Varese: Marito e moglie con 4 figli vivono in roulotte, il comune, “spostatevi nel campo nomadi”

Il governo dei giusti, dell’eguaglianza e della solidarietà. Basta che tu non sia indigeno

 7 febbraio 2015

Si combattono freddo e neve con la legna ricoperta dai fiocchi bianchi, nella roulotte di Giubiano dove vive la famiglia Terenghi, scappata dalle case Aler umide e insalubri di Biumo Superiore dove un loro figlio è stato morso da un topo. E mentre il capofamiglia Luigi raccoglie i rami per alimentare la stufa, arriva la Polizia locale e notifica lo “sfratto” da quell’appezzamento di terreno comunale che era stato occupato quattro mesi fa da marito e moglie e quattro figli. “Che cosa succede? Noi non vogliamo andarcene non andiamo nel campo nomadi”, dicono. Il documento (che porta la data del 29 dicembre ma è stato notificato il 5 febbraio) dice che l’attività adulti dell’assessorato alla Persona invita “a collocare il proprio mezzo al Campo di via Friuli” dove è stato individuato uno spazio “idoneo a ospitare roulotte e/o camper”. Lo spostamento “deve essere fatto entro 10 giorni dal ricevimento della presente nota”. A spiegare che cosa accade, dopo una giornata convulsa e con notizie che si susseguono e intrecciano, è l’assessore a Persona e famiglia Enrico Angelini: “L’invito allo spostamento nasce dai contatti che da settimane abbiamo con Aler, affinché venga individuato un alloggio che possa ospitarli, visto che quello che occupavano a Biumo Superiore non può essere recuperato, per le condizioni nelle quali si trova – dice l’assessore Angelini – Con l’Aler il nostro dirigente Daniele Micheletto ha avviato contatti da tempo e siamo in procinto di trovare una soluzione abitativa adeguata per la famiglia. Questione al massimo di qualche settimana”. La richiesta di spostarsi da quell’area è dunque collegata “al bisogno di avere bagni e un minimo di servizi in genere tali da poter fare condurre una esistenza dignitosa nel campo nomadi che il Comune ha in via Friuli e dove la famiglia Terenghi ha fatto anche tappa quando ha lasciato l’abitazione di Biumo e prima di spostarsi nella zona del Lazzaretto”. Una fase intermedia, dunque, il passaggio al campo. “Non sono nomadi, i Terenghi, se è per pochi giorni tanto vale lasciarli dove sono”, dice Emanuela Romeo, responsabile delle pari oppurtunità e della disabilità di Riva Destra, che ha portato a conoscenza dei cittadini la situazione della famiglia e avviato una colletta e una cordata di aiuti.(…)

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http://www.crisitaly.org/notizie/varese-marito-e-moglie-con-4-figli-vivono-in-roulotte-il-comune-spostatevi-nel-campo-nomadi/

Eboli: Donna tenta suicidio lanciandosi dal balcone dell’ufficio, temeva lo slittamento della pensione

La solidale presidenta Boldrini tanto femminista è più solidale con la compagna di elite Fornero che una donna sull’orlo del suicidio

 7 febbraio 2015

Feriti nel Salernitano. Si ipotizza temesse slittamento pensione. Ha tentato il suicidio lanciandosi dal balcone dell’ufficio ed è precipitata addosso al marito, sul marciapiede, che involontariamente le ha salvato la vita. È successo stamattina in via Nazionale, a Eboli (Salerno). Entrambi sono rimasti feriti, fortunatamente in maniera non grave. La donna, impiegata all’anagrafe, si è lanciata dal primo piano dell’ufficio in cui lavora ed è finita addosso al marito, che si trovava sul marciapiede sottostante. Entrambi sono rimasti feriti ma non sono in pericolo di vita. Lui è ora ricoverato all’ospedale di Battipaglia mentre la moglie si trova in quello di Eboli. I primi ad arrivare sul posto sono stati la polizia municipale e i carabinieri. Si ipotizza che alla base del gesto ci siano motivi legati alla sfera lavorativa: la donna, probabilmente, temeva lo slittamento della pensione a causa della legge Fornero.

Fonte ansa

Renzi paga 40 mila euro per fare contenta la Boldrini

Gli invalidi disoccupati, comprese donne, sono lasciate senza cure. Famiglie, donne comprese che vivono in mezzo alla strada o in macchina per la signora tanto solidale va bene.

