Tari 2015 a Torino: stabilite le date per le scadenze di pagamento

naturalmente disoccupati, pensionati con 500 euro, cassintegrati saranno certamente esentati….….COME NO. E’ il governo dei giusti, di quello che pensa ai poveri

 Il Consiglio comunale ha approvato le scadenze per il pagamento della Tari sia per le utenze non domestiche che per quelle di casa. Sarà inoltre possibile pagare l’intera Tari con il modello F24

Redazione 10 febbraio 2015

Con la delibera approvata nel pomeriggio di ieri il Consiglio comunale di Torino con 27 voti favorevoli su 27 votanti, presenti in aula, sono state approvate le date di scadenza per il pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti, a titolo di acconto. 

Per le utenze non domestiche si dovrà pagare l’anticipo calcolando l’applicazione del 70 per cento delle tariffe già pagate nel 2014, ma per alcune categorie merceologiche sarà del 60 per cento. Le scadenze stabilite sono il 20 marzo, il 20 aprile, il 20 maggio, il 20 giugno, il 20 luglio e il 5 settembre del 2015.  Mentre il saldo sarà diviso in due parti una con scadenza al 30 ottobre l’altra per il 30 novembre. Inoltre ci sarà la possibilità, per la Tari di aziende e commercianti, di pagare in un’unica soluzione, con la compilazione del modello F24 con la scadenza fissata per il 31 maggio. 

Mentre invece per le utenze domestiche l’acconto dovuto si calcolerà applicando il 40 per cento delle tariffe applicate lo scorso anno, con le due rate previste in scadenza per il 30 aprile e il 31 maggio. Anche per le utenze di casa il saldo potrà essere versato in due rate in scadenza il 10 novembre e il 10 dicembre. Ancora mancano le nuove tariffe che saranno definite dal Piano finanziario del 2015 e dall’approvazione del Consiglio comunale. 

http://www.torinotoday.it/economia/tari-2015-torino-scadenze-acconti.html

Il Pm Rinaudo continua la sua crociata. Due giovani notav perquisiti

Giovedì 12 Febbraio 2015 13:11

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Questa mattina digos e polizia di Torino, sotto ordine del Pm Rinaudo, hanno effettuato due perquisizioni nell’ambito di un’indagine relativa ad un attacco notturno al cantiere condotto il 4 settembre scorso. Ad essere presi di mira, due giovani studenti notav, che si sono visti piombare in casa la digos con un decreto di perquisizione atto a cercare “materiale” e indumenti di sorta, probabilmente per permettere di aprire un indagine vera e propria su quella notte, quando un gruppo di circa 70 notav sono entrati nuovamente nel cantiere-fortino e sono saliti sul vecchio presidio.

L’intento delle perquisizioni di oggi, oltre a dimostrare che gli inquirenti brancolano nel buio, hanno la presunzione di intimidire chi si oppone al tav. In seguito alle perquisizioni portate avanti questa mattina, la polizia ha sequestrato indumenti di vario tipo, sperando che possano essere utili ai fini dell’indagine.

Rimane chiaro sotto gli occhi di tutti che questo vuole essere un ulteriore attacco al movimento notav e l’ennesima crociata che il Pm Rinaudo continua a portare avanti a danni di persone che lottano quotidianamente contro il tav. Eppure una cosa il Pm Rinaudo dovrebbe imparare a fare: smetterla di pescare dal mucchio e farsene una ragione, fermare la lotta notav è impossibile.

Riportiamo qui sotto il comunicato dei Giovani no tav e del Kollettivo studenti autorganizzati Torino riguardo alle perquisizioni di questa mattina

NON SI PUO’ FERMARE IL VENTO!!!

Oggi, alle prime luci dell’alba, uno studente e una studentessa no tav di Torino si sono visti piombare in casa poliziotti in borghese.
Le cosiddette forze dell’ordine si sono presentate con una notifica di perquisizione, autorizzata dal solito PM con l’elmetto Rinaudo, relativa ai fatti accaduti durante la notte del 4 settembre scorso. In quell’occasione, mentre era in corso il campeggio studentesco, molti no tav compirono con successo un’azione di disturbo al cantiere di Chiomonte riuscendo, così, ad entrare nello stesso e quindi a farsi beffe di tutte quelle istituzioni che da sempre promuovono e portano avanti la militarizzazione della Valle di Susa.
Com’è stato riportato anche dai giornali stessi, durante l’azione, vennero sparati diversi fuochi d’artificio ma, come da sempre agisce il movimento no tav, senza arrecare danni alle persone presenti all’interno del “fortino” .
All’inizio della perquisizione di questa mattina, gli agenti della digos presenti hanno esplicitamente chiesto ai due compagni di tirar fuori determinati indumenti che però questi non avevano e che infatti non sono stati trovati. Nonostante ciò,sono stati comunque sequestrati dei vestiti palesemente presi a caso dagli armadi dei due ragazzi.
Normale amministrazione e normale assurdità per la questura e la procura di Torino che, dopo le rigettate accuse di terrorismo, non sanno più che pesci pigliare.
Ma è forse una casualità che proprio pochi giorni prima del corteo nazionale del 21 febbraio si tenti di intimidire con perquisizioni studenti da sempre attivi all’interno del movimento no tav? Certamente no. Noi come sempre rispondiamo che saremo sempre di più e che per quanto ci provino non si può fermare il vento!
Piena solidarietà ai due compagni perquisiti che non si sono fatti intimidire e che sabato prossimo scenderanno in piazza a Torino e a testa alta continueranno a lottare e a ribadire che quest’opera inutile e dannosa e non si farà mai.
Perché la libertà è una cosa seria e come tale va trattata. Perché tutti insieme siamo imbattibili, perché fermarci è veramente impossibile!

Giovani no tav – Kollettivo studenti autorganizzati Torino

Archiviato il fascicolo. La telefonata della Cancellieri a Ligresti non fu reato

i moralmente responsabili non si processano e SOPRATTUTTO NON SI CONDANNANO.

Quanti che ne sono in galera di loro? Quanti del PD-indagati sì tanti, ma che si fanno il carcere? A proposito di chi si lagna di due pesi e due misure.

Sandro Bulgarella

La lunga gogna a cui era stata sottoposto l’ex Guardasigilli è terminata con un’archiviazione. È questo l’esito dell’indagine che ha rischiato di far finire sul banco degli imputati Anna Maria Cancellieri. I giudici del tribunale penale romano di piazzale Clodio hanno infatti accolto la richiesta dei sostituti procuratori Simona Marrazza, Erminio Amelio e Stefano Pesci, gli stessi che avevano passato al setaccio il comportamento del Ministro sospettato di aver reso false dichiarazioni a un pubblico ministero. La vicenda riguardava le telefonate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, arrestato dalla procura di Torino insieme alle figlie Giulia e Jonella, nell’ambito dell’inchiesta su Fonsai. Il fascicolo, aperto dalla procura piemontese e approdato successivamente, per competenza, presso la procura capitolina, inizialmente non aveva né indagati né ipotesi di reato. Gli inquirenti lavoravano principalmente su un verbale, quello dell’audizione dell’ex Ministro, avvenuta il 22 agosto presso la sede del ministero di via Arenula. Pur non essendo indagata, la donna aveva dovuto rispondere alle domande del procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi. Il magistrato chiedeva delucidazioni su alcune telefonate. Chiamate finite nell’inchiesta sulla compagnia assicurativa. Contatti avvenuti nei giorni in cui pendeva la richiesta di arresti domiciliari per Giulia Ligresti, figlia di Salvatore. La ragazza infatti non mangiava da giorni e rischiava l’anoressia. Il Ministro aveva subito ammesso di aver parlato con il suo «amico di famiglia» Antonino Ligresti, discutendo in merito alle condizioni di salute della nipote. L’attenzione degli inquirenti si era dunque spostata su una domanda: fu il Ministro a chiamare Ligresti o il contrario?. «Qualsiasi cosa io possa fare conta su di me» avrebbe inoltre affermato al telefono Anna Maria Cancellieri il 17 agosto conversando con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti. La questione era semplice, bisognava capire se il Ministro fosse intervenuto direttamente con il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria omettendo poi di dire la verità alla procura di Torino. La donna, sentita come persona informata sui fatti, spiegò che si trattava di una telefonata di «solidarietà» da inquadrarsi «sotto l’aspetto umano». Successivamente, il 28 agosto, 11 giorni dopo la telefonata, Giulia Ligresti ottenne gli arresti domiciliari, grazie a un’istanza di patteggiamento. Il caso politico era nato e la Cancellieri si era difesa: «Non c’è stata alcuna interferenza con le decisioni degli organi giudiziari e nel caso di Giulia Ligresti era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti dell’Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi a impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione».

