Battista l’alchimista

Battista l’alchimista 

Pubblicato 7 luglio 2013 – 16.40 – Da Claudio Messora

 Parlare dello scandalo dei rimborsi pubblici, in maniera inevitabilmente critica, senza menzionare neppure incidentalmente il Movimento 5 Stelle, è come parlare della Rivoluzione Francese senza nominare mai Maximilien de Robespierre. O, se volete, è come raccontare la storia della conquista dello spazio senza citare mai Yuri Gagarin, o ancora è come redigere un bigino sull’evoluzione della civiltà sorvolando sulla Grecia e su tutti i suoi pensatori. Esiste un solo editore al mondo che investirebbe un solo centesimo per avere un autore che pubblicasse libri così? E voi ci spendereste un soldo bucato?

 Eppure, ci sono editori che pubblicano giornalisti che scrivono cose come quelle che ha scritto Pierluigi Battista oggi sul Corriere. Un intero articolo sulla lotta al finanziamento pubblico ai partiti riuscendo nell’improbabile impresa di non riferirsi mai, manco per sbaglio, nemmeno per un giramento di testa momentaneo, magari per uno svarione dell’ultimo minuto dovuto al caldo, a chi non solo ha fatto quella rivoluzione, ma ha rinunciato a oltre 70 milioni di rimborsi elettorali: l’anomalia nel segnale televisivo che disturba un’immagine da risintonizzare, la sbavatura sui libri di storia da correggere con le seconda edizione ritirando tutte le copie della prima, il trojan nel sistema, la variabile aleatoria che scombina l’output previsto, signori e signori: il Movimento 5 Stelle (tre parole cancellate perfino dal vocabolario e sostituite da riferimenti indiretti alle voci: “diaria”, “rendicontazione”, “dissidenti”, “democrazia interna”). Quella robetta insignificante da 25% di consenso elettorale, cui il Pigi si riferisce (in maniera dispregiativa) solo quando dice che l’abolizione dei contributi statali avrebbe dovuto essere “la risposta ai venti dell’antipolitica”. Come se quei venti non fossero gli stessi che hanno increspato i mari e sollevato onde che stanno ripulendo spiagge che se ora tutti vogliono vedere più pulite è solo perché quei venti hanno soffiato, e dunque la risposta va data a chi sporca, a chi inquina, a chi sversa carburanti nelle acque, scarica liquami, svuota serbatoi, smaltisce sottoprodotti chimici derivanti dalle lavorazioni industriali che distruggono l’ecosistema, non ai venti che soffiano (sempre siano benedetti).

 Sono in molti a parlare male del Pigi, ma il Pigi va anzi rivalutato. E’ uno scienziato. Un alchimista che trasforma la realtà in qualcosa di meravigliosamente diverso. Ci vuole del metodo e tutto il rigore scientifico di un ricercatore o di un monaco per distillare prodotti così perfetti, depurati da ogni contaminazione sconveniente, distillati mediante una serie di complessi alambicchi al fine di eliminare ogni impurità e cancellare dalla storia ogni riferimento alla vita reale. Roba che  il Ministero della Verità di orwelliana memoria al Pigi gli fa una pippa. Ma pure a chi gli fa pubblicare queste cose senza chiamarlo in presidenza a chiedergliene conto.

 La riprova? Per mesi avete visto, letto e sentito solo di scontrini, diarie e rendicontazioni. Come se i cinque stelle in Parlamento facessero solo quello e non fosse viceversa un argomento di discussione in qualche assemblea convocata dopo l’orario di lavoro e protrattasi perciò talvolta fino a ben oltre la mezzanotte, nella quale tra l’altro non si discuteva se restituire o meno la metà dell’indennità (lo stipendio di base), su cui nessuno ha mai avuto neppure mezzo dubbio, ma quella parte della diaria non spesa, che a testa poteva valere anche cento, duecento euro, se non addirittura zero. Ecco, questo era il problema dell’Italia per i giornalisti, questi erano i titoli che campeggiavano sulle prime pagine dei giornali (negli stessi giorni il Movimento 5 Stelle costringeva il Governo a privilegiare le aziende nella prima tranche di pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, a discapito per una volta delle banche, ma questa non era una notizia). E dunque, se questo era il problema dell’Italia, se questi erano i più che giustificati lanci delle prime pagine, ci si sarebbe aspettato che quando questo problema fosse finalmente stato risolto, la stampa tutta avrebbe tirato un bel sospiro di sollievo, dando pari risalto alla soluzione del caso rispetto alla sua denuncia, magari pubblicando edizioni speciali da far rilanciare agli strilloni per strada, con profusione di mea culpa, genuflessioni dell’ultimo minuto, autoflagellazioni per avere infangato 163 eletti del popolo e tutti i loro elettori, e magari – perché no – anche qualche conversione sulla via di Damasco.

 Invece, quando giovedì scorso il Movimento 5 Stelle è uscito in piazza Montecitorio, tra la gente, srotolando un bell’assegnone da quasi un milione e seicentomila euro, dove tutti i parlamentari M5S hanno fatto confluire la restituzione pattuita di metà dello stipendio, delle eccedenze delle diarie e di tutte le indennità di carica, quelle stesse prime pagine che per mesi avevano titolato di catastrofi, terremoti e tragedie, che avevano screditato, diffamato, stravolto la realtà delle cose, annunciato sciagure, fatto previsioni sull’uscita di decine e decine di dissidenti, declamando l’epitaffio ricamato e infiorettato con le penne e con l’inchiostro pagati con i soldi pubblici e apposto sulla fine, sulla disgregazione del Movimento 5 Stelle, ebbene… su quelle stesse prime pagine neppure una riga. Neppure una riga sulla prima pagina del Corriere della Sera. Una riga e mezzo, più o meno, sulla prima pagina di Repubblica.

 Ma voi continuate pure a pensare che i Cinque Stelle si occupino solo di scontrini. Intanto che pensate, fatevi anche due conti: con oltre 70 milioni di euro di rimborsi elettorali e con un milione e mezzo di euro risparmiati ogni 3/4 mesi (se non venissero restituiti al fondo di ammortamento del debito pubblico), lo sapete quante televisioni e quanti giornali ci si potrebbe comprare, il Movimento Cinque Stelle?  Tanti che domani mattina perfino il Pigi inizierebbe a scrivere che l’unica soluzione per il paese è Grillo.

 p.s. la risposta del grande e raffinato editorialista del Corriere:

 

IL REATO DI ALLEVIARE LA POVERTÀ: LA VALUTA DI UNA COMUNITÀ LOCA LE COMBATTE LA BANCA CENTRALE DEL KENYA

DI ELLEN BROWN

webofdebt.wordpress.com

 L’ex volontario delle Forze di Pace Will Ruddick e diversi altri cittadini di Bangladesh (Kenya) rischiano sette anni di prigione per aver messo a punto un modo efficace per alleviare la povertà nelle più povere comunità africane. La soluzione da loro elaborata: una valuta complementare emessa e garantita dalla comunità locale.

La Banca Centrale del Kenya ha già sporto denuncia di contraffazione valutaria.

 Le valute complementari possono contribuire realmente a ridurre la povertà. E’ difficile riuscire a dimostrare questa cosa nelle economie complesse, a causa dei numerosi fattori che influenzano i risultati. Ma in un piccolo villaggio africano che detiene un’infinitesima parte della valuta nazionale, fornire ai residenti una valuta alternativa non può che avere un effetto positivo ovvio, immediato e indiscutibile.

 Questo è stato dimostrato chiaramente (1) quando Will Ruddick, un medico, economista ed ex-volontario delle Forze di Pace americano, introdusse una valuta complementare in un piccolo insediamento in Kenya chiamato Bangladesh, vicino alla città costiera Mombasa.

 L’organizzazione di sviluppo locale di Will, Koru-Kenya (2), ha lavorato insieme a più di cento piccole imprese locali di Bangladesh, che si erano accordate nel riconoscersi reciprocamente l’equivalente di 400 scellini (circa €3.5 o $4.60) di credito reciproco, sotto forma di voucher commerciali chiamati Bangla-Pesa (3). Metà di questi voucher sarebbero stati disponibili per l’acquisto reciproco di prodotti e servizi, e l’altra metà sarebbe servita a finanziare progetti pubblici per la comunità, come raccolta dei rifiuti e servizi sanitari.

 Le assegnazioni delle risorse furono decise in modo democratico e trasparente, e la nuova valuta fu completamente finanziata dalla comunità locale stessa e assicurata da un sistema di garanti, senza alcun esborso o avallo da parte del governo del Kenya o di un’agenzia di sviluppo nazionale.

