TAV, ALLA MADDALENA SCAVATI SOLO 2 KM SUI 7 TOTALI. IL RITARDO E’ UN FATTO INOPPUGNABILE

http://www.valsusaoggi.it/?p=10211

LUNEDÌ, 16 FEBBRAIO 2015

 BY  – PUBLISHED: 02/16/2015 –

20140331-110307

di RICCARDO HUMBERT

Forse sul Tav si sono sprecate troppe parole, sia da una parte che dall’altra. Sarebbe dunque opportuno badare sostanzialmente ai fatti.  I fatti, incontrovertibili e inoppugnabili, ci dicono che secondo LTF il tunnel geognostico della Maddalena avrebbe dovuto essere terminato entro il 2015. Così non è stato, e questa menzogna è un fatto, non un’opinione. Su sette chilometri e mezzo ne sono stati scavati poco meno di due, altro fatto. La misura della considerazione che i propugnatori dell’opera hanno delle popolazioni di cui sono ospiti sta nel fatto che non è mai stata data nessuna spiegazione o giustificazione del ritardo se non una generica e grottesca  “colpa dei No Tav”.

Chi ha visto il film “Dredd, la legge sono io” con Sylvester Stallone ricorderà la frase con cui il Giudice Dredd stigmatizza le banalità: “Affermazione prevedibile”. Intanto pare essere stata ufficializzata la nascita della Salerno-Reggio Calabria del Nord, come ampiamente previsto, e lo spettro di anni e ancora anni di lavori non turba certo le coscienze di chi vede procrastinare ad libitum il suo lucro proprio in un momento in cui non è mai stata così traballante la tesi della strategicità di quest’opera e la volontà europea di costruirla. Anche questo è un altro fatto.

No Tav, 2 bottiglie incendiarie sulla linea Roma-Firenze

Settebagni

La notizia è riportata da fonte ANSA su BLITZQuotidiano e sulla testata locale IL MATTINO e risale a Venerdì 13 febbraio. Nei pozzetti in cui passano i cavi dell’alimentazione sulla tratta AV Roma-Firenze sono state trovate due bottiglie incendiarie, una delle quali parzialmente bruciata. Secondo ANSA l’azione porta la irma dei NO TAV, lasciata in rosso sulle grate di protezione di entrambi i pozzetti. “Fortunatamente non ci sono stati danni, ma secondo chi indaga si tratta di un vero e proprio attentato incendiario fallito alla Tav. Non è escluso che i responsabili abbiano agito qualche notte fa e che sia stato scoperto solo oggi visto che non ha provocato guasti alla linea. Per gli inquirenti l’obiettivo era quello di mandare in tilt o quantomeno rallentare la circolazione dei treni dell’alta velocità. 

Per gli esperti l’innesco sarebbe simile a quello dell’attentato incendiario messo a segno due giorni prima di Natale alle porte di Bologna. All’alba del 23 dicembre andarono in fiamme alcuni pozzetti dell’Alta Velocità nei pressi della stazione Santa Viola procurando ritardi e disagi alla circolazione ferroviaria. Oggi, invece, non si sarebbero registrati problemi. A quanto riferito da Ferrovie dello Stato c’è stato soltanto una riduzione di velocità dei convogli a 30 chilometri orari, tra le 12.30 e le 13.45, per consentire di effettuare i sopralluoghi in sicurezza.”

Prima di partire con i complottismi rifletterei su un paio di cosette: anzitutto è un sabotaggio, e come tale rientra nelle pratiche da sempre adottate nella lotta al ‪‎TAV ricordiamo che ci sono ancora 4 compagni ai domiciiari e 3 in carcere in attesa del processo per l’azione definita “terroristica” dalla procura, nella quale l’unica vittima fu il compressore oltre all’accusa della procura fallita miseramente in assise.
Secondo: una dura sentenza il 27 gennaio ha condannato 46 compagni, e se si vuole dimostrare che la repressione non funziona il modo migliore è proseguire la lotta.
Terzo: i sabotaggi di dicembre furono accolti con clamore mediatico folle, definiti terrorismo, scatenarono l’ira di Caselli e portarono molti no tav presi dal panico a rispondere con le frasi di Imposimato che sosteneva con certezza assoluta che si trattasse di strategia della tensione, salvo poi alcuni comunicati che in qualche modo ricollocarono i due episodi, sabotaggi, appunto, nella lotta al TAV.

Stupisce, caso mai, che ora siano riportati solo da un quotidiano locale e che ultras SìTav e ministrerrimi vari tacciano, a differenza di quanto hanno fatto a dicembre.

Farsi una domanda, darsi una risposta.

Magari usando la propria testa senza prendere a prestito quella di magistrati vari… più o meno popolari, ma pur sempre magistrati.

Aggiungo: ridicola la chiusura dell’articolo de Il Mattino: “Insomma, alla stazione di Settebagni, non sarebbero arrivati attivisti del Nord, ma membri di una cellula locale del movimento antagonista che a dicembre aveva organizzato attentati simili a Bologna e Firenze.” ora abbiamo anche no tav del nord e no tav del sud?
Dando per scontato che i quotidiani riportino solo le veline della questura è chiaro che stanno facendo una netta distinzione, dividere è il loro fine. Normale che lo facciano loro, un po’ meno che glielo permettiamo.

Simonetta Zandiri

This article has 16 comments

  1. La “cellula locale del movimento antagonista” ha già fatto sapere di essere pronta a durissime azioni TERRORISTICHE durante la manifestazione del 21 febbraio (MANIFESTAZIONE dei Sindaci Notav, capitanati dal sig. Plano, a favore delle compensazioni governative). La CELLULA ha intenzione di fare scritte con bombolette spray sui muri di Torino e d’intorni. Le autorità sono state tranquillizzate daalla leadership notav che il controllo delle frange estremiste IMBRATTANTI saranno tenute a BADA da Ronde ANTAGONISTE.
    A sarà Dura

  2. Rinaudo e Padalino il duo di FERRO, ha allertato le FDO e aumentato le scorte al sig. Numa ed Esposito, Pare che siano a disposizione del politico e del giornalista circa 100 uomini sia delle FDO che volontari Antagonisti MODERATI