 28 gen , 2015  

Per la presidentessa della Camera, Laura Boldrini, era diventata quasi una fissa: il linguaggio di genere. Lei non sopporta di essere declinata al maschile, e ritiene che insegnare i giusti modi declinando al femminile anche termini da sempre utilizzati al maschile sia esigenza di civiltà. A forza di insistere Matteo Renzi l’ha accontentata. E ha puntato sul sogno della Boldrini la bellezza di 40 mila euro. Anzi, per la precisione 39.900 euro non si sa se Iva compresa o meno.  A stanziare la somma è stato il dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, guidato grazie a una delega data dallo stesso Renzi nell’autunno scorso, dalla parlamentare del Pd, Giovanna Martelli. Il 17 dicembre scorso ha destinato quella somma non piccola per una “ricerca relativa al linguaggio di genere, con l’obiettivo di approfondire la riflessione sulle relazioni reciproche fra cambiamento socio-culturale e l’evoluzione degli usi linguistici, quale efficace strumento della lotta alle diseguaglianze basate sul genere”. Una ricerca per 40 mila euro è davvero pagata profumatamente. Se Palazzo Chigi avesse fatto una gara, probabilmente ci sarebbe stata la fila per vedersela assegnare. Ma gara non c’è stata, e a trattativa diretta è stata scelta per compilare il libro dei sogni della Boldrini la dottoressa Chiara Meta. Classe 1978, ex insegnante di liceo, ricercatrice di scienze dell’educazione all’Università di Roma Tre, la brava prof non è proprio uno di quei nomi indiscutibili del mondo accademico italiano. Ha pubblicato numerosi saggi su Antonio Gramsci (che con la parità di genere linguistica ci azzecca assai poco) e per Aracne editrice ha dato alle stampe un lavoro che si avvicina un pizzico di più alla materia: “Neofemminismo e legislazione del lavoro negli anni Settanta”. Poco conosciuta nel mondo accademico, la fortunata Meta che ha fatto bingo con quella commessa da 40 mila euro, è invece meglio conosciuta nel vasto mondo del Partito democratico. Anche grazie alla parentela con uno dei leader del Pd laziale: Michele Pompeo Meta, presidente della commissione trasporti della Camera.

http://limbeccata.it/politica/governo/renzi-paga-40-mila-euro-per-fare-contenta-la-boldrini/

Iniziato processo contro Agenzie di Rating, ma l’Italia si tira fuori

Sarà stata la Germania a minacciarci di tirarci fuori, è noto infatti che i tedeschi governino le tre agenzie di rating americane

 6 febbraio, 2015 

È iniziato il processo contro le agenzie di Rating Standard & Poors e Fitch ma lo Stato italiano non ci costituirà parte civile ma parteciperà solo come “parte offesa”. In caso di condanna delle agenzie non avremo diritto a nessun rimborso, ma solo alla beffa ed al danno.

Le più note agenzie di rating Standard & Poors e Fitch saranno processate dato che sono accusate di aver manipolato il mercato in simbiosi con analisti e manager. In caso di condanna, lo Stato italiano non avrà diritto a nessun tipo di risarcimento dato che il Ministero dell’economia, nella persona di Padoan, ha deciso di non partecipare attivamente e dunque di non costituirsi parte civile. Ma il ministro è in buona compagnia dato che Consob e Bankitalia, pur potendo chiedere i danni hanno deciso di non farlo e parteciperanno solo come semplici spettatori. Una decisione che definire allucinante è riduttivo. Il Pm Michele Ruggiero  ha detto: “Ho preso atto che è intervenuta la Consob che a mio avviso aveva il dovere di intervenire, sono invece sorpreso per la mancata costituzione del ministero dell’Economia che abbiamo indicato come persona offesa. Prendo atto che, nonostante ci sia stato un vaglio del gup sulla fondatezza dell’accusa di manipolazione in danno dello Stato italiano, il ministero abbia adottato questa scelta. Una scelta che rispetto, ma che francamente mi sorprende”.

Il Governo italiano per il momento si chiude a riccio non rilasciando dichiarazioni ufficiali ma ad aggravare la questione ci si aggiunge il fatto che nel processo saranno chiamati a deporre non solo il Governatore della Bce Mario Draghi, ma anche i due ex Premier italiani Romano Prodi e Mario Monti, nonché l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti ed anche, guarda caso, l’attuale ministro Padoan. Tutti chiamati dalla pubblica accusa.

