L’uomo è un serial killer. L’orso marsicano Stefano è stato ucciso a fucilate

orso marsicano

Non avvelenatoucciso a fucilate da due o tre persone. E’ bastata una radiografia per capire come è morto l’orso marsicano “Stefano” il cui cadavere è trovato nel fine settimana da turisti sulle pendici del monte Marrone, sul versante molisano del Parco Nazionale d’Abruzzo.

 L’orso marsicano è ridotto a poche decine di esemplari. Vive solo in Italia, sugli Appennini fra Abruzzo, Lazio e Molise e in nessun altro luogo al mondo. Sta bene, si riproduce felicemente ed è rigidamente protetto dalla legge ma è perseguitato da un serial killer: l’uomo. Con Stefano diventano infatti 100 gli orsi marsicani uccisi a partire dal 1970.

 Nel comunicato stampa con gli aggiornamenti sulla morte dell’orso il Parco rende noto fra l’altro che gli orsi marsicani sono 60: non 50 come avevo scritto io ieri e come generalmente si riteneva. Segno (immagino) che sono nati del cuccioli. Speriamo che possano diventare adulti e vivere in pace. Comunque a proposito di Stefano il Parco dice:

 All’esame radiografico, eseguito al dipartimento di Scienze biomediche della Facoltà di veterinaria dell’Università di Teramo (…) si è rilevata la presenza di una pallottola che ha raggiunto la testa dell’orso dalla regione sopraorbitale, provocandone, molto verosimilmente, la morte; un’altra pallottola ha raggiunto l’omero destro dell’animale, mentre una terza, caricata a pallini, è stata rinvenuta sul corpo dell’animale: una vera e propria esecuzione, che ad una prima ricostruzione fa supporre l’utilizzo di diversi tipi di fucili, quindi l’intervento di diversi bracconieri

 Ora verrà completata l’autopsia dell’animale in cerca di indizi sull’identità dei colpevoli, contro i quali il Parco sporgerà in ogni caso denuncia.

 Il calcolo degli orsi marsicani uccisi dall’uomo dall’uomo a partire dal 1970 è stato effettuato dal Parco d’Abruzzo nel 2011. Allora risultavano uccisi 98 orsi (in gran parte impuniti i colpevoli); ad essi bisogna aggiungere l’orso Stefano e quello investito su uno svincolo autostradale a fine aprile .

http://blogeko.iljournal.it/luomo-e-un-serial-killer-lorso-marsicano-stefano-e-stato-ucciso-a-fucilate/74612

In Egitto sostenete il colpo di Stato militare?

