Misteriose presenze in Clarea

Da alcuni giorni a questa parte, oltre alle ormai abituali Forze dell’Ordine, in Clarea, tra i boschi, accade di incontrare persone altre, misteriosamente affaccendate.

di Gabriella Tittonel

All’inizio erano stati due “visitatori” che, usciti dal fondo del cantiere si erano velocemente recati sul ponte del Clarea e di lì si erano messi a osservare lo scorrere dell’acqua del torrente, sia a monte che a valle. Che osservassero non si sa…

Poi altri due, una manciata di giorni dopo, si sono visti nel bosco, al di sopra del cantiere e qui, “armati” di palette, erano tutti intenti a prender campionature del terreno. Inutile dire che anche questa volta di spiegazioni non ne sono venute…

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Ma l’incontro che più ha incuriosito i cittadini del No è stato certamente l’incontro di oggi pomeriggio, ancora in Clarea, dove sono arrivati quattro giovani, muniti di stivali, reticelle e di un apparecchio capace di trasmettere nell’acqua del torrente piccole scariche elettriche. Capaci di tramortire per qualche minuto innocenti troterelle, pronte per essere acciuffate nelle reticelle e da qui passare di mano in mano per essere misurate e poi rimesse in acqua.

Che sarà mai tutto questo lavorio tra terra e acqua? Tenuto conto che si è già registrata, mesi fa, a valle del torrente, dove lo stesso s’incontra con la Dora, una moria di pesci?  E che ora le polveri dello scavo sono pane quotidiano per le maestranze, per i visitatori e per tutti i valligiani?

G.T. 09.0514

Fotografie di Eugenio Cantore

Indovina chi? Goffi infiltrati nel corteo

 http://www.infoaut.org/index.php

infoaut 3.0

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Capita da qualche tempo anche a Torino, come in molte città d’Italia, che si notino strani personaggi che si aggirano nei cortei, tra la folla dei manifestanti, fingendosi ciò che non sono.

Li si può vedere infatti passeggiare tra la gente indossando kefieh colorate, foulards rossi, fazzoletti o spille no tav, sfoggiando altresì il look sportivo di chi è pronto all’azione.

Non si tratta però di nuovi aspiranti rivoluzionari, nè di proletari in cerca di riscatto, bensì  di individui con un’identità ed una propensione ben definita: lo spione.

Quella dello spione è sì un’attitudine naturale per coloro che scelgono di servire lo stato, tuttavia tale propensione dev’essere affinata nel tempo con la pratica, pena il rischio di incorrere in facili riconoscimenti.

In effetti, può non bastare indossare un fazzoletto rosso (ad intermittenza inoltre) se dalla tasca spunta inequivocabile un auricolare…oppure sfoggiare una kefiah bianca e nera se insieme gli si abbina il borsello d’ordinanza e le inconfondibili Hogan.

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Si rischia per di più nei momenti di tensione di essere irrimediabilmente confusi, dimostrando di non sapere bene come muoversi, rischiando di tradirsi anzitempo nell’impeto di solidarizzare con i ben più rassicuranti colleghi questurini.

Se non si vuole passare per goffi imbranati è necessario inoltre non lasciarsi andare a facili entusiasmi e mantenere la lucidità  in ogni momento per essere, ad esempio, in grado di prevedere che non sarà una piccola sedia a bloccare un grosso furgone…

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Indovina chi? E’ un utile passatempo per chi come noi ha interesse a tutelare i cortei da questi loschi figuri che possono in ogni istante intervenire effettuando fermi e facilitando così l’azione dei colleghi in divisa.

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Possono anche ascoltare indisturbati discorsi tra manifestanti e osservare dall’interno le dinamiche della manifestazione, fornendo materiale utile alla procura di turno che procederà poi all’azione penale verso i compagni e le compagne più generose.

Per quanto ci riguarda il premio del primo maggio torinese 2014 lo vincono questi due:

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Quindi occhi aperti: lo spione è sempre dietro l’angolo, anche se è un cretinoState in campana!

IL GIURISTA MATTEI AL MAXIPROCESSO: “I NO TAV FANNO BENE AL PAESE”

http://www.lastampa.it/2014/05/13/cronaca/il-giurista-mattei-al-maxiprocesso-i-no-tav-fanno-bene-al-paese-xIwr8sSVDA9O7zZSMJvaeI/pagina.html

Teste al processo: “Ho sviluppato una forte simpatia per il movimento”

ANSA

TORINO

«Quando andai al presidio No Tav della Maddalena di Chiomonte per tenere una lezione sui referendum sull’acqua pubblica, nel 2011, sviluppai una forte simpatia per il movimento: si capiva che c’era la volontà di fare del bene al Paese»: questo ha detto il giurista Ugo Mattei, professore di diritto internazionale comparato all’Università di San Francisco, in California, e di diritto civile all’Ateneo di Torino, comparso oggi nell’aula bunker delle Vallette per testimoniare al maxi processo ai No Tav su richiesta della difesa.