  3. Egr. sig. Simone, la manifestazione popolare NO TAV del 21/2/2015 è una manifestazione decisa dal MOVIMENTO NO TAV nell’assemblea popolare di Bussoleno del 28 febbraio u.s.
    L’assemblea popolare ha deciso in quella riunione di invitare alla manifestazione i sindaci della Valle che hanno formalizzato nelle loro giunte municipali, in questi giorni, una delibera di netta contrarietà allo sperpero di denaro pubblico nelle grandi opere rivendicando che questi fondi vengano dirottati sulle “piccole opere utili” del territorio, a favore della scuola, della sanità, dell’edilizia popolare, del reddito minimo garantito per tutti.
    L’assemblea popolare ha anche deciso in modo unanime che la manifestazione dovrà essere una manifestazione fatta “a moda nostra”, cioè senza imbrattamenti, atti vandalici e pulendo la pubblica via dopo il passaggio della gente. La manifestazione deve ricalcare le modalità della grande manifestazione di Torino del 10/5/2014.
    Questo è quanto deciso in modo democratico dal MOVIMENTO NO TAV. Forse Lei non lo ha ancora capito, forse lo ignora, che il MOVIMENTO NO TAV è un movimento POPOLARE che ha molte anime al suo interno e tutti si danno da fare per bloccare lo spreco di denaro pubblico e la costruzione di opere inutili e devastanti. Non è un movimento ANTAGONISTA anche se al suo interno vi sono ANCHE degli antagonisti che hanno accettato il metodo di lotta popolare del MOVIMENTO NO TAV.
    Lei, forse, non ha ancora capito che il nostro metodo di lotta popolare ci ha permesso di ostacolare la realizzazione della Torino Lyon da oltre 25 anni, coinvolgendo tutta la popolazione diventando, senza averlo ricercato, un esempio a cui guarda tutta l’Italia dei resistenti all’arroganza delle confraternite mafiose del tondino&cemento, dei poteri arroganti dello Stato, alle politiche delle Grandi Opere Inutili e Imposte.
    Forse Lei non si è reso conto che i due post che ha scritto sono assolutamente funzionali al sistema che ci governa. Sistema di potere che teme i cittadini che senza alzare la voce, senza imbrattare i muri, fanno sentire le loro ragioni in modo pacifico, allegro, ordinato, pulito in cui si trovano a loro agio, nella protesta, famiglie, persone anziane, ragazzi, giovani e bambini. Sistema ben contento di persone “antagoniste” come Lei, isolate come Lei, che non riescono a coagulare attorno a loro il consenso verso i loro “imbrattamenti” con le bombolette spray sui muri di Torino e dintorni.
    La sua frustrazione politica di “cellula locale antagonista” la sfoghi in un modo più intelligente, provi a valutare l’importanza dell’approvazione popolare verso le sue azioni.
    Se ne è capace, provi a rispettare le decisioni e le modalità di lotta del MOVIMENTO NO TAV.
    Soprattutto si chieda (se ne è capace) a chi giova l’azione che si appresta a compiere.
    Comunque sappia che il MOVIMENTO NO TAV è fatto da tante persone che hanno a cuore il movimento e che faranno di tutto affinché personaggi incoscienti come Lei non riescano a metterlo in cattiva luce o peggio ancora lo danneggino.

    A Simonetta Zandiri voglio solo ricordare che scoperchiare un pozzetto dei cavi elettrici lungo la ferrovia, mettere due bottiglie incendiarie con alcuni stracci e poi scrivere sul coperchio del pozzetto una specie di NO TAV la settimana prima della manifestazione torinese non è un sabotaggio, è un’azione provocatoria che se fatta da qualcuno che si dice NO TAV è anche, a mio parere, una grandissima stupidaggine perché, al massimo, è un sabotaggio nei confronti della buona riuscita della manifestazione del 21/2. Ma, leggendo lo scritto del sig. Simone, può davvero darsi che proprio questo fosse lo scopo: sabotare la manifestazione popolare in programma. Complimenti davvero!

