“RICORDATI DI SANTIFICARE IL PROFITTO”!

Aperture domenicali e festive e conseguenze sulla vita dei lavoratori
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Una volta si chiamavano feste comandate. Le domeniche, innanzitutto. E poi Natale, Pasqua. E poi quelle strappate con la lotta, il 1° Maggio, 25 Aprile… Ma il capitalismo conosce un unico comandamento: sacrifica qualunque cosa, preferibilmente i lavoratori, sull’altare del profitto. E così da qualche anno anche in Italia, a un numero sempre crescente di lavoratori viene impedito di godersi un riposo settimanale degno di questo nome, magari in compagnia delle proprie famiglie, dei propri figli.
 
Un po’ di storia
Quella della liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali è una storia che va avanti da quasi vent’anni. Nel 1995 un referendum popolare boccia con il 62% dei voti la prima proposta di liberalizzazione. Nel 1998 ci riprova Bersani, ministro dell’allora Governo Prodi di centro-“sinistra”, con il decreto che porta il suo nome, il quale prevede (in barba all’esito del referendum di soli tre anni prima) che gli esercizi commerciali possano restare aperti tutti i giorni della settimana per un massimo di tredici ore. Le domeniche sono ancora quasi escluse dalla liberalizzazione: pur conferendo poteri di deroga ai comuni, le aperture domenicali sono previste solo per le domeniche del mese di dicembre e per altre otto domeniche nei restanti mesi dell’anno. Le cose peggiorano nel 2001: con la riforma del titolo V della Costituzione la competenza in materia passa alle Regioni, che fanno largo uso dei poteri di deroga previsti dal decreto Bersani.
 
E arriviamo ai giorni nostri: il governo Monti, nel 2011, ci lascia in eredità il decreto “Salva Italia”(in vigore dal gennaio 2012), che avrebbe dovuto risollevare le sorti di un’economia strangolata dal cappio del debito e dello spread. I risultati sono sotto gli occhi di tutti… Il “Salva Italia” prevede, tra le altre cose, la completa liberalizzazione degli orari di apertura.
 
Cos’è cambiato nel commercio
 
Le aperture domenicali e festive avrebbero dovuto dare nuovo slancio al commercio, far aumentare i consumi, creare nuovi posti di lavoro. Niente di tutto ciò è accaduto. Secondo le stime di Confesercenti, complice la crisi che ancora morde le famiglie, i consumi sarebbero calati del 4,3% nel 2012, dato al quale andrebbe ad aggiungersi un -2% previsto per quest’anno. Tra l’inizio del 2012 e i primi sei mesi del 2013 sarebbero scomparsi quasi 32.000 esercizi di commercio al dettaglio e 90.000 posti di lavoro; 500.000 locali commerciali sarebbero rimasti sfitti, con una perdita di 62 miliardi di euro di affitti non percepiti e 6,2 miliardi di euro di gettito fiscale andato in fumo (più di quanto si è racimolato nelle tasche della povera gente con l’aumento di un punto di IVA).
 
Diverso sembra essere il discorso per i grandi nomi della GDO (Grande Distribuzione Organizzata): la capacità di competere al ribasso sui prezzi dei prodotti e la possibilità di restare aperti nei giorni festivi hanno sicuramente favorito i grossi centri commerciali. Ma come sono cambiate le condizioni dei lavoratori?
 
Le condizioni di lavoro nella GDO
 
La parola d’ordine che si materializza agli occhi dei lavoratori della grande distribuzione è una e una sola: flessibilità. Parliamo di circa 2 milioni di occupati, la maggior parte dei quali donne (circa l’80%) e con contratti part-time. In molti casi, la speranza di arrivare a firmare un contratto a tempo indeterminato è una chimera irraggiungibile: essere sbattuti fuori dopo 12 anni e 27 rinnovi di contratti a termine non è una cosa così infrequente (è il caso di Catia Bottoni, ex lavoratrice Coop).
 
Lo stipendio medio di un lavoratore part-time si aggira intorno ai 600-700 euro mensili, il che rende quasi impossibile essere indipendenti, figuriamoci mettere su famiglia e crescere dei figli. Ma i problemi non finiscono qui. Perché proprio la liberalizzazione degli orari e le aperture nei giorni festivi hanno inferto un altro duro colpo alla qualità del tempo di lavoro e di vita di quanti lavorano nella GDO. In nome della già citata flessibilità, i turni vengono fissati settimana per settimana, a volte il giorno prima per il giorno dopo. In più si tratta spesso di turni spezzati, che prevedono qualche ora a metà mattinata e altre ore nel pomeriggio, con una pausa che magari non basta nemmeno per fare il tragitto di andata e ritorno dal lavoro a casa, figuriamoci per fare una visita medica o semplicemente per andare a mangiare un gelato con i propri figli.
 
Ancora, molto frequentemente si chiede alle lavoratrici di fermarsi oltre l’orario di lavoro, coprendo anche mansioni che non sarebbero previste dal loro inquadramento (come il carico/scarico o le pulizie). E mentre si afferma che fare più di una pipì durante il lavoro è una condizione patologica e che quindi, per avere il permesso, bisogna avere il certificato medico, si inserisce nei nuovi contratti l’obbligo di sorridere ai clienti, come previsto dalla nuova proposta contrattuale di Coop Estense, la quale vincola il percepimento del salario accessorio al soddisfacimento dei criteri contenuti in una scheda di valutazione che misura anche, appunto, quanto si sorride.
 
E come fai a sorridere quando lavori a queste condizioni? Come fai a sorridere quando da anni non sai cosa significa passare una domenica a casa o fare una vacanza? Come raccontano Raffaella, Valentina, Barbara, Graziella e Francesca, cinque dipendenti Coop anch’esse mandate a casa dopo 10 anni e una serie infinita di contratti a termine:
 
“Ci hanno sempre chiamate stagionali, ma in realtà noi abbiamo lavorato in tutti i periodi dell’anno, non solo nelle stagioni. Abbiamo sostituito colleghe in maternità, in aspettativa, in ferie o in malattia, arrivando a lavorare anche 9-10 mesi all’anno con contratti a termine che scadevano e ci venivano rinnovati di continuo. E’ così da tanto tempo, visto che i nostri ingressi in Coop iniziano dal 2003. Per noi (e per i nostri affetti) le vacanze estive non esistono da anni, perché ci dicevano che ci chiamavano proprio per sostituire i dipendenti in ferie, ma nonostante questo ci siamo sempre sentite lavoratrici come i nostri colleghi e colleghe, perché eravamo sicure che prima o poi la nostra situazione sarebbe stata stabilizzata e avremmo ottenuto il tanto atteso contratto a tempo indeterminato.”
 
