Fisco: pronto a ‘proibire’ contante per decreto

21-07-2013
La scusa è l’evasione, quella spicciola ovviamente che è l’ultima linea di difesa dei cittadini tartassati, da uno Stato corrotto che utilizza i loro risparmi per costruire campi nomadi, mantenere i clandestini e i parassiti in Parlamento. Non certo l’elusione legale di Google e C.
Così il governo ha pronto un decreto per obbligare al pagamento con carte di credito. Il pagamento in contanti verrebbe ‘sconsigliato’.
Il provvedimento potrebbe essere licenziato prima dell’estate tramite un decreto congiunto del ministero dell’Economia e del ministero dello Sviuppo economico. Senza permesso da parte del Parlamento.
http://voxnews.info/2013/07/21/fisco-pronto-a-proibire-contante-per-decreto/

Le Pussy Riot del Kazakistan e i loro mentori

Inviato da Redazione il 18/7/2013

di Fulvio Grimaldi

 Avete visto come è stata sotterrata la vicenda dello Stato canaglia capo e dei suoi crimini spionistici insieme a quella di uno, Edward Snowden che, a rischio di tutto, vita compresa, ha denudato questo orrido imperatore? E’ bastato che la polizia trattasse una donna con figlia alla stessa identica maniera di decine di migliaia di innocenti migranti per far esplodere un putiferio della stessa scatenata rabbiosità – e malafede – di quelli che avevano raso al suolo qualsiasi verità con i presunti martirii delle varie Neda Soltan, o Sakineh, o Pussy Riot in laica orgia nelle cattedrali, di iraniana e russa memoria. La signora kazaka Alma Shalabayeva e la signorina Alua, prelevati da un’orda di sgherri della Cancellieri e, nel giro di tre giorni, espulsi verso il loro paese. Senza, orrore!, che se ne fosse informato il presidente del Consiglio, cosa che, si sa, succede regolarmente con ognuno dei migliaia di senegalesi, somali, tunisini, polacchi, per ognuno dei quali viene meticolosamente sollecitato il potere riparatore del governo. Eppure la signora non era mica stata salvata, nuda, disidratata, in procinto di partorire, da un gommone alla deriva. Era entrata illegalmente in Italia con passaporto falso della Repubblica Centroafricana (!) e sotto falso nome, checché si cerchi di oscurare il dato rilevato dalle autorità preposte. La classica clandestina, secondo le simpatiche leggi bipartisan del nostro accogliente regime. Di lei si sono occupati ben tre magistrati, cosa non proprio abituale per i “soliti” clandestini.

 Ma era la moglie del “massimo oppositore del dittatore kazako Nazarbaev”. E non è forse una splendida preda per gli avvoltoi mediatici che, dalla voliera di Washington e di tutti gli zoo dell’Occidente, spiccano il volo al primo comparire di un “dissidente”? […]

 Alla stessa stregua dei vari oligarchi impinguitisi del sangue dei russi sotto Eltsin e martirizzati dal nefando Putin che gli ha sottratto, non tanto i miliardi rubati ed esportati, magari attraverso mafia e IOR, ma i beni dello Stato già al servizio della collettività nazionale. Il consorte, Mukhtar Ablyazov, condannato a sei anni per corruzione, sia da industriale che da banchiere che da ministro, fugge a Londra dopo aver rapinato 6 o 10 miliardi di dollari dei cittadini kazaki, sul modello dei vari Khodorkovsky o Abramovic, viene inseguito da tre mandati di cattura internazionali dell’Interpol, agenzia non nota per particolari favori ai delinquenti fuorusciti da paesi anti-atlantici. Li hanno spiccati in Russia, Ucraina, Kazakistan. Un bel tipetto. Non solo, avendo perseverato nel vizietto, dall’Alta Corte del Regno Unito è messo sotto processo per truffa e appropriazione indebita della BTA Bank e, a coronamento della sua vita di “dissidente” perseguitato, è condannato a due anni di carcere per aver occultato al tribunale inglese la reale consistenza patrimoniale costruita sui suoi furti.

 Ovviamente la moglie del delinquente abituale, rintanatasi in un villone con parco (“villetta” per gli scrivani) di Casal Palocco, sotto la protezione di quelle teste di cuoio israeliane (tout se tien!) che hanno l’abitudine di occuparsi affettuosamente degli “esuli” farabutti cresciuti sotto Eltsin, di tante efferatezze delittuose non sapeva niente. Era convinta che i miliardi che le svolazzavano attorno fossero il frutto di un onesto lavoro al catasto. Le bastava figurare come moglie del “principale oppositore del dittatore”. Alla faccia dell’assoluta falsità, a madre e figlia in Kazakistan sarebbero stati subito imposti gli arresti domiciliari, inizio di chissà quali spietate angherie, quando, invece, è stata loro assicurata libertà di residenza e movimento, salvo l’obbligo della firma. Fosse, tutto questo, successo a un qualsiasi Abu Omar, altro che espulsione sancita da un giudice ed effettuata su aereo di Stato. Ricordate le extraordinary renditions verso le carceri di paesi torturatori, se non verso Guantanamo?

 Dissidente delinquente? Santo subito!

 Conclusione. Nell’Oceania, nome che il veggente Orwell diede alla regione sotto dittatura del Grande Fratello d’Occidente, governata da quel Partito Unico che poi si è incarnato sotto l’egida della Cupola, da noi come in gran parte dell’Asse del Male che noi chiamiamo “comunità internazionale”, si può delinquere oltre ogni misura, ma, per essere protetto, immunizzato e glorificato, basta porsi come “dissidente” nel nome dei diritti umani. Come per quei vendipatria al soldo della Cia, che a Cuba diventano “intellettuali dissidenti” perseguitati dal regime (e magari liberati da Raul per disposizione del vescovo dell’Avana). Di Nazarbaev so poco, “dittatore sanguinario”, come si dice da queste parti, ripetendo il modulo Gheddafi, Assad, Putin, Chavez, o Ahmadinejad, o presidente tanto appoggiato dal popolo da venire eletto e rieletto a stragrande maggioranza, pure sotto l’occhio di centinaia di osservatori. So però per sicuro che i ritratti disegnati in Occidente di personaggi non convenzionati valgono quanto il Premio Nobel di Obama. E so altrettanto bene che nessun governante dei regimi Nato e, tanto meno, un loro qualsiasi sciuscià mediatico, ha titoli per condannare e demonizzare chicchessia si trovi fuori da questo nostro parnaso delle democrazia.