  4. Il movimento non è antagonista, ma la lotta lo è diventata. Il 27 giugno 2011 la benna operava a poche distanza da chi era su quel guard rail e io ero tra quelli, lo ricordo bene. Il 3 luglio non riuscimmo neanche ad avvicinarci alle reti, da sopra il cavalcavia, arrivando dal sentiero da Giaglione, iniziarono a spararci addosso molte decine di metri prima. Io potevo essere popolare e gioiosa ma lo stato ci ha attaccato brutalmente, e ha continuato per tutta l’estate, perché un conto è opporsi ad un progetto un altro è tentare di fermarlo quando il braccio armato tenta di imporre con l’autorità quello che migliaia di persone, non solo valsusine, rifiutano di accettare e sappiamo bene che non si può ridurre la questione a “solo un treno”. Il giorno che hanno sparato il lacrimogeno in faccia ad Alessandro eravamo talmente solari che stavamo costruendo specchi, specchi per inondare il non-cantiere di luce, luce, contro la loro OSCURITA’, ai nostri specchi risposero tentando di ucciderci, perché senza quella maschera da verniciatore forse sarebbe morto. Non so quindi come rispondere alle tue parole, Alberto, se non restando attaccata a quei ricordi indelebili, ricordi che hanno calpestato e insultato per oltre 100 giorni in quell’aula bunker e trascrivendo ogni fottuta parola è chiaro che o io ho vissuto un’altra realtà o qualcuno ha finto di vederne solo una parte, la verità giuridica è lontana da quella oggettiva, ma qui siamo proprio su pianeti opposti. Ora, dopo oltre 100 giorni, la mia carogna è altissima ma nonostante questo mantengo la calma quando, anche di recente, dopo la sentenza, gli agenti si sono comportati con una spocchia peggiore, gli scappa quel “zecca di merda” che ormai precede i cognomi che conoscono alla perfezione avendoci schedati, fotografati, annusati, e probabilmente ascoltati, per oltre 4 anni. Di noi sanno tutto e allora dovrebbero anche sapere che non c’è bisogno che qualcuno ci dica come dobbiamo manifestare, lo sappiamo e l’abbiamo sempre saputo, ma non è accettabile che qualcuno si arroghi il diritto di dire cosa è no tav e cosa non lo è o, peggio ancora, di cosa è buono e giusto e cosa è cattivo e sbagliato, non finché lo scavo va avanti e il progetto dell’opera, anche. Perché fino ad allora stiamo perdendo tutti. Il TAV ha devastato ovunque, in Italia, creando quella rete ferroviaria per pochi eletti a svantaggio di chi può viaggiare solo sui regionali, se le linee non sono state dismesse. Io non tiro pietre, uso le parole, uso il mio corpo come scudo ( ma questo non li autorizza implicitamente a farne un bersaglio), uso ciò che sono in grado di fare perché si apra una crepa nell’informazione omertosa, è faticoso, sicuramente commetto molti errori ma almeno ci provo, non mi sottraggo alla parola, non mi sottraggo alla necessità di esserci e di resistere, anche nelle situazioni più difficili e rischiose. E pur non tirando pietre e non avendo mai neanche acceso un fumogeno, non giudico chi lo fa, né prendo le distanze da chi agisce diversamente perché so che ciascuno porta in questa lotta il proprio contributo, ben sapendo che ci sono momenti diversi e che il movimento è popolare.
    Decine di processi si stanno trasformando in condanne pesantissime, applicazioni sempre più diffuse di sorveglianza speciale, se avevamo ragione e io credo ancora che abbiamo ragione non è accettabile neanche una condanna a un solo giorno, quindi per quanto mi riguarda io ci sarò sempre, accanto ai compagni condannati e poiché la manifestazione era nata soprattutto da un loro spunto troverei giusto che fossero proprio gli imputati ad aprire il corteo e starei accanto a loro, fiera e felice di esserci. Ben sapendo cosa dovrei fare, senza bisogno di ricevere le istruzioni per una manifestazione, tanto meno consigli. Se non mi fido di chi ho accanto, allora vado altrove. Ma se marcio con dei compagni, non ho bisogno di dire loro cosa fare o non fare. Mi sentirei totalmente a disagio, è la fiducia che può aiutarci ad andare avanti, dandoci quella forza e quella gioia che ci permetteranno di continuare a sorridere. Perché io lo so che una risata, prima o poi, li seppellirà. E finché riusciamo a sorridere, abbiamo vinto. Sul serio. :)
    Quanto all’accusa di sabotare la manifestazione del 21 è talmente insostenibile che vorrei non rispondere, ma in realtà qualcosa da dire ci sarebbe, per esempio il ritardo di questa manifestazione rispetto alla sentenza che da mesi si sapeva sarebbe arrivata o il 20 o il 27 gennaio, potrei anche far notare che non parlare minimamente delle vittime della repressione nel comunicato dei sindaci non mi sembra molto corretto e a questo proposito cito un passaggio di Nelson Mandela, nella dichiarazione spontanea che Mandela rilasciò in apertura della fase dibattimentale del processo di Rivonia di fronte alla Corte Suprema del Sud Africa.
    “Nel manifesto dell’Umkhonto pubblicato il 16 dicembre 1961, dichiaravamo: “Nella vita di ogni nazione c’è un momento in cui rimangono soltanto due alternative: sottomettersi o lottare. Ora in Sudafrica è giunto quel momento. Non ci sottometteremo e non abbiamo altra scelta che rispondere ai soprusi con tutti i mezzi di cui disponiamo per difendere la nostra gente, il nostro futuro, la nostra libertà”. Mandela spiega poi che iniziò a parlarne con l’ANC, l’African National Congress, che da sempre era un’organizzazione politica di massa con una funzione da assolvere, le persone vi aderivano sulla base della sua esplicita linea d’azione improntata alla non violenza e non era possibile trasformare un organismo del genere in una struttura snella e coesa quale doveva essere un’organizzazione che voglia compiere azioni di sabotaggio, ne avrebbe alterato la natura stessa dell’organizzazione. Ma l’ANC fu pronta ad allontanarsi dalla politica di non violenza, limitatamente al fatto che NON AVREBBE PIU’ DISAPPROVATO UNA VIOLENZA adeguatamente controllata, di conseguenza i membri dell’ANC che intraprendevano tali azioni non sarebbero stati soggetti a misure disciplinari.”. Quindi forse tra il dissociarsi completaente e il non disapprovare una certa violenza, peraltro reazione legittima ad atti arbitrari, come ampiamente dimostrato dalla difesa, potrebbe essere una terza via. Coraggiosa, certo, ma forse è proprio questo il momento in cui ciascuno di noi, nella propria vita, e con la propria posizione e la propria diversità, dovrebbe fare una scelta coraggiosa e non soltanto per “fermare il treno” ma per salvare quel diritto di ribellarci senza il quale saranno fottute anche le prossime generazioni.

  5. Ringrazio il leader PERINO per i chiarimenti. GRAZIE e buona passeggiata ISTITUZIONALE il 21…

  6. P.s. Mi spaventa MOLTO il fatto che non ci sia la capacità di cogliere l’ironia, tanto da pensare che un PERSONAGGIO disinformato come il sottoscritto possa avere la forza e la capacità di boicottare una GRANDE MANIFESTAZIONE popolare.
    Sig. Perino ogni tanto sorrida, e cerchi di cogliere un po’ non tanto, solo un po’ l’ironia che si prova di mettere anche nella lotta… ci sono già giudici e potenti che fanno piangere, cerchiamo almeno di sommergerli con tante risate, che forse fanno buon sangue.
    Nel 1940 Charlie Chaplin creò uno dei grandi capolavori del cinema, una grande parodia del nazismo e di Hitler, il film IL GRANDE DITTATORE. Un film, un capolavoro che ancora oggi ci fa capire molto bene, forse molto meglio di tanti discorsi seriosi e pomposi, la stupidita criminale del nazismo e di Hitler. Forse l’ironia intelligente di Chaplin ha ancora molto da insegnarci in questo buio e triste 2015 serioso. Forse può insegnarci che lottare e denunciare con il sorriso sulle labbra non solo può essere molto efficiente, ma auspicabile.

  7. Alberto, ricordi uno degli imputati al maxi processo, arrestato il 3 luglio, pestato e trascinato per decine di metri e poi pestato ancora all’interno dell’area del museo? SORU, mi sto riferendo a lui, la sua vicenda è emersa dopo la divulgazione del dossier Hunter, ma giuridicamente il caso NON ESISTE, archiviato, come tutto quello che abbiamo subito e che finisce in un archivio enorme…. La condanna di Soru, come quella di altri, è stata SUPERIORE alle richieste dei PM… questa come la chiamiamo, se non VENDETTA? E’ accettabile? Per me non lo è. Non lo sarebbe stato comunque, ma è un segnale molto forte che deve avere una risposta adeguata. Qui il video in cui l’avvocato di Soru spiega che dalle stesse testimonianze dell’agente che l’ha colpito e arrestato emerge che siano “caduti”, insomma non c’è stata neanche una condotta di resistenza (che sarebbe stata improbabile in quella situazione), poi si chiede perché è stato più volte colpito sulla testa…. sono queste le REGOLE D’INGAGGIO? Qui il video: https://www.youtube.com/watch?v=DR2BDKlYCic&feature=youtu.be
    Le regole d’ingaggio per le forze dell’ordine in quelle giornate erano: SENZA LIMITI. Il 27 maggio 2011 i “potenti” si riunirono alla regione piemonte, c’era Bartolomeo Giachino, sottosegretario alle infrastrutture, Barbara Bonino, allora assessore ai trasporti, il sindaco uscente Chiamparino e il neo sindaco Fassino, insieme a Confindustria e Camera di Commercio. Un giornalista chiese “Che tipo di forza ci si può spingere ad usare nei confronti dei manifestanti?”ed ecco la risposta della Bonino: “non c’è nessun limite d’ingaggio rispetto a questo obiettivo perché questo obiettivo si chiama legalità  e uno stato ha l’obbligo morale oltre che fattuale di garantire la legalità sempre e la tutela e l’incolumità dei suoi cittadini in qualunque situazione. Come reagisce uno stato? Con tutti i mezzi che ci sono a disposizione”.
    Qui file audio BONINO: http://www.quotidianopiemontese.it/wp-content/uploads/2011/05/Bonino.mp3
    L’8 giugno 2011 in Prefettura ci fu il vertice sulla sicurezza tra enti locali e forze dell’ordine, all’ordine del giorno la linea da seguire per consentire l’apertura del cantiere. Oltre al prefetto ed al questore Aldo Faraoni erano presenti anche il sindaco di Torino, Fassino, il governatore Cota e il ministro Maroni. La richiesta, anzi, l’auspicio è non soltanto di usare le forze dell’ordine per una militarizzazione dell’area ma, addirittura, una “violenta repressione senza limiti d’ingaggio”.
    SENZA LIMITI D’INGAGGIO

