Fukushima, l’acqua di falda ora è venuta a contatto col materiale radioattivo dei reattori?

fukushima

I casi secondo me sono due. O la Tepco – la società proprietaria diFukushima – sta finalmente cominciando a fare la doccia sotto la fontana della verità o alla centrale nucleare giapponese affetta da triplo meltdown l’acqua della falda sotterranea sta in questi giorni venendo a contatto con il corium, il materiale altamente radioattivo simile alla lava prodotto dalla fusione dei reattori. Il corium è sicuramente uscito da tutti i reattori; nessuno sa dove si trovi.

 La notizia: il Cesio radioattivo, fino a tre giorni fa trovato solo in tracce nell’acqua di falda attorno a Fukushima, ora supera di 200 volte la concentrazione massima ammessa dalla legge giapponese negli scarichi delle centrali nucleari.

 Il Cesio è l’elemento che – quantitativamente, almeno – a Fukushima faceva la parte del leone nelle emissioni di radioattività nell’aria ed è da sempre massicciamente presente nell’acqua di falda che filtra dentro gli edifici dei reattori. Ora per la prima volta, appunto, c’è una notevole concentrazione di Cesio radioattivo anche nell’acqua di falda fuori dai reattori.

 Riassunto delle puntate precedenti per inquadrare la vicenda. L’acqua di falda fin dall’inizio della crisi, due anni fa, entra negli edifici sotterranei (crepati) che ospitano i reattori in meltdown, crepati anche loro. Diventa fortemente radioattiva; viene pompata via, decontaminata del Cesio e stoccatain attesa di decidere che farne. Ormai l’area attorno a Fukushima è tappezzata di serbatoi e la situazione sta diventando ingestibile anche solo dal punto di vista dello spazio e dei volumi.

 La Tepco ha sempre effettuato periodiche analisi dell’acqua di falda. Fino a giugno non risultava contaminazione. Poi sono iniziate le ammissionitrovati stronzio e trizio in quantità decisamente superiore a quella ammessa per gli scarichi delle centrali nucleari; radioattività pari a 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi che emettono raggi beta nel campione prelevato dal pozzo 1 (niente Cesio, però); radioattività pari a 900.000 becquerel al litro per tutti gli elementi che emettono raggi beta bel campione prelevato dal pozzo 2, con tracce di Cesio 134 e Cesio 137 per un valore pari complessivamente a 301 becquerel al litro.

 Fin qui il riassunto. L’assenza (o la modesta presenza) di Cesio poteva essere spiegata con l’ipotesi che la contaminazione della falda provenisse da perdite del sistema di decontaminazione dell’acqua pompata fuori dagli edifici dei reattori di Fukushima: il sistema è infatti progettato per abbattere innanzitutto il Cesio, l’elemento preponderante.

 Adesso il nuovo prelievo effettuato dal pozzo numero due ha fornito un dato pressochè invariato rispetto a tre giorni fa per la contaminazione complessiva da elementi che emettono raggi beta: 890.000 becquerel al litro. Ma il valore del Cesio 134 è salito a 9.000 becquerel al litro e il valore del Cesio 137 è salito a 18.000 becquerel al litro. Totale, appunto 27.000 becquerel di Cesio radioattivo.

 Soprattutto, il Cesio radioattivo è aumentato di 90 volte in tre giorni appena. La concentrazione di Cesio 134 e Cesio 137 supera, rispettivamente, di 150 e di 200 volte i limiti di legge per gli scarichi delle centrali nucleari.

 Io ho ipotizzato che la presenza del Cesio radioattivo derivi dall’avvenuto contatto fra corium e acqua di falda, ma la Tepco dice di non sapere da dove viene il Cesio. Dice anche di non sapere se finisce nell’oceano Pacifico (Fukushima sorge proprio sulla riva) insieme all’acqua di falda.

http://blogeko.iljournal.it/fukushima-lacqua-di-falda-ora-e-venuta-a-contatto-col-materiale-radioattivo-dei-reattori/74621

 

Alla Fiat Pomigliano-Nola un reparto-confino e regali di Stato per licenziare

A 5 anni e 2 mesi dal suo cosiddetto allestimento il sito di Nola non è mai entrato in funzione e la Fiat ha incassato un altro anno di cassa integrazione a “perdere” (dal 15 luglio 2013 al 13 luglio 2014) per poter continuare a tenere fuori dalla fabbrica (a fare niente – e con calma licenziare) i lavoratori ivi deportati per discriminazione sindacale e/o sanitaria. Il tutto – come rileva una nota deil sindacato di base Slai-Cobas – con evidente e complice copertura del Ministero del Lavoro e del suo collegato ufficio periferico – settore ORMEL – presso la Giunta Regionale della Campania, che in questi 5 anni pare abbiano violato e/o omesso gli inerenti obblighi di controllo dei piani industriali. Questo tipo di “aiuto di Stato” è emblematico delle scandalose modalità di concessioni economiche pubbliche alla Fiat: 2 miliardi di euro di sola cassa integrazione negli ultimi 10 anni (a fronte di piani industriali fasulli). Ammortizzatori sociali di rilevante importo economico pubblico con cui la Fiat di Marchionne sta facendo finta di tenere aperte le fabbriche mentre in realtà chiude, ridimensiona e delocalizza all’estero.
Vi sono iniziative giudiziarie di Slai cobas in corso sulla vicenda di Nola e per il reintegro a Pomigliano dei lavoratori deportati: l’udienza è prevista al Tribunale di Napoli il 26 novembre 2013.
Ulteriori iniziative giudiziarie anche a carico delle proposte funzioni pubbliche di controllo saranno attivate da Slai cobas, sia amministrative che per l’individuazione di eventuali ipotesi di reato.
 

