Manovre Usa per conquistare Caracas

Capriles Radonski sarebbe in pericolo, i suoi “amici” ispiratori di numerosi golpe in America Latina sono pronti a sacrificarlo per mettere le mani sul Venezuela 

Alessia Lai

I sottosegretari di Stato Usa per gli Affari dell’Emisfero Occidentale hanno storicamente un rapporto poco amichevole con il Venezuela e l’America Latina in generale. Sabato, la sottosegretaria Roberta Jacobson entrata in carica giusto un anno fa, ha espresso il suo appoggio al candidato dell’opposizione venezuelana del Mud, Henrique Capriles Radonsky (foto), in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il prossimo aprile. In una intervista concessa a una agenzia spagnola, la Jacobson ha affermato che “Capriles potrebbe essere un presidente molto buono” e che spera che le elezioni in Venezuela “siano limpide e trasparenti. Sarà difficile, ma questo è quel che i venezuelani e la comunità internazionale devono appoggiare”. Come al solito da Washington, quando non arrivano accuse dirette e pesanti si batte sul tasto dei brogli, ventilando elezioni poco trasparenti. Si scordano che lo stesso ex presidente Usa Carter ha sempre affermato che in Venezuela si tengono elezioni corrette. Meno corretto e trasparente è invece proprio il principale candidato che sfiderà Nicolás Maduro alla presidenza, il rivale che ad ottobre venne già sconfitto dal presidente Chávez, Henrique Capriles Radonski. Giorni fa il presidente incaricato Maduro ha affermato che Capriles “si sta muovendo per trovare l’appoggio finanziario e politico dei boss dell’opposizione” e incontra “bande mafiose dirette da Roger Noriega e Otto Reich (…) tutti membri dello schieramento repubblicano che fanno il lavoro sporco dell’imperialismo nordamericano in America Latina”. Persone delle quali lo stesso Capriles non dovrebbe fidarsi, visto che sembra esserci un piano orchestrato proprio da i due ex sottosegretari di Stato Usa per gli Affari dell’Emisfero Occidentale per creare il caos in Venezuela assassinando il candidato della destra. “Faccio un appello al presidente Barack Obama, al governo degli Stati Uniti – ha affermato Maduro in una intervista – Roger Noriega, Otto Reich, funzionari del Pentagono e della Cia sono dietro a un piano per assassinare il candidato presidenziale della destra per creare il caos in Venezuela”. Il presidente incaricato ha assicurato di avere “informazioni provenienti da fonti molto attendibili” che questi piani hanno per obiettivo “dare la colpa al governo bolivariano e creare il caos”. Sono notizie che purtroppo non stupiscono, parliamo di due personaggi il cui curriculum fa tremare i polsi. Róger Noriega, che lavora per l’Usaid (United States Agency for International Development), è dietro ai golpe contro Jean Aristide ad Haití, e contro lo stesso Hugo Chávez nell’aprile 2002; protettore del terrorista Luis Posada Carriles e lobbista del governo che ha destituito Manuel Zelaya in Honduras. Nello scorso ottobre, nella sua velenosa e stizzita reazione alla vittoria di Hugo Chávez contro Capriles, affermava con un’arroganza senza pari che quello venezuelano era “un governo il cui congresso e l’esercito sono condotti da famosi narcotrafficanti” e che non poteva “essere legittimato da alcuna elezione”. Accanto a tanto odio, poi, quelle che forse non erano solo speranze ma certezze dovute a un ruolo attivo nella vicenda, e cioè che il presidente Chávez stesse “perdendo la sua battaglia contro il cancro”. Noriega è stato accontentato, forse perché, come dice Maduro, quel tumore era stato in qualche modo provocato? Non lo potremo sapere, almeno per ora. Come lui anche Otto Reich, unito a Noriega dalla successione all’incarico di assistente segretario di Stato per l’emisfero occidentale, entrambi sotto la presidenza di Bush Junior, è una vecchia conoscenza di Caracas: pochi giorni dopo il tentativo di colpo di Stato del 2002, The New York Times scriveva Reich – un attivo sostenitore dei “contras” in Nicaragua, uomo nero della politica estera Usa in America latina, condannato per traffico di armi – aveva diretto dal suo ufficio nella Cancelleria i leader golpisti venezuelani. L’Observer di Londra era stato ancora più esplicito. Nei mesi precedenti alla tentata destituzione di Chávez, gli aspiranti golpisti venezuelani, e lo stesso Pedro Carmona, che per breve tempo prese il posto di Chávez, vennero ricevuti – scriveva l’Observer – più volte a Washington da Reich. La stessa cosa, oggi, i due la starebbero facendo con Capriles. Ma ora sarebbero disposti a sacrificare il “loro” candidato per riuscire a rimettere le mani sul Venezuela. 

19 Marzo 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19746

Israele chiederà a Obama di attaccare la Siria

Mediterraneo, Medio Oriente, “primavere arabe”. Interviste, approfondimenti e analisi News – 18/3/2013

Betlemme – Ma’an. Israele sfrutterà la visita del presidente degli Usa, Obama, in programma il 20 di questo mese, per convincerlo a lanciare attacchi aerei contro obiettivi all’interno della Siria, qualora ci fossero “prove” che dimostrano il trasferimento di missili e armi dal regime siriano a Hezbollah libanese. E’ quanto ha reso noto il giornale britannico, The Guardian, in un rapporto pubblicato  domenica 17 marzo.

Il giornale ha aggiunto che Israele avrebbe un’altra opzione da mattere in campo qualora non riuscisse a convincere Obama. Un’alternativa che consiste nel chiedere agli Usa solo il consenso e l’appoggio ad un attacco israeliano contro la Siria, con il pretesto di fermare il contrabbando di armi in Libano.

http://www.infopal.it/israele-chiedera-a-obama-di-attaccare-la-siria/

Venezuela – Inquietanti Retroscena sulla morte di Chavez: Cause naturali o indotte?