 Il progetto fu avviato in Maggio 2013 ed ebbe come effetto immediato un aumento del 22% delle vendite. Questo corrispose a un incremento dei profitti e del potere d’acquisto del 22%.

 Gli scambi erano di beni e servizi che senza la presenza di una valuta alternativa sarebbero stati non utilizzati o sprecati, e non perché non fossero commerciabili, ma perché i potenziali acquirenti non avevano il denaro per poterli acquistare.

 L’introduzione del Bangla-Pesa riuscì a dare un forte e decisivo impulso all’economia locale, creando un link diretto tra la comunità e le sue risorse, senza il vincolo di quel pezzo di carta chiamato “denaro”. A questo indirizzo internet : link (4) potete trovare un video molto significativo su questo progetto.v Il successo dell’esperimento di Bangladesh ha suscitato il plauso dalle Nazioni Unite, dell’Aja (5) e dell’ Associazione Internazionale dello Scambio Reciproco (6). Bisogna dirlo: nessun altro programma di riduzione della povertà di governi locali può competere con l’efficacia di un simile approccio che, oltretutto, è facilmente replicabile in innumerevoli piccole altre comunità africane. Il progetto era di estenderlo ad altri villaggi in maniera semplice e democratica, così da creare uno strumento locale di scambio per la gente di tutto il continente.

Tutto avviene tramite telefoni cellulari con un sistema fornito da Community Forge, (7) un’organizzazione con sede a Ginevra che sostiene lo sviluppo delle valute locali in tutto il mondo.

 Ma il piano fu inspiegabilmente interrotto il 29 maggio scorso, quando Will e cinque altri partecipanti al progetto sono stati arrestati dalla polizia del Kenya e messi in prigione. Oltre a Will, che è sposato con una donna del Kenya impegnata in attività umanitarie ed è padre da poco, tra gli altri arrestati ci sono due piccoli imprenditori locali (genitori e nonni), un giovane attivista, una mamma volontaria e il tutore di sette orfani. (8)

 All’inizio la polizia ha accusato il gruppo di ordire un complotto per capovolgere il governo, sostenendo che il Bangla-Pesa fosse collegato al MRC, un gruppo di terroristi secessionisti.

 Quando tale collegamento si dimostrò infondato, entrò in scena la Banca Centrale del Kenya con le sue accuse formali di falsificazione valutaria. Will e i suoi compagni di sventura per ora sono stati rilasciati dietro una cauzione di 5,000 euro e sono in attesa del processo, previsto per il 17 luglio prossimo. Se saranno condannati, li attendono sette anni di reclusione in Kenya.

 Ma nonostante la difficile situazione, Will rimane ottimista: “La cosa più emozionante” dice “è che questi sistemi hanno dimostrato la capacità di ridurre la povertà – e la mia speranza è che dopo questa vicenda sarà permesso di estenderli a tutti i paesi e i villaggi del Kenya. Ormai l’uso delle valute complementari sarà affermato e riconosciuto come ottimo strumento per combattere la povertà, non ci saranno più dubbi al riguardo”.

 Precedenti casi di successo, dalla Svizzera al Brasile

 Le valute complementari sono adottate da diversi governi del mondo. Il sistema più antico e diffuso è il WIR della Svizzera, un sistema di scambio tra 60,000 imprenditori – in pratica più del 20% di tutto il sistema di imprese svizzero (http://www.americantradesystem.com/WIR_Bank.htm). Questo tipo di valute hanno dimostrato di avere un effetto anti-ciclico che contribuisce a stabilizzare l’economia Svizzera, rendendo disponibili liquidi e prestiti in quei momenti in cui scarseggia per le piccole imprese il credito convenzionale. Il Brasile è un leader mondiale nell’uso delle valute complementari mirate alla riduzione della povertà. Un fatto interessante è che la sua esperienza è iniziata più o meno nello stesso modo che per il Kenya: la più famosa valuta alternativa del paese, chiamata “Palmas”, rischiò di essere soppressa sul nascere per mano della Banca Centrale del Brasile. Come andarono i fatti ce lo raccontano Margrit Kennedy e i co-autori di People Money:(9)

 “Dopo l’emissione delle prime Palmas nel 2003, l’organizzatore locale Joaquim Melo fu arrestato per sospetto riciclaggio di denaro in banche non ufficiali. La Banca Centrale del paese avviò un’azione legale contro di lui, sostenendo che la sua banca stesse coniando denaro falso.

Gli accusati chiesero aiuto per la difesa a testimoni esperti del settore, come l’organizzazione olandese per lo sviluppo “STRO”. Infine, il giudice stabilì che era un diritto costituzionale dei cittadini avere accesso alla finanza e che la Banca Centrale stesse facendo ben poco per quelle aree povere del paese che utilizzavano le valute locali. Emise quindi un giudizio a favore del Banco Palmas.

Ciò che avvenne dopo mostra il grande potere che ha il dialogo. La Banca Centrale creò un gruppo di riflessione e invitò Joaquim a unirsi alle discussioni per capire come poter aiutare la gente più povera. Il Banco Palmas creò quindi l’Istituto Palmas per condividere e diffondere la sua metodologia tra altre comunità e nel 2005 il ministro per “l’economia solidale” creò una partnership con l’Istituto per finanziare la diffusione del metodo. Il sostegno alle banche per lo sviluppo locale che emettono nuove valute fa parte ormai delle politiche di stato.

 Il dibattito legale: Credito Reciproco o Contraffazione valutaria?

 Se il tribunale del Kenya seguisse l’esempio del Brasile, questo potrebbe essere l’inizio di un approccio molto promettente nella lotta alla povertà in Africa. Il Bangla-Pesa era finanziato da risorse locali, e i locali erano molto felici di averlo per poter far circolare loro prodotti e acquistarne da altri all’interno della loro comunità.

 Tuttavia, se sarà giudicato un caso di falsificazione valutaria, esiste purtroppo un precedente storico che fu duramente punito. Nella metà del diciottesimo secolo, quando la Banca d’Inghilterra era detenuta da privati e aveva il diritto esclusivo di emettere la valuta nazionale, la falsificazione delle banconote della Banca d’Inghilterra era considerata un crimine punibile con la pena di morte.(10) Erano i tempi in cui sono ambientate le storie di Charles Dickens “Tale of Two Cities e di “Bleak House”, tempi in cui l’aver affiancato alla valuta nazionale una valuta alternativa avrebbe certamente aiutato a sollevare le masse dalla profonda povertà in cui versavano; ma era proprio interesse della Banca controllare il mercato valutario e mantenerlo “scarso”, proprio per garantire una costante richiesta di prestiti.

 Quando nel sistema scarseggia il denaro necessario per soddisfare le esigenze di scambi commerciali, le persone devono contrarre dei prestiti dalle banche pagando degli interessi, assicurando così un bel profitto alle banche stesse. E’ vero anche il contrario: quando gira denaro sufficiente per coprire le esigenze di scambio, cala drasticamente il livello dei debiti e della povertà. In questo caso, il voucher Bangla-Pesa non ha niente a che vedere con una falsificazione della valuta nazionale. Quindi, le accuse fatte sono del tutto infondate.

 Lo scopo delle valute complementari, come dice il loro stesso nome, non è di imitare o competere con la valuta nazionale, ma di completarla, permettendo un aumento degli scambi commerciali di prodotti e servizi disponibili nelle comunità locali, prodotti e servizi che, altrimenti, sarebbero rimasti invenduti e sprecati. Oggi, la Banca d’Inghilterra stessa riconosce ufficialmente il ruolo di complementarietà di queste valute(http://www.bankofengland.co.uk/banknotes/Pages/localcurrencies/default.aspx).

 L’esperienza del Bangla-Pesa dimostra quello che la classe politica spesso ignora: il Prodotto Interno Lordo è misurato in beni e servizi venduti, non in beni e servizi prodotti; e affinché i prodotti siano venduti, gli acquirenti devono avere il denaro per comprarli. Provate a dare alla gente denaro supplementare da spendere e vedrete che il PIL salirà. (In Kenya, dove quasi la metà della popolazione vive in stato di povertà e di disoccupazione estrema, gli aumenti del PIL riflettono più le pratiche estrattive che le condizioni locali).

 Un’idea diffusa è che aumentando gli strumenti di scambio si avrà come unico effetto la svalutazione monetaria e l’aumento dei prezzi; ma i dati mostrano che questo non avviene se prodotti e servizi restano invenduti e i lavoratori rimangono disoccupati. Aggiungere liquidità, in circostanze del genere, dà impulso alle vendite, alla produttività e all’occupazione, più che ai prezzi.