E le cose, anziché migliorare, peggiorano. Come accennato, le aperture domenicali e festive si erano portate dietro la promessa di nuovi posti di lavoro. In realtà in molti casi si è proceduto alla chiusura di alcuni centri commerciali. E quando ciò non è avvenuto, ci sono stati numerosi licenziamenti, con conseguente ricatto nei confronti dei lavoratori superstiti, costretti ad accettare l’abbassamento dei salari e l’aumento dei carichi di lavoro. Un esempio di ciò è quanto avvenuto ai danni dei lavoratori Auchan del napoletano, o a quelli dell’IperCoop di Afragola (NA).
 
Sulla questione del lavoro domenicale si sta misurando anche lo scontro tra lavoratori e sindacati confederali, restii a mettere in piedi reali iniziative di lotta e troppo spesso pronti a accettare veri e propri ricatti imposti ai dipendenti: esemplificativo è quanto successo qualche settimana fa all’Ipermercato Panorama di Campi Bisenzio (Firenze), dove 40 lavoratori sono arrivati a stracciare le tessere CGIL, il sindacato maggiormente rappresentato in azienda e a scegliere di auto-organizzarsi appoggiandosi ad un sindacato di base.
 
Della serie: piove sempre sul bagnato…
Alla fine la dottrina Marchionne arriva a fare scuola anche nel settore del commercio. Da maggio scorso Federdistribuzione (l’associazione che rappresenta la gran parte delle aziende della GDO) ha annunciato l’uscita da Confcommercio e la disdetta del CCNL Terziario-Distribuzione-Servizi a partire dal 1 gennaio 2014. La disdetta è estesa anche alla contrattazione territoriale firmata da Confcommercio e alla contrattazione integrativa aziendale per le parti in cui si fa riferimento a detto CCNL.
 
Niente di più facile per aggirare le già flebilissime garanzie previste dalla contrattazione collettiva, come per esempio il supplemento orario del 30% rispetto la normale retribuzione per il lavoro domenicale e festivo (già spesso non corrisposto) o il supplemento orario del 50% per il lavoro notturno. Forse noi siamo naturalmente portati a pensare male, ma ci pare che l’obiettivo di Federdistribuzione sia chiarissimo: approfondire il processo già avviato dalle liberalizzazioni, spremere sempre di più i lavoratori e le lavoratrici, considerare le domeniche e i festivi giorni come tutti gli altri. E buonanotte al riposo, alla vita personale e a quella familiare. Buonanotte finanche al diritto di fare la pipì.
 
…a meno che i lavoratori non scelgano di invertire la tendenza. L’8 io lotto!
 
E’ evidente che il settore della grande distribuzione continua ad essere in Italia uno dei più effervescenti dal punto di vista della capacità di mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici, grazie al supporto dei sindacati di base ma anche alla loro volontà di autorganizzarsi e di intessere legami di solidarietà. Proprio per rilanciare la mobilitazione contro le domeniche lavorative e provare a estenderla ancora di più sul territorio nazionale,è stata lanciata la data dell’8 dicembre come appuntamento di lotta in numerose città, con presidi e iniziative dentro e fuori i centri commerciali. Noi seguiremo quella giornata, partecipando ai presidi e dando spazio e voce ai protagonisti e invitiamo tutti a sostenere questa battaglia, innanzitutto – dove possibile – prendendo parte alle varie iniziative, ma anche aiutandoci a far girare le informazioni, le immagini, i contributi audio e video di quella giornata. A breve produrremo dei materiali che potranno essere utilizzati e diffusi da tutti coloro che vogliono appoggiare questi lavoratori in lotta. Stay tuned!
 

Grecia: il cappio si stringe, nuova eurostangata

08-12-2013
Il Parlamento greco ha approvato la legge di bilancio per il 2014 che prevede misure di rigore e una contrazione della spesa di 3,1 miliardi di euro.
La coalizione di maggioranza (conservatori e socialisti) guidata dal premier Samaras ha ottenuto l’approvazione poco dopo l’annuncio dello slittamento a gennaio della missione della troika (Ue Bce e Fmi)e il congelamento di un prestito di 1 mld di euro.
Il sì al bilancio è arrivato con 153 voti a favore e 142 contrari.Favorevoli i deputati di Nea Democratia e Pasok.
Intanto la Troika stringe il cappio.
La troika internazionale (Ue,Bce e Fmi) ha rinviato a gennaio la missione in Grecia congelando un miliardo di euro di prestito. Lo annuncia la Commissione Ue.

“Le discussioni tecniche continueranno ad Atene la prossima settimana e speriamo che i negoziatori possano recarsi nella capitale greca a gennaio, se le autorità avranno realizzato progressi nel campo delle riforme”, ha spiegato Simon O’Connor, portavoce del commissario agli Affari economici Olli Rehn.
http://voxnews.info/2013/12/08/grecia-il-cappio-si-stringe-nuova-eurostangata/

Guidiamo tutti la Ferrari e siamo tutti finti poveri

Con la tempistica di un razzo spaziale, il governo Letta ha varato l’ISEE, un nuovo marchingegno detto anche riccometro. Ma come? Siamo in braghe di tela, il paese è in decrescita recessiva, il benessere è finito, le nostre tredicesime verranno immolate all’altare di tasse rapinose che hanno tanti di quegli acronimi che non ci si sta più dietro e che succede? Si inaugura  un altro trappolone (l’ennesimo) per venire a ficcanasare nei nostri conti.
 
E’ bastato che una studentessa stupida e disonesta andasse all’università in Ferrari, dichiarando un reddito inferiore al dovuto e  pagare meno tasse universitarie, per indurre questo governo ad introdurre in fretta e furia il “riccometro”, che dà un’altra stangata alla maggioranza  di quegli onesti italiani proprietari di un’abitazione, spesso ottenuta dopo anni ed anni di sudati risparmi (già ultra-tassati!) e di rinunce. La stampa, usa questo esempio per fare utile cassa di risonanza.
Perché come tutti sanno l’ Italia è piena zeppa di studentesse e di studenti che vanno all’università in Ferrari, vero? E magari se ne vanno a sciare a St. Moritz ogni weekend.
 