 

Il mistero del non essersi dichiarati parte civile si infittisce ancora di più se pensiamo che uno dei punti centrali del processo riguarda proprio la declassazione di due gradini del rating dell’Italia che secondo l’accusa avrebbe causato “una destabilizzazione dell’immagine, del prestigio e degli affidamenti creditizi dell’Italia sui mercati finanziari nazionali ed internazionali”.

Per S&P sono 5 gli imputati: Deven Sharma, ex presidente mondiale di S&P Financial Service; Yann Le Pallec, responsabile per l’Europa; e gli analisti del debito sovrano Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer. I manager e gli analisti coinvolti sono accusati di aver fornito volontariamente tra il 2011 ed il 2012 quattro relazioni contenenti informazioni errate sull’affidabilità italiana e sulle iniziative di rilancio economico adottate dal Governo stesso al fine di “disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne così il valore”.

A questo punto è lecito chiedersi come mai il Governo Renzi abbia deciso di non costituirsi parte civile in un processo che vede come l’Italia come una delle nazioni più danneggiate. In questo modo lo Stato italiano ha deciso di schierarsi dalla parte delle agenzie di rating, una decisione che fa sospettare che qualcuno abbia tratto dei vantaggi da tutta questa storia.

http://www.euroscettico.com/iniziato-processo-contro-agenzie-rating-litalia-si-tira-fuori/?subscribe=success#blog_subscription-2

Il FMI insiste: “Italia senza futuro, bisogna tagliare le pensioni”

Ssh silenzio. I giornali tanto titoleranno La merkel (o Germania) vuole toglierci le pensioni. Perché ovvio che un paese sconfitto dalla sec guerra mondiale impartisca ordini a quella sacra e benevola associazione delle banche nota come FMI nata da BRETTON WOODS.

futuro

 Durante la presentazione del rapporto del Fmi sul nostro paese l’organizzazione statunitense è tornata alla carica chiedendo all’Italia di tagliare la spesa previdenziale per abbattere i costi del Paese.

Il direttore esecutivo del FMI, Andrea Montanino nel presentare il rapporto sul nostro Paese ha detto: “L’Italia, nelle condizioni attuali, non è un Paese per cui si possa assicurare un futuro radioso, o quantomeno sereno. La crescita potenziale dell’Italia di fatto crolla per gli anni futuri, siamo inchiodati allo 0,5%”. Il Fmi nel suo report ha stimato che la crescita dell’Italia sarà dello 0,2, a fronte dello 0,3 previsto nel precedente rapporto. Inoltre Montanino ha ricordato come il private equity (investimenti in società no quotate da parte di fondi specializzati) sia molto più sviluppato negli Usa e che l’Europa è troppo “bancocentrica” e se questo bisogna fare di più perché “le banche italiane hanno fatto progressi nel rafforzare i bilanci, ma devono affrontare sfide e venti contrari ciclici” e devono quindi “essere pronte a soddisfare la domanda quando l’economia si riprenderà”.

Il fondo monetario internazionale già nello scorso Settembre aveva esortato l’Italia a intervenire anche in modo abbastanza drastico sul bilancio pubblico affrontando una riduzione delle pensioni e del sistema sanitario. Come affermato da Kennet Kang, capo missione dell’istituzione guidata da Lagarde, “la spesa pensionistica è troppo alta e un taglio della spesa pubblica deve passare per un taglio della spesa previdenziale”.

Inoltre Kang ha ribadito come il piano di riforme per l’Italia è “audace e ambizioso, ma bisogna agire in fretta per implementarlo” dato che “ il debito pubblico è sostenibile, ma il Paese resta vulnerabile sui mercati”. Ecco perché “bisogna ridurre le tasse sul lavoro, fare investimenti pubblici e rendere la revisione della spesa parte integrante del budget”.