Lunedì, Gennaio 18th/2013

– di  Silvia Laporta e Sergio Basile –

Il vice, Maduro, parla di complotto: “un piano per destabilizzare il Venezuela, come già era successo con Arafat in Palestina”

Una commissione speciale di scienziati sta indagando.Esplulsi, intanto, due funzionari dell’ambasciata Usa 

di Silvia Laporta e Sergio Basile

Caracas – A circa due settimane dalla morte dell’amatissimo Presidente venezuelano Hugo Chavez, deceduto lo scorso 6 Marzo tra le lacrime dell’intero popolo sudamericano, molti restano gli interrogativi ed i colpi di scena su un caso che resta aperto. Secondo il vice presidente – e braccio destro di Chavez – Nicolas Maduro, c’è qualcosa che non quadra nella malattia del leader stroncato da un cancro. Più precisamente Maduro farebbe riferimento addirittura ad un complotto, ben orchestrato al fine di eliminare un personaggio scomodo ai poteri forti, qual era,  nonché un “piano per destabilizzare” l’intero Venezuela. La morte – e ancor prima la malattia – del Presidente (grande amico, tra l’altro, del Presidente siriano Bashar al Assad: vedi foto) dunque non sarebbero dovute a cause naturali, ma a cau se “indotte”. Il Presidente – secondo Maduro e la tv pubblica di Caracas – si sarebbe ammalato perchè “attaccato” mediante inoculazione di un virus, come già accaduto al leader palestinese Yasser Arafat.  

 La Morte di Arafat – Un caso ancora aperto  

In effetti il leader palestinese, secondo Al-Jazeera, godeva di ottima salute fino all’Ottobre 2004, quando si ammalò improvvisamente e misteriosamente, per poi morire a Parigi nel Novembre dello stesso anno. Una morte alquanto “strana”, sospetta, che nasconde ancor oggi molti fantasmi. Un interrogativo che scuote ancora le coscienze e lancia fosche ombre sugli oppositori del popolo palestinese. Infatti – sempre secondo un’indagine del network arabo Al-Jazeera – nello spazzolino da denti, sugli abiti e finanche sulla kefiah del leader palestinese furono rinvenute traccie di polonio (elemento velenoso, o meglio, altamente radioattivo, usato come propellente per i mezzi spaziali) a livelli di gran lunga superiore alla norma.

 Un’èquipe di scienziati sta indagando sul caso 

Che non sia stato seguito lo stesso copione per il Presidente venezuelano? E’ questa la domanda che si pone in queste ore Nicolas Maduro, come del resto milioni di cittadini suoi compatrioti. In effetti la morte del Presidente è avvenuta in circostanze strane, che secondo molti puzzano di complotto: “Non abbiamo dubbi sul fatto che il comandante sia stato attaccato con questa malattia. Si tratta di un tema molto serio – ha dichiarato il Vice-Premier – Gli storici nemici della nostra Patria hanno cercato il modo per danneggiare Chavez. (…) Vogliono inoculare odio affinché la rabbia del nostro popolo si trasformi in violenza. Ciò – ha poi dichiarato Maduro – dovrebbe a sua volta portare ad un intervento estero”.  Ma la convinzione di Maduro è un qualcosa che va oltr e le supposizioni, al punto che nei giorni scorsi lo stesso ha costituito un’équipe di esperti, una “squadra speciale di scienziati” con il compito di verificare la veridicità di questa tesi sulla base di “prove” ora al vaglio degli inquirenti.

 L’espulsione di due agenti dell’Ambasciata Usa 

La reazione dei venezuelani ai fatti, si sta delinenado con decisioni risolute ed incisive su più fronti: anche quello diplomatico. Lo dimostra l’espulsione di due addetti militari dell’ambasciata Usa, deciso dal governo di Caracas. I due sono sospettati di aver agito in favore della destabilizzazione del  PaeseDavid Del Monaco (bollato come nemico della patria  per aver “provocato alterazioni”, e cioè – pare – “per aver sabotato il sistema elettrico del Paese, generando il caos”) e David Kostal,  “dichiarato persona non gradita”. Entrambi, inoltre, sono accusati di aver “architettato piani cospiratori” protesi a coinvolgere ufficiali venezuelani in servizio attivo, al fine di i ndurre gli stessi a organizzare un golpe contro Chavez. Una sorta di “Britannia 2” in salsa venezuelana, per intenderci!

 Un Complotto Internazionale contro Chavez? 

Ma per quale motivo – ci chiediamo – il presidente venezuelano Chavez, il cristiano Hugo Chavez, avrebbe dovuto essere nel mirino dicomplotti internazionali? Probabilmente – cosa assolutamente ignorata dai media di regime italiani e da molti media occidentali ed europei – la causa è da ricercarsi nella sua strategia politica ed economica, a livello nazionale ed internazionale, ben chiara e definita. Essa si è sempre orientata con attenzione verso le esigenze delle classi meno abbienti, che hanno beneficiato della redistribuzione dei proventi derivanti dalla vendita del petrolio, una delle maggiori risorse economiche del Paese. Poveri e diseredati ai quali Chavez ha sempre guardato, garantendo loro una casa, un’istruzione e le cure sanitarie gratuite: senza alcuna assicurazione o altra diavoleria di sorta. Insomma, un uomo buono e animato da sani principi: un o scandalo per l’élite illuminata dei poteri forti che soggioga il pianeta. Evidentemente un “cancro” da estirpare? E’ la domanda del momento!

 Chavez, l’alleanza bolivariana e il nemico comune: gli USA  

Per quanto riguarda la politica estera, l’opposizione nei confronti dello strapotere e delle politiche imperialistiche degli Stati Uniti è da sempre stata un tratto distintivo delle politiche del Presidente. Chavez, guardacaso, era in ottimi rapporti con tutti i paesi rivali di Washington: Russia, Bielorussia, Libia, Corea del Nord, Cina, Iran, fino ad arrivare – come detto – alla Siria.  Diverse furono le manifestazioni di solidarietà espresse nei confronti del leader siriano Bashar al Assad. Chavez aveva anche elaborato un piano perliberare l’America Latina dall’egemonia statunitense, facendo del Venezuela una potenza unitaria caratterizzata da un forte spirito patriottico. Egli aveva creato, alleandosi con la Cuba dei fratelli Castro, l’ “Alleanza bolivariana dei popoli della Nostra America“; un’associazione cui si allearono divers i altri Stati tra cui Bolivia, Ecuador e Nicaragua.