Mattei era a Chiomonte anche il 3 luglio 2011, giorno in cui si verificarono scontri ora al vaglio dei giudici, ma ha precisato che, siccome aveva un appuntamento in Alta Valle, andò via prima. Il pm Andrea Padalino ha eccepito che «il teste ha parlato di circostanze estranee al processo e non vi ha portato nessun contributo». «I difensori – ha aggiunto – devono fare domande su argomenti più rilevanti». Ne è seguito un diverbio fra pm e avvocati.

L’udienza si è conclusa pochi minuti fa. Dopo aver sentito il giurista Ugo Mattei è stato sentito il giornalista Giulietto Chiesa che ha raccontato di aver raggiunto la Valsusa la sera del 26, e ha assistito ai fatti avvenuti il giorno seguente, quando la Maddalena è stata sgomberata. Ha raccontato di «aver visto 300-400 persone, fra cui anziani, scappare lungo i sentieri per mettersi in salvo da una lancio di fumogeni». L’udienza è stata breve anche perché i pm non hanno fatto controesame dei testi.

Maxiprocesso No Tav: “Nessuna domanda”

Sfilano testi che per il Pm sono “già abbastanza ammaestrati” e privi di interesse.

di Massimo Bonato

Sentiti stamane al Maxiprocesso 11 testi tra cui il docente di diritto Ugo Mattei e il giornalista Giulietto Chiesa. Ugo Mattei, alle sue prime esperienze con il movimento No Tav alle date in esame – il 27 giugno e il 3 luglio 2011 –  sviluppa “una forte simpatia per il movimento: si capiva che c’era la volontà di fare del bene al Paese”. La prima occasione è una conferenza alla Libera Repubblica della Maddalena sul referendum per l’acqua pubblica, da cui emerge a chiare lettere come il popolo italiano sia contrario alla privatizzazione dell’acqua, al nucleare e alle grandi opere, tracciando una continuità tra queste tematiche. Un eloquio particolareggiato che il Pm trova irrilevante per il processo, mentre per la difesa è atto a caratterizzare il clima che alla Maddalena si respirava nei giorni dello sgombero e l’eterogeneità delle persone che la frequentavano.

Ormai tutti i testi confermano quanto allora si dava per scontato: che il piazzale della Maddalena si potesse reputare “zona franca” in cui esercitare pacificamente il proprio diritto di protesta, il mancato avviso di sgombero, sostituito da un fitto quanto improvviso lancio di lacrimogeni che investì il piazzale proseguendo poi lungo il sentiero nei boschi, quando ormai i manifestanti erano in fuga.

“Una scena drammatica” l’ha definita Giulietto Chiesa, per anni corrispondente di guerra, il quale invitato a specificare dichiara “sono stato in Cecenia, in Nagorno Karabakh e ne ho viste di peggiori. Ma anche se qua non si sparava, vedere anziani lacrimare, vomitare, star male durante una fuga per me è una scena drammatica”.

La fan da padrone i lacrimogeni, di cui ciascuno porta la propria testimonianza sia per il 27 giugno sia per il 3 luglio. Incalzano per tutti le stesse domande, perché la ricostruzione rispecchi i punti di vista di ciascuno e così, la ricostruzione avviene, in effetti senza contraddizioni.

Ma è la ripetitività delle domande a provocare il Pm, al quale la difesa replica che anche le domande della stessa accusa son sempre le stesse, quando le fa.

Il Pm obbietta però spesso sulla suggestione che talune domande della difesa ritiene contenere, sino ad arrivare a dire dei testi che “Già sono abbastanza ammaestrati”. Per la difesa si tratta di un’offesa bell’e buona che deve essere messa a verbale, per la quale viene chiesto al collegio di intervenire, e per la quale si richiedono le scuse del Pm, Gli avvocati si alzano, protestano a gran voce, richiamano il collegio ad agire. Il collegio però, a tre metri di distanza, non ha sentito nulla. Si limita a richiamare vagamente entrambe le parti a non produrre commenti.