Fonte: Andrea Ossino Ivan Cimmarusti 

http://www.iltempo.it/cronache/2015/02/06/la-telefonata-della-cancellieri-a-ligresti-non-fu-reato-1.1375351

Video – M5S alla Boldrini: «Serva» Camera, rissa tra Ncd e Lega

Sandro Bulgarella

 Lo scontro tra i deputati, poi la dura reazione delle opposizioni alla richiesta (approvata) del Pd di andare avanti a oltranza coi lavori

Seduta sospesa alla Camera dei deputati in tarda serata per la discussione sul disegno di legge sulle riforme costituzionali: quando l’Aula approva la richiesta del Pd di una seduta fiume, per andare avanti coi lavori ad oltranza, scoppia il caos e la presidente Laura Boldrini è costretta a sospendere immediatamente la seduta per le proteste assordanti dei deputati dei Cinque Stelle. Molti deputati di M5s si riversano dai propri banchi nell’emiciclo, dove si erano schierati i commessi a difesa dei banchi del Governo, sui quali sedeva immobile il ministro Maria Elena Boschi. Subito dopo il voto i deputati di M5s hanno prima scandito slogan contro i deputati del Pd, gesticolando al loro indirizzo («buffoni»), e poi hanno cominciato a scandire «serva, serva», verso Boldrini che, visto il caos ha interrotto la seduta. Se e quando riprenderà, i lavori proseguiranno fino all’esaurimento degli emendamenti e subemendamenti presentati al ddl Boschi. Con la seduta fiume non è possibile presentare nuove proposte di modifica. Dura la reazione di Sel: «Pd impone seduta fiume. Un atto senza precedenti. Vogliono cambiare Costituzione come i ladri di notte. Sel resta in aula per difenderla».Seduta sospesa alla Camera dei deputati in tarda serata per la discussione sul disegno di legge sulle riforme costituzionali: quando l’Aula approva la richiesta del Pd di una seduta fiume, per andare avanti coi lavori ad oltranza, scoppia il caos e la presidente Laura Boldrini è costretta a sospendere immediatamente la seduta per le proteste assordanti dei deputati dei Cinque Stelle. Molti deputati di M5s si riversano dai propri banchi nell’emiciclo, dove si erano schierati i commessi a difesa dei banchi del Governo, sui quali sedeva immobile il ministro Maria Elena Boschi. Subito dopo il voto i deputati di M5s hanno prima scandito slogan contro i deputati del Pd, gesticolando al loro indirizzo («buffoni»), e poi hanno cominciato a scandire «serva, serva», verso Boldrini che, visto il caos ha interrotto la seduta. Se e quando riprenderà, i lavori proseguiranno fino all’esaurimento degli emendamenti e subemendamenti presentati al ddl Boschi. Con la seduta fiume non è possibile presentare nuove proposte di modifica. Dura la reazione di Sel: «Pd impone seduta fiume. Un atto senza precedenti. Vogliono cambiare Costituzione come i ladri di notte. Sel resta in aula per difenderla».

La presidente Sereni invece di essere imparziale e indipendente – MoVimento 5 Stelle by M5sParlamento

Lo scontro tra Ncd e Lega

Ma la rissa era stata sfiorata già qualche minuto prima, tra deputati Ncd e Lega. Lo scontro si accende quando Sergio Pizzolante interviene a nome di Ncd per annunciare l’appoggio del suo gruppo alla richiesta del Pd di una seduta fiume. Pizzolante invita ad evitare «speculazioni di bassa lega», aggiungendo: «Dico non a caso `bassa lega´’’. A questo punto alcuni deputati del Carroccio si lanciano contro Pizzolante, difeso dai commessi. Altri deputati della Lega intervengono mentre la presidente Laura Boldrini invita alla calma. Ed è proprio l’atteggiamento della Boldrini ad esasperare i Cinque Stelle, che la accusano di aver espulso propri parlamentari per molto meno.Lo scontro tra Ncd e Lega
Ma la rissa era stata sfiorata già qualche minuto prima, tra deputati Ncd e Lega. Lo scontro si accende quando Sergio Pizzolante interviene a nome di Ncd per annunciare l’appoggio del suo gruppo alla richiesta del Pd di una seduta fiume. Pizzolante invita ad evitare «speculazioni di bassa lega», aggiungendo: «Dico non a caso `bassa lega´’’. A questo punto alcuni deputati del Carroccio si lanciano contro Pizzolante, difeso dai commessi. Altri deputati della Lega intervengono mentre la presidente Laura Boldrini invita alla calma. Ed è proprio l’atteggiamento della Boldrini ad esasperare i Cinque Stelle, che la accusano di aver espulso propri parlamentari per molto meno.

Fonte:

http://www.corriere.it/politica/15_febbraio_11/caos-camera-slogan-contro-boldrini-rissa-sfiorata-ncd-lega-a926046c-b23b-11e4-bc1b-1ae1969d3e69.shtm

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INIZIATO IL PROCESSO CONTRO AGENZIE DI RATING, MA LO STATO NON POTRA’ CHIEDERE DANNI: NON SI E’ COSTITUITO PARTE CIVILE!

un ministro del terzo governo non eletto, propaggine del colpo di stato dello spread che ci ha donato i migliori soggetti responsabili, seri, ligi ed onesti, volete che questa banda  abbia conflitti di interesse?Sia mai anzi, grazie alle banche è stato cacciato l’unico che li aveva i conflitti di interessi. Ovviamente la parte migliore della società, quella di Mafia Capitale, non ne ha di altri di fini.

padoan

febbraio 11 2015

Lo Stato italiano, in caso di condanna degli imputati, non potra’ chiedere i danni alle agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch, imputate per manipolazione del mercato assieme a sei tra analisti e manager. Questo perche’ il ministero dell’Economia, ovvero il ministro dell’Economia Padoan, ha deciso di non partecipare al dibattimento che si e’ aperto oggi a Trani.

E Consob e Bankitalia, pur potendo costituirsi parte civile, non lo hanno fatto e parteciperanno alle udienze solo come persone offese: ossia come semplici spettatori. Anche in questo caso, una decisione semplicemente allucinante.

Una decisione, quella del ministro dell’Economia Padoan,, che ha “sorpreso” il pm Michele Ruggiero.

“Ho preso atto – ha detto il magistrato ai cronisti – che e’ intervenuta la Consob che a mio avviso aveva il dovere di intervenire, sono invece sorpreso per la mancata costituzione del ministero dell’Economia che abbiamo indicato come persona offesa. Prendo atto che, nonostante ci sia stato un vaglio del gup sulla fondatezza dell’accusa di manipolazione in danno dello Stato italiano, il ministero abbia adottato questa scelta. Una scelta che rispetto, ma che francamente mi sorprende”.

Critiche alle quali non sono seguite prese di posizione ufficiali, anche se la risposta del Mef sembra implicitamente contenuta in un atto del novembre 2013 con il quale veniva rinnovato a Fitch per un anno (e per 150mila euro) il contratto di fornitura del servizio di rating sulle emissioni di titoli di debito italiani deciso nonostante le pesanti accuse di manipolazione del mercato. Ulteriore follia, se non complicità.

Al Tribunale (presidente Giulia Pavese) hanno chiesto di costituirsi parte civile le associazione dei consumatori (Adusbef, Acu e Federconsumatori) e una ventina di risparmiatori.

Contrarie, invece, le difese, che hanno annunciato per la prossima udienza del 5 marzo “numerose” eccezioni preliminari a cominciare dalla spinosa questione della competenza territoriale.

Nel processo a carico dei 5 imputati di Standard & Poor’s, la pubblica accusa chiede che depongano come testimoni anche il governatore della Bce, Mario Draghi, il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, i due ex premier Romano Prodi e Mario Monti e altri nomi noti del mondo dell’economia e della politica come l’ex ministro Giulio Tremonti e il presidente della Consob Giuseppe Vegas.

Il processo riguarda il declassamento di due gradini del rating dell’Italia (da A a BBB+) che le agenzie di rating decisero tra il 2011 e il 2012 e che, secondo l’accusa, avrebbe provocato “una destabilizzazione dell’immagine, del prestigio e degli affidamenti creditizi dell’Italia sui mercati finanziari nazionali ed internazionali”, un deprezzamento dei titoli di Stato e un indebolimento dell’euro.

Per S&P sono 5 gli imputati: Deven Sharma, ex presidente mondiale di S&P Financial Service; Yann Le Pallec, responsabile per l’Europa; e gli analisti del debito sovrano Eileen Zhang, Franklin Crawford Gill e Moritz Kraemer.

Manager e analisti di S&P sono accusati di aver fornito “intenzionalmente” ai mercati finanziari, tra maggio 2011 e gennaio 2012, quattro report contenenti informazioni tendenziose e distorte sull’affidabilita’ creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e di rilancio economico adottate dal governo italiano “per disincentivare – secondo l’accusa – l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne cosi’ il valore”.

L’ultimo report sotto accusa e’ quello con cui S&P, il 13 gennaio 2012, decreto’ il declassamento del rating dell’Italia di due gradini (da A a BBB+). Per Fitch e’ imputato David Michael Willmoth Riley, capo rating sovrano della sede di Londra, accusato di aver rilanciato, dal 10 al 18 gennaio 2012, “indebiti annunci preventivi di imminente declassamento” dell’Italia, mai pero’ decretato ufficialmente dall’agenzia Fitch fino al 27 gennaio 2012, e “cosi’ divulgando a mercati aperti informazioni che dovevano restare riservate, concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari”.

Ma la vera notizia – come scritto – d’apertura del processo contro Standard & Poor’s al tribunale di Trani riguarda le scandalose decisioni del governo Renzi per tramite del ministro Padoan di non costituirsi parte civile contro questa associaizone a delinquere che ha danneggiato gravemente l’Italia. Così facendo, il governo Renzi “schiera” l’Italia dalla parte di S&P. C’è da domandarsi quali vantaggi personali ne abbiano tratto i componenti del governo.

Che vergogna.

 Fonte: Il Nord

http://www.informarexresistere.fr/2015/02/11/iniziato-il-processo-contro-agenzie-di-rating-ma-lo-stato-non-potra-chiedere-danni-non-si-e-costituito-parte-civile/

Un altro banchiere della JPMorgan si suicida dopo aver accoltellato a morte la moglie

“suicidio”…sì come David Rossi. Meglio interessarsi a Ruby e Mr B che ficcare il naso nella finanza politically correct

febbraio 11 2015

Le inquietanti similitudini con un omicidio-suicidio del luglio scorso

Ci sono stati così tanti suicidi tra i banchieri che è diventato quasi impossibile riportarli tutti o cercare di individuare una costante. Eppure, come suggerisce il blog ZeroHedge, un nome continua a distinguersi:JPMorgan. La banca è stata la più toccata dal crescente numero dei banchieri che si sono “suicidati”. A questo triste elenco si è aggiunto un altro nome durante il fine settimana, quando “un dipendente della JPMorgan Chase & Co. ha strangolato e accoltellato la moglie a morte prima di pugnalarsi, secondo la polizia, che sta trattando la morte della coppia di Bergen County, New Jersey, come un omicidio-suicidio.