    Allora, Alberto, quando lo STATO annienta ogni diritto e PREANNUNCIA che agirà CON TUTTI I MEZZI A DISPOSIZIONE e SENZA LIMITI D’INGAGGIO, non credi che quello sia il momento in cui ci si organizza per resistere ma con una coesione più ampia? Perché altrimenti si va al massacro, si va al massacro perché chi è più determinato resiste, si prende gas, manganellate, e poi condanne etc, mentre chi si tira indietro, più che comprensibile, dovrebbe almeno avere il coraggio di stare al fianco di chi questa lotta l’ha portata avanti con generosità, consapevole che dall’altra parte sarebbe arrivata una VIOLENTA REPRESSIONE quella sì, premeditata da anni, forse da dopo Venaus 2005.

  8. Vai albertino che i soldini per salvare la casuccia te li sei intascati e sei ok, noi poveri anarchici invece ci giochiamo solo la libertà. Sei un poveretto, e come te chi ti bacia i piedi

  9. Interessante. Mi piacerebbe leggere le risposte di Perino ai commenti di Simonetta, in quei giorni lo stato ha aggredito i suoi cittadini e, nel bene e nel male, ha iniziato una “guerra” usando ogni mezzo. La violenza, la coercizione, i soprusi, la derisione, la denigrazione.
    Qual è il mezzo giusto per rispondere a tutto ciò?
    Ormai non è neanche più questione di un treno ma una sfida, una sfida che lo stato non può perdere al di là dell’utilità e dei costi.
    Come dice Perino la lotta NOTAV è diventata suo malgrado un esempio e questo credo che lo stato non lo possa tollerare…non cadiamo nelle loro trappole. Troppi hanno già pagato e pagheranno e sicuramente sono i più “scomodi” e invisi al sistema.

  10. Avere la coda di paglia è un’espressione o modo di dire della lingua italiana che indica il sapere di aver combinato qualcosa, di non avere la coscienza tranquilla e, di conseguenza, avere timore di essere scoperto, allarmarsi alla prima allusione sfavorevole, discolparsi senza essere stati accusati, quindi reagire impulsivamente a critiche o osservazioni.

    Probabilmente, l’origine dell’espressione fa riferimento alla pratica medievale di umiliare gli sconfitti o i condannati attaccando loro una coda di paglia, con la quale dovevano sfilare per la città a rischio che qualcuno gliela incendiasse come gesto di ulteriore scherno.

  11. sono molto perplesso da alcuni commenti che leggo.
    Che lo stato attacchi i cittadini che si oppongono molto efficacemente ad un progetto inutile e criminale è ovvio. Strano che ci si meravigli.
    Che l’unica arma che hanno gli “espositi” sia la criminalizzazione è altrettanto evidente. Gli unici punti di forza che hanno quelli che vogliono le grandi opere inutili e imposte sono risorse economiche e forza militare.
    Credo che l’errore più grave che possiamo fare è cadere nella lorto trappola e scendere ad un confronto paramilitare. Non solo saremmo sconfitti, perseguitati e incarcerati, ma faremo il loro gioco trasferendo una lotta, che va ben al di là del TAV, sul piano del confronto militaresco.
    Io non vivo in valle e nemmeno in Piemonte, sono di Firenze; anche noi abbiamo un macigno TAV che non vorremmo, ma siamo molto coscienti che fuori della Val di Susa la battaglia più importante è quella di far capire la violenza di imporre una mega opera inutile, dannosa e costosa. Le persone “normali”, quelle che purtroppo vedono tanta TV, non hanno gli strumenti per capire cosa c’è in gioco dietro le grandi opere. Il nostro obiettivo, per noi fuori della valle, è principalmente di far chiarezza sul livello di violenza istituzionale che subiamo. Il miglior servizio che possiamo fare al nostro avversario è mettere delle inutili bottiglie di benzina in un cunicolo.
    Questo non vuol dire ritenere il sabotaggio ingiusto, vuol dire saper usare gli strumenti giusti nel momento giusto.
    Scendere oggi sul piano “militare” vuol dire solo imporre la propria identità politica e culturale e ignorare l’importanza della battaglia che conduciamo.

    • A decidere di scendere sul piano MILITARE è stato LO STATO e non certo i cittadini. Le 5 settimane di occupazione permanente che abbiamo vissuto prima di quello sgombero ne sono una prova, non hanno mandato 2000 militari armati fino ai denti per allontanarci con garbo e gentilezza, e meno che mai hanno accettato che resistessimo “pacificamente”, visto che, ripeto, quella benna tagliava a pochi centimetri anche dalla sottoscritta, noncurante della nostra sicurezza, e il lancio dell’idrante ci ha messo in seria difficoltà evidenziando che non era certo usato per “ridurre le polveri”, quella giornata è una delle due per le quali 46 compagni sono stati condannati, l’altra è il 3 luglio, dove a decine di migliaia di persone è stato IMPEDITO di MANIFESTARE, oltre 4000 lacrimogeni sparati in poche ore spesso INTENZIONALMENTE ad altezza uomo, se si GIUSTIFICA TUTTO QUESTO si sta mettendo a rischio OGNI POSSIBILE OPPOSIZIONE PACIFICA, attenzione perché è già cosi’ ma NON DOBBIAMO PERMETTERGLIELO, mi assumo tutta la responsabilità di queste parole e vi invito NUOVAMENTE (l’ho già fatto, ma evidentemente non basta) a SEGUIRE le arringhe della DIFESA al maxi processo NO TAV altrimenti l’unico spazio mediatico lo trovano le tesi accusatorie… !
      Avv. Novaro sul 3 luglio,Seconda parte dell’arringa dell’avv. Novaro al maxi processo no tav, udienza 20 gennaio 2015. “In quella giornata del 3 luglio i diritti di libertà di espressione e di riunione sono stati messi a repentaglio da questo sciagurato comportamento tenuto da parte delle forze dell’ordine, dai dirigenti delle forze dell’ordine.” Dialoghi surreali tra agenti che filmano i manifestanti alla stazioni “un altro treno di zecche”, ma che faccia hanno gli anarchici? Gli agenti hanno letto Lombroso?
      Avv. Milano sulla libertà morale di OPPORSI, linfa della democrazia
      Avv. Bertone ricostruisce come anche negli ultimi istanti dello sgombero furono lanciati gas lacrimogeni sui manifestanti ormai in fuga
      Sempre l’avv. Bertone mostra i video (girati dalla polizia) dove NON SOLTANTO si vedono i lanci dei candelotti ad altezza uomo, ma addirittura se ne capisce l’intenzionalità dall’audio “Li vedi quei due, centrali!” oppure “Sparagli in faccia”… allora di che cosa stiamo parlando? Se anche quel giorno ci fosse stata, come altre volte, l’intenzione di tagliare le reti non pensate che fosse un atto dovuto? SE NON DIFENDIAMO QUELLE GIORNATE abbiamo perso, abbiamo perso anche il diritto ad opporci.