Inoltre siamo tutti finti poveracci che millantiamo miseria che non c’è, per questo non finiscono mai di angariarci, di angosciarci, con una nuova tassa al giorno. Con i Befera e i suoi redditometri, poi gli spesometri , perché sì, siamo  pure dei sudici consumisti spreconi che ci cibiamo di ostriche e champagne quasi ogni giorno. E ora abbiamo la spada di Damocle del “riccometro”. Che misura ha la ricchezza? Quanto è lunga? Quanto è larga? Soprattutto, quanto dura?
 
Il calciatore  finlandese Olli Rehn  tira le orecchie a Enrichetto il Chiericchietto. Gli dice che l’attuale manovra non basta ancora. Forse è infuriato perché lui e i suoi compari della Ue, volevano massacrarci in quattro e quattr’otto, ma vedono che siamo duri a morire. Siamo ancora vivi per Dio, e tutto questo non gli va!
 
Ecco  dunque l’ultima notizia-lampo di un iniquo provvedimento-lampo, l’ISEE. Mi sbaglierò, ma questa è l’antifona per togliere l’assistenza sanitaria e altro welfare a tutti quanti. Col pretesto della “falsa povertà”, si comincia a raccogliere un’immensa banca-dati che serve a tagliare, eliminare e sopprimere.
Intanto, proprio alla maniera dei Soviet si usa il solito esempio isolato, per punire, criminalizzare e penalizzare tutti quanti.
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Punto due. Ecco “la cosa più bella del mio governo”. Così definisce Letta la ministra Kyenge. Sentite qui  cosa dice la bella del governo delle larghe intese sui fatti di Prato dove sono morti i cinesi. Tutti sapevano delle fabbriche clandestine, dei loculi maleodoranti, dei cinesi che lavorano come cinesi tra topi e scarafaggi. La Procura sapeva, la Guardia di Finanza sapeva ma evidentemente preferisce torchiare i commercianti italiani facendo le pulci per uno scontrino non dato (Cortina, Portofino, Capri sono solo gli esempi più eclatanti, ma poi ce ne sono tantissimi meno noti, costretti a vessazioni continue fino alla chiusura). In pratica nell’articolo  che ho linkato, è colpa nostra, dato che non abbiamo saputo “integrarli”, i cinesi.
Spero che questo governo non arrivi a mangiare il panettone di Natale. Prima se ne va a casa, meglio sarà per tutti quanti. Oltre a essere delinquenziale si comporta pure da idiota. Si può sopportare la malvagità intelligente, ma quella inetta è intollerabile!

Il popolo in piazza, lotta di popolo

certo che lo status quo e loro servi hanno interesse a denigrare i blocchi del 9. Inoltre, basta dire ci sono quelli brutti e cattivi in piazza per scaricarsi la coscienza nascondendo il sostegno al governo amico, contro il quale infatti NESSUNA PROTESTA NE’ INIZIATIVA viene intrapresa. E chi lo fa ovviamente è “fascista”. Eppure i notav e no dal molin dovrebbero saperne qualcosa di criminalizzazione delle proprie manifestazioni….

Nonostante le criminalizzazioni e la disinformazione di regime

Lorenzo Moore   

Non informano, ma quando non possono fare a meno di dare una notizia scomoda, disinformano.
Ormai è un classico di questo regime che si dichiara “liberale” e “democratico”.
Attuale occasione?
Le allarmate “note” stampa sulla manifestazione nazionale di protesta a oltranza decisa, con inizio questa domenica, da comitati, associazioni e sindacati di base di cittadini italiani di ogni categoria sociale – dai piccoli imprenditori agli autotrasportatori, dagli agricoltori ai lavoratori, dai precari ai disoccupati, dagli studenti ai pensionati – con presidii, cortei e manifestazioni in tutta Italia.
Gli appuntamenti – con il loro punto di forza nella Sicilia, con una mobilitazione di massa in nove città organizzata dal movimento dei “Forconi” e la quasi totale copertura del territorio nazionale (Torino, Asti, Vercelli, Lodi, Udine Pordenone, Imperia, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Lucca, Grosseto, Macerata, Pesaro, Roma, Teramo, Napoli, Cosenza, Reggio Calabria, Trapani, Palermo, Agrigento, Messina, Ragusa: in totale 96 presidi anche in altre città non capoluoghi di provincia) – di domenica-lunedì, sono stati spacciati dai disinforma tori, che si “sono accorti” della protesta soltanto nella sua immediata vigilia come  passibili di “gravi conseguenze”.
Grazie alle veline del ministero dell’Interno ai prefetti e al capo della polizia,che  parlano esplicitamente di “necessità di contrasto”, di “infiltrazioni di estrema destra” e di possibile “partecipazione dei cobas e degli ultras”, i sagaci fotocopiatori hanno così diramato articoli allarmistici e criminalizzanti. Naturalmente si erano ben guardati dal dare annuncio della mobilitazione di base nei giorni precedenti: secondo gli ordini ricevuti non bisognava dare pubblicità alla cosa, per boicottarla.
Con commenti ipocriti, che sfiorano il ridicolo e comunque volti in extremis a criminalizzare una protesta corale (politicamente molto scorretta) che andrà avanti almeno fino a mercoledì  11 dicembre: la “partecipazione” delle tifoserie ultras… il rammarico che le manifestazioni non abbiano avuto l’adesione delle sigle sindacali di regime, quelle istituzionalizzate e omologate al, e dal, sistema… la preoccupazione di derive “rivoluzionarie” e così via…).
Il regime si difende, anche, così.
Mette a tacere i giornali di informazione scomodi, censura tutte le proteste e le manifestazioni che rifiutano di essere pilotate da banche, partiti e sindacati del sistema, silenzia e manganella i lavoratori che protestano per essere stati votati alla miseria, e, quando non riesce a fermare  il movimento, la rabbia popolare, sguinzaglia i suoi servi nei media per criminalizzare il popolo indignato.
Una tattica soffocatrice della libertà di espressione ben nota.
Ma una pentola a pressione posta su un fuoco che arde, se priva di valvole di sicurezza, di soluzioni, non può che scoppiare.
Con tanti saluti e baci al governo della miseria, cameriere della speculazione internazionale, affamatore del popolo italiano.