 Questo è stato dimostrato in un grande esperimento condotto in Argentina nel 1995, un momento in cui il paese era colpito da una grave crisi bancaria. La mancanza di fiducia nel Peso e la fuga di capitali provocò l’assalto alle banche da parte dei risparmiatori, tale da fargli praticamente chiudere i battenti in poco tempo. Quando iniziò a scarseggiare la valuta nazionale, la gente rispose creandosela da sola. Queste valute locali pian piano si evolvettero nel Global Exchange Network (Red Global de Trueque, detto anche RGT), che alla fine divenne la più vasta rete di valute locali nel mondo. Il modello si diffuse in tutta l’ America centrale e meridionale, raggiungendo i sette milioni di membri e un giro d’affari di milioni e milioni di dollari USA l’anno. A livello locale, anche le province in cui scarseggiava la valuta nazionale, ricorsero all’emissione di una loro “moneta”, pagando gli impiegati con ricevute cartacee chiamate “Buoni di Cancellazione di Debiti”, in unità valutaria uguale al Peso Argentino.

 Anche se tutte queste misure aumentarono la quantità di denaro in circolazione, i prezzi non salirono. Al contrario, in alcune province che adottavano oltre alla valuta nazionale quella locale, i prezzi addirittura calarono (11) rispetto ad altre province argentine. I sistemi locali di scambio permettevano la commercializzazione di quei beni e servizi che altrimenti non avrebbero avuto alcun mercato.

 Anche a Bangladesh si sono riscontrati questi effetti positivi. “Con il Bangla-Pesa,” dice Ruddick, “abbiamo notato che un credito circolante senza interessi, finanziato dalla comunità locale è uno strumento economico ed efficace per aumentare la liquidità locale e ridurre la povertà”.

Gli accusati quindi devono riuscire a dimostrarlo in tribunale. E’ stata organizzata una raccolta di fondi generale per poter pagare i loro difensori: ecco il link. Per firmare la petizione avviata da una delegazione dell’Aja che sostiene Bangladesh, cliccare qui.

 Ellen Brown è un avvocato, presidente dell’Istituto Bancario Pubblico, autrice di dodici testi, tra cui “La ragnatela del Debito” ed il seguito, di recente pubblicazione: “La soluzione della Banca Pubblica”

 Fonte: http://webofdebt.wordpress.com

Link: http://webofdebt.wordpress.com/2013/06/28/5801/

28.06.2013

 All’articolo ha contribuito anche Jamie Brown

 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

 Le pagine internet di Ellen Brown:

 http://WebofDebt.com

http://PublicBankSolution.com

http://PublicBankingInstitute.org.

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L’URL per questa storia è:

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Costa d’Avorio. Terra dei banditi

mannaggia, eppure il gentile Sarkozy ha mandato i caccia a bombardare la costa d’avorio mentre già si stava prodigando tanto per liberare i poveri libici..che ora vivono felici e sereni sotto il NWO che tanta pace tra le nazioni porta….sarà necessaria aumentare la presenza dei civilizzati e per nulla interessati francesi, tanto l?onu è sempre pronta a benedire le “missioni di pace”. Bisogna armare la pace per amarla disse un militare….pacifista però…

 Si moltiplicano i casi di violenza nel nord del Paese. Due gli attentati nell’ultima settimana 

F.D.

Nel suo recente tour in Africa, il presidente statunitense Barack Obama ha inserito la Costa d’Avorio nell’elenco dei “buoni alunni della democrazia” in Africa. Secondo l’inquilino della Casa Bianca, il governo ivoriano (come quello del Niger, del Ghana e della Sierra Leone) “si sta incamminando verso la direzione giusta di riforme tese a rafforzare istituzioni democratiche”.
La “promozione” di Obama, che ancora una volta sembra ignorare le realtà africane, non è motivata. In Costa d’Avorio, vige la legge del kalashnikov: chi ha un fucile, ha il potere. Il processo di disarmo è fallito. Lo si evince dagli ultimi episodi di violenza che hanno interessato il Paese, proprio nei giorni della visita di Obama che forse non è stato informato di quanto accadeva. Un gendarme è rimasto ucciso e due persone, fra cui un civile, sono state ferite nell’attacco a un convoglio ufficiale di una missione dell’Autorità per il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento degli ex ribelli (Addr). Il suo direttore, Fidèle Sarassoro, è uscito illeso dall’attacco, che si è verificato tra le città di Ferkessédougou e Kong, al nord del Paese.
Fonti di sicurezza locale hanno attribuito la responsabilità dell’assalto a banditi di strada, chiamati “coupeurs de route”, che imperversano nell’instabile regione e che solitamente se la prendono con i civili, derubandoli del poco che possiedono. Nelle stesse ore un commissariato della cittadina di Tengréla, situata ancora più a nord, al confine col Mali, è stato assalito da non meglio identificati uomini armati.
I due episodi di violenza si verificano alla vigilia di una visita ufficiale nel nord del presidente Ouattara, che non è ancora riuscito a ripristinare lo stato di diritto in Costa d’Avorio. Gli ex ribelli delle Forze Nuove che hanno portato al potere Ouattara ( grazie anche al complotto internazionale orchestrato dalla Francia contro il legittimo presidente Gbagbo) sono diventati banditi di strada. Secondo un recente rapporto di Human Rights Watch (Hrw), gli ex combattenti e le forze di sicurezza ( anche loro ex ribelli) hanno allestito blocchi stradali illegali, costringendo i civili a pagare somme di denaro. Sulla carta i blocchi stradali dovrebbero consentire di lottare all’insicurezza, ma di fatto – si legge nel rapporto – “sono diventati un’impresa redditizia e criminale gestita da militari e gendarmi”, denunciando “violenze ai danni dei civili che si rifiutano di pagare” e “ulteriore impoverimento della popolazione”. Per risolvere il problema dell’insicurezza, il governo di Ouattara ha creato la missione dell’Autorità per il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento degli ex ribelli, ma si è rivelato un fallimento.
Tra aprile e giugno centinaia di loro hanno protestato a Bouaké (centro) e a Man (ovest), manifestando rabbia e impazienza per la lentezza nell’attuazione del programma, lanciato lo scorso anno. Il governo si è impegnato a reinserire in strutture militari e paramilitari 35.000 ex-combattenti entro il 2013 e altri 30.000 l’anno prossimo. Un progetto ambizioso che difficilmente verrà messo in pratica.
La questione del disarmo e dell’insicurezza non l’unico problema che il governo di Ouattara sta affrontando. Il suo esecutivo è scosso da nuovi scandali. L’ultimo riguarda la concessione del secondo terminal container del porto assegnato al gruppo francese Bolloré, che in Costa d’Avorio controlla tutto: dall’elettricità all’acqua.
Secondo il ministro del commercio, Jean-Louis Billon, ci sarebbero stati brogli nella gara d’appalto vinto con contratto di oltre 400 milioni di euro da un consorzio formato da due gruppi francesi, Africa Logistics et Bouygues Travaux publics, legato a Balloré, e il gruppo di APM Terminals Maersk Group (Danimarca). L’idea originale era di sviluppare la libera concorrenza nel porto leader in Africa Occidentale, dove il primo terminale viene già gestito dal 2004 dalla multinazionale Bolloré. Ma è stato dato a questo gruppo un “super-monopolio”, ha spiegato Billon in un’intervista al settimanale francese le Nouvel Observateur ai primi di giugno.
Secondo il presidente Ouattara, espressione degli interessi francesi, il trio ha presentato “la migliore offerta”, se non tecnicamente, almeno in termini finanziari.
“Non si può essere allo stesso tempo un ministro del governo e anche opposizione al governo. Non si può essere un membro del team e giocare contro la squadra”, ha detto il ministro dell’Interno, Hamed Bakayoko.
Il ministro del Commercio è andato dritta nella sua strada e ha presentato una denuncia presso l’Unione economica e monetaria Africa occidentale (UEMOA) accusando Bolloré di sleale concorrenza. “Billon è un uomo libero”, ha affermato un suo parente, secondo cui il ministro è entrato nel nuovo esecutivo perché aveva ricevuto “garanzie sulle priorità del governo”, ovvero: ridurre i prezzi dei beni primari. Ma non è mai successo.
 
“C’era una volta”… la libertà d’informazione
Il programma di giornalismo d’inchiesta “C’era una volta” condotto e realizzato da Silvestro Montanaro é stato cancellato. Un lutto per giornalismo italiano e per chi crede ancora nella libertà dell’informazione. Con i suoi documentari, Montanaro ha raccontato guerre dimenticate, Paesi lontani, complotti internazionali. Tra i tanti ricordiamo, “La Francia in nero”, un reportage in Costa d’Avorio in cui, attraverso testimonianze dirette, ha denunciato le pesanti responsabilità della Francia nella guerra che è scoppiata all’indomani delle elezioni presidenziali, sottolineando gli interessi francesi nel Paese, primo produttore mondiale di cacao e caffè.
 