  12. ringrazio Simonetta per la grande “lezione di vita” espressa nei suoi commenti, mi auguro che Alberto ci rifletta e con lui tutti/e i sinceri oppositori del Tav lontani da interessi di Partito.
    Vorrei dire due parole a proposito del commento di “tiziano”. Tu scrivi “Scendere oggi sul piano “militare” vuol dire solo imporre la propria identità politica e culturale e ignorare l’importanza della battaglia che conduciamo.” Parole che, secondo il mio modesto parere, meglio si adattano ad un <>

  13. ‘ops, la tecnologia non aiuta….quello che c’era scritto tra è: “Scendere oggi sul piano istituzionale e a buo ritto…”
    Dopo un secolo e mezzo di anni di galera propinati ai nostri resistenti, pretendere un corteo che non solo lasci i muri muti ma addirittura pulisca la merda che normalmente giace già a terra della metropoli, è sbagliato. Significa insegnare ai nostri figli la desistenza e la rassegnazione.
    Lotta significa lotta, e la lotta esclude chi ha un posto al sole, garantito dal braccio militare dello Stato e dai Partiti, tutti.
    Molti di noi amiamo Fabrizio De Andrè, in tanti ci siamo scaldati ascoltando la sua poesia, in quanti abbiamo capito il reale significato del passaggio:” Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni.”?

POLITIQUE FRANCAISE : CHIRAC-HOLLANDE, UNE HISTOIRE CORRÉZIENNE

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EODE-BOOKS - Chirac Hollande, une histoire corrézienne (2015 02 15)

# CHIRAC-HOLLANDE, UNE HISTOIRE CORRÉZIENNE

Auteur: Denis Tillinac

Editeur: Plon

« L’affectivité qu’ils répandent à profusion, sur le fil de l’instant, n’exclut pas un énorme fond d’indifférence. On n’atteint pas les sommets politiques sans un égocentrisme ravageur qui laisse sur le carreau des monceaux de cadavres affectifs. Y compris dans le cercle familial. »

– Denis Tillinac.

Chirac, Hollande : deux ambitions, un même terroir. Un demi-siècle de vie politique …

Avec des anecdotes savoureuses et des confidences inédites, Denis Tillinac restitue le parcours corrézien de ces deux Présidents qu’il a bien connus et observés et met en évidence leurs similitudes plus profondes qu’on le croit.

Chirac, Hollande : deux ambitions, deux générations, un même terroir. Deux élus au long cours d’un département rural et excentré du Massif central, voisin des anciens fiefs de Pompidou et de Giscard, ou poussent au naturel les ministres et les cèpes. Deux rivaux qui se sont longtemps et violemment combattus avant de se rapprocher, de sympathiser, jusqu’à la fameuse phrase de Chirac : « Je voterai pour toi. »

Avec des anecdotes savoureuses et certaines confidences inédites, Denis Tillinac restitue le parcours corrézien de ces deux Présidents qu’il a bien connus et observés en romancier. Son livre est une traversée buissonnière de près d’un demi-siècle de vie politique, dans le sillage des deux patrons successifs de son département. Il a repéré des similitudes profondes et découvert dans une bourgade le berceau de la « chiracollandie ». Existerait-il un art corrézien d’accommoder la politique ?

Un récit vivant et chaleureux, dans une certaine nostalgie de l’ère Chirac et dans l’expectative quant à la vraie nature de Hollande. Mais surtout, une dénonciation involontaire d’un système politique sclérosé. Où droite et gauche sont les deux faces similaires d’une même oligarchie. Si Chirac et Holande se ressemblent tant c’est que rien ne les différencie fondamentalement, ni le programme réel, ni une idéologie qui n’existe plus.

Le constat de Tillinac est terrible et sans appel. Manipulation de la naïveté du citoyen-lambda, fausse empathie de monstres froids confits dans leur égocentrisme forcené : « L’affectivité qu’ils répandent à profusion, sur le fil de l’instant, n’exclut pas un énorme fond d’indifférence. On n’atteint pas les sommets politiques sans un égocentrisme ravageur qui laisse sur le carreau des monceaux de cadavres affectifs. Y compris dans le cercle familial. »

EXTRAIT DE “CHIRAC-HOLLANDE : UNE HISTOIRE CORRÉZIENNE” :

Au fond, sur le plan de la vision de la France dans le monde, et des équilibres sociaux à l’intérieur du pays, rien ne les oppose. Enarques l’un et l’autre, leur dirigisme foncier s’accommode de l’économie sociale de marché. On n’insistera jamais assez sur le cadrage d’un esprit formé à l’abordage de la chose publique par le couple Sciences-Po-ENA, qu’il penche à droite ou à gauche. « Une patrie, c’est une langue », écrivait Cioran, et la langue énarchique, sa syntaxe surtout, détermine bel et bien une identité patriotique qui va au-delà des connivences de carrières entre anciens élèves.

La seule pierre d’achoppement de Chirac et de Hollande, c’est l’Etat, et ils savent que, pour entretenir ce moloch, il faut tondre la laine sur le dos des classes moyennes. Ils savent aussi qu’en les prolétarisant à l’excès on priverait le pays de son soubassement, pour ne pas dire de son identité. Il en résulte le sentiment – partagé – d’une approche minimaliste de l’art de gouverner, sans brusquerie et en épousant les lignes de fuite de l’opinion. Ils appartiennent l’un et l’autre au parti de l’humilité politique.