Del resto al Pm i testi prodotti dalla difesa sembrano interessare sempre meno. La disputa avviene perlopiù tra le parti dell’avvocatura, su obiezioni alle domande, su commenti offensivi appunto. E di questo passo si giungerà ben presto alla conclusione di un processo in cui i testi sono sentiti soltanto dalla difesa. Si corre verso la sentenza. Dai Pm a ciascun teste si è sentito ripetere per l’intera mattinata: “Nessuna domanda”.

M.B. 13.05.14

ALERTE ROUGE UKRAINE/ ATTENTAT CONTRE LE GOUVERNEUR DE LUGANSK

ALERTE INFO ROUGE/

LA REPONSE DE LA JUNTE DE KIEV AU REFERENDUM DU DONBASS C’EST LE TERRORISME : 

ATTENTAT CONTRE LE GOUVERNEUR POPULAIRE DE LUGANSK !

Avec LVDR – PCN-SPO/ 2014 05 13/

 Un attentat a été perpétré contre le gouverneur populaire de la région de Lougansk Valeri Bolotov qui a été blessé par balle selon son service de presse.

Valeri Bolotov a perdu beaucoup de sang, mais il a été hospitalisé opportunément et à présent rien ne menace sa vie.

L’entourage du gouverneur estime légitimement que cet attentat est une réponse de Kiev au référendum populaire. Dimanche les référendums sur l’indépendance ont été organisés dans les républiques de Lougansk et de Donetsk. Plus de 90 % des électeurs se sont prononcés en faveur de la séparation de l’Ukraine

 NON comme le dit cyniquement la junte de Kiev, le référendum n’est pas « une farce ». Mais la répression des néofascistes pro NATO de Kiev est elle une tragédie sanglante. Où les criminels du facho-maidan lancent les chars et les missiles Grad contre leur propre peuple. Et où les mercenaires de Academi :Blackwater et les escadrons de la mort néonazis de Praviy Sektor sont un terrorisme d’état.

Un état ukrainien que Kiev est en train de détruire irrémédiablement !

Plus aucune négociation, avec l’OSCE ou pas, avec l’aide de Moscou ou pas, ne sauvera l’Ukraine. Pas après le massacre d’Odessa, pas après les roquettes grad sur Slaviansk, pas après les commandos terroristes d’assassins qui ont frappé le maire juif de Kharkov il y a deux semaines et maintenant le gouverneur de Lugansk …

« Le nationalisme ukrainien est suicidaire » disait Georges Bush père, évoquant à Kiev en 1991 Bandera et ses héritiers. La junte orange-bendériste de Kiev lui donne raison !