 Nazionalizzazioni scomode ai poteri forti 

Ma, probabilmente, il segno più tangibile per identificare come “scomoda” la politica di Chavez arrivò quando il presidente decise lanazionalizzazione del sistema aurifero, ritirando dalle nazioni occidentali l’oro depositato, per un valore pari a 29,1 miliardi di dollari, al fine di rimpinguare le casse dello Stato, prosciugate da un’intensa spesa pubblica in favore del popolo venezuelano. Ma l’intervento rivoluzionario contro i poteri forti del Presidente non si fermò qui. Egli decise di destinare il 10% dei finanziamenti – elargiti dalle banche per volontà di Chavez – verso progetti statali legati all’agricoltura ed allo sviluppo nazionale. Il Presidente aveva più volte intimato alle banche il rispetto delle leggi nazionali , imponendo loro di finanziare progetti statali: una sorta di ingegnosomeccanismo anti-signoraggio. La contropartita per il mancato rispetto degli accordi sarebbe stata esplosiva: in caso di “furbate” o “tradimenti” degli accordi presi col governo centrale, Chavez aveva minacciato la nazionalizzazione del settore aurifero. Egli puntava il dito, in particolare, contro istituti di credito come Banesco, Banco Mercantil e Banco Provincial, che in più occasioni avevano ostacolato l’elargimento dei suddetti finanziamenti.

 La sfida all’apparato mafio-bancario 

Ovviamente le politiche di Chavez non erano ben viste dai vari apparati bancari di tutto il mondo, ed in particolare dalle banche inglesi – dalle quali ritirò ingenti tonnellate d’oro –  e da quelle americane, le quali in più occasioni si sarebbero trovate in “difficoltà”, vedendo minacciata seriamente la propria (illegittima) leadership mondiale sul sistema economico. Emblematico il caso di JP Morgan cui depositi auriferi furono ridotti a soli 338.303 once: circa 10,6 tonnellate d’oro. Alla luce di ciò si comprende come le accuse di Maduro potrebbero essere qualcosa di più di semplici supposizioni. Staremo a vedere!

Silvia Laporta, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)

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Addio a Hugo Chavez, un Leader Sincero

http://www.quieuropa.it/venezuela-inquietanti-retroscena-sulla-morte-di-chavez-cause-naturali-o-indotte/

 

Vivere in yurta: la battaglia di una famiglia contro la burocrazia italiana

FOTO AL LINK ORIGINALE

Laura Pavesi

La storia che vi raccontiamo è quella della lunga battaglia di una famiglia torinese contro la burocrazia. La famiglia di Barbara Bertinetti è composta da due adulti, due bambini di 10 anni e 5 anni e tre gatti. Nel 2010, desiderosa di trasferirsi in montagna, Barbara acquista un lotto di terreno edificabile a Brosso, in Valchiusella (provincia di Torino), con l’intenzione di costruirvi una casa ecologica in legno.

Ottenuti i permessi dal Comune, cominciano i lavori di costruzione, ma i problemi arrivano quando, per poter completare il progetto, Barbara è costretta a chiedere un mutuo. Sono diverse le banche interpellate e tutte negano il mutuo, sia perché Barbara non ha un lavoro dipendente e, tanto meno, a tempo indeterminato, sia perché la casa in costruzione non è in muratura, ma in legno.

“Abbiamo chiesto ed ottenuto dal Comune il permesso e abbiamo cominciato i lavori utilizzando i nostri risparmi. Ma, ad un certo punto”, spiega Barbara, “diventato piuttosto oneroso proseguire il progetto, abbiamo avuto bisogno di chiedere un mutuo che, però, ci è stato più volte negato. Questo perché è sempre più difficile, in particolare per i commercianti, avere accesso al credito, se non offrendo garanzie stratosferiche. Ma, volendo fortemente andare ad abitare a Brosso, abbiamo proposto al Comune di installare una yurta”.

 …

Per poter lasciare la casa in affitto a San Francesco al Campo (dove tutt’ora la famiglia risiede) e abitare finalmente sul terreno di proprietà, Barbara chiede al Comune di poter collocare temporaneamente, sopra il seminterrato dell’abitazione, che nel frattempo era già stato ultimato, una yurta di circa 10 metri di diametro, attraverso la quale si potrebbe accedere direttamente al seminterrato e utilizzare i servizi igienici.

Il sogno di Barbara è quello di costruire, su un terreno edificabile di proprietà, una yurta da usare come abitazione per sé e per i figli e una seconda yurta da utilizzare come B&B
“Volendo andare ad abitare sul nostro terreno e volendolo fare a breve scadenza (abitiamo in affitto), abbiamo ripensato ad una bellissima esperienza fatta, anni fa, in una yurta. La yurta è un’abitazione tipica dei popoli nomadi dell’Asia ed in particolare della Mongolia, il cui nome significa “casa ricoperta di feltro”. Si può erigere e smontare in poche ore, ma, nonostante questo, è una abitazione salda, che protegge i suoi abitanti dai forti venti e dai rigidi inverni delle steppe asiatiche. Inoltre”, continua Barbara, “abbiamo chiesto di poter mettere nel nostro terreno una seconda yurta da utilizzare come Bed& Breakfast, per dare inizio ad un’attività turistica”.

In questo modo, la nuova attività turistico-ricettiva avrebbe garantito a Barbara le risorse economiche per poter completare la sua casa ecologica. Nella richiesta di autorizzazione, Barbara ha esposto al Comune tutte le sue ragioni: da un lato economiche, “perché non possiamo costruire la casa in legno senza un mutuo, mentre le yurte sarebbero subito alla nostra portata”, e dall’altro ecologiche, “perché la yurta è una abitazione in perfetta armonia con la natura (come vorremmo vivere noi) e non è costituita da materiali inquinanti, che possano danneggiare l’ambiente”. Inoltre, ha ribadito il carattere temporaneo della yurta di 10 metri di diametro, in quanto restava ferma l’intenzione della famiglia di smontarla, non appena fosse stata in grado di completare la costruzione della casa in legno.