 So anche che sotto il persecutore di Ablyazov, della sua famiglia e dei suoi famigli, il Kazakistan, paese tracimante di idrocarburi, massimo produttore di quell’uranio che gli Usa destinano alla fine del mondo, confinante con Russia e Cina,ha compiuto una giravolta dalla benevolenza verso gli USA, con tanto di basi, a rinnovato amico di Mosca, con tanto di basi e di sintonia geopolitica. Peggio, ha favorito la costruzione di pipelines che convogliassero petrolio e gas kazaki fuori dai tragitti voluti dagli Usa e dalle sue multinazionali. C’era di mezzo anche la solita ENI, partner di “dittatori”, con i quali traffica (e non v’è dubbio che lo faccia alla maniera sporca di tutte le multinazionali, ma questo qui non c’entra) e persegue rotte sconvenienti. Non per nulla è caduta sotto la mannaia di Milena Gabanelli, come tanti altri disturbatori della quiete atlantico-napolitanesca, da Di Pietro a Grillo e ai disobbedienti che prediligono il contante alle carte di credito dei benefattori bancari.Tutti crimini, quelli del dittatore kazako, che ampiamente giustificano il risentimento, lo sdegno e gli ululati di protesta della solita unanimistica camarilla che confonde in unico empito democratico i comunisti del “manifesto”, i liberal del “Fatto Quotidiano”, i mainstream media apologeti di Napolitano. In attesa dell’immancabile “monito” di quest’ultimo, dell’immancabile accorato pippone di Saviano, della furia dirittoumanista di Amnesty e HRW (chiaviche Cia-Mossad, sempre sugli altari del “manifesto”) e della gigantografia delle due vittime, Alma e figlia, appesa dal sindaco Marino al Campidoglio, non possiamo che riconstatare: tout se tien.

 Emma Bonino, la moneta più falsa dai tempi delle colonie ioniche, la brava ecopacifista che si affanna a scrivere “diritto umano” su ogni missile e ogni autobomba della”comunità internazionale”, a proposito delle Pussy Riot kazake balbetta grullaggini, paralizzata dalla contraddizione tra l’ennesima replica della farsa dei diritti umani e l’obbedienza alle malefatte di Cia e Mossad. Il manichino vice-premier e ministro di polizia, Alfano, si contorce nel suo inane burocratese di questurino colto in fallo. La stampa, con orgasmo buonista bipartisan, si straccia le vesti sulle capocce coperte di cenere dei governanti felloni. Nessuno di questi riesce a far la pace con il proprio cervello. Nella commedia dell’arte recitata dalle marionette di Washington, il costume più pulito è tessuto di coliformi fecali. Insomma, sotto il tavolo del padrone, ai roditori è stato servito un bel piattino di formaggio andato a male.

 Qual è il retroterra geopolitico dell’affaire che ha gettato nel marasma il nostro Partito Unico e i suoi sicofanti di media e regime, da Letta ad Alfano, dal “manifesto” a “Il Fatto” al Corriere? Il Kazakistan è il più grosso, potente e ricco paese tra Russia e Cina, incombe sul Caspio delle più vaste ricchezze minerarie dell’Asia, è governato da un ex-comunista sovietico, registra un PIL positivo del 5%, è entrato nell’ odiosa Unione Economica Euroasiatica con Russia e Bielorussia, noti Stati Canaglia, ha iniziato a dare segni di autonomia nel quadro di rapporti più sbilanciati verso Cina e Russia che verso gli Usa. L’Italia è il suo secondo partner commerciale. Vi fanno grossi affari, a dispetto del pretesto monopolio multinazionale Usa, ENI, Salini-Todini, Impregilo, Italcementi, Renco, Unicredit, il Gruppo Cremonini che si è accaparrato la fornitura a tutti i McDonald’s della regione. Tutto sommato, quel poco che resta dell’apparato produttivo italiano dopo l’assalto e il saccheggio delle corporation straniere. Troppo. Ulteriore elemento di disturbo, l’immagine che l’invadente “tiranno” kazako s’è dato nel nostro paese. Vista l’efficienza dei ricostruttori nazionali dell’Aquila, il presidente Nazarbaiev s’è pure fatto mecenate della città mandata in malora dal suo governo, restaurando vari edifici, compreso l’Oratorio di S. Giuseppe, e alla spedizione archeologica del Centro Ligabue di Venezia ha assicurato i diritti esclusivi per gli scavi delle necropoli scite, massimo patrimonio storico del Kazakistan.

 Ce n’è quanto basta per irritare quella che si pone come Unica Potenza Mondiale e, a questo fine, dopo aver manipolato il commercio mondiale con il suo spionaggio su Stati e imprenditori concorrenti, si prepara, con il Trattato di Libero Commercio UE-Usa ai nastri di partenza, a eliminare dallo scenario dei padroni del mondo il concorrente europeo. Quando qualcosa sfugge al controllo sulle tentazioni europee di svolgere un ruolo da protagonista allacciandosi alle economie asiatiche, ben più prospere e promettenti di quella Usa, ecco che sui potenziali partner dell’accolita di Bruxelles piovono apocalissi bombarole, invasioni di mercenari subumani, sanzioni da genocidio, campagne terroristiche. E, nel caso di alleati Nato, il dissanguamento mediante acquisti di F-35, la contaminazione con MUOS, l’intronamento di fantocci freschi e più disposti alla rinuncia alla sovranità e alla decimazione del proprio popolo, come Monti, Letta e, su tutti, Matteo Renzi l’uomo delle Cayman, di Briatore, di Arcore, della privatizzazione di Ponte Vecchio.