Bloomberg riporta i dettagli raccapriccianti secondo cui Michael A. Tabacchi, 27 anni, e sua moglie, l’Iran Pars Tabacchi, 41, sono stati trovati morti venerdì alle 23:30 nella camera da letto della loro casa a Closter dopo una chiamata al 911 del padre di lui, ha detto in un’intervista il procuratore di Bergen County  John Molinelli. Closter si trova nel nord del New Jersey, a circa 32 Km dal centro di Manhattan.
I risultati dell’autopsia hanno mostrato che la moglie è morta per strangolamento e a seguito di una pugnalata al petto mentre Michael Tabacchi è morto per una singola pugnalata auto-inflitta al petto.

Questo il profilo professionale di Tabacchi, ripreso da Linkedin:

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L’aspetto più inquietante della tragedia è la somigialnza tra la doppia morte dei Tabacchi ad un caso analogo del luglio dello scorso anno, quando un direttore esecutivo di JPM, Julian Knott, sparò più volte alla moglie Alita prima di uccidersi con la stessa arma. Anche quella tragedia ha avuto luogo nel New Jersey.

 Fonte: L’Atnidiplomatico

http://www.informarexresistere.fr/2015/02/11/un-altro-banchiere-della-jpmorgan-si-suicida-dopo-aver-accoltellato-a-morte-la-moglie/

“Chiudere l’Hsbc, la banca del terrorismo islamico”

siamo matti? Chiudere una banca? I tutori non lo permetterebbero mai, basti vedere MPS quando le banche sono politically correct si tutelano e basta.  Ora anche le banhe popolari sono state trasformate in speculative, con somma gioia della famiglia del Ministro Boschi

 giovedì, 12, febbraio, 2015

L’On. Mario Borghezio, presentando un’interrogazione alla Commissione europea, ha proposto di “sollecitare alle competenti autorità una sospensione, se non la revoca, alla HSBC, della licenza per l’attività bancaria almeno fino a che essa non abbia fornito prova della cessazione di ogni pregresso rapporto con soggetti coinvolti con il finanziamento del terrorismo islamico”.

ISIS usa 19mila conti correnti nelle banche Ubs e Hsbc. E Obama lo sa dal 2008

Infatti, nota Borghezio, “secondo ‘Le Monde’ risultano presenti alcuni nomi significativi della ‘Golden Chain’, il gruppo di principali finanziatori di Al Qaida, tra i titolari di conti bancari nella filiale svizzera di HSBC”.

http://www.imolaoggi.it/2015/02/12/chiudere-lhsbc-la-banca-del-terrorismo-islamico/

L’età d’oro delle operazioni nere: le forze speciali degli USA sono presenti in 150 nazioni

ma no sono opere di carità, portano il bene nel mondo, aiutano i ribelli contro dittatori sanguinari…I liberatori possono fare quello che vogliono con la copertura della società civile che fanno loro da promoter per le guerre umanitarie. E’ il programma SOLO,nel senso l’unico mondo possibile. In Africa mettono proprio direttamente chi si è “laureato” in antiterrorismo nell’ambito delle Joint Special Operation ma in Italia i paladini della giustizia e della morale tanto solerti nel ricordare i crimini fascisti commessi 70 anni fa (mica come gli inglesi, francesi, belgi e boeri, loro portavano caramelle) ma  per fortuna  orache  in Africa ci sono i giusti gli africani vivono in pace, armonia e benessere. Tanto chi non si trovabene può sempre arrivare qui dove saranno accolti con tutti gli onori.

etaoro

 febbraio 11 2015

Il seguente articolo è ciò che volevo evidenziare da oltre una settimana, ma le notizie erano così travolgenti che semplicemente non ne ho avuto la possibilità, finora. Avendo spese molto tempo a cercare di capire il mondo, mi stupisco sempre di ciò che leggo. Mentre i lettori abituali di questo sito sono ben consapevoli di come aggressivo e irresponsabile sia l’impero USA, distribuendo risorse militari all’estero, credo che parte delle seguenti informazioni, li renderanno ancora più inquieti.
Dall’articolo di Nick Turse sull’Huffington Post: The Golden Age of Black Ops:
Durante l’anno fiscale che si è concluso il 30 settembre 2014, le forze delle operazioni speciali (SOF) statunitensi erano presenti in 133 Paesi, circa il 70% delle nazioni del pianeta. Secondo il tenente-colonnello Robert Bockholt, ufficiale delle relazioni pubbliche del Comando Operazioni Speciali (SOCOM). Nell’arco di tre anni le forze d’élite del Paese erano attive in più di 150 Paesi nel mondo conducendo missioni che vanno dai raid notturni alle esercitazioni. E quest’anno potrebbe essere record. Solo un giorno prima del raid fallito che pose fine alla vita di Luke Somers, solo 66 giorni dall’inizio dell’anno fiscale 2015, le truppe d’élite statunitensi avevano già messo piede in 105 nazioni, circa l’80% del totale nel 2014. Nonostante dimensioni e scopi, tale guerra segreta globale in gran parte del pianeta è ignota alla maggior parte degli statunitensi. A differenza della debacle di dicembre nello Yemen, la stragrande maggioranza delle Special Ops rimane completamente nell’ombra, nascosta al controllo esterno. In realtà, a parte modeste informazioni divulgate attraverso fonti altamente selezionate dai militari, fughe ufficiali della Casa Bianca, SEALs con qualcosa da vendere e qualche primizia raccolta da giornalisti fortunati, le operazioni speciali statunitensi sono mai sottoposte a un esame significativo, aumentando le probabilità di ripercussioni impreviste e conseguenze catastrofiche. “Il comando è allo zenit assoluto. Ed è davvero un periodo d’oro per le operazioni speciali“. Queste sono le parole del generale Joseph Votel III, laureato a West Point e Army Ranger, quando assunse il comando della SOCOM lo scorso agosto. E non credo che sia la fine, anzi. Come risultato della spinta di McRaven a creare “una rete globale interagenzie di alleati e partner delle SOF“, ufficiali di collegamento delle Operazioni Speciali, o SOLO, sono ora incorporati nelle 14 principali ambasciate degli USA per aiutare a consigliare le forze speciali di varie nazioni alleate. Già operano in Australia, Brasile, Canada, Colombia, El Salvador, Francia, Israele, Italia, Giordania, Kenya, Polonia, Perù, Turchia e Regno Unito, e il programma SOLO è pronto, secondo Votel, ad espandersi in 40 Paesi entro il 2019. Il comando, e soprattutto il JSOC, ha anche forgiato stretti legami con Central Intelligence AgencyFederal Bureau of InvestigationNational Security Agency, tra gli altri. La portata globale del Comando Operazioni Speciali si estende anche oltre, con più piccoli ed più agili elementi che operano nell’ombra, dalle basi negli Stati Uniti alle regioni remote del sud est asiatico, dal Medio Oriente agli austeri avamposti nei campi africani. Dal 2002, SOCOM è stato anche autorizzato a creare proprie task force congiunte, una prerogativa normalmente limitata ai comandi combattenti più grandi come CENTCOM. Si prenda ad esempio la Joint Special Operations Task Force-Filippine (JSOTF-P) che, al suo apice, aveva circa 600 effettivi statunitensi a sostegno delle operazioni di controterrorismo dagli alleati filippini contro gruppi di insorti come Abu Sayyaf. Dopo più di un decennio trascorso combattendo quel gruppo, i numeri sono diminuiti, ma continua ad essere attivo mentre la violenza nella regione rimane praticamente inalterata.
L’Africa è, infatti, diventato un luogo importante per le oscure missioni segrete degli operatori speciali statunitensi. “Questa particolare unità ha fatto cose impressionanti. Che si trattasse di Europa o Africa, assumendovi una serie di contingenze, avete tutti contribuito in modo assai significativo“, aveva detto il comandante del SOCOM, generale Votel, ai membri del 352.mo Gruppo Operazioni Speciali presso la loro base in Inghilterra, lo scorso autunno. Un’operazione di addestramento clandestina delle Special Ops in Libia implose quando milizie o “terroristi” fecero irruzione due volte nella base sorvegliata dai militari libici, e saccheggiarono grandi quantità di apparecchiature avanzate e centinaia di armi, tra cui pistole Glock e fucili M4 statunitensi, così come dispositivi di visione notturna e laser speciali che possono essere visti solo da tali apparecchiature. Di conseguenza, la missione fu abbandonata assieme alla base, che fu poi rilevata da una milizia. Nel febbraio dello scorso anno, le truppe d’élite si recarono in Niger per tre settimane di esercitazioni militari nell’ambito di Flintlock 2014, una manovra antiterrorismo annuale che riuniva le forze di Niger, Canada, Ciad, Francia, Mauritania, Paesi Bassi, Nigeria, Senegal, Regno Unito e Burkina Faso. Diversi mesi dopo, un ufficiale del Burkina Faso, addestratosi all’antiterrorismo negli Stati Uniti nell’ambito del Joint Special Operations presso l’Università del SOCOM nel 2012, prese il potere con un colpo di Stato.