LM

Diritti umani: ipocrita retorica imperialista

di Simone Boscali

Quanto più il livello di coscienza e la capacità di critica si riducono, tanto più perdono di importanza i contenuti espressi a vantaggio del linguaggio e delle tecniche di comunicazione.
Oggi più che mai questo sbilanciamento è particolarmente evidente. O, per meglio dire, dovrebbe essere evidente perché nel gioco del gatto che si morde la coda, sono proprio la mancanza di attenzione e di coscienza a impedire l’individuazione di questi giochetti retorici ed a favorirne una loro ulteriore reiterazione.
E’ radicata già da tempo la tecnica dell’abbinare fattori positivi ad altri non accettati dal senso comune così da rendere anche i primi impresentabili (es. caratterizzare strumentalmente la sovranità monetaria come fenomeno storicamente appartenuto al fascismo e al nazionalsocialismo, fa sì che l’opinione pubblica, pur di non vedere adottata una politica fascista o nazista e non essere criticata per questo, preferisca continuare a regalare alle banche enormi debiti pubblici). Oppure sostenere la bontà delle proprie posizioni come riflesso a una presunta cattiva qualità della controparte, già a suo tempo artificialmente denigrata (es. sostenere una guerra perché è combattuta contro il dittatore corrotto e dispotico Gheddafi, per cui opponendosi alla guerra si verrebbe strumentalmente additati quali sostenitori di dittatori sanguinari).
Il meccanismo si è raffinato negli ultimissimi anni agganciando alle politiche che si volevano imporre obtorto collo il mantra dei diritti umani. Questo abbinamento porta con sé un equivoco che difficilmente può essere risolto da una coscienza che volesse essere critica. Come si può essere contrari ai diritti umani? Come si può essere contrari a proteggere le donne laddove sono maltrattate? Come si può essere contrari ai diritti degli omosessuali laddove sono discriminati? Essere contrari ai diritti umani comporta l’apparire disumani. E poiché nessuno vuole essere considerato disumano è più facile risolvere l’equivoco dando il proprio assenso, anche silenzioso, a tutte quelle prese di posizione politiche che sebbene nascondano secondi fini macroscopici si presentano pubblicamente come promotrici di diritti umani.
E’ bene quindi dissociarsi dalla propria paura di essere giudicati e osservare con distacco il fenomeno.
Da almeno due anni si assiste ad una campagna mediatica assillante contro la Federazione Russa per via delle leggi restrittive sull’omosessualità. In realtà chi promuove queste accuse mediatiche non ha assolutamente a cuore il destino dei gay e delle lesbiche di Russia e nemmeno di alcun altro paese, neanche il proprio. Ma dato che la lotta all’omofobia è estremamente politically correct, pochi hanno la volontà di esporsi e sottolineare che l’ostilità alla Russia è determinata da ragioni energetiche e geopolitiche. In questi settori Mosca persegue una politica legittimamente tesa al proprio interesse nazionale – e invero più corretta anche verso i partner stranieri di quanto non farebbero altre potenze – cosa che proprio non va giù all’unipolarismo occidentale. Ed ecco che si demonizza l’avversario con un argomento anche corretto (leggi restrittive per LGBT in Russia ci sono davvero) ma strumentalizzato e per il quale in verità non si nutre alcun interesse. Cercando di spiegare questo si corre anzi il rischio di sentirsi dire che dietro le nostre argomentazioni politiche si nasconde in realtà un’omofobia nascosta che si vuole mascherare…
Un altro esempio, che non verte precisamente sui diritti umani ma su quelli civili ed economici, riguarda la rivolta dei “20 centesimi” avvenuta in Brasile lo scorso anno quando decine di migliaia di giovani manifestanti hanno agitato le piazze delle maggiori città del paese per protestare contro la carenza di servizi pubblici essenziali mentre il governo federale sprecava denaro per i mondiali di calcio. La rivolta altro non è stata che un tentativo di rivoluzione colorata promossa dal dipartimento di Stato USA, irritato per l’efficace politica di sovranità energetica che il Brasile sta attuando sulle nuove riserve petrolifere scoperte, per la cooperazione che conduce con gli altri paesi indio latini senza pretese egemoniche e per il ruolo giocato nel BRICS. Eppure, come non condividere in prima battuta le motivazioni dei manifestanti? I servizi pubblici nel paese, specialmente la sanità, sono davvero carenti e i prezzi al consumo molto alti rispetto ai salari. Tutto questo, unito allo spreco di soldi per una ridicola manifestazione sportiva, non poteva non generare una protesta sociale legittima. Il problema è che questa è stata incanalata e sfruttata dalle agenzie americane (es, USAID) per mettere in difficoltà un governo sgradito a Washington. Come spiegare però questo passaggio non chiaro ai più senza passare per critici verso i manifestanti che tutti i torti proprio non li hanno? Come spiegarsi senza passare per indifferenti verso i legittimi diritti di salario e servizi pubblici dei cittadini?
Essere diretti e non temere di essere manipolati resta la miglior risposta a queste distorsioni, senza aver paura di essere presi per misogini, omofobici, e vattelappesca. La messa in risalto delle contraddizioni di chi si erge a paladino di ogni diritto rivendicato nel mondo, quando non li fa rispettare in casa propria, è la miglior arma per contrattaccare la disinformazione in quanto costituisce, naturalmente, la Verità.
http://arcadianet.blogspot.it/2014/05/diritti-umani-ipocrita-retorica.html

Europa: disastro degli economisti o della politica ?

http://www.tgvallesusa.it/?p=8238

TG Valle Susa
 

Manca poco all’appuntamento elettorale per le elezioni europee. Siamo consapevoli della posta in gioco? Qual’è il ruolo degli economisti e dei politici?

 di Davide Amerio

Mancano due settimane alle votazioni europee il mondo politico è in grande fibrillazione e i motivi sono molti e tutti importanti.

Le votazioni per l’assemblea elettiva di Bruxelles rappresentano, per l’Italia,  perlopiù un “poltronificio” dove si parcheggiano da anni politici trombati in attesa di nuova collocazione  o personaggi “scomodi” la cui libertà di pensiero non è consona alla filosofia del pensiero unico stabilito all’interno dei partiti o stona con le attività collaterali degli stessi come la corruzione, i finanziamenti occulti, il riciclaggio, il fiancheggiamento alle organizzazioni criminali e altre amenità delle quali è solita occuparsi la magistratura.

