soprattutto il tessuto di piccole e medie imprese che rappresentano la struttura portante del nostro sistema economico. Stanno sparendo anche molte piccole imprese che pure sono all’avanguardia in un settore come la meccanica di precisione. Imprese che avrebbero bisogno di prestiti delle banche e che invece devono subire una chiusura del credito che viene generosamente accordato a gruppi come la Fiat che da tempo hanno messo in moto il meccanismo per chiudere le fabbriche italiane e andare a produrre all’estero.
Si tratta, ha cercato di spiegare Zanonato a quanti già lo sapevano, di “una corsa contro il tempo per dare speranza alla nostra economia”. Noi, ha assicurato, vogliamo uno stop definitivo all’inasprimento dell’imposta sui consumi. Resta da vedere se poi, sotto il peso della necessità di fare quadrare i conti, e sotto le pressioni di Bruxelles e della speculazione, alle parole seguiranno i fatti.
Sull’altro versante, il governo si compiace di due fatti. Il primo è quello di aver avviato il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei riguardi delle imprese. Per Zanonato, sono soldi che entreranno all’interno del sistema economico e produrranno un gettito Iva. Il secondo risultato è la fine della procedura d’infrazione sul disavanzo da parte dell’Unione europea e la possibilità di usare denaro in prestito per investimenti, quindi per operazioni a saldo zero. Nel primo caso, è appena il caso di ricordare che molti di quei soldi serviranno alle imprese per pagare i debiti regressi che si sono accumulati in bilancio a causa dei mancati introiti di soldi pubblici. Si tratta di risorse che difficilmente si trasformeranno in nuovi investimenti ed in nuovi posti di lavoro. Il governo garantisce comunque tempi rapidi. I ministri, invece di andare al mare, rimarranno a Roma per studiare nuove misure e a tal fine lavoreranno pure d’estate.

03 Luglio 2013 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21790