Le operazioni delle forze speciali, invece, continuano. Alla fine dello scorso anno, per esempio, nell’ambito del SOC FWD dell’Africa occidentale, i membri del 5° battaglione del 19.mo Gruppo Forze Speciali collaboravano con le truppe d’élite marocchine per l’addestramento in una base presso Marrakesh. Lo schieramento in nazioni africane, però, avviene entro la rapida crescita delle operazione all’estero del Comando delle Operazioni Speciali. Negli ultimi giorni della presidenza Bush, sotto l’allora capo del SOCOM, ammiraglio Eric Olson, le forze speciali sarebbero state dispiegate in circa 60 Paesi. Nel 2010 in 75, secondo Karen DeYoung e Greg Jaffe del Washington Post. Nel 2011, il portavoce del SOCOM, colonnello Tim Nye, disse a TomDispatch che il totale sarebbe stato 120 Paesi entro la fine dell’anno. Con l’ammiraglio William McRaven, in carica nel 2013, l’allora maggiore Robert Bockholt disse a TomDispatch che il numero era salito a 134 Paesi. Sotto il comando di McRaven e Votel nel 2014, secondo Bockholt, il totale si ridusse leggermente a 133 Paesi. Il segretario alla Difesa Chuck Hagel aveva osservato, tuttavia, che sotto il comando di McRaven, dall’agosto 2011 all’agosto 2014, le forze speciali erano presenti in più di 150 Paesi. “In effetti, SOCOM e tutti i militari degli Stati Uniti sono più che mai impegnati a livello internazionale, in sempre più luoghi e in una sempre più ampia varietà di missioni“, ha detto in un discorso nell’agosto 2014.

Il SOCOM ha rifiutato di commentare la natura delle missioni o i vantaggi dell’operare in tante nazioni. Il comando non farà neanche il nome di un solo Paese in cui le forze delle operazioni speciali USA sono state dispiegate negli ultimi tre anni. Uno sguardo ad alcune operazioni, esercitazioni ed attività rese pubbliche, però, dipinge un quadro di un comando in costante ricerca di alleanze in ogni angolo del pianeta. A settembre, circa 1200 specialisti e personale di supporto statunitensi si unirono alle truppe d’élite di Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Finlandia, Gran Bretagna, Lituania, Norvegia, Polonia, Svezia, Slovenia nell’esercitazione Jackal Stone, dedicata a tutto, dai combattimenti ravvicinati alle tattiche da cecchino, dalle piccole operazioni su imbarcazione a missioni di salvataggio degli ostaggi.

Per i capi delle Black Ops degli USA, il mondo è tanto instabile quanto interconnesso. “Vi garantisco che ciò che succede in America Latina influisce su ciò che accade in Africa occidentale, ciò che interessa l’Europa meridionale riguarda ciò che accade nel sud-ovest asiatico“, ha detto l’anno scorso McRaven a Geolnt, un incontro annuale dei dirigenti dell’industria spionistica con i militari. La loro soluzione all’instabilità interconnessa? Più missioni in più nazioni, in più di tre quarti dei Paesi del mondo, sotto il mandato di McRaven. E la scena sembra destinata ad ulteriori operazioni simili in futuro. “Vogliamo essere ovunque“, ha detto Votel a Geolnt. Le sue forze sono già sulla buona strada nel 2015. “La nostra nazione ha aspettative molto alte dalle SOF“, ha detto agli operatori speciali in Inghilterra lo scorso autunno. “Si rivolgono a noi per missioni molto dure in condizioni molto difficili“. Natura e sorte della maggior parte di quelle “missioni dure” tuttavia, rimangono ignote agli statunitensi. E Votel a quanto pare non è interessato a far luce. “Mi dispiace, ma no“, fu la risposta di SOCOM alla richiesta di TomDispatch per un colloquio con il capo delle operazioni speciali sulle operazioni, in corso e future. In realtà, il comando rifiutò di mettere qualsiasi personale a disposizione per una discussione di ciò che fa in nome degli USA e con i dollari dei contribuenti. Non è difficile indovinarne il motivo. Attraverso una combinazione abile di spavalderia e segretezza, fughe ben piazzate, abili marketing e pubbliche relazioni, coltivazione della mistica del superman (con un ciuffo dalla torturata fragilità di lato) e di estremamente popolari e pubbliciazzatti assassinii mirati, le forze speciali sono diventate le beniamine della cultura popolare statunitense, mentre il comando continua a vincere a Washington il pugilato sul bilancio. Ciò è particolarmente evidenziato da ciò che realmente accade sul campo: in Africa, armamento ed equipaggiamento di militanti e addestramento di un golpista; in Iraq, le forze d’elite statunitensi implicate in torture, distruzione di case, uccisione e ferimento di innocenti; in Afghanistan stessa storia, con ripetute segnalazioni di civili uccisi; mentre in Yemen Pakistan, e Somalia è lo stesso. E questo è solo una minima parte degli errori delle Special Ops. Quindi non solo il pubblico statunitense non ha idea di cosa succeda, ma ciò spesso finisce in un disastro. Vedasi più sotto.
Dopo più di un decennio di guerre segrete, sorveglianza di massa, un numero imprecisato di incursioni notturne, detenzioni ed omicidi, per non parlare di miliardi su miliardi di dollari spesi, i risultati parlano da soli. Il SOCOM ha più che raddoppiato le dimensioni e il segreto JSOC sarebbe grande quasi quanto il SOCOM nel 2001. Dal settembre di quell’anno, 36 nuovi gruppi terroristici sono nati, tra cui divesre succursali, propaggini e alleati di al-Qaida. Oggi, tali gruppi ancora operano in Afghanistan e Pakistan, dove ora ci sono 11 riconosciuti affiliati di al-Qaida, e cinque nella prima, così come in Mali, Tunisia, Libia, Marocco, Nigeria, Somalia, Libano e Yemen, tra gli altri Paesi. Un ramo è nato con l’invasione dell’Iraq, alimentato da un campo di prigionia statunitense, ed ora noto come Stato islamico che controlla una larga parte del Paese e della vicina Siria, un proto-califfato nel cuore del Medio Oriente che i jihadisti, nel 2001, potevano solo sognarsi. Quel gruppo, da solo, ha una forza stimata di circa 30000 armati che sono riusciti a conquistare grandi territori ed anche la seconda dell’Iraq, pur essendo incessantemente colpiti fin dall’inzio dal JSOC. “Dobbiamo continuare a sincronizzare il dispiegamento delle SOF in tutto il mondo“, dice Votel. “Dobbiamo tutti sincronizzarci, coordinarci e preparare il comando“. Ad essere fuori sincrono è il popolo statunietnse, costantemente tenuto all’oscuro di ciò che gli operatori speciali statunitensi fanno e dove lo fanno, senza citare i fallimenti e le conseguenze che hanno prodotto. Ma se la storia insegna, i blackout sulle Black Ops contribuiranno a garantire che continui ad esserci l’”età d’oro” dell’US Special Operations Command.
Ripetete dopo di me: USA! USA!

 Tyler Durden, Zerohedge

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://www.informarexresistere.fr/2015/02/11/leta-doro-delle-operazioni-nere-le-forze-speciali-degli-usa-sono-presenti-in-150-nazioni/

QUAND LES PYROMANES JOUENT LE ROLE DE POMPIER : LE MONDE ARABO-MUSULMAN EN PLEINE TOURMENTE

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EODE-BOOKS - Le monde arabo-musulman en pleine tourmente (2015 02 12)

# LE MONDE ARABO-MUSULMAN EN PLEINE TOURMENTE

 Editeur: L’Harmattan

Auteur: Jean-Pierre Estival

 Le chaos créé dans les pays arabo-musulmans après les soi-disant « révolutions arabes » a favorisé les deux grandes nébuleuses djihadistes Al Nosra et Da’ech. Tant que ces groupes étaient circonscrits au champ de bataille syrien, l’Occident a fermé les yeux. Voire plus.

 « LES PYROMANES JOUENT LE ROLE DE POMPIER » …

 L’invasion du quart de l’Irak a poussé l’Amérique à organiser dans la précipitation une contre-offensive avec des alliés qui pour certains ont aidé ces organisations djihadistes à prospérer. Les pyromanes jouent le rôle de pompier… L’auteur craint que cette situation n’aboutisse à une “somalisation” d’une des plus riches régions du globe.

 Les « révolutions des printemps arabes » devaient apporter dans les pays arabo-musulmans la démocratie et le progrès. Or, bien au contraire, c’est le chaos qui s’y est installé, notamment en Syrie, où l’Occident a ignoré le caractère confessionnel séculaire du conflit. Tant que ce dernier était confiné à la Syrie, l’Occident y a favorisé le renforcement d’une opposition militaire modérée. Or, « cette dernière s’est rapidement effondrée, phagocytée par deux grandes nébuleuses djihadistes qui disposaient de la supériorité technologique et financière grâce aux appuis dont elles ont bénéficié de la part des pétromonarchies, de la Turquie, et plus discrètement de l’Occident ».

 Tant que ces groupes étaient circonscrits au champ de bataille syrien, l’Occident a fermé les yeux. Ce n’est que quand Al Nosra s’en est pris au Liban et que Da’ech a envahi le quart de l’Irak « que l’Amérique, sans renier ses erreurs, a organisé dans la précipitation une contre-offensive internationale avec des alliés, dont certains sont ceux qui ont aidé ces organisations djihadistes à prospérer ». « On ne peut qu’être sceptique sur l’efficacité d’une coalition où les pyromanes sont appelés à jouer désormais le rôle de pompiers. Cette guerre à l’issue incertaine devrait durer au moins 10 ans. Le risque est que, comme en Libye et au Yémen, elle aboutisse à la somalisation d’une des plus riches régions du globe ».