Ma la risposta del Comune è stata negativa e le motivazioni sono sostanzialmente due: da un lato, il Piano Regolatore non contempla abitazioni come la yurta o similari e, dall’altro, prevede che tutte le nuove abitazioni siano inserite in modo “armonico” nel paesaggio circostante. A questo proposito, il Sindaco di Brosso, Mauro Nicolino, ha dichiarato alla stampa locale: “Abbiamo dovuto dire no, perché il Piano Regolatore vigente non prevede quel tipo di abitazioni. Tra l’altro, una struttura ricettiva come il B&B richiede il rilascio dell’agibilità ed è chiaro che per quella tipologia di tende provvisorie, non poteva essere concessa. Insomma, non ci sono i requisiti minimi per concedere loro i permessi”.

La yurta è una abitazione in perfetta armonia con la natura e non è costituita da materiali inquinanti
“Ad un mese dalla richiesta”, puntualizza Barbara, “ci arriva una lettera di ‘non accoglimento’ della nostra proposta su tutti i fronti. Addirittura, ci è stato vietato di installare una seconda yurta da utilizzare come B&B, anche qualora riuscissimo a costruirci una ‘vera’ abitazione in legno o in mattoni. Prima di questo secco diniego (senza nemmeno valutare il progetto insieme a noi), eravamo fiduciosi di poter fissare un nuovo incontro, per discutere serenamente della nostra proposta, disposti anche a modificare, se necessario, alcuni particolari della costruzione”.

“La yurta si presta molto ad un utilizzo turistico, per chi vuole provare l’esperienza di soggiornare in un’abitazione antica e moderna allo stesso tempo, realizzata con forme e materiali in armonia con la natura. Abbiamo mostrato raffigurazioni di yurta perfettamente integrate nell’ambiente montano, quale è il luogo dove l’avremmo costruita. Abbiamo parlato del possibile richiamo turistico, che secondo noi ha un buon potenziale di riuscita (basta fare una piccola ricerca sul web, per scoprire che il Portogallo conta quasi 20 B&B in yurta, mentre la Francia ne ha addirittura 40)”.

In tutto il mondo, esistono oggi versioni ultra-moderne e molto confortevoli della yurta tradizionale, realizzate con materiali ecosostenibili e traspiranti, tali da renderla una casa molto stabile, salubre e decorosa. Negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono molte persone che vivono in yurta e le esperienze di questo tipo si stanno diffondendo anche nel vecchio continente, soprattutto nel nord Europa.

Ma non è tutto. Riguardo ai permessi di agibilità per i B&B, va detto che in Italia esistono almeno 3 strutture ricettive mettono a disposizione dei clienti proprio le yurta. Si trovano rispettivamente a Montescudaio (Pisa), Fabriano (Ancona) e Cravanzana (Cuneo) e si tratta di attività turistiche esistenti e funzionanti e, di conseguenza, debitamente autorizzate.

In tutto il mondo, esistono oggi versioni ultra-moderne e molto confortevoli della yurta tradizionale
Ciò che colpisce di più nel lungo racconto di Barbara è, forse, la mancanza di una visione lungimirante di questo piccolo Comune di montagna “con un tasso di spopolamento incredibile. Gli abitanti sono poco più di 400 e, solo nel piccolissimo centro abitato, si possono contare almeno 20 cartelli “vendesi” nel raggio di 200 metri. Speravamo che regolamenti paesaggistici e leggi comunali potessero far sì che un Comune sempre più spopolato accogliesse una famiglia desiderosa di viverci e di instaurare una piccola attività economica. Speravamo ci fosse la voglia e la forza scommettere su di noi e, perché no, di dare vita insieme ad un esperimento basato su un tipo di abitazione antica, ma rivista in chiave moderna, che potrebbe essere una valida soluzione come abitazione a basso costo e minimo impatto ambientale”.

Da anni si parla di forme abitative che siano il più possibile ecologiche ed eco-sostenibili, che non siano invasive, ma perfettamente integrate nel paesaggio circostante. Si parla tanto di spopolamento delle nostre montagne, del fatto che quasi nessuno abbia la voglia, o i mezzi, per creare attività economiche o turistiche, ma – nonostante esistono in Italia numerosi esempi di Comuni virtuosi – pare che molte amministrazioni locali facciano ancora troppo poco per incentivare il ritorno della popolazione e delle attività economiche sul territorio montano.

Negli Stati Uniti ci sono molte persone che vivono in yurta ed esperienze di questo tipo sono diffuse anche nel nort Europa
E l’epilogo di questa vicenda, purtroppo, non sembra destinato ad un lieto fine: “Siamo delusi. Il Sindaco ci ha chiuso la porta in faccia. Anche se, in futuro, dovessimo fare una casa in muratura o legno, non ci permetterebbe comunque di mettere una yurta nel giardino. Abbiamo abbiamo scritto al Sindaco chiedendogli un nuovo colloquio (visto che al telefono non si fa trovare) e non ci ha nemmeno richiamato. Quindi, siamo stati costretti a mettere in vendita il terreno con il seminterrato. Il nostro è l’ennesimo cartello ‘vendesi’ tristemente visibile passeggiando in paese”.

Eppure, Barbara non intende rinunciare al suo sogno e lancia un appello, che inoltriamo a tutti i lettori de Il Cambiamento: “Siccome permane la nostra intenzione di abitare in una yurta e di avviare un eco-campeggio in yurta, vorremmo chiedere agli eco-villaggi già esistenti se hanno la possibilità (e l’intenzione) di accoglierci, sia come famiglia, sia come progetto”. Chi di voi desidera contattarla, può scriverle all’indirizzo info@smagatto.it.

 



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Abbiamo perso il nostro migliore amico di: Fidel Castro Ruz

di: Fidel Castro Ruz

Il 5 marzo, nel pomeriggio, è morto il  miglior amico che ha avuto il popolo cubano nella sua storia.  Una telefonata via satellite ha comunicato l’amara notizia.