Negli ultimi giorni ne abbiamo avuto ulteriore ampio riscontro: un panorama desolante che copre le aree del centro, della destra e della sinistra dimostrando, ancora ce ne fosse bisogno, come queste definizioni abbiano perso da tempo il loro significato storico e politico.

In politica, questa  politica, comanda il denaro e le decisioni sulle nostre vite e sul nostro futuro sono in mano a personaggi ingordi, egocentrici, arraffoni insaziabili: individui  avulsi dalla quotidianità dei cittadini; per costoro prima ancora delle patrie galere sarebbe necessario applicare un trattamento sanitario obbligatorio. Fanno pena. La loro ingordigia di soldi e potere è una malattia, sono simili a dei drogati in perenne astinenza. Il concetto di responsabilità personale e politica gli è totalmente sconosciuto da tempo immemore.

L’appuntamento elettorale è questa volta meno sereno e tenuto più sotto osservazione del solito: la crisi che attanaglia le economie dal 2007 e le politiche di austerity diventate il mantra con il quale si opprimono le popolazioni europee hanno costretto i cittadini a guardare queste votazioni con un’altra prospettiva. C’è il timore che il voto diventi un “referendum” sull’euro.

Poi c’è il solito Grillo con il suo M5S che ha rotte le uova nel paniere della ritualità politica: la coerenza di queste pattuglie di onorevoli portavoce dei cittadini ha l’effetto dell’aglio per le streghe o il paletto nel cuore dei vampiri per le varie caste nazionali ed europee.

Il tema portante è indubbiamente l’economia: fino ad oggi l’Italia è stata soggiogata completamente alla volontà dell’UE e da almeno cinque anni a questa parte ci vengono proposte, attraverso i media, chiavi di lettura a senso unico.

La figura dell’economista presentato come l’”esperto” è lo strumento con la quale si pone il cittadino in condizione di inferiorità nei confronti della politica e delle scelte imposte. Questo giochetto è stato ripetuto più e più volte: governo dei tecnici, commissioni di saggi, comitato degli specialisti, consiglio degli esperti, etc etc.

Per carità, la competenza è un elemento serio e importante ma la conoscenza e l’informazione necessarie per deliberare sono ancora un’altra cosa.

L’economia ne rappresenta un esempio preciso: quando hai di fronte un economista non hai a che fare solamente con un “tecnico” bensì con uno studioso e, in parte, un filosofo. Le sue idee e le sue teorie non sono astratte e asettiche ma sono calate in un contesto di idee, visioni e valori che gli appartengono.

Più propriamente dovremmo parlare di economisti liberisti o neoliberisti, marxisti, keynesiani o neokeynesiani, monetaristi, malthusiani, etc etc. Così come delle diverse  teorie – o percorsi filosofici- cui essi si ispirano; a queste negli ultimi anni si sono aggiunte  “la decrescita felice” di Latouche, l’economia partecipativa, la MMT (nuova teoria monetaria) e la “Quantitative Easing” americana; quest’ultima applicata -e felicemente- dal governo di Obama per fare uscire gli States dalla crisi del 2007. Essa rappresenta l’esatto contrario delle iniziative di austerity adottate in Europa.

Ogni pensiero, o per meglio dire, ciascuna chiave di lettura della realtà è legittima -come speculazione intellettuale-  quanto opinabile -nelle sue conclusioni e previsioni per il futuro.

Presentare questo o quell’altro economista come il “verbo” da seguire è  un’attribuzione arbitraria e scorretta. La scelta di una teoria rappresenta una scelta politica che indirizza l’attività economica (macro e micro) in una direzione ben precisa con obiettivi che si fondano su elementi valoriali propri del pensiero ideologico sottostante.

Se è pur vero che in questo momento alcune forze cavalcano il malcontento nei confronti dell’euro e dell’Europa per riappropriarsi del favore degli elettori, la questione del funzionamento dell’euro come moneta unica e delle regole imposte dall’UE – e da organismi internazionali come il Fondo Monetario- è piuttosto seria. Sono altre sì seri i molti economisti che contestano le ricette imposte e propongo, in vari modi, delle urgenti correzioni; così come altri si spingono oltre giungendo a ipotizzare la fuoriuscita dalla moneta unica per alcuni paesi.

Ci sono accordi sottoscritti dai governi italiani dei quali i cittadini ignorano il vero contenuto e le reali conseguenze: MES, Fiscal Compat ne sono un esempio Negli anni in cui in Europa si decideva la struttura dell’unione e le sue regole la Francia e la Germania avevano gli stessi capi di governo: l’Italia ne conta 17 nello stesso periodo con maggioranze politiche diverse! Qual’è stata la continuità e la logica con la quale si è analizzata la struttura dell’unione e le sue conseguenze da parte dell’Italia?