 L’AUTEUR :

 Jean-Pierre ESTIVAL, politologue et économiste, est Docteur d’Etat ès sciences économiques, diplômé IEP et ESCAE, et de plusieurs universités ,européennes. Il s’est spécialisé à l’université de Cergy-Pontoise dans le domaine de la guerre économique, après une longue carrière dans le domaine géostratégique où il a été amené à intervenir à des niveaux élevés dans le cadre de missions institutionnelles sous l’égide d’organismes Internationaux dans une quinzaine de pays, notamment dans la plupart des arabes. Il préside pour l’ensemble des OING du Conseil de l’Europe un groupe de travail international sur les évolutions politiques et sociales du Moyen-Orient et du sud de la Méditerranée.

 Broché

Nombre de pages 257

ISBN / EAN 978-2-343-04774-4 – 9782343047744

Format 22 X 14

 EODE / 2015 02 12 /

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LUC MICHEL: ENTRETIEN AVEC ‘HORIZONS NOUVEAUX MAGAZINE’ (HNM #48 / 12 JANV. 2015)

PCN-SPO & HNM (Horizons Nouveaux Magazine)/

2015 01 12/

 Entretien avec Luc MICHEL (*),

Diffusé dans le n° 48 de HNM (Cameroun)

Paru ce 12 janvier 2015

 >>> INTERVIEW EXCLUSIVE AVEC LE PANAFRICANISTE BELGE LUC MICHEL, LEADER DE L’ONG EODE (1ère PARTIE)

LM - Interview NHM PART 1 (2015 01 10) FR 1

« NOUS SOMMES ENTRES DANS UNE DECENNIE DECISIVE »

# NOUVEAUX HORIZONS MAGAZINE : Voulez-vous présenter à nos lecteurs votre organisation et leur faire également l’économie des objectifs poursuivis par celle-ci?

Luc MICHEL : Vaste question ! Tout d’abord nous avons un mode d’organisation particulier, nous sommes une « organisation en réseaux » (1). Mais avec une direction centrale, un cerveau et une colonne vertébrale pour prendre une comparaison biologique, qui est notre organisation politique de départ, fondée en 1984, le PCN. Nous avons autour de tout cela une série de comités, d’organes de presse, de think tanks, d’initiatives politiques parallèles, etc.  Le tout formant un ensemble de réseaux et de sous-réseaux. Un critique de notre organisation a parlé « de poupées russes qui s’emboîtaient les unes dans les autres » (ce qui n’est pas tout à fait  exact d’ailleurs). Nous sommes également une « organisation intégrée », c’est-à-dire que nos réseaux sont dirigés par une direction unique et elles sont intégrées,  coordonnées par des organes de presses communs, une ligne idéologie commune issue de centre de réflexion (des thinks thanks) communs.

Nous avons commémoré en 2014 les 50 ans de notre idéologie en Eurasie, qu’on appelle  le « Communautarisme européen ». A l’origine il y a un livre d’avant-garde, un livre prémonitoire dû au  géopoliticien belge  Jean Thiriart, et qui s’appelle “L’EUROPE. UN EMPIRE DE 400 MILLIONS D’HOMMES”. Nous avons  également en 2014 commémoré les 30 de notre Parti, fondé en juin 1984 à Bruxelles.

Nous avons une autre caractéristique : nous sommes une organisation transnationale, c’est-à-dire que nous ne reconnaissons plus les anciennes frontières des états actuels et que notre mode d’organisation n’est plus du type national. Nous sommes panafricanistes en Afrique et nous sommes paneuropéistes  – dans le sens de la « Grande-Europe de Vladivostok à  Reykjavik – en Eurasie.

Il faut noter qu’avant la fin des années 1990, nous étions structurés avec  une structure de parti traditionnel, essentiellement en Belgique et en France. Nous avons eu dans les Années 1995-1999 des représentants auprès de plusieurs assemblées parlementaires belges – Parlement  wallon et Parlement de la Communauté française de Belgique (Wallonie-Bruxelles) et également de plusieurs conseils municipaux et provinciaux, à Charleroi et au Conseil provincial du Hainaut (la Belgique étant organisée en provinces avec des institutions parlementaires provinciales). En 2000, nous avons mis un terme à notre aventure électorale démarrée en 1984, tout simplement parce que d’une part  le système nous bloquait : nous étions bloqués dans les médias, nous étions bloqué face au financement public auquel nous n’avons jamais pu accéder, nous étions bloqué à l’accès aux médias d’état, télévision et radios auxquelles nous n’avons jamais pu accéder régulièrement. Et nous nous rendions compte en  fait que nous étions des figurants dans le grand théâtre qu’est le parlementarisme occidental dans des  pays comme le Belgique et la France, où tout est étroitement encadré au profit des partis de l’oligarchie bourgeoise. Nous avons donc décidé par une grande conférence régionale en janvier 200 d’arrêter ce combat électoral et nous avons transformé le PCN en gardant bien entendu ses acquis. Nous nous sommes transformés en cette structure transnationale et internationale en réseaux. Nous avons évidement profondément  changé au niveau de l’organisation intérieure et également cela nous a permis de nous déployer au niveau international et devenir la grande organisation transnationale que nous sommes aujourd’hui. Nous avions d’ailleurs  déjà commencé au moment de ce nous appelons notre « période parlementaire », puisque le Parti avait des sections en Hongrie à partir de 1993, puis en Italie en 1999. Voilà comment petit à petit nous nous sommes étendus. Aujourd’hui en Eurasie, nous avons un réseau régional dans l’Union européenne et un réseau régional dans la CEI. Notre secrétaire-général est installé en Russie, Fabrice BEAUR qui est français d’origine ayant épousé une militante russe du grand mouvement pro-poutine NACHI et s’étant installé là-bas. Nous avons également un réseau par exemple pour la Turquie et le n°3 du PCN, le secrétaire -général adjoint Inank Kutlu, est un turc qui vit entre la  Turquie et la France. Ceci pour vous dire que pour nous les anciennes petites frontières, les anciennes réalités nationales ne comptent plus !

Un dernier mot pour vous dire que nous nous sommes profondément  réorganisés en 2014 pour nous développer en Afrique. Et en cette aube de 2015 nous sommes aujourd’hui une grande organisation transnationale qui est structurée sur base de deux réseaux principaux : le Réseau Eurasie (dont le secrétaire-général est Fabrice BEAUR) et qui intègre l’ensemble de nos activités en Union Européenne, CEI, Russie et Turquie; et le Réseau panafricain (dont le secrétaire-général est Gilbert Nkamto, un camerounais qui travaillait avec nous avant en Libye depuis les années 2000). Les deux réseaux étant placés sous une direction unique, dont je suis le président. Nous avons  des activités actuellement dans plus de 30 pays africains et eurasiens.

# NHM : Vous avez aussi longuement travaillé avec la Jamahiriya de Kadhafi et ses Comités Révolutionnaires ?

Parallèlement à nos autres activités, nous avons aussi entretenu une longue collaboration avec les Comités Révolutionnaires libyens. Nous avons eu des contacts avec la Libye dès 1985, mais les choses ont pris une tournure de travail organisationnelle en commun à partir de 1995 (3), année où la Direction du Mouvement des Comités Révolutionnaires libyen, qui s’était transformé en un mouvement mondial, nous a demandé tout d’abord d’organiser un MCR actif structuré dans l’Espace francophone (Belgique, France et Suisse), coordonné par Fabrice BEAUR. Puis en 2004, lors du congrès du MCR international à Janzour près de Tripoli, j’ai été chargé d’organiser un réseau paneuropéen (comprenant la Russie et l’Ukraine) unique pour les différents MCR de la Grande-Europe. Ce qui a été fait immédiatement : nous avons constitué  un  mouvement qui s’appelle  MEDD -MCR le Mouvement Européen pour la Démocratie Directe, et qui s’est développée jusqu’à la crise libyenne de février 2011.

De février à la fin de l’année 2011, on a vu, si je peux dire, le chant du cygne de notre MCR en Europe. Puisqu’à partir du MEDD-MCR, nous avons constitué la plus grande organisation de soutien à la Jamahiriya libyenne agressée par l’OTAN : les Comitées  ELAC (Euro-Libyan Action Committees). Après la conférence internationale « Hands off Libya » de Tripoli en avril 2011, dont j’ai assuré l’organisation, Tripoli m’a demandé de créer une branche africaine : les Comités ALAC (African-Libyan Action Committees) (2).

La chute de la Jamahiriya aurait pu être la fin de l’aventure dans une impasse. Ça a été le cas d’ailleurs pour toutes les autres structures du MCR, puisqu’elles ont disparu aussi bien de Libye que d’Afrique ou d’Amérique latine et des Etats-Unis. Mais nous nous étions d’une autre nature, nous avions notre organisation propre et surtout nous avions notre structure en réseaux. Et nous avons fait de la défaite en Libye un tremplin pour rebondir. Nous avons donc décidé après novembre 2011 de continuer les Comites ELAC & ALAC,  le « Jamahiriyan Resistance Network », et nous avons continué l’action du MEDD-MCR en Europe. Nous sommes ainsi le seul MCR qui a survécu à la chute de Tripoli …

# NHM : Et votre ONG internationale EODE, l’Eurasian Observatory for Democracy and Elections, quelle place occupe-t-elle dans vos activités ?

Luc MICHEL : EODE, c’est une organisation à part. Elle a évidemment des rapports étroits avec nos autres réseaux, qui sont purement politiques, ne fusse que parce que certains de nos cadres et moi-même, nous sommes évidement à la direction d’EODE. Mais nous avons choisi dès le départ en 2006 de ne pas intégrer EODE à nos autres activités, pour une raison très simple. Parce que l’activité n’est pas politique. EODE est une ONG, structurée comme les ONG actives dans ce domaine. Et d’autre part EODE regroupe une mouvance beaucoup plus vaste, avec notamment des journalistes ; mais aussi des diplomates (par exemple notre amis Lisaliko Wenda Mbelo, ancien vice-ambassadeur de RDC au Caire, et qui vivant à Londres dirige la EODE Zone UE  pour la Grande-Bretagne et l’Irlande).