E il significato della frase usata era inconfondibile. Anche se conoscevamo lo stato critico della sua salute, la notizia ci ha fortemente colpito. Ricordavo le volte che scherzava con me dicendo che quando tutti  e due avessimo terminato il nostro impegno rivoluzionario, mi avrebbe invitato a passeggiare lungo il fiume Arauca, in territorio venezuelano, che gli faceva ricordare il risposo che non ha mai avuto.

Abbiamo avuto l’onore di condividere con il leader bolivariano gli stessi ideali di giustizia sociale e di sostegno agli sfruttati. I poveri sono poveri in qualsiasi parte del mondo.

“Ditemi in cosa servire il Venezuela! In me ha un figlio”, aveva proclamato l’Eroe Nazionale e Apostolo della nostra indipendenza, José Martí, un viaggiatore che, senza togliersi di dosso la polvere del cammino, chiese dove si trovava la statua di Bolívar.

Martí aveva conosciuto il mostro, perchè aveva vissuto nelle sue viscere.

È possibile ignorare le profonde parole che aveva riversato nella lettera mai conclusa per il suo amico Manuel Mercato, prima della sua morte in combattimento?

“Già sono in pericolo ogni giorno di dare la mia vita per il mio paese e per il mio dovere-  cosa che intendo e che ho l’animo di realizzare – d’impedire a tempo, con l’indipendenza di Cuba, che si estendano per le Antille gli Stati Uniti e che ricadano con più forza sulle nostre terre d’America. Quello che  ho fatto sino ad oggi e farò, è per questo. Ed è stato fatto in silenzio e come indirettamente, perchè ci sono cose che per realizzarle devono restare occulte”.

Erano trascorsi allora 66 anni da quando il Libertador Simón Bolívar aveva scritto: “Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla provvidenza a plagare l’America di miseria in nome della Libertà”.

Il 23 gennaio del 1959, 22 giorni dopo il trionfo rivoluzionario a Cuba, visitai il Venezuela per ringraziare il suo popolo  e il governo che aveva assunto il potere dopo la dittatura di Pérez Jiménez, per l’invio di 150 fucili, alla fine del 1958.  Dissi allora:

“Il Venezuela è la patria del Libertador, dov’è stata concepito l’ideale dell’unione dei popoli d’America.  Quindi il Venezuela dev’essere il paese leader dell’unione dei popoli d’America; noi cubani sosteniamo i nostri fratelli del Venezuela”.

Parlo di queste idee non perchè mi muova alcuna ambizione di tipo personale, nè tanto meno ambizioni di gloria perchè, in ogni modo, l’ambizione di gloria non smette d’essere una vanità e come ha detto Martí ‘tutta la gloria del mondo entra in un chicco di mais’.

Così che, parlando al popolo del Venezuela, lo faccio pensando onoratamente e profondamente che se vogliamo salvare l’America, se vogliamo salvare la libertà di ognuna delle nostre società, che in ogni modo sono parte di una grande società che è la società dell’America Latina, se vogliamo salvare la Rivoluzione di Cuba, la Rivoluzione del Venezuela,  la rivoluzione di tutti i paesi del nostro continente, dobbiamo avvicinarci e dobbiamo sostenerci solidamente, perchè soli e divisi, perderemo”.

Questo è quel che dissi quel giorno e oggi, 54 anni dopo, lo ratifico!

Devo solo includere in quella lista gli altri popoli del mondo che per mezzo secolo sono stati vittime dello sfruttamento e del saccheggio.

Questa è stata la battaglia di Hugo Chávez.

Nemmeno lui stesso sospettava quanto era grande.

Hasta la Victoria sempre, indimenticabile amico!

 Fidel Castro Ruz – 11 Marzo del 2013  -Ore 12 .35

Traduzione di: Gioia Minuti per Granma.cu


 

http://coriintempesta.altervista.org/blog/abbiamo-perso-il-nostro-migliore-amico/?doing_wp_cron=1363548751.8451130390167236328125

 

Ho Lasciato la Massoneria

dal sito Crimini e Cospirazioni

Un Massone si svela e ci scrive perché e come ha deciso di lasciare la massoneria. Qui di seguito pubblichiamo la lettera che inviò ai suoi capi per comunicare loro che se ne sarebbe andato.

Venerabili Fratelli,

non voglio affrontare o dilungarmi su faccende personali che mi hanno infastidito ma che non sono all’origine della mia decisione, e per cui non ho risentimento alcuno nei vostri confronti, anche se ogni dinamica è stata già espressa al Potentissimo Sovrano Gran Commendatore e Gran Maestro 33°.

Cinque anni fa ero in procinto di andarmene, in silenzio, non avendo io le motivazioni per continuare la vita massonica  ma, viste le vostre esortazioni di un chiarimento, mi accingo a una breve disamina generale:

 In tutti questi anni ho vissuto, con paziente obbedienza e abnegazione, superiore per’altro a quelle che normalmente, profanamente, umanamente siano consone a un professionista del mio status sociale, questa associazione di uomini chiamata massoneria, in cui esiste ad oggi un gran operare e parlare di passioni tutt’altro che propizie all’instaurazione di una tanto decantata fratellanza universale.

Passioni politiche, economiche, sessuali (in netta minoranza).

Ho avuto cariche di un certo spessore, ho partecipato ad adunanze, tornate, in Italia e all’estero, ho versato migliaia di euro tra capitazioni e libere donazioni ed oggi, da 30° grado, rifiuto ogni ulteriore avanzamento di grado e di responsabilità.

 E’ vero, cari fratelli, io non ci credo più. Credo che la massoneria come istituzione non possa essere riformata, perché ha preso oramai una piega mediocre e insana. Avrei voluto trovare l’eccellenza, ma ho trovato superficialità, arrivismo e “grembiulite acuta”. Avrei voluto  trovare esoterismo e scienza ermetica, e invece trovai cripticismo e dogmatismo gerarchico indegni della più piccola setta evangelica. Avrei voluto trovare una comunità, e invece mi sono ritrovato in un’altra piramide, non già composta da illuminati ma, non ve ne vogliate, da parrucchieri e bidelli che per aver letto una decina di libri di storia della massoneria si atteggiano a maestri.