Thierry Meyssan  Rete Voltaire 8 luglio 2013

Thierry Meyssan risponde ai nostri lettori preoccupati per il suo sostegno al colpo di Stato militare in Egitto. Per lui, il golpe non ha messo fine alla democrazia, ma alla presa del potere da parte della setta dei Fratelli musulmani. Il golpe è quindi legittimo, ed è sostenuto da tutti gli altri partiti politici e leader religiosi, prima di essere celebrato per le piazze. Il problema non è l’intervento dell’esercito, ma la sua capacità di seguire la rotta verso la democrazia che ha negoziato con i leader politici e religiosi.
La pubblicazione di ieri sulla stampa e oggi sul nostro sito web, della mia cronaca di politica internazionale sulla crisi egiziana [1], ha lasciato alcuni dei miei lettori dubbiosi, come posso “sostenere il colpo di Stato militare contro un presidente democraticamente eletto?” mi scrivono. Ma dunque, dove avete visto questo presidente costituzionale “democraticamente eletto” che agiva in “modo democratico”? Le elezioni presidenziali del 17-18 giugno 2012 sono state caratterizzate dal record della bassa affluenza alle urne, il 65% degli elettori registrati, anche se a 2 milioni di egiziani, sotto le bandiere, viene negato il diritto di voto. In definitiva, Mohamed Morsi ha ricevuto meno di 12 milioni di voti su una popolazione, nell’età del diritto di voto, di 70 milioni di persone (tra cui i militari), cioè il 17% degli adulti egiziani. Dopo 80 anni di tentati colpi di Stato e di attività terroristiche in Egitto e altrove, per la prima volta i Fratelli musulmani andavano al potere legalmente.
Certo, la Costituzione non prevede un quorum per la validità delle elezioni, per cui non sono state contestate su questo aspetto, al momento. Tuttavia, resta che solo per poter apparire “democratico”, questo presidente doveva dimostrare un notevole talento nelle consultazioni e nel raggruppare. Doveva affermarsi come il presidente di tutti gli egiziani, non solo dei 12 milioni che lo hanno eletto. Tuttavia, è ovviamente avvenuto il contrario. Mohamed Morsi, semplice cinghia di trasmissione dei Fratelli musulmani, si è affrettato ad infiltrare l’amministrazione a loro vantaggio, fino alla nomina a governatore di Luxor del capo del commando che massacrò 60 persone nel 1997.  Ha lanciato un’ondata di privatizzazioni anche verso il Canale di Suez, simbolo dell’indipendenza nazionale per la vittoria di Gamal Abdel Nasser sulla coalizione imperialista anglo-franco-israeliana. Di fronte alle proteste nazionali, il presidente Morsi s’è permesso di sviluppare un fittizio movimento per l’indipendenza del Canale, completamente finanziato dal Qatar, che sembrava il “miglior candidato” all’acquisto del suddetto canale.
Invece di cercare un compromesso con l’esercito, che insisteva nel voler restare al di fuori del controllo dei civili, e il popolo che aveva boicottato le elezioni, il presidente Morsi si è presentato come l’uomo di una setta che serve interessi stranieri. In primo luogo, ovviamente, quelli del Qatar (che ha versato 8 miliardi di dollari in un anno a suo favore) e quelli della Turchia (che ne ha assicurato la comunicazione politica) e, infine, quelli degli anglo-sassoni (Stati Stati Uniti, Regno Unito e Israele). Se il popolo ha reagito al carattere settario e anti-nazionale dei Fratelli musulmani, l’esercito si è pronunciato sulle implicazioni militari di questa politica. Dal 15 giugno, i fratelli hanno cambiato i loro proclami chiamando “infedeli” i sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad, gli sciiti e i cristiani, circa il 15% della popolazione egiziana. In tal modo, la Fratellanza apriva la via alla guerra civile. In una conferenza stampa tenutasi lo stesso giorno, il presidente Mohamed Morsi, che non ha alcuna autorità sulle forze armate, ha fatto appello alla “jihad” contro gli “infedeli di Damasco.” Ricordiamo qui che l’Egitto e la Siria si unirono nel 1958-1961 nell’ambito  di un singolo Stato, la Repubblica Araba Unita. Anche se questo tentativo durò solo tre anni, i legami tra i due Paesi sono intensi.
Senza attendere, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Abdel Fatah al-Sisi, sollevò l’eccezione di irricevibilità, la funzione delle forze armate è difendere i confini del Paese, non la “guerra santa” ad altri Stati musulmani. Perciò, l’esercito ha permesso lo sviluppo del movimento Tamarod (“Ribellione”), che in pochi giorni ha raccolto 15 milioni di firme contro il presidente Morsi, preparandone la sua messa sotto accusa. La proposta presidenziale di andare in guerra contro la Siria si comprende come recupero delle posizioni turche. Dall’inizio di maggio, Ankara è parzialmente fuori gioco dal conflitto. I Fratelli musulmani hanno deciso che fratello Morsi avrebbe aiutato fratello Erdogan. Quando le manifestazioni anti-Morsi avevano raggiunto un livello critico, assai superiore ai voti ottenuti da Morsi (richiamando 17 milioni di manifestanti), l’esercito è intervenuto per mettere sotto accusa il presidente. Il generale al-Sisi s’è incontrato con il segretario alla Difesa degli Stati Uniti per assicurarsi che nulla sarebbe stato fatto dagli Stati Uniti per mantenerlo al potere, dato che Morsi è un cittadino degli Stati Uniti e un agente del Pentagono (che ha accesso al segretario dalla Difesa degli Stati Uniti). Sembra sia stato assicurato che l’iniziativa anti-siriana del presidente impegnasse i Fratelli musulmani e non Washington. Per precauzione, attese le 22.00 del 3 luglio per annunciare la decisione dei militari, ossia la chiusura delle attività a Washington (il 4 luglio è festa nazionale). L’annuncio è stato fatto in televisione dal generale al-Sisi, circondato dai principali leader civili e religiosi del Paese, ad eccezione dei Fratelli.
Vorrei sottolineare che non vi era altra soluzione possibile alla crisi egiziana che l’intervento dell’esercito, come dimostrano i 33 milioni di egiziani poi scesi in piazza per festeggiare il colpo di Stato. La scelta non è tra democrazia e golpe, ma tra un colpo di Stato e la guerra civile. Mi dispiace che l’esercito egiziano abbia concordato separatamente la pace con Israele a spese del popolo palestinese. Non sostengo la sua mossa perché si rifiutava d’impegnarsi in una guerra contro la Siria, ma perché cerca di salvare l’unità del Paese e la sua pace civile. La vivacità della mia reazione è certamente il risultato della mia esperienza: ho visto i crimini commessi dai Fratelli musulmani in Libia e Siria. Inoltre, lo scopo di questa mossa non è mettere l’esercito al potere, ma d’impedire la presa del potere da parte di una setta golpista. I leader dei partiti politici, il rettore di al-Azhar e il Papa copto, che circondavano il Capo di stato maggiore durante il suo annuncio, avevano precedentemente concordato una “road map” comune, specificando il tipo di regime che seguirà e i   passi per raggiungere questo obiettivo, un passo logico in un Paese dove da 4000 anni tutti i capi di stato, tranne Morsi, sono stati dei militari.
Tutti hanno accettato di riprendere l’esperienza democratica interrotta dai Fratelli musulmani, una volta che la minaccia della guerra civile sarà superata. Anzi, è il primo dovere di un governo, sia civile che militare, evitare la guerra civile, invece di causarla. È per questo che l’esercito ha organizzato l’arresto dei 300 leader chiave della Fratellanza, salvo il suo leader supremo. Poi hanno bloccato i tunnel dall’Egitto a Gaza. Si tratta, naturalmente, di evitare che i combattenti di Hamas, che hanno aderito alla strategia della Confraternita sotto la guida di Khalid Meshaal e il denaro del Qatar, di combattere in Siria, inquadrati dal Mossad, contro altri palestinesi, di giungere in aiuto ai loro fratelli egiziani. Tuttavia, la chiusura dei tunnel colpisce il popolo palestinese, mentre tiene a bada Hamas. Inoltre, il consiglio militare ha nominato e installato un presidente civile transitorio, Adly Mansour, presidente francofilo del Consiglio costituzionale. Così, sotto la pressione degli eventi, l’esercito ha violato l’ordine costituzionale per ripristinare una parte del potere nelle mani di colui che è responsabile di garantirla.
Agendo in emergenza, il Consiglio militare credeva di poter nominare come Primo ministro Mohamed al-Baradei, che ha la fiducia di Washington. Si trattava di garantirsi la continuazione dei sussidi statunitensi all’Egitto, circa 1,39 miliardi di dollari ogni anno. A fronte dell’opposizione del partito salafita al-Nur, l’esercito, fedele alla “tabella di marcia”, ha sospeso i tempi per una nuova trattativa. Il tempo ci dirà se il consiglio militare sarà in grado di mantenere l’unità nazionale contro la minaccia dei Fratelli musulmani, o se trascinato dal rumore delle armi, imporrà un’altra dittatura.
[1] “Le sort de Morsi préfigure t-il celui des Frères musulmans?“, Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 8 luglio 2013.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2013/07/09/in-egitto-sostenete-il-colpo-di-stato-militare/