11 Luglio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21955

La finanza abbaia dove la politica non morde

Scritto da: Gianni Petrosillo (10/07/2013)
Quando un Paese è politicamente debole la finanza internazionale prende il sopravvento imponendo la sua visione con prescrizioni dolorosissime. In Italia essa può persino spadroneggiare, entrando nei dettagli dell’agenda istituzionale, in virtù della sponda offerta dai corrispondenti poteri dominanti e settori speculativi autoctoni, i quali essendo in profonda decadenza, come tutto il resto della repubblica, sopravvivono favorendo tali influenze esterne che surrogano il capitale di credibilità di cui non dispongono in proprio.

In questa situazione di costante interferenza decisionale, percepita come naturale dai partiti e dai loro rappresentanti privi di spina dorsale, l’ascendente straniero ed il giudizio dei mercati è l’unica investitura che conta, anche più del mandato elettorale che, invece, diventa mero accidente del processo democratico dal quale si deve passare per salvare almeno le apparenze.

Questo atteggiamento servile, prolungato nel tempo e nelle fasi della vita nazionale, ha aperto la strada ad un assoggettamento politico via via più profondo, divenuto consustanziale all’ideologia e ai programmi di tutti gli attori che concorrono a gestire il Paese, ad ogni livello sociale.

Nessuno vede più il pericolo della suddetta passività essendo questa la sostanza stessa della loro ragione esistenziale.  Infatti, appaiono tutti entusiasti di occupare la stanza dei bottoni  pagando la pigione a potentati esotici che, spronandoci o bacchettandoci, vengono a riscuotere il “conquibus” accompagnati da zelanti emissari (vedi la Troika). E se non basta a terrorizzarci c’è sempre la severità irreprensibile di  altri ambienti ancor più spettrali chiamati mercati.

Cosicché ci ritroviamo, solo per citare un esempio esemplificativo ed esplicativo, il FMI (Fronte monetario internazionale?) che raccomanda all’Esecutivo italiano di mantenere l’IMU per ragioni “di equità e di efficienza”. Sentire i “fondisti” parlare di equità ed efficienza dopo quello che hanno combinato in tutto il mondo, ovunque ci fossero problemi di ristruttuazione economica da loro mutati in autentiche tragedie civili, è veramente spassoso.  Insomma, è la solita ingerenza indebita nella sovranità nazionale segretamente invocata dai medesimi pavidi che ci (s)governano a Roma. Proprio come vi dicevo in principio.

Caso mai non avessimo capito bene di che si tratta hanno rafforzato la dose anche l’Unione europea e l’agenzia di rating statunitense Standard & Poor’s.  Mentre la prima si preoccupa di tenerci nella seria A dell’Unione, ma unicamente se raccoglieremo le sue raccomandazioni, la seconda ci retrocede in BBB, vicino alla spazzatura dove giocano i bidoni.

Ci tirano per lo Stivale per lasciarci scalzi. Per dare un calcio agli sciacalli della finanza e ai loro padrini di stanza nelle cancellerie mondiali occorre ripristinare il primato della politica attraverso la formazione gruppi dirigenti in grado di ricostituire un minimo di sovranità nazionale. Quelli attuali rappresentano l’esatto contrario dell’opzione “indipendentista”. La finanza abbaia esclusivamente lì dove la politica non morde e fugge con la coda tra le gambe per timore di affrontare le sfide dell’epoca storica. Chiunque non lavora a questo progetto finalizzato a ristabilire l’autonomia del popolo italiano o è inadatto alla politica oppure è un traditore.
http://www.conflittiestrategie.it/la-finanza-abbaia-dove-la-politica-non-morde

Sudditi e schiavi di oligarchi e parassiti

u.g.

“Tanto peggio, tanto meglio”: Così, purtroppo, siamo stati abituati a pensare noi italiani nell’assistere, stupiti e indignati, alle vicende tragicomiche che scuotono i vertici oligarchici e parassitari di questo Paese-colonia.
Siamo costretti a subire le politiche di rigore e di strangolamento fino al sottosviluppo imposte da una troika Fmi-Bce-Ue che rappresenta soltanto i poteri finanziari dominanti?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
Una prima società di monitoraggio finanziario – la Standard & Poors, poi verranno le altre – relega l’Italia con una sua “pagella” ad un voto quasi spazzatura (sottintendendo che gli italiani devono essere ancora spremuti dalle tasse – imu, iva – e dai vincoli di bilancio per pagare gli interessi alle banche che speculano con tassi usurai sul debito nazionale)?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
I delegati al governo di Roma dalla finanza internazionale e dalla loro “troika” – i Letta, gli Alfano, i Saccomanni – fanno gli gnorri: fanno finta che si tratti di “ordinaria amministrazione” e nascondono la verità dei fatti (duemila miliardi di euro di indebitamento con la finanza usuraia internazionale, duecento miliardi di debiti non pagati dallo Stato ai privati, prestiti usurai contratti dallo Stato fino all’ultima città d’Italia, castelli di carte e di derivati inventati da Mario Draghi e da Banca d’Italia per partecipare alla truffa dell’euro…), finanziamenti, a spese delle famiglie italiane, per “salvare le banche” o per donare loro denaro, si chiamino Morgan Stanley o Montepaschi?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
Assistiamo a una “giustizia”, a un sistema giudiziario, a varie velocità, con diseguaglianze di trattamento per questo o per quello secondo “l’utilità di immagine” o politica? E anche “irresponsabile”, cioè che non può essere perseguita per gli errori, anche gravi, che a volte commette?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
Assistiamo a proclami quotidiani contro gli “evasori” che si traducono nel furore di una persecuzione fiscale contro famiglie e piccole imprese, mentre ogni cittadino di buon senso sa bene che l’evasione è quella delle grandi società bancarie, finanziarie e multinazionali in sedi dorate come il Lussemburgo?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
Prendiamo nota delle tante parole per “risolvere la crisi”, “fare occupazione”, mettere in sesto l’economia, e ci accorgiamo che latitano, del tutto, i fatti?
Ci pieghiamo e speriamo in un’ipotesi di luce in fondo al tunnel.
No, no, no.
Siamo uomini liberi. Non siamo schiavi stretti da catene e con il buiolo e la scodella di latta graziosamente offerta dai nostri aguzzini.
Dobbiamo uscire dalla caverna, dal tunnel, e vivere all’aria aperta.
 