 Avrei voluto dare tanto, ma mi sono stati chiesti soltanto denari, e qualche temino scolastico. Che il sistema abbia perduto la purezza originaria e si sia corrotto gravemente non lo asserisco soltanto io, ma anche chiunque dice che è necessario che si rispettino gli Statuti, e questo vuol dire che nel tempo sono stati spesso violati, e che si rispetti il dovere di tegolare opportunamente, e vuol dire che i lupi hanno fatto razzia. Le tegolature, che dovrebbero scegliere nel mondo profano chi è degno di appartenere alla rete degli eletti, sono false e non tengono conto d’altro se non delle amicizie politiche e familiari, con l’ansia di percepire un’altra capitazione in denaro per la loggia e per l’Ordine. Il mio giudizio non si abbatte sugli Iniziati della massoneria, se ve ne sono, o su quelli di altre organizzazioni iniziatiche, ma sul sistema burocratico e associazionistico massonico.

Altro problema è quello delle singole filiali, delle logge. Alla sovranità di ogni singola Loggia si è sostituito il concetto, mutuato dal sistema del vaticano nei confronti del libero e autonomo monachesimo, di “Obbedienza”; ed i Massoni, che universalmente si erano riconosciuti per segni parole e toccamenti, impararono a riconoscersi solo se fossero iscritti nel registro degli affiliati ad una Obbedienza “riconosciuta” e fin quando fossero in regola con le capitazioni come membri attivi e quotizzanti.

Bisognerebbe iniziare a rendere intanto gratuito l’accesso, e simbolica la capitazione, evitando di affittare templi più o meno lussuosi. Bisogna anche evitare, oggi come oggi, riti e ordinamenti che allontanano i giovani. Si assiste talora allo scempio di una vera e propria opera di reclutamento di individui che ritengono di sottoporsi ad un rituale ‘obsoleto’ e ad incontri vestiti con grembiulini e guanti pur di inserirsi nella “famigerata massoneria“.

Le Logge indipendenti di cui auspico l’avvento non hanno la “sete di visibilità” che riscontri ovunque nel web, non aspirano a certificati di garanzia rilasciati da autorità massoniche estere.

 Si dovrebbe auspicare a Logge che lavorino veramente Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo, senza alcuna spesa, o appannaggio. Oggi voi sapete che i vertici della massoneria percepiscono appannaggi di 200.000 e passa euro come rimborsi spesa, e che le Luci della loggia, una volta divenute tali, tendono a riprendersi i soldi versati negli anni precedenti di massoneria, attingendo a tutti quelli che, sino a quel momento, sono entrati per breve tempo, poi hanno lasciato il lavoro massonico e le capitazioni nel tesoro di loggia, che in genere ammonta a un minimo di 10.000 euro.

 Tutti questi soldi non potrebbero essere, se raccolti, spesi TUTTI per opere di bene? Ci lamentiamo spesso della Chiesa e dell’8X1000, ma noi non facciamo forse lo stesso, donando l’1 per cento di quello che entra in beneficenza, e tenendo il resto per le “spese di culto”? Almeno nella chiesa parrocchiale si entra gratis.

bello , giusto e perfetto furono amanti della Massoneria fino all’estremo Passaggio. No, fratelli, non è più tutto “giusto e perfetto” in questa Massoneria dal mercimonio e delle vanità.

Vogliano tutti quelli che oggi sono interessati ad entrare in massoneria desistere, desistere, desistere.

Ci sono altre associazioni, altri circoli, altri modi.

Ho detto.

 Articolo pubblicato sul sito Crimini e Cospirazioni

Link diretto:

http://criminiecospirazioni.wordpress.com/2013/02/24/ho-lasciato-la-massoneria/#more-28

 via La Grande Opera

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 http://www.anticorpi.info/2013/03/ho-lasciato-la-massoneria.html#.UUcq-UIXtKU

La Siria ha chiesto ai BRICS d’intervenire per fermare le violenze

Pubblicato il: 16 marzo, 2013

L’Orient-Le Jour 16/03/2013

Il presidente siriano Bashar al-Assad ha chiesto al gruppo dei BRICS d’intervenire per fermare le violenze in Siria, con una lettera inviata al Presidente sudafricano prima della riunione dell’organizzazione, il 26 marzo a Johannesburg, ha detto all’AFP il suo consigliere.

Oggi ho consegnato un messaggio del Presidente Bashar al-Assad al Presidente Jacob Zuma, che presiederà il 26 marzo il vertice BRICS sulla situazione in Siria“, ha detto Boussaina Shaaban, raggiunto al telefono a Beirut da Johannesburg. “Nel suo messaggio, il Presidente Bashar al-Assad chiede l’intervento dei BRICS per fermare le violenza nel suo Paese e promuovere il dialogo aperto che vuole iniziare“, ha detto.

Durante l’incontro, cui hanno partecipato il ministro sudafricano degli Esteri Maite Nkoana-Mashabane, “il Presidente è stato molto positivo e ha deplorato le distruzioni che hanno colpito questo bel paese“, ha aggiunto. Shaaban ha detto che si era già recata, per questo argomento, in Russia, Cina, Brasile e India. Deve ritornare in Siria nei prossimi giorni.

Il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) riunisce i Paesi emergenti che si erano tutti astenuti dal voto sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza per l’intervento in Libia.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://www.statopotenza.eu/6455/la-siria-ha-chiesto-ai-brics-dintervenire-per-fermare-le-violenze

I Verdi di Cipro denunciano le scie chimiche

di Corrado Penna

 

Nel mezzo del silenzio e della complice omertà delle associazioni cosiddette ambientaliste, i Verdi di Cipro denunciano da tempo la reltà e la pericolosità per la salute umana e per l’ambiente dellescie chimiche. Non possiamo augurarci che il loro esempio sia contagioso, sebbene conosciamo troppo bene le associazioni nostrane (come Legambiente o Peacelink) e quelle internazionali come il WWF, per le quali il vero problema pare sia quello del cosiddetto effetto serra della CO2. 

Effetto serra da CO2? O da scie degli aerei?