Piacenza, ecco come la CGIL truffava i vecchietti

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http://www.lindipendenza.com/piacenza-cgil-truffa/

di REDAZIONE

Oggigiorno siamo pronti ad ascoltare anche le storie più improbabili e inverosimili. Ma che il sindacato dei pensionati (Spi) della Cgil di Piacenza avesse messo insieme un software truffaldino (era il gratta-gratta, dicono sotto i portici del centro di questa provincia nebbiosa, al Nord dell’Emilia) per poter rubare ai vecchietti le quote associative da loro mai sottoscritte, è una notizia che non ci aspettavamo proprio. Non se l’aspettava nemmeno, a dire il vero, la Cgil nazionale che ha tentato in tutti i modi di spegnere l’insostenibile scandalo che era già noto sul finire del mandato di Epifani ma che solo ora è approdato nelle aule del Tribunale di Piacenza dove il processo, forse per la sua delicatezza e complessità, si sta snodando molto lentamente, accompagnato dall’assordante silenzio di tutti i media nazionali che di solito starnazzano per molto meno.

Il processo contro le false deleghe Cgil si sviluppa lentamente anche perché, a istruttoria già avanzata, si è scoperto, ad esempio, che il software truffaldino della Cgil, che pescava nel mucchio senza guardare in faccia a nessuno (il requisito per essere spennati era solo quello di essere in pensione) aveva sottratto indebitamente anche le quote della madre di un magistrato che ha dovuto disimpegnarsi dal processo per evidente incompatibilità, essendo stata anche sua madre, fin a quel momento, una inconsapevole parte lesa. La Cgil regionale e nazionale, anziché fare chiarezza su questa vicenda truffaldina, ha cercato a lungo di spegnere lo scandalo arrivando addirittura a punire, non chi aveva scientificamente organizzato il furto delle quote indebite ai pensionati, ma «facendo leva, in modo arrogante, sul proprio potere, ha invece allontanato e disperso il gruppo dirigente Cgil che aveva denunciato e combattuto lo scandalo».

Quest’ultima affermazione è stata fatta da Gianfranco Dragoni, figura di spicco e integerrima del sindacalismo cigiellino locale fin dagli anni Cinquanta, sulle colonne del quotidiano locale Libertà che è diretto alla grande da un giornalista di razza come Gaetano Rizzuto. Lo stesso Dragoni ricorda che, inspiegabilmente «mancano, nel processo, l’Inps e il Garante della privacy». Per Dragoni «questo è un fatto grave perché centinaia di ignari pensionati, attraverso la penetrazione illegale nel sito informatico dell’Istituto previdenziale, si sono visti trattenere, sulla loro pensione, somme non da loro autorizzate». «Certo», ammette Dragoni, «dal gennaio 2011 l’Inps, proprio a seguito di questo scandalo, ha introdotto misure più stringenti contro il ripetersi di altri episodi fraudolenti ma non è comprensibile che l’Inps, la cui immagine è stata indubbiamente danneggiata, sia assente dal processo e lasci soli i suoi utenti». Dragoni poi aggiunge: «Lo stesso dicasi per il Garante della privacy al quale è sicuramente giunta la notizia dei fatti e che avrebbe dovuto su questi, aprire un’istruttoria». «Non solo», aggiunge Dragoni « gli avvocati difensori degli ex dirigenti Spi-Cgil coinvolti in questo scandalo hanno addirittura indicato come referente per trattare il ritiro della querela a suo tempo presentata da 129 pensionati, addirittura l’organizzazione dello Spi-Cgil di Piacenza» che è quella che ha organizzato lo scippo.

A questo punto, Gianfranco Dragoni è esplicito. Dice infatti che «per ridare alla Cgil l’autorevolezza che gli compete per poter svolgere il suo lavoro, ci vuole un riconoscimento pubblico degli errori commessi. E questo atto spetta al segretario generale della Cgil, Susanna Camusso» .

di Pier Paolo Albricci – FONTE ORIGINALE: http://www.italiaoggi.it

Il Tar Di Palermo si pronuncia: è No Muos

tar_tribunale_amministrativo IL TAR DI PALERMO SI PRONUNCIA: È NO MUOS – Il Tar di Palermo oggi alle 14.00 ha respinto la richiesta di sospendere il provvedimento di revoca delle autorizzazioni riguardo i lavori del MUOS. È un Importante risultato col quale adesso il Governo nazionale dovrà fare i conti. A gennaio il governatore della Regione siciliana Crocetta aveva chiesto che venissero sospesi i lavori all’interno della base MUOS in contrada Ulmo a Niscemi, in attesa degli studi sull’impatto del sistema di comunicazione satellitare sulle persone e sull’ambiente circostante. Stop raggiunto l’11 marzo; il 29 marzo la Regione revocava le autorizzazioni concesse dal precedente governo siciliano, determinando l’intervento del ministero della Difesa che presentava al Tar ricorso proprio contro la decisione presa dalla Regione Sicilia.

 

Nel frattempo le dichiarazioni sia del Ministro della Difesa Mauro che del Ministro degli Esteri Bonino successive agli sviluppi siciliani, suscitavano e continuano tutt’oggi a suscitare, tra le file del popolo No MUOS, sgomento. Emma Bonino dichiarava agli inizi di maggio al settimanale Panorama, dopo aver incontrato il Segretario di Stato statunitense John Kerry: «il rinvio del Tar non cambia la posizione del governo. Siamo tutti consapevoli dell’importanza strategica della base radar americana. Detto questo attendiamo di conoscere entro il 31 maggio gli esiti dello studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità. A quelli ci conformeremo. Non c’è bisogno che io ribadisca i legami di cooperazione tra i nostri due Paesi».

