Diffama quattro No Tav, senatore Stefano Esposito a processo

Dopo una querela per diffamazione, il 6 febbraio, il senatore Stefano Esposito è comparso in tribunale a Torino.

di Leonardo Capella

In seguito alla querela per diffamazione di quattro attivisti No Tav seguita alle dichiarazioni apparse sul blog personale di Stefano Esposito (Pd) l’8 dicembre 2011, a commento di scontri avvenuti quel giorno in Valle di Susa, il parlamentare è stato chiamato a risponderne il 6 febbraio davanti al tribunale di Torino. Questa prima seduta è stata rinviata al 10 marzo.

Nell’articolo apparso sul blog del senatore si leggeva: “Anche oggi il circo dei violenti e dei teppisti capitanati da Askatasuna si è radunato per fare l’unica cosa che conoscono, attaccare la polizia”.  Nell’articolo venivano indicati per nome e cognome persone che secondo Esposito erano coinvolte.

Ora quattro di loro, mai coinvolti nell’inchiesta sugli incidenti, dopo la querela si sono ora costituiti parte civile.  Stefano Esposito non ha sollevato questioni di procedibilità legate alla sua carica.

In una dichiarazione in senatore Esposito ha così commentato: “Vedremo come andrà a finire. Ma se questa vicenda servirà ad avvicinare alla giustizia delle persone che abitualmente dicono di essere perseguitate dalla magistratura, e in particolare dalla procura di Torino, ne sarò lieto”.

L.C. 08.02.15

Ucraina: Lavrov, un accordo per fermare il conflitto è possibile

http://italian.irib.ir/notizie/politica5/item/180529

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Ucraina: Lavrov, un accordo per fermare il conflitto è possibile

MONACO DI BAVIERA – Un accordo “per fermare il conflitto” in Ucraina è “assolutamente possibile”. Parola del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
“I negoziati, come sapete, continueranno. Noi crediamo che sia assolutamente possibile raggiungere dei risultati e trovare un accordo su raccomandazioni che consentiranno alle due parti di fermare il conflitto” ha detto Lavrov alla conferenza sulla sicurezza di Monaco. “Ci sono buone ragioni per essere ottimisti”, ha aggiunto il ministro, mostrandosi meno prudente del cancelliere tedesco Angela Merkel, che aveva dichiarato che non era certo che i negoziati portassero a un risultato.

Otto anni dopo: gli impianti inutili dell’Olimpiade 2006 a Torino

I Giochi invernali portarono miliardi di investimenti, ma da anni le strutture sono inutilizzate e nel 2016 le società di gestione andranno in liquidazione. Spesi 1,3 milioni all’anno per una pista mai più usata

di Marco Imarisio

TORINO – All’improvviso il cumulo di cartoni si anima. «Vuoi comprare qualcosa?». L’elenco è dettagliato, all’appello non manca nessuna droga. L’uomo che dormiva lì sotto si ritrae alla risposta negativa. «Allora cosa sei venuto a fare?». Il villaggio olimpico di Torino 2006 non è un posto dove andare di notte. 

«L’obiettivo primario è la realizzazione di uno spazio confortevole per il periodo post olimpico che svolga pienamente le sue funzioni sociali di ritrovo e sosta per la cittadinanza». I nobili propositi del progetto originale sono in netto contrasto con le vetrate in frantumi, i negozi olimpici che cadono a pezzi, i totem metallici che in quei giorni gloriosi indicavano la via ai turisti usati come arieti per sfondare porte e ingressi, e in generale con una atmosfera post atomica popolata solo dai profughi che hanno occupato alcune palazzine e da molta brutta gente. 
«Qualcosa è andato storto anche da noi». Marco Sampietro, ex manager Fiat e poi Pirelli, fu il ministro delle Finanze del comitato organizzatore di Torino 2006. Nei giorni in cui viene rilanciata l’utopia romana, il successo delle Olimpiadi invernali organizzate in Piemonte è spesso citato come un esempio virtuoso. « Where is Turin? ». Nel 1998, alla convention coreana delle candidature olimpiche, gli altri delegati si fermavano incuriositi davanti alla cartina dell’Italia. Anche i più accaniti detrattori ammettono che i Giochi del 2006 fecero cambiare attitudine, volto e percezione della città un tempo operaia. «A livello locale gli effetti benefici si sentono ancora» dice Sampietro. «Ma a prescindere da come vengono organizzate, le Olimpiadi non sono mai il modo migliore per spendere denaro pubblico».

In pieno centro

Le arcate con i locali che avrebbero dovuto essere il lascito per i torinesi sono ancora chiuse a doppia mandata con catenacci e inferriate metalliche. Non c’è posto più simbolico del fu Villaggio olimpico per raccontare quel che è andato storto. All’epoca costò 145 milioni di euro, comprensivi di parte commerciale, residenziale, e passerella olimpica per unire i due settori che creano una specie di enclave nel cuore della città. Dopo i Giochi le nuove strutture furono assegnate alla Fondazione 20 Marzo 2006, ente pubblico incaricato da Comune, Provincia e Regione della loro gestione. Ma del Villaggio Olimpico e delle sue palazzine nel centro di Torino che al tempo avevano valore immobiliare notevole, venne fatto uno spezzatino a uso delle esigenze dei bilanci. Una parte rimase alla Fondazione, un’altra al Comune che ne cartolarizzò un’ampia porzione cedendola a banche e società private. Il risultato è che ancora oggi, passeggiando sotto le arcate, si fatica a capire dove comincia una giurisdizione e dove ne finisce un’altra. E quindi nessuno fa nulla. 

 Strutture abbandonate

La pista olimpica del bob di Cesana ha sempre fatto notizia per i costanti furti del rame dei cavi elettrici. Poi è finito anche quello. L’impianto nell’Alta Val di Susa costò 140 milioni di euro. Oggi è il classico esempio di cattedrale nel deserto, seppur in alta quota. Nel 2000 il comitato organizzatore presentò al Coni gli studi che ne sconsigliavano la costruzione. Le gare di bob potevano essere disputate sulla pista francese di La Plagne, poco distante. Il Cio e gli enti locali ci stavano. Il Coni si impuntò, buttandola sull’onore patrio e promettendo che il nuovo impianto sarebbe diventato la Mecca del bob azzurro di ogni categoria. A Cesana stanno ancora aspettando. La pista è rimasta aperta e inutilizzata per altri tre anni, senza ospitare un evento che fosse uno. Le spese di gestione facevano spavento, mezzo milione di euro nel trimestre invernale, altri 800.000 per la manutenzione ordinaria. È stata chiusa nel 2010. Anche i ladri hanno smesso di girarci intorno.