07 Dicembre 2013  – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22748

Censis: morte 1,5 milioni di imprese. 8 milioni le famiglie povere

ma non è grave. Vigliamo sulle proteste a causa della crisi, saranno approvate solo marcette che non disturbano soprattutto se gestite e negoziate dalla “società civile”.6 Dicembre 2013

  
crisi
di MARIETTO CERNEAZ
 
La crisi ha portato alla chiusura di oltre un milione e mezzo di aziende in Italia negli ultimi quattro anni, mentre è cresciuto contemporaneamente nel Paese il fenomeno delle imprese di proprietà di immigrati che rappresentano ormai circa l’11% del totale. “La recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese tra il 2009 e oggi”, si legge nel rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, mentre “il commercio ambulante è cresciuto di quasi l’8% (da 168.000 operatori a quasi 181.000)” e così quello online aumentato nello stesso periodo del 20%. “L’impresa immigrata è ormai una realtà vasta e significativa nel nostro Paese” con 379.584 i imprenditori stranieri che lavorano in Italia: +16,5% tra il 2009 e il 2012, +4,4% solo nell’ultimo anno, secondo il rapporto.
 
L’imprenditoria straniera si concentra in particolare nelle costruzioni (il 21,2% del totale) e nel commercio al dettaglio: un negozio su 5 è in mano ad immigrati. Di fronte alla crisi che sta colpendo i negozi italiani – che dal 2009 sono diminuiti del 3,3% – gli stranieri sono invece cresciuti del 21,3% nel comparto al dettaglio (dove gli esercizi commerciali a titolarità straniera sono 120.626) e del 9,1% nel settore dell’ingrosso (21.440). Quanto alla nazionalità dei proprietari, oltre 40.000 negozi sono gestiti da marocchini e più di 12.000 da cinesi. Sono 85.000 gli stranieri che lavorano in proprio. Si tratta per lo più di giovani artigiani con dipendenti italiani e stranieri. Negli ultimi quattro anni, mentre gli italiani diminuivano del 3,6%, sono aumentati del 14,3%.
 
E LE FAMIGLIE?
 
 
Famiglie italiane in difficoltà a causa della crisi economica. Sono quasi 8 milioni le famiglie che hanno ricevuto dalle rispettive reti familiari una forma di aiuto nell’ultimo anno. E 1,2 milioni di famiglie, che non sono riuscite a coprire le spese con il proprio reddito, hanno fatto ricorso a prestiti di amici. E’ quanto sottolinea il 47esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale della penisola.
 
Per il 72,8% delle famiglie un’improvvisa malattia grave o la necessità di significative riparazioni per la casa o per l’auto rappresentano un serio problema. Il pagamento di tasse e tributi (24,3%), bollette (22,6%), rate del mutuo (6,8%) mette in difficoltà una quota significativa di italiani. Dati negativi anche per le imprese italiane. Dal 2009, rileva il rapporto del Censis, la recessione ha portato alla cessazione di più di un 1,6 milioni di imprese. Tuttavia nel piccolo commercio, che conta oltre 770.000 imprese, i negozi di vicinato che operano nell’alimentare, pur essendo stati spiazzati dalla grande distribuzione, hanno registrato un lieve incremento, vicino all’1% tra il 2009 e la prima metà del 2013.
 
Un altro dato significativo segnalato nel rapporto è il crollo delle compravendite di abitazioni dal 2007 al 2012, calate del 45%; nel 2013 il calo potrebbe arrivare al 50% (400.000 abitazioni vendute). Le famiglie che hanno manifestato l’intenzione di acquistare casa sono state 907.000 e solo il 53,5% è riuscito a realizzare l’acquisto. Infatti, dal 2007 al 2012 il risparmio netto annuo per famiglia è passato da 4.000 euro a 1.300 euro.
 
Nonostante questo bollettino di guerra, la pressione fiscale continua ad aumentare e non ha mai smesso di aumentare negli ultimi 1o anni. Don’t worry… Letta ha detto che l’Italia sta crescendo…

Da De Gaulle a Hollande: l’interventismo della Francia in Africa

DICEMBRE 7, 2013
 
aaaaaaa
L’operazione militare Sangaris  con cui la Francia interviene, da sola,  nella Repubblica Centroafricana ha avuto ufficialmente inizio la notte di Venerdì 6 dicembre, quando una calma precaria regnava nella capitale Bangui  dopo una giornata di violenze che hanno provocato la morte di più di 140 persone.
In virtù degli esistenti accordi di difesa e  cooperazione, instaurati all’indipendenza delle colonie, la Francia è intervenuta 35 volte  sul suolo africano dal 1964. Alcune operazioni sono durate pochi giorni, altre hanno avuto durate molto lunghe.
 
1964-2013  Presidenti & interventi
Charles De Gaulle – 1 volta
George Pompidou – 1 volta
Valéry Giscard D’Estaing – 4 volte
François Mitterand – 10 volte
Jacques Chirac – 11 volte
Nicolas Sarkozy – 4 volte
François Hollande –  3+ 1  volte
 
Il 7 dicembre, infatti, Hollande, con il beneplacito dell’ Onu, ha lanciato l’operazione Sangaris nella repubblica Centro-Africanadove già era stata presente in appoggio alla missione internazionale Misca. Fa seguito alla Serval in Mali, a quelle  in Libia e in Costa d’Avorio di Sarkozy, portando al totale di cinque gli interventi   in Africa dal 2011 a oggi. Un grilletto facile che sostiene o travolge, a seconda dei casi, il governo in carica. 1600 i soldati inviati, per una capitale che ha poco più di 500 mila abitanti .
Nella repubblica Centroafricana c’è l’uranio e anche se al momento il mercato “tira” di meno, interessa mantenere l’opzione sulle possibilità di sfruttamento; inoltre il poverissimo paese è fonte immediata di profitti per i servizi alle imprese nell’industria manufatturiera, commercio e banche.
 