Il Ministro Mario Mauro durante una conferenza dei primi di giugno invece, pur avendo premesso che la salute dei cittadini era importante, parlava del MUOS come «strategico e necessario per la sicurezza del globo», e destava scalpore la sua dichiarazione, che a molti attivisti No Muos è sembrata un autentico affronto, con cui davanti alle telecamere definiva la Sicilia «la più grande portaerei del Mediterraneo».  E aggiungeva: «Penso sia un atto di grande responsabilità prendere coscienza del fatto che, l’Italia, in particolare, è al centro del Mediterraneo, e non ce l’ho collocata io, ma il buon Dio. Il 90 percento dei guai è nell’area Sud del Mediterraneo  e le condizioni di pace in un settore strategico del globo sono sotto la ‘giurisdizione’ di un’installazione come il Muos». A queste dichiarazioni si aggiungeva negli stessi frangenti quella dell’ex Ministro della Difesa Antonio Martino, rilasciate anche queste a Panorama: «Il MUOS serve a noi non agli americani».

Di diverso parere il Professore universitario Marcello Amore incaricato come perito dal Tar di Palermo di verificare i rischi dell’impianto militare, invece:  «Il campo elettromagnetico irradiato dal MUOS può produrre effetti biologici sulle persone esposte; interferenze elettromagnetiche in apparecchiature elettroniche, strutture aeroportuali e aeromobili; effetti sulla biocenosi e sulla fauna del Sito di importanza comunitaria Sughereta di Niscemi».

                                       LE PRIME REAZIONI – Antonio Mazzeo in attesa che che vengano-muos bandiera- pubblicata la sentenza commenta che oltre a sperarci  se l’aspettava: Le motivazioni presentate dall’avvocatura dello Stato per conto del Ministero della difesa erano risibili. La mole di documentazione presentata dai legali del Coordinamento dei comitati No MUOS era enorme e inappellabile. Un lavoro che avrebbero dovuto fare i legali della Regione Siciliana (a cui erano stati chiesti milioni di euro di risarcimento) e che invece è finito solo sulle spalle dei legali No MUOS e di Legambiente».

«Una vittoria – continua Mazzeo a cui tutti i silciliani devono dire grazie innanzitutto per lo straordinario lavoro a titolo gratuito e la professionalità degli avvocati Paola Ottaviano e Nello Papandrea dei Comitati No MUOS. Adesso bisognerà intensificare la vigilanza e le azioni per impedire che US Navy e governo italiano con l’appoggio delle forze dell’ordine violino la revoca delle autorizzazioni della regione siciliana, consentendo gli ingressi nella base delle imprese contractor dell’EcoMUOStro di Niscemi»..

Questo attesissimo e importante risultato si associa alla sonora bocciatura del Tar di Palermo di quelle tesi che sostengono l’assenza di rischi dell’impianto militare collocato all’interno della base Us Navy a Niscemi, con tutto questo adesso il Governo nazionale dovrà fare i conti.

Giuliana Buzzone

 http://www.ilsettemezzomagazine.it/il-tar-di-palermo-respinge-la-richiesta-di-sospendere-il-provvedimento-di-revoca-delle-autorizzazioni-riguardo-ai-lavori-del-muos/

Dov’è il serial killer?

Se un qualsiasi cittadino uccidesse tre persone, sarebbe illogico aspettarsi di trovarlo in galera?

 In italia, dove la magistratura interpreta le leggi come pare e piace come un antico monarca un assassino, a seconda del colore della pelle, può andare in giro indisturbato, Magari aiutato. Quindi un richiedete asilo HA LICENZA DI UCCIDERE?

Allora perché un autoctone NO?

Discriminazioni politically correct?

 Il picconatore Kabobo, clandestino ghanese uscito di galera per decorrenza dei termini

Arrestato a febbraio e scarcerato per decorrenza dei termini. Fermato ad aprile, non si è potuto avviare la procedura di espulsione perché aveva richiesto l’asilo politico

 Sergio Rame – Dom, 12/05/2013 – 

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La domanda è semplice e getta un’ombra sul sistema giudiziario italiano: cosa ci faceva un clandestino con una fedina penale lunga un chilometro in libertà? Cosa ci faceva un immigrato irregolare in giro per MIlano armato di un piccone? E ancora: perché in Italia le leggi sull’immigrazioni non vengono mai fatte rispettare? Mentre il ministro all’Integrazione Cècile Kyenge porta in parlamento l’abolizione della legge Bossi-Fini e dell’approvazione dello ius soli, la carneficina avvenuta ieri mattina nel capoluogo lombardo getta nel panico l’intero Paese.

 A Milano Mada Kabobo assale i passanti a picconate

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Quel clandestino lasciato libero di uccidere

Adam Mada Kabobo, 31enne protagonista dei 45 minuti di follia omicida alla periferia Nord di Milano, era già noto alle forze dell’ordine: immigrato irregolare aveva parecchi precedenti penali. Il ghanese era stato fermato lo scorso 15 aprile in viale Monza, sempre nel capoluogo lombardo, per un controllo. Pur essendo privo di documenti, le forze forze dell’ordine, che in quella occasione lo schedarono prendendogli le impronte digitali grazie alle quali è stato possibile identificarlo rapidamente ieri pomeriggio, non hanno potuto avviare la procedura di espulsione perché Kabobo risultava aver fatto richiesta di asilo politico non appena giunto in Italia, nel luglio del 2011 a Bari. Richiesta esaminata e poi rigettata dalla Commissione territoriale. Kabobo non si è, comunque, dato per vinto e ha presentato ricorso, ancora in attesa di giudizio, al tribunale di Bari. In seguito alla richiesta di asilo politico, Kabobo è stato trasferito al Centro di accoglienza per i richiedenti asilo (Cara) di Bari dove ha subito avuto occasione di mettersi in mostra. Ad agosto, infatti, all’interno del centro scoppia una rivolta: Kabobo, insieme ad altri 200 immigrati, viene arrestato per furto aggravato, resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.