Inoltre il Fmi ha presentato anche un rapporto più completo che affronta il problema della crescita in Europa. “L’evidenza dimostra che l’aumento dell’età pensionabile non necessariamente porta a un aumento della partecipazione della forza lavoro” e quindi si vorrebbero inserire manovre che potrebbero “includere regole per il pensionamento anticipato, razionalizzando i benefici, e l’adozione di altri incentivi finanziari, insieme però a politiche che aumentino la domanda per coloro che intendono posticipare il pensionamento”. Anche se poi queste manovre dovrebbero essere accompagnate da riforme serie per i giovani, per i quali il problema del lavoro resta sempre di una gravità assoluta.

http://www.euroscettico.com/fmi-insiste-italia-futuro-bisogna-tagliare-pensioni/

Agrigento: Irsap, depuratore da 3,5Mln di euro mai entrato in funzione

Le grandi opere che servono…..le tasse servono, sono sexy, parola di cosca

 6 febbraio 2015

Un progetto iniziale di 1,8 milioni a cui si sono aggiunte varianti e spese di progettazione per un ammontare complessivo di 2,5 milioni di euro. Somme a cui va aggiunto quasi un milione di euro frutto di un lodo arbitrale mai appellato dalla pregressa gestione dell’ex Asi di Agrigento per un totale di 3,5 milioni e mezzo di euro. Si tratta del depuratore consortile dell’agglomerato industriale di Ravanusa-Campobello di Licata, nell’Agrigentino, al centro oggi di un sopralluogo del nucleo tecnico-ispettivo dell’Irsap. «Siamo in presenza non di una infrastruttura a servizio delle imprese, ma di un’opera che ha rappresentato un’opportunità per altri affari a danno del tessuto economico produttivo della provincia», ha dichiarato il presidente dell’Irsap Alfonso Cicero durante il sopralluogo. L’infrastruttura, «completamente abbandonata e mai entrata in funzione, è stata realizzata con i fondi del »Contratto d’Area« sulla base di un progetto presentato dall’ufficio tecnico dell’ex consorzio Asi di Agrigento. «Agli atti vedo che è stata realizzata un’opera palesemente sproporzionata – ha detto ancora Cicero -. Non occorreva spendere due milioni e mezzo di euro per un impianto di depurazione, bastava dedicare meno risorse e dare un servizio essenziale alle imprese, che invece sono oggi costrette a costose alternative. Questo scandalo è il peggior messaggio che si può dare all’imprenditoria e alla società. Dagli atti emerge, tra l’altro, che i precedenti vertici dell’ex Asi di Agrigento non hanno appellato un lodo arbitrale che riconosceva all’impresa un altro milione di euro di soldi pubblici». «A fronte di questa grave situazione – ha proseguito il presidente dell’Irsap – c’è un impegno concreto per dare servizi alle imprese. Sono stati trasmessi i progetti per un milione e seicentomila euro per le infrastrutture (Po-Fesr già trasmessi ad Urega), avviata la manutenzione ordinaria e lo sportello imprese in collaborazione con il Comune di Campobello di Licata, per dare insieme al sindaco, Giovanni Picone, uno strumento immediato per interfacciarci con gli imprenditori e dare un segnale di sviluppo».

Fonte Adnkronos

Danno erariale, condanna annullata per Renzi. Ma l’inchiesta non è chiusa

Le leggi ad personam fatte dal Pd sono altra roba rispetto a quelle del Silvio. Silenzio stampa. Guai. Si deve pensare che quelli del Pd in galera non ci vadano perché sono onesti o vittime di errori giudiziari.

Di Redazione IBTimes Italia | 06.02.2015

Matteo Renzi assolto in appello. “La Corte dei Conti mi aveva condannato a pagare 14mila euro per un atto della Provincia di Firenze. Ho subito attacchi e sceneggiate del M5S in Parlamento, polemiche violente. Oggi una piccola soddisfazione: l’appello ha annullato la condanna e la verità viene finalmente ristabilita” ha scritto il presidente del Consiglio nella sua e-news ai simpatizzanti. Siccome ulteriori dettagli per ora non trapelano, ricostruiamo brevemente la vicenda.

nobel per la fame

Nel 2011 Renzi viene condannato (50mila euro di multa, di cui 14mila a suo carico) per un danno erariale quantificato dalla Procura contabile in 2 milioni e 155mila euro. I fatti si riferiscono all’epoca in cui, dal 2004 al 2009, l‘odierno premier era presidente della Provincia di Firenze. Il capo del governo viene condannato per un’errata contrattualizzazione di personale amministrativo: 4 segretarie che componevano il suo staff, pur non avendo conseguito la laurea, sarebbero state ‘inquadrate’ con un contratto di tipo D, anziché C.