Gli sprechi

«Pericolo valanghe, vietato l’accesso». Sulla grata metallica che transenna i trampolini olimpici di Pragelato c’è un cartello non proprio beneaugurante. Lo ski jumping di Torino 2006 è un appunto a futura memoria in caso di nuove Olimpiadi. L’idea di costruire una struttura provvisoria dedicata a uno sport non certo di massa venne accantonata anche a seguito del parere negativo del Cio, al tempo ostile a tutto ciò che non era definitivo. La struttura in cemento armato costò 37,3 milioni di euro, può vantare un costo di manutenzione annuale stimato in 1.161.226 euro e da allora ha vissuto la bellezza di altre due competizioni. Non hanno avuto sorte più affollata il «jumping hotel» alla base dell’impianto, 120 posti letto e 20 milioni di costo, e l’impianto olimpico del biathlon di Sansicario (6 milioni). 
Neppure il declassamento a pista turistica del tracciato di fondo a Pragelato contribuisce a coprire i 20 milioni spesi per cablare i dieci chilometri dell’anello olimpico. Il piano di investimenti definitivo della Fondazione 20 marzo prevede l’esborso di 16 milioni per la riqualificazione degli impianti. È stato varato nell’aprile scorso. Troppo tardi, forse.

 Concerti in città

Gli impianti alpini sono una tassa. A pagarla è in parte il gruppo che ha rilevato gli impianti cittadini dalla Fondazione, ente di efficienza sospetta, come dimostrano gli alberghi olimpici per anni affidati in gestione senza riscuotere nessun affitto. La società Parcolimpico, composta dalla 20 Marzo, dagli americani di Live Nation e soprattutto dalla Set up di Giulio Muttoni, è controllata da quest’ultimo, organizzatore di concerti e quindi interessato al gioiello della corona, l’ex PalaIsozaki, che va come un treno. 
Le altre infrastrutture torinesi dell’Olimpiade sono lontane dal pieno regime al quale dovrebbero ambire. Colpa anche della crisi. L’arena dell’Oval, che ospitò le gare di pattinaggio, è diventata un capannone fieristico in dote alla società francese che gestisce gli eventi del Lingotto. Fino alla primavera del 2009 è stato utilizzato per manifestazioni di ogni genere. Nel 2011 ha ospitato il Salone del libro. Dopo, poco o nulla.

 Il bilancio

«Erano altri tempi. Oggi non credo che sarebbe possibile». A unire i reduci di quella stagione è il disincanto. Evelina Christillin, che fu il volto e la vicepresidente del Toroc, il Comitato olimpico torinese, non fa eccezione. C’è un prima comprensivo dei 15 giorni di gare e un dopo, dicono tutti, sottolineando come la seconda fase non fosse loro competenza. «Nel valutare nuove avventure bisognerebbe tenere conto di entrambi gli aspetti». Più chiaro di così. Torino 2006 costò circa 3,5 miliardi di euro. Il governo italiano stanziò 1,4 miliardi, Comune e Regione aggiunsero altri 600 milioni. Il resto arrivò da diritti televisivi, sponsor, marketing. La parte pubblica del denaro fu gestita dall’Agenzia Torino 2006, quella privata dal Toroc. Entrambe le società verranno liquidate nel 2016. La prima dovrebbe chiudere con un gruzzolo residuo di 45/50 milioni, da destinare alla riqualificazione degli impianti, il Toroc con un attivo di due milioni. Adesso non resta che prendere quei 3,5 miliardi e moltiplicarli almeno per tre – Londra 2012, ultima olimpiade estiva, ha chiuso a quota 9,8 miliardi. E poi immaginare Roma 2024. Prima, durante e soprattutto dopo. 

Aosta e Verres con Fulvio Grimaldi su TTIP e Messico

VERRES (AO), 13 febbraio, ore 17.00, Sala della Conferenza della Biblioteca, Via delle Murasse 1, FULVIO GRIMALDI illustra il TTIP, trattato di scambio capestro USA-UE, alla mano del modello messicano, con il suo docufilm “ANGELI E DEMONI NEL LABORATORIO DELL’IMPERO”.

LA STESSA INZIATIVA SI SVOLGERA’ ANCHE AD AOSTA IN SERATA, ALLE 21.00

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Maldipancia Sel -ex M5s: Mattarella è il padre degli F35

30 gen , 2015

C’è ancora un maldpancia da sciogliere in buona parte delle fila della sinistra italiana prima delle elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Non pochi di loro infatti si ricordano che l’attuale candidato al Colle è stato uno dei padri del progetto F35, uno dei più indigesti per quell’ala politica del Parlamento italiano. Mattarella condusse da vicepremier con delega ai servizi segreti infatti la trattativa insieme all’allora ministro della Difesa Carlo Scognamiglio che portò alla firma del Memorandum of Agreement il 23 dicembre 1998. F35: Senato, al voto mozioni ma dal 18/7 parte assemblaggioQuell’intesa di base avrebbe poi portato alla firma dell’accordo di coproduzione dell’aereo militare che è pesato non poche sulle finanze italiane in questi anni. Il memorandum oer altro ottenne il via definitivo dalle commissioni parlamentari nell’autunno 2000, quando lo stesso Mattarella era ministro della Difesa del nuovo governo di Giuliano Amato, succeduto a quello di Massimo D’Alema. Un incarico non lunghissimo, che però ha segnato il futuro candidato al Quirinale: di questioni militari si è infatti talmente appassionato da scrivere numerosi interventi in materia su riviste specializzate. Ed è grazie a quella esperienza sugli F35 che Mattarella ha costruito un solidissimo rapporto con gli Stati Uniti. Importante per lui, ma fianco scoperto oggi che buona parte degli ex grillini (come Lorenzo Battista), Sel e Pd (come Felice Casson) che dovrebbero votarlo, vedono come fumo negli occhi chiunque sia stato entusiasta sostenitore degli F35.

http://limbeccata.it/romanzo-quirinale/maldipancia-sel-ex-m5s-mattarella-e-il-padre-degli-f35/

Venezuela è in corso un colpo di Stato orchestrato dai servizi statunitensi

Gli americani non fanno colpi di stato, liberano popoli. Anche gli europeisti ne invocano l’intervento per liberarci dalla germania

 7 febbraio 2015

Forse qualcuno non lo sa ma in Venezuela è in corso un colpo di Stato ai danni del Presidente Maduro orchestrato dai servizi statunitensi. Ecco cosa sta succedendo, secondo quanto rivelato dall’inchiesta di Russia Today, tradotta in italiano dalla redazione di Comedonchisciotte. Guarda il video degli scontri (in fondo alla pagina).

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 C’è un colpo di stato in corso in Venezuela. Come un brutto film della CIA stanno cadendo pezzi. Un nuovo traditore si rivela ad ogni passo, un nuovo tradimento nasce, pieno di promesse per consegnare la patata bollente per giustificare l’ingiustificabile. Le infiltrazioni aumentano, circolano voci e si diffondono a macchia d’olio ed il panico minaccia di superare la logica.

I titoli dei media urlano al pericolo, alla crisi e alla sconfitta imminente, mentre i soliti noti dichiarano la guerra segreta contro un popolo il cui unico crimine è quello di essere custode della più grande miniera d’oro nero nel mondo.

Questa settimana, mentre il ‘New York Times’ ha pubblicato un editoriale screditando e ridicolizzando il presidente venezuelano Nicolas Maduro, definendolo “irregolare e dispotico”, un giornale dall’altra parte dell’Atlantico, ABC, accusò il presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela, Diosdado Cabello la più alta carica del paese dopo Maduro, di essere un boss della droga.