10 Luglio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21948

Perché l’Italia ancora declassata?

Il nuovo attacco della società di rating Usa contro i btp decennali è un’altra tappa dell’assedio dei mercati anglofoni all’euro

Andrea Angelini    

Il nuovo attacco della società di rating Usa contro i Btp decennali è un’altra tappa dell’attacco dei mercati anglofoni all’euro
Standard&Poor’s declassa ancora l’Italia
Andrea Angelini
La ricetta suggerita per riacquistare “credibilità” sui mercati finanziari è la stessa del FMI e della Commissione europea. Rimettere l’IMU sulla prima casa ed aumentare l’IVA dal 21 al 22%
Certe cose non succedono mai per caso.
Dopo il Fondo monetario internazionale, la Commissione europea, adesso anche Standard & Poor’s invita, ammonisce e ordina all’Italia di non togliere l’Imu sulla prima casa e di non perdere tempo a varare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%.
L’agenzia Usa di rating, famosa come la collega Moody’s per le previsioni campate in aria sul futuro di questo o quello Stato e sulle prospettive su questa o quella società, ha declassato il giudizio sui Btp decennali da BBB+ a BBB e ha ribadito come negative le prospettive economiche (il cosiddetto outlook) del nostro Paese.
Le società di rating Usa da anni conducono una lotta contro il sistema dell’euro, partendo dai Paesi più deboli dell’area Sud dell’Unione europea, caratterizzati, come l’Italia, da un alto livello del debito e del disavanzo pubblico.
Non si tratta di una questione da poco considerato che, come hanno sostenuto politici di governo ma anche esponenti della stessa Commissione europea, i giudizi delle agenzie di rating vengono emessi con una tempestività che appare quanto mai sospetta.
Si sfrutta al volo le difficoltà di un governo, in questo caso quello italiano, sapendo benissimo che un declassamento dei Btp decennali provocherà una vendita da parte di non pochi operatori finanziari che li tengono in portafoglio; provocherà un calo del loro valore di mercato e al tempo stesso obbligherà il governo ad alzare gli interessi sulle future emissioni.
In tal modo si aggraveranno i futuri impegni finanziari del Tesoro che dovrà reperire nuove entrate, si spingeranno in alto i rendimenti reali dei Btp e si accentuerà il differenziale (spread) con i Bund tedeschi che vengono considerati i più solidi e i più affidabili dell’Eurozona, i più solvibili sia come capitale che come interesse, in virtù della forza dell’economia della Germania.
Lo spread è divenuto la pietra angolare sulla quale basare il giudizio dei cosiddetti “mercati finanziari” su un Paese o su una società, tenendo ben presente che le società di rating possono offrire un serio contributo allo sputtanamento gratuito ed immotivato dei soggetti presi di ira.
Del resto che non si tratti di una cosa seria, come giudizi non come conseguenze, lo aveva detto anche uno come Dominique Strauss Kahn. L’ex direttore generale del FMI, tra un bunga bunga consumato ed un altro tentato, aveva dichiarato che i giudizi delle agenzie di rating erano basati sul nulla, essendo poi dei semplici funzionari a compilarli che dovevano giustificare agli occhi della clientela di investitori il pagamento dell’abbonamento mensile.
Basterebbe ricordare che Moodys, pochi mesi prima del fallimento, giurava e spergiurava sulla affidabilità patrimoniale e finanziaria della Lehman Brothers.
Se queste sono realtà di fatto, è sconfortante prendere atto che ci siano politici italiani o italioti che, invece di affermare che le società di rating sparano cazzate, arrivano a sostenere che l’Italia dovrebbe tenere conto delle perplessità delle stesse sul nostro presente e sul nostro futuro.
Lo stesso approccio idiota di taluni esponenti dell’attuale maggioranza, capaci soltanto di dire che si dovrebbe tenere conto delle rampogne del FMI e della Commissione europea sulla cancellazione dell’IMU o sul congelamento dell’IVA.
Siamo di fronte insomma alla solita cialtroneria dei politici italiani così condizionati dalla moda di dirsi favorevoli al Libero Mercato, che è in realtà la libertà di saccheggio concessa ai gangsters della finanza, da non rendersi conto di stare avallando in tal modo gli attacchi all’euro e il tentativo quasi completato di definitiva colonizzazione del nostro Paese.
Il rating di BBB è infatti appena un gradino sopra a quello di “titolo spazzatura” che caratterizza i titoli del debito pubblico greco. Esso implica una tappa successiva che si concretizzerà nel suggerimento all’Italia di vendere le quote pubbliche detenute dal Tesoro e dalla Cassa Depositi e Prestiti in società come Eni, Enel e Finmeccanica.
Quelle che ancora garantiscono all’Italia uno spazio autonomo in politica internazionale. Del resto, con un ministro ultra “atlantico”, ultra liberista, ultra mondialista ed ultra filo-americano come Emma Bonino il campo è libero per gli interventi più scellerati.
Una svendita che gli ascari dell’Alta Finanza presenti nella maggioranza giustificheranno con la solita necessità di diminuire il debito e il disavanzo pubblici e con la considerazione che non importa chi sia il proprietario di una azienda del genere se questa funziona bene e produce utili.
Lo sconforto che prende dalla realtà della politica italiana non dipende soltanto dall’esistenza di enormi problemi economici che sono sotto gli occhi di tutti ma anche dal prendere atto che non ci sono esponenti politici degni di questo nome.
L’umanità che bazzica Piazza Montecitorio o Corso Rinascimento, per non parlare dei Ministeri, è costituita da una turba di mezze calzette che non sanno nemmeno dove sorge il sole.
Persone che non soltanto ignorano la storia politica ed economica della Prima Repubblica ma che nemmeno vogliono conoscerla. Politicanti ai quali è sconosciuto il significato del principio dell’interesse nazionale e della sua difesa.
Cialtroni per i quali l’unico orizzonte mentale è rappresentato da una Unione europea che, ogni giorno che passa, dimostra sempre di più di essere stata costruita sul nulla. Una Unione europea che è incapace di fare la voce grossa contro la speculazione internazionale.
Una Unione europea che è incapace di mettere al suo posto una Gran Bretagna che continua ad agire, attraverso la City, come un nemico dell’Unione, una quinta colonna degli USA.
Soprattutto un nemico dell’euro e un difensore ad oltranza del ruolo della sterlina. E ovviamente del dollaro come moneta di riferimento nelle transazioni internazionali.
Nessuno sembra voler vedere i legami operativi destabilizzanti tra la City e Wall Street e i paradisi anglofoni nei Caraibi che si muovono contro i Btp italiani e i Bonos spagnoli.
E di riflesso contro l’euro.
Una speculazione che utilizza per tale destabilizzazione sia le agenzie di rating che le banche d’investimento dirette da autentici criminali, tipo Lloyd Blankfein, capo supremo della Goldman Sachs.
Se poi si scopre che un Mario Draghi è stato vicepresidente per l’Europa della Goldman Sachs e che i vari Gianni Letta, Romano Prodi, Mario Monti e il non compianto Tommaso Padoa Schioppa le hanno prestato consulenze, il quadro dell’orrore odierno diventa completo.
Senza scordare, dulcis in fundo, che Monti è stato consulente pure di Moody’s. E allora perché stupirsi del fatto che le reazioni contro le società di rating siano così tiepide?
Sull’indignato la reazione del Tesoro.
Si tratta, hanno detto da Via XX Settembre di una scelta “non condivisibile” in quanto è già stata superata dai fatti.
Un giudizio che guarda all’indietro e che non tiene conto delle misure più recenti prese dal governo.
Il giudizio di BBB significa infatti che l’Italia viene presentato ai clienti di S&P quasi come un Paese nel quale non è più conveniente investire. Peraltro, se il calo del Prodotto interno lordo a fine anno viene fissato dalla società di rating a un meno 1,9% contro un meno 1,6% della stima precedente, il livello del debito è stato fissato al 129% sul Pil.
Risultato migliore del 130% di cui hanno parlato la Commissione europea e gli stessi esperti del Tesoro.
In ogni caso, S&P attribuisce il suo giudizio negativo ai mancati introiti dell’IMU sulla prima casa e dell’Iva.
E qui il cerchio si chiude.
Perché al mondo di Wall Street e della City non interessa se il ceto medio italiano tra tasse varie e recessione si sta impoverendo. Anzi.
Con le case che vengono messe in vendita per fare quadrare i bilanci familiari a guadagnarci saranno infatti le banche e le grandi società immobiliari che potranno fare man bassa di immobili svenduti sotto il costo originario. Si opera così un grande trasferimento di ricchezza dal ceto medio verso il grande capitale finanziario e immobiliare.
E il tutto succede con la connivenza ed il silenzio complice dei politici e dei governi.