Essendo Renzi all’epoca poco sconosciuto, della condanna si comincia a parlare un paio di anni dopo, quando il sindaco di Firenze sale agli onori della ribalta nazionale con la prima campagna per le primarie (novembre 2012).

Tuttavia, c’è un altro filone dell’inchiesta ancora aperto: si tratta di un altro presunto danno erariale stimato tra i 200mila e gli 800mila euro, e ancora legato ad assunzioni non regolari. Nello specifico, sempre all’epoca in cui Renzi presiedeva la provincia fiorentina, ci sarebbe stata l’assunzione di 4 direttori generali nonostante la legge ne prevedesse solo uno. La vicenda arriverà di fronte alla magistratura contabile il prossimo 15 luglio.

Emendamenti ad personam ? – Nel corso dell’ultimo anno si è parlato anche di qualche intervento legislativo che, indirettamente, avrebbe potuto risolvere la grana con la Corte dei Conti. In primis, nel giugno 2014, era spuntato un emendamento al DDL Madia che, in presenza di un rapporto di lavoro di carattere fiduciario, faceva sì che le assunzioni avvenute senza i titoli richiesti dalla legge sarebbero state “sanate”.

Molto più di recente, il mese scorso, una modifica in Commissione alla Riforma della PA introduceva in caso di danno erariale, la punibilità solo per il dirigente che eseguiva materialmente l’atto e non il politico da cui era partito l’impulso. Entrambi gli emendamenti non sono stati approvati.

Read more: http://it.ibtimes.com/articles/75432/20150206/danno-erariale-corte-dei-conti-renzi-assoluzione.htm#ixzz3R5FXGB4n

Gli amici abbandonarono Mattarella, ma Silvio lo salvò

Quando le leggi ad personam del Silvio servono anche al Pd nessuno obietta

 4 feb , 2015  

L’invito che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto a Silvio Berlusconi nel giorno del suo giuramento è naturalmente atto di cortesia istituzionale. Il gesto per altro non sorprende, perchè i rapporti fra i due sono di antica data, e assai più complessi e sfaccettati di quel che le narrazioni ufficiali di questi giorni dicano. Vero che in pubblico Mattarella e Berlusconi sono stati da due parti diverse della barricata. Ma se di giorno e nei lunghi anni della seconda Repubblica non sono mancati toni accesi di Mattarella nei confronti di Berlusconi e del centrodestra (quasi mai il contrario, però), al riparo da sguardi indiscreti il rapporto fra i due fu tutt’altro che burrascoso. E spiega perchè lo stesso Berlusconi, quando il nome di Mattarella gli era arrivato informalmente all’interno di rose proposte sia dalla maggioranza che dalla minoranza del Pd prima del Natale scorso non aveva affatto alzato muri, anzi.

Bisogna tornare indietro di molti anni, alla notte fra il 17 e il 18 giugno 1997, per scoprire l’altra verità. Quella sera anche l’auto di Mattarella percorse a Roma via della Camilluccia, imboccando il vialetto privato che conduceva all’abitazione di Gianni Letta. Il futuro presidente della Repubblica si sarebbe seduto alla tavola dei padroni di casa (oltre a Gianni c’era anche la moglie Maddalena) con Berlusconi, Gianfranco Fini, Pinuccio Tatarella, Domenico Nania, Cesare Salvi e Massimo D’Alema. Mangiarono i fusilli ai funghi e il vitello tonnato preparato pensando al primo caldo di Roma che annunciava l’estate, e alla fine fu servita la celebre crostata che avrebbe dato il nome all’evento. Fu la notte del “patto della crostata”, e a cena fu fondamentale per sintetizzare le richieste di Berlusconi e di D’Alema proprio Mattarella, che divenne l’esecutore formale del patto. Lo tramutò in testo giuridico e lo presentò come disegno di legge a sua firma, impressionando Berlusconi per l’abilità mostrata nella mediazione.