L’abilità dell’Eliseo è intervenire quando scorre il sangue, senza che venga del tutto ricostruito “perchè” sta scorrendo quel sangue. L’importante è che la popolazione sia abbastanza terrorizzata da un conflitto interno da accogliere Marianna con gli applausi.
Da Jeune Afrique la mappa interattiva per scoprire i paesi “aiutati” dalla France Afrique, definizione neutra dei rapporti con il suo network ex-coloniale, dietro la quale agisce un’organizzazione militare potentissima, con basi dislocate sul terreno, servizi di “contro” spionaggio, e referenti dediti alla protezione degli interessi francesi nel continente . 
bb

Imola: Ca’Vaina al servizio dei cittadini o poltronificio del PD

Pubblicato da ImolaOggiIMOLA, NEWSdic 6, 2013

COMUNICATO STAMPA NETWORK ANTAGONISTA IMOLESE
CA’ VAINA: AL SERVIZIO DEI CITTADINI O POLTRONIFICIO PD? IL NAI ESIGE CHE SI CAMBI ROTTA DOPO LA FALLIMENTARE GESTIONE DEL CENTRO.

imola Il Network Antagonista Imolese (NAI), la rete delle forze anticapitaliste della nostra città, ritiene inammissibile lo stato di incuria nel quale l’amministrazione comunale ha abbandonato Ca’ Vaina. Il centro che dovrebbe essere preposto alla formazione audiovisiva dei giovani imolesi, per il quale il comune stanzia annualmente oltre 100.000 euro, infatti, da quando è stato appaltato alla cooperativa Seacoop sta subendo una forte contrazione delle utenze, dovuta principalmente alla negligenza della cooperativa che lo gestisce.
La cooperativa che gestisce il Centro infatti non solo starebbe trascurando il capitolato, il cui rispetto era stato posto proprio dal Comune di Imola come condizione necessaria per la vittoria del bando emesso lo scorso anno, ma risulta che anche quando questa si impegni a rispettarlo, faccia esclusivamente il minimo indispensabile, senza curarsi di coinvolgere i giovani (veri destinatari dei fondi pubblici stanziati dal Comune) e preoccuparsi che alle iniziative proposte vi sia effettivamente riscontro di pubblico e di utenza.
Il centro ormai non risponde più al suo compito di valorizzazione della creatività e del protagonismo giovanile nella città, non favorendo più la socializzazione dei più giovani, atta a prevenire fenomeni di marginalità e di svantaggio socio-culturale. L’obiettivo di incentivare iniziative e percorsi di autogestione che sappiano trasformare i giovani da oggetto a soggetto della cultura, poi è totalmente disatteso. E’ stata inoltre cancellata la prevista formazione di nuove figure professionali nell’ambito audiovisivo, eliminando di fatto un’intera categoria professionale dalla città.
Questa situazione di fatto abbandona la parte più giovane della cittadinanza a se stessa, senza fornirle servizi adeguati, relegandola a vivere in una città fantasma, in cui l’inventiva e la voglia di avvicinarsi alla cultura audiovisiva rimangono imbrigliate e spesso limitate. L’intento di favorire l’inclusione sociale e la partecipazione attiva delle giovani generazioni alla vita della comunità, con il quale era nata Ca’ Vaina, pare aver lasciato il posto alle logiche interne alla cooperativa.
Risulta allora spontaneo chiedersi se il contributo comunale di 100.000 euro sia adoperato da Seacoop per la gestione di Ca’ Vaina o serva a Seacoop per aggiustare e gonfiare i propri bilanci o addirittura sistemare personale “suggerito”. E’ altrettanto plausibile domandarsi come la fallimentare gestione del centro, nonostante le grandi potenzialità e le più che adeguate strutture (sale prove, sale di montaggio, attrezzature audiovideo ecc.) di cui è dotato, non abbia spinto il comune a recedere dal contratto con Seacoop e a cercare soluzioni alternative più ragionevoli e proficue, come l’autogestione del centro da parte dell’utenza.
Questo ultimo interrogativo trova facile risposta: all’interno del centro lavora la consigliera comunale del PD, Alice Sieli. Solo a noi risulta palese che il fatto che una consigliera comunale lavori per una cooperativa che riceve finanziamenti dall’amministrazione comunale costituisca un forte conflitto di interessi?
Proprio per questo se, come crediamo, l’amministrazione comunale non recederà dal contratto, pretendiamo le dimissioni della Sig.ra Sieli dalla carica di consigliera comunale.
Chiaro è, dunque, che l’esternalizzazione del servizio di Ca’ Vaina, al quale è stata poi accorpata la Palazzina, che costituiva un’avanguardia a livello nazionale, possa essere iscritta nella fallimentare politica di privatizzazioni che il Partito Democratico, a livello nazionale come locale, sta da anni perseguendo, nell’ottica di smembrare il welfare pubblico per darlo in mano a privati, senza tenere conto della qualità dei servizi al cittadino. Emerge inoltre chiaramente agli occhi di tutti i cittadini come questo tipo di politiche abbia determinato un deliberato accantonamento della strategia educativa riguardante le giovani generazioni nella nostra città.
Troviamo tutto ciò davvero inammissibile e qualora questa situazione non cambiasse a breve non esiteremmo nel valutare opzioni radicali, come l’occupazione e l’autogestione del centro.
 Network Antagonista Imolese
http://www.imolaoggi.it/2013/12/06/imola-cavaina-al-servizio-dei-cittadini-o-poltronificio-del-pd/

PER L’UCRAINA SI APRONO LE PORTE DELL’INFERNO

Postato il Venerdì, 06 dicembre   
         
Russia DI THE SAKER
vineyardsaker.blogspot.it Proprio come avevo previsto nel mio ultimo pezzo (1) dedicato agli sviluppi in Ucraina, i politici Europei e i partiti dell’opposizione in Ucraina hanno tentato l’impossibile per scatenare un’ennesima rivoluzione pilotata a Kiev.

Gli Euroburocrati, solitamente riservati e a basso profilo, si sono ritrovati a bacchettare la Russia con infuocate affermazioni sull’ “inaccettabile interferenza russa”, mentre dei loro diplomatici si sono largamente esposti incitando a manifestazioni (illegale) a Kiev. L’opposizione, dal canto suo, ha impegnato tutte le sue formidabili risorse per incoraggiare la gente a unirsi nella protesta e a confluire a Kiev da tutta l’Ucraina, Paesi Baltici e Polonia, per una grande manifestazione di piazza; e, tanto per essere sicuri che la gente si facesse viva, hanno iniziato la manifestazione con un concerto rock gratuito.