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Da qui in avanti il percorso criminale e giudiziario di Kabobo si fa confuso e gli inquirenti, infatti, sono al lavoro per chiarire alcuni passaggi. Una volta scarcerato per la rivolta del Cara, Kabobo si sarebbe trasferito a Foggia dove viene costretto ad obbligo di dimora per una rapina. Kabobo disattende la misura restrittiva e per questo viene nuovamente arrestato e trasferito nel carcere di Lecce. Qui a gennaio 2012 si fa nuovamente notare rompendo un televisore, ma il 17 febbraio viene scarcerato. Come spiega Libero (leggi l’articolo), il motivo del rilascio è a dir poco disarmante: decorrenza dei termini di custodia. Da quel momento, Kabobo è uno dei tanti clandestini in giro per l’Italia fino a quando, il 15 aprile di quest’anno, viene appunto fermato in viale Monza a Milano. Il ghanese, però, non risulta avere una dimora fissa e non è uno degli immigrati censiti e aiutati dal Comune di Milano, anche se non si esclude che possa essersi avvalso dei servizi umanitari di altre organizzazioni o associazioni che danno sostegno agli extracomunitari o ai senzatetto.

 La vicenda riaccende lo scontro politico sull’immigrazione. Per il segretario della Lega Lombarda Matteo Salvini, infatti, le aperture della Kyenge sono un cattivo segnale, un’istigazione a delinquere. Una presa di posizione che provoca la reazione indignata del Pd e dello stesso presidente del Consiglio Enrico Letta. Ma è la Lega Nord nel suo insieme a lanciare al governo l’offensiva sull’immigrazione, con la richiesta al ministro dell’Interno Angelino Alfano di prendere le distanze dalle politiche annunciate dal ministro dell’Integrazione sul riconoscimento dello ius soli e sull’abolizione del reato di clandestinità oltre bloccare i nuovi arrivi con azioni preventive sulla scorta di quanto fatto da Roberto Maroni quando era titolare del Viminale.

La NASA afferma in modo assoluto che l’anidride carbonica (CO2) è un raffreddante globale che raffredda la ter ra in grande misura.

Potete scommetterci che gli scienziati della NASA hanno anche progettato, costruito, lanciato e piazziato nell’orbita terrestre  un macchinario satellitare  che provi tutto questo. Quindi eccoci… in aggiunta la Terra non non è diventata piu’ calda, negli ultimi 17 anni.

 Finalmente la NASA ha staccato la spina sulla grande balla di Al Gore e ha posto fine alla  farsa gigantesca e mondile  della CO2.

 Questa “scoperta” sulla CO2 non è nulla di nuovo, è fatto molto noto tra gli scienziati che non sono al soldo di Al Gore. Anche i Gore-isti probabilmente lo sanno ma il denaro era troppo… interessante per perderlo. Inoltre, non c’è niente da fsare se non starsene seduti, inventare storie folli e raccontare fandonie.

Great “job”…. un gran bel lavoro se vi piacciono queste cose.

Perchè  Gore lo ha fatto?

Se seguite il denaro, Gore, un politico in carriera, ora ha una rete che vale circa da 200 a 300 milioni di dollari . E’ un aumento stratosferico di circa 1 milione di dollari nel 2000

Nel Tennessee ci sono aziende, sia private che pubbliche, che devono la loro esistenza a  Gore Jr. o al babbo…Gore Sr…

 >>> tutto l’articolo qui: http://chemtrailsplanet.net/2013/06/29/nasa-discovers-carbon-dioxide-is-a-coolant-destroys-globalists-warming-myth/

 SI VEDANO ANCHE:

 LE MENZOGNE SUL CLIMA

PAURE & SCIOGLIMENTO DEL GHIACCIO ARTICO…

http://saluteolistica.blogspot.it/2013/07/la-nasa-scopre-che-lanidride-carbonica.html