 Ma è con operazioni come quella delle Pussy Riot kazake che i ragazzi di bottega della macelleria imperiale vengono distolti dalla pretesa di farsi un po’ di affari loro. Si acchiappa un furfante matricolato, ampiamente ricattabile, lo si incorona “dissidente” e, sotto tutela del Mossad, primatista di ogni operazione sporca, se ne spedisce la famiglia, possibilmente povere donne e bambine meritevoli di appassionata solidarietà dirittoumanista, nel paese che ancora si permette giretti di valzer con partner proibiti e che il più disponibile a fare figure di merda. Il “dissidente” stesso, inseguito dalle polizie di mezzo mondo (anche da quella di Londra, che però si è subito rimessa in riga coprendo, con la concessione del diritto d’asilo, la condanna inflitta a Ablyazov da incauti giudici per truffa e appropriazione indebita), viene messo al sicuro perché possa collaborare alla demonizzazione del “dittatore” Nursultan Nazarbayev.

 La marcia sull’Eurasia, “Cuore del mondo” e, quindi, condicio sine qua non per il dominio mondiale, pianificata sotto Carter da Zbigniew Brzezinski negli anni’80, ha compiuto un altro passo. Russi, cinesi, kazaki nuovo Asse del male, insieme all’Iran che ne costituisce la porta d’ingresso. Con l’operazione Pussy Riot kazake l’antropofagia planetaria governata da Bilderberg e attivata da Obama come mai nessuno prima di lui, ha preso due piccioni con una fava. Uno, ha messo alla gogna dell’Occidente cristiano e democratico, custode di tutti i valori democratici, un governante che, insieme a Putin, Xi Jinping e gli ayatollah di Tehran, a quella marcia si oppone con dovizia di mezzi economici e militari. Due, ha dato una bella lezione ai muselidi che, insoddisfatti delle briciole sotto il tavolo, occhieggiavano verso la cucina. Che sia di esempio ad altri topastri che volessero strattonare il guinzaglio. Il resto verrà con il Trattato di Libero Scambio UE-USA.

 Sapete chi è stato l’unico, per quanto ne so, ad aver detto cose simili? Nientemeno che Maurizio Belpietro, quello di “Libero”. Quello che la pace la fa, non con il suo di cervelli, ma con quello di Berlusconi. Che magari ha qualche affaruccio in ballo anche in Kazakistan. Ma guarda un po’ con quali compagni di strada tocca scarpinare.

 Fulvio Grimaldi

 Fonte

Google ‘rispetta’ il fisco italiano, ma non paga

20-07-2013
Google: rispettiamo fisco italiano “Google rispetta le normative fiscali in Italia e in tutti i paesi in cui opera”: questa la replica dell’azienda informatica alle accuse di aver driblato le normative fiscali italiane.
A proposito delle tasse del 2012 il portavoce di Google spiega che “la maggior parte dei governi usa gli incentivi fiscali per attrarre investimenti stranieri”. Ma aggiunge che “se ai politici non piacciono queste leggi, loro hanno il potere di cambiarle”. Tra 2002 e 2006 Google Italy ha registrato redditi non dichiarati per 240 mln.
In realtà Google, come altre multinazionali che vendono prodotti immateriali, sfruttano perfettamente i vantaggi della Globalizzazione: concepiscono nei paesi ricchi sfruttandone i vantaggi del sistema educativo, poi producono nei paesi poveri a basso costo, rivendono nei paesi ricchi e infine, pagano le tasse nei paradisi fiscali attraverso meccanismi legali e immorali. Ecco perché sono sempre dietro le richieste di più immigrazione e più liberalizzazioni: interesse.
http://voxnews.info/2013/07/20/google-rispetta-il-fisco-italiano-ma-non-paga/

Bye bye made in Italy, assalto ai grandi marchi

lug. 18

 Addio Riso Scotti, Chianti, Pasticceria Cova, salumi Fiorucci o latte Parmalat! L’Italia spalanca la sua cassaforte industriale e si lascia portar via i gioielli di famiglia. Marchi icone emblematiche della sua fama, nel corso degli ultimi vent’anni, la maggior parte dei suoi fiori all’occhiello sono stati ceduti a grandi gruppi stranieri, in particolare francesi come la holding LVMH.

 LVMH si fa un regalo di cachemire

Il mese scorso, il gruppo della famiglia Pinault, che aveva già iniziato lo shopping transalpino nel 1999, appropriandosi di Gucci dopo altre etichette di lusso, ha fatto di recente un’offerta di acquisto per la Pasticceria Cova [di Milano ndt].

 I dettagli dell’acquisizione non sono stati divulgati, ma l’affare potrebbe complicarsi. Il gruppo Prada, che sperava di unirsi in matrimonio con il gruppo Cova, si è rivolto alla giustizia italiana per richiedere l’annullamento della vendita. La prima udienza si terrà la prossima settimana. Continuando la sua campagna in Italia, la LVMH ha appena messo nel cestino della spesa anche il marchio del maglificio di cachemire Loro Piana. Costo dell’operazione per il gruppo francese: 2,4 miliardi di euro.