Converti à la nécessité de poursuivre la construction européenne, sensibilisé à la menace d’un désastre écologique d’ampleur planétaire, à la défense des cultures minoritaires, à la préservation du « modèle social », viscéralement hostile au nationalisme poujadisant du Front national, Chirac ne serait pas intellectuellement dépaysé dans les milieux modérés du PS. Ceux par exemple qui se réfèrent… à Delors. Il trouverait seulement que les palabres s’y éternisent et qu’ils se barbouillent trop de sociologie.

Convaincu que l’Etat doit encadrer plutôt qu’animer la vie économique (il a fait HEC avant l’ENA), et que les rigidités de notre droit social handicapent nos entrepreneurs, Hollande ne serait pas davantage paumé dans les sphères « sociales », réformistes, européistes de l’UMP. Mitterrandiste par nécessité, jospiniste par accident, il est plus proche d’un Baroin que d’un Hamon.

En Corrèze, Hollande fait du Chirac. Même relation avec l’électeur. Même intelligence des situations concrètes. Même attention aux desiderata des élus. Même clientélisme, pour tout dire. C’est la règle du jeu avec le scrutin uninominal, nul élu ne peut s’en affranchir. Mettons que Chirac et Hollande s’y soient adonnés sans compter leur peine, ni leur temps. Pour l’un comme l’autre, la politique est un « métier » d’artisan plutôt que d’artiste.

Même souci d’arrondir les angles en dépolitisant. Chirac n’a jamais cru à la pertinence des clivages partisans, il préférait convaincre plutôt qu’imposer, en usant des armes de la séduction. Une seule ligne de démarcation politique lui importait, celle, mobile, qui séparait ses partisans de ses adversaires. Son optimisme reposait sur la conviction qu’on peut toujours chiraquiser un récalcitrant, il suffit de le prendre par le bon bout, celui de son désir, de son ambition, de sa vanité. Hollande adapte son propos à l’interlocuteur ou à l’auditoire. Un débat sur la laïcité m’a opposé à lui, dans le cadre des soirées organisées à Brive par François David, le directeur des écoles libres de la Corrèze, ancien président national du Syndicat de l’enseignement catholique. Un gaulliste tendance Charbonnel, en plus œcuménique, animateur du Centre Michelet sur la Résistance. Public catho. Hollande est « laïque » comme on se doit de l’être au PS. Ses biographes font état de mauvais souvenirs qu’il aurait gardés de sa scolarité chez les salésiens de Rouen. Il n’a rien dit qui puisse être suspecté de complaisance pour l’école libre, mais rien non plus qui eût indisposé l’auditoire. Le plus probable est qu’il n’a pas d’opinion arrêtée sur le sujet. Un esprit mal intentionné en déduirait peut-être qu’il n’a d’opinion arrêtée sur rien. Max Gallo n’hésite pas à l’affirmer. Martine Aubry le laissera entendre durant la campagne des primaires. Hollandisme, stade suprême du scepticisme ? Du chiraquisme ?

Les proches de Hollande à Tulle affirment qu’il préfère le job de maire à celui de président du conseil général. Parce qu’un maire, seul maître à bord, constate de visu les effets de son action. C’est concret, on se sent dans la peau virile d’un ingénieur en chef du BTP. Tandis qu’au conseil général il faut caresser des ego dans le sens du poil, et parfois trancher dans le vif. Hollande y répugne, plus encore que Chirac. L’exercice de l’autorité n’est pas son point fort. Il a tendance à rechercher le consensus avant la négociation.

Hollande n’aime pas le conflit. Chirac non plus. Pour l’un et l’autre, la recherche du plus petit dénominateur commun est de l’ordre de l’inné. Ils n’aiment pas dire non. Cependant, Chirac décidait quand ça coinçait, et si on résistait il pouvait être cinglant. Hollande donne l’impression de laisser son entourage décider à sa place. Si Mitterrand a vraiment dit ce qu’un de ses ministres a rapporté, c’est le « caractère » qui est en cause – et on peut changer d’idée, de parti ou d’épouse, pas de caractère.

Chirac a de l’empathie pour les gens. Hollande aussi. L’affectivité qu’ils répandent à profusion, sur le fil de l’instant, n’exclut pas un énorme fond d’indifférence. On n’atteint pas les sommets politiques sans un égocentrisme ravageur qui laisse sur le carreau des monceaux de cadavres affectifs. Y compris dans le cercle familial. Ne jamais oublier que la passion du pouvoir est une pathologie lourde et incurable qui affecte toutes les instances du psychisme et vise à instaurer une relation de dépendance de facture sourdement érotique. Ses sectateurs ont un besoin panique que l’on ait besoin d’eux et qu’un halo de vénération les entoure. Les protège. Les totémise, aurait dit Freud. Quiconque a pénétré par curiosité ou mégarde leur univers, sans succomber à la tentation de s’y laisser happer, finit par conclure qu’ils sont tous cinglés.

Au fond, qu’est-ce qui sépare Chirac de Hollande, sinon le caractère, et la date de naissance ? Au début des années 60, il fallait se couler dans la mouvance gaulliste pour se rapprocher du pouvoir ; au début des années 70, il fallait être libéral décravaté pour relever le « défi américain » ; au début des années 80, il valait mieux aller pêcher des voix de cadres « branchés » dans les eaux socialistes. Au sommet de l’Etat, ces distinguos s’effacent. C’est l’époque qui les a enrôlés de part et d’autre de la frontière érigée par le mode de scrutin. A ceci près que Chirac, plus irréfléchi dans sa jeunesse, fut brièvement tenté par l’Algérie française, et encore plus brièvement par le communisme, tandis qu’à vingt ans déjà, Hollande était dans les clous du légalisme bourgeois. Il en ressort cette impression que le destin de Chirac eût pu s’élancer – ou s’égarer – ailleurs que sur les rails d’un itinéraire politique au long cours. Hollande, on ne l’imagine qu’en homme politique, il faisait déjà ses gammes au lycée.

L’AUTEUR:

Denis Tillinac, corrézien, a publié plus de quarante livres XLIOX8211; romans, essais, récits, poésie XLIOX8211;, dont le Dictionnaire amoureux de la France (Plon, 2008), qui lui ont valu de nombreux prix littéraires. Son dernier ouvrage Du bonheur d’être réac. Apologie de la liberté (Éditions des Équateurs) a connu un beau succès.

ISBN 9782259227711

250 pages

EODE / 2015 02 15 /

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GAME OVER IN DELBATSEVE FOR A QUARTER OF THE UKRAINIAN ARMY

Luc MICHEL/ In Brief/

Avec Interfax – AFP – PCN-SPO/ 2015 02 15/

LM.NET - EN BREF debaltsevo game over (2015 02 15) ENGL

“Ukraine rebels warn Kiev over truce around battleground town”

– AFP.