LM - Interview NHM PART 1 (2015 01 10) FR 2

EODE, c’est un ensemble de structures intégrées qui comprennent notament :

– EODE Think-Tank, un organe de réflexion et d’analyse en matière principalement  géopolitique,

– une organisation de monitoring électoral : Nous sommes intervenus pour monitorer des élections ou des referenda dans nombreux pays de la CEI, Russie, Ukraine, Arménie par exemple. Egalement dans ce qu’on appelle « les république venues du froid », c’est-à-dire les républiques autoproclamées aux frontières de la Russie issues de l’effondrement de l’Union Soviétique : la République Moldave du Ndiester- que l’on appelle improprement la « Transnistrie » en Occident -, l’Abkhazie, l’Ossétie du sud ou encore le Haut-Karabagh. Mais EODE a également  avec sa branche « Zone Africa » des activités de monitorings en Afrique, par exemple au Cameroun et à Madagascar,

– enfin EODE s’occupe de ce qu’une presse hostile (par exemple le  journal anti-noir DE MORGEN en Belgique flamande) décrit comme de « la diplomatie parallèle ».

EODE est une Ong indépendante et non subsidiée, qui se veut non-alignée sur les organismes atlantisme (notamment l’OSCE), qui soutient les états s’opposant  à la domination américaine et atlantisme dans le monde. Nous soutenons particulièrement la Russie et le mouvement d’unification  eurasiatique qui est organisé en ce moment autour de Moscou (avec des structures comme le Groupe de Shanghai, l’OTSC ou l’Union Economique Eurasiatique qui prend son envol en 2015). EODE a émergé au niveau des médias de masse et du grand public à l’occasion de l’organisation du Référendum sur l’auto-détermination de la Crimée et de Sébastopol en  mars 2014, puisque c’est nous qui avons organisé la Mission internationale de monitoring (4). Evènement important puisque nous avons y avons damné le pion à la puissante OSCE qui voulait saboter le référendum en refusant d’y organiser le monitoring. Et parce que l’une des conditions pour qu’un référendum ou une élection soient valables est précisément la présence d’une mission international de monitoring. Cela nous a valu une immense campagne de diffamation et d’attaques ; plus de 1.800 articles ou émissions, qui nous ont attaqués le plus souvent en-dessous de la ceinture, à partir des procédés habituels d’amalgame et de diffamation.

# NHM : Si l’on vous demandait de dresser un bilan de vos activités dans le monde?

Luc MICHEL : On peut diviser nos activités en trois grands domaines.

Le premier thème ce sont les activités de réflexion, les activités de think-tank, d’élaboration dans le domaine idéologique, des sciences politiques et surtout de la géopolitique (autour de mon activité personnelle de géopoliticien, j’insiste de géopoliticien et pas de géopolitologue, les géopolitologues analysent la géopolitique, les géopoliticiens créent des concepts, c’est mon cas). Autour de cette première activité de réflexion, nous avons un  certains nombre de thing-tanks : EODE Think-Tank, le CEREDD, le CEPSE, etc. Nous avons depuis que nous existons élaboré un certain nombre de concepts d’avant-garde notamment en idéologie (5) ou en géopolitique. Pour vous donner un exemple parlant, c’est nous qui avons réinventé le concept d’ « Eurasisme » (6), ce qui est scellé par les universitaires ouest-européens qui analysent ce grand phénomène politique. C’est dans ma revue CONSCIENCE EUROPEENNE en 1983 que l’on a reparlé pour la première fois depuis les années 30 de l’Eurasisme et des Eurasistes, du National-bolchevisme russe et de la  « théorie des Grands espaces ». C’est à partir de là et de notre « Ecole géopolitique euro-soviétique » que sont issus les Eurasistes russes, que ce soient ceux de gauche comme Ziouganov ou de ceux de droite comme Douguine. C’est de là qu’est parti évidement cette Eurasisme géopolitique et technocratique, qui est devenu l’idéologie officielle de la Russie et d’autres états notamment en Asie centrale. Et qui est le moteur aujourd’hui de la lutte contre l’hégémonie atlantiste bien entendu, mais aussi de l’unification d’une « Seconde Europe » autour de Moscou avec un grand espace unifié eurasiatique.

Je voudrais souligner que si  nous sommes nés en Europe au début des années 60, notre idéologie de départ qu’on appelle le « Communautarisme européen », c’est-à-dire l’organisation d’une grande communauté politique paneuropéenne (entre parenthèses, il y a d’autres sens à donner au vocable « Communautarisme », qui sont apparue à la fin des années 90 : une théorie politique américaine  libertarienne qui n’a strictement rien à voir avec nous, et aussi une notion sociologique qui est le repli de certaines communautés  autour de notions ethnique ou religieuse et qui est aussi  totalement étrangère a notre « Communautarisme européen » qui est une idéologie transnationale et universelle). Je voulais souligner que notre idéologie dès le départ est à vocation universelle. Nous avons toujours insisté là dessus : nos ancêtres idéologiques ce sont d’autres idéologies à vocation universelle, comme par exemple le Jacobinisme français. Et donc ça ne nous a pas posé problème lorsque nous avons débordé du cadre strictement européen et que nous avons commencé des activités par exemple dans des pays arabes ou en Afrique. Notre Communautarisme en version africaine est évidement le même.

Second volet d’action : c’est la formation et l’information. Nous avons un certain nombre de structures d’éducation politique. Notre but étant de former des cadres. Et je souligne d’ailleurs que toutes  les organisations que nous animons sont des organisations de cadres, le sympathisant  inorganisé ou le membre inactif n’a pas grand sens dans notre façon de voir l’organisation et l’action politique.

La formation c’est aussi l’information par la presse c’est-à-dire que depuis que nous existons nous avons produit énormément de livres, de brochures, de revue, de bulletins. Qui sont devenus avec l’ère d’internet des publications Pdf en ligne (nous avons abandonné définitivement les publications écrite en 2009). Et nous sommes évidement au cœur de la guerre de l’information et des médias. Nous pensons que c’est un des domaines principaux de la confrontation entre le camp impérialiste et le front anti-impérialiste des pays qui refusent la domination impérialiste américaine. Je voudrais souligner que nous avons développé notre impact de façon exponentielle depuis 2011, c’est-à-dire  que nous avons aujourd’hui début 2015 sans doute 1000 fois plus d’impact que n’en avait notre presse dans les années 60 ou que n’en avait la presse du PCN dans les années 80 et 90.

En particulier nous sommes maintenant  actifs dans le domaine multimédia de la vidéo et de la télévision. Nous avions au départ deux structures de presse, qui sont de structures de production mais aussi  de diffusion sur internet. La première PCN-TV qui est notre chaîne politique. Et deuxièmement EODE-TV, qui est née en 2009 comme structure  multimédia de l’Ong EODE, et où nous produisions jusqu’ au début 2014 principalement des interviews, des analyses et des reportages sur nos missions internationales. Et puis est arrivée notre rencontre  avec AFRIQUE-MEDIA. Je suis apparu pour la première fois en février 2014 dans « Le débat panafricain » de Bachir Mohamed Laden. Et j’ai percé immédiatement comme panéliste, avec une immense popularité dans le grand public international panafricaniste. Très vite nous avons établi une collaboration organisationnelle de structure à structure entre AFRIQUE MEDIA et EODE-TV, ce que nous appelons « l’axe Eurasie-Afrique des médias ». Et depuis maintenant depuis le mois de mai 2014, EODE-TV coproduit des émissions avec AFRIQUE MEDIA et je suis devenu moi-même producteur d’émissions de télévision. Nous produisons à un rythme rapide de grandes émissions géopolitiques comme LE GRAND JEU ou GRAND REPORTER. Nous avons par exemple produit des émissions sur des conférences à Yalta, sur des voyages en Syrie et en Guinée Equatoriale, sur le Sommet USA-Afrique de Washington, etc. Ceci n’étant d’ailleurs qu’un début,  nous sommes en phase d’organisation …

Nous avons évidement a partir de cela développé nos activités de presse et notre audience, nous avons intégré les publications en ligne, les publication Pdf, les podcasts (nous nous exprimons régulièrement sur RADIO SPUTNIK/LA VOIE DELA RUSSIE et la Radio iranienne IRIB), nos émissions de télévision , les articles d’analyses, mes nombreux passages sur AFRIQUE MEDIA, ceux des experts d’EODE (EODE a un conseil d’experts spécialisés notamment en géopolitique et en élections et certains d’entres eux sont devenus correspondants internationaux d’AFRIQUE MEDIA à Bruxelles, Londres, Moscou, Sotchi ou encore a Istanbul et Beyrouth.

Dernier domaine : l’action politique et l’action idéologique. Je souligne que nous ne sommes pas seulement des intellectuels, c’est-à-dire des gens qui se contentent d’être à leur fenêtre et de commenter l’actualité. nous sommes aussi dans la rue, dans l’action. Dans la diffamation systématique qu’organisent les médias de l’OTAN contre nous (comme Wikipédia), il est affirmé « que nous n’existerions que sur le Net ».  Il suffit de suivre depuis quatre ans les activités de nos réseaux pour voir que ce n’est pas exact. Il y a eu l’action d’ELAC en faveur de La Libye, la grande conférence internationale de tripoli (la seule conférence en  soutient à la Libye) en avril 2011, des dizaines de missions de monitoring électoral ou d’audit, des participation à des dizaines d’évènements internationaux, de conférences, de symposium … Et aussi des actions politiques directes, des campagnes d’informations ou de soutien à des initiatives politique.

Nous pensons qu’ il n’y a pas d’action sans pensée et qu’il n’y a pas non plus de pensée sans action. C’est ce que les marxistes appellent avec une formule que nous avons reprise nous mêmes : la praxis (le grand philosophe italien communiste Gramsci appelait le marxisme « la philosophie de la praxis », c’est exactement notre manière de voir).