 I francesi stanno depredando il settore agroalimentare italiano

Anche il settore agroalimentare è un bel bersaglio. Una buona fetta è finita anche nelle tasche dei francesi. A partire dal Gruppo Lactalis, che ha acquistato la Parmalat. Due anni fa, il gruppo francese Cristalco ha fatto suo il 49% del capitale sociale dei zuccherifici Eridania. Dall’inizio dell’anno hanno cambiato padrone altri tre importanti marchi. Prima Riso Scotti, che ha ceduto il 25% del suo capitale al colosso alimentare spagnolo Ebro Foods per un assegno di 18 milioni di euro. Quindi è toccato all’azienda vinicola Casanova, sottratta da un industriale di Hong Kong specializzato nel settore farmaceutico.

 Infine, i pomodori pelati del gruppo Ar Alimentari, primo produttore italiano, sono stati venduti alla società anglo-giapponese Princes, controllata dalla Mitsubishi. Secondo la Coldiretti, la Confederazione dell’organizzazione di produttori agricoli, la fuga dei marchi agroalimentari costa ogni anno alla penisola un giro d’affari di una decina di miliardi di euro. Anche la grande distribuzione non ne è rimasta immune, presa d’assalto da Carrefour, Castorama, Auchan e Leroy-Merlin.

 Lo spettro delle delocalizzazioni

Nel settore della moda, la Francia ancora una volta fa la parte del leone in Italia. Il brand dello stilista Gianfranco Ferré è stato acquistato da Paris Group, mentre Bernard Arnault si è dato alla gioielleria strappando il colosso mondiale con un fatturato annuo vicino a 1,2 miliardi di euro. Nell’industria, i tedeschi hanno battuto il famoso produttore di moto Ducati, passata sotto l’Audi Cup per 860 milioni di euro.

Il cambiamento di proprietà spesso comporta lo spostamento di risorse finanziarie della società acquisita, la delocalizzazione della produzione, la chiusura degli stabilimenti e una riduzione nell’occupazione“, ha detto Sergio Marini, presidente dell’associazione degli agricoltori Coldiretti.

 Due esempi confermano queste parole: l’acquisto di Parmalat da parte del Gruppo Lactalis, che ha beneficiato del recupero di liquidità dopo il salvataggio del gruppo e l’ondata di licenziamenti negli stabilimenti  Fiorucci, acquistati nel 2011 dal gruppo iberico Campofrio.

 Come fermare il massacro del made in Italy e frenare la fuga delle grandi marche?  ”Creando un settore agricolo totalmente italiano e potenziando il motore industriale utilizzando misure sostenibili” questa la proposta di Sergio Marini. Purtroppo l’esecutivo italiano che ha recentemente appreso del nuovo abbassamento di rating da parte dell’agenzia Standard & Poors non ha davvero la testa per pensare agli investimenti.

 Articolo originale: ‘L’Italia perde i suoi gioielli di famiglia’ – di Ariel Dumont apparso su fr.myeurope.info

Traduzione di Caludia Marruccelli e Cristina Bianchi per www.italiadallestero.info

Il Governo degli Utili Idioti: 8 miliardi di deficit solo a maggio, lo Stato tassa e la banca incassa

Scritto da Viviana Pizzi 

Pubblicato Giovedì, 18 Luglio 2013 

 A furia di subire l’ondata mediatica di quotidiane stronzate colossali – dall’orango alla kazaka, fino al pistolino di Berlusconi – si corre il forte rischio di guardare il dito e perdere di vista la luna. Che è piena di debiti. Gli Utili Idioti del Governo Letta, nel solo mese di maggio, sono stati in grado di accumulare oltre 8 miliardi di deficit. Il debito pubblico, lo abbiamo detto ieri, ha toccato cifre record. Ecco perché siamo sull’orlo del baratro.

 IL DEFICIT DI LETTA – Non hanno avuto  lo stesso risalto però hanno avuto le notizie sul deficit del settore statale nei primi quaranta giorni di Governo Letta. Quel segno meno che potrebbe portare il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni a chiedere ancora lacrime e sangue ai cittadini italiani.

 Prima di snocciolare dati e cifre occorre spiegare che cosa si intende per settore statale. Non si tratta di altro che l’aggregato costituito dalbilancio dello Stato e dalla gestione di Tesoreria, quest’ultima ricomprendente le operazioni dei bilanci delle Aziende autonome, della Cassa Depositi e Prestiti nonché altre operazioni di Tesoreria.

 Ora andiamo ai dati e vediamo che la tendenza negativa tra entrate e uscite continua anche nel mese di maggio. Tutto compreso nel periodo di Governo di Enrico Letta. Questi i dati comunicati dal ministero dell’Economiagli incassi dello Stato sono di 34, 786 miliardi di euro contro i pagamenti che ammontano invece a 43,563 miliardi di euro dei quali quelli per interessi sono di 7, 360 miliardi di euro.

 Il dato allarmante è quello che nel solo mese di maggio si sono accumulati 8,777 di deficit che deve essere coperto.Per i titoli a breve termine sono stati investiti 3,575 miliardi di euro. Per quelli a lungo termine 24, 721 miliardi di euro. Per un totale di meno 20, 017 miliardi di euro derivante da altre operazioni.

 Certo il deficit rispetto al mese di aprile in cui ha toccato punte di 11,072 miliardi di euro è in diminuzione ma l’allarme resta. Una tendenza tutta negativa quella del 2013 che a gennaio era di 2,437 miliardi di euro, a febbraio ha raggiunto un deficit di 12,522 miliardi di euro e a marzo il record dell’anno con 21,489 euro. Quando il governo Monti lavorava soltanto per le questioni di ordinaria amministrazione e non si riusciva a trovare la quadra del cerchio per formare un nuovo esecutivo con annesso ministro dell’Economia.

 L’ultimo dato positivo riguarda dicembre 2012 in concomitanza con la fine dell’esecutivo tecnico quando si segnava un surplus di 13,208 miliardi di euro.

 I guai del Governo Letta da allarme rosso purtroppo non terminano qui. E’ di poche ore fa infatti la notizia secondo cui il deficit ha portato a un aumento record del debito pubblico.