Lampedusa, un bel tuffo nella demagogia

di: carlo tata
8 luglio 2013

Il messaggio che viene dal Vaticano è alquanto contraddittorio e bagnato di demagogia. Da una parte si piangono i morti di coloro che non ce la fanno a raggiungere le coste di Lampedusa, dall’altra si cacciano i barboni e gli zingari dalle chiese. La visita del papa nell’isola delle Pelagie non può essere accolta come un messaggio positivo per sollevare il problema della solidarietà e dell’integrazione degli immigrati. Il pontefice ha in pratica rimproverato tutti noi italiani di nutrire totale indifferenza al fenomeno degli sbarchi. Eppure le nostre forze militari di stanza nel Mediterraneo non fanno altro che andare a soccorrere barconi alla deriva portando in salvo queste persone.
Di quale colpa ci saremmo  macchiati? Forse quella di non dare una casa, un lavoro o un sussidio alle migliaia di immigrati che hanno scelto il nostro Paese? Ma lo sa il papa degli ultimi che anche tanti nostri connazionali stanno scivolando nel baratro della disperazione? Anche sul nostro territorio ci sono tante Lampedusa, con imprese che muoiono o localizzano e con migliaia di lavoratori abbandonati a se stessi e in qualche caso costretti a salire sui tetti, a carcerarsi nell’isola dell’Asinara in segno di protesta come nel caso della Vinyls o dell’Alcoa, e a suicidarsi come atto estremo. Eh già il papa non vive di questi orpelli terreni. A lui fa male vedere che la gente ambisca al benessere, al miglioramento delle proprie condizioni di vita, al sogno terreno di una casa dignitosa e magari di una macchina bella. Eh già questi sono beni terreni che cozzano con la sua filosofia di vita. Egli sta con gli ultimi, sferzando gli altri a spogliarsi di tutto e dando tutto se stessi all’assistenza degli altri ma si dimentica di sé stesso. Egli è il massimo esponente di una Chiesa che ancora oggi è considerata la massima espressione della ricchezza,  non sempre limpida. E ci viene pure a fare la romanzina. Se davvero la sua filosofia di vita è quella di servire gli altri e spogliarsi di tutti i beni non capiamo perché non abbia scelto di fare il missionario. Questa, infatti, sarebbe una scelta di vita attinente alle sue prediche. Altrimenti è pura demagogia. Basti pensare alle sciocchezze di quanto detto nella riunione con seminaristi e novizie. “Fa male pensare ai preti con auto di lusso” questa una delle frasi celebri di questo papa demagogo. Perché, a suo dire, con questi soldi si potrebbero salvare tanti bambini che muoiono di fame. Siamo davvero all’ipocrisia pura. Quindi secondo la logica del suo discorso tutti coloro che hanno messo su un piccolo o grande patrimonio dovrebbero spogliarsi di tutto a vantaggio degli ultimi. Da quale mondo delle favole è uscito questo papa? Non si tratta certo di un novello San Francesco ma di un figlio dorato di quel reame che si chiama Vaticano che ha fatto della ricchezza e dell’ostentazione una virtù. Fa male, – parafrasando la sua frase infelice -, vedere il papa e gli alti prelati vivere in una sorta di castello dalle mille stanze e dalle abbondanti libazioni e pantagrueliche mangiate. Per essere coerenti con le proprie visioni di vita occorre fare ben altri passi in questa direzione che non quelli di una visita a Lampedusa, oltretutto in spregio delle leggi dello Stato italiano. Quando ci si richiama ad una vita più sobria e povera occorre dare seguito alle proprie parole. Perché non lascia le pregevoli stanze vaticane agli immigrati e ai rom, scegliendo magari un due stanze sobrio e parco nella zona di Tor Bella Monaca? Di questo passo poi diventa anche difficile stabilire quali siano i paletti di una vita sobria e morigerata. Seguendo la logica del papa potremmo anche dire che “fa male vedere” un presidente della Repubblica adagiarsi nella costosa dimora del Colle che costa agli italiani oltre 200 milioni di euro l’anno. Anch’egli potrebbe trasferirsi in un alloggio più sobrio e meno costoso. Come “fa male vedere” le belle ville di cantanti, attori e paperoni vari che ostentano la propria agiatezza mentre gli immigrati dormono nel Cie. E il traghettamento verso una povertà sobria e livellata potrebbe valere per tutti. Magari il nostro futuro è nell’Africa, in una bella capanna di paglia. O anche questo è un inulto alla povertà? Logicamente ci piace giocare con le parole e con i paradossi, però quando sentiamo certi demagoghi non ne possiamo fare a meno. L’uomo è fatto di sogni non di penitenza e miseria. Insomma un papa del genere proprio non ci piace. Ogni sua parola, ogni suo atto, ogni suo appuntamento è suggellato da una spasmodica forma di dimostrare quello che non è. Né egli né tantomeno la madre Chiesa. E poi i paletti mal si addicono. L’uomo ambisce ad un lavoro ben retribuito, ad una bella casa e ad una bella famiglia cui non far possibilmente mancare nulla. E se poi riesce a passare dalla Topolino alla Ferrari questo non è un male… ma rientra nello spirito di vita.
Anche i lampedusani in fatto di ipocrisia hanno le reti piene. Nel 2011 si lamentavano contro gli immigrati che giravano per le strade dell’isola chiedendo sigarette, soldi e in qualche caso rubando nelle loro case, oggi festeggiano il papa che molto probabilmente favorirà altri sbarchi. Due sono le cose: o si è a favore dell’immigrazione o si è contro le porte aperte. Se si è a favore non ci si può poi lamentare, pensando agli incassi derivanti dalla presenza dei turisti danarosi. Molto probabilmente loro vogliono trasferire nella terraferma un problema generale che riguarda non solo l’Italia ma l’Europa intera. Ma con le catene europee che abbiamo difficilmente potremmo tornare a galla.
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21893#sthash.r6qyr76Q.dpuf

L’Italia e la Politica del Disfare – Seconda Parte. Lo Scandalo del Piano di Razionalizzazione delle Spese Ministeri ali

Lunedì, Luglio 8th/ 2013

 L’Inganno del bluff sulla Legge 296/2006 e del presunto Taglio agli Sprechi…Le spese aumentano. Vedi F35. L’Analisi di Qui Europa:

La lente d’ingrandimento di Alessandro Mauceri sulla politica del nulla del Governo Letta

 Il Decreto del “Misterioso Fare”

 Roma – Uno dei fondamenti che sono alla base delle leggi di tutti i Paesi  del mondo, o almeno di quelli che si proclamano “democratici”, è il rispetto delle regole. Sono regole che valgono per tutti e che tutti devono rispettare. Forse è stato proprio questo il motivo che ha fatto si che notizie come quelle di Wikileaks o quelle relative al Datagate destassero tanto clamore: qualcuno aveva violato le regole e lo aveva fatto all’insaputa di tutti. Da molto tempo ormai, da  millenni, la verità è che chi governa gestisce la cosa comune senza rispettare le regole che ha imposto. Le regole valgono per tutti, ma non per chi le ha scritte e ha preteso che gli altri le rispettassero. È stato facile trovare di volta in voltala giusta giustificazione (in realtà quasi sempre vere e proprie scuse). Alcune volte, invece, si è semplicemente deciso di fare ciò che si voleva e basta. Gli esempi non mancano. Da azioni di guerra a veri e propri attacchi ingiustificati a Paesi sovrani (quasi sempre, ma non assolutamente, per meri motivi economici) celati sotto l’egida di “missioni di pace”, alla persistente e continua distruzione dell’ambiente e delle risorse naturali nascosta dietro la necessità di garantire la crescita di questo o quel Paese.