04 Luglio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21821

Tav, associazioni ambientaliste perseguite per avere presentato un esposto

 Una delle immagini presentate nel nuovo dossier di Pro Natura mostra la zona dove segnalata come potenzialmente franosa

Una delle immagini presentate nel nuovo dossier di Pro Natura: mostra la zona segnalata come potenzialmente franosa

  

 

(Alinews.it) – Torino, 8 lug – Pro Natura risponde con un nuovo esposto sulla sicurezza del cantiere Tav. Pro Natura e Legambiente avevano presentato un esposto alla Procura ipotizzando violazioni delle norme di sicurezza per il cantiere Tav della Maddalena a Chiomonte, ma alla fine i denunciati sono loro. La Procura (Pm Padalino) ha deciso di perseguire i due presidenti regionali delle maggiori associazioni ambientaliste piemontesi: Fabio Dovana, presidente regionale di Legambiente e Mario Cavargna, storico “tecnico” No Tav e presidente regionale di Pro Natura. L’ipotesi di reato è “procurato allarme” per la conferenza stampa del 3 maggio con cui le associazioni ambientaliste annunciavano la presentazione di un esposto per presunte violazioni delle prescrizioni per il cantiere Tav di Chiomonte. Il 22 maggio, l’avvocato Enrichens ha poi effettivamente presentato l’esposto alla Procura e ad altre autorità redatto da Silvio Durante, tecnico forestale che da sempre lavora in alta valle di Susa, e da Giorgio Guglielmo, ex segretario comunale che conosce molto bene il territorio di Chiomonte. L’esposto era stato sottoscritto anche dalle due associazioni ambientaliste. La segnalazione riguardava la presunta mancanza di protezioni contro il rischio di distacco di massi dalla paleofrana di Clarea. In particolare, si segnalava la mancanza di reti paramassi. Ltf aveva risposto che le reti paramassi erano previste ma non erano ritenute fondamentali secondo particolari approfondimenti geologici. Il Pm, ha chiesto conferma all’Arpa che a suo tempo aveva affermato che non c’è un pericolo imminente per il cantiere. La Procura ha così pensato di incriminare le due associazioni per procurato allarme.

Oggi, Pro Natura ha risposto alla denuncia presentando un nuovo dossier corredato da quasi 50 fotografie contestando un’altra mancanza di approfondimenti sui rischi frana. Ma questa volta per le pareti rocciose più in alto, a quota 900 metri.

“Ltf ha sostenuto di avere posto reti a difesa del cantiere – commenta oggi Mario Cavargna, imprenditore con un master in geologia – ma i lavori per le vere reti anti frana sono iniziati  soltanto da pochi giorni. Vuol dire che il nostro esposto ha colpito del segno”.

Dovana e Cavargna si sono presentati, sabato, in Procura per l’interrogatorio, ma non hanno voluto rispondere alle domande del Pm “per non avere avuto il tempo di leggere gli atti. Ci hanno convocati in pochi giorni senza nemmeno dirci di cosa si trattava”, affermano.

Nella lunga storia della battaglia contro la Torino-Lione, gli esposti, così come i ricorsi al Tar, sono sempre stati una delle armi più utilizzate dal movimento. Nessuno è andato a buon fine; ma, in alcuni casi, sono servizi a rallentare la macchina delle approvazioni dei progetti e di avvio dei cantieri. Al di là del merito, delle questioni che, di volta in volta, venivano poste all’attenzione della Magistratura e delle autorità ambientali, sanitarie e di vigilanza sui cantieri, gli esposti a raffica hanno sempre fatto parte della strategia comunicativa dei No Tav e sono stati ampiamente appoggiati anche dagli amministratori (Ferrentino è stato un grande produttore di ricorsi ed esposti).

Anche se il merito magari non è fondato, l’esposto fa parte dei gioco; fa parte delle “armi di carta” con cui il movimento cerca di attirare l’attenzione sulle proprie battaglie.

La scelta della Procura sembra voler stoppare un uso evidentemente giudicato spregiudicato della segnalazione alla Magistratura. Ma non era ancora successo che se i cittadini segnalano un problema e lo dicono ai giornali il giorno dopo vengono denunciati. “Le associazioni ambientaliste sono assolutamente titolate ad esercitare un ruolo di controllo su opere come il Tav, e dunque sono perfettamente legittimate, come tutti, a presentare esposti; per di più se si rileva la mancata ottemperanza di prescrizioni. È davvero singolare e preoccupante che, invece di perseguire i responsabili delle inosservanze individuate negli esposti si voglia perseguire noi. Ma nessuno pensi di fermaci. Continueremo a segnalare alle autorità e all’opinione pubblica ogni violazione”.

Ragazza stuprata da clandestini scrive al Papa: “Perché vai a Lampedusa?”

se fosse stata stuprata dal fidanzato i media ne avrebbero parlato?
Donne vittime dell’aggressore politically correct devono stare zitte e subire in silenzio che alimentano razzismo

Ragazza stuprata da clandestini scrive al Papa: “Perché vai a Lampedusa?”
08-07-2013

Riceviamo e pubblichiamo, la lettera aperta al Papa scritta da una ragazza cattolica praticante stuprata da due cosiddetti ‘profughi’.

Ho inviata questa lettera ad alcuni giornali, nessuno l’ha pubblicata, purtroppo credo di capire il perché. Spero voi avrete il coraggio di pubblicarla.

Due anni fa sono stata vittima di violenza, odio parlarne, ma quando sento politici come Boldrini dire che non esistono clandestini, e che sono tutti profughi, è come se venissi stuprata un’altra volta. Io li ho conosiuti i clandestini, una sera di Marzo del 2011, mentre tornavo a casa da lavoro. Quel giorno è come se fossi morta. Quando li trovarono, i carabinieri sgomenti mi spiegarono che erano in Italia con il permesso umanitario dopo essere sbarcati a Lampedusa.
Chi Le scrive Santità, è una giovane donna cattolica, che è sempre andata in chiesa, una donna che crede in Dio, ma che non crede più in chi, qui, lo rappresenta.
Lei l’otto di luglio andrà a Lampedusa, a testimoniare la sua solidarietà ‘agli ultimi’. Così ho letto che definite quei giovani uomini che pagano migliaia di euro per sbarcare in Italia: due di quelli che lei chiama ‘ultimi’ mi hanno violentata. Si sono portati via per sempre la mia gioia di vivere, piantando i chiodi della tristezza nel mio cuore. L’otto luglio, anche lei pianterà un altro chiodo nel mio cuore.

http://voxnews.info/2013/07/08/ragazza-stuprata-da-clandestini-scrive-al-papa-perche-vai-a-lampedusa/

Cig in deroga, i fondi non bastano. Discriminazioni tra Nord e Sud: finanziamenti record in Lombardia

non è che arrivano più soldi al Nord IN FUNZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI AZIENDE CHE CHIUDONO PER ALTRO????
NO, per l’Infiltrato è discriminazione.
Non andiamo a vedere il numero di aziende/occupati e il numero di aziende che chiudono. Lacrime di coccodrillo in Piemonte e Veneto, scrive l’Infiltrato.
CRISI IN PIEMONTE E VENETO? Ma quando mai? Che eresia!! Mica sono regioni che stanno in Italia/Europa? Sembra che siano regioni paradisi fiscali

Scritto da Viviana Pizzi     | Pubblicato Lunedì, 08 Luglio 2013

Il tanto atteso sospiro di sollievo per le aziende in crisi e per i cassintegrati di tutta Italia è arrivato. Non basta, però, a staccare dalla bombola ad ossigeno nemmeno quelle Regioni che hanno ottenuto più soldi. Grave, poi, lo squilibrio tra le regioni del Nord e quelle del Sud Italia.
 
LOMBARDIA RECORD – Andiamo ora a vedere Regione per regione quanto denaro è stato assegnato dal Governo. La cifra più alta è toccata alla Lombardia con 94. 542.993,7 euro. Al secondo posto la Puglia con 50.219.990.5 euro. Una scelta singolare perché la prima è quella dove ha sede legale l’Ilva e la seconda è quella dove si sono creati i problemi allo stabilimento di Taranto con 6500 cassintegrati.  Terzo posto al Veneto con 47. 344. 242,99 euro.

Quarto al Lazio con 43.994.784 euro, quinto all’Emilia Romagna con 41.963,205,78 euro e sesto il Piemonte con 40.775.960,57 euro.