 DEBITO RECORD – A maggio di quest’anno è aumentato di 33,4 miliardi di euro rispetto al mese precedente raggiungendo un livello di 2.074,7 miliardi di euro. Un record assoluto per tutto il 2013.

 La Banca d’Italia nel comunicarlo ha specificato anche che l’aumento riflette principalmente l’incremento di 20,4 miliardi nelle disponibilità interne liquide del Tesoro che hanno raggiunto 62,4 miliardi contro 35,8 nel mese di maggio del 2012. Ha inciso nell’aumento del debito pubblico anche i fabbisogno delle amministrazioni pubbliche del mese che è pari a 11,5 miliardi di euro. Dati che fanno certamente a pugni con quello che predica il Governo Letta in quota Pdl che chiede di eliminare l’Imu e di non toccare l’Iva.

 Sono proprio questi ultimi dati che hanno contribuito alla situazione disastrosa in cui si trova l’Italia. Infattile le entrate fiscali sono cresciute, ma moderatamente, attestandosi nei primi cinque mesi del 2012 a quota 143,171 miliardi di euro con uno 0,7% in più rispetto al periodo gennaio-maggio 2012. I mancati incassi Iva, l’imposta sui consumi, avrebbero provocato la situazione attuale. In Italia si è verificato un calo del 6,8% indietro di quasi 9 punti rispetto, per esempio, al Regno Unito che nello stesso periodo ha visto crescere il gettito Iva dell’1,9%.

 In ogni caso, l’andamento del gettito Iva per l’Italia nei primi cinque mesi del 2013 è il peggiore tra i più grandi Paesi europei.

 LA SPECULAZIONE – Lo Stato ha due modi per recuperare i soldi del deficit e il debito pubblico. Il primo è quello più impopolare dell’aumento della fiscalità sui cittadini. Altro che abolizione dell’Imu o blocco dell’Iva. Una situazione che potrebbe portare il Governo Letta ad avere vita breve.

 Perché da una parte dovrà dare ascolto alle strategie politiche e cercare di aumentare il meno possibile le imposte come chiede il Pdl. Dall’altro però non può permettersi di far sì che la crisi economica aumenti a vista d’occhio come è avvenuto anche durante il Governo del suo predecessore Mario Monti.

 Aumentare le tasse significherebbe quindi creare una nuova crisi di governo e nuova instabilità politica. L’unica alternativa resta quindi quella di chiedere prestiti alle banche.

 Ma come funziona? L’esempio ci è stato fornito da Luigi Pandolfi in un articolo di Micro Mega.it. Ha spiegato tutto partendo da dei dati del dicembre 2011, quando i venti della speculazione soffiavano davvero forti. Fu allora che la Banca Centrale Europea (come potrebbe farlo anche oggi) ha accordato a 523 banche private europee finanziamenti per circa 500 miliardi di Euro a un tasso fisso agevolato dell’1%. Una cifra con la quale le banche hanno acquistato titoli di Stato a un rendimento del 5-6%.

 In quel periodo la Banca d’Italia dopo l’asta della Bce ha acquistato Btp e altri titoli affini per un importo di circa 30 miliardi di euro passando in termini di portafoglio complessivo da 209 miliardi a 237 in un solo mese. Una cosa simile si è verificata anche qualche mese dopo. Con la seconda base d’asta della Bce del febbraio 2012. Quando vennero assegnati 530 miliardi di euro a 800 banche europee. Mille miliardi in tre mesi, pari alla metà del nostro astronomico debito pubblico che sembra ingestibile agli occhi dei poco esperti.

 LO STATO TASSA, LA BANCA INCASSA – Gli ingranaggi si muovono così. Lo Stato si svena verso l’Europa tartassando di imposte i propri cittadini e cancellando i più elementari diritti emettendo nuovi titoli del debito pubblicoLa Bce incassa questi soldi e li presta a banche private tra cui anche la Banca d’Italia. Gli istituti di credito invece di finanziare imprese in difficoltà li danno agli  Stati con interesse quattro o cinque volte superiori a quelli con cui li hanno ricevuti.

 Il denaro che circola è sempre lo stesso ma i perdenti sono i cittadini mentre chi ci guadagna sono le banche e gli speculatori finanziari. Ed è proprio per questo motivo che gli Stati e le banche non hanno quindi alcun interesse ad azzerare il debito perché altrimenti non ci sarebbe nulla da guadagnarci. Nel 2012 con i soldi della Bce hanno guadagnato più di 15 miliardi di euro. I ricavi del 2013 sono ancora ignoti mentre Berlusconi e Letta possono continuare a giocare al teatrino Imu e Iva si o no.

 http://www.infiltrato.it/economia/il-governo-degli-utili-idioti-8-miliardi-di-deficit-solo-a-maggio-lo-stato-tassa-e-la-banca-incassa#sthash.2Lv2HZUs.dpuf

“Non sappiamo più cosa mangiare”. Caivano, scoperto un altro campo di veleni

Oggi a Caivano (Napoli) è stato sequestrato un campo di veleni: sostanze di sostanze tossiche e cancerogene nel pozzo usato per l’irrigazione. Altri quattro sequestri del genere sono avvenuti nelle ultime settimane. “Non sappiamo più cosa mangiare. Abbiamo paura“, scrive il parroco su Facebook

 Si va delineando un quadro sempre più terribile della “terra dei fuochi” fra Napoli e Caserta martoriata dagli sversamenti illegali di rifiuti industriali dove i casi di cancro sono aumentati fino al 300% in cinque anni: chi può dire dove il suolo è pulito e adatto alla coltivazione e dove invece non lo è?

 Il pozzo sequestrato oggi a Caivano si trova in località Ponte della Tavola: nell’acqua il cloruro di metilene supera del 700% la soglia massima di legge e il cianuro ha una concentrazione non meglio precisata ma comunque altissima.