Quali sono i fondamenti che hanno determinato i parametri del 3% sul rapporto deficit/Pil e del 60% sul rapporto debito/Pil? Perché il cambio con la Lira è avvenuto a 1936,27? Non è forse vero che per l’Italia si è considerato solamente il valore del debito pubblico e non è stato preso in considerazione il volume del risparmio privato presente nel paese che avrebbe garantito tranquillamente il debito?

Il dibattito è aperto… o meglio no! Questa è la vera questione “politica”: l’assenza di un dibattito pubblico che continua ad essere impedito riconducendo il problema alla solita tifoseria da stadio: a favore della moneta Vs contro la moneta; stare dentro l’UE Vs uscire dall’UE; austerità Vs inflazione. A far contorno al non-dibattito le cassandre di sciagure apocalittiche qualora venissero abbandonati i sacri canoni imposti dall’Europa ai paesi PIIGS!

In questa babele di opinioni non è facile orientarsi, è quindi bene armarsi di pazienza e di buona dose di spirito critico (e un po’ di tolleranza) per cercare di diventare cittadini consapevoli.

M. Yunus, ideatore del microcredito, premio Nobel per la Pace, si pose, da professore di economia, un problema: come posso continuare ad insegnare delle teorie economiche quando nessuna di queste serve ad affrancare il paese in cui vivo (Bangladesh) dalla povertà assoluta? Fu questa domanda che lo condusse ad analizzare le ragioni strutturali della povertà e a immaginare le possibili soluzioni.

Ecco questo credo debba fare un economista: trovare delle soluzioni per migliorare la vita delle persone non accontentandosi mai di quanto è stato stabilito, studiato e analizzato sino a quel momento.

Per quanto riguarda la questione europea Mercoledì 14 pv il prof.Antonio Maria Rinaldi sarà a Susa, presso il salone Rosaz per parlare di economia e aiutare i cittadini a comprendere i meccanismi complessi e “perversi” che gravitano sulle nostre teste.

D.A. 12/5/14

Liberi subito…il successo di una grande manifestazione No Tav

Torino 10 maggio un caldo pomeriggio estivo accoglie il popolo No Tav che ha organizzato una grande manifestazione popolare in difesa di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò incarcerati da 5 mesi.

 di Davide Amerio

in una Torino blindata dove le forze dell’ordine hanno stretto un cordone di sicurezza intorno al palazzo di giustizia e lungo le vie che intersecano cso Francia, ha sfilato un numeroso (circa 25mila persone) corteo di No Tav al grido di “liberi subito: Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò“.

In assenza di istigatori e provocatori che alterassero gli animi più caldi e giustificassero l’intervento delle FfdOo in tuta antisommossa schierate in numero impressionate lungo tutto il percorso del corteo (metà via Roma era occupata da mezzi blindati), la manifestazione si è svolta secondo i riti conosciuti del popolo No Tav: cori, canti, musica, balli, bandiere al vento.

Amici che si ritrovano, chiaccherano di politica e ammiccano ai torinesi incuriositi da questa fiumana colorata che attraversa il cuore della città e si riversa in piazza Castello sino a riempirla completamente.

Il ritrovo era alle 14 in pza Adriano, l’attesa della partenza si è allungata a causa del ritardo dei gruppi che dovevano giungere da Milano: si vociferava che controlli di polizia sui pullman e sui treni bloccassero i manifestanti.

Tutte le anime del movimento sono presenti nel corteo chi con le solite bandiere rosse chi con striscioni di solidarietà con i giovani detenuti da cinque mesi nel carcere con l’assurda accusa di terrorismo per aver messo in atto un puro atto di sabotaggio che ha comportato l’”uccisione” di un generatore nel cantiere della Maddalena.

Seguono il corteo deputati e senatori del Movimento 5 Stelle (Della Valle, Airola, Scibona, Castelli), il candidato governatore Bono e i consiglieri comunali Bertola e Appendino. 

Appendino & BonoVittorio Bertola

Non manca l’infaticabile Alberto Perino e gli storici personaggi No Tav come Nicoletta Dosio che interviene dal palco della gremitissima piazza Castello (vedi sotto).