Donetsk Republic on Saturday warned that “any attempts by Kiev forces to move out of the battleground town Debaltseve after the start of a ceasefire would be considered an aggression”.

Fierce fighting raged around Debaltseve on Saturday in the hours before the 2200 GMT start of a truce intended to be a first step in a peace plan to end 10 months of conflict.

Kiev desesperatly denies DNR claims that thousands of government troops have been trapped in the town. But the game is really over for a quarter of the Ukrainian Army, with huge quantities of materials, including tanks, armored vehicles and heavy artillery!

Donetsk leader President of DNR Alexander Zakharchenko on this Saturday warned that “any attempt by Ukraine to move its troops out of Debaltseve after the ceasefire would be seen as a violation of the truce”. “These attempts will be stopped by us and the enemy will be destroyed,” Zakharchenko said.

“Ukraine and the West accused Russia of piling in heavy weapons to spearhead the frantic separatist onslaught for the vital position. The threat highlights the fragility of the looming truce, and could be used by the separatists to justify a return to fighting”, said AFP.

KREMLIN CONFIRM THAT THE DNR POSITION IS CORRECT FOLLOWING THE MINSK AGREEMENTS ...

Kremlin spokesman Dmitry Peskov echoed the rebel warning.

“Ukrainian army units that are surrounded even after the start of the ceasefire will naturally try to break out and thus break the truce regime,” Peskov was quoted as saying by Russian news agency Interfax. “There is a potential for such a danger.”

Luc MICHEL

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PRAVIY SEKTOR ET SES BATAILLONS DE LA GARDE NATIONALE UKRAINIENNE REFUSENT LES ACCORDS DE MINSK

TENSIONS AU SEIN DE LA JUNTE DE KIEV :

LES ULTRANATIONALISTES REFUSENT LES ACCORDS DE MINSK ET CONTINUERONT LE COMBAT !

KH pour Novorossiya Info/
avec RT/ 2015 02 15/
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http://www.scoop.it/t/novorossiya

Brigades de PRAVIY SEKTOR

Accords de Minsk : le leader de Secteur Droit Dmitry Yarosh annonce que les bataillons néonazis ne respecteront pas la trêve en Ukraine !!!
Le leader de Secteur Droit, Dmitry Yarosh, a annoncé que son mouvement paramilitaire ultranationaliste ne respecterait pas la trêve signée à Minsk et que ses unités paramilitaires continueraient le « combat actif » selon leurs « propres objectifs ».

Le leader de Secteur Droit, Dmitry Yarosh, a annoncé que son mouvement paramilitaire ultranationaliste ne respecterait pas la trêve signée à Minsk et que ses unités paramilitaires continueraient le « combat actif » selon leurs « propres objectifs ».

Le leader ultranationaliste a publié un statut sur sa page Facebook vendredi disant que le mouvement Secteur Droit ne reconnaissait pas les accords de Minsk signés par le « groupe de contact » jeudi et approuvé par l’Ukraine, la France, la Russie et l’Allemagne après des discussions épiques de 16 heures.
Yarosh a affirmé que tous les accords passés avec les milices de l’est, qu’il qualifie de « terroristes », n’avaient aucune valeur légale.
Dans sa publication, Yarosh affirme que les accords de Minsk sont contraires à la constitution de l’Ukraine et que les citoyens ukrainiens ne sont donc pas obligés de les respecter. Si l’armée régulière reçoit l’ordre de cessez-le-feu et de retirer ses armements lourds de la ligne de front, les bataillons composés de membres de Secteur Droit se « réservent le droit » de continuer la guerre, a t-il affirmé.
L’organisation paramilitaire Secteur Droit continue de déployer ses unités de combat et ses réservistes, d’entraîner ses combattants, tout en coordonnant ses activités avec le commandement militaire de l’armée et les unités paramilitaires du ministère de la défense ainsi que du ministère de l’intérieur, a t-il précisé.

Le mouvement néo-nazi a refusé de reconnaître l’autorité du gouvernement de Kiev et menace même ses représentants. En septembre 2014, Yarosh avait déclaré qu’il pourrait « dégager » Poroshenko « comme Yanoukovitch », alors que le Secteur Droit menait des manifestations violentes en face des locaux de la présidence à Kiev.
En janvier, l’assistant de Poroshenko a déclaré à la télévision  nationale que les unités paramilitaires du Secteur Droit avaient refusé de passer sous le commandement de l’armée. Yury Biryukov a précisé qu’il avait « personnellement proposé une légalisation des activités du Secteur Droit » mais « qu’ils avaient refusé » exprimant le souhait de rester autonome et de ne référer de leurs actions à personne.

Dans ce contexte, l’armée américaine a annoncé qu’elle allait déployer des  personnels en Ukraine au printemps pour former les combattants de la garde nationale…

RT / NOVOROSSIYA INFO /

Immigrazione, l’Africa si riversa in Italia: a gennaio 2015 + 63% di sbarchi

ma no. è solo una “percezione”

 venerdì, 13, febbraio, 2015

Il sistema italiano di accoglienza dei migranti non sembra in grado di far fronte al grande numero di richieste “determinando una situazione di emergenza continua”. Lo dice la Fondazione ‘Leone Moressa’, segnalando che gennaio 2015, con l’arrivo di 3.500 profughi, ha segnato +63% sullo stesso mese 2014. C’e’ poi disparità tra regioni: la Sicilia accoglie 9mila migranti più di quanti le spetterebbero, mentre Lombardia, Veneto, Piemonte ne hanno meno rispetto alla ripartizione del Viminale.

Circa 700 clasndestini sono stati soccorsi ieri nelle acque davanti alla Libia dai mezzi della Guardia Costiera italiana e da alcuni mercantili, dirottati in zona dalla centrale operativa di Roma.

I migranti viaggiavano a bordo di 7 gommoni: tre sono stati soccorsi dalla Nave Fiorillo delle Capitanerie di Porto, altri tre dal mercantile Belle battente bandiera maltese, che sta ultimando le operazioni di trasferimento a bordo dei migranti, e uno dal mercantile Gaz Energy.

http://www.imolaoggi.it/2015/02/13/immigrazione-lafrica-si-riversa-in-italia-a-gennaio-2015-63-di-sbarchi/

Pesta la moglie e rompe il setto nasale al figlio 13enne che la difende

aggressione di serie B

 lunedì, 9, febbraio, 2015

Ha picchiato la moglie e poi si è scagliato contro il figlio di 13 anni che tentava di difenderla, colpendolo in testa con un casco e fratturandogli il setto nasale. L’uomo, dominicano di 46 anni, è stato arrestato dalla polizia. La donna, medicata al pronto soccorso insieme al figlio, ha riportato contusioni alle braccia e al volto giudicate guaribili in dieci giorni. Alla scena, avvenuta ieri mattina in un condominio alla periferia di Firenze, ha assistito anche la figlia della coppia, di 5 anni.