Peggio va alla Campania (terra dei lavoratori Fiat di Pomigliano) che ottiene soltanto 35.099 347,35 euro, alla Sardegna (terra dei cassintegrati della miniera del Sulcis) che ottiene soltanto 26.791.430,88 euro.  In Toscana arrivano invece 36.044.024,43 euro mentre in Sicilia 26.225.932,68 euro. Poco meno alla Calabria con 26.006.684,31 euro.

Tra quelle che hanno ottenuto meno spicca l’Abruzzo con 18.426.136,69 euro, la Liguria 11.443.458,87 euro, le Marche con 16.490.146,27 euro. Alle piccole regioni come la Basilicata e il Molise sono toccati rispettivamente 6.396.445,71 e 4.265.532,35. L’Umbria ottiene 10.669.343,84 euro.

LE REGIONI PENALIZZATE – Per le imprese in crisi della Valle D’Aosta sono stati stanziati 715.553,96 euro. Alle province autonome di Bolzano e Trento 1,972.510 euro e 2.825.235,40. Al Friuli Venezia Giulia invece . 7.787.038,26.Soldi che messi insieme non raggiungono nemmeno quelli del già ancora una volta penalizzato Abruzzo terremotato e ammontano a 13.330.338 euro.

Alle già ricche regioni del Nord a Statuto ordinario la fetta di torta più grande. Alle cinque regioni del settentrione rimaste sono andati 206.070.340 euro, il 40% dei fondi. Con un 5% a quelle a statuto speciale si arriva a un 45% soltanto nella parte più alta dello Stivale.

Con il resto della torta da spartirsi, tra centro, sud e isole. Che tutte insieme non superano di poco i 300 milioni di euro.

LACRIME DI COCCODRILLO IN PIEMONTE E VENETO – Claudia Porchietto, assessore regionale della Giunta Cota in Piemonte, si era lamentata preventivamente. Quando pensava che i fondi stanziati sarebbero stati circa un milione di euro.

“Si tratta di una situazione critica – ha sostenuto– questa cifra, quando mai verrà ripartita tra le regioni, ci permetterà di autorizzare fino a luglio. Queste porche risorse peraltro non sono neppure a nostra disposizione: sono molto preoccupata visto che solitamente sono necessari dai 4 ai 6 mesi per il nuovo decreto. Vorrei ribadire che i lavoratori che non percepiscono da oltre cinque mesi l’indennità in Piemonte sono più di 18mila. Qui c’è gente che non mangia e che rischia di vedersi portare via dalla banca la propria casa: credo che non ci sia contezza del Paese reale”.

Stessa cosa per la Cisl del Veneto che si attendeva uno stanziamento di circa cento milioni di euro e già in quella occasione il segretario Giulio Fortuni disse che si potevano coprire  tutte le spese di cassa integrazione. Ora invece ci copriranno soltanto il 50%.

“Al Veneto dovrebbe essere infatti assegnata una parte consistente – dichiarò Fortuni-  100 milioni che, in aggiunta ai 60 che già sono disponibili, dovrebbero coprire il fabbisogno stimato per il 2013 tra Cig e mobilità in deroga. Ora però si tratta di rendere operativi gli altri strumenti di integrazione del reddito, come i fondi bilaterali che in Veneto hanno funzionato molto bene nel settore dell’artigianato grazie all’Ebav e che ora, dopo la riforma Fornero del mercato del lavoro, vanno riorganizzati ed estesi”. Ora che i fondi sono dimezzati anche nelle regioni più bagnate dal denaro del Ministero possiamo solo concludere dicendo che questa non sarà altro che una cura palliativa per un cancro che non verrà realmente estirpato: la crisi e la povertà.

http://www.infiltrato.it/lavoro/cig-in-deroga-i-fondi-non-bastano-discriminazioni-tra-nord-e-sud-finanziamenti-record-in-lombardia#sthash.6wJlfsjO.dpuf

“Parmigiana scappa dalla Tunisia per maltrattamenti del marito”

non si integrava? Razzista di sicuro

Lo comunica l’Associazione vittime femminicidio. La donna sarebbe stata costretta dal compagno “a mangiare nella ciotola del cane e a subire rapporti sessuali”

TAG femminicidio,  violenza,  donne “Una giovane donna originaria di Parma, M.C., dopo anni di sopportazione è rientrata in Italia e ha deciso finalmente di lasciare il marito tunisino per i suoi ingiustificabili maltrattamenti: solo per citare alcuni episodi la moglie veniva costretta dal marito/padrone a mangiare nella ciotola del cane, a dover ospitare a casa le amanti del marito ed a subire rapporti sessuali con terzi alla presenza dell’uomo per compiacerne l’istinto voyeuristico”.

A denunciare questa agghiacciante realtà è l’A.V.F (Associazione vittime femminicidio) “nata da poco tempo ma già operativa in alcune grandi città italiane, che ha lo scopo di tutelare e fornire assistenza gratuita a tutte le donne vittime di violenza. All’interno dell’Associazione opera un team di esperti che fornisce assistenza psicologica e legale alle vittime e alle famiglie”.

L’associazione è nata “in relazione ai gravissimi e recenti fatti di cronaca che hanno visto coinvolte alcune donne – vittime incolpevoli della violenza maschile e ridotte a vere e proprie ‘palestre’ di violenza fisica da parte dell’amore criminale del loro uomini; fatti assurdi che avvengono purtroppo sempre più frequentemente nell’indifferenza della collettività e, cosa ancora più grave, nell’impotenza, totale o parziale, delle Istituzioni”.

“L’associazione – si legge in un comunicato – invita tutte le donne a denunciare anche preventivamente alle competenti Autorità episodi di violenza che potrebbero rappresentare triste preludio ed anticamera di più efferati delitti. Per ogni segnalazione o richiesta di intervento sono a disposizione un indirizzo di posta elettronica (sosfemminicidio@libero.it), un contatto facebook (sos vittime femminicidio) e a breve un sito internet attualmente in allestimento (www.sosvittimefemminicidio.it)”.
(07 luglio 2013)

Donna senza una gamba, le riducono la pensione

se togliamo le pensioni di invadilità agli indigenti/invalidi/ pensionati italiani, la Boldrini, quella che non immaginava la povertà in Italia,  insieme al Ministro Kyenge, su che basi esige venga riconosciuto a qualsiasi straniero che chieda asilo un MENSILE fisso? In una nazione dove nemmeno il reddito di cittadinanza esiste? Non è un pò discriminante?

Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 8, 2013
8 lug – Imperia – Nel 1987, giovane adolescente, perde una gamba in un terribile incidente stradale su capo Mele e le viene riconosciuta l’invalidità al 100%. Ma 25 anni dopo secondo l’Inps, la percentuale deve scendere addirittura al 70%, che, per lei, vuol dire stop a ogni aiuto economico.

Corte Costituzionale: illegittima la supertassa sulle pensioni d’oro
È la disavventura che sta capitando all’imperiese Cinzia Denegri, 44 anni madre di un bambino di 5, che non si rassegna a quella che ritiene una ingiustizia subita. «Sostengono che sono praticamente guarita – dice la Denegri – ma non mi sembra che la gamba mi sia ricresciuta, purtroppo. Anzi con gli anni sono aumentate le difficoltà di deambulazione con conseguenze negative, dolore e problemi di mobilità a livello delle anche e cosa ancora più grave, non mi è mai passata la cosiddetta sindrome dell’ “arto fantasma”, in pratica continuo a sentirlo. La gamba mi duole certe volte come se me la tagliassero, una sensazione terribile che riesco a contenere solo con l’uso di farmaci. E’ una condizione non semplice da superare e da tenere sotto controllo».
Siamo di fronte a un triste gioco di numeri e di percentuali in base ai quali vengono stabiliti i sostegni economici alle persone in difficoltà. Cinzia Denegri è impiegata part –time nella biblioteca comunale, ma, avendo la commissione medica centrale dell’Inps di Roma abbassato la sua percentuale di invalidità al 70% la donna ha perso il diritto all’ integrazione di 246,73 euro al mese. secoloxix

http://www.imolaoggi.it/?p=55416

GOVERNO LETTA: IL DECRETO (DA NON) FARE – ADDIO BONIFICHE!

Posted By Redazione On 8 luglio 2013 @ 10:18 In DOMINIO E POTERE

A  SUD informa

GOVERNO LETTA:
IL DECRETO (DA NON) FARE. ADDIO BONIFICHE!

Il primo passo del Governo Letta tra contaminazioni della falde acquifere, subordinazione del diritto alla salute e mega-progetti: ecco il decreto da non fare.