 Il cianuro, oltre ad essere un potente e conosciutissimo velenoviene usato per cromature, nichelature, dorature e in genere per creare rivestimenti sottili di metalli pregiati. Il cloruro di metilene è un solvente chimico per sverniciare e sgrassare. E’ tossico e cancerogeno.

 A proposito della vicenda, il professor Antonio Marfella, oncologo e tossicologo dell’istituto per tumori Pascale di Napoli, ha pubblicato una nota su Facebook: il social network è diventato il mezzo principale per la diffusione delle notizie sui veleni nella “terra dei fuochi”, dato che esse raramente trovano eco sui maggiori media.

 Il professor Marfella spiega che il cloruro di metilene è tipico, fra l’altro, della produzione di borse e scarpe, capillarmente diffusa in nero nella zona e grazie alla quale numerosissime famiglie mettono insieme il pranzo con la cena: da qualche parte i residui chimici delle lavorazioni e delle tinture dovranno pur finire, e certo non possono essere avviati allo smaltimento regolare…

 In questo senso, dice in sostanza il professore, la gente della “terra dei fuochi” è “vittima e carnefice di se stessa” oltre che di un sistema produttivo “sbagliato, basato sul profitto e sul lavoro in nero”.

 Come scrive Il Mattino citando come fonte la Forestale intervenuta nel sequestro di oggi, le sostanze trovate nell’acqua con cui veniva irrigato il campo di Ponte della Tavola sono ben diverse dai metalli pesanti e dalle variegate schifezze di cui erano farciti i campi precedentemente sequestrati a Caivano: ed il problema non è un singolo terreno o un singolo pozzo per l’irrigazione. Il problema sono le condizioni della falda sotterranea d’acqua che assicura l’irrigazione nella zona.

 I problemi praticamente non esistono per coloro che – come me – abitano in tutt’altro luogo e magari potrebbero mangiare (o potrebbero aver mangiato) un pomodoro cresciuto sul terreno avvelenato. I problemi invece esistono, eccome, per coloro che tutti i giorni si chinano su quei campi.

 Il parroco di Caivano, padre Maurizio Patriciello, lo ha scritto a chiare lettere in una nota diffusa su Facebook. Il sacerdote domanda ai politici “Non sentite sulla coscienza il peso di tante morti?”, lancia un appello a medici, esperti e ambientalisti perchè corrano in aiuto della Campania e infine scrive:

 E voi, campani, ossequiosi e orgogliosi, mettete da parte ogni inutile orgoglio (…) Una cosa è certa: questo popolo – il vostro popolo – sta morendo. Sotto gli occhi di tutti. Anche e soprattutto i vostri. E nessuno sa chi sarà il prossimo a dovere essere colpito dal cancro. Siamo impauriti. È vero. Come potrebbe essere altrimenti? Non sappiamo più che cosa mangiare. È vero. Chi ce lo deve dire? Intanto la Polizia forestale sequestra altri campi. Veleno. Veleno. Veleno. Disonesti. Disumani. Criminali. Non hanno ucciso un uomo, ma intere generazioni.

http://blogeko.iljournal.it/non-sappiamo-piu-cosa-mangiare-caivano-scoperto-un-altro-campo-di-veleni/74816

 

L’EGITTO STRETTO TRA IL FMI E SOROS

Di comidad del 18/07/2013 

Ci voleva la solerzia dei nostri media ufficiali per evitare di sottolineare la coincidenza temporale tra l’abdicazione dell’emiro del Qatar, Al Thani, e la deposizione del suo protetto, il presidente egiziano Morsi, leader dei Fratelli Mussulmani. Al Thani ha abdicato, a favore di uno dei figli, il 24 giugno e, appena una settimana dopo toccava a Morsi di cedere il potere a causa di un colpo di Stato militare.

Gran parte dei commenti specializzati ha posto in evidenza l’insorgenza di sempre più gravi contrasti tra le due più influenti monarchie del Golfo Persico, il Qatar e l’Arabia Saudita. Questi contrasti sono andati a riflettersi in un aumento della conflittualità tra i movimenti politico-religiosi finanziati rispettivamente dal Qatar e l’Arabia Saudita, cioè i Fratelli Mussulmani ed i Salafiti. Si tratta di una conflittualità che non si sta esprimendo solo in Egitto, ma ora anche tra le milizie che cercano di abbattere il regime di Assad in Siria; milizie che ricevono la maggior parte dei loro finanziamenti proprio dal Qatar e dall’Arabia Saudita, le due potenze che hanno investito di più nel progetto di aggressione indiretta contro la Siria da parte della NATO.

L’eccezionale attivismo del Qatar negli ultimi tre anni ha sicuramente accentuato la sua rivalità con l’Arabia Saudita, in quanto entrambe le monarchie cercano di conquistarsi una leadership, nel senso di un ruolo privilegiato di guardiani del colonialismo USA. Le ambizioni dell’Arabia Saudita si misurano anche dal livello dei suoi acquisti di armi, ed infatti oggi questa monarchia costituisce il principale acquirente di forniture militari da parte del Pentagono.

D’altra parte, potrebbe anche non essere l’Arabia Saudita il principale ostacolo che Al Thani ha incontrato sulla via dei suoi sogni di grandezza. Nella vicenda egiziana agiscono infatti, in modo diretto e palese, anche altri attori, come il Fondo Monetario Internazionale. Il maggior finanziatore del regime dei Fratelli Mussulmani è stato il Qatar, il quale non si è limitato al finanziamento diretto, ma si è anche posto come garante di possibili prestiti per circa venti miliardi di dollari all’Egitto da parte del FMI. A quanto pare, però, sono state proprio le garanzie offerte dal Qatar a determinare le difficoltà di negoziato che hanno allungato i tempi per la concessione dei prestiti. Grazie a quelle garanzie, Morsi ha visto crescere il proprio potere contrattuale nei confronti del FMI, il quale non è riuscito così ad imporre le consuete condizioni connesse a questi prestiti, cioè le famigerate “riforme strutturali”, che, nel caso egiziano, prevedono anche l’abolizione dei sussidi per la benzina.