Enfin nous venons de lancer un grand projet, que nous appelons le « PCN TIMELINE », un ensemble intégré de pages sur les réseaux et de sites. Où nous allons expliquer l’histoire de notre Organisation depuis 1984, mais aussi des structures qui l’on précédé avant nous. Nous allons aussi y expliquer l’histoire du MCR en Europe et celle du Collectif anti-nazi EUROPÄICHER WIEDERSTAND. Je vais particulièrement ouvrir mes archives et nous allons progressivement au cours des années mettre en ligne des milliers de documents, archives, vidéos, qui sont pour la plupart inédits. Je tiens a préciser que notre but n’est pas un « devoir de mémoire » mais une action politique. Nous sommes en effet sous les coups d’une campagne permanente de  diffamation ; qui est menée par les médias de l’OTAN (notamment via Wikipédia, où j’ai moi-même une fausse « biographie » – sic – qui m’invente des appartenances politiques mais qui dissimule plus de la moitié de mes activités et de mes publications). De fausses  informations sont régulièrement diffusées contre nous, on nous positionne mal politiquement. Et ça va parfois très loin, par exemple un livre publié par   l’éditeur l’Harmattan (qui a perdu toute crédibilité après cette publication) n’hésite pas a me déclarer « mort par suicide en 2006, avec des centaines de mes adhérents » (sic). Billevesées établies non pas sur une base homonymique mais bien patronymique, me confondant avec un certain  Luc Jouret qui a dirigé une secte en France et qui n’a évidement aucuns rapports ni aucuns lien avec  notre réseaux !!! Notre projet PCN Timeline est une action offensive d’information et d’action. C’est aussi un cadre pour l’action : Frédéric  Nietzsche disait que « le vainqueur du futur serait celui qui aura la mémoire la plus longue ». La maîtrise de notre histoire évidement nous appartient et nous entendons sur elle bâtir le futur. Le temps est venu pour nous  de répondre à nos adversaires et d’utiliser les salles campagnes qui ont été menée contre nous comme un tremplin.

# NHM : Concrètement, sur quels « fronts », pour reprendre votre terminologie militaire, êtes-vous engagés actuellement ?

Actuellement, pour vous donner des exemples concrets des domaines dans lesquels nous sommes actifs, aussi bien dans la bataille des médias que dans l’action directe, il y a évidement la Syrie ; avec nos « Comités Syrie/Syrian Committees »  qui existent depuis 2003 (depuis les premières agressions contre la Syrie ba’athiste sur la question du Liban), nous avons participé à trois missions en Syrie. Nous avons conduits une délégation parlementaire belge pour examiner la question jihadiste en juin 2013, nous sommes allé pour le monitoring en juin 2014 de l’élection présidentielle, et nous sommes revenus il y a 4 semaines de Damas où nous avons pris une part extrêmement active à la grande « conférence internationale sur l’extrémisme et le terrorisme religieux » (7).

Deuxième front où nous extrêmement actifs, c’est la défense de la Novorossiya, des républiques de Donetsk et de Lougansk, séparées de l’Ukraine. Ce qui inclut également la défense de la Crimée. Nous animons des sites internet, des pages et des groupes sur les réseaux sociaux, nous écrivons beaucoup, nous avons une grande activité médiatique. Nous avons popularisé internationalement, grâce à AFRIQUE MEDIA, le dossier de la Novorossiya. Et nous avons évidemment pris une part importante dans le monitoring du Référendum de Crimée en mars 2014 (que j’ai organisé avec EODE), et aussi en apportant la participation d’EODE à l’organisation des élections présidentielles et législatives dans les républiques de Lougansk et Donetsk début novembre 2014 (mission dirigée par Fabrice BEAUR). Médias, télévision, missions sur le terrain, activisme sur les réseaux sociaux, diplomatie parallèle, c’est un bon exemple de notre capacité à agir efficacement pour les causes que nous défendons !

Autre front, c’est la promotion du Panafricanisme et la grande promotion de l’outil du Panafricanisme qu’est AFRIQUE-MEDIA : suivi et promotion des émissions, groupe officiel sur Facebook, blogs dédié, rediffusion des émissions sur EODE-TV, Vimeo, Youtube, etc.

Nous n’oublions pas également notre grande activité, que je peux dire permanente, qui est la lutte contre les « révolutions de couleurs » et contre les réseaux organisés par les américains pour préparer, déclenche, développer ces révolutions de couleurs, principalement les réseaux OPTOR/CANVAS et la NED qui les finance (« la vitrine légale de la CIA »). Nous intervenons depuis la première révolution de couleur à Belgrade en octobre 2000, où nous étions présents. Nous avons ensuite soutenu tous les pays de la ligne de front qui en étaient victimes. Actuellement nous travaillons sur le Gabon, ou une révolution de couleurs est en cours (8) (et ou d’ailleurs se développe une  polémique sur notre thèses à ce sujet, qui fait le buzz sur les réseaux sociaux de l’internet gabonais) (9), la Russie, Hong-Kong (10) et la Hongrie, elle aussi sous attaque « colorée ».

Nous défendons aussi activement le nouveau centre du Panafricanisme qu’est la Guinée Equatoriale, où je me suis rendu à plusieurs reprises et où je me suis exprimé sur les antennes de la télévision d’état, la RTVGE. J’ai là aussi d’ailleurs eu de nouvelles preuves de notre impact en Afrique et du fait que nos thèses sont devenues incontournables. J’ai ensuite été le centre, là aussi, d’une grande polémique qui a été menée à Paris par la soi-disant « opposition équato guinéenne en exil », la CORED (11).

Concernant les « révolutions de couleur », il faut dire que nous avons eu souvent  une analyse d’avant-garde, puisque j’ai été le premier au tout début de 2011 a faire le lien entre les révolutions de couleur en Europe orientale et le soi-disant printemps arabe. J’ai particulièrement annoncé en Libye même dans les tous premiers jours de février 2011 l’assaut frontal contre Tripoli (où je n’ai malheureusement pas été entendu à temps) et contre la Syrie (12). A nouveau depuis le mois d’août 2014 et le « Sommet USA-Afrique » de Washington d’aout, j’ai expliqué, seul, comment une vague de changements de régime et de révolutions de couleurs était en préparation pour l’Afrique (13). Le Gabon et le Burkina Faso

en ayant été depuis les deux premières étapes …

# NHM : Et en Belgique, où vous êtes nés, avez-vous encore des activités ou des projets ? On lit des choses contradictoires sur le Net à ce sujet ?

Luc MICHEL : L’idée que nous ayons abandonné nos pays d’action d’origine, Belgique et France, est une des nombreuses fausses infos lancées par nos adversaires. C’est inexact et vise systématiquement à diminuer l’impact de notre organisation. Principalement en Belgique et en France, où nous avons laissé de très mauvais souvenir aux régimes en place durant notre « période électoral ». On dit donc que le PCN « est  disparu », etc. En fait, nous avons toujours notre direction centrale en Belgique, notre siège central dans un grand bâtiment de 600 m² au coeur de Bruxelles. Nous avons nos studios TV à Charleroi (Brussels South) et notre imprimerie. Simplement nous ne participons plus directement aux élections belges, mais nous avons des cadres qui se présentent sur d’autres listes. Et nous soutenons activement des partis qui s’opposent au système belgicain sur une ligne politique républicaine qui est « Tout sauf le régime belgicain » et nous soutenons des partis républicains flamands (en Flandre ou à Bruxelles), qui sont généralement des partis de droite, et nous soutenons une formation de gauche également (en Wallonie et à Bruxelles), qui est ce qu’on appelle des « rattachistes », le « Rassemblement Wallonie France » qui veut le retour de la Communauté française de Belgique à la République française. Nous avons aussi toujours des activités politiques en France et en Belgique,  notamment des campagnes importantes de notre Collectif anti-nazi EUROPÄISCHER-WIEDERSTAND (en référence à la résistance anti-hitlérienne allemande de 1928-1945).

Maintenant je peux déjà vous dire que dès 2015 nous allons faire notre  retour dans la politique belge ! Je tiens à préciser pas au niveau électorale, vous ne me verrez plus dans ce marrais boueux et malodorant à moins d’une crise de régime profonde. Mais nous allons intervenir dans la politique active au travers d’un nouvel institut et de nouveaux réseaux, que nous sommes en train de structurer, et qui est l’ « Observatoire de la Démocratie, de la Corruption  et des Droits de l’Homme » (ODCDH).  Vous savez que la Belgique et la France sont des états qui  donnent des leçons à l’Afrique, mais où la corruption est très importante. Nous allons donc porter le fer dans la corruption, pas seulement dans ces pays-là, mais aussi dans l’Union Européenne. Notre centre d’activité sera bien sur la Belgique

# NHM : Sous quel signe Luc Michel place t-il son combat?

Luc MICHEL : on pourrait résumer ainsi les grands axes de notre combat : nous défendons la Cause des Peuples dans le monde, agressés par l’impérialisme, le colonialisme et le néocolonialisme. Nous luttons contre l’impérialisme et l’exploitation d’ou qu’elles viennent. Nous sommes pour une société communautaire, solidaire, de type socialiste, où règne la solidarité. Nous refusons le Darwinisme social, l’exploitation, le capitalisme, ou encore l’ultra-libéralisme qui domine aujourd’hui la globalisation américanisée.

A la base de notre réflexion, il y a  d’une part un axe géopolitique et d’autre part un axe idéologique.