Ma ritroviamo personaggi amici del movimento come Giulietto Chiesa, Marco Revelli, Giorgio Cremaschi e Massimo Zucchetti. Partecipa anche lo scrittore Erri de Luca al quale riusciamo a porre qualche domanda (vedi intervista sotto)

Percorse via Cernaia e via Mazzini il corteo è arrivato in piazza Castello occupandola praticamente tutta e dal palco sono intervenute le mamme di Mattia e Niccolò e la piazza ha copiosamente applaudito e inneggiato ai ragazzi rinchiusi in carcere. Testimone della giornata è stata anche Aida, la madre di Carlo Giuliani morto durante le manifestazioni del G8 di Genova del 2001. Testimonianze di affetto, di solidarietà, ma sopra tutto la tenacia di chi sa di combattere per delle giuste cause all’interno di uno Stato corrotto e che non ha più speranza di essere recuperato se non con la cacciata dei “mercanti dal tempio”. Ancora una volta il popolo No Tav dimostra di esserci, di non rinunciare e di non piegarsi alle minacce, alle pressioni e ai ricatti del potere e della magistratura.

Intervista a Erri De Luca    

Intervento di Nicoletta Dosio 

Intervento di Aida Giuliani (mamma di Carlo)

  Interventi delle Mamme di Mattia e Niccolò

Nuovi incarichi… ma non troppo

la persona giusta al posto giusto, da noi si sa che le cose poco chiare fanno curriculum..

http://www.marcoscibona.it/home/?p=476

Apprendiamo increduli che l’illuminato Premier ha dato il via al nuovo circolo direttivo per la realizzazione dell’Expo di Milano.

Le nuove nomine si sono rese necessarie dopo la recente incarcerazione del precedente, per poter proseguire con lo scempio dei territori.
Recentemente sono stato a visitare i cantieri e, nonostante la scadenza sia ormai alle porte, ho potuto constatare che il cantiere era una distesa di fango, i fatti recenti confermano i dubbi che non fosse solo lì.
Per questo motivo desta preoccupazione la notizia della nomina dell’ex DG di LTF Marco Rettighieri (spa impegnata nei lavori per la realizzazione del tunnel geognostico della Nuova Linea Torino Lyon a Chiomonte) nei mega cantieri dell’esposizione del 2015.
Nulla da eccepire per quanto riguarda le sue capacità tecniche, rimane il dubbio sulla sua parsimionosità, ricordando le cifre delle fatture emesse per il cantiere piemontese.
Le carte rese note in seguito alla vincita di un ricorso al TAR per mancanza di trasparenza sono state oggetto di un esposto alle autorità competenti a causa degli importi a dir poco eccessivi che riportavano, ricordo i 160.000 euro per la pulizia dei container e i 90.000 euro per l’approvvigionamento di acqua per i bagni chimici dei primi 11 mesi di attività di cantiere.
Fermiamo l’Expo, siamo ancora in tempo per evitare che in esposizione ci sia la bancarotta.

Marco Scibona – Senatore M5S Piemonte

2-PD – Partito Delinquente – e poi siamo noi i terroristi !