Le imponenti manifestazioni di piazza contro Morsi sono state il motivo, o l’alibi, per la deposizione e l’arresto del presidente “democraticamente eletto” da parte dei militari egiziani. Certo che, se l’impopolarità di Morsi era più che giustificata, risulta anche strano vedere un popolo egiziano che si agita per consentire un cambio di regime che ha condotto al ruolo di vicepresidente un noto amico del FMI come El Baradei. Morsi aveva compiuto parecchi crimini, sia in patria che fuori, ma ora si ritroverebbe contestato dalla piazza, e poi liquidato, non per quei crimini, ma per non aver voluto togliere i sussidi alla popolazione. Ormai è noto che le “rivoluzioni colorate” spesso fagocitino autentiche istanze e rivendicazioni popolari, per poi deviarle attraverso tecniche di intossicazione ed infiltrazione.

I nostri media si sono fatti anche sfuggire l’occasione per sottolineare i legami della nostra attuale ministra degli Esteri, Emma Bonino, con il nuovo vicepresidente egiziano, El Baradei. Entrambi infatti sono fra i soci fondatori di un’altra delle creature dell’ottantenne finanziere “filantropo” George Soros, l’ICG (International Crisis Group); un’organizzazione non governativa no profit, che si avvale sia di finanziamenti da parte di privati che da parte di governi, a conferma che il denaro del contribuente è davvero ben speso. Come tutte le privatizzazioni, anche la privatizzazione della politica estera è stata attuata, manco a dirlo, con denaro pubblico.

Soros è una di quelle figure che presentano un lato davvero istruttivo, poiché liquidano le retoriche e le mitologie pseudo-storiografiche sulla cosiddetta “borghesia”, e riconducono il “capitalismo” alla sua nozione autentica ed originaria di pirateria e di crimine organizzato. Una di queste associazioni di pirati ottenne la legalizzazione dal governo britannico nel 1600, e divenne ufficialmente la Compagnia delle Indie Orientali, l’antenata delle attuali multinazionali. Ma anche la società segreta americana degli “Skull and Bones” – come indica il suo stesso nome “Teschio e Ossa”- operava agli inizi dell’800 nel campo della pirateria e del traffico di oppio. Questa organizzazione criminale ottenne a sua volta la legalizzazione nel 1842, con il nome di Russell and Company, diventando ufficialmente una impresa commerciale, che operò “regolarmente” in Cina sino al 1891. Installatasi nell’Università di Yale, la “Skull and Bones” è diventata una delle matrici dell’oligarchia americana e dell’attuale CIA, la quale ovviamente continua la tradizione di famiglia del traffico di droga. Che anche il filantropo Soros risulti essere un trafficante di droga, a questo punto appare addirittura doveroso. A proposito di filantropia, oggi persino la “Skull and Bones” è registrata ufficialmente come una “charity”, cioè un’associazione di beneficenza, cosa che le consente l’esenzione dalle tasse federali.

Come le altre ONG create dall’insano vegliardo, l’ICG si spaccia come espressione di “filantropismo privato”, cioè come agenzia di “risoluzione di conflitti internazionali”. Ma, di fatto, l’ICG i conflitti li promuove, ponendosi come agenzia di destabilizzazione e di “rivoluzioni colorate”, e come sostenitore di “interventi umanitari” armati nelle aree di crisi, come nel caso del Kosovo. Tra il 1999 ed il 2000, l’attività dell’ICG fu determinante nel creare il clima mediatico, e nel confezionare il castello di “prove”, utili a presentare il presidente serbo Milosevic come un aggressore e la NATO come un soccorritore.

Ma nei suoi rapporti sulla situazione kosovara, l’ICG si spingeva praticamente ad impartire istruzioni alla missione NATO, giungendo al punto di fissare precise scadenze temporali per le privatizzazioni delle imprese statali. Per la serie: quanto rende la filantropia.

Se il sedicente Occidente fosse anche lontanamente ciò che dice di essere, l’onnipresenza di Soros verrebbe riconosciuta come un problema persino se si trattasse davvero di un benintezionato. L’etichetta spregiativa e sbrigativa di “teoria del complotto” consente infatti di liquidare dei casi marchiani di conflitto di interessi. Che un finanziere privato possa essere al contempo un soggetto attivo di politica estera, e che inoltre possa avvalersi di tutte le opportunità di immunità fiscale e di riciclaggio offerte dal no profit, costituisce un palese assurdo in un mondo in cui qualsiasi poveraccio viene costretto ad inchinarsi alle forche caudine delle norme antiriciclaggio agli sportelli delle banche, e ai controlli antiterrorismo ed antidroga negli aeroporti. Nel “libero” Occidente la minaccia sarebbe rappresentata sempre e solo dai poveri, mentre la ricchezza conferisce uno status di superiorità morale.

I conflitti di interessi di Soros ricadono anche sui suoi diretti collaboratori, perciò ci sarebbe da rimanere perplessi sulla legittimità della nomina di El Baradei a vicepresidente egiziano, per quanto ad interim. El Baradei ha infatti lasciato le sue cariche nell’ICG solo nel 2011, all’atto del suo rientro in Egitto. La sua attività per destabilizzare il regime di Mubarak fu però sempre supportata dall’ICG, che si adoperò anche per il rilascio dello stesso El Baradei quando questi venne arrestato.