Al termine, i partiti all’opposizione uniti hanno dichiarato che stanno organizzando un “quartier generale unico della resistenza”, che avrà come primo compito quello di coordinare uno sciopero generale nazionale in Ucraina.

In ultimo, l’opposizione, capeggiata da Yulia Timoshenko dalla sua prigionia, sta facendo apertamente appello alla destituzione del governo di Yanukovich (2) e a nuove elezioni.

? Davvero impressionante.

E il governo “filo-russo” Yanukovich?

?Esattamente come avevo predetto, è già pronto allo “zag” successivo allo “zig” a sorpresa della scorsa settimana.   Tutto quello che Yanukovich & Co. hanno fatto è di inviare il Primo Ministro Azarov a spiegare il cambiamento di idee del Presidente Yanukovich ad un programma televisivo condotto da un presentatore ebreo notoriamente russo-fobico, “Savik Shuster” (3), (vero nome “Shevelis Shusteris”), che in passato ha già lavorato per la Radio Free Europe /Radio Liberty, una crazione CIA, e poi per le testate “democratiche” russe, prima di entrare alla Televisione Ucraina dopo la “Orange Revolution” di Kiev. Questo autentico “cosmopolita” ha anche la cittadinanza italiana e canadese, oltre a quella israeliana, probabilmente. Durante il programma, nessuno ha ascoltato una parola di quello che diceva Azarov; ad ogni cifra economica che lui citava a difesa della sua posizione, i nazionalisti rispondevano con slogan ad effetto, promesse di un luminoso futuro e la solita accesa retorica anti-russa. Azarov, a un certo punto, è riuscito a dire che aveva accettato di partecipare a un programma televisivo proprio nella speranza che almeno in televisione gli avrebbero permesso di parlare (quello stesso giorno al Parlamento Ucraino Azarov era stato praticamente azzittito dalle urla dell’opposizione, impedendogli così di prendere la parola e spiegare le decisioni del governo).

Lo stesso Yanukovich ha affermato che tutto quello che era accaduto era solo un “ritardo temporaneo”, che dopo tutto l’Ucraina avrebbe firmato, soltanto un “po’ più tardi”, magari in primavera.

Poi, il Governo ha ordinato ai suoi poliziotti anti-sommossa di far sgomberare Piazza Maidan a Kiev alle 4 di mattina, ordine che è stato eseguito con la solita violenza selvaggia (da entrambe le parti). Dopo, Azarov ha denunciato i suoi stessi poliziotti e ha annunciato l’istituzione di una commissione speciale per indagare sulle violenze commesse e individuare i responsabili (chi altro potrebbe esserlo se non lui stesso?).

Infine, Yanukovich ha ufficialmente dichiarato (4) di essere “profondamente sconvolto” da quella violenza e che tutti gli Ucraini erano “uniti nella comune scelta del loro futuro Europeo”. Una cosa assolutamente patetica, secondo me.

?Per quanto riguarda i cosiddetti “amici dei Russi” di Donetsk, hanno organizzato una manifestazione anti-UE e pro/Yanukovich dove hanno fatto sventolare un mare di bandiere gialle e blu dell’Ucraina, mentre suonava sullo sfondo l’Inno alla Gioia dalla 9° sinfonia di Beethoven (ignari del fatto che si trattava proprio dell’Inno ufficiale dell’Unione Europea).

? Credo che, su questo terreno, il conflitto tra i due partiti non potrebbe essere più netto. Mettiamoli a confronto:

?GLI EUROBUROCRATI E I NAZIONALISTI UCRAINI

?Gli Euroburocrati e i nazionalisti Ucraini sono arrabbiati, molto arrabbiati. Sentono che un solo uomo improvvisamente ha cambiato idea, rinnegato tutte le sue promesse e in un solo momento ha arrestato, con la sua sola mano, un processo in cui avevano investito un enorme capitale politico. E sono assolutamente corretti in questo, poiché è proprio quello che è accaduto. Ora gli Euroburocrati e i nazionalisti Ucraini si sentono allo stesso modo: entrambi avvertono una grande fragilità, entrambi temono la Russia, entrambi sono in bancarotta finanziaria e sperano che una vittoria politica possa adombrare il loro fallimento economico, entrambi odiano la Russia e pensano che sia assolutamente necessario negarle qualsiasi vantaggio (sia esso reale o immaginario) che essa possa trarre da un’unione con l’Ucraina. E’ vero, questi sono sentimenti esclusivamente negativi e carichi di odio, sentimenti di inadeguatezza mescolati a delusione per una grandezza tanto desiderata quanto irraggiungibile. Ma i sentimenti negativi, soprattutto quelli nazionalistici, possono diventare molto potenti, come la storia di Hitler ha chiaramente dimostrato al mondo intero.

GLI UCRAINI ORIENTALI, COSIDDETTI “FILO-RUSSI”

?Questi non hanno una visione, non hanno un’ideologia, non hanno uno scopo futuro. Tutto quello che possono offrire è un messaggio che dice, essenzialmente: “Non abbiamo altra scelta che svenderci ai ricchi Russi piuttosto che ai poveri Europei” oppure “tutto quello che otterremmo dall’Europa sono solo parole, i Russi invece offrono denaro”. Vero. Qualcosa che però ha ben poco di ispirato, anzi niente. Inoltre, questo punto di vista rafforza, indirettamente, le tesi degli Euroburocrati e dei nazionalisti Ucraini: che, cioè, si tratta di una svendita alla Russia e che i Russi stanno facendo un ricatto e interferiscono ingiustamente, mentre, in realtà, l’unico vero ricatto è stato quello Europeo, come chiaramente dimostrato dalla richiesta di liberazione della Tymoshenko (mentre in Europa, il Sig. Berlusconi è accusato dello stesso identico crimine, tanto per parlare di due pesi e due misure…).

E LA RUSSIA, IN TUTTO QUESTO, CHE PARTE HA ?

?Sto iniziando a temere che tutto questo a un certo punto esploderà in una vera e propria crisi dai risvolti molto pericolosi per la Russia. In un primo momento prevedo che gli Euroburocrati e i nazionalisti Ucraini alla fine avranno la meglio e che Yanukovich metterà in atto il suo “zag” rimangiandosi la sua decisione, oppure lascerà il comando. In un modo o nell’altro, gli Euroburocrati e i nazionalisti Ucraini alla fine prevarranno. A Kiev ci saranno altre gioiose manifestazioni di piazza, fuochi d’artificio e festeggiamenti vari, oltre alle varie pacche sulle spalle di autocompiacimento e ai “batti-il-cinque” di Bruxelles, e poi… e poi davvero le porte dell’Inferno si apriranno per l’Ucraina.