 Chi Governa ha sempre fatto quel che voleva fare

 In realtà chi governa ha sempre fatto quello che voleva FARE. Sin dal suo insediamento, il governo Letta ha tenuto a sottolineare l’attenzione dei media sul fatto che, per salvare l’Italia, era necessario FARE alcune cose. Per FARE queste cose ha immediatamente definito un iter procedurale complesso e abbastanza lungo(ma non erano misure urgenti?). Iter che per FARE altre cose, invece, forse ritenute particolarmente urgenti (o forse per FARE un favore ai partiti) non ha deciso di seguire. Così il governo del FARE ha deciso che l’Italia doveva (finalmente) FARE a meno della legge che prevede finanziamenti elettorali ai partiti, ma contemporaneamente si è affrettato a FARE in modo che venisse subito approvata un norma che consentiva ai partiti di FARE cassa grazie a benefici di ogni tipo e contributi teoricamente pari al triplo di quelle appena abrogate (Vedi articolo in allegato –Italia, La Voglia di Disfare del Governo Letta – Prima Parte).

 Politica del Disfare – gli F35  lievitano…

 Letta aveva promesso che il suo governo si sarebbe prodigato per FARE il “proprio dovere” (nel senso più nobile del termine). Ma forse, almeno stando ai fatti, non è stato così. I ministri del governo Letta, forse presi dalla foga del FARE una legge che tutelasse i partiti, oppure distratti dalle difficoltà di trovare i fondi per FARE un “decreto del FARE” che ha sollevato più critiche e polemiche che benefici, o forse distratti dalle polemiche nate a seguito della proposta del Ministro della Difesa, Mario Mauro, di FARE acquistare al nostro Paese non più solo 90, ma 130 F35 (da molti ritenuti difettosi, inutili e pericolosi per la sicurezza del nostro Paese, ma ce ne occuperemo in altra sede), i ministri del FARE hanno dimenticato di FARE ciò che la legge diceva loro di FARE. E a non FARE ciò che doveva non è stato uno solo di loro, ma tutti (fatta eccezione per due dicasteri, Salute e Difesa). E mentre i giornali concentravano l’attenzione dei lettori su come FARE per trasferire questo o quel calciatore da una squadra all’altra, dimenticavano di FARE sapere agli Italiani che la possibilità di spendere meno soldi grazie alla riduzione delle spese della pubblica amministrazione è andata probabilmente in fumo.

 L’Inganno della L.296

 L’art. 1, comma 412, della legge 27 dicembre 2006, n.296 (le cui linee guida sono state approvate con il D.P.C.M. del 13 aprile 2007), infatti, imporrebbe (il condizionale è d’obbligo in questo caso) ai ministri di FARE sapere al Parlamento, entro e non oltre il 15 Giugno di ogni anno, il proprio piano per la razionalizzazione e l’ottimizzazione delle spese e dei costi del proprio funzionamento. Il documento dovrebbe poi essere valutato da una Commissione ad hoc e quindi approvato dal Parlamento. Sorprendentemente i ministri del governo del FARE hanno dimenticato di FARE questa comunicazione. Qualcuno potrebbe dire: “Vabbè, poco importa…”.

 Senza questa relazione è tutto un Bluff

 In realtà, senza questa relazione non è possibile FARE un’analisi sui costi dei ministeri. E, di conseguenza, non possibile fare i tagli alla spesa che consentirebbero di ridurre la pressione fiscale sugli Italiani. Infatti la spesa totale per i ministeri, in base all’ultimo dossier del servizio bilancio del Senato, ammonta a ben 283 miliardi di Euro. Quasi metà di questi, cioè circa 108 miliardi di Euro, servirebbe “solo” a FARE funzionare i ministeri. E alcune delle spese appaiono davvero esagerate, almeno ad una prima analisi. Ad esempio lo scorso anno il Ministero dell’Istruzione ha speso per FARE funzionare scuole paritarie e università private oltre 350 milioni di Euro. Il Ministero dell’Interno ha speso 54 milioni di Euro per la protezione dei collaboratori di giustizia e 200 milioni per i servizi di accoglienza a stranieri.

 Gli Scandali dei Ministeri  che continuano a reiterarsi nel silenzio

 Il Ministero della Giustizia, solo per le intercettazioni, ha speso ben 848 milioni di euro. Ma non bastava chiedere all’NSA degli alleati americani? E così scorrendo, il Ministero degli Esteri ha destinato 579 milioni, quasi un terzo del suo bilancio, al funzionamento delle sedi estere e altri 461 milioni per i contributi ad“organismi internazionali”. FARE l’elenco completo sarebbe troppo lungo. Appare evidente, però, che se il governo avesse provveduto a FARE i tagli alle spese che la normativa vigente prevede, probabilmente il “decreto del FARE” sarebbe potuto essere meno pesante per le casse degli Italiani. E con i soldi risparmiati, forse gli Italiani avrebbero potuto FARE qualcosa per rilanciare l’economia…. Signoraggio rubato e interessi usurocratici pari a 100 miliardi di euro l’anno, a parte. S’intende!

 Hanno deciso di non Fare Nulla

 E invece cosa hanno deciso di FARE i ministri FARE? Semplice hanno deciso di non FARE niente; e hanno evitato di FARE la comunicazione, dovuta, alle Camere e alle Commissioni competenti. In questo modo non verranno effettuati i tagli ai ministeri. La povera presidente della Camera, Laura Boldrini, non ha potuto FARE altro che di chiedere al ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, di sollecitare i propri colleghi. Purtroppo, questo invito, vista la trafila di solleciti, istanze e lettere da FARE, probabilmente servirà a poco.