In tempo di crisi, il primo passo del governo della larga maggioranza detta una lista di priorità da far tremare le gambe: diritto alla salute subordinato alla sostenibilità economica, contaminazioni delle falde acquifere “attenuate” invece che bloccate, incentivi ai mega-progetti a scapito dei trasporti pubblici. Il governo consegna un baule d’oro alle grandi imprese che, vincitrici nei confronti del temuto principio “chi inquina paga”, potranno partire in vacanza con una baule carico d’oro, tra appalti per le infrastrutture e soldi risparmiati dalle bonifiche.
Per capire nel dettaglio che cosa questo decreto detto “del Fare” stia invece cercando di “disfare” è necessario guardare punto per punto le modifiche attuate dal governo delle grandi maggioranze. Il linguaggio giuridico di primo impatto non aiuta a capire che cosa sta succedendo nel nostro paese e a quanto velocemente la logica economica si stia imponendo su numerosi settori del nostro vivere comune. Il tutto, giustificato dalla crisi e quindi fatto passare come utile e necessario al rilancio del paese.
Ma vediamo in dettaglio che cosa accade.

Via libera alle grandi opere, costose infrastrutture ad alto impatto ambientale ed inaccessibili ai più.

Il decreto stabilisce la creazione di un fondo per lo sviluppo delle infrastrutture di 2.069 milioni di € per il quadriennio 2013-2017 . Secondo il testo le sole opere finanziabili da subito con questo fondo sono alcune tra le più grandi e costose opere infrastrutturali a cui da anni numerosi comitati locali si oppongono: corridoi europei, la così blandamente definita linea ferroviaria Piemonte-Val d’Aosta – nel territorio già massacrato dalla TAV – passaggio della Pedemontana Veneta, linea di collegamento stradale a scorrimento veloce Agrigento Caltanissetta, Tangenziale Est di Milano, Terzo valico di Giovi.

Questo sviluppo infrastrutturale testimonia una volontà d’implementazione all’uso del trasporto privato e una conseguente subordinazione del trasporto pubblico, posto nella lista degli aventi diritto al finanziamento “nel limite delle risorse annuali”. Tra questi, l’apertura e l’ampliamento delle linee delle metropolitane di Roma, Milano e Napoli, attorno alle quali ruotano da anni progetti bloccati, cantieri a cielo aperto fermi e dissestati, flussi di denaro la cui trasparenza resta ancora da accertare. C’est à dire: se avanzano bruscolini a fine anno qualche cosa la facciamo.

Come se non bastasse, all’art.19 il decreto modifica la normativa in vigore in materia di concessioni e defiscalizzazioni, rendendo l’ ”equilibrio economico finanziario” l’unico criterio per selezionare le opere degne di finanziamenti o agevolazioni. L’importanza delle opere viene quindi valutato solo in termini economici, non di utilità territoriale, rispetto dell’equilibrio dell’ecosistema, emissioni, diritto alla salute, reale necessità degli abitanti, etc. La crisi sembra essere l’occasione per scavalcare diritti dei cittadini, difesa del territorio e dei beni comuni. Una manna dal cielo per i grandi imprenditori.

Contaminazione delle falde acquifere, bonifiche e rischi per la salute.
Questa attitudine sembra essere confermata dal terribile articolo 243 del Testo Unico Ambientale (decreto legislativo n.152/2006) relativo alle gestione delle acque sotterranee emunte. La redazione del nuovo articolo – che accorpa ed implementa il precedente – racchiude in se la logica puramente emergenziale della gestione del danno ambientale e la subordinazione del diritto alla salute alla sostenibilità economica.

Secondo il testo “Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalita’ generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla parte terza”.

Qui risultano chiari alcuni elementi molto pericolosi. Prima di tutto, l’introduzione della contabilizzazione del costo degli interventi come fattore primario di valutazione di fattibilità delle bonifiche delle falde acquifere contaminate. Il criterio è quello della sostenibilità economica dell’intervento, che subordina la salvaguardia dello status di salute dei cittadini all’equilibrio economico. In tempo di crisi, si sa, tutto è concesso per “salvare” il paese. Ma quale parte di esso? Non lo stato di salute dei cittadini.

Nel procedimento di modifica a cui il Testo Unico Ambientale è sottoposto da anni, questo è il secondo passo verso l’introduzione dei principi di sostenibilità economica come cardine della disciplina di riparazione e bonifica ambientale. Già nel 2008, l’art.242 dello stesso stesso era stato modificato e al testo, i “costi sostenibili” erano stati introdotti tra i “criteri per la selezione e l’esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza operativa o permanente, nonche’ per l’individuazione delle migliori tecniche di intervento a costi sostenibili”. E il diritto alla salute? L’analisi del rischio ambientale? Nel testo Unico questi elementi compaiono, ma con la frase introdotta al comma 1 del nuovo testo, sembrano rendersi vani.

Con la modifica dell’art.243, viene cambiato lo scopo stesso degli interventi di bonifica da “rimozione delle fonti inquinanti” a “attenuamento della diffusione della contaminazione”, facendo irrompere sulla scena il carattere emergenziale dell’intervento.
La dicitura “attenuamento del rischio” è infatti caratteristica di una prima messa in sicurezza dei siti contaminati, secondo il Testo Unico, a cui devono però succedere la messa in sicurezza operativa ed un eventuale messa in sicurezza permanente, di cui al nuovo articolo non vi è traccia.

Nessuna prevenzione, nessun obbligo e nessuna coerenza con la definizione di “danno ambientale” inclusa nell’art.300 che definisce lo definisce come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale provocata (…) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente. E qui arriviamo al punto chiave del decreto beffa, dal punto di vista dei diritti dell’individuo: il rischio di compromesso dello stato di salute delle persone dovuto alla contaminazione di un territorio o delle falde acquifere.

Il trattamento di bonifica diventa quasi opzionale, solo quando non è possibile fare altro. Ma se il “rischio sanitario” resta “accettabile” le vie da percorrere meglio che siano altre, e preferibilmente sostenibili economicamente. Quando il grado degli effetti nocivi sulla salute umana si a “accettabile” resta ancora un gran mistero. Quando una malattia può essere accettabile? Non si parla più di eliminare le cause di contaminazione come obiettivo primario, ma far rientrare l’onda entro un certo limite di “diffusione” della contaminazione.

A livello giuridico, questa parte del decreto sembra cozzare con una più ampia normativa, tanto europea quanto internazionale. A seguito della dichiarazione di Rio del 1992, con il Trattato di Maastricht l’Unione Europea recepì il principio di precauzione come caposaldo della giurisprudenza in materia ambientale, ad oggi integrato nel Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea del 2009. Elencato tra gli obiettivi e i principi della politica ambientale dell’Unione, il principio di precauzione può essere invocato anche qualora il rischio non sia determinato con certezza scientifica, ma siano presenti effetti anche solo potenzialmente pericolosi per la salute e l’ambiente. Ma non solo. Volendo proprio fare le pulci, è difficile capire come la nuova normativa possano restare in equilibrio con più ampi principi di difesa dei diritti umani, quali l’art.25 delle Dichiarazione Universale secondo cui “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia” con particolare riguardo all’alimentazione, all’abitazione e alle cure mediche.

A livello nazionale, lo stesso Testo Unico Ambientale recepisce tale principio, obbligando gli enti pubblici e privati, nonché le persone fisiche, ad agire in virtù della precauzione e ad impegnarsi alla correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente, nonché al principio di “chi inquina paga”. Dulcis in fundo, il nuovo scintillante art.243 sembrerebbe non rispettare la stessa Costituzione Italiana che all’art.2–32 diritto ambiente salubre, connubio tra ambiente e salute, che include la protezione delle condizioni indispensabili “o anche solo propizie” alla salute dell’uomo. Se la crisi ci impone tagli e riforme, non è della tutela di un diritto fondamentale quale quella della salute che possiamo fare a meno.

Addio bonifica. Benvenuta grande impresa.

Ultimo, ma non per importanza, aspetto della modifica di questo piccolo ma potente articolo, l’opzionalità della bonifica avrà delle forti conseguenze sulla responsabilità delle più grandi imprese del paese. Basti pensare a territori come Marghera, Porto Torres, Taranto, solo per fare alcuni nomi, da anni in attesa di bonifiche e risanamenti che le grandi imprese potrebbero ora non essere più costrette a mettere in atto. La speranza di un risanamento ambientale potrebbe svanire, così come l’attribuzione della responsabilità penale delle imprese contaminanti.

Di tutto ciò è necessario parlare e capire che cosa possa nascondersi dietro alcuni piccola comma che, a ben guardare, hanno il potere di sconvolgere il nostro sistema di diritti.
Il primo passo di questo governo spaventa, fa riflettere sul potere dell’economia e delle grandi imprese nel nostro paese e di come questa lunga ed estenuante crisi economica possa diventare lo strumento per far entrare nelle nostre normativi i dogmi del neoliberismo.