Tout d’abord l’axe géopolitique. Nous pensons que la géopolitique est la base d’une véritable  réflexion pour l’action politique lorsque l’on entend la mener au niveau transnational et international. Nous envisageons la géopolitique comme une science et la véritable manière de voir le monde, de lire l’actualité, mais aussi de lire le passé. On ne peut pas comprendre la géopolitique si on ne maîtrise  pas l’histoire. Ensuite la géopolitique n’existe pas dans le vide, mais vue de quelque part et défendant les intérêts d’un état ou d’un projet d’état. La géopolitique est une science dont le fondement, et on l’oublie trop souvent, c’est la puissance des états, leurs viabilité et leurs rapports de force. Il y a donc une géopolitique vue de Washington, une vue de Moscou, une autre de Pékin, ou encore d’Afrique. La nôtre est une géopolitique vue de Moscou, mais du futur de Moscou, parce que nous pensons que la Russie est le coeur de la résistance à l’impérialisme mondial et parce que aussi notre projet est un projet intégré à la fois eurasiatique et africain, articulé sur un « Axe Eurasie-Afrique » La géopolitique telle que nous l’appréhendons repose également sur la maxime du grand géopoliticien  allemand, le général  Karl Haushofer : il disait que « c’est un honneur de se faire enseigner par l’ennemi ». C’est ce que nous faisons. Ma réflexion  géopolitique se base aussi sur une lecture quotidienne des géopoliticiens américains, de leur manière de voir  le monde et de leur façon de concevoir le projet impérialiste américain dans le monde.

Au début des années 80, nous animions l’ « Ecole euro-soviétique de géopolitique ». Nous voulions une « Grande-Europe de Vladivostok à  Reikjavik » (en Islande, donc sur l’Atlantique), organisée autour de Moscou comme capitale et s’opposant à l’hégémonie atlantique de la grande puissance maritime que sont les USA, héritière de l’impérialisme anglo-saxon britannique. C’est cette idée qui est la base de l’Eurasisme actuel, tel qu’il existe en Russie. C’est un enfant naturel de notre théorie qui a été conçue au début des années 80.

Nous avons depuis élargi notre vision, tout simplement parce que la caractéristique de la géopolitique c’est que la nécessité pour un état de rester indépendant requiert des dimensions de plus en plus grandes. Il y a actuellement un grand bloc atlantiste qui est en voie d’intégration, avec les USA, le canada, Israël, qui vise à englober le Mexique et l’Amérique centrale, qui s’étend côté pacifique vers l’Australie. Et qui aimerait englober la partie occidentale de l’Europe. Face a cela, il faut une masse, un  bloc continental  extrêmement puissant, de plus en plus puissant. Et nous pensons que vers 2050, parce que notre géopolitique regarde l’avenir et pas le passé, la dimension pour un véritable bloc géopolitique auto-centré et indépendant nécessitera un grand bloc incluant l’Eurasie et l’Afrique, centré sur la Méditerranée. C’est ce que nous appelons l’ « Axe Eurasie-Afrique » (14). Bien entendu avec une égalité totale des partenaires, et aussi une égalité des citoyens de ce bloc, c’est-à-dire il n’est pas question évidement (comme le craignent certains de mes lecteurs) d’importer un néo-colonialisme eurasiatique en Afrique. Lorsque nous entendons un axe, nous parlons d’un axe égalitaire, le but étant de parvenir un jour à un ensemble unique avec une citoyenneté unique.

Le deuxième axe de notre réflexion, c’est un axe idéologique. Nous sommes en fait la rencontre de deux grandes écoles doctrinales. La première c’est l ‘Ecole marxiste-léniniste. Nous ne pensons pas que l’échec du Marxisme en Russie, qui a été un échec d’organisation économique mais pas un échec idéologique, a condamné cette théorie. Par notre structure même, nous sommes les héritiers du livre QUE FAIRE? de  Lénine en 1902. Nos réseaux sont la version moderne à l’heure du Net et de la globalisation du « Parti léniniste », ou le réseau mondial du Net et les réseaux sociaux jouent le rôle d’organisateur central qui était alloué au journal L’ISKRA de Lénine (à une époque où les médias de masse n’avaient pas encore émergés en Russie). La deuxième école est l ‘Ecole néo-machiavélienne. C’est la science politique moderne née avec Machiavel, sociologie politique des grands auteurs comme Pareto ou Roberto Michels par exemple. C’est la sociologie de « la circulation des élites ». C’est la conjonction des deux écoles marxiste-léniniste et néo-machiavélienne qui structure notre idéologie, qui nous permet d’avoir une vue réaliste des situations politiques et qui nous a souvent permis d’exprimer des idées d’avant-garde.

(Suite et fin dans la 2e Partie)

HNM / PCN-SPO

(Notes et mise en page de PCN-SPO)

(*) Voir : Luc MICHEL : ENTRE « LEGENDE NOIRE » ET MEDIAMENSONGES, MA VERITABLE BIOGRAPHIE !

sur http://www.lucmichel.net/2014/03/22/luc-michel-entre-legende-noire-et-mediamensonges-ma-veritable-biographie/

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NOTES ET RENVOIS

(1) Cfr. Kornel Sawinsky (Université de Silésie, Pologne) : « Les Activités en réseau du PCN », in ELAC (EURO-LIBYAN ACTION COMMITTEES), UNE ORGANISATION EN RESEAU CENTRALISEE. Partie 1,

sur http://www.elac-committees.org/2013/03/11/ceredd-kornel-sawinski-elac-euro-libyan-action-committees-une-organisation-en-reseau-centralisee-partie-1/

(2) Cfr. Kornel Sawinsky (Université de Silésie, Pologne) : ELAC (EURO-LIBYAN ACTION COMMITTEES), UNE ORGANISATION EN RESEAU CENTRALISEE. Partie 2

sur http://www.elac-committees.org/2013/03/11/ceredd-kornel-sawinski-elac-euro-libyan-action-committees-une-organisation-en-reseau-centralisee-partie-2/

(3) Cfr. Kornel Sawinsky (Université de Silésie, Pologne) : « La Libye dans les concepts géopolitiques du PCN », in ZNACZENIE LIBII W GEOPOLITYCZNYCH KONCEPCJACH NACJONAL-EUROPEJSKIEJ PARTII KOMUNITARNEJ (PCN), Intervention au 3e Congrès des Géopoliticiens polonais – III Zjazd Geopolityków Polskich –,Wroclaw (Pologne, 21 et 22 octobre 2010),

sur http://www.elac-committees.org/2013/02/18/pcn-spo-znaczenie-libii-w-geopolitycznych-koncepcjach-nacjonal-europejskiej-partii-komunitarnej-pcn/

(4) Voir : EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ COMMENT LA CRIMEE EST REDEVENUE RUSSE/ UKRAINE VERSUS NOVOROSSIYA (1)

sur https://vimeo.com/103799370

(5) Un exemple : PCN-TIMELINE / IDEOLOGIE/ 1983-84 : LE PCN REINVENTE LE ‘NATIONAL-BOLCHEVISME’ MODERNE

sur http://www.lucmichel.net/2014/05/29/pcn-timeline-ideologie-1983-84-le-pcn-reinvente-le-national-bolchevisme-moderne/

(6) Cfr. PCN-TIMELINE / IDEOLOGIE / 1984 : LE PCN REINVENTE L’‘EURASISME’ MODERNE

sur http://www.lucmichel.net/2014/05/30/pcn-timeline-ideologie-1984-le-pcn-reinvente-leurasisme-moderne/

et PCN-SPO / L’EURASIE EST UNE IDEE EN MARCHE. MAIS QUI PARLAIT DE L’EURASIE ET DE L’EURASISME IL Y A 30 ANS ?

sur http://www.lucmichel.net/2014/05/31/pcn-spo-leurasie-est-une-idee-en-marche-mais-qui-parlait-de-leurasie-et-de-leurasisme-il-y-a-30-ans/

(7) Cfr. EODE-TV/ DAMAS : CONFERENCE TERRORISME ET EXTREMISME RELIGIEUX / LUC MICHEL SUR ‘LA VOIX DELA RUSSIE’

sur https://vimeo.com/113729661

(8) Cfr. EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (4) : GABON. UNE REVOLUTION DE COULEUR AFRICAINE ?

sur https://vimeo.com/114560655

(9) Cfr. LUC MICHEL EVOQUE UNE EVENTUELLE «DESTABILISATION DU GABON» PAR LES USA

sur http://www.gabonlibre.com/Luc-Michel-evoque-une-eventuelle-destabilisation-du-Gabon-par-les-USA_a27559.html

(10) Cfr. EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (5). OCCUPY HONG-KONG. REVOLUTION DE COULEUR EN CHINE

https://vimeo.com/114919746

(11) Cfr. POLEMIQUE AUTOUR DES THESES PANAFRICANISTES DE LUC MICHEL SUR LA GUINEE EQUATORIALE

sur http://eburnienews.net/polemique-autour-des-theses-panafricanistes-de-luc-michel-sur-la-guinee-equatoriale/

(12) Cfr. 6 FEVRIER 2011 : LUC MICHEL ANNONCE DEPUIS TRIPOLI L’AGRESSION OCCIDENTALE CONTRE LA LIBYE ETLA SYRIE !

sur http://www.elac-committees.org/2011/08/03/6-fevrier-2011-luc-michel-annonce-depuis-tripoli-l%e2%80%99agression-occidentale-contre-la-libye-et-la-syrie/

(13) Cfr. EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ?/ LE SOMMET USA-AFRICAN LEADERS DECRYPTE (1)

sur https://vimeo.com/102962474

(14) Cfr. Sur le concept géopolitique l’ « Axe Eurasie-Afrique » : MALABO ET LE MODELE EQUATO-GUINEEN. ENTRETIEN AVEC LUC MICHEL (PARTIE 2)

sur http://french.ruvr.ru/2014_07_25/Malabo-et-le-modele-equato-guineen-Entretien-avec-Luc-Michel-Partie-2-1289/

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