Di fronte a cieli completamente coperti dalle scie degli aerei costoro continuano ad ignorare a bella posta una ben più vistosa serra artificiale formata da tali scie. Per altro tale schermatura aerea è presente anche la notte, quando ha come sicuro effetto quello di intrappolare la radiazione termica che fuoriesce dalla terra; in tal modo le scie contribuiscono al riscaldamento terrestre. Nessuna scusa è quindi possibile: le irrorazioni aeree non servono certo a salvaguardare la terra da un presunto riscaldamento.

Qui di seguito la traduzione di due articoli pubblicati sul sito dei Verdi ciprioti.

 Campagna contro le scie chimiche 

http://greenpartycy.com/el/our-news/2009-10-29-12-19-08/campaign-against-chemtrails-in-cyprus.html

Chiediamo che il governo mantenga la sua promessa ed esamini le possibili conseguenze per la salute per I cittadini e per l’ambiente di Cipro a causa delle scie chimiche create da aeroplani che decollano dalle basi britanniche operando in sinergia con la sperimentazione dell’ High Frequency Active Auroral Research Program (HAARP) all’interno delle basi britanniche di Akrotiri ed in generale nello spazio aereo cipriota.

Il governo di Cipro ha affidato un incarico al Comitato Parlamentare per l’Ambiente sin dal 26 Marzo 2009 per condurre uno studio approfondito riguardo a tali denunce. Un comitato tecnico bi-ministeriale è stato formato per questo scopo, ma si è dissolto misteriosamente dopo appena pochi incontri.

Noi chiediamo che il governo metta in atto la nostra proposta di finanziare uno studio indipendente che raccolga campioni e che analizzi le sostanze incluse in queste scie chimiche.

 Irrorazioni aeree, mobilitazioni intorno alle base di Cipro

http://greenpartycy.com/en/environmental-issues/chemtrails/770-aerial-spraying-mobilization-around-the-cyprus-bases-.html

Articolo di Giannis Ioannou

Il movimento ecologico ambientale di Cipro (i Verdi di Cipro) stanno organizzando una manifestazione di protesta contro le irrorazioni aeree presso la base Britannica di Akrotiri per il 4 luglio, dal momento che le basi britanniche di Cipro sono sospettate di partecipare al sistema HAARP (High-Frequency Active Auroral Research Program) finalizzato a controllare il clima del pianeta.

In tempi recenti c’è stato un proliferare di informazioni riguardanti le attività dei Britannici e degli Statunitensi che utilizzano le basi cipriote, e che stanno presumibilmente influenzando il clima della nostra isola.

Il Movimento Ecologico ambientale ha in passato invitato il governo cipriota a “fermare l’uso dei cieli di Cipro per sospetti esperimenti militari americani”.  Un comunicato del Movimento afferma che “documenti collegano aerei americani KC-10 and KC-135 con il programma HAARP e con le scie chimiche, ovvero con l’irrorazione nel cielo di ossidi di bario e di alluminio”. La questione è stata portata nel parlamento europeo, in molti parlamenti delle nazioni europee ed è stata indagata da ricercatori di tutto il mondo.

HAARP, High-Frequency Active Auroral Research Programme, è un sistema militare che utilizza energia elettromagnetica che gli Stati Uniti hanno sviluppato a partire dal 1987. Lo scopo iniziale del programma doveva essere una modificazione selettiva della ionosfera per migliorare le telecomunicazioni. Ma si è presto saputo che il Pentagono voleva sfruttare la ionosfera per i propri fini. Persino la pagina web ufficiale di HAARP riconosce che il sistema è utilizzato per finalità militari.

Le basi negano ogni coinvolgimento

Il parlamento cipriota è stato recentemente coinvolto nella questione. Il parlamentare Angelos Votsis l’ha portata in discussione nel Comitato Parlamentare per l’ambiente. Il deputato ha affermato: “secondo scienziati qualificati, quando sarà perfezionato, non lo è ancora, il sistema sarà capace di influenzare le condizioni climatiche, bloccare il funzionamento di ogni apparecchiatura elettrica in un’area selezionata oppure distruggerla, impedire le telecomunicazioni, intervenire sullo sviluppo di fenomeni climatici estremi, come uragani oppure fulmini di intensità tremenda e persino influenzare processi mentali attraverso la trasmissione di onde a bassa frequenza simili a quelle già presenti negli esseri umani”.

L’amministrazione delle basi militari è stata convocata ad una sessione del Parlamento al fine di comunicare la propria posizione ufficiale al riguardo, ma la loro risposta arrivata per lettera è stata che essi non rispondono alla convocazione perché “non hanno alcun coinvolgimento col programma HAARP e non sono stati coinvolti in alcuna irrorazione aerea”.

Il presidente della comunità di Akrotiri, Georgios Christou, da parte sua ha affermato al quotidiano Simerini (“Oggi“) che i residenti di quell’area non hanno notato niente che faccia sorgere dei sospetti di irrorazioni aeree.

Articoli di approfondimento su HAARP

Il rinomato fisico Fran De Aquino ha realizzato uno studio per dimostrare che HAARP puo’ generare terremoti, cicloni e riscaldamento localizzato 

Come funziona HAARP e come potrebbe indurre terremoti artificiali secondo l’insigne fisico Fran De Aquino 

Articoli di approfondimento sulle scie chimiche

Le scie (chimiche) degli aerei, un approccio semplificato per chi non ne ha mai sentito parlare 

Le prove delle scie chimiche: una rassegna parziale ma esaustiva 

Documentario in po wer point

Il Power point su geoingegneria “riscaldamento globale” e scie chimiche (circa 34 Megabyte, 179 slide) è scaricabile al seguente link:

http://www.mediafire.com/?ksy207cj8lwpx4m

Link

 http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/i-verdi-di-cipro-denunciano-le-scie.html

 

Fukushima, due anni dopo: i veleni del disastro

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di Andrea Spinelli 

La tragedia, perchè definirlo ‘incidente‘ ha un sapore troppo politically correct, della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, investita da uno tsunami l’11 marzo 2011, lascerà strascichi che con tutta probabilità si cronicizzeranno negli anni in tutta l’area del disastro. 