11 Luglio 2013 http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21942

Operazione Hunter la procura chiede l’archiviazione (intervista all’Avv. Novaro)

L’operazione Hunter, con cui il movimento No Tav denunciò minuziosamente il pestaggio di due manifestanti, arrestati dalle forze dell’ordine nella giornata del 3 luglio,rischia di chiudersi con un nulla di fatto.

(http://www.notav.info/top/operazione-hunter-il-dossier-completo-isolaimo-i-violenti/Schermata 2013-07-10 a 21.54.08)

La Procura di Torino a metà giugno ha richiesto l’archiviazione del procedimento, stralciando la posizione dell’unico operatore delle forze dell’ordine che partecipò materialmente al pestaggio e che probabilmente verrà rinviato a giudizio.

Abbiamo intervistato l’avvocato Novaro, che, insieme al collega Ettore Grenci di Bologna, ha portato avanti la causa tra mille ostacoli e che a ridosso dell’udienza dove si deciderà se archiviare o meno, racconta, dal punto di vista processuale, le anomalie giuridiche che caratterizzano la vicenda.


 Si giunge quindi ad una prima conclusione del procedimento, e la Procura ha chiesto l’archiviazione, come è possibile di fronte a fatti così cristallini e ben documentati?

 Il fatto che immediatamente dopo il loro arresto entrambi i manifestanti siano stati picchiati, riportando, il primo, traumi e contusioni in diverse parti del corpo, il secondo, ferite lacero-contuse, diverse abrasioni e la frattura dell’avambraccio destro, è un dato acquisito al procedimento, che neppure i PM contestano.