Perchè?

Beh, semplicemente perché unirsi ad un Titanic che sta affondando, significa non salvarsi. L’Unione Europea sta affondando e anche l’Ucraina. Nessuna delle due ha una reale visione di come fermare questo disastro; entrambe stanno tentando di tutto per nascondere le loro rispettive bancarotte finanziarie, celandole dietro stridenti e cattive retoriche politiche. Non occorre ricordare che nessuno slogan e nessuna retorica ha mai sfamato il popolo, e la già disastrata economia Ucraina finirà con il crollare del tutto. A quel punto la priorità della Russia non sarà più quella di soccorrere un paese confinante in difficoltà, ma quello di proteggersi da un disastro che si svolge lungo 2,300 km di propri confini con l’Ucraina.

Quali sono i rischi per la Russia?

??IL VERO RISCHIO PER LA RUSSIA

?Finire trascinata inevitabilmente nel caos e nella violenza che si scatenerà in tutta l’Ucraina (compresa la penisola della Crimea); tentare di arrestare o arginare, possibilmente, il flusso prevedibile di rifugiati in cerca di salvezza fisica ed economica in Russia; proteggere la propria economia dalle conseguenze del crollo dell’economia Ucraina.

La Russia potrebbe trovarsi a dover fare tutto questo mentre dovrà tenersi alla larga dalla crisi interna in Ucraina, poiché è quasi certo che gli Euroburocrati e i nazionalisti Ucraini daranno la colpa di tutto proprio alla Russia. La cosa migliore che in queste circostanze la Russia potrà fare, sarà di lasciare che l’Ucraina se la sbrighi da sola con i suoi conflitti interni e attendere che alla fine una delle due parti prevalga, prima di inviare con grande cautela qualche suo “messo” politico a saggiare il terreno oltre confine per verificare che ci sia nel paese finalmente qualcuno capace di ragionare e di iniziare seriamente a ricostruire l’Ucraina e a ricucire gli inevitabili rapporti con la Russia e con il resto della comunità Euroasiatica. Finchè questo non avviene, la Russia farà bene a restarne fuori il più possibile.

?SARAJEVO SUL DNIEPR

?In questo momento, tutto indica che l’Ucraina si sia messa sul sentiero “bosniaco” e che le cose peggioreranno ulteriormente. La miscela esplosiva che vediamo oggi ribollire in Ucraina è la stessa che vedemmo a suo tempo esplodere in Bosnia: e cioè dei nazionalisti locali appoggiati dagli imperialisti esterni, assolutamente determinati ad ignorare qualsiasi forma di buonsenso, tantomeno una soluzione negoziata, per raggiungere i loro scopi ideologici. Ai ragionevoli e ai razionali, questo mio scenario catastrofico potrà apparire eccessivamente pessimistico. Li invito quindi a leggere questa famosa barzelletta Polacca (5):

Un Polacco che cammina da solo per strada trova una lampada. La raccoglie e poichè è tutta arrugginita, la strofina un po’. Dalla lampada esce fuori un genio: “Sono il genio della lampada e posso far avverare tuoi desideri” dice il genio. “Bene” dice il Polacco. “Vorrei che l’esercito Cinese invadesse la Polonia”. Che strano desiderio, pensa il genio, ma ciononostante avvera il desiderio e l’esercito Cinese arriva dalla Cina, invade la Polonia e se ne torna a casa sua. “Bene, ora il secondo desiderio. Magari.. qualcosa di positivo” dice il genio. “No” replica il Polacco “Voglio che l’esercito Cinese invada di nuovo la Polonia”. E allora ecco che i Cinesi ritornano, invadono di nuovo la Polonia e se ne tornano a casa loro. “Ascolta” dice a questo punto il genio “Ora tu hai un terzo e ultimo desiderio, Posso rendere la Polonia il paese più bello e prospero del mondo intero”. “Se a te non dispiace” gli risponde il Polacco “vorrei che l’esercito Cinese invadesse per la terza volta”. E allora ecco che i Cinesi tornano per la terza volta, invadono e se ne tornano a casa loro. “Non capisco” dice il genio. “perché mi hai chiesto di far invader la Polonia dall’esercito Cinese per tre volte??” “Beh..” risponde il Polacco “..hanno dovuto attraversare la Russia per sei volte.”

Questo è il tipo di “humour” che nasce da un complesso di inferiorità ben radicato, unito a un acceso nazionalismo compensatorio. Chiedete a chiunque abbia conosciuto un nazionalista Ucraino e ne avrete la conferma – in confronto, i nazionalisti Polacchi vi appariranno delle brave persone sobrie e moderate.

Non occorre neanche dirlo: quando l’Ucraina esploderà, gli Euroburocrati gireranno lo sguardo e chiuderanno a doppia mandata i confini dei loro rispettivi paesi, mentre i leader dei partiti nazionalisti Ucraini fuggiranno a gambe levate verso Occidente, dove sicuramente li attende una rispettabile e ben pagata posizione in un’università o in un think-tank o in un’ ONG. Per quanto riguarda la popolazione Ucraina, sarà abbandonata alle sue lotte interne, mentre sullo sfondo scorreranno fiumi di ipocrite lacrime di coccodrillo della cosiddetta “comunità internazionale”.

? LASCIATE OGNI SPERANZA, O VOI CH’ENTRATE?

?Spero sinceramente di sbagliarmi e che dal caos emerga qualcuno o un movimento che impedisca all’Ucraina di affondare nello scenario “bosniaco”, ma, sfortunatamente, non vedo alcun segno in questo senso. I politici Ucraini – tutti, nessuno escluso – sono una visione deplorevole. Tra l’altro, lo stesso possiamo dire dei politici Europei. Nei loro momenti migliori sono noiosi, per niente ispirati e alquanto incompetenti. Nei loro momenti peggiori, che sono quelli più ricorrenti, sono dei bugiardi patologici, dediti alla prostituzione politica, degli idioti deludenti, troppo ignoranti e troppo arroganti da comprendere i segni dei tempi, anche quando sono scritti in caratteri cubitali.