Le accuse provengono da un ex ufficiale della Guardia d’onore del Presidente della Repubblica del Venezuela, Leasmy Salazar, che ha servito sotto la presidenza di Chavez ed è stato ingaggiato dalla Drug Enforcement Administration (DEA), sta ora diventando il nuovo “ragazzo d’oro” nella guerra di Washington contro il Venezuela. Due giorni dopo, il New York Times ha pubblicato un articolo in prima pagina attaccando l’economia e l’industria petrolifera venezuelana, e prevedendone la caduta.

Evidenti omissioni nell’articolo hanno evitato di menzionare delle centinaia di tonnellate di cibo e di altri prodotti di consumo che sono stati accumulati o venduti di contrabbando da parte dei concessionari privati e imprese, al fine di creare penuria, il panico, e il malcontento nei confronti del governo per giustificare la speculazione sui prezzi gonfiati. Inoltre, l’articolo si rifiuta di menzionare le misure e le iniziative messe in atto dal governo per superare le difficoltà economiche.

Allo stesso tempo, è stato pubblicato un titolare sensazionalista, assurdo e fuorviante in diversi giornali americani, sulla stampa cartacea e online, che vincola il Venezuela con le armi nucleari e un piano per bombardare la città di New York. Mentre il titolare fa credere al lettore che il Venezuela è stato direttamente coinvolto in un complotto terroristico contro gli Stati Uniti, il testo dell’articolo chiarisce che non vi è alcuna partecipazione venezuelana nell’evento.

L’intera farsa è stata una trappola tesa dall’ FBI, i cui agenti finsero essere funzionari venezuelani per catturare uno scienziato nucleare che lavorò in una occasione nel laboratorio di Los Alamos ma che non aveva alcun collegamento con il Venezuela. Quello stesso giorno, il portavoce del Dipartimento di Stato, Jan Psaki, ha condannato la presunta “criminalizzazione del dissenso politico” in Venezuela, intervistato da un giornalista riguardo l’arrivo di Antonio Rivero il generale venezuelano fuggitivo e latitante a New York per cercare il sostegno del Comitato di lavoro delle Nazioni Unite sugli arresti arbitrari.

Rivero sfuggì ad un arresto in Venezuela dopo il suo coinvolgimento nelle violente proteste anti-governative che hanno ucciso più di 40 persone, per lo più sostenitori del governo e forze di sicurezza dello Stato nel mese di febbraio. Il suo arrivo negli Stati Uniti coincise con Salazar, evidenziando uno sforzo coordinato per indebolire le forze armate del Venezuela, ed esponendo pubblicamente due ufficiali militari di alto profilo legati a Chavez che si sono rivoltati contro il loro governo e che sono attivamente alla ricerca di un intervento straniero contro il loro stesso paese.

Questi esempi sono solo una parte della copertura negativa e distorta eseguita in modo crescente e sistematico riguardo la situazione in Venezuela da parte dei media americani, dipingendo un quadro troppo oscuro della situazione attuale e raffigurante un governo incompetente, dittatoriale e criminale. Sebbene questo tipo di campagna mediatica coordinata contro il Venezuela non è nuova, -i mezzi di comunicazione hanno costantemente proiettato al presidente Hugo Chavez, eletto per quattro volte con una maggioranza schiacciante, come un dittatore tirannico che stava distruggendo il paese- è certamente una prova che si sta intensificando a un ritmo accelerato. ‘The New York Times ha una versione vergognosa quando si parla del Venezuela.

Il consiglio editoriale accolse felicemente il violento colpo di stato dell’aprile 2002 che ha rovesciò il presidente Chavez e ha provocò la morte di oltre 100 persone. Quando Chavez tornò al potere due giorni dopo, grazie ai milioni di seguaci e forze armate fedeli, il ‘Times’ no si ritrasse del suo precedente errore, ma con arroganza implorò Chavez a “governare responsabilmente”, sostenendo che era lui il responsabile del colpo di stato. Ma il fatto che il ‘Times’ iniziò una persistente campagna diretta contro l’attuale governo del Venezuela, con articoli distorti e chiaramente aggressivi – editoriali, blog, opinioni e notizie-, indica che Washington ha messo il Venezuela sulla corsia veloce del “cambio di regime “.

L’arrivo di Leamsy Salazar a Washington come un presunto collaboratore del DEA, e l’esposizione pubblica non è casuale. Questo febbraio segna un anno da quando le proteste anti-governative cercarono violentemente di forzare le dimissioni del presidente Maduro e gruppi di opposizione attualmente stanno cercando di riprendere slancio per riavviare le manifestazioni. I leader della protesta, Leopoldo Lopez e Maria Corina Machado, sono stati elogiati dal New York Times come “combattenti per la libertà”, “veri democratici” e il ‘Times’ ha recentemente di cui Machado come “un ispirazione “. Anche il presidente Obama ha chiesto il rilascio di López (venne arrestato ed è attualmente sotto processo per il loro ruolo in insurrezioni violente) durante un discorso lo scorso settembre durante un evento presso le Nazioni Unite.

Queste voci influenti omettono volutamente la partecipazione di Machado e Lopez in atti di violenza, non democratici e persino criminali. Entrambi hanno partecipato al colpo di stato del 2002 contro Chavez. Entrambi hanno ricevuto illegalmente fondi esteri per attività politiche volte a rovesciare il suo governo, ed entrambi didero impulso alle proteste mortali contro Maduro l’anno scorso, chiedendo pubblicamente il suo rovesciamento con mezzi illegali. L’uso di una figura come Salazar, conosciuto come qualcuno vicino a Chavez ed una delle sue guardie fedeli, come una forza per screditare e attaccare il governo e il suo leader è un tattica d’intelligenza vecchia scuola, e molto efficace. Infiltrarsi, reclutare, e neutralizzare il nemico dall’interno o tramite uno dei suoi -un doloroso, sconvolgente tradimento, che crea sfiducia e paura tra le file.

Anche se non sono emerse prove per sostenere le accuse oltraggiose contro Diosdado Cabello Salazar, i titoli nei media servono a creare una storia sensazionale e fare un’ altra macchia contro il Venezuela nell’opinione pubblica. Essa provoca anche scalpore tra i militari venezuelani e potrebbe portare a nuovi tradimenti di ufficiali che potrebbero sostenere un colpo di stato contro il governo. Le accuse di Salazar puntano anche a neutralizzare una delle più potenti figure politiche di Chavez, e cercare di creare divisioni interne, intrighi e sospetti. La tattica più efficace che l’FBI utilizzò contro il Black Panther Party e altri movimenti radicali che lottavano per profondi cambiamenti negli Stati Uniti, furono le infiltrazioni, la coercizione e la guerra psicologica. Infiltrare agenti in tali organismi, o catturarli dall’interno, che poi siano in grado di ottenere l’accesso e la fiducia ai più alti livelli, aiutò a distruggere questi movimenti dall’interno, scomponendoli psicologicamente e neutralizzandoli politicamente.