Del resto, a sostegno di tale ricostruzione vi sono numerosi elementi di prova, tra cui le dichiarazioni dei due interessati, diversi certificati medici, la consulenza medico-legale richiesta dalla loro difesa, numerosi filmati e fotografie, in parte realizzate anche dalla Polizia scientifica, e, infine, il famoso filmato caricato su You Tube, intitolato “ Video shock 3 luglio no tav violenza polizia”, in cui si vedono chiaramente le scene del trascinamento di entrambi gli arrestati per decine di metri nella zona antistante il museo archeologico, durante il quale diversi operanti li colpiscono con calci e manganellate, e la scena del successivo pestaggio di uno dei due ad opera di appartenenti alle forze dell’ordine travisati.

E quindi?

Nel corso delle indagini condotte dalla difesa delle due persone offese e dalla Procura vengono identificati diversi poliziotti presenti al pestaggio (e anche uno dei picchiatori, travisato con un passamontagna e appartenente allo Squadrone dei Cacciatori di Sardegna, la cui posizione è stata poi stralciata dal procedimento).

Qual è dal punto di vista giuridico la sua opposizione?

Prima di confrontarsi con le argomentazioni contenute nella richiesta di archiviazione, è necessario precisare come esista nel nostro codice penale un norma, l’art. 40, comma 2, che prescrive l’equivalenza tra il non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire ed il cagionarlo.

Il fondamento di tale responsabilità è correlato all’esistenza, nell’ambito dell’ordinamento, di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che un reato venga commesso o che venga portato a conseguenze ulteriori, dovere che, per gli appartenenti alle forze dell’ordine, è esplicitamente sancito da numerose norme tra cui l’art. 55 c.p.p.

La Corte di Cassazione ha in più occasioni stabilito che se degli agenti della polizia di Stato omettono di opporsi alla commissione di reati perpetrati in loro presenza da dei colleghi e omettono, successivamente, di denunciare i fatti penalmente perseguibili, vanno considerati responsabili degli stessi, in concorso con chi li ha materialmente eseguiti.

E’ lo stesso caso della scuolaDdiaz che fece condannare i capisquadra del reparto che aveva effettuato l’assalto e il successivo massacro dentro la scuola?

Sì, in quel caso i capisquadra furono condannati non per una partecipazione diretta ai fatti ma per aver omesso di intervenire a fronte delle violenze poste in essere dagli appartenenti al loro reparto.

C’è di più. Secondo il disposto di cui all’art. 331, comma 1, c.p.p., i pubblici ufficiali, che, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno notizia di un reato perseguibile d’ufficio, sono obbligati ad una denuncia scritta dell’accaduto, obbligo penalmente sanzionato proprio dalla fattispecie prevista dall’art. 361 c.p. Si tratta di un obbligo che, secondo costante giurisprudenza, riguarda tutti i pubblici ufficiali presenti al fatto, i quali sono tenuti singolarmente all’obbligo di denuncia, senza che spetti a loro sindacare sull’ eventuale presenza di cause di giustificazione e dell’elemento soggettivo del reato o sul verificarsi di cause estintive.

Quindi anche senza Hunter, si sarebbe dovuto aprire un’inchiesta dopo una denuncia delle forze dell’ordine li presenti.

In questo caso i reati di lesioni commessi contro i due arrestati erano sicuramente procedibili d’ufficio (perché una parte degli stessi era stato realizzato con armi improprie e perché , accanto al reato di lesioni, si poteva ipotizzare quello di abuso di autorità contro arrestati).

E allora come mai la Procura ha ritenuto di richiedere l’archiviazione?

In primo luogo, secondo i PM richiedenti, non vi sarebbero profili di responsabilità, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. a carico dei poliziotti, perché l’aggressione ai danni degli arrestati sarebbe stata repentina, imprevedibile ed impossibile da impedire.

Tradotto significa che i pm dicono “ è accaduto tutto troppo velocemente per impedire il pestaggio ?

Sì,  e descrivere come repentina l’azione degli aggressori è sorprendente.

I colpi inferti alle due persone offese sono iniziati sin dal loro arresto, sono proseguiti nel corso del lungo trascinamento, per poi terminare, in un primo momento, nella zona del museo archeologico. L’intera operazione di trascinamento per quanto concerne uno degli arrestati è stata effettuata da due poliziotti, che, come si vede dalle immagini, non potevano non essersi avveduti di quanto avveniva all’arrestato che avevano in consegna.

Giunti nella zona del museo l’aggressione è continuata per più di un minuto, senza che nessuno dei due, e nemmeno i numerosi altri operatori delle forze dell’ordine presenti, sentisse il bisogno di intervenire. Eppure intervenire era possibile, come dimostrano le immagini del filmato sopra richiamato,  che riprendono un soggetto diverso, un capitano dei Carabinieri dei Cacciatori di Sardegna, che effettivamente cercò di allontanare dal luogo degli eventi, spintonandoli, due uomini del suo reparto (come si vede nel video ai secondi 00:48 e 00:50 ndr).

In secondo luogo, a parere della Procura, non ci sarebbe nessuna responsabilità a carico dei poliziotti presenti per aver omesso di denunciare l’accaduto, perché data la concitazione del momento potrebbero non essersi accorti del pestaggio.

Quindi in realtà il pestaggio si poteva fermare e la denuncia da parte degli altri agenti presenti poteva essere fatta, parlare di fatti accaduti troppo velocemente, mette il velo ad una scelta specifica

Le immagini a cui si è fatto cenno testimoniano una realtà ben diversa, su cui non vale la pena di tornare se non per stigmatizzare il punto di vista contenuto nella richiesta di archiviazione, teso ad una difesa ad oltranza dell’operato dei pubblici ufficiali.