Dell’ICG fa parte anche un ex membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale USA, il notissimo Zbigniev Brzezinski, il quale però recentemente si è fatto notare per aver preso le distanze dalla politica dell’amministrazione Obama sulla Siria. Va sottolineato che le posizioni di Obama sulla Siria sono le stesse dell’ICG. Brzezinski ha ammesso pubblicamente quanto già si sapeva, e cioè che la “rivolta” in Siria è in realtà una invasione di milizie mercenarie, finanziate ed indottrinate da Qatar ed Arabia Saudita. Brzezinski suggerisce ad Obama un cambio di strategia e la ricerca di un accordo con Russia e Cina. La posizione meno cedevole tenuta da parte di Russia e Cina nel caso siriano, forse fa intravedere il risorgere di un equilibrio di potenza, e sembra che Brzezinski inizi a registrarlo.

 

E una poltrona per Ingroia secondo voi non saltava fuori? Crocetta lo nomina commissario di una SPA pubblica

L’amico Rosario Crocetta è riuscito finalmente a piazzarlo come commissario di “Sicilia e-Servizi”, società pubblica per l’informatizzazione che sarà commissariata “al più presto” perché “c’è una truffa di circa 200 milioni di euro”. Il governatore della Regione siciliana – che già aveva provato a dare ad Ingroia l’incarico della società che gestisce le riscossioni – ha spiegato infatti che “alla Sicilia e-Servizi lavorano la figlia di Stefano Bontade, il capomafia, e alla Venture il genero”.
“È una società molto strana la Venture, fa parte del cartello di Sicilia e-Servizi ma prende tutti i suoi appalti”, ha aggiunto Crocetta, “Per questo provvederemo immediatamente a commissariare la società, c’è una truffa di circa 200 milioni di euro. Soldi presi in violazione delle norme comunitarie che prevedono il principio della libera concorrenza”.
 
Fonte: bastacasta.altervista.org

“Hollande sapeva di quel conto”

La Commissione d’inchiesta: “Era al corrente dei soldi in Svizzera di Cahuzac”

PARIGI – Terremoto (politico) in arrivo a Parigi? Il presidente francese Francois Hollande era “perfettamente informato” del comportamento fiscale dell’ex ministro del Bilancio Jerome Cahuzac, che ha mentito davanti ai francesi sul suo conto svizzero: è quanto afferma Charles de Courson, presidente della commissione d’inchiesta parlamentare sulla gestione da parte del governo dell’affaire Cahuzac.

“Abbiamo le prove che il presidente era perfettamente informato”, ha dichiarato il deputato centrista dell’Udi, intervistato da France 2. Per lui, l’ex sindaco di Villeneuve-sur-Lot, Michel Gonelle, che era in possesso delle registrazioni in cui si sente Cahuzac parlare del suo conto in Svizzera, “ha informato il vicedirettore di gabinetto del presidente (Alain Zabulon, ndr) il 15 dicembre, che è immediatamente andato dal segretario generale dell’Eliseo (Pierre-René Lemas), e tutti e due sono andati dal presidente nel suo ufficio”. “Quindi, (Francois Hollande, ndr) lo sapeva dal 15”, conclude de Courson.
http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/87816/hollande-sapeva-di-quel-conto.html

Goldman Sachs raddoppia gli utili mentre l’economia soffre

Può sembrare un controsenso in questo periodo di crisi economica mondiale,  eppure le banche non sembrano fermarsi. Goldman  Sachs, una delle più importanti banche di investimento al mondo,  polverizza le attese raddoppiando gli utili. La maggior parte degli utili  conseguiti da uno dei più grandi player sul mercato provengono da attività di trading su materie prime, dal comparto fixed  income e dal mercato valutario. Il fatturato generato  è pari a 2,46 miliardi di dollari mentre i profitti  netti balzano a 1,93 miliardi di dollari contro i “soli” 962 milioni di  dollari dello stesso periodo dell’anno precedente.

Sui numeri rilasciati, arrivano subito le parole del numero uno di Gs, Lloyd  Blankfein che ha definito i conti della banca molto solidi, complici  di una situazione economica di ripresa che ha guidato i clienti verso una minore  avversione al rischio.
I dubbi su questa dichiarazione non sono pochi. Per prima cosa sembra  allargarsi il divario tra economia e finanza: mentre banche di  investimento come Goldman Sachs continuano a  generare profitti, l’economia reale deve essere aiutata dalla banche centrali  che operano in simbiosi con il sistema finanziario. Bce, Fed e Boj hanno aiutato  il sistema con liquidità facile, il che ha permesso alle banche più “scaltre” di  generare profitti tramite il giusto collocamento delle risorse nei mercati  finanziari in crisi, ottimi per sfruttare occasioni a breve termine.
Il miglior esempio di ciò che viene detto è il fatto che molte banche, almeno  in Europa, hanno usato la liquidità dell’LTRO per appianare gli spread e  comprare titoli a reddito fisso con prezzi a dir poco scontati. L’occasione è  stata ben sfruttata e vedendo i numeri di Goldman Sachs, sembra proprio che  anche la banca americana non si sia lasciata sfuggire l’occasione: non a caso  uno dei comparti che ha generato più utile nell’ultimo trimestre è proprio  quello del fixed income (reddito fisso). Per non parlare dei profitti da  trading, profitti relativamente facili per un grande player come GS, complice la  liquidità della banche centrali che aiuta la disposizione di risorse per le  banche di investimento.
Osservando quindi i numeri di Goldman Sachs, vediamo che gli utili  stratosferici della banca non provengono da settori legati  all’economia quali i prestiti, bensì da attività che una sola  istituzione finanziaria può compiere, così come l’operatività in materie prime,  dal comparto del reddito fisso e dal trading sul mercato valutario, mercato non  regolamentato e più facilmente agibile per un player importante come GS che può  operare direttamente nel mercato interbancario.Mentre l’economia mondiale soffre la crisi, la finanza continua a bruciare i  target.
David Pascucci
Fonte: http://it.ibtimes.com/articles/52926/20130716/trimestrale-goldman-sachs.htm#ixzz2ZHAgTGwc