 Hanno Fatto qualcosa: una gravissima mancanza politica

 La conclusione è che il nuovo governo, tanto per FARE qualcosa di diverso, ha generato una grave mancanza politica. Ha dimenticato che compito del governo, in una vera democrazia, è rendere conto di ciò che viene fatto al popolo, sempre e comunque. E invece indovinate a chi toccherà fare altri sacrifici per rimediare a questa dimenticanza? Ai cittadini. Eppure sarebbe bastato che il governo del FARE, facesse, se non il massimo, almeno il dovuto. Sì perché, in definitiva, è facile dire agli altri cosa FARE e FARE di tutto per FARE rispettare agli altri leggi e tempistiche (minacciando moratorie e sanzioni con multe salatissime). Al massimo, se chi governa dimenticherà di FARE quello che deve FARE, saranno i cittadini a FARE i salti mortali per FARE quadrare i conti, e non solo quelli dei ministeri, ma, prima di tutto, quelli di casa.

 C. Alessandro Mauceri  (Copyright © 2013 Qui Europa)

http://www.quieuropa.it/litalia-e-la-politica-del-disfare-seconda-parte-lo-scandalo-del-piano-di-razionalizzazione-delle-spese-ministeriali/

Prostituta come una lavoratrice dipendente: storica sentenza in Brasile

Diventata tetraplegica dopo una brutta caduta, il proprietario del locale dove si prostituiva è stato condannato a un pesante risarcimento. La decisione del tribunale potrebbe riaprire la discussione sulla legalizzazione. E in Italia?
Una prostituta come una lavoratrice dipendente? Sì, almeno in Brasile. Una storica sentenza di un tribunale di Campinas, nello stato di San Paolo, ha infatti equiparato le due figure e condannato in primo grado il proprietario di un locale di strip tease a un pesante risarcimento.

Questa la vicenda: la ragazza si prostituiva, illegalmente, nel locale a luci rosse. In seguito a una brutta caduta, la ragazza è rimasta tetraplegica e ha deciso di fare causa al proprietario del night club. Essendo stata equiparata a una lavoratrice dipendente, il giudice Ana Claudia Torres Vianna ha imposto al proprietario di risarcire la ragazza con 200mila reais, circa 70 mila euro. Ma non solo: la sentenza prevede anche il pagamento di ferie, il tfr e la tredicesima. Di fatto la ragazza viene assunta regolarmente a posteriori.

La buona notizia sta anche nel fatto che il datore di lavoro ha accettato la decisione del giudice e ha annunciato che non farà ricorso e darà alla ragazza quanto chiesto dal tribunale. Certo, la sentenza non dà il via libera alla legalizzazione della prostituzione, ma fa un primo passo in quella direzione.

Direzione dalla quale siamo ancora molto lontani in Italia, anche se in periodo di crisi non sono pochi coloro che pensano che legalizzare la prostituzione e riaprire quindi le case chiuse sarebbe una buona soluzione per portare un po’ di soldi nelle casse dello Stato.

In particolare questa è una battaglia portata avanti da tempo dal capogruppo della Lega Nord al Senato Massimo Bitonci: “Non ha più alcun senso nascondersi dietro ipocrisie e tabù. La prostituzione è un fenomeno che esiste da sempre e il 75% degli italiani è favorevole alla sua regolamentazione anche per fermare ogni sfruttamento e violenza”.

Gallery: cosa potrebbe tassare il governo per evitare l’aumento dell’Iva

Una battaglia che Bitonci porta avanti da sempre, ma senza ottenere grandi risultati, e che si basa su una semplice considerazione: la prostituzione è sempre esistita, sempre esisterà e quindi tanto vale legalizzarla.

“E’ tempo di abbandonare la demagogia e un certo bieco moralismo, non serve nascondere la testa sotto la sabbia. La nostra proposta è molto semplice e di buon senso: legalizzare la prostituzione vuol dire eliminare lo sfruttamento che ora dilaga, togliere le donne dalla strada, proteggere le minori, salvaguardare la salute e combattere la criminalità organizzata che oggi prospera attorno allo sfruttamento”, spiega il leghista.

Ma sono anche i risvolti pratici che la legalizzazione della prostituzione ad avere un certo peso: “Si tratta di un giro d’affari enorme. Per Stato ed enti locali significa incassare abbastanza risorse per evitare non solo ulteriori aumenti delle tasse ma anche per abbassare una serie di imposte, dal prossimo rincaro dell’Iva, all’Imu o alla Tares”.

Chissà se la decisione presa in Brasile non porti novità su questo fronte anche al di qua dell’Oceano.
http://it.notizie.yahoo.com/prostituta-come-una-lavoratrice-dipendente–storica-sentenza-in-brasile-094427792.html

Epifani: 4700€ di indennità per 3 ore di lavoro. Al minuto guada gna più di Pirlo

come un operaio no?

 epifani

Il segretario pd ha presieduto la Commissione Attività produttive alla Camera appena due volte: in tutto meno di tre ore di lavoro. Ma ha preso 4.700 euro d’indennità.

 Nella grafica di Libero veniamo ad apprendere l’incredibile media di guadagno al minuto di Epifani in veste di presidente di commissione. Noi avevamo già scritto delmega stipendio di Epifani: 18000€ al mese

 Dagli inizi di maggio la commissione attività produttive della Camera ha lavorato 2.875 minuti (circa 50 minuti al giorno). Ma Epifani che ne è presidente non si è mai visto: ha presieduto per 190 minuti (il 6,60% del tempo totale).Tra l’altro 90 di quei minuti si riferiscono a prima che divenisse segretario Pd.

 

epifani

Epifani non ha brillato nemmeno in aula. A maggio ha presenziato al 40,58% delle votazioni, si è fatto mettere in missione nell’8,70% dei casi ed è stato assente ingiustificato il 50,72% delle volte.

 Altro che Cavani e Balotelli, un vero fenomeno strapagato

 Fonte: http://www.ilradar.com/epifani-4700e-di-indennita-per-3-ore-di-lavoro-al-minuto-guadagna-piu-di-pirlo/