Di più, va ricordato che nei primi verbali redatti dalla P.G. le lesioni subite dalle persone offese vengono ricollegate  soltanto all’iniziale caduta a terra all’atto dell’arresto.

In terzo luogo, a giudizio dei magistrati inquirenti, gli agenti coinvolti potevano essersi convinti che l’arrestato in questione non avesse riportato lesioni. Non solo, neanche le indagini svolte, secondo i PM, avrebbero permesso di accertare la sussistenza del nesso di causalità tra le lesioni riportate e le condotte violente poste in essere ai suoi danni.

Non sta in piedi questa ricostruzione, cioè che i due manifestanti si siamo fatti male cadendo, e che non sia dimostrabile che soprattutto uno di loro, non sia stato vittima di un pestaggio, c’è persino un bastone utilizzato al posto del manganello.

Tale argomentazione appare erronea sotto due differenti punti di vista.

Lo è sul piano storico: il giovane è stato attinto da plurimi colpi ed ha riportato numerose lesioni. Tanti casi simili ci insegnano che violenti colpi inferti con manganelli e bastoni non possono non provocare ematomi ed escoriazioni o, comunque, conseguenze lesive, consistenti in alterazioni anatomiche o funzionali dell’organismo umano.

Del resto, i certificati medici redatti dopo la vicenda per cui è processo lo testimoniano chiaramente.

Lo è su quello della valutazione giudiziaria: le affermazioni della Procura a cui facevo riferimento prima,  dimostrano senza possibilità di equivoco che la ricostruzione sulla quale si basa la richiesta di archiviazione è del tutto ipotetica.

Nessun tra gli agenti presenti è stato sentito su questa teoria e quindi nessuno ha mai potuto affermare che Soru (il manifestante del dossier nrd) non avesse subito lesioni effettive.

 I PM, più realisti del re, con un’operazione interpretativa che è difficile non criticare, anticipano addirittura l’eventuale difesa futura dei pubblici ufficiali, imputando loro fin d’ora un’assenza di consapevolezza che allo stato non risulta dagli atti.

In definitiva, la tesi fatta propria dai magistrati inquirenti è non solo del tutto erronea sul piano storico e  dell’interpretazione giuridica ma appare fortemente criticabile sul piano dei principi generali.

La richiesta di archiviazione sembra molto un diritto all’impunità verso le forze dell’ordine?

Nell’ambito di un ordinamento costituzionale caratterizzato dal principio di legalità, che trova il suo fondamento ultimo nel principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, non si può pensare che esistano zone franche di impunità, che vi siano soggetti più uguali degli altri.

La conclusione cui approda la richiesta della Procura sembra porsi in aperto contrasto con le normali regole di valutazioni e gli standard probatori validi nei processi ai normali cittadini, quasi che la verifica giudiziaria sull’operato della Polizia debba essere ancorato a criteri straordinari e ad un onere probatorio diverso e più intenso.

In più, resto convinto che ancora oggi sia possibile proseguire le indagini per identificare i soggetti travisati che materialmente hanno compiuto il pestaggio.

Anche per questo ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione e abbiamo chiesto al Giudice che dovrà decidere sulla nostra opposizione di obbligare i PM a svolgere nuove e ulteriori indagini.

 Qui il dossier completo di operazione Hunter

(qui l’altra richiesta di archiviazione per il fatto di Fabiano, un altro dei fermati del 3 luglio picchiato e vessato all’interno del cantiere)


Inps al collasso senza più soldi. Eppure il presidente Mastrapas qua guadagna 1.2 milioni €

Posted By Redazione On 10 luglio 2013

Fonte: www.signoraggio.it

Liste di mobilità bloccate. Pagamenti della cassa integrazione in deroga del 2012 sospesi. Soldi finiti. L’Inps sta precipitando nel baratro. Una azienda con un patrimonio di 41 miliardi che nel giro di un paio d’anni ne ha persi così tanti da farlo scendere a soli 15.

La situazione dell’Inps è molto difficile.

Eppure Mastrapasqua, presidente Inps, guadagna ovvero 216.711,67 euro. Ma in questo conteggio non c’è il compenso che Mastrapasqua riceve in qualità di vicepresidente di Equitalia e quelli per gli altri 22 incarichi che possiede. Il suo reddito complessivo annuale sarebbe stato stimato in un milione e duecentomila euro.

Fonte: http://www.ilradar.com/inps-al-collasso-senza-piu-soldi-eppure-il-presidente-mastrapasqua-guadagna-1-2-milioni-e/ [2]