Matilde Cristofoli / A Sud

COMUNICATO STAMPA

Addio Bonifiche, il Governo Letta condanna per Decreto la tutela delle falde acquifere: chi inquina non pagherà più

Appello al Ministro dell’Ambiente Orlando per la tutela della qualità dell’acqua

Altro che il principio “chi inquina paga”, con il cosiddetto “Decreto del Fare” festeggiano gli inquinatori, viene messa a rischio la salute dei cittadini e la qualità dell’acqua delle falde, un patrimonio comune di straordinaria importanza per la vita del paese.

Da circa un anno si erano moltiplicati i tentativi per inserire di straforo nei vari decreti urgenti, senza alcun confronto pubblico preliminare con i cittadini, una contro-riforma sulle bonifiche. Ora il Governo Letta e le lobby industriali hanno introdotto nel cosiddetto “Decreto del Fare” una norma di modifica del testo Unico sull’Ambiente D.lgs. 152/2006 che fa ritornare all’anno zero il settore delle bonifiche.

Si legge nel decreto “Nei casi in cui le acque di falda determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamento sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione”. La qualità dell’acqua è subordinata alle logiche economiche, da oggi se chi inquina è d’accordo, si attenuerà l’inquinamento senza eliminare le sue fonti. E’ assolutamente grave che venga inserito il principio della sola “attenuazione” dell’inquinamento anche in presenza di rischio sanitario conclamato.
In Italia circa il 3% del territorio è gravemente inquinato e classificato nei Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche in cui gli interventi sono gestiti direttamente dal Ministero dell’Ambiente. In realtà oltre a queste situazioni estreme (da Priolo a Bussi, passando per Taranto, Brindisi, Brescia ecc.) si aggiungono una miriade di siti inquinati o potenzialmente inquinati sparsi su tutto il territorio nazionale la cui procedura di bonifica nella stragrande dei casi viene seguita dai comuni (si stimano in diverse migliaia, da discariche incontrollate a pozzi inquinati).

Recentemente lo Studio SENTIERI dell’Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato l’enorme impatto sanitario dell’inquinamento, con migliaia di morti in più rispetto all’atteso nei 37 siti monitorati.

In questo contesto che richiederebbe la messa in cantiere della vera grande opera, la bonifica del territorio italiano, il Governo Letta ha introdotto una norma sull’inquinamento delle falde acquifere che azzera ogni possibilità di bonifica definitiva delle aree inquinate, subordinando gli interventi di bonifica agli interessi economici di chi inquina anche in caso di concreto rischio sanitario.

Secondo Enzo Di Salvatore, professore di Diritto Costituzionale all’Università di Teramo «Subordinare l’eliminazione della fonte di inquinamento oltreché a possibilità tecniche anche al presupposto che ciò sia economicamente sostenibile per il privato che inquina si sostanzia in una prevalenza degli interessi economici del privato sul diritto alla salute e all’ambiente salubre. Ciò viola anche il diritto dell’Unione europea e segnatamente il principio chi inquina paga».

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua lancia un appello al Ministro dell’Ambiente Orlando, che ha dichiarato il tema della tutela dell’acqua tra quelli prioritari per il suo mandato, affinché il Governo riveda profondamente una posizione del tutto inaccettabile su un bene comune come l’acqua.
Il Forum chiede ai parlamentari di tutti i gruppi di intervenire per stralciare o almeno modificare profondamente le norme dal provvedimento nell’iter di conversione in legge in modo da rendere le norme realmente utili alla tutela della qualità dell’acqua.

Il Forum metterà in campo una serie di iniziative per contrastare quest’attacco all’accesso all’acqua potabile che l’ONU ha sancito essere un diritto umano, essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani.

 http://www.stampalibera.com/?p=64717

Esempi di integrazione

ma siamo noi che siamo razzisti, loro fanno di tutto per farsi amare. Come suggerisce la Ministro Kyenge

Maghrebino con coltellaccio terrorizza Riccione: 4 rapine e una donna in ospedale
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSgiu 2, 2013

1 giugno 2013 – NOTTE DI TERRORE a Riccione, dove un magrebino armato di un coltellaccio da cucina ha rapinato cinque persone in un’ora, ferendo una giovane donna che aveva tentato di salvare la sua borsa.
LA PRIMA vittima è una ragazza romena, di 26 anni. E’ mezzanotte e mezza, lei e un amico stanno chiacchierando in via Panoramica, nei pressi della stazione, quando la loro attenzione viene attirata dal campanello di una bicicletta. Non fanno quasi in tempo a realizzare che il ‘ciclista’ arriva loro quasi addosso e afferra la borsa della giovane. Lei cerca di resistere con l’aiuto del connazionale, ma improvvisamente nella mano dello sconosciuto si materializza un grosso coltello da cucina. Glielo spiana in faccia, e a quel punto i due rinunciano a lottare e consegnano la borsa. Parte l’allarme al 112, le vittime parlano di un magrebino, sui 20-30 anni, alto circa 1,80.
Ma lui ha già individuato la seconda vittima. E’ l’1,10 e si è già spostato in viale Ceccarini, dove sta ‘puntando’ un’altra donna. E’ un ucraina, di 34 anni, che reagisce con violenza quando quello cerca di strapparle la borsa. Un attimo dopo ha un coltello puntato sulla pancia. Ma lei ancora non si arrende, tenta di afferrare l’arma e lui le taglia una mano (25 giorni di prognosi). Sanguinante e spaventata a morte, è costretta a consegnare al rapinatore borsa, anelli e orecchini.
I CARABINIERI sono già in caccia, ma ‘il pazzo in bicicletta’, all’1,25 è in azione per la terza volta, e sempre in viale Ceccarini. La fortuna è dalla sua, non c’è nessuno quando incrocia due 27enni palermitani, un ragazzo e una ragazza in vacanza che stanno passeggiando nel ‘salotto’. Stessa scena delle precedenti, la bicicletta si para loro di fronte, di nuovo il coltello a pochi centimetri dalla faccia, e oltre alla borsa di lei, il magrebino si porta via anche il portafoglio di lui.
Ma nonostante le sirene del 112 stiano ora attraversando la città, lui all’1,40 è in viale Vespucci, nella zona delle Terme, quasi a ridosso delle giostre. Ha visto una ragazza da sola, una 21enne di Montefiore, che sta aprendo l’auto. Le arriva addosso sventolando il grosso coltello, ma quella comincia a urlare con tutte le sue forze. A salvarla è un 23enne di Castrocaro che sta passando con la sua macchina e vede alla scena. Senza nemmeno pensarci, il giovane punta con l’auto contro il magrebino, cercando di schiacciarlo contro la macchina della ragazza. L’altro però è svelto come un serpente, scuscia via e scompare pedalando.
IERI mattina, i carabinieri stavano ancora battendo le colonie abbandonate, passando al pettine fitto quelle tra Riccione e Misano dove probabilmente si nasconde il rapinatore folle. Fino a ieri sera però di lui non si era ancora trovata traccia, così come della bicicletta e del coltello. La paura più grande è che aspetti la notte e torni a colpire di nuovo.
Alessandra Nanni per  ilrestodelcarlino.it

Minacce alla ex compagna, egiziano arrestato a Roma
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 8, 2013
8 lug. – Alla guida di un’auto, sgommava avanti e indietro davanti a una donna con in braccio un bambino, come se volesse investirla. Questa la scena a cui hanno assistito gli agenti delle volanti a Roma, chiamati da una telefonata al 113.
A ricorrere alla polizia e’ stata l’ex compagna dell’uomo, un cittadino egiziano di 39 anni, gia’ denunciato per atti persecutori. L’uomo aveva minacciato la donna, che era con il figlio di 6 anni, impedendole di allontanarsi. Quando gli agenti sono intervenuti per fermarlo, ha reagito violentemente e ha continuato a minacciare la donna. I poliziotti lo hanno arrestato per il reato di stalking. (AGI)

Spaccio di cocaina, 6 nordafricani arrestati
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWS lug 8, 2013
PADOVA, 8 LUG – La Squadra Mobile di Padova ha eseguito 6 provvedimenti restrittivi per spaccio di ingenti quantitativi di cocaina, importati dalla Lombardia.
L’operazione è iniziata con l’arresto a Padova di un tunisino che ha portato la polizia a scoprire la filiera dello spaccio ad altri nordafricani che trasportavano su auto cocaina dalla Lombardia. Alcuni dei ‘galoppini’ sono stati arrestati durante un ‘viaggio di rifornimento’ ai quali la polizia ha sequestrato oltre 300 grammi di cocaina. (ANSA)
http://www.imolaoggi.it/?p=55432

in fondo il pasticcere era ricco, magari pure evasore ben han fatto a “auto redistribuirsi” il reddito altrui

Pasticciere bastonato e rapinato da 7 nordafricani
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSgiu 5, 2013
5 giu. – Picchiato e rapinato mentre aspettava l’autobus. La disavventura e’ capitata a un 44enne pasticcere milanese che in tarda serata si trovava alla stazione delle autolinee di Bergamo per prendere il pullman che lo avrebbe portato dai genitori residenti a Boario, nel Bresciano.
Improvvisamente due nordafricani, uno dei quali armato di coltello, con un pretesto hanno cominciato a insultarlo e minacciarlo.
Lui ha allora estratto uno spray lacrimogeno antiaggressione che aveva in tasca e l’ha spruzzato in faccia a uno dei due. Altri cinque uomini sono arrivati a spalleggiare i primi due, e il milanese e’ stato preso a calci, pugni e bastonate. Prima di andarsene gli aggressori gli hanno preso tutto cio’ che aveva: il cellulare, un iPhone 4S nuovo che doveva regalare al padre, il portafogli con mille euro in contanti, un trolley e uno zainetto. (AGI) .