Queste tattiche e strategie sotto copertura sono state esaurientemente documentate nei documenti del governo USA ottenuti attraverso la legge di Access to Information Act (FOIA) e pubblicati nell’eccellente libro di Ward Churchill e Jim Vander ‘Agenti di repressione: Le Guerre Segrete dell’FBI contro le Pantere Nere e il Movimento americano indiano (South End Press, 1990) ‘. Venezuela soffre il calo improvviso e drammatico dei prezzi del petrolio. La sua economia dipendente dal petrolio è stata colpita duramente e il governo sta prendendo misure per riorganizzare il bilancio e garantire l’accesso ai beni e servizi di base, ma la popolazione è ancora in difficoltà. A differenza della triste rappresentazione del ‘The New York Times’, i venezuelani non muoiono di fame, non sono rimasti senza casa e non soffrono una disoccupazione massiccia, come la Grecia e la Spagna hanno sperimentato nel quadro delle politiche di austerità.

Nonostante certe carenze -alcune causate da controlli sui cambi e le altre da accaparramento, sabotaggio o contrabbando- il 95% dei venezuelani consumano tre pasti al giorno, un importo che è raddoppiato dall’inizio degli anni Novanta. Il tasso di disoccupazione è inferiore al 6% e l’alloggio è sovvenzionato dallo Stato. Tuttavia, “urlare”al disastro dell’economia venezuelana è certamente una strategia proveniente da interessi stranieri e da controparti del Venezuela, ed è molto efficace. Mentre la carenza continua e l’accesso ai dollari diventa sempre più difficile, il caos e il panico aumentano. Questo malcontento sociale è capitalizzato da agenzie statunitensi e le forze anti-governative in Venezuela che spingono per un cambiamento di regime.

Una strategia simile è stata usata in Cile per rovesciare il presidente socialista Salvador Allende. Prima distrussero l’economia, creando scontento nella società, poi i militari si mobilitarono per rovesciare Allende, sostenuti da Washington in ogni fase. E possiamo ricordarci il risultato: una dittatura brutale guidata dal generale Augusto Pinochet che torturò, uccise, fece sparire e costrinse all’esilio decine di migliaia di persone. Non è esattamente un modello da replicare. Quest’anno, il presidente Obama ha approvato un fondo speciale del Dipartimento di Stato di 5 milioni di dollari per sostenere i gruppi anti-governativi in Venezuela. Inoltre, il National Endowment for Democracy (NED) ha finanziato i gruppi di opposizione venezuelani, con più di 1,2 milioni di euro e sostiene gli sforzi per minare il governo di Maduro.

Non c’è dubbio che milioni di dollari in più per un cambiamento di regime in Venezuela sono stati convogliati attraverso altri meccanismi che non sono soggetti al controllo pubblico. Il presidente Maduro ha denunciato questi attacchi in corso contro il suo governo e ha chiesto direttamente al presidente Obama di cessare gli sforzi che danneggiano il Venezuela. Recentemente, i 33 paesi dell’America Latina e dei Caraibi, i membri della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), hanno espresso pubblicamente sostegno per Maduro e condannato l’ingerenza degli Stati Uniti in corso in Venezuela. America Latina respinge fermamente ogni tentativo di minare la democrazia nella regione e non approverà un altro colpo nella regione. E ‘il momento che Washington ascolti l’emisfero e smetta di usare le stesse tattiche sporche contro i propri vicini.

COLPO DI STATO IN VENEZUELA – GUARDA GLI SCONTRI

FONTE: Colpo di Stato in Venezuela, manovre CIA contro il Presidente Maduro: ecco cosa sta succedendo

Echi di guerra in Europa e coinvolgimento dell’Italia in una nuova prossima catastrofe

di Luciano Lago – Mentre in Italia l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica è tutta concentrata sulla elezione del nuovo Presidente della Repubblica e, nel tripudio di tutti i parlamentari fra grandi applausi ed ovazioni , sulla cerimonia del giuramento di questi, un ex vecchio esponente della casta politica democristiana, fermamente voluto ed imposto da Matteo Renzi (detto il “rottamatore”) al Parlamento, mediante un sistema di controllo del voto, la situazione internazionale in Europa e nel mondo sta rapidamente correndo verso un conflitto generale che diventa sempre più probabile ed in cui l’Italia, grazie alla sua stretta alleanza con la NATO, sarà inevitabilmente coinvolta.

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Gli echi della guerra che arrivano dall’Ucraina si sono fatti talmente forti che anche i nostri media, giornali e TV, che per mesi avevano taciuto occultando i bombardamenti e le stragi di civili che avvenivano sul fronte del Donbass, adesso trasmettono da alcuni giorni corrispondenze e informazioni a iosa, quasi obbedendo ad un segnale ricevuto, manipolando però le notizie e fornendo la versione atlantista della guerra. Secondo questa versione, gli aggressori sono i separatisti del Donbass, sostenuti dalla Russia, gli aggrediti sono quelli dell’Esercito di Kiev che da mesi stava conducendo l’”operazione castigo” contro le province separatiste con bombardamenti delle città del distretto di Donetsk, con già oltre 5.000 vittime, abitazioni civili e interi palazzi distrutti dalle bombe, incluso scuole ed ospedali e chiese ortodosse.

Le TV di regime sostengono che siano stati gli stessi separatisti ad aver bombardato le proprie case, le proprie scuole, gli ospedali delle loro città e persino le chiese e che per questo la NATO e gli USA vorrebbero intervenire per fermarli e per bloccare Putin che gli invia aiuti, rifornimenti e truppe fresche.

Sono gli stessi media che per mesi non avevano dato notizie neppure delle vittime civili e delle sofferenze delle popolazioni di Donetsk o di Lugansk, ove migliaia di famiglie, con bambini ed anziani, erano rimaste intrappolate senza viveri, senza elettricità e senza medicinali nelle cantine per proteggersi dai bombardamenti effettuati dall’Esercito di Kiev. 

Questa dei separatisti come aggressori è  la versione univocamente diffusa da tutti i media del sistema, dal Corriere della Sera, al Fatto Quotidiano, passando per La Repubblica, La Stampa, le reti RAI, la 7 e la Sky News di Murdoch. Vedi: Crisi Ucraina: la grande stampa Italiana conferma il suo ruolo di servile vassallo dell’Impero

Comunque sia i negoziati che si dovevano riallacciare a Minsk, sono falliti ancora prima di iniziare in quanto la richiesta dei separatisti, quale precondizione a negoziati, era quella di far sospendere i bombardamenti sulle città, richiesta non accettata e di conseguenza la guerra continua in forma più dura e sanguinosa con le forze separatiste prorusse che hanno preso il sopravvento ed hanno accerchiato alcuni battaglioni dell’esercito ucraino in una sacca, a Debaltsevo, da cui i reparti ucraini possono soltanto uscire con la resa o con l’annientamento.