Strascichi che alcune notizie recenti, come la contaminazione da cesio radioattivo di alcuni cinghiali in Piemonte, ci consegnano alle cronache nucleari di un pianeta sempre più schiavo di se stesso. Il metallo alcalino chiamato cesio è in tal senso il primo punto in comune tra Fukushima e il secondo disastro nucleare di respiro internazionale: Chernobyl. Se il destino ambientale della prefettura giapponese di Fukushima è ancora fortemente incerto, è possibile già stendere un primo bilancio sulle conseguenze del disastro: già nel settembre scorso la Tepco (Tokyo Electric Power Company) aveva diffuso un comunicato dai toni allarmanti, relativamente all’inquinamento da cesio riscontrato nella fauna marittima: Cesio in misura di ben 1.350 becquerel per chilogrammo è stato trovato, il 5 settembre 2012, nei greenling pescati a 1 km al largo della costa di Minamisoma, nella prefettura di Fukushima. Il livello di cesio era di gran lunga superiore a quello dei 100 becquerel ritenuti dal governo giapponese come sicuro per il consumo scriveva l’agenzia stampa Kyodo News. A questo, in novembre, si è aggiunto il divieto del governo di commercializzare e consumare riso proveniente dalla prefettura di Onami (a 60km dalla centrale di Fukushima Daiichi) perchè anch’esso contaminato da cesio: 630 becquerel di cesio radioattivo per kg di riso. Ad oggi sono 34 i punti, in sei comuni differenti (tutti nella prefettura di Fukushima), in cui i livelli di cesio 137 registrati sforano gli standard di evacuazione (quelli decretati post-Chernobyl): a Okumamachi, Futabamachi, Namiemachi, Tomiokamachi, Iitatemura e Minami-Soma i valori superano tutti la soglia degli 1,48 milioni becquerel per metro quadrato di cesio 137, tutti nell’area cosiddetta off-limits (entro i 20km dall’impianto di Fukushima); esternamente a quell’area si sono comunque registrate evacuazioni di emergenza e precauzionali a causa dell’alta contaminazione: a Okumamachi, città a ridosso della struttura, sono stati rilevati livelli di cesi o radioattivo di circa 15.450.000 becquerel per metro quadrato: sono 2200 i punti al suolo contaminati, e censiti, dall’incidente. I problemi ambientali correlati alla radioattività sono enormi: la centrale sorge proprio dirimpetto all’oceano, una posizione non sicura nè per la terra nè per il mare. Un anno fa Tepco ha rilevato, nel porto di Fukushima, materiali radioattivi concentrati in quantità elevate a seguito di campionamenti. Le radiazioni potrebbero diffondersi dal suolo marino e l’intenzione è di prevenirne la diffusione. Per questo motivo la compagnia ha usato un pavimento in cemento e betonite come materiale di rivestimento dei fondali marini, colando i 60cm di spessore del pavimento a 6m di profondità, per un totale di 70mila metri quadri. La contaminazione da cesio è la criticità ambientale più urgente da affrontare: la tempestività degli interventi giapponesi ha sicuramente evitato il peggio (quel peggio che oggi continua ad uccidere a Chernobyl e non solo), ma ciò che l’uomo può, e vuole, fare si scontra con la dura realtà dell’inquinamento da radioattività. Una goccia che scava la pietra, il cesio che inizialmente si riversò in mare (quelle 11500 tonnellate di acqua radioattiva, usata per raffreddare i 3 reattori dell’impianto nucleare) ha causato, e causerà in futuro, grandi problemi agli ambienti marini e terrestri. Questo nonostante il tuttapostismo della autorità giapponesi e della stessa Tepco, che due mesi dopo il disastro minimizzava sull’inquinamento da cesio 137. In tal senso è possibile tracciare una seconda similitudine con Chernobyl: la scarsa trasparenza. Sia in Ucraina che in Giappone la popolazione è stata male informata e quelle poche informazioni sono comunque giunte in ritardo: nei mesi successivi al disastro era stata data garanzia che nessun essere umano e nessun animale era stato contaminato dalle radiazioni; appena un anno dopo Mito Kakizawa, giovane deputato nipponico, dava notizia che secondo il direttore dell’Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese Terasaka Nobuaki ben 4766 lavoratori, entrati nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi a vario titolo, erano stati contaminati: Queste cifre sono emerse dai controlli medici realizzati dalla Prefettura dopo la crisi nucleare. Questo a dimostrazione che dove c’è ignoranza c’è illegalità e strage di popoli: tutti i rilievi hanno confermato la diffusione irregolare e verso nordovest delle radiazioni sprigionate dalla centrale di Fukushima: sommando i due isotopi più ‘caratteristici’, cesio 137 e cesio 134, si è calcolato un totale di concentrazione di 29,46 milioni becquerel al metro quadro. 

http://www.ecoblog.it/post/58311/fukushima-due-anni-dopo-i-veleni-del-disastro

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/03/fukushima-due-anni-dopo-i-veleni-del.html

Per Boldrini l’Europa dovrebbe prendere esempio dagli Usa…

Grandi omaggi da parte della komunista umanista ai liberatori di sempre…gli usa sono un esempio.

Quelli dei salvataggi bancari INFINITI mentre la sanità è al collasso? Quella nazione che aumenta le spese militari ed inizia guerre ad ogni piè sospinto? La nazione dove aumentano i poveri a dismisura?

 BELL’ESEMPIO COMPAGNA!

 Per Boldrini l’Europa dovrebbe prendere esempio dagli Usa…

La presidente della Camera, Laura Boldrini,ha incontrato una delegazione dei parlamentari degli Stati Uniti, tra cui l’ex portavoce della Camera Usa, Nancy Pelosi. Al centro dei colloqui, il rafforzamento del ruolo delle donne nelle istituzioni,i diritti civili e delle minoranze e la crisi economica. Per Boldrini l’Europa dovrebbe prendere esempio dagli Usa, che hanno coniugato rigore e impulso alla crescita. Poi ha citato Obama per l’approccio bipartisan sulla cittadinanza ai figli degli immigrati.
http://www.televideo.rai.it/televideo/pub/view.jsp?p=101&id=839