Ok, ora lo ammetto: per mia esperienza, mestiere e carattere sono decisamente un pessimista (ma avete mai incontrato prima un analista politico ottimista?). Ad esempio, fin dal mio primissimo post su questo blog, ho predetto un attacco USA/Israele all’Iran, e questo ancora non si è verificato (ma io ancora penso che prima o poi gli Israeliani e il loro collega Neo-Con sayanim riusciranno a provocare questo attacco, ricorrendo, se occorre, anche a un’operazione sotto falsa bandiera). Quindi, in passato mi sono sbagliato, e anche di molto, e spero vivamente di sbagliarmi ancora in futuro. Peccato, però, che io non veda finora fatti né argomenti che indichino pur lontanamente che nel futuro dell’Ucraina esista uno scenario migliore.

Qualcuno ne vede forse un altro?

?? The Saker
Fonte: http://vineyardsaker.blogspot.it
Link: http://vineyardsaker.blogspot.it/2013/11/the-gates-of-hell-are-opening-for.html
30.11.2013
http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=12674&mode=&order=0&thold=0

Sequestro senza verbale, condannata a 2 anni e 8 mesi la vigilessa pestata dalle zingare

Pubblicato da ImolaOggi – dic 7, 2013
macri
7 dic – Sequestro senza verbale. Condanna per il “maresciallo coraggio” Claudia Macri, la vigilessa del I Gruppo di Roma Capitale pestata a sangue, insultata, e ricoperta di sputi ad agosto da tre zingarelle che borseggiavano i passeggeri alla stazione metro Piazza di Spagna.
 
L’ambulante clandestino che l’ha accusata continua a vendere la mercanzia taroccata a Piazza di Spagna, anche se ha «tre decreti di espulsione», «due denunce per ricettazione» e altre «per reati minori». «Ma forse ora che gli è riuscita l’impresa avrà ottenuto un permesso di soggiorno» commenta amaramente la vigilessa “scomoda” che ha multato più di qualche auto “altolocata”. Colpevole di aver ufficializzato il sequestro di due borsoni pieni di merce taroccate solo «via radio», l’11 giugno 2010, sottratti a un bengalese senza permesso di soggiorno scappato tra il fuggi fuggi di abusivi.
 
Ha pianto ieri ascoltando la condanna in primo grado a due anni e otto mesi di reclusione. La sentenza della settima sezione penale che ha disposto la pena per la vigilessa accusata di concussione. Secondo l’ipotesi dell’accusa infatti la Macri, da sempre in forza agli agenti che si occupano della zona che circonda piazza di Spagna, durante un normale servizio aveva fermato un venditore ambulante di origine extracomunitaria che aveva piazzato la sua merce nelle vicinanze della scalinata. Certificato l’illecito, l’agente della municipale, di origine calabrese ma da anni in servizio a Roma, aveva sequestrato le borse che l’ambulante tentava di vendere, consegnandole poi agli agenti che curano la sorveglianza dell’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Subito dopo però la Macrì venne fermata da due carabinieri in borghese che avevano seguito la scena contestandole l’accusa. In fase d’indagine preliminare era stata la stessa procura a chiedere l’archiviazione del caso. Decisione che però aveva visto il rifiuto del Gup Anna Maria Fattori che aveva invece disposto il rinvio a giudizio per l’agente della polizia di Roma Capitale. In fase dibattimentale poi il pmo aveva richiesto una condanna esemplare a 4 anni di reclusione. Richiesta però respinta dal legale della Macrì che si era battuto per l’infondatezza dell’ipotesi di reato indicando contrasti sussistenti tra l’esame dei rapporti su quanto accaduto e le stesse dichiarazioni che il venditore ambulante aveva rilasciato durante il procedimento.
 
«Aspettiamo il deposito della motivazione – ha dichiarato l’avvocato della Macrì, Paolo Gallinella – faremo ricorso in Appello. Comunque la fragilità del capo di imputazione è evidenziata dall’assoluzione di altri analoghi e numerosi episodi di concussione che erano stati contestati alla mia cliente. In Appello cercheremo di dimostrare l’assoluta inattendibilità di coloro che hanno accusato la Macrì».
 
Claudia Macrì è una tosta, che non si gira dall’altra parte. Ad agosto la vigilessa che ha collezionato aggressioni da parte di zingari e zingarelle manolesta era stata di nuovo aggredita alla fermata della metro a piazza di Spagna, da 3 zingarelle minorenni e un’adulta beccate ad alleggerire i passeggeri.
Lei non si rassegna. Anche se ieri il suo telefono ha squillato in continuazione per ricevere la «solidarietà» di amici e conoscenti. «Sono stata condannata senza uno straccio di prova, non c’è un filmato, non c’è una foto – racconta il maresciallo Macri -, nulla, tranne le accuse di un clandestino dal 2006, che non ha ottemperato a tre decreti di espulsione, con due denunce per ricettazione, e altre per reati minori, che ha continuato a vendere borse contraffatte a piazza di Spagna, in vicolo del Bottino, forte delle “sue amicizie” e ha continuato a minacciarmi di morte, “ti faccio fare una brutta fine” tutte le volte che gli ho impedito di vendere la merce taroccata.
 
Grazia Maria Coletti e Vincenzo Imperitura
 

270mila greci guadagnano meno di 500 euro al mese

Pubblicato da ImolaOggi dic 8, 2013

28 DIC – Circa 270mila lavoratori greci guadagnano stipendi inferiori ai 500 euro al mese. Lo ha reso noto oggi il ministro del Lavoro, Yiannis Vroutsis, annunciando gli ultimi dati desunti dal database ministeriale ‘Ergani’ che registra tutte le assunzioni ed i licenziamenti che avvengono nel Paese.
In Grecia cercano schiavi: lavorare per vitto e alloggio. O addirittura per niente
Secondo ‘Ergani’, attualmente in Grecia 196.695 aziende fra grandi, medie e piccole danno lavoro a 1.371.450 persone con contratti a tempo indeterminato ed il 90% di queste imprese impiegano sino ad un massimo di 10 dipendenti. (ANSAmed).
http://www.imolaoggi.it/2013/12/08/270mila-greci-guadagnano-meno-di-500-euro-al-mese/