Gli Stati Uniti, che sono i principali responsabili di aver provocato questa crisi, iniziata con il golpe di Maidan a Kiev (responsabilità del loro coinvolgimento ultimamente ammessa da Obama), nel verificare che, nonostante gli aiuti forniti ed i miliardi di dollari investiti per inglobare in paese nell’orbita della NATO, la situazione militare dell’Ucraina sta franando, iniziano a ventilare l’ipotesi di fornire altre armi “letali” all’esercito di Kiev ed inviare loro truppe, come” istruttori militari”, oltre ai tanti mercenari statunitensi e britannici che già si trovano sul campo. In pratica si offrono di alimentare l’escalation della guerra che non potrà che diventare ancora più distruttiva ed allargata, visto che la Russia non rimarrà certo a guardare e Putin non può certo permettersi di abbandonare oltre otto milioni di russi-ucraini ad un destino di sopraffazione e pulizia etnica da parte del governo golpista di Kiev.

In questa fase non si vede purtroppo alcuno statista che intervenga decisamente per proporre un negoziato credibile che dovrebbe prevedere, come precondizione, la sospensione dei bombardamenti sulle città ed il ritiro delle armi pesanti dal perimetro del fronte. Non lo ha fatto l’Unione Europea (che ha pesanti responsabilità nel conflitto) nè tanto meno l’Italia che, come presidente di turno della UE nei sei mesi precedenti, avrebbe potuto interporsi e fare delle proposte concrete, non si sente la Mogherini, rappresentante ufficiale della UE, la quale si limita a fare da portavoce del Dipartimento di Stato USA ed a minacciare la Russia di ulteriori sanzioni, non si capisce a che titolo.

L’unica che ha manifestato dissenso in questo momento, rispetto alla decisione di Obama di incrementare l’escalation di guerra, è stata ultimamente la Merkel, la quale, in rappresentanza di un paese, la Germania, che ha delle reminiscenze storiche di quello che potrebbe accadere in un conflitto con la Russia in Europa in cui sarebbe la prima a rimanere coinvolta, ha manifestato il suo dissenso al fornire altri armamenti all’esercito di Kiev, al contrario della Polonia e degli Stati baltici, tutti dichiaratisi disponibili a fornire aiuti militari ed invio di truppe in aiuto all’esercito ucraino.

In realtà sembra che gli USA stiano già preparando i piani per un conflitto con la Russia in primavera e per questo stiano architettando, attraverso la CIA ed altri servizi di intelligence, una nuova provocazione che serva da pretesto per un attacco alla Russia. Le notizie in proposito sono molto preoccupanti.

Dal sito  forgedinfury  viene l’informazione che, Il 20 gennaio 2015, l’agenzia di spionaggio russa del servizio Federale Russo di Sicurezza (FSB) afferma di aver intercettato una telecomunicazione dalla CIA al servizio di sicurezza dell’Ucraina conosciuto come SBU.

La comunicazione della CIA e’ una direttiva al presidente ucraino Poroschenko in preparazione di un attacco militare coordinato alla Russia per il mese di aprile 2015. Nel comunicato e’ previsto anche un attacco ai civili dell’Ucraina orientale, in particolare ebrei e far ricadere la colpa sui soldati russi.

“E’ previsto che la CIA fornira’ ai militari ucraini uniformi ed armi russe. Verranno vestiti cadaveri di ucraini dell’est con uniformi russe come per dimostrare che vi erano soldati russi nell’Ucraina orientale”, sostiene l’informativa.

Non possiamo sapere quanto sia affidabile questa informativa ma, da un’altra fonte, si apprende che i servizi russi hanno stimato che vi siano circa cinquanta agenti della CIA di stanza in Ucraina ( oltre a quelli britannici), nel paese in modo permanente. Il loro obiettivo è quello di prendere il controllo totale dei gangli essenziali dell’Ucraina, sia per la posizione strategica, sia per permettere agli Stati Uniti ed al Regno Unito di poter disporre delle vaste risorse potenziali dell’Ucraina come il gas naturale, l’oro, le esplorazioni petrolifere, ed una miriade di altre risorse naturali esistenti. L’amministrazione Obama vuole controllare il vasto patrimonio dell’ Ucraina di gas naturale, dando così Stati Uniti il potere assoluto di chiudere gasdotto russo verso l’Europa, costringendo in tal modo l’economia russa ad una linea piatta.

Non per caso, Hunter Biden, il figlio del vicepresidente USA Joe Biden, è stato nominato a capo della società che gestisce il gas dell’Ucraina, la “Burisma Holdings” che ha già ottenuto tutte le concessioni dal governo fantoccio di Kiev. Vedi: Il cerchio si chiude in Ucraina: il figlio di Biden entra nella principale azienda di gas del paese.

In pratica risulta che l’apparato della CIA sta lavorando a pieno ritmo in Ucraina per allestire una grossa provocazione, una “fase flag”, non di certo nuova per la CIA, in modo che Obama abbia un pretesto per ordinare alla NATO un attacco di rappresaglia contro la Federazione Russa in appoggio all’esercito Ucraino.

Si può intuire bene come andrebbe a finire: con una forte reazione della Russia che utilizzerebbe armi nucleari tattiche per neutralizzare le numerosi basi militari che la NATO ha costituito, nell’ultimo periodo, a ridosso delle sue frontiere, in Polonia e nei paesi baltici, nonchè per neutralizzare le importanti basi USA presenti in Germania, in Italia, in Croazia e negli altri paesi dell’Est. L’Europa sarebbe il primo teatro di guerra, con la conseguenza di centinaia di migliaia di vittime, contaminazione nucleare della terra, dell’aria e del mare, una catastrofe.

Questo il fosco destino che ci sta preparando la cricca degli psicopatici che si trovano a Washington e che privilegiano su tutto il proprio interesse egemonico e quello del complesso militare industriale dominante negli USA.

Buona parte dell’Europa finirebbe, nella migliore delle ipotesi, in un cumulo di rovine ed in una guerra fra bande, allo stesso modo di come gli interventi militari degli USA (diretti o indiretti) hanno ridotto paesi come l’Iraq, la Libia, la Siria.

Tuttavia in Italia si continua a vivere in una totale indifferenza di quanto ci potrebbe riservare il prossimo futuro, chi ne parla viene visto come un complottista ed un catastrofista, le 113 basi USA sul territorio italiano non sembra che siano un problema per alcuno, la nostra appartenenza alla NATO che ci ha visto partecipare a tutte le iniziative di questa alleanza militare, viene considerata una “garanzia” ed infatti in un certo qual  modo lo è: una garanzia si ma del nostro totale asservimento alle scellerate politiche militariste degli Stati Uniti.

Nelle foto in alto: Spiegamento di truppe ucraine

Nelle foto al centro: vittime civili dei bombardamenti e famiglie  rifugiate nelle cantine di Donetsk

 Fonte 

Uranium mattarellum

manifesto
Ser­gio Mat­ta­rella mini­stro della difesa, autunno 2000

Qual­che giorno fa una troupe gior­na­li­stica di “Terra!”, il set­ti­ma­nale di Toni Capuozzo in onda lunedì verso le 23:45 su Rete­quat­tro, un canale Tv media­set, mi ha con­tat­tato per inter­vi­starmi sull’uranio impo­ve­rito. Già.

Pro­prio quel “metallo del diso­nore” radioat­tivo, usato nelle armi dagli USA e del quale nes­sun più aveva par­lato.
Chi vuole potrà vedere la mia inter­vi­sta in onda lunedì sera per “Terra!”: rin­gra­zio Sabina Fedeli per la paziente atten­zione con la quale ha rac­colto le mie esternazioni.