http://www.stampalibera.com/?p=64805

L’Italia di nuovo sotto tiro dell’alta finanza e della tecnocrazia

Ed eccoci ancora qua, il governo fantoccio di Letta cerca di trovare la copertura da 4 miliardi, per eliminare l’Imu sulla prima casa, misura ritenuta indispensabile dal pdl per la crescita, insieme al blocco dell’aumento dell’Iva, e preciso come un orologio svizzero arriva il monito della Ue di non abrogare l’imposta sulla prima casa, e dell’alta finanza speculativa, tramite l’agenzia di rating Standard & poor’s, che ha declassato il rating italiano, da BBB+ a BBB, cioè ad un passo dalla spazzatura. La stessa finanza speculativa era già intervenuta per voce del Fmi pochi giorni addietro, intimando anch’esso di non abolire l’Imu. I tecnocrati senza girarci troppo intorno, alla vigilia della riunione tra esecutivo e maggioranza, convocata dal premier Enrico Letta per trovare un accordo sulle misure economiche da mettere in cantiere, si fanno sentire per bocca di Olli Rehn, il quale lancia un avvertimento che puzza di minaccia: “Sono sicuro che il governo italiano prenderà seriamente in considerazione le raccomandazioni“. Così, mentre i consumi delle famiglie continuano a scendere inesorabilmente, il governo è alle strette. Saccomanni, che da giorni è finito sotto il fuoco incrociato del pdl, si dice fiducioso che si raggiungerà un accordo, e lo stesso Letta in un’intervista a ballarò, ha rassicurato sulla volontà di rispettare gli accordi di maggioranza, anche se precisa: “Quest’anno non abbiamo margini di bilancio, quindi se vogliamo cancellare la tassa sulla prima casa, dovremo tagliare altre spese“. Esattamente ciò che ripetono i tecnici del Tesoro. Per questo il ministro dell’Economia intende presentare una serie di opzioni, ribadendo che tanto più larga sarà la platea degli esenti, tanto maggiori saranno i tagli di altre voci di bilancio. Le vere intenzioni di Palazzo Chigi e del Tesoro sarebbero di soprassedere, almeno per ora sullo scottante dossier Imu.
Nel frattempo la Commissione Europea “ricorda” che dal primo Gennaio 2015, entrerà in vigore il Fiscal Compact, grazie al quale si dovranno tagliare 45 miliardi l’anno per i prossimi 20, per portare il debito al 60% del pil.Ora, al momento attuale il governo non riesce a mettere a fuoco neppure il taglio da 4 miliardi di euro della spesa pubblica per cancellare l’IMU e altri 4 miliardi per bloccare l’aumento dell’IVA, quindi come potrà tagliare di 10 volte tanto la spesa statale ogni anno per 20 anni?
Ridurre di 900 miliardi di euro la spesa pubblica italiana nei prossimi 20 anni significherebbe: dimezzare tutte le pensioni (ridurle del 50%), licenziare almeno 2.000.000 di impiegati pubblici (un terzo nella scuola, un terzo nella sanità, un terzo tra polizia, carabinieri e fiamme gialle e i due terzi degli impiegati comunali e regionali), cancellare ogni forma di assistenza sociale e ridurre di non meno del 40% tutti gli stipendi del settore pubblico.
Così, in 20 anni la spesa dello Stato si ridurrebbe della metà di quei 900 miliardi di euro suddetti.

E l’altra metà va “drenata” dai risparmi dei cittadini in tasse sui patrimoni e più in generale su ogni avere, incluso il conto alla posta.
Va in questa direzione, la decisione del governo di rendere obbligatoria la polizza assicurativa contro i danni causati da terremoti, alluvioni e calamità naturali di ogni tipo. Lo Stato se ne lava le mani e lascia ai cittadini l’incombenza di riparare i danni subiti. Il sottosegretario al ministero dello sviluppo economico definisce questa decisione, come un atto che porta l’Italia ad avvicinarsi ai paesi più civili, e non ci sarà più bisogno di aspettare tempi biblici per i rimborsi statali, che ora saranno molto più celeri. Naturalmente, per chi può permetterseli tali rimborsi.
Le spese militari continuano invece a viaggiare spedite. Sono in arrivo 12 navi, per un costo complessivo di 3 miliardi, e non si esclude che oltre ai famigerati F 35, i 2 sommergibili di fabbricazione tedesca (spesa di 2 miliardi), i 16 elicotteri da supporto logistico e le decine di cannoni semoventi, la lista delle armi acquistate sia ancora più lunga, visto il trend degli ultimi anni. Dal dopoguerra ad oggi, il governo italiano non ha mai speso tanto, come negli ultimi anni, alla faccia della “crisi”, degli esodati, delle aziende che falliscono e di coloro che si sono suicidati. Ma si sa, con un padrone come quello americano che ordina e ti controlla…
Tagli invece ai canadair e agli aerei antincendio, che vengono dimezzati da 30 a 15 per 20 regioni, con effetti che potrebbero essere devastanti, in un paese ad alto numero di incendi che ogni anno si mangiano una superficie boschiva grande due volte Milano. E pensare che provocano danni di miliardi, molto maggiori del risparmio garantito dal taglio agli aerei. Pensare soprattutto, che i monti bruciati, senza vegetazione, come è avvenuto sulle alture genovesi, sono una delle principali cause delle alluvioni.

Angelo Fontanella
http://www.statopotenza.eu/8043/litalia-di-nuovo-sotto-tiro-dellalta-finanza-e-della-tecnocrazia

Fukushima, allarme cesio: in 3 giorni crescita esponenziale

I dati rilevati dalla Tepco indicano un aumento di cesio radioattivo pari a 90 volte i poche decine di ore: il rischio è che acqua contaminata possa essersi riversata in mare. La Tepco, società preposta alla gestione della centrale giapponese di Fukushima, ha annunciato questa mattina di aver riscontrato una moltiplicazione per 90, in soli tre giorni, del livello di cesio radioattivo presente in un pozzo di prelievo situato tra i reattori ed il mare.

Si tratta di una notizia estremamente inquietante, dal momento che suscita nuovi dubbi sulla propagazione dell’acqua sotterranea contaminata a seguito dell’incidente dell’11 marzo 2011. Le rilevazioni effettuate ieri hanno evidenziato infatti un tasso pari a 9.000 becquerel (unità di misura della radioattività) di cesio 134 per litro, e di 18.000 becquerel di cesio 137. Solo tre giorni prima i due dati non superavano rispettivamente i 99 ed i 210 becquerel.

Si tratta dunque di una vera e propria moltiplicazione, che potrebbe equivalere ad enormi danni ambientali. Per ora i tecnici della Tepco dichiarano di non essere in grado di dire se l’acqua contaminata si sia riversata o meno in mare, e promettono di rafforzare i controlli per scongiurare tale eventualità.