Secondo quanto ricostruito, l’aggressione è iniziata all’interno dell’abitazione della famiglia, nel corso di una lite per futili motivi. La donna, anche lei dominicana, ha tentato di fuggire uscendo dall’appartamento e chiudendosi in ascensore con i due figli. Il marito l’ha raggiunta, ha aperto le porte dell’ascensore e ha iniziato a colpire con un casco e con dei pugni sia lei che il figlio più grande. Alla fine madre e figli sono riusciti a rifugiarsi nel gabbiotto del portiere dello stabile, che li ha soccorsi e ha avvisato la polizia.

All’arrivo degli agenti l’uomo ha cercato di scappare su uno scooter. Dovrà rispondere dei reati di lesioni aggravate e maltrattamenti in famiglia. In base a quanto emerso, le violenze sulla moglie andavano avanti da tempo, e avvenivano spesso davanti ai figli. ansa

Lecce, pesta la fidanzata procurandole lesioni gravissime: arrestato nigeriano

non ne sentirete parlare al tg, la sua fidanzata non merita la stessa solidarietà delle donne maltrattte dal marito o fidanzato italiano

sabato, 14, febbraio, 2015

pesta1

Ha picchiato in maniera brutale la fidanzata provocandole lesioni gravissime. E’ accaduto ieri pomeriggio a Lecce dove gli agenti della Questura hanno arrestato James Eboigbe, nigeriano di 31 anni. E’ stata la stessa vittima a chiamare il 113. All’arrivo della Volante la donna, anche lei 31enne, in regola con il permesso di soggiorno, è stata trovata in condizioni di salute molto gravi, tanto che si è reso necessario il trasporto al pronto soccorso.

Agli agenti ha raccontato, di aver litigato con Eboigbe perché l’uomo, che abita a Napoli e saltuariamente la viene a trovare, pretendeva le chiavi del suo appartamento. Di fronte al suo rifiuto, l’ha picchiata.

Bergoglio: “I migranti, con la loro stessa umanita’, prima ancora che con i loro valori culturali, allargano il senso della fraternita’ umana“. Lo ha detto il Papa nell’udienza i partecipanti al VII congresso mondiale della pastorale delle migrazioni

I poliziotti hanno fatto appena in tempo ad acquisire la denuncia e a farsi dare le generalità del fidanzato e l’indirizzo di casa, poi la donna è stata ricoverata d’urgenza in prognosi riservata avendo riportato lo spappolamento della milza, del fegato e del surrene.

Poco dopo Eboigbe è stato fermato mentre stava arrivando al pronto soccorso, probabilmente per sincerarsi delle condizioni di salute della donna. Gli agenti lo hanno fermato e identificato.

All’interno di una tasca aveva ancora le chiavi dell’appartamento. Anche alcuni vicini che avevano udito le urla della ragazza, hanno confermato di aver visto allontanarsi un ragazzo di colore dalla casa della vittima. adnkronos

http://www.imolaoggi.it/2015/02/14/lecce-pesta-la-fidanzata-procurandole-lesioni-gravissime-arrestato-nigeriano/

Volevano una strage con i riflettori “Migranti mandati a morire per far ricominciare Mare Nostrum”

venerdì, 13, febbraio, 2015

I 300 DISPERSI? UNA BUFALA COSTRUITA AD HOC PER FAR RICOMINCIARE MARE NOSTRUM E PER FAVORIRE L’INVASIONE DEI JIHADISTI DELL’ISIS.

migranti4

 Anche la Procura di Agrigento ha dichiarato: “Non abbiamo alcuna conferma fattuale circa le dimensioni del naufragio con i suoi oltre trecento morti. Al momento sul punto indicato dai naufraghi non sono state trovate ne’ tracce di relitti, ne’ cadaveri, ne’ tracce di alcun naufragio. L’unica certezza sono le 29 vittime del primo gommone”, su cui e’ stata aperta un’inchiesta”. Come volevasi dimostrare, da subito Imoaoggi.it non l’ha creduto possibile.

A questo aggiungiamo quanto riportato dal giornale che è anche in possesso di informazioni molto dettagliate sul prologo della tragedia.

«Quando i trafficanti sono andati a prendere quei disgraziati  e li hanno costretti a seguirli sulla spiaggia il mare era già forza sette. Con quelle condizioni meteo nessun trafficante, neppure il più spregiudicato, mette in mare uomini e barche.

Ancor peggiore è stata la scelta dei predestinati. Secondo Flavio di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che ha raccolto le testimonianze dei sopravvissuti, sui quattro barconi della morte sono stati fatti salire migranti provenienti da Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Niger. E molti di loro sono stati costretti a salire con la forza dopo esser stati minacciati con bastoni e pistole ed esser stati derubati di ogni loro avere».

«Se qualcuno si fosse rifiutato di salire sui gommoni probabilmente sarebbe stato ucciso sul posto tanto per dare l’esempio – continua la fonte del Giornale – è chiaro che dietro l’operato di questi figli di buona donna c’era un piano preciso. Non a caso prima di mettere in mare i gommoni ci hanno persino avvertito dell’imminente partenza. Quell’avvertimento non puntava però a permettere il salvataggio dei naufraghi. L’intento, credetemi, era esattamente l’opposto. Volevano che la tragedia non si consumasse in silenzio. Volevano una strage con i riflettori. Una strage sotto gli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Hanno architettato tutto al solo scopo di rilanciare i loro sporchi affari.[…]

Alla tesi di un piano tanto cinico quanto crudele, di una sordida macchinazione messa in piedi dalle organizzazioni di trafficanti di uomini, sembra credere anche il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Pierferdinando Casini. «Siamo in presenza – scrive su Facebook l’ex presidente della Camera – di una manovra della criminalità organizzata che gestisce questa tratta di esseri umani per spingerci a scelte emotive. Decine di rapporti documentano come gli scafisti abbiano utilizzato la missione Mare Nostrum per incrementare i loro loschi traffici.».

Chi è a capo della gestione di questi traffici? Noi sappiamo solo questo Moltiplicazione di clandestini dopo la visita di Bergoglio a Lampedusa  e ribadiamo che  Chi strumentalizza le morti dei clandestini legittima i sospetti sul business accoglienza

http://www.imolaoggi.it/2015/02/13/volevano-una-strage-con-i-riflettori-migranti-mandati-a-morire-per-far-ricominciare-mare-nostrum/