Si sup­pone infatti che io sia un esperto di quest’uranio impo­ve­rito, fin da quando venne usato in Iraq nel 1991, fin dagli anni della Sin­drome del Golfo fra i sol­dati alleati, fin dal suo uso nei Bal­cani nel 95 e 99, fin dalla Sin­drome dei Bal­cani che colpì i nostri sol­dati dal 2000 in avanti, fin dalle quat­tro com­mis­sioni par­la­men­tari che inda­ga­rono sul feno­meno, fin dai fatti e misfatti della Com­mis­sione Man­delli, fin dalle decine di pro­ce­di­menti giu­di­ziari con­clusi e in corso inten­tati da sol­dati malati e fami­glie dei tanti morti per avere giustizia.

Come mai ora si rispol­ve­rano le pol­veri di ura­nio e l’intera vicenda, dopo che il sot­to­scritto, nella sua povera veste di Pro­fes­sore Ordi­na­rio di Pro­te­zione dalle Radia­zioni nella miglior uni­ver­sità ita­liana, aveva osato — pub­bli­can­doci sopra tre libri e decine di arti­coli — dire in sostanza quanto dice ai pro­pri allievi il primo giorno alla prima lezione del suo corso di Radioprotezione:

“L’inalazione e/o inge­stione di una sostanza radioat­tiva aumenta la pro­ba­bi­lità di con­trarre tumori”?

Dob­biamo que­sto ritorno di fiamma all’elezione di Ser­gio Mattarella.

Rias­sumo la vicenda in poche parole:

1. Mat­ta­rella, da Mini­stro della Difesa, nella seduta del 21 dicem­bre 2000 presso la Camera dei Depu­tati, ammise l’uso dell’uranio impo­ve­rito in Kos­sovo da parte della NATO. D’altra parte la NATO stessa aveva già for­nito la mappa com­pleta di dove i 10800 pro­iet­tili all’Uranio erano stati sparati.

2. Mat­ta­rella inter­venne anche in Senato il 10 gen­naio 2011 per comu­ni­care di aver isti­tuito la Com­mis­sione tecnico-scientifica pre­sie­duta dal prof. Man­delli per accer­tare la rile­vanza e le cause della Sin­drome dei Balcani.

Allora per­ché si dice che Mat­ta­rella mentì sulla vicenda ura­nio? Chi in que­gli anni c’era e ci lavo­rava — come pur­troppo lo scri­vente — lo sa, ma un quin­di­cen­nio è pas­sato ed è quindi bene ricor­dare i fatti nella loro completezza.

3. Mat­ta­rella, in rispo­sta alla inter­ro­ga­zione Bal­la­man n. 3–06303, Que­stion Time alla Camera, riprese RAI in diretta, 27 set­tem­bre 2000, dichiarò: ‘Va escluso anche che siano col­le­ga­bili all’uranio impo­ve­rito i due casi letali di leu­ce­mia acuta che si sono veri­fi­cati nelle Forze armate: il primo sei anni fa, il secondo l’anno pas­sato. Nel primo caso il gio­vane vit­tima della malat­tia non era mai stato impie­gato all’estero; nel secondo caso, il gio­vane mili­tare era stato impie­gato in Bosnia, pre­ci­sa­mente a Sara­jevo, dove non vi è mai stato uso di ura­nio impo­ve­rito’. (N.D.R. il primo caso riguar­dava il mili­tare Giu­seppe Pin­tus, amma­la­tosi che ha pre­stato ser­vi­zio nel poli­gono di Teu­lada; il secondo caso riguar­dava il mili­tare Sal­va­tore Vacca, che ha pre­stato ser­vi­zio in Bosnia).

4. In visita ai nostri mili­tari a Pec e Pri­stina nei Bal­cani, ancora in data 23 novem­bre 2000, Mat­ta­rella negò il “Peri­colo Ura­nio”, appog­gian­dosi a dichia­ra­zioni ras­si­cu­ranti del CISAM (il Cen­tro di Ricer­che Nucleari Mili­tare di Pisa). Ripor­tiamo due “agen­zie” del tempo:

• “(AGI) – Pec, 23 nov. – Non c’è con­ta­mi­na­zione da ura­nio impo­ve­rito in Kosovo. Nes­sun peri­colo, quindi, per i 5.000 mili­tari impe­gnati nella Kfor, né per la popo­la­zione civile, né per l’agricoltura. E’ que­sto il risul­tato di un’indagine con­dotta dal Cisam, Cen­tro inter­forze studi e appli­ca­zioni mili­tari di Pisa, illu­strata oggi al Mini­stro della difesa Ser­gio Mat­ta­rella in visita a Pec e Pri­stina al Con­tin­gente ita­liano impe­gnato in Kosovo. (AGI)”
• “(AGI) – Pec, 23 nov. – IL respon­sa­bile della Sezione nucleare del Cisam, il fisico Vit­to­rio Sab­ba­tini, ha spie­gato che ci sono state quat­tro cam­pa­gne con­dotte dall’Istituto per valu­tare le con­ta­mi­na­zioni ambien­tali e cor­po­ree. L’ultima con­dotta dall’Onu, comu­ni­cherà i pro­pri risul­tati nei primi mesi del 2001. In ogni caso, quelle con­dotte dal Cisam hanno dato risul­tati nega­tivi su tutti i fronti. Le con­ta­mi­na­zioni non hanno mai supe­rato i livelli con­sen­titi dalla legge e anche tra il per­so­nale nes­suno ha supe­rato i valori accet­ta­bili. In pra­tica, rac­co­gliere uno dei dardi spa­rati dagli aerei con­tro i carri armati serbi, e se lo dovesse met­tere in tasca, dopo una set­ti­mana, avrebbe lo stesso effetto che si ha dopo una radio­gra­fia. (AGI)”.

Sui punti 1 e 2 c’è ampia docu­men­ta­zione: gli atti par­la­men­tari sono in rete.

Il punto 4 mi pare che non neces­siti di ulte­riori prove, ci sono que­ste due agen­zie e molte altre fonti che ognuno può tran­quil­la­mente reperire.

Sul punto 3 invece, essendo una rispo­sta ORALE durante un que­stion time, c’è molta più dif­fi­coltà a repe­rirla. E sull’interpretazione si sono poi sca­te­nate “bufale” e “con­tro bufale” che affer­mano che Mat­ta­rella NEGO’ SEMPRE sulla que­stione ura­nio, ed altre che ribat­tono che non negò mai, citando sol­tanto i punti 1 e 2.

Trac­cia degli atti par­la­menti si ha nelle regi­stra­zioni di Radio Radi­cale. Quella che ci serve è que­sta: http://​www​.radio​ra​di​cale​.it/​a​r​g​o​m​e​n​t​i​-​a​v​/​q​u​e​s​t​i​o​n​-​t​i​m​e​?​p​a​g​e​=53 Seduta 778ª (XIII Leg.) -) Seguito della discus­sione… Durante quella noiosa ora e mezza, da qual­che parte, Mat­ta­rella dice quella frase sopra riportata.