9 Luglio 2013  – Andrea Barolini

http://www.valori.it/ambiente/fukushima-allarme-cesio-3-giorni-crescita-esponenziale

Libia, quel che resta della “rivoluzione”

Posted By Redazione On 10 luglio 2013

Fonte: http://www.nigrizia.it/notizia/libia-quel-che-resta-della-rivoluzione/blog [1]
di Mostafa El Ayoubi
GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2013
Pochi mesi fa è stato celebrato in sordina il secondo anniversario della “rivoluzione” del 17 febbraio che ha provocato la caduta del regime di Gheddafi. E poco meno di un anno fa sono state indette le prime elezioni “libere” in Libia. Oggi, da come viene trattata la questione libica nei media mainstream, si potrebbe pensare che il paese sia entrato nella “normalità” e che i vari episodi di violenza siano effetti collaterali della fase di transizione verso la democrazia.

In realtà, questa “normalità” è un po’ simile a quella dell’Iraq, che sta durando da 10 anni, dove regna il caos totale e dove si continua a morire nell’indifferenza della “comunità internazionale”. Il paese è devastato dai jihadisti e gli attentati mortali vengono registrati dai media come fatti di cronaca. Ed è questa la “normalità” drammatica nella quale si trova la Libia.
Prima della cosiddetta “rivoluzione”, in Libia vivevano 6,5 milioni di persone, di cui più di 2 milioni erano immigrati (lavoratori con famiglie). Oggi quasi tutti gli immigrati e più di un milione di libici ha lasciato il paese. La guerra della Nato del 2011 ha distrutto gran parte delle infrastrutture, l’economia è regredita drasticamente ed ecco povertà e disoccupazione in un paese che fino a ieri era il più ricco dell’Africa.

Le tribù, armate fino ai denti, si ammazzano tra di loro per accaparrarsi “l’appalto” per la protezione di pozzi di petrolio e di gas naturale e cercano di imporre il pizzo al “governo” libico e alle multinazionali. Qualche mese fa ci fu uno scontro mortale a Zintan e Zuara per aggiudicarsi la “protezione” dell’impianto di petrolio e gas di proprietà della Mallitah, una joint-venture tra la National Oil Company libica e l’Eni.

La Libia è diventata un grande bazar mondiale per lo smercio di armi: utilizzate all’interno del paese da milizie, bande criminali e jihadisti; altre trasportate all’estero per armare i mercenari e i jihadisti impegnati nella destabilizzazione di altri paesi, come la Siria.

L’International Crisis Group ha pubblicato il 17 aprile un rapporto sulla Libia in cui si parla di uno stato di insicurezza generale. Il sistema giudiziario è paralizzato. Brigate armate, la cui creazione è stata approvata a suo tempo dal Consiglio nazionale di transizione, gestiscono numerose prigioni dove impongono la loro giustizia sommaria fatta di torture e omicidi.

A marzo, Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto in cui denuncia la pulizia etnica a Tawergha, da dove 40mila libici (in maggioranza neri) sono stati costretti a fuggire. Tawergha è diventata una città fantasma e molti dei suoi abitanti sono stati detenuti arbitrariamente, torturati e assassinati. La vasta rappresaglia contro la popolazione nera, accusata di essere stata complice di Gheddafi, è avvenuta dopo l’assassinio di quest’ultimo il 20 ottobre 2011.

E le cose vanno peggiorando. Ad aprile gruppi armati hanno invaso la sede del parlamento e quella di diversi ministeri. Milizie che dettano oggi le regole. E gli sponsor della guerra contro la Libia sembrano perdere il controllo del gioco. L’attentato contro l’ambasciata francese il 23 aprile scorso e la riduzione del personale dell’ambasciata britannica a maggio per motivi di sicurezza, sono ulteriori prove della gravissima instabilità causata dall’intervento Nato in Libia. Il 17 febbraio 2011 i francesi e i britannici erano a Bengasi a sostenere gli insorti – o, meglio, a impartire ordini – oggi invece la loro presenza non sembra gradita dai gruppi armati, anzi sono diventati anche loro potenziali vittime del terrorismo che hanno utilizzato per distruggere la Libia.

E il prezzo più alto lo stanno pagando gli Usa. Il 12 settembre 2012 l’ambasciatore americano Stevens ha perso la vita in un attentato a Bengasi. La reazione ambigua di Washington ha suscitato interrogativi ad oggi ancora irrisolti. È più che legittimo chiedersi come mai dopo quasi un anno gli Usa non hanno fatto nulla riguardo a quell’attentato. Cosa c’è dietro questa faccenda?

Stando alle recenti audizioni del Congresso Usa, sembrerebbe che ci sia stata un’operazione di insabbiamento riguardante la ricostruzione della dinamica dell’attacco. Secondo l’ex vice ambasciatore Gregory Hicks, le forze speciali americane sarebbero potute intervenire ma avrebbero avuto l’ordine di non muoversi. Inoltre, il generale David Petraeus si sarebbe opposto alla decisione di escludere dalla dichiarazione ufficiale il fatto che pochi giorni prima c’era stato un allarme attentato contro l’ambasciata. Due mesi dopo Petraeus ha dovuto dimettersi dal posto di direttore della Cia (a causa di una relazione extraconiugale)…

La versione della protesta contro il video amatoriale a danno del profeta Mohammed sembra una cartina fumogena per sviare l’attenzione su una faccenda poco chiara, di cui forse un giorno la storia ci rivelerà i contorni.

http://www.stampalibera.com/?p=64815

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