Circondato per rapina da 10 maghrebini: 25enne reagisce e viene accoltellato
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSgiu 9, 2013
9 giu – Circondato da una decina di persone che cercano di rapinarlo reagisce ma viene accoltellato. E’ successo questa notte attorno alle 3 e 15 in via Breda a Milano, dove un giovane di 25 anni, mentre stava rientrando a casa, si è visto circondato da alcuni magrebini che hanno cercato di rapinarlo del portafoglio e dell’orologio.
Alla sua reazione, il ragazzo è stato accoltellato all’addome. Ricoverato in codice rosso all’ospedale San Raffaele è stato dimesso con una prognosi di 10 giorni.

Torino, operazione antidroga: arrestati 9 clandestini pregiudicati
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSgiu 15, 2013
15 giu – Nove cittadini centro-africani, tutti clandestini e con precedenti penali, sono stati arrestati dalla polizia di Torino al termine di una capillare attivita’ finalizzata al contrasto dei reati nelle stazioni della metropolitana. I nove devono rispondere di violazione della legge sugli stupefacenti.
Dagli accertamenti compiuti sulle immagini registrate dalle telecamere di sicurezza installate nella metro e’ stato infatti possibile identificare gli spacciatori che avevano deciso di utilizzare la metropolitana come mezzo veloce per spacciare cocaina e recarsi adincontrare i clienti tossicodipendenti. Nel corso dell’operazione, denominata ‘the tube’ sono state sequestrate anche numerose dosi di droga.
Alcuni degli arrestati sono stati trovati in possesso di regolari abbonamenti per viaggiare sui treni senza incorrere in controlli. Ogni spacciatore mediamente aveva con se’ tra i 20 e i 25 ovuli gia’ confezionati e in alcuni casi e’ emerso che alla vista degli agenti li ingoiavano allo scopo di nasconderli ai controlli. Gli acquirenti dello stupefacente, secondo quantoemerso appartenenti alle diverse classi sociali, si mischivano tra i viaggiatori che ogni giorno utilizzano la metropolitana. Gli arresti sono stati effettuati nell’arco di 15 giorni da agenti in borghese nelle stazioni coadiuvati da agenti in motocicletta in superficie.
http://www.imolaoggi.it/?p=53316

Senegalese pregiudicato ferisce un vigile, arrestato
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 8, 2013
VENEZIA, 8 lug – . Commercianti abusivo colpisce un vigile e viene arrestato. Si tratta di un senegalese D.A. di anni 47, residente a Marghera, regolarmente in Italia, accusato di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Gli agenti del pronto intervento della Polizia Municipale sono infatti intervenuti in calle Fiubera dopo una segnalazione per vendita abusiva di borse. Otto agenti hanno bloccato la calle e impedito la fuga al venditore.
L’uomo però nel tentativo di farsi strada ha colpito volontariamente al volto un agente, ma subito dopo è stato bloccato dai colleghi. Nonostante il labbro sanguinante l’agente ha continuato il servizio accompagnado il venditore fino all’ufficio, dove però ha avuto un mancamento. Sul luogo è intervenuto il Suem 118 che ha portato al pronto soccorso l’agente infortunato.
Su disposizione del sostituto procuratore della repubblica il senegalese, che aveva alcuni precedenti per importazione di prodotti falsi, calunnia, istigazione a delinquere e simulazione di reato, è stato tratto in arresto e sarà giudicato per direttissima . http://nuovavenezia.gelocal.it

ma le donne vittime di aggressori stranieri non fanno notizia? Sono “meno donne”?

Roma: violenta la cugina minorenne, arrestato 33enne romeno
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 8, 2013
Roma, 8 luglio 2013  – Violenza sessuale dopo la discoteca: un uomo di 33 anni, cittadino romeno, ha portato la cugina, connazionale ancora minorenne, in un locale in zona Tor de Schiavi, a Roma, poi all’uscita si è diretto verso un prato nelle vicinanze e, dopo averle chiuso la bocca con una mano, l’ha costretta a un rapporto. La giovane è riuscita ad allontanarsi ed è stata notata dagli agenti del Reparto Volanti ai quali ha raccontato quanto le era accaduto.
Le successive indagini hanno portato i poliziotti a rintracciare l’aggressore a Lunghezza, dove vive con la moglie e due figli minori; lo hanno atteso sotto casa e quando lui li ha visti ha iniziato a scappare ma, inseguito, è stato bloccato.
In tasca gli hanno trovato il cellulare della ragazza, sottratto poco prima della violenza per impedirle di chiedere aiuto. Accompagnato negli uffici del commissariato ‘Prenestino’, è stato sottoposto al fermo di polizia giudiziaria e condotto in carcere. Dovrà rispondere di violenza sessuale, sequestro di persona e rapina ai danni di minore. http://qn.quotidiano.net/

Infastidisce donne al cimitero, denunciato algerino
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSlug 8, 2013
GENOVA, 8 LUG – Aspettava le vedove al cimitero di Rivarolo, le seguiva e le infastidiva. L’episodio ieri mattina.
I poliziotti, arrivati sul posto dopo una segnalazione, hanno chiesto ad alcune donne la descrizione dell’uomo e dopo una breve ricerca la persona e’ stata trovata. L’uomo, un algerino di 50 anni senza fissa dimora, che aveva in tasca un coltello, non ha spiegato perche’ fosse li’. Non era in regola col soggiorno, era inottemperante al divieto di dimora a Genova e provincia: e’ stato denunciato.
http://www.imolaoggi.it/?p=55429

Milano: due tentativi di stupro in poche ore da parte di stranieri
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWSgiu 23, 2013
Milano, 22 giugno 2013 – Due donne aggredite nel giro di poche ore a Milano. Nel primo caso una ragazza svedese di 21 anni è riuscita a sfuggire a un tentativo di violenza trovando il coraggio di urlare per attirare l’attenzione e intimorire il suo aggressore. Il tentativo di violenza è avvenuto intorno alle 5 di mattina quando la giovane straniera stava rientrando da una serata in discoteca.
La 21enne ha riferito alla poliza che aveva appena raggiunto il portone di uno stabile in via De Amicis quando è stata aggredita e palpeggiata da un uomo sui 30 anni con la carnagione scura. L’uomo alle urla della vittima è scappato prima dell’arrivo di soccorritori. La svedese è quindi salita in casa e ha svegliato la sua coinquilina italiana con cui ha chiamato la polizia.
Vicenda analoga per una marocchina di 28 anni, che ha subito una violenza da un connazionale di 32 anni che ospitava nel suo appartamento in via Serio. La ragazza ha spiegato ai carabinieri che l’uomo è tornato a casa ubriaco e ha tentato di avere un rapporto sessuale con lei, ma lei approfittando proprio del suo stato di alterazione è riuscita a uscire dalla porta e scendere in strada a chiedere aiuto. Il connazionale è stato quindi arrestato per violenza sessuale.
http://www.imolaoggi.it/?p=53993

Torino: ora anche la mafia romena, 17 arresti

Pubblicato da ImolaOggi

20 giu – La polizia di Torino ha arrestato 17 persone, facenti parte di un gruppo criminale romeno operante in Italia. Per la prima volta tra i reati contestato ai membri di un’organizzazione straniera compare anche quello di associazione a delinquere di tipo mafioso.

 Tra gli altri reati figurano anche traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, estorsione, riciclaggio, ricettazione, falsificazione di carte di credito, contrabbando.

 CARCERI – CANCELLIERI

bisogna partire “da una nuova prospettiva culturale che consideri la pena detentiva carceraria solo una fra le plurime opzioni possibili, cui debba farsi ricorso solo come extrema ratio”