Una ripresa auto­re­vole delle sue dichia­ra­zioni si ebbe poi in Senato tre anni dopo, con un’interrogazione del sena­tore Luigi Mala­barba: http://​www​.senato​.it/​j​a​p​p​/​b​g​t​/​s​h​o​w​d​o​c​/​s​h​o​w​T​e​x​t​?​t​i​p​o​d​o​c​=​S​i​n​d​i​s​p​&​a​m​p​;​l​e​g​=​1​4​&​a​m​p​;​i​d​=​9​1​724 Legi­sla­tura 14 Atto di Sin­da­cato Ispet­tivo n° 4–05858 Atto n. 4–05858 Pub­bli­cato il 29 dicem­bre 2003 Seduta n. 515 MALABARBA. — Al Mini­stro della difesa. — Pre­messo che: nel rispon­dere, con un docu­mento scritto, alle domande dei gior­na­li­sti nel corso della con­fe­renza stampa di fine anno 2003, il Mini­stro della difesa Mar­tino ha affer­mato che ” il Cen­tro Inter­forze Studi per le Appli­ca­zioni Mili­tari (CISAM) sin dalla fine del 1999 ha effet­tuato e con­ti­nua ad effet­tuare nume­rose cam­pa­gne per il con­trollo delle con­di­zioni radio­lo­gi­che ambien­tali in Kosovo e Bosnia”. Il Mini­stro ha pre­ci­sato inol­tre che “In ogni caso sin dalla fine del 1999 ven­gono adot­tate misure pro­tet­tive e pre­cau­zio­nali in tea­tro ope­ra­tivo”; il SHAPE (Supreme Hea­d­quar­ters Allied Powers Europa) comu­nicò, il 1° luglio 1999, l’avvenuto uti­lizzo di dardi all’uranio impo­ve­rito; il Mini­stro della difesa pro tem­pore durante un que­stion time alla Camera il 27 set­tem­bre 2000 ha rispo­sto che “in Bosnia e pre­ci­sa­mente a Sara­jevo… non vi è mai stato uso di ura­nio impo­ve­rito”, si chiede di sapere: se, nono­stante si sapesse dal 1° luglio 1999 dell’impiego dell’uranio impo­ve­rito in Bosnia, que­sto impiego sia stato negato. Quanto sopra anche tenendo pre­sente che gli aerei che hanno effet­tuato i bom­bar­da­menti in Bosnia sono par­titi per lo più dalla base di Aviano (base al comando di un uffi­ciale ita­liano) ed hanno rife­rito, nei loro rap­porti, di ope­ra­zioni sull’uso delle armi impie­gate; per­ché per oltre quat­tro mesi, dalla data della comu­ni­ca­zione di SHAPE del 1° luglio e pre­ci­sa­mente fino al 22 novem­bre 1999, non siano state ema­nate dispo­si­zioni di sicu­rezza lasciando con­sa­pe­vol­mente che i nostri reparti ope­ras­sero a rischio senza protezione.

Sacro­santa interrogazione.

Que­sto è quanto. Mat­ta­rella — quando divenne mini­stro della difesa — pro­ba­bil­mente era stato male infor­mato e ras­si­cu­rato da tutti que­gli esperti che asse­ri­vano come l’uranio non fosse stato usato, non si tro­vasse a cer­carlo, e che comun­que si trat­tava di un inno­cuo materiale.

Certo, un mini­stro della difesa aveva il dovere di infor­marsi, magari ascol­tando anche il parere di scien­ziati indi­pen­denti e non solo degli embedded.

D’altra parte il mini­stro non era un esperto in mate­ria, ed ha fatto affi­da­mento appunto su que­sti facili ed appa­ren­te­mente auto­re­voli pareri rassicuranti.

Fatto sta che l’utilizzo di ura­nio anche in Bosnia nel 95 era noto­rio a seguito di ammis­sioni degli stessi por­ta­voce NATO in Con­fe­renze Stampa e che gli USA ave­vano già infor­mato il nostro Mini­stero della Difesa sull’uso di Ura­nio in Kos­sovo mesi e mesi prima, con il Rap­porto SHAPE del luglio 1999.

Nell’estate 2000 la que­stione ura­nio arrivò all’attenzione dei media, dato che i primi sol­dati (ricordo il povero Sal­va­tore Vacca) ini­zia­vano a morire: da set­tem­bre fino a novem­bre Mat­ta­rella negò.

Poi venne fuori quanto — ad esem­pio — il Comi­tato Scien­ziate e Scien­ziati con­tro la guerra (cui mode­sta­mente appar­te­nevo) e molti altri dice­vano in ogni modo da oltre un anno: l’Uranio era stato usato, ed essendo un mate­riale radioat­tivo c’era il rischio che i nostri sol­dati si amma­las­sero. Mat­ta­rella, infor­mato più cor­ret­ta­mente, allora cam­biò versione.

Se que­sto è indub­bia­mente pec­cato, cosa dire allora degli scien­ziati embed­ded e di regime, che gli men­ti­rono ras­si­cu­rando non solo il mini­stro ma anche i sol­dati, e che ancora oggi nic­chiano cer­cando ogni appi­glio per negare la rela­zione causa-effetto fra espo­si­zione all’Uranio e malat­tie, oggi con lo scopo prin­ci­pale di negare alle fami­glie dei sol­dati morti almeno un giu­sto rico­no­sci­mento dei danni subiti? O per sem­plice resi­lienza da scien­ziati “main­stream” per cui chiun­que esca anche di un mil­li­me­tro dal semi­nato dell’opinione con­di­visa è un sacri­lego o un ciarlatano?

Capi­sco che Ser­gio Mat­ta­rella era allora Mini­stro ed oggi Pre­si­dente della Repub­blica. Ma per­so­nal­mente, forse a causa del mio ruolo, vedo meno gravi le omis­sioni di un poli­tico (che comun­que poi mutò atteg­gia­mento) rispetto alla nega­zione della verità da parte di uno scien­ziato. La scienza di regime ci rac­conta da oltre 20 anni che con l’uranio impo­ve­rito ci si pos­sono fare i sali da bagno: que­sto è immo­rale. Se un poli­tico è quasi fatale non abbia mora­lità, uno scien­ziato deve averla. E gli scien­ziati nucleari dovreb­bero essere in prima fila.

Ser­gio Mat­ta­rella è un poli­tico morale? Lo dimo­stri scon­fes­sando le men­zo­gne che per oltre 20 anni hanno negato fosse fatta giu­sti­zia. Giu­sti­zia basata sul sem­plice fatto che i nostri sol­dati sono morti per cause di ser­vi­zio: che sia stato l’Uranio, oppure le pol­veri, i metalli pesanti, le nano­par­ti­celle, gli inqui­nanti chi­mici ha — per un poli­tico — impor­tanza rela­tiva. Chieda con voce auto­re­vole — come avrebbe fatto San­dro Per­tini — che alle vit­time sia rico­no­sciuta giu­sti­zia e che si chiuda la vicenda. Tutti que­sti pro­ce­di­menti giu­di­ziari, poi, non fanno bene a nes­suno: nep­pure all’immagine dello Stato.