 
“In politica, si sa, la visibilità è tutto: chi vuole fare carriera sgomita per apparire. Non sempre, però, le persone più visibili sono le uniche a pesare: c’è anche chi, lontano dai riflettori, si occupa della rete di potere che tiene a galla il partito. E se a Torino da trent’anni ormai cambiano i nomi dei partiti ma i volti del potere sono sempre gli stessi due, Fassino e Chiamparino, il terzo volto, praticamente sconosciuto, è quello di Giancarlo Quagliotti.
La carriera del compagno Q, peraltro, inizia brillantemente: nel 1970, non ancora trentenne, diventa consigliere comunale del PCI a Torino, e dopo qualche anno capogruppo; nel marzo 1983 diventa vicesegretario regionale del partito, mentre Fassino, appena più giovane, diventa segretario provinciale. La sua carriera politica è folgorante, ma si schianta subito dopo contro un doppio scandalo tangentizio: quello del faccendiere Zampini, che provoca la caduta della giunta rossa del sindaco Novelli, e quello per l’appalto dei semafori intelligenti. Quagliotti viene condannato in primo grado (sarà poi assolto in appello) e lascia la politica, e da allora il suo destino è segnato: sarà l’uomo dietro le quinte.
Lui si reinventa come manager insieme a un altro politico emergente: Vito Bonsignore, democristiano di peso. Si occupa di cemento parapubblico, dalle autostrade ai parcheggi. Arrivata infine l’assoluzione, nel 1992 La Stampa pubblica una straziante lettera di Chiamparino, segretario del neonato PDS torinese: “Compagno Quagliotti, ti chiediamo scusa… il PCI non ti ha riabilitato moralmente e politicamente, lo facciamo noi”.
Neanche a farlo apposta, tempo un anno, il riabilitato compagno Q viene coinvolto in Mani Pulite. Si scoprì un conto in Svizzera a lui intestato, su cui, insieme a un altro conto intestato all’altro ex PCI Primo Greganti, transitarono 260 milioni di lire relativi all’appalto per il depuratore Po-Sangone, destinati al PCI e provenienti da una società del gruppo Fiat; il compagno Q e il compagno G vennero infine entrambi condannati. Interrogato dai magistrati, secondo i giornali Quagliotti disse: “Immaginai che si trattasse di un contributo al PCI. Allora quelle forme di finanziamento non erano rare.“; La Stampa riassunse le sue dichiarazioni come “Nel PCI sapevano tutto”.
Chiamparino dichiarò pensoso ai giornali: “Forse non abbiamo saputo sottrarci del tutto al patto consociativo“. Fassino si trincerò invece dietro un più sbrigativo no comment, suscitando questo commento dell’editorialista Saverio Vertone: “Fassino, quando si tocca il tema tangenti al PCI, sembra Sant’Ignazio di Loyola davanti al saraceno che mette in dubbio la verginità della Madonna“.
Passano alcuni anni e il compagno Q ritorna all’onor delle cronache giudiziarie: nel 2000, il procuratore Bruno Tinti lo fa rinviare a giudizio in una vicenda di falsi nei bilanci e di compravendita di quote pubbliche della Satap, concessionaria dell’autostrada Torino-Piacenza controllata dall’imprenditore tortonese Marcellino Gavio. La cosa finisce in prescrizione e poi in assoluzione, ma l’intreccio tra le autostrade di Gavio e i DS ritornerà nel 2005 con il caso Penati: mentre Unipol scala BNL e Fassino esclama “Abbiamo una banca“, la Provincia di Milano di Penati compra da Gavio azioni autostradali al triplo del prezzo precedente e subito dopo la Satap versa 14 milioni di euro alla BPL di Fiorani, che sostiene la scalata. Da fonti di stampa, l’ex sindaco di Milano Albertini dichiara ai magistrati: “Una quota significativa della plusvalenza ottenuta da Gavio è stata utilizzata per favorire la scalata di Unipol a BNL. È denaro pubblico che porta un vantaggio economico rilevantissimo a un imprenditore privato che poi aiuta quella componente politica che ha fatto questo passaggio per controllare una società finanziaria“.
In questi anni Quagliotti riveste incarichi dirigenziali nel gruppo Gavio, dal quale transitano altri esponenti storici del PCI e del PDS di Torino. Ricomincia anche a fare politica nel partito: già nel 2001 è avvistato alle riunioni in cui i DS discutono le candidature, nel 2003 discute chi candidare a presidente della Provincia, nel 2007 è candidato alle primarie cittadine del PD.
Quando nel 2011 Fassino si candida a sindaco, affida al compagno Q il ruolo di coordinatore politico della sua campagna elettorale: è il definitivo rientro, anche se sempre dietro le quinte. L’intreccio tra cemento e PD è sempre più stretto: presto un giornale locale definisce Quagliotti “l’eminenza grigiastra di Fassino”, e titola “OPA dei Gavio sul PD torinese“. E non solo torinese: la società del gruppo Gavio di cui è amministratore Quagliotti è tra i contractor per la costruzione del terzo valico Milano-Genova dell’alta velocità, e per essa ha lavorato anche la società del marito dell’ex sindaco PD di Genova Marta Vincenzi.
Siamo ad oggi, e si rivede anche il compagno G: con in tasca la tessera del PD torinese, che pure nega di conoscerlo, viene di nuovo arrestato per gli appalti dell’Expo 2015, un’altra grande colata di cemento. Il compagno Q, intanto, è sul ponte di comando del partito; tutte le vicende interne del PD torinese, dalle candidature alla preparazione del congresso, passano da lui.
Nessuno sa che rapporti intrattengano ancora i vecchi compagni Q e G. Una cosa che si sa, però, è che a Torino da decenni la politica cittadina è in mano allo stesso partito e alle stesse facce; quelle sotto i riflettori, che si rimpallano le cariche di sindaco, presidente della Regione, segretario di partito e così via; e quelle lontano dai riflettori, che ogni tanto ricompaiono sui giornali per vicende di questo genere. Torino e il Piemonte sono congelati da decenni in questo gioco per pochi; ed è adesso, finalmente, il momento per cambiare.” Vittorio Bertola e Davide Bono