Anche se il patto della crostata sarebbe finito nel cestino della spazzatura, l’incontro di quella sera con Mattarella non fu l’ultimo. E il politico popolare, che fu protagonista di altre battaglie contro quello che all’epoca si chiamava “Polo delle libertà” (più contro l’area di Fini che contro quella di Berlusconi), non interruppe i rapporti, arrivando perfino a beneficiare indirettamente del ritorno del Cavaliere a palazzo Chigi. Terminata la legislatura del patto della crostata, il futuro presidente della Repubblica dovette scoprire come nessuno sia profeta in patria: a momenti i suoi stavano per non ricandidarlo alle elezioni del 2001. Mattarella, autore della legge maggioritaria, non aveva elettori e in un collegio uninominale non ce l’avrebbe mai fatta. Lo avevano sempre candidato capolista nel proporzionale nella circoscrizione Sicilia 1. Ma in quel 2001 il posto era stato promesso a un uomo di Francesco Cossiga, Salvatore Cardinale, e la via era sbarrata. I suoi provarono a recuperarlo in Trentino, ma ci fu la rivolta dei popolari locali, che si misero di traverso: un solo posto sarebbe stato utile, e doveva spettare a loro. Solo all’ultimo minuto prima della chiusura delle liste Mattarella fu catapultato lassù. I leader locali della Margherita esclusi non incassarono il colpo, e presentarono un esposto alla magistratura sostenendo che tutte le firme necessarie a presentare Mattarella non erano mai state raccolte, e quindi erano false. La magistratura di Bolzano scoprì che l’accusa era vera e mandò a processo 17 dirigenti della Margherita, fra cui il vicepresidente della provincia di Bolzano Michele di Puppo. Vicenda giudiziaria rognosa, e imbarazzante per Mattarella. Ma quando la condanna era a due passi, a togliere le castagne dal fuoco fu proprio Berlusconi. Il suo governo depenalizzò in un provvedimento omnibus quel reato. Al tribunale di Bolzano non restò che prendere atto della legge salva-Mattarella e assolvere tutti perchè il reato non era più tale il 6 luglio 2004. Ma il centro-destra aveva già mostrato amicizia in precedenza, convalidando quella elezione a rischio annullamento, nella giunta a maggioranza della Casa delle Libertà.

http://limbeccata.it/quirinale/gli-amici-abbandonarono-mattarella-ma-silvio-lo-salvo/

Ucraina: Hollande, senza accordo è guerra

Hollande, un europeista doc. Come Obama salutato come il Messya del cambiamento. E’ sempe la solita robaccia vestita da “nobili intenti”.

Ma l’Europa non era stata voluta per la pace?????

L’ennesima bugia per nascondere la vera natura della Ue, ah già Hollande era uno dei cosiddetti “riformatori” della Ue. Il galoppino che finanzia l’Isis

 Non può che essere l’unico scenario

07 febbraio 2015

(ANSA) – ROMA, 7 FEB – Se non si trova un accordo sull’Ucraina, “noi sappiamo che l’unico scenario non può che essere la guerra”. Lo ha detto il presidente francese Francois Hollande.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2015/02/07/ucraina-hollandesenza-accordo-e-guerra_a62c370f-f418-445d-8a19-2550133f1aa6.html

PD: più scandali che leggi approvate + img dedica piddino

Non sono criminali, sono solo diversamente onesti. Questi del Pd incriminati stranamente hanno pochi trafiletti, mai prime pagine per mesi sui giornali. Non hanno folle di cittadini a chiederne le dimissioni. Chissà come mai, in fondo sono sempre moralmente superiori. I giornali, parlando molto poco di questi nuomerossissimi casi, danno l’impressione che i delinquenti siano solo quelli iscritti all’altra cosca.

Arrestato

Il sindaco di Gioia del Colle, in provincia di Bari, Sergio Povia, e altre otto persone sono stati arrestati da militari della Guardia di Finanza della cittadina pugliese nell’ambito di una indagine su reati contro la pubblica amministrazione.

“Hanno appena arrestato il Sindaco di Gioia del Colle in Provincia di Bari, eletto in coalizione con il Pd. Lo stesso Pd che applaudiva al Presidente Mattarella durante il suo discorso di insediamento sulla corruzione. Avessero avuto almeno la decenza di stare zitti e fermi, li avrei ritenuti quntomeno coerenti. Il Pd in un anno di Governo Renzi ha collezionato più scandali che leggi approvate.” Luigi Di Maio

http://www.beppegrillo.it/2015/02/pd_piu_scandali_che_leggi_approvate.html

pddino