Se Mat­ta­rella farà que­sto, si sarà dimo­strato un poli­tico morale, ed anche sagace. Saremo i primi a bat­ter­gli le mani, dimen­ti­cando quella sua reti­cenza, forse pro­lun­gata un po’ troppo oltre l’evidenza dei fatti.

CE DIMANCHE SUR AFRIQUE MEDIA TV/ EMISSION LE DEBAT PANAFRICAIN DU 8 FEVRIER 2015

Vers 13h00 GMT ou 14h00 (Yaounde/Bruxelles/Paris/Berlin)

 Le programme complet !!!

AMTV - Debat panafricain du 8 février (2015 02 08)   FR

Présentée par Bachir Mohamed LADAN

Avec les panelistes, les correspondants internationaux et Luc MICHEL

En direct sur streaming sur  http://lb.streamakaci.com/afm

Luc MICHEL, en DUPLEX SPÉCIAL DEPUIS BERLIN avec EODE-TV, parlera de :

* La Grande-Allemagne est de retour. En Afrique aussi !

Faut-il avoir peur de Mme Merkel ? Quels sont les sources idéologiques et géopolitiques et le déploiement de la nouvelle politique de puissance de la République de Berlin en Afrique ?

* Mugabe à la présidence de l’Union Africaine : un signal fort, un temps fort …

* Le Tchad dans la guerre contre Boko Haram. Les questions qui inquiètent. La position trouble du Nigeria et de son président …

 Retrouvez nous sur Facebook …

GROUPE OFFICIEL AFRIQUE MEDIA TV

(administré par Bachir Mohamed Ladan et Luc Michel)

https://www.facebook.com/groups/afrique.media.groupe.officiel/

 # SUJET DEBAT PANAFRICAIN DE CE 08 FEVRIER 2015

 SUJETS D’ACUEIL :

1- BURKINA FASO : Pourquoi ZIDA veut-il dissoudre le Régiment de la Sécurité Présidentielle ? (HADI DIAKITE, Dr BASSILEKIN, Eric YOMBI)

2- AFRIQUE : l’impérieuse nécessité pour les jeunes de s’intéresser à la politique.  (David EBOUTOU, BANDA KANI, HENRIETTE EKWE)

3- CAN 2015 : Comment comprendre l’attitude des supporters équato-guinéens face au Ghana ? (NOUHA SADIO, Parfait NDOM, SIMO)

4-  UNION EUROPEENNE/ALLEMAGNE : L’Allemagne a-t-elle trop de poids en Europe ? qu’en est-il en Afrique ? (LUC MICHEL, JDD AYISSI)

 SUJETS A DEBATTRE :

1-  BOKO HARAM: le Cameroun embrasse la mobilisation de la communauté internationale, 7500 soldats attendus pour la force sous régionale, le Tchad prolonge son offensive jusqu’au territoire nigérian, et le Nigeria reste silencieux. Comment analysez-vous ces évènements ? 

2-  CÔTE D’IVOIRE : Démission de Francis WODIE, quel rapport avec les élections présidentielles ? vers une modification de la constitution ?

3-  UNION AFRICAINE/ DESIGNATION DE MUGABE : Quelles conséquences pour l’organisation continentale ?

4-  Icône de la semaine : JERRY RAWLINGS (GHANA)

Sabato 21 febbraio manifestazione popolare no tav a Torino [appello]

Sabato 21 febbraio manifestazione popolare no tav a Torino [appello]

Ogni euro speso per il Tav è un euro rubato a qualcosa di utile per tutti e tutte, per questo recentemente 48 notav sono stati condannati ad oltre 140 anni di carcere e al risarcimento di 131.140 euro.

Da oltre venticinque anni ci battiamo contro un’opera inutile e dannosa, non solo per il territorio e per la vita della Valsusa, ma per i bisogni e il futuro di tutti i cittadini.

Parliamo di un progetto di cui nessuno, presidenti del consiglio, ministri della repubblica, commissari di governo, tecnici e docenti, è mai riuscito a dimostrare realmente la effettiva necessità per il nostro Paese.

Al contrario, il movimento No Tav ha dimostrato in ogni sede, non solo come si possa fare a meno di una nuova linea veloce tra Torino e Lione, ma come questo progetto sia un attentato alle finanze pubbliche e che ogni risorsa dedicata al Tav sia sottratta alle vere esigenze della società.

Mentre la crisi economica miete vittime quotidianamente e tutti i governi che si sono succeduti hanno concorso all’impoverimento generale, il “sistema tav” non è mai stato messo in discussione, anzi ha sempre avuto un assenso continuo da parte dei vari inquilini dei palazzi del potere, a prescindere, con la motivazione recitata a memoria: “ormai è stato deciso” o addirittura “lo vuole l’Europa”.

Nessuna di queste due affermazioni è vera, l’opera è giorno dopo giorno sempre più messa in discussione proprio in Europa, l’organismo che dovrebbe cofinanziare il Tav.

Il movimento No Tav ha sempre fatto la sua parte in questa vicenda, osteggiando con ogni mezzo possibile la realizzazione dell’opera, e per questo da oltre due anni frequenta quotidianamente le aule di tribunale se non le patrie galere.

Non potendoci sconfiggere con altri mezzi, da oltre due anni è la magistratura a portare avanti con più determinazione gli interessi del “sistema Tav”, ingaggiando una campagna senza precedenti contro i No Tav, che ha visto solo negli ultimi due anni oltre mille indagati, decine di arresti, capi d’imputazione fantasiosi, risarcimenti esorbitanti, accuse di terrorismo, e solo poche settimane fa a 46 No Tav sono toccati 140 anni di prigione, ben 130 anni in più degli autori della strage del Vajont. 3 ragazzi sono ancora in carcere, 4 ai domiciliari e in decine non possono frequentare la Valle di Susa a causa dei fogli di via.

Una costruzione capillare del nemico pubblico No Tav utile a difendere un progetto che vale al centimetro quanto un buon stipendio mensile: milleseicento euro.

Questo quando ogni volta che piove ci tocca contare le vittime dell’incuria del territorio, quando cade il tetto di una scuola, quando una famiglia dorme in macchina, quando si taglia sul trasporto pubblico ma aumenta il biglietto per bus e tram, quando senza soldi non ci si può curare.

E nonostante questo le priorità del governo rimangono sempre altre: come l’Expo di Milano, un vero e proprio affare per mafie e lobby, che ha trasformato Milano in un cantiere a cielo aperto, mentre viene spacciato come un’ occasione di rilancio per il nostro Paese.

Se siamo colpevoli di batterci contro quest’immondo (quanto consapevole) spreco di denaro pubblico a favore di interessi di pochi non abbiamo problemi a dirlo: siamo tutti colpevoli, dal più anziano al più giovane, ed è per questo che invitiamo tutti alla manifestazione che si terrà sabato 21 febbraio a Torino.

Vogliamo essere in tanti quel giorno perché la libertà è una cosa seria e come tale va trattata. Perché tutti insieme siamo imbattibili, perché fermarci è veramente impossibile.

Il Movimento No Tav